Poesie di Paola Trombetti


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Zucchero e Sangue
Domenica di Santa Messa,
domenica di Primavera,
domenica del soprabitino rosa,
qiorno di guerra.
Domenica delle fritture dorate,
domenica delle glasse vanigliate
domenica dell'agnello giustiziato,
giorno di gesta guerresche.
Neve di zucchero, mandorle e miele
tende di festa,
luce che trema.
Convivio, risate,
brindisi e baci:
“Mostriamogli i muscoli a quei primitivi,
facciamo sentire chi è il padrone”.

Cronisti Cronici
Alla televisione!
Caldo torrido e piogge torrenziali,
freddo polare, delitto efferato,
un bruto, il caro cappuccino,
il generale inverno, la recessione.
La località d'eccellenza, la strage del fine settimana,
un gruppo di balordi, un lieve malore,
l'allarme influenza.
La faccia appropriata, il tono non c'è;
in mente il pollo della mensa.

Delle volte le Parole
Tutta la vita il cuore nella gabbia della colpa
con le maglie di metallo strette addosso
rimanere per sempre figlia e basta
e affogare nel brodo della vita.
Delle volte le parole vengon fuori dall'oscurità
altre volte dal vino o dal sonno,
altre ancora dalla luce
o da come le cose poggiano con grazia sulle superfici,
in altri frangenti vengono dall'incontro con occhi sconosciuti,
alcune sono solo parole
altre sono il solo salvagente.

Palla di Piombo
Fredda, pesante palla di piombo ed ombra
sto.
In piedi sul ciglio del baratro
e ascolto il respiro del mondo.

Scatole Cinesi
(Aspetta!)
Segnalibro del mio mondo di carta
aspetta in quella pagina di vita,
ti ho messo tra gli oggetti della notte
di un sognatore pigro.
Tra libri occhiali e spille,
l'orologio la lampada e il bicchiere
generi di conforto,
banalità apparenti
testamento.
Aspetta,
aspetta fedele
e segna il punto in cui smisi di leggere
...o di vivere
Sul tetto della stanza è alta una luna
ma tu sei solo carta.
Carta-infestata-di-funghi
inchiostro e sangue,
ti conoscevo tutto aria e parole!
sèrbami almeno un numero di pagina,
almeno un capoverso se puoi;
io, se potrò
tornerò alla fine del sogno.

Paura
Strega,
unghie nere e capelli arruffati
non mi fai paura,
zucche svuotate, le orbite fiammeggianti,
guglie appuntite e castelli nella nebbia
mille racconti sul comodino
da stare svegli fino al mattino.
Io ho paura delle donne di carne
che perdono la vista a poco a poco
in cucina, sul tavolo da stiro
con un lume fiòco.
Ho paura per loro ho paura di loro,
Ho paura per me.
Mi appoggio,
incespico nel vuoto
il mio domani è come il loro?
Il mio domani cos'è?

Immobile
Conobbi un giorno, non so come,
il bene congenere alla polpa
non so quando, ma l'ho incontrato.
Il buono annidato nella polpa,
ne ho mangiato
e non mi arrendo.
Ti ricerco ancora
albero estinto in una stagione gelida di rabbia.
Tutte le parole non servono a tradurti,
tutte le parole non possono che tradirti.
Sciami di parole mi uccidono da sempre,
una rosa di pallini sotto pelle
prurito rossore, infezione pertinace;
alla testa perchè non pensi,
alla bocca perché non replichi,
alle mani perché la mia vita non si compia.
A metà strada tra esistenza e assenza,
a volte preferirei essere stata.


Sento il bisogno di precisare che l' ho scritta a gennaio del duemila. Faccio questa puntualizzazione di carattere storico altrimenti i primi versi potrebbero suonare anacronistici e fuori luogo. Sottoscrivo comunque tutto il resto, che rimane a mio avviso tristemente attuale anche nel qui ed ora.
Un grazie a tutti quanti mi leggono e mi commentano.


Colonna Sonora
Nelle edicole...Nuovo Millennio! Nuovo Millennio!
Nelle case un viluppo di nodi, un ordire di trame disarmoniche.
Dalle finestre è tutto un vociare torbido, melmoso.
Venite! Scendete!Correte tutti a parlamentare nel cortile.
Disponetevi in fila, ordinati e silenziosi, ognuno si porti la sua scodella,
oggi si distribuisce libertà!
- Niente strilli, niente furberie... razioni doppie solo per le famiglie numerose,
ognuno avrà la sua scodella di libertà.
Accorrete! Lasciate tutto! Oggi nel cortile si distribuisce la Verità,
fronzoli per il viaggio terreno e un intruglio metafisico: zuppa di Aldilà.
Tessere e scodelle alla mano e non spingete.
Oggi nel cortile, grande spettacolo! Venite silenziosi a parlare
e lasciateli parlare.
Padroni d'Anime e Signori della Guerra si rifanno il trucco,
si preparano per la grande rappresentazione
e sotto il trucco...
Padroni d'Anime e Signori della Guerra.

Rapsodia di Sole e di Vento
Sole sulle spalle nude
calici di vino alle viole
la vita per me.
Presto conobbi le Furie,
ogni ventre gravido fu tomba,
atto d'accusa ogni nascita,
ogni focolare tribunale,
E questo regalo così pesante
che mi arde dentro,
malgrado me continuamente vuole!
E' il regalo più pesante in assoluto
perché non si può a sua volta regalare.
E questo vento così estraneo che asciuga le vene,
così ipocrita che asciuga la penna,
proprio oggi non ci voleva,
proprio oggi lo aspettavo.

Sussultiamo
Sussultiamo
davanti alla nudità
e davanti alla morte;
non reggiamo troppa umiltà,
troppa lussuria, troppa oscurità.
Non ce la facciamo a sostenere
le cose senza tetto,
le cose senza fondo.
Ridiamo a guance grasse dell'istinto,
l'osceno ci diverte,
a volte anche la morte.
Tremiamo come bambini, non reggiamo
se solo
un velo nello scostarsi
rivela la faccia
dell'umile-lussurioso-osceno-oscuro.

Inno all'Amore
Ama sempre, ama comunque,
nei giorni chiari e nei colori,
nei saloni più sontuosi,
così come nei tuguri,
nell'angustia e nella puzza delle stanze senza luce.
Ama quando guardi dentro,
ama quando guardi fuori,
ama quando sei arrabbiato,
ama quando sei nel dubbio,
ama quando sei sicuro.
Ama e basta, ama comunque,
nel prurito e nella fame,
quando il vino non è buono,
ama quando stai odiando,
ama quando sferri un colpo,
ama quando fai l'amore.
Ama e basta, ama soltanto,
quando brami e quando speri,
nello sforzo e nel riposo,
ama quello che non hai,
ama quello che non sai;
ama quando sei deluso,
come quando sei assorto,
se sei a mollo in uno stagno
o passeggi in un giardino,
ama quando tu, deludi
ama quando stai dormendo,
ama quando non ti va.
Ama sempre, ama soltanto,
ma soltanto se ti va.

Alienus
Ecco la mia ultima collezione di capelli bianchi,
e questa è la mia ruga di quest'anno,
ve la mostro!
Sotto c'e una pelle tutta borotalco e filastrocche,
quella, ve la racconto un altra volta.
Il resto è noto:
“ preparati la pensione,
fatti un'assicurazione,
se scade la rata c'è la sanzione,
altrimenti vai in prigione,
se paghi la cauzione
avrai l'assoluzione.
Mi hanno preso la vita
per usucapione”:
da più di dieci anni non la usavo.

Senza Bontà
Io sono quella dei senza bontà.
Belle parole, buone intenzioni,
buon senso buona volontà.
Sono quella degli sciocchi e dei muti,
degli ormai prosciugati e degli aridi da sempre.
Sono una di voi, malati e fuori moda,
raccolgo e amo i vostri gridi osceni,
brutti contro un cielo vuoto.
Monìli di ferro
sogghignate al dolore
degno e composto del telegiornale.
Vi tengono nascosti,
ma io tutte le notti
odo, raccolgo ed amo
i sòrdidi latrati
contro l'inerte cielo.

Primavera
Amo in te il guizzo premonitore dell'estate incendiaria,
il peso della vita che porti nelle gemme, quello no.
E' solo nausea-schienastanca- turgoredolente
e olezzo di fiori e api ubriache
facile da amare come una meretrice,
ma non per me
che sono senza soldi e non la potrei pagare
ma non per me che sono senza occhi...
...e vedo oltre.

Tracce
Neve
mi regalava un tempo
il tempo,
spumosa al punto giusto
da un preciso raggio trafitta
di obliquità perfetta,
rifratti quei colori così bene.
Tanta giusta forza e tanta giusta fame
mi infliggeva un tempo
il tempo.

Conserva di Luna
Notti insonni, a catturare i raggi della luna
nel cavo della mano,
e il buio regna sovrano.
Conserva di luce in barattolo
mentre il medioevo impazza nella piazza.
Nuove streghe, la scopa spuntata
ormai troppo pesanti per volare,
volgono il pensiero al mare,
hanno sempre una torta nel forno;
stanche e péste hanno fatto ritorno.
I roghi sono da tempo spenti
ma al microfono digrignate i denti;
a me fate il solletico
ma il vostro sermone atterrisce il politico,
alla fine della settimana rièccoti la dignità umana,
oh uomo! Caro sin da quando scendi dalle trombe,
da grande puoi crepar pure sotto le bombe;
io che non siedo a una simil tribuna,
sto al cenacolo delle streghe
dove illumina la luna,
se un raggio dovesse mai sfuggire
la luce sarà tanta da farvi impallidire.
Allora sì, che prenderemmo il volo,
e i nostri lazzi inonderanno di suoni il cielo.

Panni stesi e rettangoli di cielo
Panni stesi disegnano rettangoli di cielo.
Panni stesi sono rettangoli di cielo,
tracciano forme belle e sudano la fatica,
sudore di lavanda, ma essi sono la fatica.
Il fuoco crepita armonie di calore suonante.
Il fuoco è armonie di calore suonante,
canta assieme ai compagni nelle sere
e lacrima linfa di dolore,
linfa di vita ribollente, ma esso è il dolore.
Case di mattoni rosseggiano nel pomeriggio.
Case di mattoni sono un rosseggiare nel pomeriggio,
offrono cortili alle corse dei bambini
e sbriciolano di stanchezza,
briciole di viva terra rossa, ma esse sono la stanchezza.
Il grande crogiolo del mondo non partorisce forme pure,
dal suo ventre odoroso e caldo
sgorgano perle e sangue,
tesori e chiodi, nettare e veleno.

Sono...
Mi troverai nell'aria resinosa,
tra il rosso delle foglie
e il rumoreggiare dei palazzetti,
Qualche indizio?
Sono il cespuglio imbiancato dalla neve,
la pietra di quarzo che più scintilla al sole,
la sera crepito e scaldo i commensali,
sono la bruma della notte,
sono il bambino che corre e ride,
il papavero nel grano,
l'animale innamorato.
L'indirizzo?
“Vicino al nostro albero,
numero civico:
Infinito.”
Lo capirai soltanto se hai le efelidi,
e il tuo retino da farfalle in spalla.

Il Mistero
Il mistero abita ovunque
nelle fibre del legno della scrivania
e nelle gocce d'acqua sulla lattuga;
nella lattuga,
nelle galassie e nei buchi neri
negli occhi iridescenti di una gatta,
nella grafìte della mia matita,
nel globulo rosso carico d'ossigeno,
nella bottiglietta verde sulla mensola del camino.
Persino la faccia che ho baciato tante volte,
anche la mia stessa faccia, così familiare
che posso vederla allo specchio
e mi è servita tante volte per ridere e sputare;
sarà maschera fredda per sempre,
non più mossa da muscoli ma sballottata da gravità.
Che strano!
Che strano e che normale,
non li si incontra più, non ci si incontra più;
neanche per un saluto o un abbraccio fugace,
neanche per uno schiaffo;
neanche per quattro chiacchere sulla crisi economica
o un caffè.
Senza risposta se non la tua stessa eco, gridi e piangi,
la chiami “miglior vita”,
ti accontenti di un mistero parzialmente svelato;
èlevi castelli principeschi di parole,
poi garantisci sulla tua umiltà.
Talvolta, come un bambino lasciato solo,
spio dal buco della serratura,
interrogo quel buio con le lenti dei miei occhi,
senza scudo e senza armatura,
m'avvio verso l'incontro con il mistero intero.

Vicino alla Finestra
Pigolìo di rondini e rombo di motori,
le domeniche, le passeggiate,
i tigli, il lago.
Ma perché mai!
Nostalgia di fragole alla lingua,
di lenzuola fresche al volto
...e la bocca ride.
Voci e sospiri là fuori
come pioggia sbattono sui vetri
quasi-bussano;
preferisco la stufa e le maioliche,
lo scrittoio, le tende, il vapore;
preferisco il mio solito mento nella mano.
Preferisco il bussare dei ricordi alla porta dei miei occhi,
e il dolore randagio, magro, affamato che li fa accomodare. 

Il Paralume Arancio
Il paralume arancio dondola nel vento
colore vivo su un corpo di carta;
dietro le spalle il ronzare della strada
dietro la testa il cielo di fluoro recente,
dietro il presente un arazzo di suono,
dietro queste stanze oziose grida di bambini come al mare.

Il paralume arancio indugia nel calore,
vieni, ti accompagno nei miei sogni senza vento,
ti mostro le mie finestre senza cielo,
ti presento uomini e mondi.
Come ora, che vestita d'acqua sono qui, trafitta da un pensiero.
 

Tempi
Più gialle erano le mie mimose di bambina,
di prospettive triangolari di sole sui tetti rossi
e di terrazze muschiose più pieno il mondo,
me ne parlava l'io narrante
mentre col dolce della sua voce bassa invadeva le stanze
e come un vetro di finestra
di netto separava il caldo dal freddo.
Guardate ora come sono,
ho le vesciche ai piedi;
ma non mi rimane che inseguire quella traccia
prima che scompaia dietro l'angolo
formato dall'ieri col domani.

Manifesto
Continuerò a chiamare i gatti per nome e a dire “ti amo”,
diffiderò delle offerte speciali, rifiuterò il videocitofono;
sento la voglia salire alla gola,
voglia dei piedi!
Di calpestare certi sassi bianchi, levigati e umidi,
li ho visti in certi particolari momenti, vicino a certi torrenti;
per loro, solo per loro
scivolerei e nuoterei nel fango.
Dalla finestra ho visto pecore,
pecore accoccolate lungo il muro e ciminiere,
fiori selvatici e torri allarmanti, striate del rosso del pericolo.
Oggi non esco.
Continuerò a chiamare i gatti per nome, finché vi saranno gatti,
e a dire “ti amo” finché vi sarà qualcosa da amare.

Trucco di scena
In una giornata recente, allo spettacolo comico,
non ridevo per le barzellette,
piansi per la ruga sulla fronte dell'attore;
piansi per la tenda squallidina,
per le piume e le paillettes d'un tempo andato.
Piansi perché lui era un fiore raro.
Getta il telefono per terra con tutta la forza,
lascia la tua caldaia in pasto al calcare,
pèrditi per le strade senza satellitare.
Cerca sul volto del ministro,
sotto al trucco di scena,
come tutti ...la faccia da clochard
di quelli che mettono le mani in bocca per scaldarsi,
poi, subito spacca il televisore.
La tua auto, serbatoio vuoto e gomme a terra!
Metti i sigilli al gas, strappa via i cavi elettrici,
lancia dal quarto piano il condizionatore;
via le luminarie dall'albero di Natale,
l'intonaco lascialo sbriciolare,
i mattoni divèllersi e crollare.
Adesso sei in balìa di quella sfera,
del fuoco australe, del gelo boreale,
del giorno che acceca e della notte che stordisce.
Agenda alla mano ricomincia dai!
Alle otto in ufficio, pausa pranzo,
doccia, palestra, piscina happy hour, bimbo al nido, effe ventiquattro,
giardinaggio, riunione di condominio, week-end, barbecue.
Chiudi gli occhi e osserva bene,
quell'infinito nero, vuoto e zitto è tutto ciò che hai.

Conoscenza
Mi nutre il centro della terra,
in inverno un tappeto di neve
mi scalda,
nel caldo
mi avvolge una fresca nudità.

Il fiume mi è bicchere e lavacro,
ho per lampada la luna,
ho per libro l'universo;
ogni sera nel prender sonno
vi leggo un brano.

Non so scrivere
so leggere la danza delle api,
ho in bocca il profumo del miele
ho in bocca l'amaro forte della terra,
non so leggere,
so danzare come le api.

Le parole sono inganni,
le monete pezzi di ferro,
e non ho paura
la terra erbosa è il mio letto.

Amore
Nell'arancioamarantomelagrana della cena
ladra di sguardi mi faccio... zitta zitta
eccone uno bello, fugacissimo
di guance bocca e sopracciglia
chissà quando è sbocciato,
l'ho trattenuto e lo conservo bene
e poi giù! fino al bluneronotte
perché vi sia anche lì,
un po' di rosso della cena.

Frutto
...ed eccomi quà,
frutto del crudo atto sbucare inopportuna,
crudo come una bistecca al sangue,
come il cadavere pasto dell'avvoltoio;
ti imbattesti in me una sera,
dentro una pozza di fango sotto la luna.
Necessità: ne' meriti ne' colpe, amore forse.
In quella mota gorgogliante e rane,
in quel trapestìo di rospi ti parve lo spirito mancasse,
o non lo scorgesti!
Così spargesti incenso tutt'intorno,
e lodi e pentimenti ogni minuto.
...ma eccomi ancora quà,
a stracciar le tende viola
dai vostri confessionali neri,
a togliere il cilicio dai corpi e dai pensieri,
a liberar leggero, tutto intorno,
l'alito della notte, lo spirito del giorno.

Tragicomico Rondò
Pur se ferma, peregrino,
unico viatico
il mio residuo fisso di sogni
che non dorme mai
a evocarmi stelle, pietre e notti
e l'uomo nuovo.
Corse sulla spiaggia lucida
con la sabbia salmastra sulle cosce
l'ombra del pomeriggio tra le mani
e un aggettivo stretto tra palato e cielo.
Prima vengono le notti di grilli,
poi quelle di foglie e di vento,
dall'edera rupestre di bambina
e un sole troppo bianco
a tutto quel brivido di gelo,
poi la spavalda persona
e tutta quella forza,
mentre l'onda tornava
e ad uno ad uno,
cancellava via tutti i nomi
fino al punto in cui
si ricomincia.

Filastrocca Imparata a Scuola
Uno due tre
dimmi la tua stella, dimmi i tuoi colori.
Uno due tre
tu stai fuori.
Fammi vedere il naso,
è un po' poco all'insù,
te ne vai laggiù.
Uno due tre
mostrami le mani,
sono un po' troppo nere
uno due tre
vatti a sedere.
Fatti osservare il palato
è un po' troppo bianco,
vattene fuori dal branco.
Uno due tre
che parole conosci,
è roba fuori moda
uno due tre
abbassa le orecchie e morditi la coda.
Che fai nel nostro cerchio,
Perche non te ne vai?
Quelli come te, mai e poi mai.

Piega nel Muro
Giaciglio incastonato in una nicchia,
una piega nel muro dove sognare.
Non ci sono madripatrie né madrilingue,
quando sono lì;
solo una madreterra e un padremare.
Raggio di sole sul mio scrittoio solitario,
lampada fioca sul tavolo vociante,
sul vino della sera.
A me piace così.
Amore rallenta la sua corsa,
si lascia raggiungere a volte.
I frutti nascono dalla pioggia
come i pensieri dal dolore,
e tutti capiscono
quanto è inutile accrescere il dolore.
In strada nessuno ti chiede “chi sei”,
“dove vai”;
qualcuno ti potrebbe dire
“io ho una lanterna tu una borraccia,
perché non camminiamo vicini?”

Finestre
Un grido di bambino,
una musica patetica da film;
gli ultimi conati di vita
di un vecchio pazzo.
Il canto di Dafne innamorata,
il terrore che ne fece un arbusto,
finestre.
Occhi assetati
di chi guarda dal freddo,
palpebre stordite
di chi indugia nel tepore.
Sui tetti,
tra i comignoli
abbaini si sorridono maliziosi,
finestre.
Sulle terrazze...
sono tappeti di sole;
ingoiano luce,
divorano voci,
risputano suoni,
turbano silenzi,
cigolano
crepitano
minacciano.
Ammiccano,
confortano,
confondono;
finestre.
Passaggio di ombre,
pot pourrì di odori,
sono di chi è dentro
appartengono a chi è fuori,
contagiano il nido con la piazza.
Voglio abitare in una strada
trapunta di finestre.

Verticale Libertà
Per nulla stupìti,
tra sfoglie di cemento e laterizi
e una riserva d'aria su misura
ce la caviamo,
ìnfimi parassiti degli interstizi.
Signori prigionieri in verticale,
la testa sotto ai piedi di qualcuno
i piedi sulla testa di qualcuno
tutto normale.
Così, stipati a strati a strati
piantiamo chiodi al muro
torniamo dal lavoro
ci nascono bambini
litighiamo,
scaldiamo il latte
proviamo cappellini

perdiamo il lavoro
ci addormentiamo;
chiamiamo tutto questo libertà.
Ma fuori è ancora bello
...qualcuno suona!
metti le scarpe d'oro, esci a ballare
danza fino a che i piedi non ti faranno male
e non ti parrà più tutto vero,
non ti parrà più tutto così normale.

Mondo Nuovo
Dove e quando la mano che spolvera i libri
sarà la stessa che li legge e li scrive.

Gratis
Tendo questa mano a te
prendila solo se vuoi,
non mettere le mani al portafogli
la luce dei tuoi occhi sarà per me compenso.
Evita di promettermi abbagli di luce futura
non mi interessano le offerte speciali
mi basti tu.
Io non faccio Opere,
è semplice vita normale.

Tempo
In questo decennio che dura un secondo
alcuni secondi hanno la durata di secoli tremendi.
Nei mesi rissosi e beffardi, un vigore di invettive ardite
sale alla bocca come una risata
sale alla mano
goccia inchiostro firmato me.
Ci sono mesi flebili
di lacrime agli angoli degli occhi
consacrati per necessità alle abbuffate d'amore e di sonno
altri portano profumi leggeri e pensieri pesanti
o non si staccano mai dal calendario.

Donna
Muscoli magri guizzano
sui tacchi a spillo silenziosi.
Agile e mite, e originaria,
di te si è detto tutto!
Anche “animale selvaggio”.
Nessuna traccia
delle impronte lasciate sull'erba
dalle capriole scalmanate di quando eri un bambino.
Nessuna traccia.

Musa, cortigiana,
bomboniera, ninnolo,
bambola di ceramica dimenticata sul letto.
Triste puttana nera accanto al fuoco,
madonna di gesso dorato portata in trionfo.
Hai rotto gli specchi gridando,
hai nascosto i tuoi seni accecanti
perché ti credessero,
hai mortificato il tuo odore animale sotto uno spray discreto,
da colazione di lavoro.
Una mano a tenaglia ti ha soffocato in bocca
il grido di Molly Bloom,
ti ha stretto i polsi,
fino a farti cadere dalle mani,
la creta e le chiavi.

Guàrdati riflessa in uno stagno
acqua che si specchia nell'acqua,
ama i tui seni insolenti,
ubriàcati di allegria nel sentire
il tuo corpo pesante affondare la terra.
Riprenditi la creta e le chiavi.
 

Grazie
Seguo l'odore dolce di travi marci dalla cantina,
annego in una goccia di rugiada.
Ogni sera scruto una fetta di luna
da un pezzo d'asfalto del mondo di materia.
Ho sempre intorno una canzone della mia età
e versi di poeti di confine.
E voi tutti, maschere di sale?
Il vostro odio per le felpe consunte
e per l'odore dei fagioli.
Cercate un buon padrone,
scodinzolate a ore;
chiamate l'architetto-becchino-arredatore.
Grazie amica gatta per le tue fusa quando non va,
grazie sorella gatta per i tuoi graffi
alla mia mano che riempie il piatto.

A Nord-Ovest dell'Infinito
Diventerò parola per chi scrive,
volto e voce sarò per chi declama,
per i passi di danza mi farò piedi e cuore
sarò la creta di chi plasma,
carta e matita di chi disegna,
se dipingi sarò io l'acqua e i colori;
chiunque tu sia io diverrò
solo così esisto.
Persa per le vie di un mondo bombardato di fulmini,
sotto l'odore dolce dell'ozono
col mio patrimonio di unghie labbra e denti
che non ho investito per non investire in armi.
Stanca di leggere i nomi ai crocicchi delle vie
per non perdermi a nord-ovest dell'infinito.
M'insinuerò tra le pieghe della fronte a chi pensa,
diverrò pensiero.

Per il Mondo
Per voi,
donne di chiesa e uomini di bar
tra mazzi di carte e rosari,
ma siete proprio così sicuri?
Per il buio in fondo agli occhi,
per la luce in fondo alle parole,
per le parole mai vibrate
e per quelle già dissipate,
per quelle come pugni
per le lacrime tra i mugugni
di un giorno pigro di paura.
Per chi con le parole
dipinge vicoli e bordelli
e non si cura delle sfere celesti,
che non si curano di lui.
Per chi non dice mai la sua
perché non ha una casa sua.
Per la madre confusione di pelle
per il padre sguardo chino sui figli addormentati.
Per il profilo delle colline
per la luna sui campi d'estate
per l'insalata appena colta,
per lo spazio tra le radici
per la nebbia tra le chiome degli alberi,
per il sole su quelle dei bambini.
Per il nostro, per il vostro
per il loro granello tra granelli
su cui poggiamo i piedi senza colpa
senza peccato,
senz'averlo domandato.

Antimondo
Dal mio balcone strappato alla notte
spio il sole;
dal balcone che mi ha strappato alla notte
rincorro le ombre sul pavimento
il loro accorciarsi e raddrizzarsi,
poi mezzogiorno: l'assenza.
Il vento fa vibrare una foglia
e la foglia un odore,
e il profumo un ricordo...
non ha dove e non ha quando:
viene da ovunque,
arriva da sempre.
O forse sale da cavità asfissiate
dove solo il muschio respira;
oppure dalle festicciole dell'infanzia, si!...
Panbrioche e maionese, potrebbe essere.
Brezza marina e pere estive
...i granchi nel secchiello!
Dai libri di latino, dai jeans di bucato;
dai corridoi dell'università,
col vecchio androne palme e porticati,
...da un cielo di cartongesso stellato di plafoniere;
folle sperdute, e avvisi sulle porte,
al cospetto di una statua austera a ripassar lezioni,
le singolar tenzoni con la sorte.
O forse la sottile essenza filtra da altre porte.

O forse è solo la salvia in giardino dopo la pioggia di stanotte.

Incidente Informatico
Ufficio diletto, ufficio discreto,
ufficio obsoleto.
Pergamena, penna d'oca e calamaio;
stilografica, penna a sfera,
o mouse e tastiera.
Un cursore lampeggia senza posa da mattina a sera;
lampeggia e forse,
si chiede chi ha di fronte:
un contabile, un laureando,
un trovatore, un rapsode,
o un vile replicante.

Terra e Sassi
In questo posto stordito dal rumore
reti di strade si dipartono da e per ogni dove,
ma non è questione di scelta.
Spalerai carbone o neve,
parlerai un dialetto o l'altro,
pregherai rivolto dove?
Proprio lì, dove l'arco ti ha scagliato fisserai la verità
dirai proprio quel mucchio di terra e sassi “casa mia”
dirai “terra straniera” le altre zolle.

Libertà
Ti ho vista appesa al chiodo più alto,
scale dai pioli spezzati
ho trovato al tuo cospetto.
Chi è morto per te è morto con te,
parola da commemorazione,
chiusa in ospizio assieme a qualche vecchio partigiano,
archiviata assieme alle corone.
Ti sbarra la strada una qualche ordinanza,
“vietato sdraiarsi sui prati!”
ma tu sei essenza, tu voli.
Ti chiamano libero arbitrio scambiandoti per la paura,
ma io ti vedo, tu ridi.
Ti barattano per tre mesi di lavoro,
ma tu non ti offendi
perché non ci sei.
Ti cercano in qualche scheda prepagata
o nel carrello della spesa,
ma tu sei tra i rami
o nel pozzo.

Come un Uomo
Muore un insetto sul pavimento
un balzo, due balzi
le zampette accartocciate come filo nero,
tossisce le forze estreme in un ultimo volo forsennato
dall'angolo della stanza ai piedi del tavolo.
Un balzo, due balzi
le zampette accartocciate come filo nero,
agonizza come un uomo
come un uomo ansima e soffre
non erige cattedrali di paura.
Non è libero?
provate voi a volare.
Fratello di finitudine e fratello d'infinito,
con un colpo di scopa
giace sulla paletta gialla dei rifiuti
pancia in su.
La bestemmia è nelle orecchie di chi giudica.

Statuette
Carnali letti sudati
di intrecciati corpi complici del cielo,
a far più grande e bella la creazione infinita.
Come a un presepio cui mancano i pastori,
servono altri uomini e bimbi
che tossiscano nelle miniere,
altre donne delle pulizie della mattina presto
curve su un cencio imbevuto di cloro,
servono altri ubriachi di strada
perché puzzino nella notte
il liquore marcio che si meritano.
Dalla navata centrale del mondo indoràta a festa
qualcuno mastica sacrifici di pop corn,
qualcuno applaude il mirabile disegno.

Bisogna
Ho visto generazioni di bambini come me
fratelli di capriole e figurine,
hanno pensato “è ora”,
hanno detto “bisogna”.
Ed eccoli là,
con l'anima ricoperta di muschio
e il tetto di bianchi funghi di plastica
diventare papà e mamma e nonni;
li ho sorpresi a comprare casa,
a fare le vaccinazioni.
Bisogna fare una scelta!
prima che l'edera mangi le rovine.
Bisogna vivere in fretta
bisogna aver sbrigato tutto,
prima che inghiotta l'ultimo cornicione,
l'ultima tegola rotta.
Nel sangue del ragazzo al cambiar voce,
rorido di ormoni della vita
-proprio quella è l'ora in cui bisogna-
la morte lancia già il guanto della sfida,
sapendo d'aver vinta la partita.
Eppure bisogna.
Voglio provare a fare come certe foglie,
che diventano belle
proprio quando si avvicina l'ora di cadere,
allora se le guardi per i boschi
ti mettono alla gola una voglia d'uva gialla
succosa e profumata,
t'infondono sfumature infinite di saggezza,
se sai godere la tavolozza
e la creta lieve che le forma;
per esser come loro... non bisogna.

a James Joyce
Spirito delle parole
uomo di tutte le lingue.
Dal primo pianto a Rathgar
agli schiamazzi della città vecchia,
tutto suono.
Scrittura verdemare e fiume fiumeggiante,
voce di spuma.
Quanti anni hanno le tue acque adesso,
dove ricircolano?
Da quale ponte contempli il loro incontro?
“signore soddisfatto” dicono alcuni,
ma l'acqua troppo nera non riflette: ingoia,
quel poco che rimanda lo tradisce;
“sangue di sherry e corpo di biscotti”.
Ma dimmi.. statua grigia, almeno dimmi!
Dimmi mentre guardi fuori
meditabondo e magro, col libro aperto in grembo,
almeno dimmi, statua: “qual'è ...quella parola”.

Scommessa
Spaziotempo è una distesa grigia
senza bolle e senza rughe,
ove con la lama più affilata
taglio fiori di materia.
Moneta da giocare ai dadi
tanto io non sono Dio.
Voglio vincere una vita tra i gatti e le fusa,
voglio vincere il fiatone della corsa,
una casa dalla porta sempre aperta
e il lontano verdeblù.
Se perdo voglio perdere la testa,
“la legge è uguale per tutti”,
la noia
e la responsabilità.

Uomo
Abbiamo abolito la schiavitù ma non gli schiavi,
abbattuto la tirannide, ma non i tiranni,
difeso l'ambiente ma insozzato l'aria, la terra e l'acqua,
moralizzato la politica ma non i politici,
rifiutato la teocrazia ma ubbidito ai teocrati,
osannato la ragione, ma punito i ragionatori,
difeso la giustizia ma non i giustiziati.
Tutto era cominciato con “pappa, cacca, nanna”,
Ah, quali prodigi l'uso della parola!
Ne hai fatta di strada, sommo e perfetto tra creature rozze!
La terra è la tua villa con piscina,
in frigo un po' d'antrace e botulino,
un pitbull nel giardino,
se mai qualcuno ti pestasse i piedi.
Ma l'uomo è buono,
se il suo vicino ha sete gli vende cara l'acqua,
se ha fame gli vende caro il pane,
ed eccoti inventato il libero mercato!
Anche le nostre donne si sono liberate!
Da sempre partoriscono e allevano con dolore
figli che non portano il loro nome.

La Vena
Sei ruscello e sai esser torrente,
nella cupezza e nell'allegria al veleno
ti fai fiume gonfio e ogni argine squassi;
esondi ed inondi, allaghi e dilaghi
travolgi, distruggi e intanto germogli disseti.
Sei pozza stagnante d'asfalto e di fango la sera
coi crimini bassi dei vicoli
e gli scappamenti delle metropoli
dove a volte anch'io muoio sotto un colpo di lama
e attendi il mattino,
lo stesso ch' io attendo con te
e aneli a riflettere scorci più azzurri.
Nei giorni banali ti fai neve pesta di suole grigiastra,
sei giaccio nei giorni tremendi,
amore ti muta in sorgente
e goccioli lieve,
poi sgorghi dai fontanili ove ti si beve.
Poi torni a esser linfa vitale
un po' ti nobiliti un po' ti corrompi,
a volte, laguna riposi,
ti fai clorofilla gentile,
fai verdi le foglie
oppure svapòri come zolfo ostile.

Il Corpo e il Vento
Se non avessi corpo
serberei queste parole in un cassetto caro,
le leggerei accanto al fuoco a pochi amici.
Se non avessi corpo mi prenderei come editore il vento;
che cieco e puro, non sa cos'è il mercato
e spargerebbe i fogli in ogni dove
e non richiederebbe limatine,
brogli e censure, o belle copertine.
Senza il brontolar di stomaco sarei io stessa il vento
e senza dimora fissa,
attorno alle case coibentate danzerei contento.
Schiavi del vizio di forma
e della caldaia a norma,
chi fa il concorso in polizia municipale,
chi con la Cornucopia in spalla, dei Palazzi sale le scale;
qualcuno studia il diritto,
qualcun'altro è vivo solo di fatto,
qualcun'altro ancora mostra il culo per contratto.
Se trattengo il fiato e guardo l'orizzonte
mi giunge un tintinnio di pentole da sotto il ponte,
come a Diogene vi basta una bótte,
qui per un mattone in più invece si fa a bòtte,
continuate a credere alle vostre fate;
qui è ancora peggio:
ci si paga la morte a rate.
Appartamento, attico o villa,
taverna, giardino e ampio garage;
sepoltura a campo, fornetto o mausoleo
siete morti da sempre
anche se ognuno liscia, il proprio scarabeo.

Corsa
Il calpestìo dei passi,
dei miei passi;
come si sente che è infinito il mondo!
Di corsa sul viottolo di ghiaia inerpicato,
poi nella terra silenziosa e grassa;
poi sul selciato.
Cos'è,
la scricchiolante macchina animale col fiato grosso?
sono io.
Guarda piuttosto il merlo,
quel becco arancio sul piumaggio nero,
la polla d'acqua che raddoppia il visto,
e sguazza intorno se vi affondi il piede;
il gatto argento e bianco
gioca a far la statua nel giardino,
l'altro nell'angolino,
lo vedi e già sparisce dietro al rovo.
Il niente di un cuore affaticato in questo tutto,
di pini , di ginepri e bacche rosse,
di odori pizzicosi e aria sferzante;
il fiato, ormai avvezzo alla fatica
s'è placato e non so com'abbia fatto;
ne ho perso il filo tanto è pieno intorno;
da far scordare il mio respiro stesso.
Se ti fermassi adesso,
motore furibondo che ho nel petto!
Sarei il commensale sazio di Lucrezio.
Ma l'occhio sale,
sul colle bianche mura e vecchie case;
fra tutte quelle pietre va cercando,
finestra tra finestre un nido,
sorvola tetti, fruga alberi,
esamina profili di camini,
gronde e colombaie;
i piedi van da soli,
le braccia senza peso, il cuore arresta;
e in fin lo sguardo bacia
la vecchia balaustra del balcone dove sa,
dietro le tende e i vetri il caldo del caffè.
Il commensale ha ancora una gran fame.

Moneta Bifronte
Ti hanno detto di essere la faccia,
mi hanno persuasa di essere il retro
insieme facciamo una moneta.
Tu allattato al seno della pienezza
io a quello della mancanza,
dovevi essere l'uno
dovevo essere l'altra,
l'uno per sé
l'altra per gli altri,
l'altra con un nome in prestito.
Guerriero e nutrice
coraggio e dedizione,
vigore e pazienza
energia e massa,
convesso e concavo
creatore e mediatrice
positivo e negativo.
Ma quanto siamo uguali!
con quel nostro modo di cercare il sole.

Ironia
Accartoccio le parole
prima di soffiarle fuori come bolle ai bimbi,
come foglie secche ai vecchi,
se tu che le raccogli sei bersaglio
esse saranno dardi,
cucchiai di miele
se sei goloso.
Rido delle parole
prima di farle uscire
dal cono d'ombra tra i denti
perché non siano troppo stupide,
se tu che le raccogli sei di marmo
saranno imperdonabili invettive,
fonte d'ispirazione se sei artista
sicure sponde se sei disperso in mare,
petali di rosa se sei amante.
Spero che tu sia saggio
così ne riderai.

Banchetto
Pungo la vita a morte con un sapore forte
la pungo col coltello
con un veleno amaro,
voglio veder se dorme;
poi provo quello dolce,
l'odore delle spezie
il sale che prosciuga,
il vino che intontisce
la salsa che accarezza
poi pugnala,
l'altra che t'ustiona poi blandisce.
Voglio veder se è viva
'sta vita clandestina
che per paura
s'è ficcata in un corpo
munito di regolare schedatura.
Salto soffriggo sfumo
servo in tavola cibi a iosa,
ma per non essere cacciata
se n'è da tempo andata l'orgogliosa.

Sonno
Fratello minore della morte,
amico mio
più che mai gradito quando ti presenti vuoto,
senza sogni
che troppo simile alla vita ti fanno.
Unica cura quando la vita ti prende troppo
si aspetta troppo,
ti interpella troppo;
senza carezze o sguardi,
senza indugio alcuno
ti prende troppo immezzo.
Piccola morte col timbro sulla corsa di ritorno,
viaggio di piacere, balsamo,
tana calda
quando il dolore è perché esisti troppo.

Scherzo
Piratina sta in cucina quasi tutta la mattina,
Piratina mezza matta tra il divano e la ciabatta;
col nasino un po’ all'insù,
se c'è odore di ragù,
sul tappeto raschia e rotola,
poi ritorna alla sua ciotola.
D'improvviso fa uno scatto,
quando vede un altro gatto;
orecchia bassa e occhio tremendo,
per le stanze va correndo,
drizza il pelo dal colore raro,
si fa grossa come un giaguaro!
Piratina è una gran mamma:
sei gattini, un vero dramma,
or li guarda ad uno ad uno,
soffia e ringhia,
sembran figli di nessuno!
Se per caso fa un dispetto,
trova asilo sotto il letto;
per dormire è ancora presto,
fa le fusa dentro al cesto,
e dopo tante prodezze
quello è il luogo delle carezze,
ha il mantello macchiato di nero,
Piratina animale fiero.
Quel che più mi meraviglia:
se la guardo...mi assomiglia...
può scandalizzarvi il fatto,
ma anche in voi c'è un po' di gatto,
e se ammetterlo è così amaro,
forse in voi c'è un bel somaro!
Che gli caricano il basto,
e gli allontanano il lauto pasto,
e se vede un centro commerciale,
raglia fino a stare male;
davanti allo schermo al plasma,
ha quasi una crisi d'asma,
dalla porta automatica esce gaio,
novantanove rate a partire da gennaio;
lunedì gli caricano cento quintali,
con gran boato degli altri animali
e quando avrà pagato l'ultima rata
anche la schiena gli si sarà spezzata!


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