Al vedermi dopo tempo,
d'un tratto,
le gambe incerte sul sagrato
e gli occhi,
sei andata a quei tempi,
quando questo
era di là da venire.
Tuo figlio ed io due studenti,
tu, nei pomeriggi afosi,
la nostra chioccia.
Sei diventato grande
e piccolo insieme,
issato su quell'altare
con le tue parole in mano,
né belle né brutte.
Tutti abbiamo sentito,
anche lui,
che leggevi troppo veloce,
quasi correndo sull'argine
di una diga, prima della
tracimazione.
Poi, usciti dalla pieve,
oltre i cipressi,
restava la campagna piatta
senza appiglio alla vista
e qualche sguardo
imbarazzato
tra noi.
Ogni giorno cerco di rifondarmi
mi interrogo
peso i fallimenti
ricevo colpi
e li meno a mia volta.
Conosco la Luce
e ne dubito
mi innalzo e poi
sprofondo.
Poi, nella notte, tu mi dici:
Vieni qui,
accanto a me.
Leggero
amore, sei
una
rosa
avvolgente.
Sempre
insieme andremo,
mischiando le
orme;
noi
eternamente.
Le tue braccia piccole
indicano la strada.
Quaggiù ci son già stata
pari dire,
ha già bruciato il mio fuoco.
Nel gioco dei sensi
come in un cerchio
dall'inizio ora ti trovi
a rincorrere
ma nei tuoi occhi
lo vedo l'eco di
altri mondi.
Haiku
fioco latrato
oltre il campo di stoppie -
brezza serale
Haiku
scorre tra i sassi
l'acqua del ruscelletto -
sogno d'estate
Haiku
nel bosco fitto
un solo cinguettio
rompe il silenzio
Haiku
sul ramo gelido
foglie secche sbatacchiano -
vecchi abbracciati
Il segno
Poco fa una scia,
un pendente
dai lobi del cielo.
La sua nota si intona
ai piccoli fiori del giardino,
silenzio siderale.
Germina il seme sterile
mentre il fumo del mio sigaro
disegna una colonna che
ora
sale dritta dritta!
Nella notte,
non un filo di vento.
A Diana
Sei un soffio
sceso dall'alto,
di potenzialità perfetta.
Perché hai scelto me?
Io, ho solo da offrire
il mio vagabondare notturno
e le mie poche forze
dedicate da oggi
a preservare il tuo dono.
Ecco! la mia lanterna
ma bada: non conosco
la strada, nemmeno quella
del ritorno.
La fronda verde
tra vecchia calce grigia -
pure sfiorisce
Il telo da mare Il telo da mare rosso si asciuga sul terrazzo, durante il crepuscolo. Vista dalla strada, la sua immagine perfeziona la giornata di festa trascorsa e racchiude, ancora inespressi, tutti i domani più belli. Mentre lo guardo, in questo tempo così lento da parer sospeso anch’esso a quel balcone, il cuore si sublima; pago, nel proprio racconto della bellezza passata, sereno, nell'attesa della prossima epifania. Così, soddisfatto di sè, nella presenza di quel vero e solo attimo divino sta come un’anima salita all'Uno, in attesa di reincarnarsi. Cesenatico In questa mattina di Aprile, nella piazzetta che da sul Canale, i sampietrini sono ancora lucidi. Qualcuno passa su di una bicicletta, l'ombrello attaccato al manubrio, mentre il cielo, sotto la guida dei gabbiani, pare rischiarare. I pullman dei tedeschi possono attendere. Oggi, il sole, basta si mostri quel poco, sul mezzodì, quando si va a fare due passi sul molo, a vedere le barche dei pescatori che tornano a casa.
Focolare Fuori il cielo mandava grate di pioggia - tu ed io con nulla di particolare da fare, ci siam bastati indifferenti a quel poco. Felicità Questa mattina, dopo colazione, hai improvvisato una danza sfrenata. I tuoi occhi, fissi sui miei, supplicavano: qual'è il segreto? [Assenza] Gliela porgeva aurora, in uno scampanellio giù al portone. ________ Ora invece, oltre vetri mattinieri ( ) s'imporpora identico cielo. Ripetizioni di latino Nella stanzetta a Marina le coniugazioni si srotolano tra teorie di fogli sudati. Poi, uno accanto all'altro, non una parola, guardiamo la finestra, qualche goccia di pioggia. (sulla battigia più in là il sole estivo imperla la fronte) Dopo la pausa il tuo alito profuma sempre di caffè. Casolare File di sedie vuote nel giardino davanti un palco non si muove fronda la campagna aspetta silente i custodi in piedi nelle garitte tutto a punto lo spettacolo rimandato in eterno Senza titolo E’ notte miracolosa quella in cui ti gusto sola, tu! senza distrazioni, tu! porto dei miei pensieri, vulva immota che accoglie le mie fughe. Mi lascio scivolare addosso il tuo silenzio salmastro; anche i volani fluorescenti sembrano intonarsi a questo cielo ambulante, al colonnato della piazza. Tolgo le scarpe per sentirti meglio e ti cammino nudo su ogni mattonella. Elettrico contatto coi tuoi mondi sovrapposti, fluiscono gli intrighi da dietro gli angoli e le strettoie, la meraviglia stringe in un respiro trattenuto. Mi rapisco, i piedi ormai neri e gonfi delle tue leggende, la mia suggestione si condensa in grosse gocce appannate. Appoggio la mano su muri rosa, a trovar ristoro; la sento affondare, nel succo, e linfa cola sul mio braccio e dentro di esso, cola fino a domani quando sarò fuori dalla tua bolla in un presente che non mi di ritaglio addosso. E così sopravvivo? Fino al prossimo incontro? Ora, una triste marcetta si leva dai tavoli deserti del Floriàn, poi silenzio, sotto il campanile. Ultima, la folata del vento che rimbocca il mio sonno. Così mi addormento sui gradini di San Marco. Burrasca Oltre le tende i marosi s’appisolano alle prime luci. Folate di respiri acquietandosi, dopo il nostro amore. Cena a casa Gusto un piatto appena inventato con quel poco che c’è. La fretta di chi non deve più correre. Il jazz si scioglie nel rosso del bicchiere. Sprofondo e ritrovo pensieri persi nel frastuono; candele accese. Sui vetri smerigliati, la sera si stempera in tinte opache. Il poeta Ricettacolo dell’armonia delle cose diffonde mosaici d’oro in tessere di sé. Né fama né onori aspetta in cambio se non in bocca il bouquet del dono fatto. Incontro insolito I miei sguardi inattesi s’infrangono su di te (li senti?). Oggi non sei in ghingheri ed è come spiarti da uno specchio di casa. Macchine in coda In serragli d’aria condizionata, scivoliamo su vicine lontananze. Dove, i cassoni zuppi di sacchi e d’uomini? Dove, i sorrisi larghi su pelle nera, a far da legaccio? Dove, i canti tribali dalle marmitte? Dove, i tracimanti colori? Strada di campagna Cammini, sul ciglio della strada. Il carretto della spesa che ti segue. Fedele. Rughe sul volto rimandano ai meriggi di lontane tue primavere, ai giochi con la palla, alle amiche, agli amori trascorsi. Lo sterrato accoglieva i tuoi balzi, le tue fughe al fienile, i ritorni verso il sagrato della pieve. Cammini, sul ciglio della tua strada. Il carretto, l’ultimo cane. Nel mezzo dell’asfalto passa veloce il metallo della mia macchina. Lo sguardo fiero in quel momento sostiene il taglio di fari intrusi. Africa C’è un effluvio che imbeve l’aria di pungente personalità. (dicono siano i tetti di paglia, ma credetemi!! non è così.) Un’ essenza acre, di savana e sterco di rami spezzati e d’erba bruciata. Una fragranza d’acqua secca che si spande, …nel letto senza …ampio nessuna …del fiume fretta. Più che un profumo …è un odore più che impalpabile …presente che si stampa sui pori umidi. Sembra quasi di mangiare terra, E mangi terra, terra arsa, terra rossa e polverosa, terra calpestata dagli zoccoli di mille bufali sbranata dal sole e da un leopardo, terra che giace silenziosa terra che nasconde la vittima e cela l’assassino. Odore, (dicono siano i tetti di paglia, ma credetemi! non è così. di danza tribale, odore di lancia nera, Mandibole che si serrano sotto urli… …di guerra. Odore di vita. Odore di morte. C’è un effluvio che imbeve l’aria di pungente personalità. Dicono siano i tetti di paglia. Ma credetemi! Non è così. Impotenza Ardo per: non più di piccoli, cantucci di pace (proibiti?) Ma ho: velato , un volto - sguardo chino - di Madonna lacrimosa. Milano – Stazione Centrale (nel deplorevole) Lascio scemanti, voci di bisca. Una scala e templi di pace bianca. Io, solo, verso l’alto. Milano ore 0:09 Nuvole arancioni. Cielo chiaro (blu scuro). Mi chiedo se ora (invece) non debba far buio (nero). Per coprire il palazzo davanti e il mio volto. Notturno in città Guardo, dall’unico balcone del mondo, - credo -, poche stelle fisse, sopra fumi rossi viscerali; colonne di rumori e luci come ragnatele, nel cielo. Un lenzuolo di vento investe la mia statuaria, arroccata solitudine circondata ancora da monotone ed oscure baccanti. Pomeriggio esotico Sogni di danze, veli, di terre d’Oriente, vedo un bacio nel fondo del bicchiere. Tu, nel sapore del ghiaccio delle 2:00 e di una palma musicante. Risveglio (uscendo da casa) Su una boccata di profumi, galleggiano a mezz’aria ricordi mattutini, sbiaditi. Davanti, una macchina accesa e un raggio riflesso. Non pencola più nessuna corda dall’alto, (quaggiù) intravista nell’umidità. Solo due mani graffiate dipingono sangue sulle mie labbra. La mia schiena piegata, piccola, nella cella lontana di un cupo burrone. Il giorno dopo Annaspano sul tavolo memorie d’andati fasti. Nobiltà decaduta i bicchieri semivuoti, i piatti incrostati. Relitti sbiaditi di notturno banchetto, esposti alla mercé d’un sole crescente. Aforisma Così come al vento ostinato ci si ribella coprendosi ancor di più e ci si dona spontaneamente nudi ad un’incipiente primavera, così ci si difende chiudendosi alla luce invasiva del giorno aspettando il crepuscolo per far emerger le verità più nascoste A Carlo Trilli in bisillabi annunciano il tuo giorno nuovo. Entrano nel mio sonno di lupo le carovane d’universi che esplori ad ogni passo; ad ogni scoperta zampilla la tua risata in cristalli. Oggi sarò cacciatore dei tuoi gorgoglii; tu, al tramonto, ignaro d’aver donato più del ricevuto. Imbeccata dalle stelle prosperò la tua icona. Ti cercai, un tempo fiducioso, dietro ogni orizzonte. Nessuno rispose. Ora un capello spuma in bianco e so che non esisti. Mi siedo quieto nel silenzio delle cattedrali passando ore ad immaginarti. A sen a què a e’ binêri a t dëgh una mân par tirê’ so la vališa. âdës a n scuren piò a n saven quel che di. U m ven un suriš int la faza, un suriš da igurent che e’ pê’ stampê. “A végh a e’ Bar quend che t’a t’avei”, a degh par fêm curag. L’è una smena ch’a n vid chi tabëch, chisà quel chi’m conta, a sö curióš. Mo dì, a pinsej ben i sarà ló a fêm dal dmèndi, sti purch, eh? Una settimana a fare sesso sfrenato! u m pê’ ža d’sintii. No, ló i n capes miga, sét?” T’a m guêrd. T’rid. “Ah, e pu u j’è nench la partida in television! La semifinêla. Bella! Partita importante.” Silenzi. T’a t’avšen e t’a m dé un beš, lòng, ch’u n fnes piò. “Sta tenta va là, t’a n vré miga pérdar e’ tréno!” Oscia parö, a ch savór. “Se t’fé acsè, t’a m fé inamurê int e’ séri, Martina.” Pu döp, senza avišê’ la pôrta de vagon la s sëra e’ tréno u s’aveja. Drì dla curva adës u n s vid pio. Mo me a sö incóra a lè, in pë, int e’ binêri da par me d’arnôv. A n m’i n séva dê, parö al sét ch’a sö pröpri strach? A j’ò féd che, no no a n’i vég miga int e’ bar mo va là, a j’ò féd ch’a m vég a ca. Par la partida i m mandarà un mesag chi tabëch. S’i vô. A n scuraren dmân ch’a sö piò pušê. Fórsi 11/03/2011 Le case di legno, i ricordi insieme le macchine parcheggiate, le mie speranze l’aeroporto, il desiderio la forza di una tua parola, l’onda nera. La custodia Sono rimasta dietro le quinte con le altre, a non guastare la scenografia del teatro. In quella parte del palco che c’è ma non si vede, sentendo, fuori da una finestra la pioggia che, intanto, cade. Forse, uno sguardo curioso, lassù dal loggione, ci ha scorte, prima dello spettacolo, policromia sparpagliata. La ribalta ora è vostra, violini, fagotti, contrabbassi, corni, oboe e flauti; è degli abiti impeccabili dei vostri orchestrali, del loro ordinato e geometrico emiciclo. Ma dopo le note, dopo il clamore dei tuoi meritati applausi, so che tornerai da me, dentro di me, per ripararti dalle gocce che bagnano la notte, nel silenzio là fuori. Profilo di Facebook Da visitare in notti al camino all’onda recesso resista. La mia stanza Tra pochi vestiti sparpagliati, tavolo, sedia, e poco altro, per essere sinceri (muri glabri). Nemmeno una gruccia per appendere la vita. Rossa Stai nuda davanti alla finestra. Lo sguardo perso tra le ultime onde dell’Oceano, che sommergono - e scoprono i tuoi seni schiumosi. Mentre la notte salata sudata d’aria ti (so)spinge lentamente la camicia tra le gambe. Proibito Strapperei pelle dal tuo seno (lontano ma così evidente). E poi coprirti di fango caldo contro angoli gelidi (di muri duri) Rosso lo stupro, alcool negli occhi e nelle ginocchia. E tu che giuri: “Sono tua”. Parole, dolci morenti; la testa sbatte sul loro suono. --------------- E silenzio: strapiombano le mie ginocchia: (urlo vuoto). Mi inchiodo ad una stella. Stasi Stasi. Melodioso silenzio. E il mio animo sensuale ospite per un attimo di sentimenti, elettrici. La foto Cammino, sull’aria profumata del Corso, verso il centro; questa mattina sembra che la città si sia appena fatta una doccia. Respiro. Più avanti le giraffe si spingono in branco verso la solita piazzetta a brucare il glicine ed i gladioli dal balconcino al terzo piano. Lo strillone riecheggia tra i portici e mi vende una copia. La tua foto in prima pagina. Sei nuda. Entro subito in un bar a fare colazione stringendomi d’istinto il giornale al petto, come un ladro geloso. Sto a lungo in un angolo a gustare un cappuccino freddo, facendo scivolare gli occhi dalle tua gambe al tuo viso, alle tue cosce, al tuo viso. Indugio infine sulle guance, sulle tue labbra sporte sensuali, imbronciate, sul ciuffo di capelli scuri che cade morbido vicino all’orecchio. Poi, all’improvviso, il luccichio dei tuoi occhi, stanco di stare attaccato al foglio, prende il volo e si unisce ai raggi del sole che adesso incomincia a scaldare per davvero. Esco dal locale, s’è fatto tardi. Le donne senegalesi oggi sono vestite a festa; si pavoneggiano nei loro abiti vistosi mentre aspettano il pulmino che le porterà al mercato; troveranno i barconi che hanno appena scaricato il loro pesce fresco. Ma è ora che vada a lavorare, penso, e raccolgo un frutto dall’albero verde a forma di picca. Prima di oltrepassare il portone dell’ufficio, sento che il tuo volto, sopra il mio, è sudato di succo di pesca e goccia sulle mie labbra. Lo avvicini per baciarmi, mi impasti di saliva, io ti passo una mano tra le ciocche arruffate. Poi si accende la luce nel vestibolo esplodendo ovunque il bianco della nostra spuma marina Senza titolo Infuso di tiepido calore sto, a guardare il mondo e una foglia che cade sui miei piedi fissi. Addio Come acqua nel vuoto dalle mie mani che lacrimano. Le tue ultime carezza. E la mia sete. Folla Echi estranei, e sfoggio di corpi cavi che mi premono i fianchi. Nell’aria una luce invadente Sui miei occhi sconsolati, che si socchiudono soli. Scherzo Mi perdo preda d’inerzia il nulla rintrona, rimbalza. Pur non accetto il verso (viale di fusti, muri angusti, cassa da morto) e della vita il senso unico e penso: io, dipendente privato di volta in volta di svolte. Notturno veneziano Il canale restituisce cadenzato sciabordio al passaggio dell’ultima acqua. S’impigliano voci, tra i miei vetri di Drogo. Sporta la vista le perde, di là dallo scorcio (un ponticello antico). Poi quiete, di vene scosse in rosso vino. E tu? Affrettati, cara. Diavolessa Apri lenta la porta e mi precedi nella tua spelonca. E’ fioca la luce che imporpora i tuoi ricci e che annuncia, dintorno, il tepore di volumi che intravedo sconosciuti. Popolali, dunque! con i tuoi racconti, conducimi nel viaggio che ti ha fatta donna, così che i miei occhi si possano abituare alle storie della tua penombra. [senza titolo] Feto, su spirali di burro, sorde alla punte spinte da sentinelle del disagio (gioia caduca). Mendicando profilassi in osmosi, accorciando distanze a casaccio, stavo, quasi tratteggiato. No! non era un confronto a viso aperto, leale, senza una retta a spiegarmi lo sguardo (e le vele). Ora brindo sul rogo di Cortès l’Atlantico ammorba, finalmente io, non più dimentico di me. I peschi in fiore Ai campi péi quali vista si spande in filari immoti e in linee schierate concordi nel sole uniti donate note di rosa, òr dense òr blande. Ma incanto dissolve un guardo più presso chè sì rassegnati in chioma indistinta dimentica avete vitale spinta; fiele vi rode non rada, ma spesso. Sol tu stai fiero in disparte dal tutto vietando al fattor che mano sua pingue estirpi con brama il dolce tuo frutto. Miranda libertade ti distingue, disordinata palpita tua fronda ch’io ora sento suonar, gaia e gioconda. Amor patagonico Se un giorno tu venissi ad abbracciarmi qui, saremmo circondati da venti freddi e da lontane rocce di montagna. Se un giorno tu venissi ad abbracciarmi qui, potremmo fare un amore dolce dove le mani si farebbero mura accoglienti ed in nostri sessi, braci lente a riscaldar la notte. Se un giorno, dopo questo, tu decidessi di rimanere, similmente a questa vasta pianura che ora si ripete così uguale da diventar geometria, il nostro amore diverrebbe immutabile come un dio. |