Vecchio villaggio
Sulla strada lunga
La mia età
Di sorrisi aperti al sole
Grasso calo di raggi forti
Occhi che si illumina
Piccolo paese del Sud
Che nutre la mia anima
Il mio villaggio caldo
S'accende l'anima
Di bambini che giocano e ridono
E il mio cuore
Cuneo 10 dicembre 2001, ore 19,05 Togli il silenzio che si avvolge Pesa il silenzio che si nasconde Sei il silenzio stordito dai vortici Sei la strada che porta alberi Dove ogni cosa si confonde Fai oasi di suoni acuti Nei tramonti tesi agli orizzonti Il caldo raggio si spacca Chiuderò gli occhi ai sogni Per vedere i colori che s'accendono Ancora per poco e si vedranno Sotto il sole l'arcobaleno si unisce Ogni peso più lieve e dolce ora Non posso arrendermi proprio ora Ignota ombra che fonde ogni segreto Graffio con violenza questi giorni Tutti i giorni ancorati Ritrovano le ore Rido teso nel silenzio Sento lento il tempo Frutti aspri del mio giardino Gli alberi s'abbassano Foglie vissute al caldo Adesso si lasciano dai rami Tramutano l'autunno vecchio Il freddo è dolce E si commuove nei profumi Nello sguardo che affonda Nella solitudine penetrante Le mani nella notte Si chiudono per urlare E nella notte libera L'anima urla lamentosa Negli orizzonti che sanno di ombre Un'ombra Segue i passi miei Nascondendo ogni tramonto Scompare nella notte fitta Si spegne Ogni desiderio La notte ha solo luci Posso solo dormire Negli incesti giorni Attendo Aspetto che evapora il silenzio Tempo iniquo alle lacrime Un'ombra Chiude gli occhi al giorno Offuscando buio e oscurità Unendo gioia e dolore Un autunno freddo e stanco Rami che vogliono fuggire Lasciare l'inverno e l'amore La sera cala sulla città Raggiunge il mio cuore vagabondo Demolendo questa mia anima Luce stanca Che danza negli specchi Questi giorni lunghi e tediosi Queste albe sempre le stesse Una marea di ricordi Mi strappo la mente Si liberano nell'anima Contemplo il segreto del silenzio E il segreto mi piace È immenso Lo amo Amo me stesso Il cuore lo sa Trabocca di tenerezza Di desiderio Di possedere la mia vita Afferro E lancio nei giorni Il silenzio più assoluto Davanti Una visione confusa di immagini Il giorno è freddo E i ricordi sono sempre con me Cuneo 16 dicembre 2001, ore 12,13 Serbo ali gracili Cieco pensiero Che rinasce Concedimi l'età Nuove albe rosse Qui il freddo penetra nel sangue Dammi la tua mano E portami lontano Sì Anima Tu voli dove vuoi Vai oltre l'universo Ti posi Sulle dolci ali dell'amore Ti nascondi Nel cielo di stelle Intorno a te Sollevi respiri di poesia Voli Nell'immenso creato Ritorni a me Sì Anima Tu sei la mia vita Si alza il vento Nelle sue raffiche Sento sbattere la porta E tintinnio di vetri Gli alberi urlano Un lamento di dolore Improvvisa folata Rasentano la strada Tuoni all'orizzonte Spaccano le cime Lampi folgoranti Illuminano la valle E in te Si rivela la mia anima Si disperde la luce Nelle ombre legate ai passi I passeri si confondono con l'aria Lo sguardo dissipa l'immagine Cerco il tempo per vivere l'età La luce stanca grava sulla notte Confusa con le strade bagnate Il ricordo degli occhi miei I tuoi capelli neri al vento Sono per me attimi di vita Ora intorno a me L'abbraccio nero della città Evince ogni illusione Questi miei silenzi Divengono solitari nei giorni Sotto l'azzurro freddo del tempo In fondo al viale S'arrende la strada In questa stanza fredda Abbandonata dai vicoli Canto errante tristezza e noia Mi perdo negli occhi dei giorni Per vincere la malinconia Sogni tremanti Pugni chiusi Mani nascoste Cado per non rialzarmi Giorni lievi Che s'infrangono Albe dimenticate E tramonti persi Voli spezzati Lacrime ghiacciate Ricordi mai sopiti Da respiri grevi Sento vibrare la voce Tu dai vita Ai miei sensi stanchi E ritrovo la pace dentro Brividi scadano il corpo Nel silenzio sento l'anima Nel tuo pensiero Affondo il mio sogno Sogno ancora il golfo all'orizzonte La piccola piazza All'ombra dell'elce Giocavo da bambino Fino al calar della sera Correva e rideva Sentivo dentro di me la gioia La voce di mia madre Mi chiamava da casa Sempre con lo stesso calore Ogni giorno la sua voce si impastava dentro di me La sua voce ora è dentro di me Solo Nella solitudine Immensa Del tuo silenzio Nudi passi Voci mormorano intorno Rimango I miei occhi nel cuore Sopra ogni tramonto stupendo Mi perdo nella riva Nel rumoroso maestrale Molti pensieri si ancorano In un forte desiderio Sud Terra calda Tu sei viva Respiri Terra segreta Il tuo volto è su di me Dentro di me Mi scuote il cammino Alberghi le tue ali su di me Vedo la mia casa Nella mia casa Cadono Mi libera dai giorni della città T'ha aspetta voragine nell'anima Nella luce che accende i miei giorni saranno Aspetto alla finestra il tuo sguardo Nel vento tra i capelli Dietro la stanza assolata Tu riempi la mia notte nei sogni Ti offri ai miei sensi Ancora un po' e le tue labbra Saranno mie Come caldo respiro che si mescola Ti rivedo ancora nonna Nella tua sedia di paglia Quel viso chino per la stanchezza I tuoi sogni mi aiutano Quelle calde mani le sento ancora Come se quel giorno fosse qui Quel giorno di ottobre te ne sei andata Non mi hai lasciato il tempo di piangere Tutto è accaduto di fretta In queste notti anguste Buie e strazianti Tu non mi abbandoni Sei il mio angelo custode Mi sorreggi con la tua voce Il tuo spirito l'ho inglobato Ricordo la tua casa vecchia Ormai il tuo silenzio mi appartiene Te ne sei andata supina sul letto Ti ricordo ancora Parole inutili fasciarsi dentro un labirinto e ancora ascolto ciò che una voce non dice, non rimane che rimpiangersi? Un ramo solo un frutto non ancora maturo e tutto tutto si lascia trascinare. Ancora una volta una farfalla muore nella più antica bellezza. Inutili parole dentro un labirinto si fasciano. In tradite immagini, nell'attesa.Con il sudore sulla nostra pelle tracciate gocce tra le rughe. Strade faticose, stanchi passi dalla nostra pietà. L'allegria della nostra cocente terra, contatto, prima ancora di storia, lacrime e polvere. C'è nelle memorie un torrente dove canoe navigano ingenue, tra le volte di frasche agitate che rimuovono atterrare a bocciolo di fiume le fronde raggrinzite. C'è un colpire di voghe ritmato nella quiete del chiarore pettinato flutti leggeri che scendono di fianco con un brusio di stoffa sciupata. C'è un togliere del giorno al punto tempestivo, nel momento che più vale in una durata, una rinascita degli sguardi e del riconoscere, un affanno di aridità delusa. C'è un'immagine di mare e di stanchezza che tracima dalla profondità delle memorie, che delle immagine raccontano passati istanti. Quando dentro è buio, intasato di rancore o quando non ci sono più sogni inutile cercare una preghiera, le parole si son perse Che ne sai dei miei sogni o di mio padre che è stanco. Vorrei fermarmi qui, quel vecchio ti ha abbracciato mentre partivo le lacrime hanno solcato le sue rughe. le sue storie dentro me, mi fanno compagnia. Il cielo per la lunghezza intera lavò la notte a lei, sul fatto per muoversi. E bandisce la mia infanzia, il seno bianco di giovani mammelle, sulla spiaggia sull'argine spaccato. Testardo vento sbuccia la polvere e tutto copre si radunò e giorno e notte nasconde il velato pianto confuso con la pioggia. C'è solamente un'immagine, le asciuga le piccole gambe magre, e due manciate di nocciole per non dimenticare. Dispiegata alba si librano le ali nell'aria. Ritornare a te, mare, acqua salata dal sapore forte mi porta sulla labbra il tuo odore, la loro luce, a questo destino a quello che era rudemente. Dimentica la solitudine e anche la conoscenza, queste sbarre della vita che diventano un nulla. Ritornare a te, mare, il mio corpo quieto, il tuo potere di pace e l'onda di spuma, come protesta di Nettuno, che domina la libertà. Ritornare a te, mare, tu sai capire. E di fronte alla fine del tuo orizzonte, giro del mondo per abbracciare l'azzurro nell'azzurro. Navigo nel vetro dell'alba, nel freddo del glaciale riverbero, la voce svigorita, come lama sfibrata, schiava del buio e del pianto. Pallide nubi, dissipano le ombre. Silenzio, senso di memoria nella notte, spente dal bisbiglio di voci ascoltate. Il pomeriggio, chioccia con la protesta pesante. Pasta di ombra e ferma i tempi concretamente, frenato nei cattivi soggiorni. Gli amori scuotono la buona calma e si estasia, senza coltivare, come donna, ha affascinato il presagio spesso. Accanto al cadavere animale per fiutare in nessuno, mentre sono improvvisi i voli a nord poi spariscono nell'aria che scuote la sensualità. Dove sentiero perso affonda nel viale di olmi autunnali e di giorni appassiti. Pastori dormienti, sempre lo sguardo segue la figura buia delle ombre. Dolcemente un ragazzo ora selvaggiamente confida il bosco. Il rimpianto sarà quello che fonde in questo momento la notte senza il volo. Io faccio un modello dalla terra, di ginocchia ai vestigi e col cadavere di me mi piego nella polvere. Dio senza credente mi rivolgo ed io prego , reggere dove io vado via e poi mi arrendo. Nelle mani che sono passate con la freddezza, lei setaccia il tempo irrefutabile. Accade per sempre, sorridere di piccolo tempo in che polvere di costoso e fumo, restano i giorni inascoltati. Nelle labbra sfiorite, che bruciano nel dolore atroce, smangiati sguardi per essere graffiati nella notte ormai. Guidami per la strada, superiamo insieme il sentiero; chiedo pochi passi nell'anima. Intorno a me altro tempo voglio sentire. Apro il mio velo alla volontà per facili campi. Elegante la mia poesia troverò nuove ali per correre nell'aria. Sogno, e ho vegliato sulla scogliera ripida di pietra che sa di sale. Con il sole sul viso. Invidio il tuo canto straniero, somiglia al vento che rema sulle onde increspate. Partirò domani … lungo la strada mi guiderai … A te ritorno, terra, al sapore vigoroso del caldo che mi porta sulle labbra il tuo respiro, al tuo crepuscolo, a questa nostalgia che non mi fa dimenticare che un seme è tutto. A te ritorno, terra, respiro silenzioso, alla tua forza di armonia e di aridità, al vocio di rami intrecciati nell'aria, di voce femminile cinta, che domina libertà. A te ritorno, terra, e prima che la mia durata si compia, con tutto il mare che abbraccia la terra tutto in te fa ritorno. A te ritorno. Ho camminato lungo le strade, mi sono perso nei sentieri. I vigneti m'hanno difeso con i loro tralci, ho gustato il vino e il silenzio. tra le mie dita Ho impastato farina e acqua e sale. Ho parlato con i vecchi, conosciuto un sorriso stanco, pallidi nei volti scuriti dall'età. Ho visto i pescatori tirare le reti, conosco la voce degli uomini soli, nelle dure solitudini, ho gettato le reti nei vicoli. Ho guardato sui clivi, ho cosparso polvere di calce nella terra del sud, grattato l'intimo di un'anima povera. Mia nonna, ferrigna portava fiori di pietra, strami portati via dai cigli contorno dei pendii. Sapienza e canto ho imparato i silenzi calmati nel tempo. Dovunque andrò porterò nei miei giorni, musica e aromi di rosmarino, sguardi e fierezza, sorrisi e solitudini. Di cielo e fragranza soltanto, ho preso le profonde storie di racconti di miseria dei borghi disfatti. Conosco il mio cuore, le lacrime e la fame dei bimbi come me, ma ho imparato a vivere. Tu sai, cosa c'è d'immenso negli occhi che sanno piangere. Tu sai tenere le mani di un bambino che nascerà senza stringere il mare e spingi lo sguardo contro l'età e la luna accenderà ancora la notte, tra che onde… dei miei sogni. Tu sai guidare, portami dove le rughe sanno di pace. Tu sai guardare un fiore che cresce, un cielo che sa d'azzurro. Portarmi tra le cose ingenue e le notti del fuoco. Coltiva, il carnoso che lo divide in questi grappoli d'uva densi in terre aride; ciottoli fra polvere e pioggia, e gonfia la separano in questo gioco di salto che permette di cadere sotto il sole chiaro. Siamo foglie abbandonate nella vita, sotto il grammo con noci secche. poi sparisce, si rompe… Densamente sotto i fogli, che qualcosa si ingiallisce già… Ed egli / questo appare, Egli / lo continua, Questo egli / la loro autostrada Poi / poi viene / questo a campo totalmente solito, solito questo che ciò egli / ella davanti a Fenisa ha presso a casa con noce, porti via il riso vissuto a quelli per un albero. E là si ingrandisce all'acqua, Egli / questo solito e Lei, a cui il ciclo va, Rane, sotto sotto, pietre,questo lungo animale, tutti si ingialliscono, sotto l'acqua la vita, che egli / questo Suchzuflucht. Posa gli uccelli corposamente tra le autorizzazioni e fette, Fiore senza manico, Approfondito ed esplicito, Egli / questo, che galleggia sull'acqua come Lei, che si sono biforcati. Questo così buon posto per restare. Le persone non accadono qui, se non ci sono tutte le scale di mano. Sotto il più grande, diventa con approvazioni / questo tende, Dipende dall'acqua Con posizioni, Egli / questo, che il suo odore adora er/sie, verdeggia ed umido. Egli / le mangiare tali grammi interni, Nel suono come sessuali tali relazioni, Per la successione al suono / loro madre il suo all'il / ulna non pensa Così così tutti toglie, Sotto le strade segrete, lo mette a sedere / egli / il loro lavoro gli / questo via, Ed egli / loro sorella parzialmente di su Per riso degli alberi, Ha strisciato coscia. Chi egli / questa lancia, che l'ha cambiato colore con sangue, poi appare egli / questo e lui / questo, che il confine diffida Mondo Per lui questo tuo mondo Egli su cui gli aumenti procedono fumando.. Greppi conditi e Lei si stabiliscono basso pressione ed i neri Egli sotto l'assoluzione - C'è il buio. E la pioggia cade / anche, questo letto, piedi in cemento finché ginocchi, questo si rompe per greppi sotto, questo ritorna dietro, Con là questo, che è l'autostrada La volante Margarita diventa giallo, Così più grande, Gioca grande non con lui mano, Perfora la nebbia, È esatto, non appena Là, viene / loro madre, Grappolo d'uva l'abbigliamento esplicito di lui che non lo cambierà colore a ciò e lui, Sotto la ruota di pratolina, lo porge di qua Esplicito questo cambiamento tra le persone, mangia grappolo d'uva di pane. Piega ampia la lamina da rami contorti nelle fessure della roccia vivono vuote le camere. Buie e prese, appassita donna dai capelli disfatti appesantita età di ricordi, s'attorcigliano le impronte tra le frasche spesse bianco volto che offende adagiato sui vinchi. S' issano fronde sulle rocce che si spaccano. Ti vedo mentre cogli i fichi, la tua cesta ne è colma e dolcemente la depone sulla tavola. Ricordo che eri arrivata prima al villaggio vuoto. La polvere sui nostri visi, dipinge la traccia di un sorriso ormai spento, di quella tua voce stanca e di quelle lacrime che sfondano la pioggia come a confondersi. In tutta la vita, anche per dirti la mia idea e la mia amicizia, sono ancora agitato. Certe volte ti chiedo, parlo e distendo, le parole dentro un'emozione. Gli sguardi si fanno quieti terra. Vorrei che il mio respiro ti fosse trasparente come i silenzi ultimi che accendono di echi la estremità delle querce, con l'oscurità della notte che ne fascia le progenie. Vorrei portarti con la mia voce lungo un viale quieto, tracciato da intense ombre, fino a una valle silenziosa, in un specchio d'acqua, dove il canto della cicala calma i rumori e il canneto risuona un'esile aria e le libellule si sollazzano sul pelo dell'acqua. Vorrei che il mio respiro ti fosse trasparente, e il mio canto un ponte esile e forte, innocente sulle tetre profondità della terra. E quest'istante fugace che si nasconde tra i silenzi perduti tra gli echi come una capinera intrappolata che sogna e nello sguardo l'ultimo orizzonte della sera. Da sempre, amore mio, abbiamo percezione della nostra vita sterile, nella piccolezza divisi dai grandi fervori dai nostri sguardi. È la dolce discesa ad attrarci, amore mio, e ci porta a fermarci all'armonia addormentata dei nostri atteggiamenti soliti! È solamente la dolce discesa e corriamo via senza misura, amore mio, e le nostre mani in una luce fioca comoda e di convivere. Dai nostri sbagli e dalle nostre bugie, dai nostri soli chiusi. Ancora una volta i prestigi del buio si sono ravvicinati a noi facendo vibrare le deboli emozioni dei nostri giorni. In faccia alla nostra attesa, l'arcobaleno scaglia i suoi colori e l'angoscia che pervade le nostre copiate sconfitte. Ho paura, steli cupi si infilano nei nostri silenzi e nel nostro amore. In noi i fascini dell'oscurità instillano la certezza dei nostri sogni, dentro emozioni sterili. Come canna sotto un bufera tutta la nostra vita vacilla e si china fino al confine del tormento. Non so fare altro che resistere, e mi aggrappo ancora legato con fiducia, tra le tue braccia. Quieto torpore di piogge: la neve s'arrende sereno cielo. compaiono ricordi di tutti umani giorni, A te mi tendo battuto, spoglio di grano; e rattrista dentro carità di secche spighe. Dall'aridità compare verde germoglio androgino. Questa porta piccola Che comparsa di aratri Vedrò la curva del cielo Effonde chiaro in sfavillio ambrato Tra l'azzurro cupo e l'orizzonte E la terra di tutto lo strato si nasconde intorno a per coprire, Perché il grande iceberg ha fregato le dune Appalcato tra le onde Nello strato ampio, che porta alle maree Nel contenere il vento È già disegnato nei nembi, fino a quando sparisce nelle profondità che la pioggia appare nel mare O ferma visibilmente nel cielo disposto che ha coperto verso l'alto boschi e montagne e tetto in tutto rivelato nella trasparenza di infinità sotto la pacatezza per poi essere oscurato nello strato delle atmosfere di cambiare in sostegni di regno, intorno all'antipatia e, vincere così tanto malioso, La decorazione con indifferenza la mostra. Parole d'immagini e giochi, sui giorni ormai stanchi si piangono le notti. Ascolto. Ceruli occhi Dove più lento passo migra, non so più nulla di me, buio noioso del tempo. Ancora sento il rumore delle foglie, modula la voce nelle ombre le notti si piangono Orme questi segni Di fango e acqua, fiori dei gigli abbandonati sui ripidi contrasti delle radici. Fiori antichi questi segni Di forme amorfe, spente con l'infanzia con la terra bruciata e il vento sul volto, s'addensano nubi bianche ma poi ritornano i riflessi sull'erba bagnata. Orfeo pizzica l'ultima corda Nel prato disteso di sogni svaniti Ormai suona nel vago orizzonte. Sguardo perso nell'attesa Mentre tutti s'addormentano. Gli occhi asciutti trasformati Nel buio d'una caverna E Lei è ancora in attesa. Nelle mani vuote Restano i giorni Chiusi Alla deriva le attese E un ultimo sguardo Resto ad ascoltare Nel lento groviglio dei rami, i giorni si dilatano: nello sguardo nuovo, al ciliegio che si apre immagini d'ombre si fissano grumi d'ombre e mura imbrattate e rimpastate le affossate voci dei vecchi, dei bambini, delle memorie di stanchi ricordi. Indimostrabile lacrima: nel blu esplicito di cime bianche. Io memoria, Miniera terrena di carbone. E per me senza semi; seriamente interiore la compassione dei nodi dell'albero scorticato. Il tempo ti scivola via E ti accorgi che i rami contorti Si sono gemmati Lasciandoti il sapore della linfa. Orfeo ancora suona E le note si mescolano con la tristezza. Attende silenziosa Stretto nella sua lira Sa ancora aspettare e sognare. Parole e note ormai vuote E sguardo perso nei giorni. In questo lembo di terra arsa Che nasconde l'età, scura polvere calcata dai giorni, passati, tornano e ritornano i fiori sotto il cielo avviluppato al bianco delle nubi. Sentivo il respiro del vento E dietro me i passi lenti Di mio padre e mia madre E aprivo il glicine per succhiarne Il nettare. Odori di colori Che mi trasalivano il sangue Tra gli sguardi sparsi Le immagini di cavalli e cavalieri Inseguiti nella fantasia. Fuggono i giorni tra i sogni, la collina, silenziosa, e tra l'orizzonte e il cielo, s'annuvola il canto stretto nella mano tesa d'una madre. Non sento più i passi E negli occhi intravedo la quiete Mentre m'addormento, affondando le lacrime nella vela tesa d'un mare inquieto. Scorre il tempo d'inverno, scende balugina nello sguardo, tutto sembra cancellato nelle orme della polvere ma cresceva acceso … Chino, che conduce, e mi registra; e tu ti guardi nel vestito,, e le mammelle vengono fuori negli involucri della vita, libero sulle braccia stanca. La sconfitta facile di me; che questo oscilla sulla terra riarsa. Lo vedo un'altra volta. Parole avevi le dighe disfatte, chi ha messo inconsolabilmente nel peso della vita che profumava di circo. La strada davanti a me diminuisce, In quel vento, per essere sotto, le notti del maggio, e tu ti sei svegliata straniera su di noi. Campania Nell'ora serale la luna pallida, soltanto emerge, frigna il mare agitato. Ad alzato sbocco più triste essenza ansimò di ali le grida dei gabbiani. Mi scopro di pari natali; esame di isolato sguardo in raggelato vigore nel passaggio dei dirupi contorti. Granulati flosci di respiri, piogge che il torpore greve completa la storia. Non ho carità; e qui rivengo nell'orma che al misero confine di fervidi ricordi; nelle parole di un monte: Aoria, nei lavori di terra grezza, negli ammassi di ciottoli in tronchi vuoti. L'animo svaga nelle alture di piante tenere; e di sincera aura che consola affetto. Cammino lungo il viale, senza sapere dove andare tra rumori e confusioni che ovattano il suono delle foglie come parole inutili come onde che si spaccano su scogli taglienti. Quando le frasi si immergono, non so più scrivere ricordi. Immagini che s'affollano e tu che non ami più. Ancora lontana la tua voce e rami attorcigliati che si svernano e germogli che si aprono ancora. Finalmente, so dove andare. Scendono a fare domande ai tuoi pensieri il tuo sguardo ombroso, come un vagabondo fa da silenzio nella sabbia bruciata. So di te ciò che le lacrime sanno, piccolo vicolo di paese. Inseguo indeciso i tuoi occhi che ripiega arricciando e si rifugia fino a legarsi in un riflesso. Ma c'è una scaglia, ti frantuma il tuo sguardo, bagnata, l'alba immagini schierate sguardo vagabondo fa da specchio al silenzio. Quando è silenzio e scivolano sguardi tra la folla di gente che vuole andare solo a casa e i negozi chiudono e la piazza si svuota. Per le strade al freddo sono rimasti solo i cani e un trascinare veloce i passi. Si aspetta di giorni ancora lontani e di donne che ti lasciano e di sorrisi morti in un bicchiere di parole spente dentro una sigaretta. Nelle notti solo nel silenzio aspetti con i ricordi in mano Quando chiudi gli occhi … Muta intreccia al margine della pineta nera mostra. Sul poggio si esaurisce pigro il fiato del tramonto, non fiata il gemito dell'ingenuo e i piacevoli zufoli dell'autunno zittiscono tra i rami nudi. La nube cenerina piegati ubriaco di vino la roggia della notte, sempre diffonde il suono della luna percorre la notte stellare. Lo sguardo pervade l'orizzonte lontano lasciando via il brusio degli aghi. Gli echi sterili vuotano al tempo giorni avari anche il silenzio si è arreso trascinando la nenia dei bambini. Giorni non sempre gli stessi, respiri non sempre gli stessi abnegano nelle rugiade del primo chiarore, e silenziosamente si scolorano. Le voci sono lontane: sgorgano mentre in volo si gettano in sguardi di leggeri e pesanti echi. Nel vuoto della terra queste impronte come sabbia che cingono le rive. Fragili sere davanti a un focolare, odore acre di fumo leggerezza di voci ostinata nell'aria immota. Lentamente si sciolgono in viso come lacrime, silenzi e giorni d'attesa. Nella piazza rumorosa s'acquietava ogni tristezza, e le case affondano nelle pioggia. Vado a cercare una lapide annerita dagli spenti lumini, una gioia mi lacera … e si finge eterna. |