Canta
Cos’è rimasto al poeta
se non la libertà
di cantare?
Storture di un mondo
che rotola sempre
più in fondo
gente che non ha voce
e ha perso il diritto
di urlare
Canta il poeta
odierno rapsòdo ardito
tolto il bavaglio esplode
e grida la voglia di vivere
rivendica il diritto di esistere
in difesa di gente che tace
ripudia chi logora l’anima
di gente che teme di esserci
denuncia il degrado che spinge
a inseguire indegne ambizioni
Canta il poeta
il suo sogno di essere sciolto
da ogni laccio venale
il miraggio di forgiare parole
destinate a consolare
l’illusione di sollevare
vittime di un sistema spietato
la speranza di affrancare
coscienze asservite al potere
Canta il poeta
slega i nodi dell’anima
liberando catene secolari
col coraggio d’un eroe d’altri tempi
affronta le sfide e combatte
coi versi fioriti nell’animo
effigia audaci fenditure
nella crosta di effimera opulenza
dell’arroganza senza decenza
Che canti ancora il poeta!
A voce distesa nel mare della vita
Soldato bambino
Ti hanno buttato tra le braccia
[esili braccia da bambino]
un fucile per sparare
[ma non sei un assassino!]
Ti hanno detto di combattere
/soldato bambino/
contro un nemico che tu non sai di avere
è la legge: devi colpire!
c’è la guerra / devi ammazzare!
Ti hanno dato un fucile
[più alto di te]
ti hanno dato un fucile
[ non è un gioco]
devi centrare per non farti ammazzare
come carne al macello.
Stordito il cervello /rintrona il comando
è un ordine, è un ordine
esegui / esplodi!
Schizzi / corpi / mani imbrattate…
Rimbalza il fucile
le esili braccia si afflosciano inerti.
Pesante fardello per te
burattino addestrato a dovere:
tra le mine, tra le macerie
devi solo sparare…se ti vuoi salvare….
Premio "Amnesty" 2011
Mentre il volo di aquiloni
Primavera in festa
tra leggiadre chimere
di un tempo felice
Aquiloni in libertà
nell’azzurro del cielo
tra riverberi e brezza
libera da compromessi
libera da paure primordiali
io piango
perché i momenti corrono
erranti a briglie sciolte
e si inabissano nel cielo infinito
perché la vita è un sogno
che racchiude misteri inesplorati
e le ali dei gabbiani
non raggiungono la purezza
di stupori immacolati
perché non sono eterna
nell’eternità dell’universo
e l’amore non basta
a consolare il pianto
e nessun giorno, mai,
dissolverà il dolore antico
di una vita destinata a perdersi
nel cuore di una notte
orfana di stelle.
Rabbia
Tanta la rabbia che ho dentro
e che vorrei vomitare
grande il rancore che nutro
e che mi fa stare male.
Ma che ci faccio io / adesso
tra queste mura sbiadite
tra uomini banali,
ruffiani / ciarlatani.
Tanto dolore mi scuote
sola mi sento, tra tanti,
cerco spiragli d’amore
trovo soltanto squallore.
Ma che ci faccio io / adesso
mentre mi piango addosso
rotolo giù, nel fango
dove nessuno è se stesso.
Cresce il disgusto, mi assale,
sleale giocare a sparare
per colpire una preda speciale.
Ma che ci faccio io /adesso
mentre si tira al bersaglio
tra le macerie di fumo
tra i brandelli di carne.
Ma che ci faccio io /adesso
mentre si abbattono e cadono
ombre di vita e di sogni
esili corpi tranciati
da spietati carri armati.
Ma che ci faccio io / adesso
mentre assordante il successo
osanna l’eroe a se stesso
su un bianco altare di gesso
in virtù di una fede irreale
che per vivere si deve ammazzare
e la razza purificare.
Ma che ci faccio io / adesso
ho vergogna già di me stesso
non più uomo mi posso chiamare
se all’eroe mi si deve accostare
preferisco morire normale
ma fedele al mio ideale
che ognuno all’altro è uguale
nel sangue / nel vento / nel fango,
nel ventre della Terra
che genera amore e non guerra
La mia vita
La mia esistenza incastrata
tra i vicoli stretti
di questo paese del Sud
bruciato dal sole d’estate
accarezzato dal freddo d’inverno
La mia identità costretta
tra le case di calce imbiancate
tra contrade tortuose e inaridite
di un paese arso e dolente
estraniato dal mondo / distante
La mia vita smarrita
tra i sentieri dei pregiudizi
di un paese amaro/ odiato
ammalato di noia e torpore
incancrenito da abitudine vuota
di pettegoli ornamenti verbali
La mia vita s’è persa
tra i rami contorti di ulivi secolari
tra le pieghe umide di solchi da arare
ideale culla per sentire e trovare
pace e silenzio
e continuare a sognare...
E' arrivata la sera...
La testa reclinata…
dolcemente si insinua
tra i bianchi capelli
il riflesso della lampada
accesa in cucina
Nell’ora che volge al tramonto
con lo sguardo perso nel vuoto
seduta al tuo solito posto
insegui ricordi svaniti
tra primavere fiorite di sogni
Si intravede il barlume di stelle
tra i vapori del giorno
che lento si affida alla notte
quando arriva, inusitato profumo,
un aroma di giovinezza perduta
Echi di gaie risate e sorrisi intessuti
di improvvisa baldanza
rossori e timidi incanti
tra brezze di amori innocenti
all’ombra di giardini in penombra.
Estemporanea ondata di memoria
nella coltre che ricopre la mente
e si strugge a rincorrere invano
un passato sfumato e lontano
fievole abbozzo nell’ora più fioca!
Sembra non essere stato
quel sogno durato una vita!
E intanto è arrivata la sera…
Fotografia dal Sudan
Cercavi forse un rivolo d’acqua
tra granelli aridi di sabbia dorata
a dissetare labbra inaridite
a rinfrescare un dolore antico
Cercavi forse un fresco sollievo
tra le miserie sparse a te vicine
a ridonare colore alle guance
a placare la fame mai saziata
Inginocchiato, piegato dalla forza
di una violenza priva di ogni senso
hai le tue lacrime per appagare ancora
le labbra trepide riarse dall’arsura
Sei un uomo ormai, bimbo cresciuto
tra fame divisa con mille bambini,
tra gocce godute a piccoli sorsi
soddisfatta mai, sete vorace
Sei un uomo, ormai,bimbo invecchiato
tra pieghe rugose di una terra feroce
che attende il tuo corpo tanto emaciato
per nutrire radici di odio inappagato
Sei un uomo, ormai, bimbo avvizzito
un’istantanea in controluce alita parole,
sbiadita la tua immagine, muta la tua voce,
il tuo sguardo smarrito cerca un rivolo
d’acqua / un sorso d’amore...
Cromatismo
Semplificazioni cromatiche
su tasti bianchi e neri
[allegorici Pierrot]
audaci arpeggi
su scale di emozioni
[un tasto /un segreto]
seducente cerchio di piacere
vertigine folle di armonie
intrepidi rigurgiti di gioia
Impazziti cromatismi repentini
su tasti bianchi e neri
[esaltati Pierrot]
semitoni impennati d’improvviso
su tasti deliranti
[non più bianchi/ non più neri]
fusione perfetta
sensuale stordimento
insanguina di rosso
il mio tormento
e sento il cromatismo
che mi invade
erompe tutt’uno col mio corpo
appassionata festa di visioni
e tasti colorati/imbizzarriti
a briglie sciolte nel circo della vita.
alla mia musica
Sono vissuto
Sono vissuto
burattino appeso
a un filo inesistente
struttura della mente
dello stanco apparire
inconsistente
dell'uomo scheletro
di niente.
Responso
Racchiuso in un responso
è tutto il tuo destino:
sano o malato / sei solo / bambino
Un prelievo da una cellula
[spietato il risultato per decidere
se devi essere abbattuto]
Ti muovi già,nel ventre /pulsante
mi sei nato dentro / innocente
hai radici profonde nelle mie carni
sfibrate dall’attesa estenuante
Non voglio sapere
se sarò costretta a farti male
per non privarti di una vita normale
Non voglio ferirti
ma vederti in volto io che ti ho concepito
con l’amore di un momento.
Non voglio soffocare la tua ansia di nascere
che scalpita nelle viscere dolenti
Madre [tormento che si insinua]
calpesto quella regola morale
non sono in grado di selezionare
se vivere è condanna a chi è anormale
Madre [dissidio che si agita contorto]
alimento una fiamma d’amore
non spegnerò col gelo il suo ardore
Madre [coraggio che dilata la ragione]
vivi la tua storia / ti appartiene.
L’anomalo
Sei lì, sulla panchina / dimora dei tuoi sogni
e pensi ai primi raggi / ti abbagliano d’incanto.
Ti guardi attorno e il sole ha ricoperto i prati
e già la tua panchina si illumina di giorno.
La gente diffidente ti guarda indifferente
il tuo cartone avvolto ti servirà stanotte
per sopportare il freddo per riscaldare il sonno.
E tu ti guardi attorno: che grande girotondo!
pure dal basso in alto è buffo questo mondo.
Normali sono loro / borghesi regolari
che sfilano ingrigiti appesi ai cellulari
l’anomalo sei tu / che hai un tetto di stelle
e un cartone vecchio ti copre le spalle.
Un cane si è fermato / ha fame come te
e cerca una carezza da una mano amica.
Ha rotto il suo collare / non vuole appartenere
a chi a tutti i costi lo vuole omologare
ai ridicoli animali vezzi dei padroni.
Un cane come te / per la gente perbene
che schiva il tuo corpo come letame in gergo
per non sentire il puzzo / per non sporcarsi l’orlo.
Normali sono loro / borghesi imbavagliati
costretti a recitare e a leccare il padrone
l’anomalo sei tu / che libero ti avvolgi
in un vecchio cartone e respiri la vita in ogni stagione.
Un uomo per strada
Un uomo per strada
la gente che passa
neppure lo nota
nemmeno ci pensa
se batte il suo cuore
non ha poi importanza.
Che traffico scorre,
stasera / nel centro
i lampioni tra aloni
di nebbia e tristezza
e la notte che avanza
spegne ogni speranza.
Si ritrova solo
e un po' rimpiange
banale la sua vita
non serve a niente
e la folla che si perde
mentre il buio tutto assorbe.
Chi ritorna a casa
non può capire
tanta,tanta rabbia
non fa dormire
e lui /intanto /si trascina
nell’angoscia che rovina.
Quell’uomo che grida
in silenzio/un dolore
di quella sua vita
senza più amore
e poco importa
se vive o se muore.
Quell’uomo che chiede
soltanto uno sguardo
un gesto d’affetto
una mano /un pensiero
è un vagabondo
non è un uomo vero.
Non si può lottare
contro il destino
e per quella legge
sei un clandestino
ed il mare che lo sa
forse avrà di te pietà.
Quel barcone stanco
di tante storie
di lamenti e suoni
e di memorie
solo là / in profondità
forse pace ti darà.......
Dove sei
L’ultimo raggio di sole
accarezza il mare
spruzzi di stelle fiammanti
sbuffi d’onda su ruvidi scogli.
Avidi di vita i gabbiani
spaziano e poi si adagiano
e si perdono per inventarsi ancora
e tornare alla vita domani.
Dove sei
mentre ti cerco in questo mare
in questo lembo di tramonto…
Dove sei
e ti chiamo da lontano
e invoco la tua mano…
Dove sei?
e ti inseguo nei miei giorni
nelle notti senza stelle…
Dove sei
nel volo senza tempo
nelle ali e nella mente…
Dove sei?
L'agonia
del tempo
l tempo scandito
da un monotono suono
intermittente monitor
che batte e ribatte
Il tempo cadenzato
attraverso vani cavi
puntello di un corpo
che scivola trànsfugo
Il tempo non corre
Il tempo si inventa
Il tempo non conta
Il tempo raggira
aroma di sparsi ricordi
si spande rarefatto
immobile eppure pulsante
il tempo s’infrange
su deserte scogliere
dove il tramonto
si placa nell’ultimo
respiro del silenzio
Manca il sole
Manca il sole in questa stanza
il dolore è una rosa secca
tu la sfiori con le dita
non ne senti più l'odore
Dove vanno le parole
dove vanno a finire le ore
quando il sole è lì che muore
inutilmente lo cerchi nel cuore
Lasciami sola per favore
non voglio sentire rumore
ho provato com'è dolce l'amore
ho provato com'è amaro l'amore
Solo ieri camminavamo
tu ed io nella nostra mano
solo oggi ci ritroviamo
a fare a pugni col tempo, invano
Rivedere la mia vita
nei tuoi occhi per l'ultimo volo
e tu mi sfiori con le dita
le mie ali e parto davvero
Canone in re maggiore
Nei mulinelli che il sassolino
intesse con lo specchio di mare
negli zampilli della fresca fontana
nella penombra del verde fogliame
Allora il mio spirito tace
s’acquieta e s’apre
alla brezza di vita
Allora il mio sguardo pensoso
si disseta esitante
alla fonte del sogno
e non dispera del giorno
che lentamente si oscura
nel mistero della notte
e non paventa il rifugio
che assorbe il declino delle stelle
nel silenzio assordante
del notturno sonno senza sogni
Rinascere
rinascere
da un utero sventrato
e rivedere il cielo
riassaporare il soffio
del vento sulla pelle
e respirare l’aria
tra macerie e urla
grida la vita
che pulsa tra vene
svuotate di sangue
tra rovine e carcasse
piange la vita
che muore tra pietre
derubate di fiori
L’Aquila / una notte d’aprile
Sei tu
il mio futuro è nei tuoi occhi
dove il cielo è baciato dal sole
e le rondini migrano
senza pensieri
nel tuo volto di perla
dove il sorriso inonda
la mia malinconia
e dirada le ombre
nel tuo sguardo sicuro
che annulla le mie paure
e le disperde come il vento
fa con le nuvole
il mio futuro
il mio domani che
non è più oggi e sconfina
nella mia mente
Sei tu
A mia figlia
Se guardi
Se guardi quelle stelle
che brillano lassù
riflettersi su noi...
chi siamo adesso noi?
Solo falsi eroi
che macinano storie
senza sudare mai.
Se alzi in su lo sguardo
nel cielo tu vedrai
sorridere gli dei...
che burla siamo noi!
ridotti a mendicare
un briciolo d’amore.
Se pensi,questa notte,
a chi sogna
e a chi non dorme
ti accorgi che la vita
non scorre su binari
uguali e paralleli.
C’è chi procede dietro
banali ipocrisie
chi sempre si compiace
e mastica bugie
chi recita la parte
capace di accettare
che dietro quella maschera
c’è un uomo da inventare.
Se pensi,questa notte,
vorresti già volare
verso quel cielo scuro
e farti un po’ cullare
da mille stelle e mille
che stanno su a guardare
e le favole più belle
sanno raccontare.
Come una foglia
Piegata
alla violenza del vento
stanotte non sogni...
Sbattuta
da schiaffi brutali
stanotte tu tremi
su stanchi rami
vanamente tesi...
Inaudita furia
folleggia baluginante
e ride di te
fragile foglia appesa
all’esile speranza
di resistere
Come una foglia
appare la mia vita.
Come una foglia
instabile sui rami....
Un anno dopo
scolpisce tagliente
il ricordo
scalfisce il pensiero
affannato
inerpicato su
improbabili voli
spossati da inutile
sforzo
un giorno
inciso nel tempo
incancellabile
graffio nell’anima
e anno dopo anno
tenace si ostina
a percuotere
le reti della memoria
un giorno
tra tanti e uno solo
fremente dolore
accecante
e anno dopo anno
più forte rimbalza
e stordisce il vuoto
di te che mi invade
nel muto parlare
di frasi sottese che
il freddo silenzio
squarciano eroiche
e anno dopo anno
rinverdirà d’amore
l’immagine di te
padre per sempre
e la morte non avrà
cibo per nutrirsi.
Non ho voce
gridare vorrei contro falsi ideali
per demolire la vuota apparenza
nel viluppo trionfante di inetti
pseudo eroi di falso potere
gridare vorrei contro maschere vuote
che girano attorno a questa commedia
grottesca scenata di vita inventata
nella recita effimera legittimata
e liberare la voce che ho dentro
che naviga incerta nel mare abissale
di smisurato silenzio
rassegnato e infecondo
ma la mia voce dov’è finita?
io non ho voce, non ho più voce
la mia voce solo per parlare
ma quell’altra che viene dal cuore
che grida, che invoca sempre libertà
la mia voce dove è finita?
nei meandri della mia coscienza
nei sentieri smarrita e perduta
nel fragore di onde su scogli
taciuta dal tempo e dalla realtà .
Occhi di velluto
occhi di velluto
divorano il tuo viso
piccolo / scarno
senza sorriso
occhi di velluto
riflettono il dolore
sfilano le immagini
si annullano le ore
occhi di velluto
spenti nella notte
dopo un lampo di fuoco
impresso nella mente
……un gioco nella strada
un grido nella sera
e sangue e nero
e tenebre…
… bimbo senza sole…
…un gioco questa guerra
chi lancia ora la palla
e poi chi la riceve
non vede più la luce….
occhi di velluto
laghi già profondi
che riflettono il cielo
e non vedono l’azzurro
occhi di velluto
notte senza stelle
ha vinto questa guerra
ha mutilato Amore...
Come te, Emily
Voglia di respirare,voglia di restare
tra l’oceano infinito e le ombre di sole
mentre un segreto illumina il tuo viso
e il tempo ti riporta un desiderio antico
Voglia di assaporare il profumo del mare
tra le onde i gabbiani in volo
e folate di vento a sfiorare
sul corpo riverberi e brividi a pelle
Come te, Emily
nel chiuso di una stanza i miei sogni
catturano anni e stagioni
carezzando paesi lontani, spiagge assolate
e selvagge scogliere del Nord.
Come te, Emily
rincorro la brezza dei mari
il vento della Cornovaglia
l’antica brughiera dei Celti
tra nude pareti riflesse allo specchio
Voglia di ritornare, voglia di restare
aliti tra i tendaggi, scorci di sentimenti
…e guardi dalla finestra il pensiero
che lontano si invola…
Voglia di scrivere ancora,voglia di eternare
il freddo dell’anima sola che si scalda
su svolazzi di storie, aneliti, gioie,dolori
e stanchi sospiri d’amore
Come te, Emily
muta di parole, libera di sorvolare
su una pagina bianca …orizzonti…
infinita la vita che pulsa
tra le righe scritte col cuore...
Istante
Il respiro affannoso
di un ultimo giorno
che a stento s’avanza
e il cielo plumbeo dalla finestra
di una stanza / illividisce le pareti
sgretola la speranza
Un groviglio di emozioni
contrastanti
l’angoscia si insinua
nelle anse del pensiero
in un viluppo tetro
irto di aculei
Un sole pallido
si mostra rassegnato
in uno spazio immobile
che sa di morte
a confortare l’estremo
istante nello stordimento
fluttuante
La mia mano
ti accarezza la fronte
mentre il silenzio erompe
incontenibile e il tuo cuore
si ferma e la tua voce
si inabissa nel mare arcano
Nella vampata del dolore
una vertigine sferzante
mi recide il pensiero
mentre urla inespresse
sconquassano la nebbia
della memoria / che ti cerca
in un rincorrere di ricordi
Parole non dette / mai come
in quel momento anelate /
per chiederti ancora
di darmi la tua mano
come da bambina
quando mi sorreggevi
nei miei primi passi
per dirti ancora
di raccontarmi fiabe
per farmi gioire della vita
e circondarmi di note
profuse di gaiezza
per pregarti ancora
di darmi il tuo coraggio
al cospetto di malvagi temporali
mentre i tuoni irrompevano
arroganti nel buio della notte
Quanto ti amavo
anche in quel letto
dove la sofferenza
ti aveva alterato il volto!
Quanto ti avrei amato
forte della tua vita
dandoti la mia mano
come ad un bambino...
a mio padre
Danzano
Danzano...rivivono
i girotondi dell’infanzia
lampi di ricordi
inafferrabili
Ghirlande di pensieri
inanellano il mio tempo
che si perde senza storia
irrimediabilmente
Mille gocce di rugiada
irrorano le aurore
mille notti scolorano
alla luce delle stelle
Come il treno sfilano
percorsi già tracciati
dal disegno della mente
rincorrono speranze
Ghirlande di pensieri
ricercano ideali
nella sabbia del deserto
e lacrime e gioie
dipingono le ore
assecondano il dolore
le movenze dell’amore
Intessuti di colori
emozioni e dispiaceri
si riflettono su tela
è la vita, quella vera...
Illogica finzione
Continuerà la recita
tra queste briciole di tempo
[che mi resta]
e la maschera che mi riveste ognora
regalerà sorrisi e smorfie audaci
deformi trasparenze ineluttabili
di illogica finzione trasversale
Continuerà la recita
fino alla soglia della morte buona
che strapperà la maschera sorniona
[ironica armonia dell’apparenza]
rivelerà l’eternità pietosa
che accompagna il viandante senza meta
nell’illogica finzione trasversale
[
una notte di luglio ]
A Luis
Vita
come piuma leggera
cadi per terra
e non sprofondi
nell’impronta eterna
quasi non fossi mai
esistita.
A L. S.
Un ammasso
Da lontano sembrava
un ammasso di stracci
frettolosamente ammucchiati
uno sull’altro
in un cumulo informe e traballante
scuro / inquietante
poi … una mano è spuntata
non si sa da dove
e si è protesa su passanti
distratti /abbacinati
da utopie venali
poi… una voce si è udita
tra i cenci logorati
e mi ha penetrata nel profondo,
una voce che ha solo detto:
“grazie”
a me, che non ho fatto altro che
chinarmi e cercare un cuore
in un ammasso amorfo
23 dicembre
Impressioni
affamata d’aria…
chiudo gli occhi
e non penso
il vento mi racconta le sue storie
tra i rami di ulivi secolari
e sfarfallio di foglie luccicanti
sbuffi di nuvole accennano una danza
sospinte dalla brezza pellegrina
erranti vagabonde senza meta
ripiego il mio taccuino…
chiudo gli occhi
e non penso
domani ritroverò il mio tempo
tra pagine vergate di parole
impressioni scolpite nel ricordo
Tra mimose di sole
Riflessi di luce
nel vento di marzo
che gioca e gioisce
tra mimose di sole
Tra le mani
lavori cotone
tra le dita
carezze al tuo bimbo
e morbido bianco cotone
accomuni al colore
già rosso
di un fuoco irreale
Un lampo divampa
Il volto si accende
di un dolore brutale...
Il tuo corpo pervade
il tuo corpo di donna
di madre, di figlia
che muore...
Il terrore dilaga
grida già fioche
dal troppo soffrire
si perdono arse tra gemiti flebili
Il vento ti sfiora
Un pugno di sogni
hai stretto al tuo petto
ombra di donna
angelo stanco
Sparsi ricordi
hai dentro, d’amore
coraggio di donna
debole carne
Una parte di te
in quelle ore si perde…
nel vento di un giorno
un mattino di marzo
... tra mimose di sole
Quando
quando il cuore ti scoppia
e la testa vagheggia
nella corsa di frasi e ricordi
che tumulti danno alla luce
quando il tuffo del sole
all’orizzonte si incurva
e i gabbiani si oscurano
inquieti
quando i viali confusi
si intrecciano fitti
e la strada a vagare
smarrita tra i raggi
allora immergerò nel cielo
la mia anima assetata
di infinito
a respirare aria
ad inventarmi ancora
a tessere arabeschi nell’azzurro
libera di esistere per me
sognante illusione disillusaBianca
Hai urlato
prima che la tua voce
annegasse tra le fiamme
prima che i tuoi occhi
catturassero il terrore
prima di perdere la vita
tra le braccia del dovere.
La chiamano bianca
questa morte che deride
che si prende gioco del bisogno
che ironizza sui colori
e disdegna il rosso fiore
di chi paga col suo sangue.
La chiamano bianca
questa morte che scolora
che porta solo nero a chi la coglie
che di buio eterno è pregna
e non rischiara
i sogni di chi vive con onore.
La chiamano bianca
questa morte
che si scioglie come neve
e non fa orme
alle vittime sul lavoro
E ho pianto
Era inverno. La neve accarezzava
corpi incerti / manichini oscillanti
incartati da divise intessute
con l’ortica dei campi secchi.
Era inverno. L’amore si smarriva
tra il filo spinato di recinti
agghiacciati dal terrore
e dal sibilo del vento di tramontana.
D’orrore profumava l’aria,
acida di canti striduli
pregna di grida d’infamia
dissacrante sterminio selvaggio.
Il sole era morto sul lastricato
viscido, inzaccherato da fradici
residui putrefatti, menzogneri
testimoni della vita.
Era Auschwitz. Era lì, stampato
in un vagone vecchio, il dolore
patito da mille e più uomini
profanati da oltraggi disumani,
nella memoria di mille e più
foto in bianco e nero.
Ho provato vergogna e ho pianto…
(il vagone della memoria) |