All'ombra di un roseto
Brillo d'azzurro, venendo dal mare,
fui attratto da strani capelli
con colori cangianti all'istante
al posarsi d'ogni raggio di sole
tra foglie, spine, petali e steli.
Nel nero, nel castano, nell'argento,
nel biondo e nel rosso di quei crini
e negli occhi, blu, verdi, chiari e scuri
in rapida sequenza vidi donne,
fanciulle, giovani, mature e vecchie
nelle pose che natura vuole.
Se ne stava, direi quasi nascosta,
all'ombra di un roseto strepitoso
ma di maggio non era quel mattino.
Oh poesia che vieni a sostegno,
lei era bella, non aggiungere altro!
Mi avvicinai per conoscerla un po'
ma lei si ritrasse quasi avesse paura.
Poi apprezzò l'ingenuo mio fare
e sedemmo sul sasso del tempo che va.
Domandai se si fosse smarrita
e se qualcuno la stesse cercando.
Tranquillo, mi disse, mi cercano tutti.
Succede che a volte mi trova chi insiste.
Qual è il tuo nome, cauto le chiesi.
Mi chiamo Felicità!
Guardai mille rose fare un inchino,
cercai di afferrarla con tutto me stesso
ma quell'incanto nel frattempo svanì.
Nell'erba germogliò un girasole.
Accanto a me
È notte di prepotenti ricordi
usciti con fragore dalle quinte
di questo tempo avverso che non amo.
Accanto a me han l'aria disinvolta
di chi vuole distrarti dal presente
nel cuore di un'amata solitudine.
Rimuove l'acqua, il mio verde gozzo,
ed in assenza di un qualunque vento
si sposta al centro dove il cielo abbonda.
Guardar la luna è diletto immenso
e pur le stelle quasi io tocco.
Poi, l'onda innalza la sua cresta dura
e dentro sento del mar la gelosia.
Testardo
In alba sempre prescelta
ancora non riesco a fermare
quel sole delle mie primavere,
sdraiato che sia su placide acque
o pronto a infiltrarsi tra rami silenti.
Al pari del moto d'assiduo ruscello,
l'andare del tempo non ama le soste.
Eppure, testardo e in precario equilibrio,
vorrò ugualmente non perdermi mai
lo schiudersi in aria d'incolpevoli fiori
o di onde le prove che il vento propone
sull'erba di un prato senza confini.
Tra dubbi ed affanni che fanno oscillare
invidio il controllo di un'oca allo stagno
e il salto nel vuoto che vado a rischiare
vorrei fosse quello di spumosa cascata.
D'autunno i colori un albero sfoggia
come a destarmi dai grigi del cuore
ma sono soltanto malinconie mute
nel mentre barcollo dentro me stesso.
Riprendo così la mia strada di sempre
che molto somiglia a impervio sentiero
percorso sperando che il giorno sia eterno
per poi ritrovarmi davanti a un tramonto.
Lunga sarà mia barba bianca,
in testa un cappello di carta cobalto,
e via, acrobata strambo, per ritrovare
l'antico equilibrio smarrito.
*
Stesura del 18/10/2023
Sul pontile dei rimpianti
Aspettando l’incedere del vespro
versai nel mare orgoglio non difeso,
cristalli trasudanti d’abbandono
ed ore regolate dal diniego.
Seduto sul pontile dei rimpianti,
ancor prima che il blu e l’azzurro
si arrendessero ai toni che detesto,
sperai nel passaggio d’uno stormo
di quelli che ricamano nel cielo
‘sì da schizzar figure stravaganti
laddove io dissolvere paure
con occhi attenti a non tradire il mare.
Trovai le chiavi per aprire un varco
appena colsi d’astro i pochi raggi
giocare a far più luce nel mio tempo
sul calpestio di quel frusto legno.
Onesto allor m’apparve quell’intorno
a guisa d’imprevisto caso amico
che asseconda l’introspezione cheta
e del respiro un dolce riavvio.
La firma al nostro insieme
La voglia di dar vita al tuo bel sogno
ti vuole desta al nascere del giorno
giacché un'alba pronta ad aspettarci
assai somiglia a quella del tuo sonno.
L'un l'altra stretti in un mite autunno,
la mano non si stacca dalla mano
e siamo già davanti al mare fermo
disposto come specchio al primo sole.
L'amore non si ciba di clamori;
gli basta un tocco caldo sulla pelle
o piedi nudi offerti insieme all'onde
intanto che il suo cammin riprenda.
Non ci si accorge del giorno che va
soltanto perché siamo innamorati.
Chissà che quelle mani ancora saldate
non siano la firma al nostro insieme.
Sontuoso, come solo lui sa essere,
il sole amico ama riversare
il suo finto morire là dove
lo avevamo apprezzato nascente.
E scogli ed onde sono testimoni
di teneri corpi in forte sintonia,
consegnati alle luci ed ai colori.
Adesso melodia nell'aria s'ode.
Entrar nell'acqua a raccontarle amore
ricorda cuori emergere dal miele
e, anche dopo, il passo di una danza
è solo gioia vissuta dentro e fuori.
Contrasto netto è la città che chiama
per essere presenti ad un appello
al quale insieme rispondere presente
per come vita vuole sia da fare.
Dal rifugio dove ansie eludiamo
apriamo il sipario su antenne e palazzi
ma senza rimanere prigionieri
e, anzi, fieri d'aver toccato un sogno.
Ridormire è pretesto offerto ai nostri corpi.
*
Condivido questa mia poesia, scritta in occasione della partecipazione al
Contest PAROLE RIFLESSE X Edizione Settembre 2023 (Imago della Poesia). - Nel
rinnovare anche da qui i miei complimenti ai vincitori e ai finalisti e non,
ringrazio Wilbur, Bina Gagliano ed Emilia Otello per questo Contest al quale ho
aderito con entusiasmo per le motivazioni e gli stimoli che hanno regalato alla
mia scrittura e a quella di tutti coloro che hanno partecipato.
Data di stesura 09/09/2023
Un gioco serio
Per respirare i tramonti del sole
predilige sedere sullo scoglio,
l'esatto punto scelto dal poeta
che mare e cielo mira e mette in tasca.
Da quella postazione la distanza
da lui non è mai sentita siderale
ed anzi, quando il cerchio affonda in acqua,
è forte, netta, quella dolce sensazione
di detenere in un solo abbraccio
lo spazio che ci dicon troppo vasto.
A quello lì, che come me è un uomo,
da sempre chiedo quale sia la fonte
da cui attinge per liberare il suo sentire.
E sempre mi risponde che certo fu
un gioco serio fatto con un'alba mite
che, intenta e attenta a dipinger lenta
il sotto e il sopra di linea d'orizzonte,
a lui propose di tirar fuori i suoi colori
da passare sulla vita, sull'anima e sul cuore.
Fu istintivo un giorno domandargli:
"È così che tu poeta diventasti?"
Vestito con sorrisi d'umiltà, rispose:
"No, per diventarlo pulisco i miei colori.
Ma di quel gioco serio con quell'alba
devo imparare ancora un punto fermo:
il modo giusto di come copiarla."
Il volto del bello
Parlar d'amore in questi tempi vaghi
un po' somiglia all'addentare pane
quand'è che fame dura troppo a lungo
o all'immergersi nel mare amico
per riveder fondali conosciuti
e nel carniere mettere colori.
Il Sommo, che di vero amore scrisse
al punto da scalare il Paradiso,
starà guardando ancora come fiere
lussuria superbia e cupidigia
ammaestrate da anime malsane
alquanto use a fomentar contese.
Dell'Alighieri resta la lezione
d'aver voluto imprimere sul cuore
il volto indegradabile del bello;
di Beatrice, mai con man toccato
per il timore di contaminare
la grazia che innamorar lo fece,
e d'altri, in pace nel divino loco
là dove il Cielo muta nome in luce
di cui goder, se fossimo dei giusti.
Stesura 2023
(Ispirata dal mondo fiabesco di Italo Calvino)
Mentre scrivo fiabeggiando un po'
Le pagine dell'epoca moderna,
seppure sfavillanti di colori,
son spesse un po', non facili a sfogliare.
Avverto tra le dita l'indolenza
nel rievocare dubbi mai risolti
sull'uomo che proporzion non trova.
Intendo quell'equilibrio eluso
per non saper decidere nel tempo
tra bene e male la scelta utile da fare.
Rifugio allora trovo nelle fiabe
che scrivo con l'intento di chi prova
ad inventare storie, sì, distanti
ma con grigiori all'oggi somiglianti.
Intanto che il narrare prende forma
il tutto accade nella leggerezza
tra sale dove i dorati specchi
riflettono del re virtù e vizi
e della folta Corte le apparenze.
I cavalieri e i nobili rampanti
si muovon come scacchi nel quadrante
alla ricerca d'una buona sorte
lontani loro dal preoccuparsi
dell'esser, prima ancor dell'apparire.
e mentre scrivo fiabeggiando un po'
ragion non voglio che si assenti tutta.
Se l'alba parlasse
Aspettando il sorgere del sole,
azzarderò a scindere colori
che, troppo scuri intorno e dentro me,
proclamano maligna questa notte.
Mi ero imposto di dover sognare
un qualcosa capace d'ingannarmi
e di arretrare nel fondo dell'oblio
percosse inflitte al centro degli affetti.
Per far d'uomo ferito un'eccedenza
e dal dolor staccarlo almeno in parte,
soccorso ho chiesto a donna poesia
ma solo versi avversi lei scandiva.
Ho esplorato luoghi del passato
in cerca di ricordi un po' sfumati
facendo sosta per capire bene
quelli più degni della mia attenzione.
Per mitigare errori non voluti
soccorso ho chiesto alla madre mia
al fin di dare al cuore un po' di tregua
ma solo sguardi lei mi regalava.
Se l'alba parlasse come io vorrei,
costruirei un castello più sicuro
e questa volta di sabbia non sarebbe.
Avrebbe mura d'acciaio molto spesso,
possenti al punto da non fare entrare
spifferi d'un vento che non tiene conto
di quando lo pretendo mosso a brezza
nel mentre domo esecrabili sgomenti.
*
Aprile 2023
Di petali e stelo
Rinascono troppe mimose
per dirmi è quasi primavera
quando basterebbe un fiore - uno solo -
se almeno sapessi accudirlo.
Non voglio icone nel mio prato
laddove dovrei andare a cercare
quella bellezza di petali e stelo
troppo ignorata dall'uomo re.
*
Stesura 2012
8 Marzo 2012, Festa della donna
Quel bioccolo d'ovatta
Ho visto una nuvola ribelle
a guisa di perfetta bianca luna
con lo stesso perimetro di quando,
senza pancia, risalta nella volta.
L'ho vista in combutta con le altre
e subito pensai a folto gregge
che fatalmente segue il suo pastore
nell'occasione tramutato in vento.
Fu lotta breve in porzion di cielo.
Quel bioccolo d'ovatta un po' ardito
si mescolò nel mezzo dell'insieme
ed i miei occhi più non appagò.
Accade che ripenso a quel meriggio
le volte che vorrei distrar la sorte
per fare nella vita giravolte
fingendo che il destino non esista.
E lotto anch'io in un microcosmo.
Ingenuità a rivestirmi tutto,
mi perdo nei magari ch'ho già detto
e, presto, ad esser fragile ritorno.
L'apparir del faro
Di qua dalla grata del tempo
ombre di luci allestiscono sui muri
indulgenti specchiere stravaganti
dove mi rifletto nell'ora del riarmo
tentando di placare l'apprensione.
Nel cuor ritorna quasi prepotente
l'immagine di Peppe, il pescatore,
un po' turbato io dalle alte onde.
Non aver paura alcuna, lui mi disse.
imminente è l'apparir del faro.
Da lì a poco seguimmo quella luce
e a tarda notte rientrammo in porto.
Usai l'inchiostro e fermai il ricordo.
Da quella notte, anche quando scrivo,
pressante è il bisogno di un riferimento.
Scanserò le nuvole
Come un lungo inverno
che, oltretempo, duro si trascina
tra stanche albe ed algidi tramonti,
così mi appare l'oggi
che troppo spesso sembra non curarsi
dei giorni duri tutti messi in fila.
Suadente primavera
verrà a bussare alle nostre case
chiedendoci d'uscire dalla rabbia;
d'immergerci con lei
nell'aria di fiducia data all'uomo
per perseguire pace e suoi dintorni.
Con ali di fortuna
prestate da un'aquila oziosa,
ritoccherò quel cielo sempre amato
col cuore mai stanco
di chiedere al presente nuovi impulsi
perché io creda nel mondo mio migliore.
Scanserò le nuvole
per farmi largo e bello tra i colori
e lì vedere se tutti quegli azzurri
ancora son gli stessi
sdraiati sul mio mar di sempre.
Se fosse, del doman paura non avrei.
Grazie!
Emozionato e felice alla notizia che "SCANSERÒ LE NUVOLE" ha vinto il 1°
Premio del Concorso di Poesia a tema "Versi di speranza: una poesia per il
futuro" organizzato dal sito letterario CLUB POETICO condotto da anni, con
amore e passione per la scrittura, da Enzo Agostini.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno votato e letto i miei versi.
Aurelio Zucchi 30/01/2023
Shoah
Vorrei ricordare l'ingenua neve
nel suo tentativo di coprire sangue
per illuderci forse che ogni cosa
possa essere occultata, mai esistita.
La memoria, però, travalica il bianco,
va oltre ogni filo spinato, oltre ogni arma.
Supera distese perverse, malanime,
recinzioni incomprensibili e fa la storia.
Io amo cantare le gesta dei miei eroi
ma devo, perché voglio, rammentare il male
per fare in modo che mai più si ripeta.
E tuttavia, davanti a un foglio immacolato,
mi chiedo, oggi, cosa può fare un verso
se non il verso all'impotenza umana.
La mia poesia, che tanto chiamo in soccorso,
non é capace, neanche lei, di lenire dolore.
Solo pregare.
*
26/01/2023
Tema:
Chopin: "Il misterioso potere della notte"
Sul velluto dei silenzi
Lasciatomi alle spalle ogni fardello
e senza i graffi del tiranno tempo
mi sdraio sul velluto dei silenzi
per ascoltare i fiati della notte.
L'ho vista, è vero, a volte molto meglio
con una luna che ora non è luna.
Vestito con il manto inzaccherato,
il cielo bramerebbe non mostrarsi.
È colpa di un bizzarro autunno!
così mi dice, assai rammaricato
di non poter coprir con la sua voce
fragor di tuono messosi nel mezzo.
Intanto che la pioggia fitta scende,
converto il buio in speciale specchio
e conto rughe sulle gote emerse
assieme a quelle impresse sul mio cuore.
La notte m'è pregevole compagna,
potente il suo mister d'essere alcova
per chi maltratta ogni andar del tempo
con i frastuoni d'ìnsensati giorni.
Non ho paura di sentirmi solo
e sulle note di un antico piano
dolcezza porgo alla malinconia.
Non più sgomente, le tre quattro stelle
che forando le nubi mi stanno guardando,
vorrebbero dirmi che mi vogliono bene.
*
Antologia "Tra i riflessi della poesia" a cura del Gruppo On line (Facebook)
Riflessi di Poesia, pubblicata da Amazon 2022
Tema
U2-Beautiful Day:
"Sei sulla strada ma non hai destinazione. È un giorno bellissimo, non
lasciartelo sfuggire"
Frenesie
Smarrito nell'avverso tempo dato,
distante ormai da qualunque sogno,
ostaggio della banda degli amorfi,
immagino così i miei colori.
In questo primo incedere del giorno
di luci questa strada si colora
con i sorrisi d'alba consenziente
e lampi dei ricordi miei migliori.
E sull'asfalto tutto si trasforma.
Quel grigio par che viri nell'azzurro
e i motori più rumor non fanno
'sì che un po' di quiete si solleva.
Calcato dalle orme del dissesto,
fiaccato, un giardino fronte casa
sbadiglia e poi nell'aria esso si scuote
al fiato emesso dalle irate rose.
Nessuna meta almeno oggi assilla.
Mi gusto il giorno come fosse miele,
m'illudo di volerlo archiviare
nell'albo sacro di quelli miei migliori.
Attorno, ogni cosa non delude,
un attacchino non spoglia il poster
d'un mare che mi guarda e mi domanda
quand'è che torno per toccare l'onda.
Frenesie romantiche, le mie!
Di bel non trovo sol che qualche traccia
lasciata dall'inchiostro di un poeta
che può solo firmare un'armonia.
*
Antologia TRA I RIFLESSI DELLA POESIA a cura del Gruppo On line (Facebook)
Riflessi di Poesia, pubblicata da Amazon 2022
Laddove conchiglie sceglievo
Il mare che ricordo tutto mio
ancor respira dentro e nulla chiede
se non l'esser guardato come Dio
disteso nella baia ove concede
la bella scena che assumo come stato
al quale non aggiungere qualcosa
o toglier niente a lungo conquistato
da Gaia in quell'arte giudiziosa.
Il mare che ritrovo non è mio.
S'avverte in lui un senso di paura,
la strenua voglia di schivare il fio
per certi orrori contro la natura.
Su spiaggia in cui giovane fremevo
cammino adesso in smodate acque
laddove le conchiglie io sceglievo
e per la poesia amore nacque.
Delia aspetta
Sì come prisma alla luce del sole,
che riflessi a chi vuole sprigiona
violando il grigio del mare d'inverno
o di collina i plumbei contorni,
così la mia esistenza può dare
quei tanti e assopiti colori
ancora lì, vagamente spalmati
su lamine d'ardita fantasia.
Se la smettessi di guardare la vita
al pari di condanna da scontare
per tutto ciò che vado a ritenere
facente parte di un'infida spirale,
con Delia, la mia fata, farei pace,
lei, sempre pronta ad aprir le braccia
chiedendo in cambio solo la certezza
di far d'ogni respiro dono avuto.
*
Stesura 27/11/2022
Guardarmi dentro
D'albe cangianti il tempo si nutre
per dar respiro alla vita che vola
e poi fermarsi in quei lunghi tramonti
teneri inganni che lei voglia fermarsi.
E di notti, nel mio cielo sospese,
tempestive e vestite mai uguali,
il tempo si continua a nutrire
nell'attesa di ingoiare l'aurora.
E pur di me, non anima in disuso,
vuol solo ossa da poter spolpare
allor che nella stanza dei silenzi
mi scopre vago nel cercar colori.
Guardarmi dentro placa l'ora avara.
Concede quiete senza chieder nulla
se non la vista del fluire sciatto
del mio sentire da ripristinare.
*
Stesura 2022
Poesia che apre la mia Silloge "Silenzi e dintorni"
Mi manchi, madre!
Ti cerco nelle scie di quel cielo
stordito dai riflessi dei tuoi occhi
se solo ti guardavo nei momenti
d'assoluto bisogno dell'amore.
Ti aspetto nelle ore della sera
per la carezza al capo e al letto,
la fronte mia volta verso l'uscio
fingendo di dormire già da tempo.
Ti chiamo per dividere bellezza
davanti al mare dove mi portavi
per fare dei miei anni i migliori
con te all'ombra a non rubare sole.
Ti sento nell'esordio d'ogni inverno,
stagione non amata da tuo figlio,
e le parole sempre son le stesse:
è freddo solo fuori, il caldo è dentro.
Ti parlo tra le crepe dell'andare
di anni intrisi d'un declino lento
e odo ancora il tuo vestito a fiori
dettar speranza e non rassegnazione.
Ti vedo infine nel sofà del cuore!
Ti regalo l'incessante pensiero
che libero nasce nel prato del tempo
e forte mai muore nel prato del tempo.
Continua la smania di esserti figlio
sperando sempre nei miei non errori
e scopro così quei colori veri
di sguardi e sorrisi che non ho colto.
Tu mi regali il tuo essere madre
ed oggi mi manchi…
*
I° Classificato
Contest poetico online 2022
"Contest dedicato alla Mamma"
Organizzato dal Gruppo Riflessi di Poesia presente su Facebook
28/04/2022
Il dolore della felicità
Accese dall'indulgente tramonto,
la sera vuole spegnere le smanie
di un volo verso remote chimere.
Ho smesso di sognare questa volta
e carta e penna sono nel cassetto
giacché di poesia non è l'ora.
La fuori, dove adesso è solo pioggia,
staziona il dolore che ci avvolge
di una felicità che non trova
beneficiari in vena d'afferrarla.
Seduti intorno a me ho folti dubbi
portati in assemblea dalla vita
che mi invita a non chiuder gli occhi
sperando di risolvere coi versi.
Tra i marosi sempre minacciosi
respiro piano per aver la mente
in sella ad un ripristino di calma.
Intrappolata o no nei lividi del tempo,
all'esistenza chiedo come sempre
di rinnovare la mia voglia di volerla
e fil tra fili di matassa spessa,
m'accosto al vetro, quasi sgrovigliato.
La notte balla tra le alte antenne.
*
Roma, 19/05/2022
La voce della vita
Son qui, tra queste forti vibrazioni
sentite nelle smanie di un autunno
che sembra aver fretta di morire
per dare spazio subito all'inverno.
Chiamo a sostegno l'eco degli agosti
improvvisati nell'età dei sogni
ed ho voglia d'ascoltare la mia vita
che tutto ha visto e tutto allor concesse.
Parlar con lei a volte mi rincuora
ma la sua voce mai la sento chiara
giacché il suono rapido si cela
nell'ora scelta a conseguir l'intento.
Ed è così che sento i suoi sussurri,
parole sparse e perse nell'intorno,
versi su versi non del tutto letti,
carezze a confondersi col vento.
*
Anno di stesura 2022
La maschera si muove
Se tento di ridurre la distanza
tra l'esser io e il mio apparire
soccorso chiedo alla scrittura.
Tastiera pronta ad essere assillata,
mi spolvero di dosso l'artefatto.
La maschera desiste in un lampo.
Scavando nell'arena dell'anfratto,
mi accorgo di parlare con me stesso.
Parola dopo l'altra trovo gusto.
Nel desiderio poi d'aprirmi al mondo
mi basta un tasto per entrarci dentro
col nome e col cognome, almeno quello.
Mi vedo nell'immagine d'un tempo,
cravatta a modo ed un sorriso sciolto
con l'illusione di un po' d'eternità.
Spirale di celate timidezze,
di avventurieri in ansia d'esser visti,
il rito si consuma facilmente.
Astute, tra gli utenti della giostra,
le lotte per un etere perfetto
son labili conquiste del consenso.
Il fasullo sentire si confonde
nel denso afflato delle anime pure
smarrite anch'esse in mere certezze.
La maschera si muove, cerca volto.
*
Stesura 2022 -
II Classificato al IX Concorso on line di Poesia Estemporanea
organizzato dall'Associazione Culturale Edizioni "IL FARO"
In una strada rossa di Kabul
Ho visto un angelo fuggire.
in una strada rossa di Kabul.
Aveva le sembianze di un bambino
con le ali rotte e senza alcun destino.
Correva a perdifiato inseguendo
la lunga veste della madre sua,
mira dell'odio e pur della follia.
Più tardi, in giro per il mio quartiere,
mi imbattei in un tailleur ultima moda.
Lei era in preda d'incomprensibile nevrosi
per non sapere scegliere per il bebè
tra un cappellino a righe e uno a tinta unita.
Mi domandai se appartengo al mondo,
se siamo tutti dei maledetti sassi
disseminati lungo il praticabile sentiero
che porta all'equilibrio e alla convivenza.
*
Stesura 2021
Medaglia d'Onore con artistico Attestato alla X Edizione del Premio Alda
Merini a cura della
Nuova Accademia dei Bronzi
Testo pubblicato nell'Antologia dello stesso Concorso
Guardarmi dentro
D'albe cangianti il tempo si nutre
per dar respiro alla vita che vola
e poi fermarsi in quei lunghi tramonti
teneri inganni che lei voglia fermarsi.
E di notti, nel mio cielo sospese,
tempestive e vestite mai uguali,
il tempo si continua a nutrire
nell'attesa di ingoiare l'aurora.
E pur di me, non anima in disuso,
vuol solo ossa da poter spolpare
allor che nella stanza dei silenzi
mi scopre vago nel cercar colori.
Guardarmi dentro placa l'ora avara.
Concede quiete senza chieder nulla
se non la vista del fluire sciatto
del mio sentire da ripristinare.
*
Stesura 2022
Un giorno nato male
Ancora il respiro non ascolto,
sarà un'alba più muta che mai.
L'aurora, io voglio immaginare,
impeccabile non deve esser stata.
Eppure, vedo smanie nei colori.
Emergono nervosi, maculati
in questo cielo quasi avvilito,
consumato ormai, fin troppo stanco.
La notte dura gli ha ridotto ampiezza
ed ogni lembo cresceva in densità.
Il nero ha cancellato troppe stelle
e forse s'è salvata mezza luna.
Se fossi in riva al mare, la tristezza
avrebbe un retrogusto dolce amaro
poiché la sorbirei con acqua e sale
offerta dalle mie amiche onde.
Ma sono qui, tra palazzi e antenne,
tra cassonetti zeppi e birre rotte
ad aspettare un giorno nato male
e un sole che almeno attenui i danni.
*
Stesura 19/08/2021
Lei esiste
Lascia che ti parli della felicità,
di come si fa a non raggiungerla
noi prigionieri del tempo che spegne
ogni fantasia di toccare il bello.
Lei esiste.
Come una farfalla volteggia
intorno al primo fiore sottostante
e a distanza di un battito d'ali.
Lascia che ti dica delle onde,
di come si sta bene in mezzo al mare
noi domatori del tempo che si piega
al profumo d'acqua e sale intorno.
Lei esiste.
Beccheggia sopra un cono di luce
forgiato dal lento tramontar del sole
e tu lo insegui eppure ci stai dentro.
*
Stesura 13/09/2021
La solitudine
È come questo campo di grano
così sovrastato da nuvole indecenti
dove l'aratro sembra anch'esso prostrato
quasi in balia delle ore che verranno.
Se almeno si avvertissero i sintomi
di un qualche sparuto raggio di sole
la vita avrebbe di certo un sussulto.
Ancor si vorrebbe guardare il contadino
e andare a tergergli il sudore addosso
ma l'unica luce a resistere attorno
è quella che continua a non colpirci.
*
Stesura 22/09/2021
Ciao Massimo!
La vita di molti uomini è un rozzo frullato
con dentro errori, inganni e sciatti sogni
sedimentati senza alcun controllo
lungo tutta la curva irregolare del tempo.
La vita di certi uomini è una soluzione trasparente
di sani respiri, sorrisi, mani tese e veri sogni
lasciati riposar nei più giusti ambienti
lungo tutto l'arco del tempo ben vissuto.
Di questi uomini rimangono le orme scolpite a fuoco
sulle perenni certezze di coloro che li hanno amati.
*
Ti voglio bene!
(Dedicata a Massimo Reggiani)
Mi preme
A volte i sentieri della mente
odorano di quel talco ammuffito
che sfoca i ricordi sulla pelle
o anche d'un falò in riva al mare
che avrei voluto non spegnere mai.
Mi preme, adesso, stringer tra le mani
un tempo che mi vuol meno distratto.
Almeno fino a quando dureranno,
mi chiama ad alta voce ad annusare
profumi d'una vita da serbare.
*
Stesura Anno 2020
Io gli risposi che mentiva
Ho visto l'onda avvolgere lo scoglio
e poi ritrarsi quasi pentita
d'aver portato danno al granchio
indaffarato a ripulir la pietra.
Il mar mi raccontò di come a volte
si mostri agli altri non perfetto.
Ma io, toccando l'acqua cheta attorno,
io gli risposi che mentiva.
L' esploratore
Non rifarò alcun tuffo all'indietro
per farmi bello di ricordi eccelsi,
patinati, con cura custoditi
nel salotto dell'anima diletta.
Nel tempo degli affanni vado fiero
incontro all'ignoto dei miei giorni
e sono esploratore d'emozioni
in cerca di pretesti e stratagemmi.
Avrò bisogno di canti d'usignolo
e petali orgogliosi di rugiada.
Andrò nel bosco dell'amica fata
e Delia saprà come soddisfarmi.
Avrò bisogno di limpidi versi
per raccontarmi il nuovo mio fluire.
Andrò alla miniera di parole
al confine tra la mente e il cuore.
*
Roma, 09/08/2021
Quel sole
Invermigliava tutto, resisteva,
d'anima mia i colori liberava
uguali a quelli che avverto addosso
se l'emozione mi lucida gli occhi.
Quel sole
che pure stava ormai annientando
un giorno d'agosto da vivere a lungo,
moriva nei raggi offerti al tramonto
e l'aria migliore al cielo cedeva.
Saldata ai confini con un bel sogno
i rossi specchiava, la vecchia ringhiera,
e le orme, a gomito nette quell'orme,
scavate in attese di grandi amori.
Sì, la ruggine era bella a vedersi
e, forte,un profumo di solo sale
veniva da giù, da scogli stressati,
derisi dall'onda e quasi umiliati.
Quel sole,
chinato ai miei piedi, al re d'universo...
Non so, non ricordo se quella volta
la Fata Morgana io stessi aspettando.
O, forse, le chiesi il ritardo di un'ora?
Parlami
Quando vedi la luna maculata,
palla tra palle di nubi antracite,
distante da me oltre il normale,
parlami perché ne ho bisogno.
Se il mare più non risponde
al minimo cenno di un abbraccio
o l'alba tradisce il migliore intento,
parlami perché voglio ascoltarti.
Guardando il nostro luna park
non arriverà la musica del gioco
o lo schiamazzo di un bambino re.
Sono io che ho spento tutto.
Ho consumato notti promettenti,
le ho imbrattate di colori assurdi.
Ho cadenzato stelle al mio capriccio
ed ora, credo, è meglio non guardarle.
Ho spinto il cuore in un dirupo
e adesso cerco di recuperarlo
mentre freddo pioggia e vento
fanno di tutto per scoraggiarmi.
Primo posto al XXV Concorso Internazionale di Poesia "Il Saggio-Città
di Eboli", 26-31 Luglio 2021
Semmai
Vorrò stupirmi ancor quando sarò
ai margini del tempo che rimane,
ai piè di un'alba brilla di colori
semmai potrò recarmi nei suoi siti ideali.
Ovunque aria di mare si respiri
io tenterò di esser testimone
di un'onda amoreggiar con la scogliera
semmai accederò al posto mio migliore.
Accada che un bambin sorrisi apra
chiamatemi vi prego con urgenza
per fare in modo ch'io non me lo perda
così da rivedermi nella sua ingenuità.
Roma 30/05/2021
Senza dire nulla
Camminai di buona lena, fiero
e questa volta il mar non era meta
perché di fianco già mi respirava.
Era tramonto da zittire il tempo
ed affrettai la corsa per paura
che l'impaziente sera lo rubasse.
L'avevo vista avvolta nell'azzurro
in una festa della primavera
e fu amore, solamente amore,
a farsi mare, fuoco cielo e terra
nel mentre mi sentivo quasi un re.
Finito ch'ebbi il mio bel tragitto,
sostai un po' davanti alla scogliera
e l'occhio si posò sulle caviglie
baciate dalla forsennata schiuma.
Un brivido viaggiò lungo il mio corpo,
io fui geloso di onde che amavo.
Mi avvicinai senza dire nulla
e senza dire nulla lei si accostò.
E fu amore, solamente amore
a farsi mare, fuoco cielo e terra
intanto ch'io mi sentivo un re.
Anamnesi
Fu tempo breve, quello della giovinezza,
un faro acceso sul futuro atteso,
cadente stella da inseguire in fretta
per la paura di perderla di vista.
*
24/03/2015
Pro- memoria
Fossi degno delle Tue attenzioni,
prima ancora di preservarmi amore,
ti chiederei di salvar nel tempo
la mia memoria, Dio!
Ti prego!
Fa' che anch'essa possa respirare
nei nuovi giorni che mi aspettano
e nelle notti che la incalzerò.
Dalle un volto,
una voce, un sorriso
per i miei giochi a indovinare
in una gota e in un solo accento
o in un muovere di labbra lieve
ogni persona che mi ha amato.
*
2010
(Terzo posto alla V Edizione del Premio Embrice - 23/06/2012)
Del futuro
Di chi trovò le chiavi della porta
che s'apre sui rilievi del futuro,
non sento la mancanza, ve lo giuro,
giacché il cuor da sempre m'é di scorta.
Nel mio vagar tra morbide illusioni
ho sogni non finiti da esplorare.
Se poi gli anni insistono a tornare
con l'eco d'alcune mie canzoni,
allora tutto è agevolato
per non pensar cosa accadrà domani.
La vita che mi ha scelto allontani
ciascun sussulto già pianificato.
L'incedere dell'alba
L'aurora, imbastiti i colori,
svanisce nei meandri d'infinito.
Nei toni dell'incedere dell'alba
si celano malinconie elette
e prima ancora di guardare il mare
i brividi di già fanno clamore.
E poi è festa, luce da salvare
in pagine di cielo compiacente,
sui versi dei poeti sognatori,
nei cuori delle genti indifferenti,
nel tempo che adesso non ha voce,
in ogni dove la bellezza insiste.
*
26/12/2020
Come Augurio per la prima alba del 2021
Cristalli in sospensione
Svanisce il miraggio d'una fata
vestita coi colori d'oltremare
protesa a coglier cenni del tramonto
e non dormire per salutare l'alba.
E pur svanisce il sogno del bambino
a consumare suole nel viaggio
per giungere a bussare al bronzeo uscio
di quel futuro spoglio di dolore.
Silenzi si confondono ai ricordi
e brividi di pura ingenuità
modellano cristalli in sospensione
al centro della sala resoconti
È forse giunta l'ora d' assettare
sconnessi cuori ed anime confuse
nel tempo intriso di veleni e pene,
distratto, che chimere disconosce
*
Roma, 14/12/2020
Neanche il mare
Seppur protetto dai silenzi intorno,
incredulo, bruciai l'ora cheta,
benedetta, voluta, ottenuta
per scacciare paure dominanti
d'ombre nere strenue portatrici.
Le vidi, si, indietreggiare mute
e pronte a riconoscer la sconfitta.
Con fiero piglio da vincitor di turno,
sentii frastuono d'una tale gioia
da indugiar fin troppo con lo sguardo.
Poi solo fitte nebbie a circondarmi.
Fu gelo ogni respiro ed ogni affanno
ché demoni a schernire la mia prova
formarono da esperti un girotondo
ove pagavo quello sciocco ardire.
Provai a dimenar la fantasia.
Trovai una via verso il mare
e gli gridai di colmar la mente.
È troppo tardi mi rispose irato,
ti aiuterò se cauto sarai.
27/12/2019
Poi nulla più
Al primo cenno d'alba volli il mare.
Lo vidi, come me, in dormiveglia
con onde basse a far da mite coltre.
E lungo la battigia passeggiava
la brezza dai respiri così calmi
da non solleticar le sabbie stufe
di quella notte assai lunga e fredda.
M'avvicinai al nero scoglio mio
e poi da lì guardai l'orizzonte.
Il solito saluto al nuovo cielo,
i neri occhi di Peppe il pescatore
e quindi lesti in barca a ordinare
le lenze e l'esche per allietare i cuori.
Poi nulla più, soltanto vibrazioni
secrete da possenti emozioni.
Sul tavolo in cucina, caffè nero
versato nell'amaro denso cruccio
per un sogno impiccato al patibolo del tempo.
*
Roma, 20/11/2020
Sospesi in un tempo che divora (Covid 19)
Nei giorni tutti lisi dalla rabbia
dovrei guardare il cielo per scrutare
sentieri non immaginati ancora
perché il sole o un cirro audace
bastavano da soli a far colore.
Nelle notti scolpite dall'angoscia
dovrei guardare il cielo per scrutare
sentieri non immaginati ancora
perché la luna o qualche stella amica
bastavano da sole a dar calore.
Sospesi in un tempo che divora
si rischia di privarsi di bellezze,
di gusti e di odori dell'ingenuità
già messi nello scrigno dei tesori,
preziose prove di normalità.
Gli aneliti di sempre vorrebbero
adesso farsi largo a gomitate
tra i giganti della cattiveria
per spingere ogni cuore ribelle
ben oltre i confini dell'umana sventura.
*
Roma, 19/11/2020
Vorrei ancora io dormire
Balordi i giorni intrisi d'amarezza
nei replicati flussi dell'attesa
quando, seppure il sol non indietreggia,
confondo il blu col persistente grigio.
Preferirei tutta l'aria intorno
effetto chiaro di devastazione
di un deformante generale inverno
che gioca invece a fare il caporale.
La colpa è mia, non so accettare
quel che di bello intanto è da afferrare
mettendo un po' da parte il malumore
e non saggiare subito l'amore.
Giù nella strada corrono bambini
accesi dalla forza del mattino.
Vanno alla meta che non è fissata
mentre vorrei ancora io dormire.
2011
Respirare me
Fatemi uscire dalla cella
delle parole consumate e finte
che portano la sete ardente
della verità e della conoscenza.
Ai sapienti del linguaggio
implorerò un alfabeto in più
e sceglierò perfetti i suoni
per ogni cosa di cui io parli.
In altro modo, tranne il cuore e gli occhi,
meglio seccare il corpo
fino alle pendici dell'anima
e respirare me, senza l'aria che m'avvolge.
-Pubblicata nell'Antologia Logos 2006 (Giulio Perrone Editore)-
Un insolito roseto
Quando, di rosa
i petali offriranno al tatto
seta come i tuoi occhi fanno
e se di essi il color replicheranno,
pianterò un insolito roseto
nell'ultimo giardino ch'è rimasto
e lì mi recherò nelle albe nuove.
Raccoglierò un floreale omaggio
per consegnartelo di giorno in giorno
ancor prima che il tramonto arrivi.
- 2003
Aurelio Zucchi
Dove le onde, in sincronia perfetta
Come quando non ho voglia di fissare altro
quando ho davanti il sorriso di un bambino,
allo stesso modo, se il mar m'è lì di fronte
non guardo quasi mai il cielo su di me.
Ma quel meriggio di settembre fui distratto
dal fragore di un tuono impertinente
che decretava cosa buona e giusta
rinunciare all'idea di andare a pesca.
Ricordo astruse forme di nuvole obese
abbassarsi sempre più e mostrare il ghigno.
Non ebbi paura neanche d'un vanesio lampo
che vidi contorcersi fino al confine del tempo.
Così, dalla mia duna preferita
scesi giù con calma verso la battigia
dove le onde, in sincronia perfetta,
muoiono di bellezza e nella bellezza rinascono.
Fresche, or mi lambivano or mi toccavano
i piedi offerti come pegno della mia fedeltà.
Non so per quanto tempo feci sosta
su quella striscia d'imperdibili miracoli.
A sera mi fu detto di un forte temporale
con acqua a catinelle e a fare danni.
Non era stata la mia acqua…
Roma, 07/10/2020
A caccia della fantasia perduta
In spalla un fardello d'amarezza,
il pur incerto passo rompe il silenzio
di vicoli inodori, orfani d'aria di casa,
tra vetrine ubriache di led per lettere cubitali
in perenne attesa di occhi che le guardino.
I panni stesi sui fili tra i balconi
non concedono rossi, bianchi, gialli, verdi o azzurri
e seccano al sole il grigiore delle loro stoffe.
Non stridono, come avrei fortemente voluto,
con l'abbandono servito da un progresso mal pensato.
Giù in fondo, dopo il bar "Caffè su Marte",
lo slargo s'apre, grande. Qui lo chiamano la "nostra piazza",
soprattutto certi giovani fruitori di birre ed altro.
Oggi non mi va di andarci, stanco di vedere
lattine e bottiglie vuote sui bordi della fontana rinascimentale.
Tornerò a casa per salvare la mia fragile pelle di poeta
senza smarrire la mia gravosa ingenuità, qui,
da qualche parte di queste becere solitudini.
Calcherò ancora questi sentieri, forse domani o domani l'altro,
non per autolesionismo ma per trovare almeno orme.
Orme, fossero anche deboli, di quella fantasia
che una volta vedevo volare leggera nell'aria
per poi, come prima pioggia di primavera,
bagnare le menti e i cuori più teneramente bisognosi
di costruire senza sconti vita, amori e sogni.
Roma 01/10/2020
Una carezza della quiete
Poi che la luna indossò una nube,
rimase il mare a fargli compagnia
ed acqua vide maltrattare l'acqua
con l'alba urgente e assai lontana.
Levò da riva la barca dei suoi sogni,
la incastrò nel ventre di una duna
e contro vento, contro sé e tutto
la ripulì dell'ultima infezione.
Lavò il cuore nel cono di lampara
per darlo in pasto ad una nuova era
e contro pioggia, contro sé e tutto
lo ripulì dell'ultima catarsi.
Guardò la notte a filo d'una lama,
smorzò ferite a lungo trascurate,
a certi unguenti la cipria mescolò
e finalmente il nuovo giorno scorse.
Si domandò se fosse stata colpa
di quella scarsa luce che l'invase,
se basta una carezza della quiete
per accettarsi, tutto, a tutti i costi…
*
Anno di stesura 2010
(Poesia pubblicata sul mensile "Il Saggio" 12/2010)
Perso nel fluire del tempo
Puntuale ma stufo
di questo inceder lesto della sera,
il sole annega dietro l'orizzonte.
Confini informi sono quelli del cielo
e tutto tace, tutto si scolora.
Ed io sulla spiaggia
mi sento solo, perso nel fluire
d'un tempo che governa le cadenze
schivando le impellenze del cuore,
tiranno allorquando l'ora arriva.
So già che è tutto vano
ma posso, devo almeno domandargli:
potresti a volte romper gli ingranaggi,
fermarti il giusto per riprender passo
intanto ch'ogni uomo i sogni affina?
Quest'oggi, per esempio,
avrei voluto cogliere più a lungo
i toni dell'azzurro nel meriggio
per custodirli con estrema cura
nell'album d'una magica mania.
il mare mi conosce.
Sa di questa frenesia fasciante
d'andare sempre a caccia di bellezza
e lui mi invita a rimaner la notte
per sbaraccare draghi dalla mente.
So di non esser pronto.
Ancora non ho vinto insicurezze,
lasciatemi l'introspezione, tutta,
tra una moka ed il provar scrittura
accomodato nella mia cucina.
Sicuro, lui non mente.
Di notte anche esistono colori
nei vicoli narranti l'abbandono,
nella facciata d'una chiesa antica,
in onde e onde a guadagnar la riva.
Stenderò un colore
Non sono un pittore.
Chiamatemi scrivente, se volete,
ma è da un po' che sto tracciando
fattezze non del tutto sconosciute.
Col nero della mina
ottengo luci ed ombre del suo volto
e vado ad affinarne l'espressione
per riprodurla come io la sento.
Al fin manca qualcosa,
l'impronta d'una tinta più adatta
a farmela vedere nel momento
in cui mi assale senza darmi tregua.
Stenderò un colore
diverso dall'azzurro dei poeti,
dal verde di speranze ingannatrici,
dal bianco delle notti pur amiche.
Donna Malinconia,
se ancor così nel cuore mio indugia,
non mi ritroverà impreparato.
In un baleno la individuerò.
27/12/2019
Forse i fiori sbocciano ancora
Vedo sogni appesi come panni
sotto un sole del tutto impotente
che pare quasi balbettare
davanti a questa terra muta.
Forse i fiori sbocciano ancora
anche senza occhi che li possano guardare.
Forse il mare fa più rumore,
grida per farsi sentire da chi lo ama.
La primavera ha quasi vergogna di esistere.
In un tempo di silenzi prolungati
si raccoglie quanta più vita possibile
per conservarla nello scrigno dell'anima
mentre vorremmo che le ore fossero giorni
per dare inizio a una quiete assordante.
Roma, 26 Marzo 2020
I cinque sensi
Me ne starei per un'eternità,
accovacciato tra le dolci pieghe
di questa sabbia ancora tiepida,
con gli occhi consegnati a donna luna.
Si sente odor di sale che mi avvolge
e mare ascolto, mai così vicino.
Mi chiedo se, almen per l'occasione,
là, dietro le quinte, l'alba impaziente,
voglia tardar non poco la sua l'uscita
per guadagnare il suo cambio scena
giacché gustar la notte io vorrei,
tutta e di più!
*
Stesura 03/03/2020
Caro Anno Nuovo,
dammi un solo motivo in più
per continuare a credere alla mia vita!
In fondo, hai dodici mesi di tempo…
Al tocco delle prime luci
Albeggia di quel tanto che mi basta
per mettere alle spalle la mia notte
e cerco la tutela dei ricordi
che stentan tuttavia a farsi volti.
Di là dal davanzale l'aria cheta
felpata mi raggiunge, mi accarezza,
sminuzza grumi gonfi d'incertezza,
rimescola il tempo dell'attesa.
Non più mi giro e mi rigiro a letto,
ho smesso di grattarmi a sangue il viso.
Lo sguardo or s'adagia sulla tela
ov'è un mare stufo d'aspettarmi.
Avverto in lontananza il respiro
del fico mai sazio del suo sole,
del tiglio al tocco delle prime luci
e tutto ciò mi veste e mi colora.
Mi accosto al vetro per cercar conferme
ed ogni cosa fuori e dentro vive.
*
19/12/2019
Il ricamo
Ai margini del tempo si consuma
il pregiato ricamo dei ricordi,
perfetto e colorato a tal punto
da farmi creder d'esser prediletto.
In verità il merito l'affido
ai silenzi di tenere aurore,
al ciao d'albe complici e lucenti,
ad un colore o forse mille del mio mare.
Vittima
La mente vuole svicolare indenne
da questa realtà che a volte opprime
e più non basta un rinnovato sogno
che tenero la porti in altri lidi.
Credeva, il cuore, fosse sufficiente
andare a spacchettare dei miraggi
per non subire il maledetto intralcio
di giorni spesi a secondare il mondo.
Così accade che allorquando vuole,
quando pretende d'indossare un lembo
d'una felicità che lo rivesta,
si scopra vittima d'infido tran tran.
Scontato che continuerà la lotta,
nel mentre prova a risfidar se stesso,
lui vuol veder la vita riposare
all'ombra rinfrescante di un ciliegio.
*
2010
Come al calar dello stremato sole Come al calar dello stremato sole, l'ultima scena neutra si mostra sul palco di quel solito teatrino dov'è che prima ho dato e ricalcato l'andirivieni della mia esistenza; come al calar dello stremato sole - se proprio stelle stentan l'accensione - smanioso attendo i segni dalla Luna ma a Venere nel cielo io non credo che pur di luce di pianeta splende, così, all'imbrunire d'entusiasmi, malinconia d'un vespro già nascente, divento quasi mago, mago ardito ed alte al cielo agito le mani. Ricerca d'energia forte mi assale e mi dispongo all'immaturo conto che va pagato per sentirmi meglio. (2009)
Nei silenzi di un pensiero fragile Ancora non so se qualcosa mi manca, quel tenero fremito donato da quella voce, quei piccolissimi spazi nei quali fluiva il nostro narrarci la vita. Ancora non so se rincorro le attese per un giardino non del tutto esplorato. Domani, mi dico, sarà di nuovo buio ma, puntuale, l'eco rifiata nei silenzi di un pensiero fragile capace però di destarmi. Chissà dove sei, cosa fai… * Stesura 2019 Quel perdersi Si confonde col mare - quel perdersi - tra mani curiose e irrequiete… Come onda che vuol ora mostrarsi ad un cielo che ci è dato aranciato, questo corpo l'anima comanda, annienta rossori ed eros promuove. Indefinito è il confine dell'oblio mentre l'acqua è la sola testimone. Io e il paguro Di vento si veste il tramonto e l'ultima matassa di nuvole si dipana a favore del sole. Mentre il sipario s'apre sul mare dalla riva tutta mi appare la scena e sento il rumore della quiete, tanta quiete, troppa quiete… Persino l'onda smorza il suo fragore, la risacca ora non respira. È, la mia, solitudine inopportuna che, perfida, sghignazza e poi mi assale. Ma son talmente ricco di bellezza, talmente straripante d'emozione che chiedo ad un pagur condivisione. Un'enne alba Un'enne alba arriverà sontuosa, fanatica nei suoi toni usuali. Arriverà sul mare, dimenticato da questo inverno tenebroso, e sul grassetto dell'orizzonte amico a cancellare gli avanzi delle nubi, a schiarire i dubbi delle attese e delle attese illuminare i frutti. Se e quando la noia del male Dio trasferirà ai neri angeli in agguato, quando i Suoi figli lo divertiranno, al primo bagliore Lui darà l'avvio. * (2009) Il cassetto terzo a destra Se volete che smetta di piangere costruite per me un aquilone azzurro. Portatemi sulla spiaggia dei segreti in una giornata d'agosto inoltrato, nell'ora del meriggio o, meglio, all'imbrunire quando il vento di mare si sente senza farti male. Già sento mugugni, c'è chi mi sgrida: "Ecco, ci risiamo, i soliti capricci…" Allora, posso chiedervi qualcosa che vi impegni senza neanche uscir di casa. Trovatemi la chiave che ho smarrito nel mio girovagar per queste stanze, la chiave del cassetto terzo a destra della dispensa che marcisce giù in cantina. Stesura 28/11/2018 Persistenza ad Est Il giorno in cui ti rivedrò, amore, le nuvole di già avran raccolto il fermo invito a mettersi da parte per fare largo a disegnare un cielo ch' avrà come costante un volto, il tuo. Tremeremo all'arrivo d'un sospiro, compendio esatto della storia nostra che stiamo raccontando a notti chete eppure avide di passeggiarci dentro. Quel dì ascolteremo le canzoni composte dall'ottava nota in poi durante quei silenzi, impreparati all'assordante eco dei sussurri. D'albe e tramonti perderemo tracce giacché inventata sarà la fase nova che chiameremo persistenza ad Est nel punto in cui il sole sorge, sempre. Devi solo specchiarti Sei tu che cerchi le note migliori, ti riconosco dallo sguardo chino. La tua fata, come vedi, è qui pronta a svuotar questo vaso azzurro colmo di semi e fragranze di serenità Ma non approfittarne troppo, anch'io son su con gli anni! I respiri migliori di un tempo li troverai nel color dei tuoi occhi. Devi solo specchiarti senza paura, senza guardare le rughe di fronte, senza curarti del grigior dei capelli ma fissando l'anima oltre le pupille. Le piccole cose che ora rimpiangi valle a scovar nell'anta dei ricordi. Sfoglia con gusto i tuoi verdi versi, stampa nel cuore quel viso di madre, rispondi al sorriso del bambino che fosti. Della poesia, anima e corpo Disagio mi procura la parola che non plana così come vorrei sull'alveo della mia poesia. E' come vedere un ruscello secco assetato di quell'acqua equa per dar verso al giusto scorrimento. Oppure il corpo d'una campana tanto armonioso nella sua fattura quanto privo d'anima, del suono. Poeta sofferente allor mi appaio e metto in discussione il tentativo di replicarmi emozioni e farne dono. Squaw Usciva dal tepee, fiera, e guardava negli occhi il tramonto. Quando il sole le regalò l'ultimo spicchio, Raggio di luna accennò un sorriso. Nel tempo scandito tra il giorno e la notte, pose sull'erba una peonia smorta. Vidi luce sul suo volto addolcito e mi accorsi che si inchinò alla luna. Il quarto tempo Del passato che nel presente immergo, le voci e i suoni ascolto tutti. Varcheranno sfingi di futuro per dare alla mia vita il quarto tempo. Àdagiati sulla riva del fiume Dimentica i giorni di chimera, àdagiati sulla riva del fiume e segui il lento volo d'una foglia che l'acqua dolcemente accoglierà. La scorterà intatta tra le braccia di un mare che saprà veleggiarla per illuderla di vivere ancora. L'inverno non trascura i colori e suo malgrado è ingenuo, reo d'ingoiare nel suo magico oblio pecche e discolpe private del tempo per non tradursi in conquistato sogno. * Roma, 11 gennaio 2014 Veleno Nel giardino che esplode dei colori da cogliere, ..............piano…………… con mano corretta dal'eco di come vorremmo noi essere ed invece non siamo, il cuore si muove incontrollato. Bastasse soltanto esser gentili, avremmo di che mai lagnarci e forse scopriremmo il futuro. All'inverso, sotto lo stesso sole che scalda e protegge quei fiori, siamo sempre di nuovo allertati, ancora insicuri di quanto ci accade e veleno diventa l'impaziente attesa dell'arrivo dei migliori giorni. * Data di stesura 23 Giugno 2009 La notte non sarà capace Distese senza tempo e senza inganno (mi piace immaginarle prati d'erba azzurra) che sequestrano questi occhi a lungo per intimare lor di non curarsi del buio che presto spegnerà il tramonto. Fissando l'orizzonte mi confondo, irritato ché la sua retta va sbiadendo. Ma respiro, con energia respiro, al pensiero che la notte non sarà capace di smorzare i colori consegnatimi dal mare. Stasera, per fare un esempio… Se per voler sequestrare ricordi, bisogna in ogni modo vivere, chiedo stasera se vale l'inverso e cioè se per liberare vita - per fare un esempio, la mia - necessita ricordare, comunque. Davvero è importante, il passato? Mah! Forse sarà perché già è passato questo presente che corre e trascorre - per fare un esempio, il mio - che assorbe futuro e scivola via come onda sovrastata dall'onda. Fosse così, da tremar ci sarebbe al pensiero di vedersi negati tutti i volteggi proposti dai sogni, - per fare un esempio, i miei sogni - malinconici clown senza circo, increduli erranti nel non essere. * 2010 Nette tracce Fluisce senza affanni il tempo andato, mantiene odori che sentivo allora. Il sole a inondar la lunga spiaggia par si sia bloccato a un mezzodì. Il tuffo nell'acqua d'un mare infinito è come sospeso nell'aria d'agosto e gli occhi vispi di un giovane amore stanno sempre su di me, cedevoli. Quella luna planata sul luna park ancor la vedo amica mia. L'abbraccio di mia madre, al rientro, …soffice tatto su nuca sudata. * 13/12/2016 Solo? Solo, in una notte orfana del tempo, solo il fruscio dei più bei ricordi, saprei pur sempre dedicar me stesso e quanto ancor di me rimane, al mare. Quante stelle chiamerei a raccolta… per prime, quelle in cui spesso m'imbatto al primo mio voltarmi in alto quando quaggiù stanco è lo sguardo. . Solo, invischiato nelle lunghe ombre delle colline inginocchiate a riva, nulla avrei di che dividere con altri se non, poi, il raccontar l'evento. Solo, anche se a farmi compagnia di onde e onde ci fosse il bacio, di linea d'orizzonte la presenza e di sirene ridestate il suono. . Quante cose potrei dire, solo… a un lombrico in lotta con la sabbia, a una barca che a salpar m'invita, a un amore celato chissà dove. Solo, in una notte orfana del tempo, solo il fruscio di certi nuovi sogni, saprei pur sempre dedicar me stesso, e quanto ancor di me rimane, al mare. . Solo? * Anno di stesura 2009 Lascia cantare la mia speranza I fiori che ti porgo con premura sciocca, non sono per omaggio alla bellezza né per mostrarti sintomi d'amore. Lo sguardo che ti porgo con qualche ansia in più, trascini ai tuoi piedi le antiche pene e al tuo perché le mie nuove paure. Se ora ascolti queste grida, non aprire il tuo sorriso amaro in un'amorfa smorfia nera e lascia cantare la mia speranza. Accogli le rose che ho sottratto alle narici d'una donna ignara. Annusa il retrogusto della vita e, per un istante, scopriti inutile. Poi, rimani ancora più lontana e non seguire presto le mie orme. Assaporo tardi le gioie della vita ed oggi io ti rifiuto, o morte… * Anno di stesura 1981 A te che piangi nella tua ora stramba Vorrei svelare il segreto della felicità a te che piangi nella tua ora stramba ma io non son capace di inventarmi minimo appiglio dal quale cominciare. Potrei provare a escogitare inganni portando fiori che profumano perenni, oppure Pulcinella all'istante diventare per porgerti a mille sorrisi e capriole. Potrei interpretare una canzone folle, far levitare il corpo all'improvviso, sommare all'assoluto zero l'infinito, giocare al gioco che non so giocare. Ma é meglio che mi metta nel cantuccio, che scorti al confine il tuo dolore e ti costringa ad alzare gli occhi che rideranno alla nuova luna. * Anno di stesura 2008 Tratta da "Appena finirà di piovere" (Global Press Italia - 06/2010) Malinconie * La luce consistente della sera rinvia la dolce mia malinconia che come preda in vista della fiera non vede l'ora di guadagnar la tana. Quando quest'altra lunga notte ore sottrarrà all'imperfetta vita e l'ultimo respiro del liso giorno rimbomberà nei silenzi della terra, io mi ritroverò di nuovo detenuto dentro un tempio resistente al tempo, il cui sagrato dei venerabili ricordi mi ostenterà quadranti 'sì pregiati da non dover mai esser calpestati ma sol guardati dal limitar dei bordi, ispezionati in ogni singolare punto per essere ammirati ad uno ad uno. Sarà l'ora di nostalgie inamovibili che del sonno non si cureranno, che in sacro corteo avanzeranno per reclamare un tuffo mio all'indietro. Allora, poeta dovrò esser io al solo scopo di sapermi raccontare l'andata all'oggi e il ritorno a ieri. Sì, poeta dovrò essere io… A giocare con gli azzurri del cielo E onda dopo onda, quando leggerai questo messaggio forse sarò ancora in preda ai sogni e ti vedrò sdraiata su una nuvola a giocare con gli azzurri del cielo. Mi basterà questo per cogliere a volo almeno la coda di quella serenità che inseguivamo tra la casa e il mare per fare un giro attorno alla vita, madre mia! L'amore lo nascosi Aveva il profumo delle rose e lo colsi soltanto per un'ora. L'amore lo nascosi nei meandri d'un egoismo che facile mi vinse. Ed anche quel sorriso spalancato lo vidi solo come correità. Il mare racconta Se non sei me, non puoi immaginare l'assenza di paure in piena notte, sia essa ghiaccio figlio dell'inverno o soffocante in opprimente agosto. Ho visto stelle correre al riparo al sopraggiunger di maligne nubi ed altre, a mo' d'affascinanti donne, spogliarsi d'ogni ultimo brillante. Per tre giorni ed anche per tre notti a Santiago ho fatto compagnia mentre adescando il fiero nostro marlin pescava invero l'estremo suo coraggio. Bonacce è vero che ne ho mandate ma il mio vecchio mai ha più saputo di quanto ancora sono amareggiato per le tempeste che non gli ho evitato. Se mai qualcuno ti dovesse dire che solo d'acqua sarei fatto io, non annuire e sii anzi tentato di venire a vedere la mia anima. * Anno di stesura 2011 Alba antica Sul mare del passato di un poeta tuttor si pavoneggia l'alba antica che lui non vede eppur morta non crede. Il bel ricordo avanza verso l'oggi e la sostanza appena ne scalfisce com'onda bassa ch'a baciar lo scoglio residui d'erba bruca al suo passaggio lasciando eretta la falesia, esposta al sole, al vento e del cielo all'acqua. Mirabil vista viene offerta agli occhi nel mentre monta ingenua onnipotenza per quel serbar, del catenaccio in atto, la chiave ch'apra la sala dei miraggi rivolta a Sud con la finestra al sole e giù, al mar, salsedine impazzita. L'ancor dormiente e provocante specchio al Nostro va, protetto dalla sorte nella porzion di tempo ad intervallo tra il cobalto e la nascente aurora e calmo il miracolo s'avvera al primo raggio sopra l'orizzonte. E nastri e nastri incidono la luce sul blu ch'adesso vuol chiamarsi azzurro, azzurro pria che il cielo se n'avveda. Schiarito appar metà dell'universo a mo' di quando dopo il lungo inverno i primi verdi muovono la zolla prendendo posto ov'era solo brina con il silenzio a fare da interregno nel freddo assolo regalato al vento. Fantasma destinato negli abissi, solitudo, che scoglio or abbandona, sfibrata defluisce verso il largo e lascia spazio a piedi di fanciullo dacché le orme su quel ner lui vuole calcare ancora come pria ha fatto. * Pubblicata sul Mensile IL SAGGIO 12/2017 Ed io rinacqui Ho visto, in un'alba su misura, un mare dai colori inusuali proteggermi dal crescere dei dubbi nel mentre, fiero, il sole s'accendeva. Il ner di quella notte si scansò ed io, non più sua preda, rinacqui. 12/01/2017 Ecco perché Così distante è quel chiaro giardino dove la forma scioglie il suo colore e solo il cuore resta inalterato agli occhi di chi ne ha l'accesso? Lungo i sentieri impervi della vita, suole più volte ho consumato a iosa per colpa di una voce ripetuta che alla sostanza sempre m'invitava. Non sarai degno di guardare altro se prima, dentro, non avrai visto te. O… viceversa? Ecco perché devo crescere ancora! * 2010 Un bacio dopo l'altro ed altro ancora. Com'era bello attendere la notte raccolti nell'abbraccio della sera col mar che manteneva la promessa di non distrarci quando andava in scena un bacio dopo l'altro ed altro ancora. Com'era mite l'aria della baia cromata dai riflessi della luna col vento corso dietro la collina a starsene lontano dall'alcova per non alzare sabbia sulla duna. Per noi fu alba prima che sorgesse. * Anno di stesura 2015 Leggiadre fantasie Par non aver confini, quell'amore. il mare lo ricolma di colori Il cielo lo protegge dagli insulti, la terra lo accoglie in ogni dove, il fuoco non lo brucia, sol lo scalda. Leggiadre fantasie… mentre l'onda schiaffeggia da par suo questo scoglio. Il coraggio di sperare * Sdraiati oggi sul fondale del riparo, io sono certo e so di non sbagliare che da qualche parte, forse in noi stessi, troveremo il coraggio di sperare. A quanti negli anni ci hanno ripetuto che il futuro è figlio unico del fato, a tutti quelli che erano convinti di affidare ogni responso al tempo, a muso duro noi replicheremo che il futuro è un figlio in gestazione: - di padre : la vita che la vita plasma. - di madre : i sogni che non hanno fine. * (2009)
Equilibri Si avviano lungo un sentiero fiorito questi giorni di cessata solitudine. S'accosta un'allettante ombra che, pur ombra, come sole brilla. Il passo mio solerte lei accompagna e mi precede a volte nel cammino. Altre volte, carezzevole, alla mia si fonde così che una, una sola, diventino le due, saldate da speranze verso quel destino che pare voglia scrivere pagine di rose. Alle spalle, questa stessa vita in cui di me tutto ho donato. Da qui ha inizio la fase d'equilibrio, ora che do ed in egual misura ho quel certo amore che del respiro fa prova provata del vivere in ardore. Rimani al mio fianco Sei qui finalmente, sei proprio vera. Il viso ti tocco, gli occhi e le mani. Il velo sollevo dai tuoi colori immaginati tra mille sospiri. Adesso non devi aver fretta. Che cielo quaggiù sta per arrivare! Le tenebre presto divengono ombre ed ombre i perimetri cedono al sole. Dammi aiuto a raccogliere gioia, tutta la gioia negli anni inseguita. Fammi un sorriso scolpito nel cuore e giravolte affinché mi diverta. E se anche di te io fossi stracolmo, non provar mai a girarmi le spalle. Non devi aprire le maglie del tempo e rimani al mio fianco, felicità! Anno di stesura - 2010 Preludio d'alba Nel pieno d'una notte senza tempo dov'anche il vento, prono, par temerla aspetto l'aurora, la migliore. Paura d'esser troppo sol m'invade e non v'è sonno in vena d'aiutare questi miei occhi rintanati e stanchi. La voglia di trovar sicuro approdo mi spinge nel perimetro del cuore ma non mi basta, punto dritto al fulcro. Per isolar ricordi da afferrare, dolori e gioie sono in bella vista storditi dal passar lesto del tempo. Incantevole, una luce appare e del buio la coerenza infrange fermando accanto a me la bella corsa. Rimbocca la coperta, mia madre. Carezza ch'ogni mio timor annulla lampeggia per diradare il nero. Preludio d'alba ancora mi sorride. Son felice d'esser come sono Son felice d'esser come sono, niente sforzi per apparire meglio. A volte, se mi ascolto bene bene, in un istante fermo questo tempo. Osservo quindi la mia effige stampata a mo' di bella figurina e non essendo stato un calciatore la includo in ben altra collezione. E' quella, antica, degli aspiranti re che non avendo regni ai piedi indossano lo stesso la corona proclamandosi degni della vita. (2008) Percezione Al primo piovere, olierò snodi di presenza. Al primo raggio di sole, su percepito asse li stenderò! L'ampolla Non devi aver paura, amore mio, se alla tua bellezza sottrarrò un respiro, solamente un respiro, un colore che a caso sceglierò, un odore, il primo che emanerai. Con attenzione poi li verserò in un' ampolla di pregiato vetro che io chiamerò meraviglia. No, non resterà ad ammuffire nello scaffale dei ricordi belli giacché la porterò per sempre in ogni luogo e in ogni istante. Vorrò vederla destreggiarsi sopra le onde calme del mare oppure nelle fortunate aurore mentre rugiada scorre alle pareti. La userò come nuova clessidra nelle ore in cui tu mi mancherai e aspetterò il volgere del tempo con tracce d'amor che non muore. 2008 Di luna e stelle Resisterà la luce di questi giorni, anche di quelli che non sento miei, dei mezzodì che versano il nettare di un sole giallo, giallo come il sole che da bimbo m'agitavo a disegnare, raggi ed occhi a risaltar sui fogli. Resisterà il via vai di questa vita che ogni volta è un po' diversa tra casa, auto, ufficio e strada, in mezzo due tre caffè ristretti, un tramezzino quando mi va male o due spaghetti nel miglior dei casi. Poi viene sera ed io mi riconosco, doccia d'affetto e qualche fischio, due chiacchiere con chi mi ama la cena spicciola con chi amo, telegiornale su questo o quel canale, sguardi e parole con loro a me vicini. Poi viene notte e un po' mi sveglio. Specie d'estate e con la buona sorte, di luna e stelle non so fare a meno e non per becero abbandono ma sol perché con quelle lì il dì mi dura. E anche la vita. (2009) Le nostre anime Calde nell'amore che le nutre, pronte alla fusione dei cuori, leste a percepir benessere, immacolate in ingenuo offrirsi, le nostre anime! Quando incontran di bellezza l'effige che l'amor consacra, diventano corpo incandescente ancor prima che si aneli il tatto, le nostre anime! Poesia pubblicata sul mensile "Il Saggio" 03/2011 Cercava occhi inclini al sogno E temo la vendetta della luna che prima o poi d'incuria sarà stanca. Apparire da umile vedetta non era certo veste immaginata. Cercava occhi inclini al sogno e voci pronte da ascoltare. Per altre vie transita distratto dell'anima il celere conforto. Svolazzano malinconie sopite 10/04/2016 Il tagliando Secerne un succo di prigionia - acido - questo silenzio dentro me. Immerso in schiume di vita, una volta mi parlavo più spesso senza guardar dalla finestra il fuori. Non ascoltavo i sospiri dei vecchi o gli schiamazzi di chi pensava che i vecchi non esistevano. Dovrei rivisitarmi con cura, spazzolare i persistenti dubbi, ripianare zolle mai coltivate, accendere luci nascoste. E guardar dalla finestra il fuori, ascoltare i sospiri dei vecchi o gli schiamazzi di chi pensa che i vecchi non esistono. Oggi mi dimentica Mi sfugge, silenzioso e discreto, nell'ora di massima gioia alle prese con il distillare grumi di stella che ho tra le mani. Mi invidia, é quasi estasiato da 'sì tanto eccellente colore che invade il mio viso e la vita allorquando ho un battito d'ali. E tuttavia lui s'allontana dubbioso al pensiero di presto tornare per riprendermi tra le sue braccia e vedere di me cosa fare. Oggi mi dimentica, il futuro. 2010 I versi più belli Uscito indenne dall'oscuro lago nel quale quella volta entrai, quell'unica volta che alla vita io non ho creduto, su lastra di cielo inciderei all'istante un po' di mio sereno ritrovato. Ma i versi più belli, i migliori, i soli di cui mi sento capace, sono sempre quelli scolpiti nel cuore. 27/05/2011 D'amore e sogno D'amore e sogno immaginai la vita immerso nel crepuscolo che fossi o consenziente prigioniero d'albe nell'ora sola che il tempo non si conta. Fu colpa dei leggiadri batter d'ali che rasentavano lo specchio d'acqua dove furtivo piano m'immergevo per il timore d'inopportun rumore. Plasmai i miei anni nell'idea del bello convinto di trovarlo anche addosso a chi affidavo quel prezioso scrigno lasciando bene aperto il chiavistello. Come ho già scritto in altra poesia, davvero non si cresce mai se fosse vera quella vecchia tesi che il sentire pone sempre al centro. 2011 Quasi stato di grazia Soltanto una tra nuvole erranti, di seta s'abbigliava il tramonto, di silenzi, e merletti a firma di rondini. Prima di entrar lei sulla scena, impaziente, la luna aspettava il dolce virar dal giorno alla sera. Ed era tutto mio, solo mio, il mare. Ottobre 2015 L'ultima rosa Lo spazio attorno si riduce in fretta. La minaccia del destino adesso è di divenire presto algido cielo che pianta le frontiere sulle ossa. I giorni intanto corrono veloci… non c'è tempo per fermare il tempo, per sghiacciarlo nell'attimo finale che stabilisce la resa dei conti. Non più movenze blu nei letti sfatti da gremire con carezze audaci che pensavamo fossero capaci d'annullare i dubbi sul futuro. Quest'ultima rosa è sempre rossa, protetta dalle mie mani stanche, ed io non voglio ch'essa ti giunga a profumare gli orli dell'altare. Quando, timorosa, lei sarà con te non appassisca tra le tue dita scarne. Parlale, con i linguaggi che vorrai ma…parlale! (1979) Mi basta il sereno I cieli si scoloran come gote d'un bimbo preda della febbre alta. La luce del mattino non s'accende, la notte avrà inibito l'alba. Non sento il respiro delle onde, il mare non sbadiglia né si sveglia. Che strana primavera sto vivendo? È colpa dei silenzi, qui dentro me, di quel non far rumor per non distrarsi nell'arduo ricercare il varco di là dal qual planare sul sicuro o, almen, sul meno incerto. D'una Medusa della felicità, se fosse, non guarderei il volto per non restar da lei pietrificato. Mi basta il sereno ma... riproverò a ispezionare l'antro. 13/01/2016 I ricordi non più emergenti Di notte, quando il sonno non mi vince, mi immergo nel tempo agognato, mi ritrovo su strade che conosco. Cammino verso angoli di mare su sassi però molto deformati. Ai bordi i cespugli sono macchie, le vecchie case ruderi sgraziati e gli alberi imperfetti, imprecisi. Arrivo nella baia preferita ed ingannevole m'appar la vista. Non azzurra è l'acqua, insensata. M'inerpico su per la scogliera e scivolo negli abissi dei silenzi. Trenini rotti, rami denudati, malinconiche giostre senza luci, risacche dissonanti, lune spente sono i ricordi non più emergenti. 22/01/2016 Emerge Intanto che il sole va a dormire, d'amaranto il cielo lui colora togliendo al mar la prima scena. Vibrazione è il silenzio dentro or che fissa l'acqua, il pescatore. E le parla, oggi, al fine di distrarla. Nessun fragore, ferma la reclama, muta come la voce della sera mentre il volto dell'amore emerge. 28/06/2011 Uno diventa il respiro d'ognuno Tra le mie braccia sorride, l'amore. I mali castiga di questo andare verso l'indecifrabile futuro lungo le strade senza più aiuole. Uno diventa il respiro d'ognuno. Salda è la voglia di stringere tutto, anche i colori che non incantano per poi indurli a virare in un blu. La vita si denuda di zavorre pur di adagiarsi sull'ala del volo. E s'apre del tutto, il sipario, sulla scena della non commedia. Anzi Cercherò quel tracciato di futuro narrato nelle fiabe della sera da una deliziosa voce amica, anzi di madre. Ricordo del sentier fiori di pesco il lento rosseggiar di melograni, roseti uno dopo l'altro accesi e le luci, chissà di quale sole, trapassare i cuor di verdi foglie. Poi è stato un po' tutto diverso. A modo suo generoso, il fato, anzi il caso, ha spinto a farmi dire sono vivo, anzi respiro, nel vicolo che l'alba non conosce tra incolori sassi e fiori finti. Cercherò, anzi troverò quel tracciato di futuro. 12/01/2016 Il vento che non ho amato mai Spogliò la notte, l'aria molto tersa ed il vento mi fu amico caro. Spazzò via ben oltre la collina pensieri e ricordi non graditi cedendo al cuor antalgica frescura e alla mente nuova fantasia. Raggiunsi il mare come fossi nuovo, argento vidi sparso sullo specchio, sonata di risacca ascoltai per poi dispormi al fianco di una barca. Il vento che non ho amato mai in quella notte fu amico caro. * 11/01/2016 Quella Cometa Ed ecco che ritorna il Natale, sembianze d'antico pastore, ingenuo saggio in cammino sul tragitto segnato dal Cielo tra boschi sempre meno verdi, foreste sempre meno folte, praterie senza l'eco dei galoppi, paesi e città indifferenti. Il cuore e la ragione sono in lotta, titani in cerca di supremazia mentre sul desco opulento si riflette una luce senza senso. Sarà forse d'un albero allestito per arredare una parete ignuda o d'un presepe usa e getta con la carta stagnola per il lago. L'amore però prende forma tra briciole gialle già di scarto, tra sguardi d'anime smarrite nel vasto dedalo dei finti specchi. Per colui che ancora guarda in alto qualcuno disegna un nastro di luce: stella tra stelle, coincidenze astrali o "quella" Cometa che insiste? 24/12/2015 Quando nel cielo non v'è una stella Seppur da sempre amo la vita con tutto quanto ne consegue, vorrei poter morir le volte che le spalle gira a un mio richiamo. Accade solo in quei momenti, quando nel cielo non v'è una stella, quando nel mare l'azzurro si dilegua e dentro, dentro, dentro me si smorza, la voglia, e poi… affonda! 2010 Sul confine tra sogno e realtà In precario equilibrio da sempre sul confine tra sogno e realtà, mi ostino a non staccarmi del tutto dall'arida terra da coltivare. Di sicuro è per questa ragione che vado cercando speranza migliore quella che qui impossibil si crede solo perché non ne siamo capaci . 01/05/2014 Per una volta Per una volta, o notte lunga e mia, non ti dirò di vita andata a schegge. Un po' come fai tu prima dell'alba, ti parlerò dei giorni che verranno. Al muto tuo cospetto condurrò drappelli d'ore d'una forza nuova che mi vedranno spero sorridente dentro i misteri del dedalo affidato. In anse di futuro sempre atteso, mi sposterò come l'eterno ago fa dentro l'antica bussola del tempo e poi mi bloccherò, indicazione Est. Porta, o notte mia, miraggi alla tua chiara luna e ordina che vengan conservati per esser controllati al mio bisogno. Miraggi? O sassi, a scorticare i pugni? (27 Maggio 2009) Oltre confine Quando la nebbia indugerà a lungo con la pretesa di coprirmi gli occhi e farmi diventare quercia persa, - no - non perderò il mio orizzonte! Innalzerò la chioma oltre confine, in quell'approdo che il cuore cerca, - là - dove ogni sereno si compiace di riveder qualcuno che lo guardi. 2010 Nebbie Fragile come amore incompreso, guardai in alto per scovare le tracce d'un sole inviperito. Il cielo vomitava nebbia e tutto era niente e niente era tutto, senza contorni. Rallentai il passo per farmi colpire dalle incoraggianti luci di una vetrina ma vidi manichini anch'essi disorientati. Allungai il passo nella direzione del cuore e lungo il sentiero staccai rami di solitudine da bruciare nel primo falò che speravo d'incontrare. Doveva esser meriggio inoltrato quando a malapena scorsi casa mia. Fino a notte fonda rilessi il meglio di Proust. In quella recherche mi addormentai sereno sicuro di condividere col primo sole dell'alba il mio e suo disagio d'un giorno no. 29/11/2015 A volte A volte non ho parole adatte per cantare bellezze assaporate lungo gli anni o pene ingoiate lungo gli anni e sono privo d'ogni giusta nota per replicare suoni già sentiti. Poesie, canzoni e racconti latenti se ne stanno in disparte nel pudore di non manifestare emozioni che andrebbero invece incise per marcare il mio tempo. Anno di stesura 2014 L'attesa di un soffio S'appena appena fossi meno triste, scorgerei le stelle più lontane, le stesse che guardavo da bambino per credere nel bel dell'universo. Silenzio d'altro tono adesso regna. S'annida tra le pieghe d'ali vecchie, le snerva fino quasi a frantumarle per evitar che il volo io riprenda. Basterebbe la brezza d'altri tempi ma non l'avverto sulla pelle dura. Le guance offerte ad aria meno sporca, aspetterò un soffio che mi scuota. 10/11/2015 In attesa dell'onda Solitario spera nella bassa marea per sopravvivere al destino ancora un po'. Luna disponga suoi flussi benigni perché acqua si cheti ancora a lungo. Metti che… Metti che Luna, al forte mio bisogno, rispondere non possa come sempre, magari accampando ogni scusa legata alla comparsa delle nubi; metti che Stelle siano distratte, indaffarate con chi mi precede, e bianca luce in questa direzione più non arrivi in usual bagliore; metti che la fretta di trovare pace pressante sia proprio in quell'istante, ingenuo tempo a cui affidare un dolce resto di malinconia, tu pensi che mi basterebbe il Mare, che pur da me è assai distante, intendo quello che marea muove al primo accenno ai teneri ricordi? 2008 Intenzioni Protetto dai colori di quest'alba e dai silenzi suoi da ascoltare, esplorerò il cuore alla ricerca d'un angolo scavato nel sereno per alloggiarvi pene e delusioni e darmi tutto al sole del mattino. 24/10/2015 Tesoriere e testimone Del bene conquistato nel passato son fiero ed accorto tesoriere, dei fuochi d'artifici e dei volteggi che occhi lucidi hanno guardato nei cambi scena dentro quel teatro eletto a vita da chi mi ha amato. Dell'oggi e anche del domani, invece, son testimone chiave ed un po' fesso, armato fino ai denti della voglia di rivedere e mescolar gli eventi per poi infine farne una miscela e chiedermi s'avrò davver vissuto. 14/07/2011 Fili recisi Il cuore non ascolta la ragione e, come un bambino, s'allontana da chi taglia un filo d'aquilone. 05/05/2014 Universo blu Chissà come faranno, le scie di alcune stelle, a disegnare forme d'eterno! Le vedo, quando son felice, e allora quello è il momento in cui tutto mi affido al Cielo. (Selezionata al Concorso Letterario "I pensieri della buonanotte". - Antologia Associazione Culturale Pragmata.- Pubblicazione 12/2009) (2008)
Il proprio nome incise Sull'azzurro che mai più egli rivide, tra'l batter d'ali di un gabbiano brillo e di una barca il verdastro legno, affascinato, il proprio nome incise. Follia estrema d'un amore certo o forse l'illusione di sentirsi amalgamato come l'acqua al sale. Spiegare adesso non ha senso alcuno. Ha senso quell'eterna convinzione d'amarlo incessantemente, il mare. 30/09/2015 Albe (Hayku) albe non viste il silenzio dà voce magie perse Tra queste prime stille di settembre Non ho paura. Il sole esiste ancora esattamente come la mia vita che sembra eclissarsi per un po'. Malinconiche nenie d'autunno qui, a tentare di sequestrare sorrisi a danno di chi si crede immune. Tra queste prime stille di settembre, di qua dall'umettato davanzale, rivedo mescolate nostalgie. 21/09/2012 Autunno È come se perdesse vigore - il sole - che insiste a voler entrare tra rami spogli e chiome ingiallite. Rimane però nell'aria il tepore, quel tenue tocco di verde eccedente che mi accompagna, - quando ne ho voglia - ad essere suddito di primavere. È solo autunno la foglia che cade, malinconia del tempo e del cuore. Di astri o sorrisi, nessuna eclissi! * Anno di stesura 2010 Il profilo del tempo Dall'angolo del mio esistere guardai il profilo del tempo. Linea di gota frastagliata come disagevole scogliera, nessun accenno d'un sorriso e nera palpebra increspata. Ebbi paura e chinando gli occhi scansai d'intorno ruvidi cuscini per andar di corsa, ad aprire il cassetto della mera salvezza. Giocai con la locomotiva di legno e passai i trentasei colori sulla vergine tela ammuffita. Alzando lo sguardo vidi tracce di sole. Quale poesia? Che forza quando l'anima disloco lungo i reconditi sentieri immensi di cielo, terra, mare e anche di me! Oppure è lei a far, del corpo, piuma? Cielo Trapasso il prisma del segreto cielo, di qua e di là le stelle col moschetto a preservare me, viaggiatore alla ricerca dei pianeti nuovi. Parto dal sole che mi dà in regalo un largo nastro dei potenti raggi e sembro proprio quel gabbiano la prima volta visto da bambino. Terra Guadagno il ventre dell'antico bosco ed il percorso mi è facilitato dal rasoterra di viole nane che petali spalancano al passaggio. Nel verde è l'eco di languide voci, di musiche dai prìncipi donate a more e bionde da innamorare prima e di più di magici castelli. Mare Son capitano del vascello azzurro che scansa i neri scogli sotto prua per arrivare all'isola deserta sui giochi d'acqua e i coralli rossi. A riva pianterò sicura tenda da cui uscire di mattina presto per controllare l'ancora e lo scafo e, poi, andare a caccia del tesoro. Me Io entro col più garbato intento nel corridoio che mi porta al cuore per far la prova delle cento chiavi fino a trovar la stanza degli specchi. Tra quei riflessi, i più argentini, solo l'amore intendo io scovare per misurarmi dopo con la Terra nel riproporlo, se si può, ad arte *** Siano benedette di Erato le labbra mentre mi lagno della scarsa vena di belli inchiostri sulla scrivania assai incapaci di registrar parola. La mia poesia, la migliore, è solo quella che non scrivo mai, trattenuta nel cavo della gola per esser bisbigliata e non stesa. * Anno di stesura 2009 Mensile Il Saggio 02/2011 Mentre l'afa della notte scemava Nel cielo d'un agosto infuocato ho visto, molto netta, una stella incastonata in un nastro di luce predato al respiro della luna. Distanza che abissale non era mentre l'afa della notte scemava. 2013 Di lunga luce l'estate si colora Di lunga luce l'estate si colora quando gli azzurri fanno a gara per dispiegare senza alcun compenso la vera mappa che ci fa felici. Non v'è bisogno di intestardirsi nella ricerca degli amori nuovi. Basta sdraiarsi sulla pietra a riva ed aspettar dal cielo un cenno che impartito gli verrà dal sole. Si correrà ad abbracciare il mare per farci raccontare antiche fiabe. Lui ci dirà del come innamorarsi. 07/07/2011 Io come te Amando lambire spiagge annoiate, bagnando le pietre nere più dure o ténere sabbie beige e aderenti, io come te mi rivelo nel mondo. Son calmi gl'inquieti mille tremori dentro i mattini dei freschi respiri per poi provocare tutti i fondali di modo che infiammino onde assassine. D'aria, di cielo, di pioggia pulita, io come te mi fodero d'acqua, di vetri e cristalli buoni a specchiare mutar della luna addosso alla pelle. Mi va di farmi ascoltare non solo da chi accompagna questo mio andare, da chi fa da scorta al mio divenire; non solo da chi parimenti ti ama, ma anche dal sordo che sordido sbircia fragori di onde e rumori di cuori e sordo alla fine rimane, lo stolto, assorto e poi morto in mille congiure. Io come te, mai mare indecente, intendo schiarire omuncoli oscuri, coloro che gridano l'odio e la fine. Ma solo una cosa vedo mi manca: l'azzurro che io non ti so rubare. Anno di stesura 2009 Disinganno Miravo a stelle per rubarne luce con cui inondar l'anima e il cuore ma si spegnean al mio primo sguardo. Chiedevo al sonno mare e solo mare per ripartire dai miglior fondali e l'alba mi svegliava tra le antenne. Cadean versi su foglio immacolato, frantumi al tocco della bianca carta, racconti persi in un intenso affanno. Il sogno che s'avvera non esiste se non per chi, poeta fino in fondo, s'aggrega lesto al volo del miraggio. 14/07/2015 Sognare così Raggiungere il cielo e non fermarsi, toccarlo per carpirne il mistero e poi trapassare il suo azzurro sdraiandosi ai pie' dell'infinito. Sognare così mi farebbe grande con l'anima del bimbo che son stato. Mi darebbe la forza di lottare in questo cerchio di mere certezze. Intanto che, monotona, la terra rigira come trottola impazzita lassù tutto si espande senza sosta e nuovo si propone il salotto dal quale puntare l'enne stella aggiunta. 19 Marzo 2015 La pioggia mi parlò In quel meriggio e fino a tarda sera, la pioggia mi parlò continuamente. Abbandonato sul divano ocra, guardai nei vetri la danza delle gocce e mi sorpresi d'esserne allietato. Da lì a poco divenne tutto un busso quasi che l'acqua volesse entrare in casa. Doveva forse sussurrarmi altro, qualcosa che destasse l'indolenza, Pensai che in fondo non s'è mai soli, che basta un tuono a stuzzicare il cielo per assieparsi nelle alcove antiche pronti ad offrire voli al nuovo sole. La notte poi fermò l'introspezione distribuendo stelle a più non posso, e, sulla scena la luna ingannatrice, ricaddi sul sofà dei miei silenzi prigioniero di malinconie nemiche. Anno di stesura 2015 Sera d'aprile La mia sera d'aprile indulgente ha destato un prezioso ricordo. Mi terrà compagnia nell'attesa di girare la chiave di un sogno. E poi val bene il dormire, avvolto nel canto della notte galeotta non prima d' aver visto una stella. 21 Aprile 2015 Un angolo di mare Ben conosco un angolo di mare, non distante dal mio sentire, salvaguardato tra le strette maglie di quei ricordi a me più cari. Non vi regna silenzio né frastuono. L'onda scandisce ogni tempo, tratteggia il baricentro del cuore, rompe d'anima il letargo e, tutta, alla bellezza si consegna. 18 Gennaio 2014 È da tempo In mano le ore, attendo il ritorno dell'eco lontana, contro lo scoglio il fragore dell'onda nel cuore perfetto di una canzone. È da tempo che il tempo issa le vele. Sfiorano… toccano… il cielo col vento a favore, prostituito perché di bonaccia lo show non ci sia. Persiste l'attesa, mentre il mare fa di tutto perché io, almeno, non pianga. - 2011 La bolla Il cuore raccontava altre storie, squillante era la sua voce d'allora. Ascoltavo le fiabe del futuro scartando gli orchi dalle fitte trame così che ogni cielo fosse azzurro, così che ogni mare fosse calmo. Quei sogni trattenuti in una bolla rendevano migliore anche la terra e ora, dopo aver sempre preteso un sole perennemente a picco, la bolla scoppia e con essa i sogni. Avrei dovuto a lungo soffermarmi sui tramonti detestabili, quando il ventre di burrasca dà le carte. Roma , 29 Dicembre 2013 Solitudini Quand'é che tornerà la bella estate? Il blu sta ormai precipitando sul giallo ocra dell'autunno intorno. Appena giù, l'eremo lo inghiottirà e lo confonderà tra le speranze che su di lui avevo mal riposto. Intanto mi circondano i fantasmi, bautte nere che s'aggrapperanno per essere trainate fino al limbo. Mi chiedo dov'è finita la gente, quali parole è ora ad ascoltare così diverse da codesto canto. Mi faccio un po' di buona compagnia guardando una locomotiva vecchia, portando al naso una rosa finta. Bramerei sorridere alla vita, donarle il gusto che le ho sottratto ma... vedo marciare solitudini. Anno di stesura 2006 Mi salvi il bello Mi salvi il bello dal pantano ove già s'affonda, dal non rispondere al sorriso di bimbo d'Africa dimenticato. Venga un tramonto un po' diverso, così speciale da catturare occhi a miliardi e rieducarli al gusto dei colori. E giunga un'alba per una volta schiamazzante, capace di svegliar gli indifferenti e dare avvio al primo vero giorno. Mi salvi il bello dai disarmonici disegni fatti, dai miasmi del fumo delle bombe e dell'altro, ancor più denso, del non uomo. Anno di stesura 2011 Ho con me il silenzio Barcollo in un cielo troppo grande, mi abbasso dietro nuvole amorfe private di contorni rosseggianti. Questo mio tramonto mi opprime. Ho con me il silenzio ma non basta. La notte nasconderà sofferenze magari vincendomi nel sonno. Tra poche ore uscirò dal suo ventre per poi sfidare quel cielo troppo grande e non saperlo come navigare. Questa mia alba non si colora. Ho con me il silenzio ma non basta. 03/05/2014 Io che amo l'alba così tanto Io che amo l'alba così tanto e come fata sempre attendo, davvero questa volta non la cerco. È notte da salvare tutta con ombre che non fanno alcun rumore e calma per l'introspezione. L'ingenuità il cuor presto sgroviglia. È tempo di guardarmi dentro per cogliere frammenti di bellezza. È notte di ricordi vivi con mille gote da toccar con mano, sorrisi per fermare l'ora. Stesura del 16/04/2013 Mi torna dentro Di rosso questo cielo si colora, immenso manto di stelle d'argento piegato nell'abbraccio alla terra. Imperfetto, il cerchio è dischiuso. Fa freddo, è inverno che resiste e spalti vuoti cuciono la notte. In scena va la vita ed è la mia e vanno i miei passi misurati. Ad ogni mossa c'è di che pensare. Ma…vedo un bambino curioso, mi contempla col cuore quasi in gola, s'attende certo qualche acrobazia. Mi accosto, lo conosco molto bene. Regala al tempo angoli di mare e quei due occhi che parlano di me. Innocente bellezza ora m'invade, anticipo d'intensa primavera nei giorni dei durevoli silenzi. Stesura Marzo 2014 Poi, un bel giorno, scopriamo l'amore Poi, un bel giorno, scopriamo l'amore. Respiro affannato e gambe un po' stanche, la sosta ci invita a guardarci dentro. Mani, di pelle vestite e senz'oro, si librano in cielo essenza cercando. Che fa quel bambino dietro il suo cane? Chissà come mai su quella vetrina sfinito s'infrange un raggio di sole ed ivi esso indugia e quasi maltratta il volto imbiancato di un manichino! Anno di stesura 2010 É così É così, dopo averti raccontato il mare, che finalmente ti vorrei vedere, danzare libera su diafana acqua, nella bellezza specchiare bellezza mentre ne colgo il fresco respiro. Fosse in tal modo, non mi curerei di cieli avversi che in lontananza tentassero ad arte di adescarmi in un vortice di arcani contrasti. Roma, 01/03/2011 Non so quando tornerà la brezza Di vento improvviso l'aria si confonde e danza inviperita è il moto delle foglie ancora con occhi che guardano rami. Fa male questo vivere in quel mezzo specie quando sono in cerca di serenità, di calma regolata tra le pieghe del normale. Non so quando tornerà la brezza, quella che dolce viaggia sulle mie gote, la stessa che del sole è capace di fare le veci. Nella stanza degli abusi dei pensieri sminuzzo l'attesa tra un Tex, un caffè e una sbirciata là, fuori, dove intanto vola la vita che non amo. 12/09/2014 La penna trema Canterò primavere compiacenti, fioriture di pesco senza pecche e mari ben disposti a darmi quiete. Cos'altro può venire in soccorso se non quei primi sogni di bambino? Scriverò di colori verdazzurro, di scogliere sbaciucchiate dal sole, di dolci sguardi a lume di candela. La penna trema, dura è l'impresa. Il cuor però resiste, detta lemmi. Scriverò di sorrisi deliziosi, d'amore che giammai va disperso, di Dio quando la bellezza cerchi. La penna trema, dura è l'impresa. il cuor però resiste, detta lemmi. 6 Settembre 2014 Renoir in sogno Il vento per fortuna s'è placato, il prato or si pettina di nuovo, il salice è piangente per sua scelta, il mare fa le prove di bonaccia. Detesto il mutar della bellezza da quando in sogno vidi un Renoir schiodato, scorniciato, scorticato, ambita preda di un pennello pazzo. Data di stesura 02/09/2014 E chiamo poesia una smania Paura di perdermi nel non detto col rischio di sentirmi vuoto. Sarà per questo che mi illudo e chiamo poesia una smania, la voglia di catturare parole che son da salvare all'istante e all'istante dar limpida voce al canto o al pianto del cuore. 19/05/2014 Verso l'inverno Verso l'inverno la via è lastricata di gobbe e, guarda, il fango già si fa largo. L'aria ancora non è fredda ma copro le spalle per cercare quel tepore che mi fa sentire meglio. Verso l'inverno ordino e raccolgo i miei anni per mantenerli più al sicuro. Forse sarà la paura del buio che prima davvero non conoscevo ingenuo come sono sempre stato. Verso l'inverno proteggo il cuore dalle tempeste e intanto bevo questi ultimi raggi di sole. 25/08/2014 Ed ansie colorai d'intense ingenuità Il tempo si fermò, non so per quanto, e vidi stelle dai contorni netti venirmi incontro e poi disporsi in riva al mare, a semicerchio. Non alba, non tramonto, solo luce versata tutt'intorno a rischiarare il microcosmo dove m'affannavo ormai convinto di non respirare. Guardai dentro di me mentre l'onda andava a mescolarsi in mezzo agli astri, materia, acqua e miraggio in simbiosi a ricordarmi il sogno e la realtà. Tirai un gran sospiro di sollievo ed ansie colorai d'intense ingenuità inabissando i demoni accaniti in quell'azzurro offerto agli occhi. * 16/07/2014 Un fascio di luce Ho visto un fascio di luce cercato in un dedalo nuovo. Intanto che la musica andava, vi danzava una speranza sopra. Passi d'armonia benedetta fino a quando rincasò il buio. Fu di nuovo silenzio già provato ma gli occhi si ridisposero alla mira. 27 Giugno 2014 Quell'ultima onda Con il mare nel cuore torno a casa e vedo ancora quell'ultima onda alzar la cresta quasi pretendesse l'ombra di chi l'aveva vezzeggiata. Sarà, l'azzurro, buona terapia? Di già son preda del futuro incerto e dalle ossa del tempo divelgo bonaccia come conchiglia attecchita allo scoglio. * 07/07/2014 Sottosopra Del vento ormai il tocco non sento, il sole non riesce a scaldarmi, la pioggia non mi bagna come prima. Sottosopra, disordine perfetto. La notte e solo la notte comanda. Ed è allora che vivo mi sento nell'attesa di quell'alba capace di consegnarmi come essa mi vede al lungo giorno che tutto contempla, affanni inclusi che oggi rifiuto. * 02/06/2014 Il fiato di maggio Gradevole, il tocco del tramonto sul fianco spettinato di collina. Pur assillante, il fiato di maggio non ha scalfito l’attesa del rosso. Ed è solo vento, intrepida brezza, questo fruscio che spagina l’aria, dimena le gote e l’ora confonde senza riuscire a minare il cuore. Il tuo essere madre Io ti regalo l’incessante pensiero che, libero, nasce nel prato del tempo e, forte, non muore nel prato del tempo. Coltivo la smania di esserti figlio sperando sempre nei miei non errori. Ti guardo di giorno e ti guardo di notte scovando ogni volta i nuovi colori di quei sorrisi che non ho colto e li conservo nella madia del cuore. Tu mi regali il tuo essere madre nella stagione dell’aria mia verde, nel labirinto dei miei ardui anni, nella frenata verso il declino. Tu mi regali di più! 07/05/2014
E poi chissà se qualche cosa accade Avanzi di felicità sorbita al tavolo d'un bar qui sotto casa tra sguardi, voci, e visi spaventati. Ricordi belli a farmi compagnia in un meriggio d'ansie governato ed ho bisogno di toccar con mano momenti d'una società più quieta. Spaventa questa mia necessità di dissetarmi con i colori antichi ma intanto va questo losco tempo e poi chissà se qualche cosa accade. * 23 Maggio 2014.
Escluso il sogno Ascolto una musica lontana e gli schiamazzi di bambini in festa percorrere la strada della vita facendo sosta alla fontana antica. Il sole a picco brucia ogni cosa escluso il sogno. Le prime sabbie sono violate da orme di futuro da svelare. Salsedine racconta storie vere ancor prima dì espandersi nei pori. E poi… tutto quanto si dilegua escluso il sogno. Chissà com'è, il mare, nel frattempo. * 20 Maggio 2014 Quelle stelle torneranno Le stelle che ricordo più splendenti, le stesse che ammiravo fino all'alba, si son perse, ormai ingoiate da un cielo vorace e non mio. Mondate d'ogni grumo d'affanni, nella notte dell'intimo riscatto torneranno a spezzare quest'attesa di modo ch'io possa rivederle dal mare per sigillarne i riflessi o da questa finestra per godere del viraggio dal nero alla luce ed incidere sogni sul cobalto. * 18 Maggio 2014 La chiamavo futuro La chiamavo futuro quella luce percepita più volte riguardando confini inaccessibili, tracciati all'unisono da mani sapienti, misteri offerti dal mare e dal cielo. Ed era come se quell'infinito, garbato frutto di malinconie, non fosse mai del tutto esistito. 26/04/2014 Poesia impossibile Ho visto in un sogno dei tramonti fluire quieti giorno dopo giorno negli ultimi ripari della terra laddove d'albe non c'è impellenza. E - pure - ho visto albe avvicendarsi, vezzeggiarsi fin quasi al fanatismo negli ultimi ripari della terra laddove tarda il nero delle notti. Poesia impossibile, forse. Ma quanto costa questo non crederci? 06/05/2014 Nel paese di Oramai Le farfalle non volano più. Dure, se ne stanno da un bel po' sugli ultimi fiori ancora resistenti aspettando l'arrivo di fanciulli. Assente è la brezza, c'è poca luce ed il sole che s'intravede appena è stella di cui si sa soltanto l'esistenza. I vicoli sanno di rabbie non espresse del tutto, di silenzi prolungati e di qualche residua preghiera. Odorano di pane raffermo e patate script language=cicciate. Il rumore di un trattore sfasciato scandisce il ripetersi di albe tremule. Il respiro affannato di un ribelle si perde tra le maglie di tramonti veri. 02/05/2014 D’ una canzone immagino l’onda Nei giorni assassini in cui tu mi manchi, d’una canzone immagino l’onda invadere il cuore e, stretta ai miei fianchi, andare a lambire le prime zone di questa imperfetta anima in pena, lontana anni luce dal godimento di quella stasi voluta serena, esente legittima d’accanimenti. Tienimi con te, amore indifeso, dentro le albe che precedi al risveglio, in quei mattini di cielo sconnesso, dentro i tramonti sperati nel meglio. Paura mi assale al solo pensiero di perdere il tutto che mi riempie, di escludere il sogno da un sentiero, accesso alla vita che aspetto si compia. 2001 Con occhi attenti Cammino nelle strade del presente con occhi attenti a non incespicare. La gente non incontra più la gente e non si accorge che il sole splende. Inspiro aria quasi trascurata da chi vivo si sente parchè guarda colori finti sparsi sui banconi delle precarie nuove perfezioni. 09/04/2014 Il cielo capirà Di vento da nord il mare s'abbiglia e questo nuovo azzurro mi confonde. Ancora qualche barca tergiversa, saranno pescatori d'altri tempi. Le sberle d'acqua non fanno del male. Ingobbito, l'orizzonte resiste. Non guardo su, il cielo capirà. * Stesura del 4 Aprile 2014 Il futuro ugualmente ti attende Di polvere la strada è intrisa e non bastano i raggi del sole ad aprire lo sfondo del percorso. Incerto è l'equilibrio attorno. Ci sono zone d'edemi d'opaco, bivacchi, orme di piedi cattivi. Persiste l'eco degli umani vizi. Sarà stato un ambiguo teatro. Il futuro ugualmente ti attende. D'altro sole brucerà il diniego e devi nel frattempo andare avanti schivando odio e stelle morte. 04/02/2014 Se amor non muore Per tutte le stagioni della vita si ripercorre sempre ugual sentiero. Di qua, roseti a dire è primavera, di là, azzurri a replicar l'estate. Alla strettoia, a fine valle e corsa, l'aria si snoda alle prime piogge e dopo un po' si accuccia essa stessa per darti avviso dell'intenso freddo. Se amor non muore, così come si spera, avrai la voglia di inventarti un nome che definisca il tuo mutar del tempo nella stagione in cui nulla trapassa. Non resti che tu tra queste mie mani. Non resti che tu tra queste mie mani. Così, amore, dicevo alla miglior conchiglia dopo avere esplorato un po’ del mio mare, al primo brivido della nascente sera. Ti guardo, ti vedo ora bellezza eletta, con cura ti avvolgo in carta d’amore, ti porto con me fino al centro del cuore e ti custodisco per le ore a venire. Ormai è finita la mia antica ricerca, l’oceano è grande, non fa più per me. Al pari di poche beatitudini mie con chiodi di rose a me ti ho fissata. 2011 Sul mio viso carezze d’infinito E presa la rincorsa, spiccai il volo. Squarciate, sotto me, chiome di querce, terrazzi grigi, lenzuola stese e mani, mani aperte verso il Cielo.
Intanto che il mare salutavo, sul mio viso carezze d’infinito e mille giochi di sole a salvarmi da quella paura di cadere giù.
Ricordo che avevo un’ala ferita. Non stramazzai perché era un sogno.
Mi tocco le spalle, nessuna traccia… Avrei dovuto dormire più a lungo.
Roma, 3 Gennaio 2014 Poesia D’eternità vorrebbero nutrirsi. Emozioni che sgorgano improvvise confondono di vita quell’istante. Impazienti, pretendono parole e vanno in cerca di seguaci onesti, scriventi pronti a divorare lemmi per far di benvenute vibrazioni figure a guisa d’immortal respiro. Poesia, così da noi chiamata, in soccorso d’anime in disuso. 26 Gennaio 2012 Vorrei ma non posso Oh, luna, che continui a guardarmi in questa notte di stelle scolpita, vorrei ma non posso raccontarti dei miei sogni prodigiosi volteggi. Depredato è l’infinito spazio, teatro di scorribande del cuore per credere in un mondo migliore e viverlo poi in dolce simbiosi. 09/02/2014 Pulviscolo Ai margini del cuore or s’addensa pulviscolo d’onirico nutrito, impronte a suscitare rabbia di certi sogni non andati in porto. Rassegnazione al momento vige eppur la luna volto non cambia, le stelle sono inchiodate al cielo, il mare perpetua il suo respiro. Se fosse solo uno scompenso altro non resta che perseverare, donar lo sguardo al prossimo tramonto, entrar nel nucleo d’una nuova alba. E poi bruciarsi al sole sulla sabbia, di corsa spaginar l’arte del dubbio, ricominciare ad afferrare il bello ammesso che ancora esista, intorno. 05/02/2014 I platani non se ne accorsero Mano d'alba talentuosa dipinse nuovissime luci su larghe chiome assonnate di platani assai infreddoliti. Avevano il respiro quieto di chi si aspetta l'abbraccio del sole. Ed era già mattino quando silenzio e fruscio di brezza colmarono da subito i vuoti tra un tronco e l'altro ancora brinosi. Fu, quella, tenera solitudine fino al primo grido d'arrotino. Poi si sentì un gran vocìo di bimbi o forse loro madri, il netto profumo di brioche, il fragore di una saracinesca. I platani non se ne accorsero, calde ormai erano le foglie. 08/06/2013 Sfida E vado incontro al giorno. La notte è stata lunga, più buia d'immeritata cella. Gli occhi mi deplorano, stanchi, ed ora devono guardare avanti. Lo chiede la vita, quella ancora inesplorata, quella stessa vita che ieri intimava oggi intima, domani intimerà di sognare qualcosa, qualunque cosa. Il sole verrà a distrarre inquietudini, brucerà ogni residuo d'amarezza. Ore su ore coleranno l'incerto oblio. Ed ancora andrò incontro alla notte, ennesima sfida dell'esserci. Roma, 26 Gennaio 2014
Dove sbocciava l'aria dell'attesa In fondo ad un viale, giuro, esiste la casa di un amante dell'amore che sempre è fuori, in giro per il mondo a catturar bellezze e farne allori. Un giorno che pioveva a più non posso, il cielo a fare smorfie di disgusto, il vento a primeggiar col freddo, emozionato, andai a trovarlo. Un tetto rosso e quattro muri bianchi, una finestra a levante esposta ed un roseto tutt'attorno, fitto, dove sbocciava l'aria dell'attesa. "Aspetto primavera in riva al mare" così sulla sua porta era scritto. Girai le spalle ed imboccai il sentiero per quell'azzurro ch'addolcisce tutto. 24/01/2014 La sberla Scalando il sentiero del futuro incespico sui sassi acuminati scagliati dal terribile dirupo, reame di misteri e insicurezze. Per quanto mai abbia creduto al fato quand’anche fosse stato più che santo, adesso lo spavento m’infagotta e tremo come un bimbo tutto nudo. Ma c’è un’eco, l’animo è in subbuglio. La sberla della vecchia amica vita sconquassa il viso assai incupito. Non resta che riprendere l’ascesa. Roma, 14 Gennaio 2014 Poeta è Non c’è da vergognarsi per dei versi offerti in buona fede da chiunque, sgorgati come acqua dalla fonte, ostili al dettato della mente. Poeta è (anche) colui che volando non teme di stramazzare al suolo giacché le ali certo non controlla ed ostinato punta verso il sole. Non importa se poi si brucerà, nel cielo ha tracciato una scia. Roma, 8 Gennaio 2014 Un invito speciale T’invito alla festa dei colori in via d’arcobaleno ventisei, di fronte al vecchio salice ridente appena dopo il giocattolaio. Con te devi portar solo te stesso possibilmente d’ansie disseccato giacché saranno ore di rinnovo di quell’ingenuità quasi sfibrata. Sarà un ritorno pur se breve a quattro calci dati ad un pallone, al volo in giostra sull’aereo rosso ad un trenino in perenne giro. Rimischieremo acqua e sapone per fare bolle da spedire in cielo. Faremo nuove corse sulla spiaggia stringendo fili d’aquiloni in mano. Ci tufferemo nell’azzurro mare per setacciare ogni suo fondale sperando di scovare qualche stella con la paura d’una murena nera. Il prezzo da pagare per l’evento sarà la fine dell’evento stesso, rientrare in questo duro tempo ed accettare ogni suo responso. Decidi tu se la sorpresa vale, se di ricordi l’eco può bastare per dare senso a quanto ormai rimane nel grigio andare in qualche direzione. Roma, 5 Gennaio 2014 Versi ribelli Parole in disordine, vaganti sul bianco prima d’essere graffi nei punti più adatti in sincronia con quanto vuole la rabbia dettarle. Mare e luna si mettano da parte! Poesia ribelle, questa, ch’inasprisce e decolora i sogni con versi piegati a condanna d’inopportuno tempo avverso. Roma 02/01/2014 Altra cosa è la felicità Al tempo che rimane affido il senso d’una vita vaga, il sogno mio da scartocciare tra stille pregne di sudore. Toccare un cielo sereno, comprimerlo tra queste mani e sentirne l’odore che fa. Soltanto ciò, non oso di più… Con l'augurio per tutti voi di quella serenità che spero arrivi a braccetto del nuovo anno! Roma, 31 Dicembre 2013 Il mare di dicembre Il mare di dicembre chiede aiuto. Sghignazzanti, la pioggia ed il vento aspettano l’arrivo della nebbia che dell’acqua stravolga i colori. Confuso, intasco l’ultimo azzurro. Roma. 27 Dicembre 2013 Nel cielo dimesso di questo Natale. Creare uno spazio tutto per me nel cielo dimesso di questo Natale. è ciò che farò di là dall’abete, lungi un bel po’ dalle carte argentate, fuori dall’eco delle luci impazzite e delle grida d’osanna al mostrarsi. Tra paglia e silenzi mi confonderò ‘sì da sentire ancor più da vicino il fiato di un bue e di un asinello e scalderò questo cuore perplesso per trovar meglio la forza e il coraggio di chiedere a Lui di darmi una mano per rincontrarmi e guardarmi dentro. Cerco da un po’ l’antico specchio. Se adesso sei nei miei paraggi M'occorre una fata d'altri tempi, vestita color seta della luna bagnata dalla luce dell'amore. Se adesso sei nei miei paraggi, dovrei lo so mutarmi in un bambino, inganno al quale vendermi non voglio. Ti chiedo quindi di guardarmi gli anni, di ricordar gli incontri già vissuti tra i sospiri dei pressanti sogni. Ti parlo, come allor, di desideri che benedetti aiutano a vedere la vita oltre il gelo delle siepi. Ricorderai, guardavo il mare frenando l'assillante tempo e ciglia non battevo per paura di perdermi un istante dell'azzurro. E gli parlavo, principe esordiente, d'altri colori che quasi pretendevo. Se adesso sei nei miei paraggi, accogli il grido ingenuo che ti lancio e fammi riveder quel paradiso. Soltanto riveder, non chiedo altro. Data di stesura 23/11/2013 Esercizio di disegno Contorni non chiari, la mano è incerta, colori non a fuoco, scarseggia l’energia. Questo sole è banale, non nasce né muore. Questo mare deprime, non quieta né devasta Perché? Così mi accade quando la mia grande voglia di sognare viene pietrificata dall’impossibilità a riuscirci. Un suono non odo Consegnando il cielo all'aurora, l'ultima stella controvoglia se ne va. Un suono non odo (non dico un'armonica orchestra) un piccolo clamore, una nota, un respiro a scandire il virare tra resti di tenebre e primi sbadigli del giorno. L'immenso non m'illumina e cerco voci che fendano silenzi. 05/12/2013 Nel cielo, di cielo, al cielo NEL CIELO libero ricordi, riverberi di luci incandescenti, passi discreti nelle ore della notte per chiuder bene le imposte ai figli, quattro fratelli tutti quanti intorno, pesci e salsedine attaccati all'amo, scogliere nude alla mercé del sole, vagoni dietro una locomotiva di legno nero, giallo, rosso e azzurro col muso degno del miglior Pierrot. DI CIELO vesto le speranze, le manne scese nell'età del verde, gli aneliti del divenir migliore mentre correggo i tanti miei errori, le rincorse a sentir di Dio la voce quando altre voci non so ascoltare, i sorrisi persistenti dentro i giorni immaginati eterni per i figli, la speranza di rileggere nel sempre il sunto di una vita spesa bene. AL CIELO do in custodia i sogni, preziosi ossigeni da ingurgitare al palesarsi d'anima che cede, reami d'acqua e terra da salvare in una donna fiera del suo amore, gli abbracci intensi pieni di stupore con la paura che l'istante voli, le simmetrie dei valori veri, pugni e carezze a vita che m'invita a crederle - di più - per non morire. In quei giorni farciti con il crudo, dentro spirali senza via d'uscita, quando il quadrante l'ora mi rallenta e un Arlecchino perde i suoi colori, in un dolce stand-by lassù affido i sogni, le ambizioni e i ricordi, lungi dall'esser poi contaminati dai freddi numeri dell'equazione che linfa somma e tanta ne sottrae a chi vorrebbe solo equa razione. 2010 In quest'ora Pareti imbiancate ad illudermi un po' che al prossimo giro il grigio s'attenui mentre enfasi ancora non trovo per metter da parte tinte e pennelli. In quest'ora di respiri implodenti, d'echi sconnessi dal tocco del tempo, quando anche ritardo portano gli astri, persino la luna mi appare insolente. Perfetta, la mia solitudine va a fondersi stretta al nero di notte ed ombra tra ombre diventa all'istante, perfida icona del tutto e del niente. * Anno di stesura 1980 Antologia Versi diversi (XI Edizione - Centro Culturale Studi Storici Il Saggio - Anno2010) Menzione d'onore alla XIX Ed. del Premio Letterario Internazionale A.L.I.A.S. (Accademia Letteraria Italo - Australiana Scrittori), Melbourne Il falco pellegrino Di pari passo va la dea bendata con l’ultima trovata del mio giorno. Mi avvento come un falco pellegrino su preda che all’arrivo s’è dissolta. Riprendo quindi il volo a più non posso, sorvolo il mare che mi fa un saluto, ascendo vette degne del più’ bianco e a strapiombo provo un altro assalto. 2008 Macchie nerastre Passeranno, le ore della notte. Somigliano a macchie nerastre, tartarughe confuse, appena nate, per buona sorte dirette verso il mare. Il mare mio, questa volta,è l’alba. 03/07/2013 L’ombra della felicità Sfuggente, dispettosa felicità. Ombra proietta sul tappeto di luce che pensavo perfetto, quasi magico annodando fili e nebulizzando colori di tutte le mie inestinguibili speranze. Ora lo so, lei è come il vento. Prima o poi arriva e non puoi afferrarlo. Ancora non lo so, ma lei sarà come la morte. Prima o poi arriverà e non potrai schiaffeggiarla. 12 luglio 2013 Canzone di novembre Il suono si fa sempre più intenso, il cuore scandisce quel ritornello, la danza della notte lo asseconda, la luna migliore assiste, discreta. Novembre si colora di ricordi e la nebbia, la pioggia e il vento, innocui messaggeri di gelo, rimandano a dopo ogni minaccia. La mia canzone sforacchia il tempo. Protetto dal coro dei sempre vivi, immagino primavere già viste. Detergo gli occhi dalla resa. 03/11/2013 Ascoltami, madre! Ascoltami, madre, come tu sai fare ed apri quei sorrisi d’una volta. Io voglio raccontarti del mio me nei giorni in cui troppo mi manchi. Avrei da dirti di pene confermate che allora forse avevi immaginato e non svelasti solo per paura di darne crisma delle mie tristezze. Avrei da darti quel qualcosa in più che tu chiedesti a me e ai miei fratelli, una carezza ed un bacio prolungato che non scalfisse il liscio delle gote. Avrei da regalarti finalmente quella notizia che tuttora aspetti, la stessa che propizi dolce e sempre venendomi a trovare nelle notti. Quando pensava d’essere in ritardo, l’amore questo figlio l’ha raggiunto ed oggi e anche domani lui lo vive nella speranza d’esser già futuro. L’autentico respiro del tempo Recluso nel mescolio dell’oggi m’é di conforto l’azzurro aspetto del mare mio ultimo migliore quando, nei meriggi d’agosto, dell’acqua non vedevo i rimbalzi e, lamine perfette, le onde stillavano frescura alla battigia. Era - quello - l’autentico respiro del tempo che intanto scorreva quieto, generoso seppur lesto, a scandire ogni brivido nuovo in un cuore in balia delle emozioni. Volumi, curve e colori nella norma. Toni regolari, aritmie assenti. Pioggia di foglie Manichini ricoperti di lana e solito blu di pigiami in mostra. Di qua dal vetro schizza il ricordo dell'ultimo agosto, onde accecanti di un'estate fuggevole amica. Il passo si fa sempre più spedito e l'eco del freddo l'aria riempie. Il cielo si diverte ad osservare la lenta pioggia di foglie a dispetto che tracciano voli di morbide morti quasi a spezzare il conveniente appiglio di chi solo nel mare vede il meglio. Di giallo caduco si fa la strada dell'oggi, dimenata dai capricci, anche del vento. Data di stesura 09/11/2012 Sotto gli occhi di sempre Angusta tra i nuovi sentieri, la via della luce si confonde. Sarà colpa del costante subire l’assenza di brezza incantatrice invocata più volte e a gran voce per salvare le rovine del cerchio. Accade sotto gli occhi di sempre - puri come rondini allo sbando - impreparati al dominio sulla scena della vita smascherata ambigua. Intanto il garrìo si chiama urlo e monta l’ancestrale eco della paura. 2013 Antologia “Poesia sotto le stelle” III Ed. 2013 Il bergamotto sul treno Dal finestrino d’odiato treno rividi a lungo il mio pacato mare e assieme a lui le molte tante cose che mi portavo intanto nel futuro. Bei ricordi sarebbero poi stati il gran ventaglio dei colori vivi, i forti azzurri del frizzante Stretto, il verde di quegli anni benedetti, i primi rossi delle labbra al bacio, il bianco delle mille schiume a riva, il viola d’una costa benedetta, il cielo che non m’avrebbe visto uomo. Naso sul vetro, guardai le colline che ancor da Reggio non ero io uscito. Scrutai i limoneti che rimpiango e di tramonto d’aranceti mi bagnai. Quante emozioni conteneva il cuore? Maggior fortuna volle accarezzarmi quando in valigia vidi il bergamotto, perfetto per color, forma ed essenza. Quel giallo intenso ricordò un’alba, forse la stessa che m’aspetto sempre. Dentro il rovente e triste Espresso del 70 pensai al primo mio romano inverno. Le foglie lucide del bergamotto non si staccarono per mesi e mesi così come per anni, anni ed anni non son cadute le mie nostalgie… Anno di stesura 2009 Poesia vincitrice della VI Ed. del Premio Letterario Internazionale “Trofeo del bergamotto” Sezione A - Tema bergamotto (Città di Reggio Calabria 08/11/2009) Se… Se la tristezza vince l’abbandono, é segno che vuol metterti alla prova, che incide il disco e ne storpia il suono sperando lei di deprezzarne il dono. Se la tristezza guardi da lontano ungendo il cuore dell’amor che verso, allor ti s’aprirà verde quaderno dove scorrendo gli infiniti fogli tu leggerai la parola t’amo ed un sorriso poi lo chiuderà. - 2003 Mi chiedo se ne avevo il diritto Quante volte ho giocato col cielo divagando dalla rena infuocata sulle forme di nuvole avvincenti, bolle d’ovatta al vento resistenti. Quante altre ho giocato con le stelle parlando loro dall’umida ringhiera dei tanti miei sogni ad occhi aperti, bolle di speranza soffiate dal cuore. E quante altre la luna ho sbirciato dal davanzale delle solitudini segnando sul vetro la sua ascesa, bolla di mistero vagante e mai chiuso. Intruso in quella tela mai finita mi chiedo se ne avevo il diritto e pur inquieto mi rispondo di sì non foss’altro per tentar felicità o per amore dell’ultima bellezza nell’ora vuota di nuvole avvincenti, di stelle disponibili all’ascolto, di lune, sempre più velate d’antracite. 11/06/2013 Mentre Erato spero sia distratta Nel cuore dei versi da dedicarti vorrei ci finisse solo l’amore, la voglia, la sfera, l’essenziale... Non rose, né maghi, né principi e fate, per una volta bandisco il mio mare, la luna, le stelle, le smanie del cuore, le albe, i tramonti, le notti, le aurore e le languide nomenclature. Con attenzione l’inchiostro ammaestro e gli do l’ordine chiaro e deciso, di trasferire sul foglio irrequieto soltanto me e la mia nudità, mentre Erato spero sia distratta. - 2010 E preme intanto la notte maligna Il cerchio troppo chiaro della luna disordine m’arreca questa sera. Vorrei proprio non essere distratto. Raccolgo in un logoro canestro avanzi di sogni per me troppo grandi. Sarei placato se ci riuscissi. Scompongo azzurri da disintegrare, colori surclassati dal tempo ferrigno. Darei la vita per nascere di nuovo. Si stava bene nella vecchia barca, sull’altalena dell’incredulità. Avrei dovuto crederci di più. E preme intanto la notte maligna. Si vanta, la folle, d’avermi recluso. Ma guardo su, per mia gran fortuna, e rivaluto cocciuti bagliori. Mentre sarà rumore Ti aspetterò nei rifugi del cuore dove un salotto pieno di frescura é prospiciente alla via del mare. Mi aspetterai mentre sarà rumore e - tutto - emergerà il silenzio per ascoltare il tuo e il mio respiro. Nei giorni dei riconquistati azzurri avrò un colore da escogitare per decorare la non assenza. - 2005 La dolce brezza Quando sulla fiera pelle sentiremo la dolce brezza e non più la si confonderà con una sberla del vento, e se anche poi ci accadrà che brividi percorrano secche o precoci rughe senza che pensar si voglia a stille di sudore, esclusive, quasi che solo noi si soffra, allora sì che saluteremo il nuovo e antico suono, frutto di rinnovate arpe a pizzicar corde di pace. Ali sicure Chissà, forse migravano insieme, destinazione le terre del sole, ali sicure a tal punto vicine da far pensare si facessero male. Ed erano semplici, diversi quei due, l’uno antracite e bianco quell’altro in un sincronismo da replicare anche quaggiù tra vizi ed orrori. Provai stupore misto ad invidia. Scomparsi del tutto alla mia vista, mi domandai dove fosse finito d’amore il senso, e di libertà. Stesura del 2 Marzo 2013 Smagliante Smagliante ti ricorderò per sempre, deputata dal cielo a rincuorarmi nell’ampio ventre degli amari giorni. L’aurora ed io ti chiamavamo ed alba eri, quella corteggiata nel giardino coltivato dai sogni. Data di stesura 16 Aprile 2013 Inconfutabile Inconfutabile bellezza invade i sentieri dell’oggi e del domani, manti adattati all’occorrenza mia. Mi incontra, si ferma, mi parla… E guardano me i suoi occhi di festa. Accendono luci, beffano l'ombra, sublimano pace in chi pace cerca. Io mi conosco... se fosse amore, dovrei vibrare, cantar d'ottava nota a squarciagola la vita ed ogni sua scintilla nuova per poi afferrarla in estasi rara. E... vibro, canto, afferro. Per te, mamma Per te, mamma, il pensiero costante capace di venire a toccarti là dove sei forse sdraiata sul prossimo arcobaleno o su quel raggio di sole che ancora devo rubare per far luce nell’oasi attesa.Dialogo tra una luna ubriaca e un negligente Per essere migliore basta poco! Ti prego sposta questa nube nera, accendi poi qualche indolente stella, prova a sfogliar la notte come fiaba, respira l’aria del migliore agosto, cuci un tappeto per salirci sopra e vola, sul mare tuo di sempre, vola. Da lì prova a guardarmi fino all’alba, ti accorgerai di quanto sono bella. E non addormentarti, non lo fare se non soltanto e solo per sognare. E tutto questo tu lo chiami poco? Dai l’impressione d’essere ubriaca. Tu hai la luce della fantasia edè qualcosa che a me manca. Son solitudine di sabbia e roccia, perennemente al sol subordinata perché mi illuda di brillare un po’. Non lo scordare, tu hai la fantasia ma è da tempo ch’è opacizzata. 02/04/2013 Non è l’età Non solcherò mai più le nostalgie di un passato che grande mi faceva, soltanto quando intorno vibreranno le note alte dei sorrisi veri. Non è l’età a farmi rannicchiare come scampato alle follie del mare. è l’aria di questi giorni nuovi, l’abdicar dell’essere, a favore di un apparir che priva il cuore della felicità di battere emozioni. - 2008 Per noi poeti Parole volano, come gabbiani alla ricerca di una lunga sosta. Hanno trafitto il ciel di certi sordi intestardendosi nei suoni abnormi. Di poesia abbiamo raccontato sperando nel riscatto dei delusi, escogitando formule d’accesso per l’equazione amore uguale vita. Ma solo tracce, tracce inefficaci, son poi cadute sulle loro strade ammaestrate a luccicare sempre mentre la mano s’allungava ancora. Per noi poeti, anime in disuso, il tempo delle giade è terminato. Un verso oggi e uno anche domani da legger, sì, ma sol se resta tempo. 2009 Ti invoco ancora, bella primavera. Ti invoco ancora, bella primavera, e questa volta io ti assicuro che non è per depredar le tue frescure o i colori del ciliegio in fiore. Ti cercherò nella rugiada nuova per prelevare tracce dell’amore, nei baci che darai al mare all’alba per azzurrare dell’inverno l’acqua. Sarai maestosa nei profumi, della natura accenderai il meglio, farai felice l’innamorato merlo e verdi e azzurri a te obbediranno. Ma d’altre cose io ti so capace… Se là, da dove adesso ti prepari, tu riuscissi ad ascoltarmi bene, aperto il cielo al tuo interregno è anche in me che tu devi arrivare. Aspetto il silenzio della notte Aspetto il silenzio della notte per meglio dare ascolto al mio respiro. Se, come voglio, esisterò ancora, tarerò il pensiero sulla quiete e, sogni in spalla, mi riproporrò all’attenzione del signor domani. 07/03/2013 Quasi primavera Scivola, il gelo. Andrà presto a perdersi tra le fibre snervate di rami scioccati sugli avanzi di foglie graziate dall’ultimo fiato dell’inverno. Gli occhi e il cuore il primo verde cattura. Per aprire spazi Avevo la ricchezza degli affetti, un cielo e soprattutto un mare preziosi ostaggi dentro i pugni chiusi in cambio della mia serenità. Nonostante ciò, ingenuo volavo con ali di fortuna accarezzata dai mille venti che sentivo amici e dagli anni d’un eterno luna park. Pedinavo le più estreme nubi, le più subdole allora io credevo, predisposte ad alterare azzurri. Raschiavo grigi per aprire spazi. Dall’alto riguardavo l’orizzonte e l’onde nel risucchio di correnti, capricci d’acqua e sale benedetti. Raschiavo aria per aprire spazi. 18 Febbraio 2013 Un respiro della notte Contorni netti a districare ombre in aria tersa di caparbio inverno, pensavo fosse quasi impossibile sentire un respiro della notte. Eludono ansie, i tocchi di luce. Tramutano nastri in ali del tempo e prendono a bordo un sognatore accarezzando l’alveo d’un fiume. Pian piano vedo il nero schiarire su bizze d’acqua e scogli dormienti e verso la foce tra pioppi e canneti il volo prosegue in odore di sale. 11/02/2013 Ed azzurro a noi diventa il gelo Ed azzurro a noi diventa il gelo, figlio antico dei lunghi inverni muti quando i rami ci sembrano più lunghi mentre son soli e cercano parole. Non è di primavera alcun sentore, non abbaiare al ritardar del tempo. è illusione di aver fermato l’ora bisogno nostro di lubrificare dentro di noi il solito congegno che dà l’avvio al creder nel futuro. - 2011 Freddo inverno Nel caldo spazio che m’accoglie, vele sul muro in paziente attesa, non conosco quasi più un agosto. Ora che il sole sembra stanco e le primule giocano a nascondersi, vorrei sentire il rumore della neve. Qui nella mia città ghiacciata tutti a guardare il bianco del cielo per trovare un azzurro squarcio, una risposta che arrivi da lontano, un sorriso sulla bocca del futuro, il rumore della neve come segno. Roma, 2 Febbraio 2012 Selezionare Una gallina disse a un elefante: D’accordo amico, rispetto a me sei grande e grosso ma… non mi vedi quando passo così che a calpestarmi non riesci perché, serena, di sotto io ti passo e alla Maradona un tunnel ti faccio. Invece, io, piccola e “fina”, ti vedo, eccome, quando passi e allor, come si fa con l’erba cattiva, ..…………………………ti scanso! Eppur non mi dispiace Sorriderò al vento dei ricordi, proficua brezza adatta ad una sosta quand’è preponderante l’ordinare il nastro liso della vita ad oggi . Se servirà lasciarsi trasportare in tempi e luoghi dove son stato re, del primo soffio accoglierò il via e non mi prenderò cura del rischio di fermentare spugnose nostalgie al punto tale da dimenticare pressanti ore di questa realtà. Sarò penoso eppur non mi dispiace. Data di stesura 28/01/2013 Unica traccia un ricciolo verde Sonnecchi, alba, prima che ti accendi ed io con te nel cosciente dormiveglia. In certe notti, del tutto spogliate dal poderoso respiro del tempo, dormire è un po’ quasi morire. Pur timido, il sogno che aspettavo parcheggia sulle brine dell’inverno tra nebbie ed asfalti in controluce. Svanirà al primo sparo del sole, unica traccia un ricciolo verde da riconoscere, impadronirsene, tenere stretto nella tasca del cuore per tutto il giorno che da lì sarà. Precoce verrà la fretta del dormire. Data di stesura 21/01/2013 Tramonto Nel silenzio che il transito governa, quando in sera cambia nome il giorno, ti consegni ai colori del tramonto e - suo prigioniero - sei libero. 2011
Dove nasce l'alba Andrò ancora sul sentiero di sempre, a destra il mare pronto ad ascoltarmi, a manca il resto, la vita mia compresa. Del sale odorerò il profumo antico e, gli occhi chini, chiederò perdono se mai non riuscissi a confessarmi. Là dove nasce l’ennesima mia alba. - 2011 Cieli di gennaio Intanto che mi saturo di pioggia e l’acqua a terra si trasformi in gelo, nei cieli di gennaio cerco luce. Il burbero, così chiamo il tempo, avanza a passo lento, sembra zoppo e schiude l’ora della resistenza. Precoce l’adescare primavere, d’amaranto m’infagotto il collo. Ancora nudo il nido sul faggio. 16 Gennaio 2013 Interludio Gradevole s’adagia il tramonto laggiù dove la retta d’orizzonte sembra avere un tenero sussulto nel viraggio tra l’orlo del giorno e la prima veste che la sera cinge. Non mi sorprende sentirmi piccolo se solo la mente consegno al tempo, all’aria che sollecita la notte per spostare l’apogeo dei misteri verso l’incerta mia introspezione. Data di stesura 14 Gennaio 2013 Parliamo di futuro Ci s’incontra raramente, ormai. Sarà per questo che quando accade prepotenti affiorano i ricordi. Non sempre la nostalgia fa bene. Ti mette, sì, il paradiso in mano ma non ti lascia quasi mai le chiavi. Parliamo di futuro, questa volta e cerca di vedermi in altra guisa, per l’esattezza quella di bambino. Venivo giorno e notte a salutarti col rischio di sentirmi inopportuno intento tu ad occuparti d’altro. Invece mi sei stato sempre amico le braccia aprendo ai miei umori, poesia tu ed io sognatore. Parliamo di futuro, questa volta, dei nuovi sogni dai colori strani intanto che l’azzurro mi trattieni.
Sapevo della loro esistenza Sapevo della loro esistenza ma nel disegno non comparivano. Troppo preso dal marcare azzurri o dall'abbindolare sua maestà il sole umanizzato al tratto di un sorriso che l'orizzonte facesse avvicinare, le nuvole no, non erano previste perché mancante era forse il grigio, pastello che proprio non adoperavo se non per sbuffi di locomotiva. Il mio cielo di allora respirava calmo, alla stessa maniera del mare quando la bonaccia quieta me e il tempo. Le nuvole no, non erano previste… Roma, 06/01/2013 Favole bruciate Ci venne incontro, il mondo delle fiabe. Poi, d'ingenuità fummo tacciati quando con altri si faceva a gara nella smodata caccia ai mille sogni. Nel mezzo delle notti insonni, bianchi cavalli stavano in attesa di romper la paura dei silenzi con zoccoli al galoppo nel futuro. Favole bruciate, ci vien detto oggi, però verso la meta quelle tracce resistono... - 2011 Natale – Vorrei essere un pastore In questa notte di comete finte, di stelle fatte di cartone, di freddo e lunga attesa, di palle colorate e argentei nastri, di succulenti cibi da smaltire e dolci ancora da sbranare, di noccioline e frutti secchi, di numero che aspetti già dall’ambo, di nuova era che ci inghiotte, di conti da far quadrare sempre, di disoccupati, precari, cassaintegrati e delinquenti, di affetti che siedono ai miei fianchi, di vivi che non devono morire, di morti che non sono mai morti, io vorrei essere un pastore. Vorrei seguir la lenta processione che poi finisce ai piedi di una culla. Solo un minuto lì vorrei sostare, farmi accecare dalla Luce, cambiare i miei occhi in potenti fari e seguitare a camminare dopo avere visto Tutto. Al mio mare Riconquistandoti, le orme di oggi il sole non illumina. Ingenuo è il vagar sul tuo campo circoscritto eppur così sento, su ogni parte di me, lo scotto dei mezzodì marchiati sulla sabbia. Rimane da toccare l’onda primitiva ma solo dopo l’oblio di quest’ora guastatrice. Data di stesura 12/11/2012 Ti diranno che non devi più sognare. Con voce impostata, beffarda, i guardiani del tempo ti diranno che non puoi, non devi più sognare. Ti mostreranno gli eden eccitanti, i folti boschi d’alberi finti laddove bivaccare con spumante, e le pianure di smeraldo laccate, per fare due passi in compagnia di chi non sta mai solo con se stesso e mari calmi, anch’essi fittizi, per invogliarti a mollare gli ormeggi navigando senz’albe né tramonti. Non ascoltarli, quei guardiani! Stesura del 08/09/2012 La furba La furba ancora conta su di me, su qualche Pater Noster di sfuggita, su qualche ingresso in una chiesa. Signore, quando sarò davanti a Te non spenderò parola che sia una per sostenere un po’ l’anima nuda. Poveretta! Dovrà difendersi da sola sapendo già di non poter mentire ché più le scuse non le serviranno. Signore, quando la luce virerà, nel retro, no, non farmi accomodare. Dammi la forza della non vergogna. Anno di stesura 2009 Il profumo della notte Tra i nudi fantasmi d’alberi, le tinte residue di fiori spossati e l’umido respiro di una siepe, si sente il profumo della notte. Il passo d’autunno fa rumore, sollecita a discernere i colori e non a caso svolazzano foglie a lambire di giallo queste gote. Su di me è così pallido il sole, così vaghe sono l’ombre da infilzare d’aver voglia di luna un po’ guascona che spilli ai suoi spigoli il cielo; d’aver voglia di scuotere il buio, sminuzzare le ore del silenzio e premere il succo del trambusto. E di sognare, prima di addormentarmi. Data di stesura 29/11/2012
In gabbia o fuori In gabbia o fuori, implora tu la vita, ovunque sia, di regalarti ad ogni giro inanellato una carezza da cucirti addosso. Di qua un silenzio, una preghiera a far felice di ieri l’uomo che si specchia in un abbraccio fatto del domani. Di là un fragore, un urlo all’amore di sempre che fa sorrider l’uomo d’oggi in un abbraccio fatto d’eternità. - 2010 La superbia coccodè Abbassata la cresta, fu riconosciuto da uno stuolo di galline che tutte in circolo gli fecero la festa…. (Giovedì 16/07/09) Un angolo inquinato Nel buio della notte maliziosa invano cerco i ricordi eletti, carezze replicate da mia madre, quaderni lisi e di colore zeppi. Non basta questo cielo sforacchiato da stelle che vorrebbero parlarmi, o di cicale il diligente canto che a sviarmi proprio non riesce. Non basta l’aderenza a un mare laddove verso grumi di rimpianto, o coccola d’estate che non sento, lontan da qui profumi e tinte bruzi. Di nostalgia è la colpa, e d‘altro. Esiste in me un angolo inquinato, residuo grasso della repulsione al nuovo tempo d’arco troppo stretto. Anno di stesura 2012 Profumo di ricordi Per vincer questo tempo avaro, dolce amore ti vedo primavera, tuoi i colori di cristalli agli occhi mio il rosso di petali a cornice per un viso che mi rassicura. Profumi di ricordi da costruire, delle tue mani godono, i fiori, in quell'attesa d'essere irrorati da un bacio che darà il mare, depurato di burrasca e sale. Anno di stesura 2011 Hai visto troppo Hai visto sbocciare fiori dati per appassiti, rose morte appena appena nate, il banchettar di nubi nell’azzurro e il sole affacciarsi in mezzo al grigio. Hai visto mari acquietarsi in centro d’uragano, onde devastanti a ciel sereno, madri sorridere ad ingrati figli e figli felici abbandonare madri. Hai visto amici voltar spalle agli amici e sconosciuti intenti ad abbracciarti, e amori per sempre persi in un secondo e in un secondo di nuovo innamorarti. Hai visto troppo perché tu non creda di esser preparato al tutto e al niente, di prendere per mano la tua vita e far di lei un bel pacco regalo da consegnare a chi di te si fida e soprattutto a chi non t’ha creduto. (2 Maggio 2009) Vorrei vedere il vento Vorrei vedere in faccia il vento, chiedergli da quale culmine si lancia quando - criminale - maltratta il mare che come me desidera la calma. La raderò al suolo, quella vetta! Il futuro di ieri E passano i giorni del mio futuro, a volte stanchi, a volte spenti da un sole incapace di scaldarli. è un dardo vagante questo tempo allora tratteggiato a colori nelle ore del tutto è possibile. Vorrei sentire il cielo più vicino coprire ogni poro irrequieto, modulare traiettorie strambe. Stesura del 30/10/2012 Di quando si fa notte Ti parlerò di quando si fa notte al sorgere di un’alba spazientita. Dal confine delle ombre resistenti fatica il mio sguardo a muoversi per andare a posarsi sulla luce. D’autunno vorrebbero viziarmi dell’ottobre i colori di sempre. Riverberi insistono cianciando con occhi nella trappola del sonno. Lo spazio del sospiro si riduce. Stesura del 24/10/2012
Fragilità Di brezza mai promossa a vento nel silenzio abbonda l’aria di questo mio angolo acuto. Intanto che il cielo piega al punto da coprire i sogni, deflagra solamente rabbia. Invito ad illudersi ancora, drappeggi d’abulico sole arredano pareti ignude. Conto i resti Solo alla fine mi racconterò di certe mie vittorie entusiasmanti quando incredulo mi rannicchiavo sotto la densa coltre del cuore e mi volevo un bene da morire. In forma dolce, pure mi ricorderò di certe mie sconfitte clamorose quando incredulo mi rannicchiavo sotto la densa coltre del cuore e m’odiavo, m’odiavo da morire. Tra le une e le altre feci un compromesso, quel mio amar la vita in ogni senso, in ogni senso vuole mi conduca, in ogni dove la si può amare, in ogni come la si può afferrare. Intanto, conto i susseguenti resti. Normale volli io rendermi agli altri, in dotazione un sensibile sentire, una pazienza che non si misura, fino a soffrir delle mie stesse scelte. - 2010 Preda d’alba Giganti son le ombre resistenti, errori, dati per vinti o per dispersi nel sovrapporsi d’anni sui miei anni. Il tempo, allora, proprio non cancella né cicatrizza le ferite inferte dal credo dell’ingenuità perfetta. Non riesco proprio a liberarmi, a divenir padron del microcosmo per essere protagonista, non comparsa. Trafelo rasentando l’alto muro e la paura mi scopre le spalle. Sarò preda d’alba all’ultima pietra? 2 Ottobre 2012 Ed è silenzio intorno a me Edè silenzio intorno a me nell’ora derubata al tempo. Si affollano i ricordi intensi, i mai dimenticati volti e le voci nel soave canto. Tra mille colori, d’azzurro il cuore agghinda la mente ma il cielo non è dominante. Son gocce di mare lontano fin qui inviolate, schizzate dall’onda migliore di allora. Edè silenzio intorno a me per meglio ascoltarne l’eco. - 07/09/2012 Solo questo vorrei Mi ostino a non chiamarla tristezza, ma questa malinconia ha la stessa valenza. Ho ancora paura, per fortuna! Mi dico sarà colpa dell’autunno - io che l’estate ho sempre difeso - e so che mi sto prendendo in giro. Penso adesso che per chi ama la vita e proprio per questo a piacimento la colora, ci sia dunque la stagione delle verifiche. Vorrei trovarmi preparato, solo questo vorrei, all’arrivo di certe piogge acide e al duro gioco del sole che si astiene. Stesura del 25 Settembre 2012 Dai, vieni con me… Dai, vieni con me… Ti porterò al vecchio castello, ai piedi della torre delle fate, tra i roseti impazziti di colori. Là, dicono, esiste la felicità o, ad essere del tutto pessimisti, quel lembo di frammento azzurro ribattezzato dai sapienti vati “piccola aiuola”, che di certo la precede. Tu non mi credi? Allora devi darmi il dolce segno che ci vuoi sperare, fosse anche un minimo sorriso imposto da questa ingenua mia preghiera. (2009) Quei gialli Lungo la strada che conduce al mare i ricordi mi fanno compagnia, certi profumi d’un meridione doc dove credevo fosse la fortuna. Ai bordi del sentiero inalterato i limoneti mi offrono quei gialli che nei meriggi in cui faceva caldo mi conducevano all’acqua e al sale. - 2010 Di verseggiare proprio non ho voglia Stasera, al suo apparir, la luna mi trova impreparato, disattento, e pur le stelle, per ora in dormiveglia, brilleranno su anima indolente. Fantasie in via di estinzione, di verseggiare proprio non ho voglia, recluso nella galera di un tempo ammaestrato da ragione impura. Se dentro me ancora c'è il fanciullo, lo chiamerò più volte ad alta voce perché mi spieghi in un solo abbraccio com'è che a lui bastasse poco - fosse nell'alba o in pieno giorno, col sole a picco, sotto la pioggia, del vento preda o del freddo intenso, o nella notte, luna o non luna - ... com'è che a lui bastasse poco per fare d'ogni cosa un sogno, per far del sogno l'incisiva arma a difendere la "sua" poesia. 30/08/2012 Mi chiedo Nel ventre di un sorriso spalancato vado a confondermi, inebetito. Nascondo lì le ultime paure e assecondo gli occhi in un momento. Mi chiedo allora se può bastare poco per resettare l’animo dormiente che nella noia d’una sola nota non trova palco ove poter danzare. - 2008 Soltanto sensazioni Sensazioni, soltanto sensazioni, paure partorite premature dal grembo d’un futuro non perfetto. Benedetti, gli specchi dentro casa colorano ogni mia perplessità allorquando in essi mi rifletto. Se fossi almeno bravo ad evitare di fissare questi occhi così insulsi, non mi sentirei del tutto solo. Andando a scovar l’amica luna frantumo il respiro della notte ma è fatica l’approccio al cielo Ancor di più detesto le nuvole, macigni informi infilati ad arte tra me e la bellezza da stanare. Irrequieto, me ne sto in cucina, i gomiti sul tavolo antracite provando a scarabocchiare un po’. E cielo è il cielo che volevo e stelle d’agosto la penna regala! Sì, erano soltanto sensazioni. 03/08/2012 Piano regolatore Se non certezza, resta il sospetto d’aver sbagliato a scegliere la strada, la strada dove cammino ancora alla ricerca di una via d’uscita. Ehi gente, forza, datemi una mano! A un metro da me, stop alla fretta e non per risucchiarmi dentro il gruppo ma solo per conoscerci e parlarci! Mi trovo qui per mio difetto grave per via di quella certa buona fede che ha la mania di darmi agli altri con netto anticipo sui loro tempi. Però - tant’è - il patatracè fatto. Tra i ghepardi il bradipo son’io almeno fino a quando non mi attrezzo a ideare un piano per fuggire, un bel piano, regolatore e nuovo. Opportunista, io Quando mi vedrete felice, in equilibrio tra natura e vita, immerso tutto nei fatti del creato e denti bianchi a cancellare angosce, parlatemi di Dio. Viceversa, aiuto non vi chiederò. Provvederò come sempre io nel vile slancio del non dover morire con la paura addosso. - 2010 Un’emozione in più Luna e sole finalmente insieme, saldati ai nuovi colori del cielo, ed io che muovo il mio universo al solo accenno di un alto respiro. È l’enne sogno da me ordinato in questo arpeggio delle lunghe attese, l’acrobatica follia che saggio guardando e immaginando altro. Paziente, in questo tempo attenderò l’arrivo della buffa pioggia a pois che, blu d’acqua in alto profumata, al suolo spiegherà il suo foulard. Nel frattempo, al resistente amore chiederò di farmi ancora bere e, dovesse andarmi alquanto male, il mare mi darà un’emozione in più. - 2007 Tic Tac - Tac Tic Scandiva il tempo, l’alba, lo scampanio nella vicina chiesa la voce energica delle comari e l’aroma del caffè sul fuoco. Scandiva il tempo, il mezzodì, il brusìo all’angolo del marciapiede, il primo accorgersi del sole alto e il profumo della pasta al forno. Scandiva il tempo, il meriggio, il pisolino sul divano azzurro, la merenda da consumare lenta e l’arrivo dell’ascensore al piano. Scandiva il tempo, il tramonto, il primo fresco della lunga sera, l’oliva verde con l’aperitivo e il jeans giusto da poter comprare. Scandiva il tempo, quella cena, quell’esser tutti a tutti i costi, l’allegro ticchettio delle forchette, e il tintinnio dei calici di rosso. Scandiva il tempo, quella notte, quel ritrovarsi insieme e soli per prepararsi ad ospitar Morfeo e sui sogni intanto arrampicarsi. * Scandisce il tempo, l’oggi, l’affanno ch’altro affanno scalcia, l’immagine al ripasso offerta di un uomo da definir perfetto. Scandisce il tempo, la sfiducia, della bellezza il senso non compiuto, dell’apparenza il rito universale e l’ora, una dietro l’altra, vuota. - 2012 Un tuffo nell’alba Fa niente se la notte è stata lunga, se l’afa ha seccato la linfa vitale di quei sogni ch’avrei voluto fare. Nessun bosco teatro di magie, assenti le mie fate cantafiabe, o lampi di mare a strozzare il buio. Non una madre da saldare al petto, né fratelli da poter rivedere o il viso mai smarrito dell’amore. Poi, finalmente il nero s’è stancato di dominare me e i miei capricci Lei infatti puntuale è arrivata… Mi tuffo nell’alba che mi è fedele. Di là, oltre l’antenna,è gioco di luci. Mi immergo nel fondale dei sorrisi per andare risoluto a stanare quella serenità che si rinnova agli occhi spalancati sulla vita Roma, 04/07/2012 Spalle al mare Spalle al mare, osservo il cielo e del sole aspetto eccitato il lento sorpasso sulla collina per il bacio al mio nuovo mattino. Intanto che le ossa si scaldano, rivedo amore fuori e dentro me. Piove luce sulle sabbie umide di nero. Tra le onde che mi reclamano, il respiro della risacca si fa grido, rimprovero stavolta inopportuno: è già azzurrato il mio sentire. - Giugno 2012 Sia quel che sia Sia quel che sia, mi chiedo se riconoscerò il sole domani, appena il gelo della notte sarà stanco di prendere di petto il cuore reso a sua maestà il cerchio. Sia quel che sia! Nemmeno vengono in soccorso carezze armate del migliore intento, ricordi, che ne so, immagini volanti che possano distrarre i reso conti. Sia quel che sia, chissà se riuscirò a distinguere toccata e fuga del piccione bianco sull’umida ringhiera del balcone mentre il caffè bevo bollente. Sia quel che sia, io non vorrò privarmi affatto d'un grido mattutino d’arrotino, del sali e scendi di distratta gente nel su e giù di un tram ripetitivo. Sia quel che sia, io non rinuncerò al buongiorno amore, al mio bignè da divorare piano, al solito fruscio del quotidiano, ad un sorriso di un bebè qualunque. Sia quel che sia, mi addestrerò a memorizzare tappeti sparsi per i marciapiedi per poi, quando riapre il cerchio, salire su quello a me congeniale. Della notte Vera è la notte quando concede spazio alla luna tra occhi di stelle - stelle fidate - lassù conficcate, sol nella sfida fiaccate per essere in corsa a primeggiare almeno su quelle che ci è dato vedere. Non mente se dice a un lasso di tempo di farsi quiete e prostrarsi ai tuoi piedi e neanche se parla di ore lontane - ore fidate - nel cuor bene incise, sol nello sforzo fiaccate per ingoiare giorni imperfetti, almeno quelli a resa più dura. Edè sincera - la notte - quando la scopri vestita di nero, complice ingenua del lungo gelo, scorta di vento che imbroglia il cielo, teste paziente d’acqua che cade - giù - come fai tu nell’ora no fino alla nuova salvifica alba. Metro dopo metro Metro dopo metro - mano nella mano - insieme noi cammineremo. Gli occhi guarderanno il nuovo sole. Lui seccherà gli arbusti più alti che ci intralceranno. Lui scalderà le gole più fredde lungo le quali proveremo le nostre resistenze. Al pari dei Magi la Cometa, noi seguiremo la sua luce per giungere alla fine di tutto nel nostro spiazzo libero. - 2010 Torneranno le ore della quiete Torneranno le ore della quiete racchiuse negli scrigni delle fate venute per vedere da vicino capriole fatte da un bambino. - Allora,è vero! In noi tu credi! - - Perché mai io non dovrei? - - Ma siamo sogni, soltanto sogni! - - Vedo il cappello e la bacchetta tocco! - Avevano il sorriso delle madri, la leggiadria di limpide fanciulle, i colori della festa quando è festa e, del c’era una volta, la bellezza. Voleranno le aquile di nuovo sulle vette ormai dimenticate e con loro gli esultanti gabbiani sul mare della non solitudine. Canterà il coro dei nostri angeli or tramutati in icone incorniciate quando invece vorrebbero uscire per mostrare quanto sono veri. è tempo coniugato al futuro, questo tempo di speranze non evase, frantumate nell’oggi che corrode l’accenno d’una dolce nostalgia. C’era una volta, diremo anche noi e non per raccontarci altre fiabe ma per datare il culmine dei grigi nei quali rischiammo di annegare. - 2012 I primi segni (dedicata a un amico) Se poi la vita mi gira le spalle non posso far altro che inseguirla. Mi condurrà su spighe snervate, lungo sentieri sprovvisti di more, per arenili imbronciati col mare, su per galassie d’acidi ignoti. Mi troverò in epicentri di notti sulle distese dal nord ghermite, dentro i giardini di fiori mai nati, verso le mete da me screditate. Non posso far altro che inseguirla… ma con pazienza saprò aspettare i primi segni della sua stanchezza fino a quando dovrà pur voltarsi ......................................e riconoscermi! - Anno 2012 Meglio qui… M’aggrappai a una paziente stella che indugiava a divenire fredda ‘sì da convincermi che l’universo conforme fosse a quanto immaginato. Vidi la luna proprio da vicino. Mi rammentò il mio pallon di cuoio che presi a calci in un cortile al Sud mentre la bella gioventù scalciava. Io e la stella fummo oltrepassati da tanti astri in vena di pazzie, dentro galassie gelide ed amorfe senza i colori visti sugli atlanti. Fu buio tutto da dimenticare e, non chiedetemi perché e per come, mi venne in mente quella stessa notte in cui una madre morì senza avvisare. Poi da lassù tutto lo sguardo volsi al verde-azzurro della Terra mia e misi fine a un sogno inopportuno posando il viso sul caldo del cuscino. Poesia pubblicata sul Mensile Il Saggio 01/2011 Eh sì, parto! Eh sì, dalla stazione nuova parto! Saluti svelti all’aria che sta attorno, pausa oblunga per affetti e figli e via ad afferrare un certo tempo. Metto in valigia certe mie essenze, tre quattro almeno delle più preziose, e giunto a destinazione le aprirò sul magico tappeto del passato. Quando mi sdraierò ancora sul letto sopra il quale veleggiavo, apposta m’addormenterò scoperto per fare in modo che la madre mia nell’ora di accontentare il sonno, facendo il giro degli amati figli, chiudendo imposte lasciate sempre aperte, arrivi a me per rimboccarmi la coperta. Se avrò fortuna di vedere il lido, le sabbie,i riverberi e i visi d’allora, rotolerò le natiche, le gote e il petto su quel beige dai miei falò macchiato e violerò del mezzogiorno l’onda alzando al cielo i miei occhi scuri e identica cosa io ripeterò fin quando il mare tutto non assorbo. . Se di domenica vivrò la casa, me ne starò nel cortile allegro a saziarmi d’odori di ragù ancor prima d'esser settimo al desco. Eh sì, dalla stazione nuova parto! O... scappo? (2009) L’ago Cerco l’ago in un pagliaio e strappo filo, filo e filo da porre in braccio al vento. Non sono affatto sufficienti ore, giorni, mesi ed anni scuciti al paltò del tempo. Lo stesso vale per la vita in un continuo divenire per non trovarne poi il senso. - 08/05/2012 Prime luci Anche il cielo vuole giocare là dentro l’alba, l’ora preferita. Le nuvole, leggere come piume, aprono le danze delle buffe forme. Le guardo ed io non so se assisto a repliche di quanto in cuor mio accade quando il gelo sbrina, fino a sciogliersi del tutto, per poi caldo diventare nel fermento dei primi indizi d’inamovibili speranze che ora più che mai non chiedono la resa. 17/05/2012 La mutazione dei colori Sarà colpa di questo nostro tempo o di certe non previste suggestioni, a volte mi accorgo di vette sfumate ed un ricordo quel bianco diventa. Accade in chi ha sempre voluto, cercato l’azzurro, spesso trovato nel cielo al governo d’estati perenni e nel mare, venuto a suo sostegno. Il viraggio dei colori, giù dal picco, trascina la linea ai piedi dell’opaco, cattura i nuovi affanni per scagliarli nel guadagno delle gioie, trofei dormienti. Non guardo il cielo, per fortuna, e da un bel po’ non vedo il mare. Il non rischiare è forse meglio se – neutri – ora fossero i colori… - 2012 Di quale amore, di quanto amore Di quale amore dunque parleremo ai nostri cuori a rendimento lento nei tanti versi che si scriveranno per dare senso al tempo che divora? Ci proveremo con nuove margherite che mostreranno petali squadrati. Verniceremo rose tutte in nero per esaltarne il gusto trasgressivo. Adatteremo i cantici perfetti così da ottenerne canzonette. I cieli e i mari, le albe e i tramonti saranno sfondi in tecnici teloni. Di quanto amore saremo noi capaci coi nostri cuori inviperiti e persi lungo le vie del centro, strapiene eppure vuote d’assillanti raggi? Rivoglio primitive margherite, roseti dove pungono, le spine, triti e ritriti suoni universali, cieli, mari, albe e tramonti veri. Rivoglio strade ancorché deserte, vetrine che rispecchino di sole e camminare a passo molto lento per prima o poi stringere una mano. - 2010 L’oasi perfetta Rimosso, nel deserto dei silenzi in piena notte odo almeno l’eco di un vento percepito amico. Un’alba tornerà a dar manforte a questa voglia dell’inceder lesto alla ricerca d’oasi perfetta. Ed ascoltar dell’acqua gli schiamazzi alla sorgente pura in cui specchiare ogni perdono ed ogni rabbia mia. - 06/05/2012 L’armonia dei ricordi Colorano questo tempo sbiadito venendo in soccorso d'anime fragili. I ricordi si armano di punte di piume e lasciano ai venti il loro cammino. E tu li rivedi, arlecchini festosi, riempire di te i vuoti del cuore, colmarli di quiete e speranze migliori per poi alla fine tramutarsi in musica. Armonia ora regna in queste non ore. - 2012 Auralbe d’Orione Manca l’ultimo nuovo colore al duro e ostinato vagare nella trincea del mio micro campo. Più non basta l’azzurro del cielo, monotono pretesto a salvaguardia d’ingenui abbagli oramai datati. So dell’uomo senza più confini, del suo esplorare pance d’infinito, e mi acquietano i frutti del futuro. Non ancora del tutto ripiegato, unghierò una fiancata del fosso ‘sì da potermi accostare al bordo. Questi occhi punterò su in alto - auralbe d’Orione vicino - Tramonti no, ché gemmano notti! Roma, 20 Aprile 2012 - Dedicata a un Amico Inquietudine Non basta uno squarcio d’azzurro tra nuvole poste sul piede di guerra, sorde al richiamo di spostarsi un po’, determinate a completare l’opera. É l’inquietudine di questi tempi, la paura di aver paura della paura, del declino dei nostri valori umani che pure è palese,è sotto gli occhi. Nei giorni in cui combatteremo in pochi per una guerra che offende il mondo, le terre e i cuori non subiranno sismi. Ci apriremo nel grande girotondo e in mezzo metteremo gli sciacalli e li derideremo e li consumeremo tra i fumi densi dei loro gravi errori. Poi, forse, questo stesso squarcio si tramuterà in cielo, mai così atteso. (2009) Non finiscono mai I sogni sono come le stelle - non finiscono mai - Quando le nubi sequestrano cielo e tutto appare più nero del nero, so di sicuro che loro ci sono. Si tratta di avere pazienza, sostare nella stanza del dubbio, tirare dei calci al dolore, intanto che terso infinito rincasi. Ed eccole ancora, spavalde son là. Voglion esser guardate di nuovo prima di lampeggiarmi un sorriso. Roma, 21/04/2012 Non è, la mia, folle presunzione. Inevitabile arrendersi alla morte? Sarà come voi dite… ma concedetemi, se non proprio il rifiuto, almeno il piglio di sfidar certezza armandomi del solo mezzo ammesso che mi permetta di coccolar la vita così come nel cuor si custodisce sempre il ricordo d’una persona amata. Non è, la mia, folle presunzione il mescolar le carte già assegnate. È il forte anelito dei belli che se allo specchio capita guardarsi si vedono i capelli ancora folti e gli occhi esprimer l’impazienza d’esser portati in giro per il mondo e di cader nel nuovo che li acceca. Non è, la mia, folle presunzione da essere confusa con la paura tetra. È solo il volo di un gabbiano triste che cerca in cielo aperto il suo riscatto. Non dirmi che va comunque bene Non dirmi che va comunque bene, la vita è questa e la devi accettare! Costruivo perfetti aquiloni, fili robusti per legare i miei polsi, piccoli sogni, premesse e promesse che cambiavano nome in miraggi. Non pretendevo, questo è l’errore, voli impossibili su nastri di sole, cambi di rotta direzione la luna, sguardi dall’alto al giardino migliore, soste appaganti nell’abbraccio del mare, le compagnie dei sorrisi migliori. Cercavo del cielo solo uno scarto laddove oziare traboccante d’azzurro per poi planare sul più duro asfalto forte del dono della serenità. Dimmi che va comunque male, la vita è questa e devi lottare! - 2012 In bilico La notte non arriverà, stasera. Trasudano colori di un tramonto assai strano in bilico com’è tra l’antenna e questo cielo fermo. Penserò a ben altro che non sia inquietudine. - 2007 Dimenticando Dimenticando me, acquisto forza. Ho più coraggio di guardare il mondo, quello d’adesso, nel quale ritrovarmi. Lo immaginavo ancora immenso distante troppo da questo microcosmo. Ho fatto il giro del quartiere tutto, percorse strade ormai dimenticate, viali che ricordavo essere alberati e piazze sempre più rimpicciolite. Ho visto Ajsha assai invecchiata protendere la mano a delle frecce di carne e ossa in corsa verso il nulla e lei in cambio di qualche monetina offriva a destra e offriva a manca improvvisati acconti di futuro per poi sfinita dover quindi passare alle inquietanti sue maledizioni. Ho incontrato un sordomuto slavo in prolungata sosta a una vetrina che serio si guardava i manichini per poi non scegliere la sciarpa. Ho chiacchierato con il pizzaiolo sugli alti costi della mozzarella, sui bassi incassi del fine giornata, sulla necessità d’abbandonar l’impresa. Mi sono divertito alla presenza di un giocoliere al centro di una via che il suo numero doveva fare prima che verde rosso diventasse. Ho ascoltato le imprecazioni di un vecchietto troppo incavolato non tanto per l’ipertensione quanto per un calo di pensione. In un giardino adibito a parco, bambini in bilico sulle altalene, i genitori intenti a controllare le facce oscure di certi pellegrini. Sorrisi sparsi in aria preoccupante non son mancati, ad essere sincero. Ricordo quelli di un ragazzo nero che si gustava un bignè strapieno. Al rientro nella mia calda casa, serrande quasi tutte da abbassare, betabloccante un quarto di compressa, lorazepam per riuscire a dormire. Dimenticando gli altri, perdo forza. - Anno 2012 Cammino Di là dove morire pare l’onda, orizzonte che vedo ma non tocco mi chiama, mi richiama, mi reclama. Vorrà forse raccontarmi il tempo di quando lo inseguivo a piedi nudi scagliando sogni a ripetizione. Ed or che mi vorrebbe tra le mani, incredulo coltiva antica speme nel mentre non son stanco, non mi fermo Roma 30 Marzo 2012 Ed é notte! Il confluire è bello tra le ansie e i sospiri ch’a volte son dolenti nel cono della stasi. Lo aiuta l’aria fresca or che la pioggia cessa. Respira una lanterna, l’accerchiano le stille. Il gran silenzio regna mentre più non tremo. Edè notte! Gli occhi all’insù io viro ove ogni stella chiama. Riprendo a numerarle. Due son le più splendenti e guardo ora nel mezzo. Nel nero spazio - in quelle - punto finito io cerco. - Anno 2009 Qual étoile Potessi veder nascere una stella e starle a fianco mentre la quiete le dà il privilegio di brillare qual étoile al centro della scena! E poi seguirla in quel girovagare negli ampi spazi ove orbitando va a primeggiare su altri mille astri, guardiano io della sua libertà. Roma, 8 Marzo 2012 Dai! Portami negli anni dei tuoi anni, nel parco ombroso dove rivedevi filtrare la luce d’occhio del sole e in essa nel domani ti tuffavi. Dai! Mettimi in quei giorni che racconti, nei sogni da spulciare uno ad uno, nel quando addensavi in un baleno le emozioni ch’adesso custodisci. L’età dei mille ingenui sensi vorrei oggi t’abbracciasse tutta per regalarti quel volto mio di allora e le speranze che man mano ascolti. 2010 Vita per la la quale vivo Freddo intenso è nelle vene, da misurare ad ogni istante, da mitigare in tutta fretta prima che il cuore invada. Sono emozioni, ahimè, morenti in resa miserabile al destino che andrebbe invece rivoltato prima che lui lo scopo agguanti. Vita per la quale vivo non dar di sterzo all’impazzata. Portami tu nella famosa alcova che io da sempre t’ho indicata! Quando la pur minima gioia, quando l’ultima azzurra curva vedrò sbiadir nel grigio secco, allora ti concederò il rischio. Mi ti consegnerò da pacco per far di me qualunque cosa tranne annullar l’amore immenso che ad occhi chiusi t’ho regalato cantando gli inni improvvisati, cercando in te i nuovi colori, andando a far lezione ai tristi o a chi di te non è importato. (Anno 1993) Clandestino Stanotte niente luna sotto il ponte. Il battito del cuor però si sente, precario tac, al buio resistente, che mai satollo é della libertà. Andrò nell’angolo del muschio alto donde l’insegna verde e blu si vede, quella del bar ventiquattrore aperto. La gente, lì, si prende il caffè lungo… Se non dovessi prender sonno, mi bagnerò in quel cono di luce, compagno della notte lo promuovo mentre all’età aggiungerò un giorno. Sol per la luna non sono clandestino giacché ad essa scopro il volto mio. Ma sbaglio… dovrei aver coraggio di presentarmi a chi non mi presento. Domani dunque mi deciderò a non temere d’essere sgradito solo perché in terra nuova cerco ciò che la mia in anni non m’ha dato. (Giovedì 24/09/09) Respiro (Per la serie: Cosa non si fa per illudersi un po’!) Credevo fosse l’ultima luna ed invece s’è mossa spedita rotolando nei vicoli del cielo per fare d’un malessere la spia. Una stella ben disposta l’ha sentita e, di sogno travestita, m’ha raggiunto scagliando con la luce del prosieguo l’ossigeno prestato ai quasi eterni. ………………………………………………Respiro. - 2011 Vi chiedo di non spegnere le stelle! Deformi menti, schiave del potere, predicatori di società allo stremo, macchinisti di politiche indecenti, vi chiedo di non spegnere le stelle. Lasciatemi la libertà nel cielo, quello scrutar le luci confortanti che solo nuvole e non certo voi potrebbero decider d’annullare ……………………e mai per sempre. - 2012 Fortuna che c’è il mare ad aspettarmi Intanto che un giorno copre l’altro, che sguardo altro sguardo estingue quasi che tutto sia poco speciale, fortuna che c’è il mare ad aspettarmi! Qui, il centro cosiddetto urbano nei grigi asfalti le anime confonde, le gira qual minestra nel paiolo, le brucia poi per la disattenzione. Ah! Appena giunto nella postazione da cui vedere e rivedere l’acqua, quando mi accosterò all’onda, riferirò di un inverno guastatore. Il mare! Almeno lui non si nasconde. Fa l’adirato solo se è adirato e chiama, dà, sorride o canta le volte che manco glielo chiedo. - 2008 Del virare D’ametista il sogno si colora. Pria che luce il viraggio inneschi, ti prego, buio, resta ancora a lungo! – Anno 2012 Distinguo gli eterni tuoi profumi Mi adagerò sull’eco d'una voce amica dei tanti giorni senza mai tramonti quando l’oblio zittito fuori se ne stava e fruitrici, accomodate in prima fila, eran le invidie dei nostri emulatori. Eppur non basta, ahimè, ascoltare le note di mille romantiche parole. Assediano questo presente inerme, rimbombano nel cuore e nella gola, lasciano segni, sì, ma gravano la pena. Pensavo allora ch’avrei potuto amarti pur se tra noi ci fosse stato un cosmo ed oggi invece mi sento un fortunato giacché distinguo gli eterni tuoi profumi sparsi nell’aria dove vorrei tu arrivi. (2009) Nuovo infinito Sdraiato se ne sta - il grande cielo - ma non è stanco come voi pensate. Lo fa per me, lo so, per i miei occhi che sempre su s’ostinano a guardare alla ricerca d’una via di fuga dentro spirale d’una migliore vita. Sdraiato se ne sta - sul grande mare - ma non lo schiaccia come voi pensate. Si fondono perfetti i due giganti, iniettano colore nel colore per ottenere solo il nuovo azzurro che linea di confine fa sparire. Diserterà la scena - donna luna - così da non confondere le acque… (Agosto 2009) All’Amore di sempre All’Amore di sempre ho raccontato, prima ancora d’averlo conosciuto, le speranze covate dentro il cuore e frenesie del diventare grande. All’Amore mi sono spalancato dando il fagotto dei sospiri acerbi, nel fondo il primo ruvido mento in attesa d’ingoiare i suoi sospiri. All’Amore ho concesso in sicurezza le esplosioni di necessarie albe, certi riflessi d’ubriache lune e le canzoni lì per lì inventate. In quel cuore poi ho travasato l’acqua e il sale ch’ho rubato al mare e, di lacrime, le esordienti gocce di quando ho imparato a piangere. All’Amore di sempre ho risparmiato quei miei trucchi per apparir più bello. L’ho spogliato delle eccedenti vesti e - nulla addosso - a lui mi sono offerto. - 2009 Per una volta ancora Per una volta ancora mi dispongo a riempir di me la lunga notte tra quattro mura ove è da guardare il niente, al posto delle belle tele. Per una volta ancora riproduco la chiave più adatta all’apertura di strano scrigno dentro cui si cela felicità rincorsa col sostegno d’occhi miei stanchi eppure ostinati in una persistente messa a fuoco del far sorriso il nascere d’un sogno ed esser pronto ad ogni suo responso. Per una volta ancora mi difendo nell’incessante e complicata guerra, lo scudo in guardia a schivar bordate di un nemico che ho già studiato. -2010 Rivincita A passi stanchi, irregolari e rotti si muovono in lenta processione quei sogni che fino ad oggi ho fatto, fantasmi in cerca della loro pace. Silenziosi, occupano gli spalti, assente l’alito di misericordia, uno solo, che li colori tutti come bagliore che nel grigio cade. Al centro del tappeto verde, io che la partita voglio rigiocare, che srotolo in folli evoluzioni per gremire di speranze il campo. Le guardo allora una dopo l’altra, prono alla forza che mi hanno dato, e sciocco piango e le mie mani batto per ringraziarle d’avermi dato accesso. Su questi fili d’erba non ho avversari, solo sassi e sassi non rimossi ancora dal buon custode delle pie ambizioni che esibirò di nuovo alle tribune mute. Tratta da "Appena finirà di piovere" (Global Press Italia 06/2010) – Anno 2008 Giocai col sole Quasi piena, l’estate romana inondava di luce la mia cucina. Perfetti raggi, dalle fessure della serranda a metà s’andavano a sdraiare sul grigio del tavolo. Per un po’ mi piacque mettere le mani sotto quella pioggerella di sole. Mi incuriosiva la repentina variazione di tono dei nastrini di luce sulle dita che muovevo senza un preciso ordine e al solo scopo di farne loro preda. Che stupido! A quei bagliori di vita era da porgere il cuore. Chissà! Forse avrebbe avuto un sussulto. -2011 Nel tempo in cui… Sempre lungo è stato il cammino di ciò che sempre felicità chiamiamo. Ci donammo, ci affannammo, ci dolemmo senza chiedere i resti dei nostri tributi e dentro collane incastonammo ferite. Ci chiedemmo quanto valessero queste vite, a chi interessasse prenderne possesso… Non ci pervade, oggi e però, quell’aria che abbiamo voluto sfidare, quel senso inverso di pura malinconia che abbiamo reso virtù con la dolcezza. Nel tempo in cui i vuoti colmiamo, denudiamo le nostre anime fragili guardando la terra prostrarsi incredula ad una magica invenzione dell’ amore. Roma, 20 Febbraio 2010 Vi chiedo di non spegnere le stelle! Deformi menti, schiave del potere, predicatori di società allo stremo, macchinisti di politiche indecenti, vi chiedo di non spegnere le stelle. Lasciatemi la libertà nel cielo, quello scrutar le luci confortanti che solo nuvole e non certo voi potrebbero decider d’annullare ……………………e mai per sempre. - 2012 Un sogno Mi vidi riverso sul grande letto, un mesto lenzuolo a coprirmi mezzo, bianche pareti a fare da contorno, garze e siringhe sopra il comodino. Di fronte a me una finestra chiusa a conservare l’eccessivo caldo nell’attesa d’esser tutta spalancata per dare cambio d’aria all’aria morta. Una donna con una croce addosso ebbe l’idea di assecondar la mia e fu così che in quell’atroce stanza entrò qualcosa, la luce ed altro ancora. Prestatomi da un cielo sempre a posto, macchiai d’azzurro ogni forma attorno. Protetto poi dal via vai di passerotti, io canticchiai nel mezzo del silenzio. Un angelo vestito da bella signora, perfette le sue gote a sfiorar bellezza, con il sorriso a ricordar mia madre si avvicinò per farmi le carezze. E disse: "La vita é meravigliosa, non credi?" Confuso ed eccitato come una volta, la volta del primo mio giorno di scuola, non ebbi il tempo neanche di parlarle. Era già oltre i muri, divenuti archi. Avrei voluto solamente dirle: "Anche a quest’ora é meravigliosa!" 05/12/2008 h. 7,58 Equidistante Equidistante, per meglio vedere tutto il vissuto al transitar dell’oggi, i desideri all’avvio dei domani, - là - sulla soglia dell’incurante tempo che ora per ora brucia le attese. Semmai da quel seggio ideale, da questa parte scorger potessi i ritardi, le frette e gli errori ormai cagliati nella fase del fu e, da quell’altra, l’esatto eseguire preteso dai sogni che io ho creduto ed ancora infallibili credo, semmai, da quel seggio ideale darei più senso al precario equilibrio in cui edera di vita mi muovo. - 2011 Osserverò Mi scorderò del tempo ch’attanaglia spostando le lancette nel futuro dov’è universo a misura d’uomo e, piccola, la Terra che m’accoglie. L’ultima scienza disporrà le cose salvando il mare tutto per intero. E le pianure, le colline, i monti, i laghi, i fiumi e le città di adesso saranno in miniatura replicate. Osserverò allora tutte le mie genti con occhi colmi della comprensione che fino ad oggi colpevolmente tace. In ore dedicate al giusto andare, tra nuovi passi in echi di sospiri, osserverò dentro me stesso e fuori. Quale amore che ora non conosco si mostrerà per come non l’ho visto? E’ proprio colpa del millennio nuovo o sono solo recidive distrazioni? - 2009 Negli anni del Dio che ho cercato Negli anni del Dio che ho cercato una parte di me si è messa in salvo. Intense preghiere ho spedito ma solo nell’atto del chiedere aiuto quando davvero la paura ti assale e pensi che Lui possa essere mago. Ho messo i pensieri il tempo a riempire mentre ero alle prese con lama e pennello in certe mattine del tutto sbagliate quand’io non ridevo, non fischiettavo. Negli anni del Dio che ho cercato una parte di me si è messa in salvo. La fede, che vince ogni morte, rimane attaccata a questa mia vita e spinge, reclama ricerca leale perché guardi l’inizio, non solo la fine. Solitudini Quand’é che tornerà la bella estate? Il blu sta ormai precipitando sul giallo ocra dell’autunno intorno. Appena giù, l’eremo l’inghiottirà e lo confonderà tra le speranze che su di lui avevo mal riposto. Intanto mi circondano i fantasmi, bautte nere che s’aggrapperanno per essere trainate fino al limbo. Mi chiedo dov’è finita la gente, quali parole è ora ad ascoltare così diverse da codesto canto. Mi faccio un po’ di buona compagnia guardando una locomotiva vecchia, portando al naso una rosa finta. Bramerei sorridere alla vita, donarle il gusto che le ho sottratto ma... vedo marciare solitudini. 2006 Primavera C’è oggi un’aria diversa, un battito d’ali che invita il cuore a bloccare il quadrante nell’ora di genesi nuova. -2007 Sempre rosso Rinascono le rose, pur private di sole ed acqua nel frangente duro. Hanno bevuto affanni di respiro e ricevuto caldo dall’amore. Sempre rosso dei petali il colore, si pavoneggiano in prove d’estate e contro brezza vibrano gli steli per far precipitar l’ultime spine. - 2010 Con le vene al cielo Le foglie di questo autunno sono come me, ribelli alla caduta. Vorrebbero sposare i freddi rami e rimanere ancora un po’ con le vene al cielo… - 1981 Non credo più all'Apocalisse Domani il sole sorgerà di nuovo, darà conferma del sentirmi vivo, diffonderà la luce tra le pieghe di un'anima ancora da esplorare. Ecco perché di me non ho paura, di certe debolezze ingannatrici, delle sconfitte che pure io vivo se in malo modo tutto si oscura. No, non credo più all'Apocalisse, al suo incedere così spettrale che poi così spettrale non mi appare rispetto a quando e come già la vidi. Basterebbe, e proprio non ho voglia, rispegnere i tramonti non vissuti per via di vespri che si son venduti a sere dal pronostico suadente; per via di quelle stesse insolenti sere, prostrate a notti cariche di vuoti per caldeggiare anticipi di ombre che, toniche, farcivano all'istante l'ultimo arco manifesto in cielo, l'azzurro eroico dell’offeso mare dove la vela tutta mi spariva e stolto lì ormai l'occhio insisteva. Sentivo, dentro, uno sgretolio e per la prima volta m'accorgevo di come l'anima si può toccare, delle sue schegge nella pazza via. No, non credo più all'Apocalisse... al suo incedere così spettrale che poi così spettrale non mi appare rispetto a quando e come già la vidi. -Anno 2010 La pioggia… Di quale pioggia sentirò il bisogno se, imbrattato dai guai del mondo, vorrò lavarmi per ritornare lindo facendo finta che nulla accade intorno? Acqua non basterà, premio del cielo negli autunni che invitano a pensare ai rendez-vous di nuove tenerezze da custodire quando arriverà l’inverno. Acqua non basterà, che i prati bagni, che un filo d’erba a danzare invogli per poi illuderlo di far parte del tutto così che, quello, arie si dia nel giusto. Urge la pioggia d’un diluvio aggiunto, schiuma capace di trapassar la pelle, di fare sosta in fondo in fondo ai cuori e uscirne… densa degli errori umani. – 11/10/2010 (dopo un TG) Credermi Quando il sempre odiato vento per una volta vorrei al mio fianco, pronto a spazzare con una folata l’inquietudine che insulto m’arreca, se l’aria non é l’aria voluta edè solo odor d’agonizzanti rose chiuse nel metro imposto dal tempo col cuore recluso ch’evadere tenta, mentre più non distinguo il mio sole e il tramonto io confondo con l’alba intanto che il blu del mare non guardo facendo svanire il sogno di sempre, ho bisogno di credermi. Ancora! - 1983 Il nastro… (dedicata a Salvatore Armando Santoro) Percorsi accidentati dove spesso il piede piega e il dolore monta, andrebbero nettati degli intoppi per ritrovare il passo regolare. A volte accade di chiamare spasmo quel che ci accade forse per disegno o solamente per attrarre addosso oscuri segni d’abbandon protratto. Come al tramonto segue sempre l’alba e l’alba lascia il suo posto al giorno e poi la luce fodera il meriggio fino al predare delle stelle i lampi, così vorremmo - anzi dovremmo - rismerigliare della vita il nastro riassegnando il ruolo esatto esatto a quel respiro che, se pur ci illude, almeno ci consente d’esplorare percorsi nuovi dove sgambettare, giardini arsi da ripristinare con vanga e linfa che procureremo in quelle ore quand’anche per errore si riesce - sì - ad esser giocolieri, maghi speciali in vena di pazzie od umile artigian d’un salva vita. – 03/01/2012 É sempre così É sempre così, chissà perché… Quando davvero servono due ali ‘sì da invidiare un passeraccio che d’usignolo a darsi arie s’azzarda, quando vorresti spalancar lo schermo a qualsivoglia fantasia comparsa che pur balocco un senso inventa e poi a protagonista essa s’atteggia, accade allora che ti senti piombo, quercia depressa nella bruma e non hai rami, non hai tronco, e uniformi son le tinte attorno. Passeranno, sì che passeranno, le ore senza i margini del tempo dentro le quali non riconosci il sole, non più raddrizzi una luna storta. Fortuna che verranno presto i giorni dello snodo a tutto tondo, lo scartocciar fragori e caramelle per rieducarti al vivo e ai colori. -2011 Al tocco della mezzanotte Non chiederò al nuovo anno nulla di più e nulla di diverso di quanto giorno dopo giorno già non chieda a quel futuro che da canguro vuole travestirsi per fare un salto proprio lungo mentre all’indietro scalcia di sé per diluirsi in questo mio presente. Se al tocco della mezzanotte lassù nel cielo ci sarà la luna, io la vedrò uguale a sempre, amata complice e discreta spia di un notturno culla ed abbandono. Eventuali stelle in bella mostra saranno ancora assai distanti, teste di spilli in una controluce. Se scenderà fittissima la pioggia, di certo pioggia d’oro non sarà. Solo la neve qui potrebbe dare la bianca quiete alla baldoria. Il mare sempre e comunque c’è e, pur lontano,è a me vicino come l’amor che sento dentro appena lei mi pensa un po’. Di là, sul freddo marciapiede, randagio troverà i randagi, bastardi a fargli compagnia tra vecchie luci e nuove ombre dove non trova padrone amico. Al tocco della mezzanotte berrò un quarto d’abituale rosso che sottobraccio poi mi prenderà fino ad aprir del sonno il sipario nell’attesa d’un nuovo dì clemente. Cabina fototessere all’Acqua Bullicante - Roma Paura non ho della notte. Per un po’ guarderò la luna e poi, giù, dietro la tenda a sfidar tempo ed insonnia. Domattina di buon’ora frugherò nei cassonetti per cercar tra le cartacce la mia carta dei diritti. Nel cappello da cowboy ci sarà spazio soltanto per la pioggia benedetta di monete color rame. - 2011 Tagliuzzavo bucce di mandarini Queste notti si cibano di sospiri. Assecondano le bizze di una luna che ci appare piuttosto indolente, solo però quando siamo un po’ tristi. Si fregiano di stelle superstiti, di angosce che seccano la terra, di smanie immutate, negli infelici, di sogni, ostaggi di innamorati, di tutto, si fregiano, per calcare il palco con vite su vite nel loro replicarsi. Ed anche questa Notte speciale, tanto inattesa quanto accelerata, così spoglia d’antiche suggestioni, così sovra vestita di altre suggestioni, questa Notte non cambierà le cose. E’ ciò che penso lungo la strada dove luminarie tutte troppo uguali insistono su patine di freddo asfalto e su gente che non dice “Buon Natale” soltanto perché deve prima conoscerti. Ecco allora farsi vecchia, la strada, che muta mi conduce subito al mio mare ma… alberi, case e colline adiacenti sono oggi scolpite nel nuovo nero. Non più si riflettono sul Tirreno come ieri facevano per me. Anch’esse sono un po’ distratte dall’aria confusa della festa forzata ed algide si offrono al mio sguardo, troppo essenziali di solo materia, non plagiate dai romantici appigli. A quest’ora, nella famiglia tutta, tagliuzzavo bucce di mandarini per disporle mucchio dietro mucchio sulla coperta di un tavolo allungato. Dovevano servire per coprire bene numerini che non uscivano mai. Certo, Aurè, che oggi è diverso... Seppure il Messia è inalterato, prima è fuori e poi è nel cuore quel Natale che credevo eterno, quando ogni cosa era… l’attesa. – 2010 Con i migliori auguri di un Sereno Natale per tutti voi, responsabili, poetesse, scrittrici, poeti, scrittori, lettrici e lettori del “nostro” www.poetare.it Francesco In Assisi il cielo si inchina all’Uomo. Di corporea pace l’ulivo s’invaghisce. Su, per l’aere toccato da Dio, s’intensificano battiti d’ali. Pane, amore e frenesia di Fede rilasciano echi in opulenta casa ove preziose stoffe scolorano. E trema anche un padre al cospetto d’umano miracolo. In assise chiederanno più lumi a quella candela capace di non spegnersi mai… Roma 4 Ottobre 2009 Le nuove emozioni Dense e all’istante le vorrò ospitare in questo cuore impaziente all’abbraccio! Chissà se vibranti per me nasceranno dal tocco di uno strepitoso amore o da un colore ancor non carpito in frenesie di oceano mio, in onde regalo a questi miei occhi che l’anima loro si danneranno purché mi tuffi nel futuro migliore! Forse daranno vibrazioni perenni, schizzate da strane forme di luna, esplose magari nei sortilegi di stelle da cogliere come le more tanto vicino potrò poi guardarle, corpi celesti ch’avranno l’ardire d’accarezzarmi guance e capelli, di convertirmi a magie d’universo. Ed altre emozioni pure verranno… in strambe notti non più carosello che mutano scena al passar delle ore per colpa di lacrime impertinenti che devono e vogliono stramazzare in groppa a un dolore ancora fresco, dentro il teatro ch’adesso paventa tenero inganno ahimè smascherato da quest’età che la gola mi stringe per ricordarmi che la vita è già qua, che fantasie che sto or disegnando lasciano il posto al cosa è da fare per ingegnarsi non più sognatori. E ciò nonostante, che vengano le nuove emozioni! – 2010 Del rosso di questo Natale Del rosso di questo Natale aspetto il bagliore vincente, quel fascio di luce che prende e caldo, denso, avvolgente negli occhi e nei cuori s’espande per poi rinnovarsi all’istante. – Natale 2011 Tocco cristalli Tocco cristalli, cristalli di felicità, quando i tuoi occhi, messaggeri d’amore, sorrisi aprono al cielo dove l’antica mia vela brezza su brezza guadagna per giungere nuova, immacolata e bianca come vita che nasce, nel punto di un blu che al mare ha rubato e pantone non ha. - 1992 É la solita storia… Quasi estremo saluto a una vita, ci diamo all’ultimo raggio di sole. Miele eccelso, ne ingoiamo il colore e - re dei tramonti - la morte scordiamo. Sono prove schiaccianti di noi pellegrini lungo i sentieri che portano ai sogni e, molto prima che brucino gli occhi, i lampi del cuore facciam prigionieri. Accade così che ci chiaman romantici, i manzi residui nei difficili tempi, guardie - fesse - dei più fragili mondi e - vecchie - nel caos degli anni davanti. Accade così che restiamo romantici, i nuovi giaguari nelle sanabili giungle, guardie - indefesse - delle anime fragili e - nuove - nel caos degli anni davanti. - 2009 Duelli Silenzi che circondano la vita, a volte grevi a volte necessari, arrivano puntuali come albe perché si senta d’un riscatto l’urlo che dentro negli abissi si propaghi là dove ogni felicità esplorata, eterna fata dispettosa e vispa, vada a trovar sicuro nascondiglio. Poi tutto è quiete al rassegnarsi. Riprende forma il nostro microcosmo nella certezza d’aver ancor provato ad inseguire tracce promettenti. E passa, un’altra notte passa indenne da improponibili duelli insonni quando con l’arma della fantasia battaglia vinci e tu la chiami guerra. - 2009 Troppo decantata luna Pensavo fossi una regina rara, una di quelle elette dall’amore, che girano di notte sopra i cuori per farli innamorare uno alla volta. Invece, cara decantata luna, tu sei capace di frustrar le attese ‘sì che in odore d’una fresca amata, a me non dai il segno della svolta. Eppure vibra dentro me l’idea di dare lungo sfogo all’impazienza, di correr per il cielo e per la terra con la più rossa rosa rossa in mano. Coraggio dai agli accaniti amanti, racconti a loro i miti degli eroi, le metamorfosi regali a iosa e palla o falce, allora sì, diventi. E invece, troppo decantata luna, sempr’io ti vedo pallida e stanca, una comare pronta al voltafaccia che ad arte sceglie a chi offrir la ciancia. Se tu mi dessi finalmente ascolto, di un nuovo oceano ti parlerei su cui la nave “Mille e una volta” ricalca scie per lei che non le vede. Dovrò cavarmela da solo, insomma, magari chiedere assistenza al mare ma non è il mago della situazione. E’ come me, vestito d’acqua e sale... Se poi anche il cielo si spezza Se poi anche il cielo si spezza - vedo frammenti cadere giù - diremo non nostra è la colpa. Di più ci preoccupa l’ego, la terra su cui non volare. Pensiamo da sempre a noi stessi, a come dar fianco alle frecce scagliate da eccentrico fato, diafano quando è alleato, enigma negli altri casi. Di fango la prima pioggia insidia le umane certezze ed acida, fitta, assillante insiste sui tetti dorati. S’allarga la falla d’abbaglio. - 2011 Spero proprio sia distratta Spero proprio sia distratta, l’anima mia. Se lei sapesse cosa sto combinando mi chiuderebbe per sempre l’uscio e invece ancora io vorrò entrarci. Non so se di questi tempi è la colpa, o forse sono già vittima degli ‘anta, ma mi succede spesso e da un bel po’ di farmi trascinar da venti sconosciuti. Vabbé, siamo d’accordo quasi tutti, sorrisi e sguardi degni di tal nome non è che se ne vedano poi tanti. La gente sembra sempre più un pallone, è bello, si, ma solo se ci sai giocare perché altrimenti devi accontentarti di apprezzarne la forma ed il colore. Mi dirai che basta un po’ di fantasia, vedersi belli dentro una divisa linda, sull'erba correr come fanno i matti e giù calci su calci, vada come vada. Già, la fantasia… Ho l’impressione che sia stata abolita. L’avranno soppiantata in fretta con la fretta, con la sacra immagine di sé, quale che sia, purché circoli bene nel fiume di tendenza. Davvero non riesco, io che mi lamento, a sciogliermi il nodo attorno al collo, occhio per occhio dente per dente sta diventando l’inno dei miei anni. Vorrei amare come ho sempre fatto, scambiare quattro chiacchiere quattro mentre mi gusto l’ormai caffè perfetto oppure fare una pausa dinanzi al mare piuttosto che dentro confuse mense. La pelle ormai sta diventando dura, non sento più richiami di sirene, neanche l’urlo di quando il dolore monta o quel che nasce da una qualunque gioia. Spero di non arrivare a vendermi mai ai nuovi eserciti in marcia verso il tutto, a queste schiere di ladroni incravattati o agli abili manovratori delle mille luci. . Spero proprio sia distratta, l’anima mia. Aurelio Zucchi – 2009 In sella ad un cavallo bianco In sella ad un cavallo bianco mi avviai dall’alba verso il giorno per poi, oltrepassate le colline, con un inchino salutar quegli anni, gli stessi che ora chiamo giovinezza e che allora non avean nome. Scendendo di gran fretta a valle a lungo mi fermai nei verdi angoli, poi cercai il mare e sazio di emozioni mi abbandonai al suo perenne abbraccio. In seguito, odorai di uomo e mi tuffai nei fiumi dell’amore. Conobbi pure i duri labirinti a prima vista di città qualunque solo che quelli eran del Meridione così che mi inventai nuovo Teseo. Intanto che la vita andava avanti, che i chilometri me li bevevo tutti tra gli insistenti sguardi al mio futuro e le carezze del passato prepotente, ahimè ho smarrito il filo portentoso e quel cavallo non l’ho più trovato. Tratta da "Appena finirà di piovere" (Global Press Italia 06/2010) – 2008 La voce del tempo Nell’attesa della gradita curva che apre il cuore a quella dimensione dov’è che sobrio amo rispecchiarmi, fecondo è il silenzio che circonda. Ascolto la voce del tempo che va cercando di registrar quegli accenti che lungo tutta l’asta graduata marchiano a fuoco le ore importanti. E netto è il timbro, imperioso senza per questo infondermi paura nel transito di prime e ultime tappe rivisitate in assoluta quiete. Solo, però, di tutto ciò che avverrà, del tempo che poi vorrà confondermi, spingo il desìo di sentire con forza tenera voce, confidente spia… - 2010 Dell'amore, secondo me Per caso, avete visto l’amore? Oh Signore, devo chiedergli un favore! Cosa dite? E’ birichino? Sì, lo so. Se lo prendo lo strapazzo. Non può esser che da sempre giochi sempre a nascondino. Ieri là, oggi qua, domani boh... si traveste ma... é sempre bello. Cerchiamolo, diamoci da fare! Tu vai in quella direzione dai bambini con il lecca lecca in mano, dalle madri colte al volo in un sorriso, da quei figli che lo hanno propiziato. Voi, invece, stazionate sotto il cielo. E aspettate, aspettate buoni buoni nostra luna con la scorta delle stelle verso cui lucidi occhi, quattro almeno, lanceranno tenerissimi sospiri. Dai, non perdiamo altro tempo! Qualche altro, dall’olfatto buono, si immetta nel sentiero di collina e controlli la freschezza tra i roseti o i profumi delle primule odorose. Forza, non restiamo imbambolati! Quattro o cinque, coraggiosi, per favore si dirigano pazienti all’inizio dell’amplissima radura dove udranno gridi di guerra. Non si arrendano alla prima eco! Specie là, la ricerca insista tra una bomba e un’altra ancora, tra le polveri delle vite ignare o tra sagome d’innocenti in fuga. Io dico che ce la faremo. Quanto a me, sto per recarmi nelle zone colorate, giù al mare, e aspettando che m’arrivi l’alba guarderò tra le pieghe delle onde. Chi lo trova, avvisi gli altri. Se lo prendi, quello è tipo che t’ascolta, che si scioglie in mille pezzi e te ne regala uno. Non prendiamoci la briga di rimproverarlo, dicono che lui ha sempre ragione. (Tratta da "Appena finirà di piovere" - Global Press Italia 06/2010) – Anno 2008 Se questa volta il mare non m’ascolta Se questa volta il mare non m’ascolta é segno che non gli so più parlare, io, nuovo muto ad ammirare l’onda, imperdonabile nel non sapermi dare. Mio Dio! Da raccontargli ho l’amore, l’amore che ho trovato in un sorriso, che in un sorriso ho tutto travasato e adesso colgo i petali migliori. All’acqua mia dirò che son distratto, io, nuovo re a lucidare il trono, imperturbabile nel saccheggiare arcobaleni e delle danze luccichio. Se questa volta il mare non m’ascolta… deturperò i valori che gli ho dato, lo ridurrò a pozzanghera incolore e nuoterò nella corrente nuova. - 2010 Mio caro vento Chissà da dove vieni e dove vai, le acque e le montagne sorvolate, le valli nelle quali hai rallentato, gli amori che avrai tu suggerito. Quando, come nuvola diafana, fresco e leggero plani intorno a me, non farti raggirare dalla fretta. Indugia un po’ e fammi compagnia. Come da lei, vorrei da te intascare mille carezze resistenti all’urto, farne sigilli sulle mie gote stanche, segni inviolabili di fortunati incontri. Giacché ci sei, cattura il mio respiro. Come si deve, miscelalo col tuo e versalo sul dorso di un gabbiano al quale indicherai la giusta rotta. - 2008 Con te Con te sconfinerò nell’universo, beato chi potrà guardar noi due librarci nei colori d’oltre azzurro e mano nella man - senza paura - Ci prenderemo cura di quegli astri nascosti fino ad oggi ai nostri occhi. Non più la luna stanca d’ogni notte né stelle immaginate clamorose, affileremo l’arma dell’amore chiedendo a privilegio un nuovo sole che lanci raggi incandescenti e tanti sui nostri cuori da scaldare tutti. Eviteremo cosmiche tempeste cercando l’ultima costellazione e - nuovo - un blu, capace quanto basta di colorar le nostre lunghe attese. Con te. - Anno 2000 Nuovi aquiloni Inutile è la scala verso il cielo: non ho equilibrio per salirci su. Eppur vorrei raggiungere una quota, un punto appena appena sufficiente per colorare questa stanca pelle di una tinta che mi ricordi il blu. Nel tempo in cui tanto filo davo agli aquiloni figli dei miei sogni, non si poteva immaginare un oggi dov’è fatica già guardare in alto. Mi dico sempre che non morirò e forse ciò dovrebbe ormai bastarmi ma la paura anche i più forti avvolge in quel momento di sola verità. Mi costruirò un rombo d’altri tempi, fatto coi fogli del mio quotidiano e proverò andando in mezzo al prato a chiedere l’aiuto a un qualche vento. - 2009 Nel cielo che annulla ogni età (A mio figlio Simone e al suo amico Matteo per il loro 18° compleanno) La pelle del viso cambia colori. Tu non li vedi, sono solo riflessi, i riflessi migliori dei migliori tramonti sotto i quali da sempre insistiamo per assistere ai riti dell'esser felici che pensiamo un diritto acquisito epperò… non lo siamo…lo siamo… non lo siamo…lo siamo… Ti verrà d'aumentar la frequenza dei battiti tuoi delle ciglia stupite. Sentirai un inizio d'umido agli occhi: stilla di miele, la miglior testimone. E intanto benvenuta è la pioggia, la più amata che sia mai esistita, teneri scrosci dei brividi d'Eden che cadono muti sul cuore e le gote. Avrai come freddo, anche d'agosto, ma febbre non è, è tua suggestione. Avrai come caldo, anche d'inverno, ma caldo non è, è sudore alle mani. Disteso nel mezzo di mezza noce, barca sicura in un mare impensato, é così che in fuga tu metti la morte, che vita tu plachi e poi ridisegni. Spogliato di scudi, di te solo armato, alato nel cielo che annulla ogni età, è così che infine il respiro rimandi, che pane tu mangi e bevi emozioni. Non tenertele strette, non sii avaro! Non celarle nel sacco creduto proibito. Raccontale! - 28-12-2009 Nell’ottobre che pigro si dilegua Nell’ottobre che pigro si dilegua, assente è il preludio dell’inverno e sono sereno, a guardia d’un sole inflessibile sull’incerto autunno. Svilendo un po’ il freddo Generale, distratta è la mia inquietudine come vista dentro il campo di grano, incurante delle spighe claudicanti. - 05/10/2011 Solo lembi d’ovatta Superba quest’alba s’erge allo sguardo. Son già dei traccianti, i suoi primi raggi. Disegnano icone su fogli di cielo ed io le traduco al sentire dell’oggi. Che voglia che ho di mettermi nudo… coi piedi alla riva e il capo all’insù, nel vento non vento ormai diventato, in brezza che al petto saldi le braccia. Nessuna nuvola a far la smorfiosa, solo lembi d’ovatta in processione verso i vuoti di color grigio scuro che – oggi – non mi appartengono! - 2007 Se Se riuscissi ad afferrare la luna o almeno a sfiorare il suo volto così da sentire più da vicino il mite respiro che slaccia la notte, l'antico segreto che arma i poeti, la vibrazione d'eterno e infinito, quel freddo da mille stelle falsato prima che viri al caldo del cuore; se fossi per una volta capace di farmi vago in abisso incolore, fluttuare tra il plancton di un mare poco azzurrato dai miei sorrisi, rifugio caro nell'ora a declino com'è la pretesa dell'uomo perso che nell'amore il porto non trova ed acqua e sale in zucchero muta; se credibile ciò fosse appena, darei inizio al ripristino nuovo, all'essere in corsa per un riscatto d'eroe illuso nel tempo che vola. Mi stanno a guardare, il mare e la luna, e forse ridono di me, del sogno che come nuvola al sole si sfila o come onda sullo scoglio s'infrange. - Anno 2011 Dovrei Dovrei di più parlare con me stesso in certe sere che mi sento freddo mentre il silenzio fodera il mondo e soltanto la luna fa baccano. - 2011 Che faccia ciò che vuole, il vento! Che spazzi nubi inopportune, il vento! Che infili pure quel sentiero antico tra i fichi d'india saturi d’inverno e che finisce dove inizia il mare. S'accosti minaccioso al blu più nero. Un vortice alimenti, devastante, capace di ghiacciare il navigante o del poeta l'anima sfidare . Che si diletti a modificare vette laddove neve gli sequestri i soffi perché le nuove forme presto assuma e la si veda ciò che il cuore sente come succede di nuvole col sole quando, sdraiati sull'estate piena, gli occhi volgiamo all'apice del cielo con l'illusione d'esserne una parte. Miri ai capelli d'una fata, il vento, ne mescoli i riflessi e poi li smuova con la cadenza d'improvvisato slow così che un romantico si desti. Che faccia ciò che vuole, il vento! Ma non gli venga in mente, per favore, di entrar nell'aria che sto respirando, un'aria, già pulita, che circonda il volto che amo e che mi è accanto. In questa ultima mia dolce fase accetto solo d'essere battuto da una brezza assai più naturale di cui anima e corpo sono il nome. Poesia prima classificata al concorso poetico "goccedinoi" svoltosi a Chianciano il 28/05/2011 e promosso dal sito www.goccedipoesia.it Nella bruma Non fai in tempo a tirare un sospiro di sollievo che la vita ti propone un nuovo inferno. Mi chiedo quanto ancora devo amarla per sdraiarmi sull’amaca duratura. E mi sfida lungo i solchi più depressi tra pareti dove appigli sono assenti. E la sfido penetrando nella bruma mentre già mostro gli artigli. - 2011 Adesso che ritardo chiedi all’alba Disturbo arreca quel vocìo di notte quando tu credi d’essere del sonno. È l’ultima città ch’ancor non dorme, meteore di carne parcheggiate solo ad un metro dal Casino Royal, sul marciapiede che si fa teatro. T’affacci sul terrazzo della luna e questa volta gli occhi vanno giù, canotte bianche a scoprir tatuaggi, vuoti di birra in bilico sui bordi. Ritorni a letto quasi barcollando sperando ancora nell’accesso ai sogni ma sogno nel frattempo é l’incontro con i vent’anni che non van dispersi, con l’afa d’oltre mezzanotte al Sud, fette d’anguria enormi tra le mani, il blu del mar ch’aspetti di vedere assieme a labbra a colorar mattini. E quindi del dormir poco t’importa adesso che ritardo chiedi all’alba. - 2011 Sabbia tra le dita E’ sabbia tra le dita tutto ciò che ormai è andato, microsfere, coriandoli di vita tenuti in una mano sola. Come rena si dileguano al primo respirar del vento e al minimo pulsar di vena si disperdono nell’aria terra. Come granelli, i più tenaci, alcuni me li sento appiccicati e nell’ingenua pelle mia vorrei restassero per sempre. Sono i rimorsi mai cancellati, i disarmati plinti dei ricordi, dense lacrime che non asciugherò malgrado il sole le riscaldi. - 2008 Nel chiuder quella porta d’alabastro Nel chiuder quella porta d’alabastro m’innamorai di quanto avevo visto e a tal punto me ne innamorai che, sì, d’un sogno mi sentivo preda. In una stanza dai color pastello con le finestre tutte fronte mare, la mano strinsi a gente che m’amava e diedi un bacio ad una donna vera. Sul pavimento fresco satinato, mi rotolai con dei bambini immensi e su di un letto diventato un forte feci con loro la guerra dei cuscini. Si addormentarono così felici da non escludermi dai loro miti. Io li guardai con meraviglia uguale a meraviglia quando tutta esplode. Mi affacciai a controllar ben bene che fosse retta la linea d’orizzonte e vele vidi… vele e vele colorate l’un dietro l’altra a consumare sole. Ne scelsi una, scelsi la più verde e col mio tifo la portai davanti fino a sospingerla col vento amico ad un traguardo posto non so dove. Indi il silenzio scese nella stanza: tutti zittiti, quasi per comando di un lungo assolo fatto da un’onda nel suo morire contro la scogliera. Di sale l’aria intanto diveniva. Non più pareti a fare da confini, mi ritrovai nel mezzo dell’evento di una vita per una volta al centro. Mi tramutai in un buffo paguro, poi scavalcai la cocente roccia andando a guadagnar la via del mare dove m’immersi in cerca d’un abisso. :::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::::: Nel chiuder quella porta d’alabastro pensai a ritrovar d’oggi la strada ed a tal punto poi la ritrovai che, sì, di un bel sogno ero stato preda. - 2009 Tra le magie della prima fiaba Davvero, non m'importa di sapere dov’é che inizia o finisce il mare. Lo voglio immaginare senz'età nell'unico colore che può avere, nato per caso o per un'alchimia tra le magie della prima fiaba. Con quel respiro che mi sembra il mio quando le ansie rimuovono le onde o un sorriso le ripiega al sole, come il più giusto degli amori giusti lui m’accompagna ad ogni nuovo passo. La pelle bagna se la vede secca e, poi, a scoglio tiepido la presta. Lunedi 3/01/2011 Matite Nel mio meriggio a riguardare l’acqua, del non confin la lunga retta é falsa. Di sopra, un cielo sfaccendato e stanco. Di sotto, un mare che vuol provocare in questi istanti che lei mi manca un po’. E’ un mio orizzonte da circuire. La linea sua vorrei ora rubare per farla di matita diventare, da scorrere e poi riscorrere sul blu e disegnare il viso che mi aspetta. - 2007 Mi ascolto E’ a notte della non deriva quando friggono - i silenzi - quando mutano - le stelle - che io mi ascolto... Voce, allora, arriva chiara. Contro muro si fa palla, fino ai bordi l’aria colma, del respiro m’assicura. E mi ascolto dentro l’ora di felicità aggiustata e non fiato, non rispondo se non per dirmi ciao. - 2008 Le chiavi dei sogni Non ascolto i silenzi del mare mentre di giugno è agile la sera. Forse mi sono consegnato troppo nella mano sgarbata della vita. Col sollecito incedere del vespro, respiro, sì, il profumo del sale ma è come se fossi un ostaggio del durevole senso del dubbio. Chissà se verranno i giorni preposti a disincrostare le chiavi dei sogni, ad estrarre queste nuove radici per gettarle nel fosso dell’oblio. Vola, pensiero, da chi mi colora! Versale gli intensi azzurri, sottratti alle creste più scintillanti d’acqua, nella sintesi dell’amore vero. - 2011 Attender deve, il Paradiso Al confine con l’altra dimensione, là dove nuova è d’alba la luce, mi soffermai a pregustar la scena volgendo gli occhi all’eterea via. Immensa, di persone pullulava e di germogli, a divenire fiori al primo tocco della fantasia quando li vuole contemplare schiusi. Ed altro catturò la mia attenzione in special modo uomini smarriti e donne, anch’esse un po’ disorientate, alla ricerca d’un arduo ritorno. Possibile, mi domandai sorpreso, che dopo averlo anelato a lungo, quasi al cospetto del mistero bello vi sia la ritrosia ad accettarlo? In mano a quella gente vidi zolle, di mare gocce dentro delle ampolle, la neve scivolare sui mantelli e di sei petali su ogni petto un fiore. Nel cuor di quella gente vidi infanti, adolescenti in cerca di futuro, adulti a caccia del miglior presente e vecchi, di nostalgia ammalati. Ed un sussulto ebbi alla conferma d’esser non solo ad amar la vita, d’appartenere a quella folta schiera per cui attender deve, il Paradiso. - 2011 Mezzagosto Mezzagosto senz’amore in scena, le difese del cuore resistono. Il mare controvento del mattino azzurro l’ho lasciato a prima sera. Nessun riflesso ha ricordato il mio e nuova spuma il vespro non rischiara. Protetto dal silente borgo antico, rimischio il visto, il prima, il dopo. Sopra i contorni dolci di collina c’è una luna che non è bugiarda. Pare invitarmi a consolarla un po’ perché deserta è ora la platea. Verso la luce di lanterna 7 s’attarda un gatto a risalir la china mentre le mani in cielo ridistendo per afferrarti in questa notte, amore! - 2010 L’eco e la luce Nel ventre generato dai silenzi esiste, se si vuole, un buon anfratto dov’eco persistente rompe il passo e il suono s’impossessa del teatro; dov’eco gioca all’asso piglia tutto ed ogni mano vince contro il tempo cristallizzando il meglio rendiconto e rimandando al dopo ogni sospetto. Io v’entro perché amo veramente anche la vita che mi rende muto al primo osare d’una traversia mentre riscatto atteso ancor indugia. È solo un sistema che ho adottato per vincere di netto lo sconforto e quando della sala m’impossesso quel suono, allor, serenità m’arreca. Poi, lungo il solco mi ritrovo nuovo ancor con l’eco a tutta pelle addosso e non mi meraviglio se ad un tratto vedo una luce che ad uscir m’invita… 2009 In un bagno d’albe scroscianti Chissà se saprò come accarezzarti quando, in un bagno d’albe scroscianti, indietro saranno tornati i tuoi occhi e la fronte, la nuca e i capelli, e le guance, il naso e le orecchie, e le labbra, il collo e il petto, e i gomiti, le mani e le dita, e i piedi, i ginocchi e le gambe e il ventre e gli attigui confini, e le spalle, la schiena e i segreti... Chissà se saprò come accarezzarti quando, in un bagno d’albe scroscianti, indietro saranno i nostri anni tornati in quel pieno dei giorni in cui tutto e il contrario di tutto accadeva. Ricordi, amor mio? Il mare innamorava la terra e la terra si lasciava toccare. Il sole corteggiava la luna e la luna in anticipo sorgeva. Le stelle perdonavano i danni di nuvole che si intromettevano e le nuvole poi diventavano cipria. Ecco perché tu devi ascoltarmi. Le rughe irritanti che ora vediamo somigliano un po’ a quelle nuvole. Noi vinceremo il tempo! Lo spezzetteremo a tal punto da farlo entrare nel collo della sua clessidra e - lei non lo sa - la piomberemo, quella clessidra, prima ancora d’averla rovesciata. Chissà se saprò come accarezzarti sotto il bagno di quelle albe scroscianti. Chissà se saprai come accarezzarmi... (2009) Io non poeta La poesia, quella di stanotte, é intrappolata in un non so dove, in un pertugio posto in fondo al cuore o dentro l'anima, in un buco nero. Vuole silenzi che non le so dare quando il cuscino giro e poi rigiro, se piede al piede insisto a frizionare o gratto ciglia fino a farmi male. La strada che dovrebbe esser muta disturbo arreca con i suoi rumori e il sussulto della sveglia odiosa scandisce tempo solo da fermare. Io non poeta sono prigioniero, o, meglio ammettere, assai incapace di catturare lemmi uno alla volta e incastrarli in qualche verso mio. Amore, amare, mare, terra e cielo... nuovi universi, lune, stelle e soli... Non scriverò di omerici vascelli, di una strega da tramutare in fata, di un seno sotto trasparente seta o del viaggio verso un lungo bacio. Ancora prima di tentar poesia, facile preda io mi do a Morfeo e nebuloso mi diventa il tutto nel sogno incerto che andrò a fare. Ed é mattina, il sole alto di già, mentre a registro il mio ricordo metto. Sembra passato tanto di quel tempo e invece... in una mano conto le ore. - 2010 Geometria Di quell’uomo che potevo essere io ho paura, di quel suo cavalcar teoremi tra i simboli, tra formule, spigoli, basi e altezze senza avvertire di luna maestra pervinca sfera lassù scolpita perfetta nel ventre d’avido cielo, senza sentire il tiepido fascio terra baciare, senza guardare il cono di luce bene addestrato per arrivare a disegnare lampare sul mare dentro la notte d’insopportabile inverno ostinato, ala di cera quando il suo gelo angola il cuore, prende la mira ed unica fiamma resta l’amore. - 2011 Quest’alba non ho visto l’alba Quest’alba non ho visto l’alba. Dormivo, calmo suddito del sonno o - voglia il cielo - d’un qualunque sogno a colori o anche in bianco e nero, capace tuttavia d’invischiarmi in baie del passato sentinelle, nei vortici d’ermetico futuro o nel presente minimo migliore. Quest’alba non ho visto l’alba e mentre le ore chiamano mattino il sole, sì, l’ammiro con ritardo ma lo assimilo di qualche raggio fa, levarsi a specchio dove finisce il mare, bere il nero ch’ancor riveste i monti, confuso un po’ in griglie d’antenne, svogliata spia d’oasi a oriente. Sulla scia d’una stella cadente Sulla scia d’una stella cadente mi piace immaginarti quasi nuda, solo vestita a firma prestigiosa di un amore fiero della sua modella. Nel posto dove poi tu planerai andrò di corsa anticipando i tempi, allestirò la tenda della seta dentro la quale troverai l’alcova. Prima, ti chiederò se avrai udito i desideri espressi alla tua vista, primo fra tutti quello più pressante di riabbracciarti a fine giro cosmo. (2009) Prove di magia Ancora non riesco a fermare nel punto da sempre prescelto quel sole della mia primavera in maniera che alla fine riceva dei suoi raggi il calore migliore. E poi dovrò inoltre affrettarmi a fare del mare un azzurro foulard da mettere addosso in quei giorni nei quali da impazzire mi manca, perfetto equilibrio che cerco. Saranno da usar le alchimie riflesse allo specchio dei tempi? Le formule dei nuovi stregoni che i cuori ormai hanno escluso, indotto equilibrio che non cerco? Ed io che pensavo che amor fosse indenne! Sarà lunga la mia barba bianca, in testa un cono di carta cobalto, mantello amaranto alla fiera del non, un dito allenato a far da bacchetta e mago strambo illuderò almeno me, antico equilibrio smarrito. - 2011
…, madre mia! Quando ti chiederò aiuto, prima ancor d’indovinar perché, posa le tue mani su di me e… accarezzami, madre mia! Come allora, antalgico sarà quell’indugiar d’esperte dita s’umido spasmo delle gote. Quando ti chiederò perdono, ancor prima di concederlo, metti gli occhi nei miei occhi e… accarezzali, madre mia! Come allora, fluido sarà quel complice danzar di sguardi dell’amore impareggiabile. Roma, 26 Luglio 2011 Roba intima A me non basta più immaginare. Mi si deve, come premio fedeltà, ritagliare uno scampolo di cielo per poi farne esclusivo fazzoletto. Ai primi indizi di malinconia, lo accosterò ai miei occhi scuri e di ricordi, solo di ricordi, intaccherò l’azzurro persistente. Lo laverò in acqua immacolata, lo stenderò sul filo dei rimpianti, lo asciugherò al caldo del suo sole. Lo stirerò nel verso dell’aurora, lo piegherò in due mosse appena così che all’occorrenza l’abbia pronto. (2009)
Non è poesia Non è poesia il tremolio del passerotto infreddolito e stanco sulla ringhiera lisa del balcone mentre di bianco il cielo si scolora. Non è poesia il mio guardare, il non far niente per aiutarlo un po’, sicuro che - seppur piano m’accosto - infastidito per paura vola. Se almen di sole arrivasse un raggio, potrei immaginarlo almeno caldo e scrivere per lui un qualche verso ma intanto, no, non è poesia. - 2009
Il mare racconta Se non sei me, non puoi immaginare l’assenza di paura in piena notte, sia essa gelida e figlia dell’inverno o soffocante in opprimente agosto. Ho visto stelle correre al riparo al sopraggiunger di maligne nubi ed altre, a mo’ d’affascinanti donne, spogliarsi d’ogni ultimo brillante. Nei suoi tre giorni e nelle sue tre notti, a Santiago ho fatto compagnia mentre adescando il fiero nostro marlin pescava invero il suo coraggio estremo. Bonacce,è vero che ne ho mandate ma il mio vecchio mai ha più saputo di quanto ancora sono amareggiato per le tempeste che non ho evitato. Se mai qualcuno ti dovesse dire che solo d’acqua sarei fatto io, non annuire e sii anzi tentato di venire a vedere la mia anima. - 2011
Trigonometria applicata Tu non ami definirti, vero Aurè? L’amante ti dettò la condizione: "Sono tua se tutta tu mi accetti!" Eh già, la vita ti ha stregato. In geometrie t’ha risucchiato e rette, cerchi, semirette e curve han formulato la sua equazione. Ma, al momento della soluzione… in quale angolo tu sosterai da cui guardare l’esistenza? Quello concavo, delle nostalgie? Se così fosse, ripercorreresti solo il sentiero dei ricordi belli. Quello convesso, dell’indifferenza? L’ultimo atto aspetteresti freddo e ignoreresti il nascere di stille. L’angolo ottuso, della fatalità? Non accorgendoti ch’ancora esisti, verdetto accetteresti silenzioso. L’angolo acuto, del romanticismo? Ripenseresti all’amore che hai dato lasciando in sospeso quello non avuto. L’angolo piatto, dell’inerzia? Dovrai scansarlo in tutta fretta per evitarti uno stato sconosciuto. L’angolo retto, dell’innamorato? Pur moribondo, ti vibrerebbe il cuore ch’ancor vorrebbe innamorarsi ancora. Quel dì sarai tutto, in un secondo. Tra tanti te dividerai la sorte ma chi ti sa ne sceglierà uno solo. Ti ciberai di flebo d’ingenuo eroismo, del buon affetto di chi ti vuole bene, di dosi, a goccia, dei rimorsi, di dosi, a goccia, dei rimpianti nel piatto non svuotato dei tuoi sogni. Chi sarai, a soluzione data, tu? - 2009
Premessa Quando scrissi questa cosa pensai all’accidia e qualche ricordo della Divina Commedia mi spinse a comporre queste terzine.- Per carità, fate in modo che Il Sommo Poeta non ne venga a conoscenza sennò per me sarebbe…l’inferno. Grazie Aurelio Virar dovresti Nel fango di Stige affondi tuttora, laddove tra la melma del ruscello, pur anima, t’è sempre arduo l’operar. Se non per altri, almeno per te stesso virar dovresti dall’eterna noia si ché pure tristezza monderesti. Ei tu! Salvezza proprio non invochi? O forse, allor, il Sommo vide bene? Nella di lui ragion, dolor non senti. - 2009Ite, Missa est! Qui, sull’altare dei valori nuovi celebreranno Messe senza luce tra gli odori dello scaduto incenso fluttuanti in artefatta aria fritta. Al posto del silenzio di navate sarà il gracchiar peggio riuscito di corvi mescolati a pipistrelli, novelli chierichetti per servire. Di là, nella spianata senza luna, sui petti gli automi batteranno i pugni modellati al Beauty Center di modo che si fermin sulla pelle. Ite, Missa est! E via, di corsa, le disperse folle nell’orto della casa pria già perse ed or riperse in paradisi astrusi. L’universo dentro me L’universo è dentro me quando la notte denudo e so di non esser solo. Sento ridere i miei occhi ubriachi della tua presenza, di quel vedere che ci sei. Non voglio lune incredibili né stelle piegate ai capricci o astri dai colori impossibili. Mi basti come acqua alla sete, colma dimensione del fresco in attesa di riaccostar le labbra. Portami al mare Portami al mare in questo autunno intenso. Fa’ che dal vivo io risenta dell’onda il suono sullo scoglio mentre la pioggia fitta di novembre non si discosta e anzi mi confonde. E non lasciarmi poi da solo, seduto ad assaggiare un sogno. Vienimi accanto ad ascoltare quell’emozione che mi prende al breve, ingenuo tuffo nell’eterno. Non ti spostare appena sembra che l’acqua inghiottir ci voglia E’ solo un segno d’accoglienza, catarsi che ci viene offerta per ripartire appena spunta il sole. - 2010 Tra petalo e petalo Ho incastrato con cura le emozioni di sempre tra petalo e petalo d’una rosa rossa. Quando li vorrai staccare, troverai di che ridere tra le rabbie per le lunghe attese e i silenzi di speranze invincibili. I ricordi premono sulla terra in cui l’ho colta, quella rosa, ma si diradano come nebbie che vorrei ancora attorno. -2005 Quasi a sfiorar la non ombra di Dio Quasi a sfiorar la non ombra di Dio, ho volato nell’ultimo infinito e cosa importa se un sogno è stato o se si crede o no a quanto dico. Di piombo, le mie ali protendevo, del colore rubato ad un tramonto, e la terra ho visto da quel punto pianger finalmente di vergogna. Anch’io, c’ero anch’io in quella ressa… - 2011 Dovrei sgridarti Dovrei sgridarti, adesso, cuore mio che in disparte te ne stai piegato, ridotto a quelle esatte dimensioni adatte al bimbo ch’ero e non all’oggi. Svegliati un po’ dal tuo torpore! Non son capricci, oggi, lo capisci? Non c’è più mamma che all’occasione é pronta a iniettarti aria sublime. Adesso c’è la guerra tra gli adulti, la messinscena di chi è il più forte, le strategie dei massimi silenzi, la strenua gara a chi primo non cede. E se di armi presto non ti attrezzi rischi la fine dei disubbidienti, dei sogni miei invan raschi il barile e dei peggiori anni il gel riscopri. Se or non scuoti un margine di cielo, rescindi il patto che con me firmasti: il lungo rio che s’era detto azzurro pure nei tratti d’alveo a rischio. - 2009 Freddo Sul cuore plana ogni mio pensiero mentre è la notte a prevaricarmi e gli occhi mi afferra tra i silenzi perché al suo ordine obbedisca. Ma non ho sonno, proprio non ne ho. Tra un biscotto e un caffè bollente mi vien la voglia di provare a fare un giro intorno a questi giorni duri. Scarabocchiando qua e là la vita, si ripresenta la linea conosciuta che, da stazione antica iniziata, finisce all’oggi e nel vuoto muore. Allora provo a tracciare curve, in punta di penna spigoli scanso e prati, mari e colline predispongo per noi persone di buona volontà. Nel mezzo poi l’inchiostro è catturato d’astrusa e non cercata forzatura di simulacri eretti nei sorrisi falsi per la ricerca delle felicità fallaci. S’aprono scene d’assurde verità dentro cui si muore e si rimuore per colpa di quel tempo che ci manca per riguardare ai nostri mille errori. Senza lavoro oppure senza amore, muovono passi i tanti nostri figli che dignità porgono ai fautori d’elettrizzanti asfalti da tracciare lungo le già esistenti mulattiere, quelle percorse tra soste e sudore di spalle colme della gran fatica per giungere uomo a destinazione. Non voglio mai esser prigioniero d’estreme correnti dove annegare e dichiarando al buio il dormire nel freddo tempo al sogno mi affido. - 2010 E’ poesia? Ho spesso trasferito nello scritto d’anima mia i sogni e le bellezze ed una penna é andata sempre a riempire d’emozione un foglio. Mi chiedo adesso, all’occorrenza, se è poesia questa sofferenza che pure voglio registrar stasera, chiaro d’inchiostro dalla china nera come il solerte garrulo ronzìo. Le affibbierò parole senza senso ‘sì da confonderla in vaga follia ed ordinarle a brutto muso e lesto di abdicar da un trono di regina. Dovrò usare ingegno e fantasia perché presto la esorcizzi tutta adoperando un po’ di tatto, forse, e qualche verso d’abile ironia. (1981) Rifugio è il verso Di poesia l’animo coloro quando la tela tende a sbiadire come il sentiero lungo l’arenile con il sole a lavarsene le mani. Si danno il turno, vento nebbia e pioggia, mentre è il mare il solo baluardo a sostegno di un battito vitale, avanzo azzurro che l’attesa placa. Rifugio è il verso anche se muore al mio primo cambio di tendenza, quel ridere sulla fragilità che io combatto ma non sconfiggo. - 17 Marzo 2011 Una difficile primavera Al sorgere di albe pressoché uguali a notti che di sonno non ho riempito, cedo molecole del non abbandono e sento il vero sapore immeritato. Vanno avanti, le indifendibili ore, e sembra che io non abbia il tempo di volgere un solo sguardo d’affetto verso il sole di questa primavera. Cerco gli incavi della tenerezza, ascolto a convenienza ogni ragione ma è solo spavento il destreggiarmi nel tic tac d’eccessiva sofferenza. - 2011 Tele Balsami, profumi e balocchi devono avere adesso nuovi siti per celebrare al meglio i fasti d’una bellezza che non va dispersa. La città dove tutto si confonde dia spazio ai metri quadri dell’amore, al fascino dei suoi miglior segreti, ai prati incolti dei bambini d’oggi. In questo tempo che massacra le ore e malandrino sfiora i seducenti cuori, in questo tempo di presuntuoso millennio rischiamo di morire vivi, di dimenticarci. I colori, ammuffiti nell’indifferenza. Le beatitudini, cancellate dalle agende. Scolorano, le macchie dei pittori preferiti, eppure continuano a mostrarmi visi di vergini. Il mare, il cielo e l’albero di ciliegio sono ancora splendidi, immobili primati. I veli di infinite Madonne vorrebbero aliti e non gli occhi della morte o dei gettoni d’oro. - 2002 Pubblicata sul mensile di cultura "Il Saggio" (01/2008) In un mattino quando fuori brina Quest’oggi e sempre, amore voglio addosso come tiepido flusso d’acque chiare su nuca, spalle e fianchi infreddoliti in un mattino quando fuori brina e il davanzale ruba gocce alla vetrata. Cocente, il sole arriverà puntuale ad ingoiare i vapori della notte, a dare un senso a questo giorno nuovo ma nell’attesa dell’atteso evento vado cercando anticipi del bello. - 2010 Accade, così… Accade, così, quasi tutto per caso, come della tramontana lo schiaffo nel luminoso incedere del giorno a rammentarti l’ordine delle cose. L’amore che stai tenendo per mano, spianato dall’urto del suo pensiero, sdraiato sul cuore a fruir di riposo, al dopo rimanda il resto del canto. Accade, così, che il freddo ti prende e lana su lana di corsa tu aggiungi mentre già arrivi già alla fila alla cassa dietro chi come te non può sognare. - 2011 Il mare che mi manca E’ quel profumo che adesso mi manca… l’amalgama fresco d’aria e di sale che fa del silenzio invito a sperare nel sorgere proprio, accanto al sole. Le spalle posate su scoglio nero, i piedi leccati da onda indolente, guardavo la retta schiarirsi tutta perché distinguessi il mare dal cielo. Ed era raggiante il sorriso da aprire a quel nuovo giorno oro e magia così come il sole che all’apparire del trono del tempo si appropriava. -2011 Come fiume Come fiume che nell’alveo vive per poi morire dove inizia il mare e tuttavia sempre fiume resta, cosìè la mia malinconia. Nel cuore esplode e poi m’abbandona lasciando forti dispersioni d’eco. L’alba migliore ancora non l’ho vista eppure puntualissimo mi apposto nel sito adatto alla miglior visuale da cui scrutare l’anima alla sveglia. - 2010 Eppure… Mi manca lo smalto del tempo migliore, quel ridere a tutto, anche al dolore, il punto e a capo che dà il riavvio dell’essere sempre in mezzo alla vita. I guadi, una volta, sembravano finti e li attraversavo guardando al futuro, i muscoli pronti ad ogni mia istanza, il cuore disposto a nuovissime prove. Adesso succede che m’impantano, che la reazione tarda a venire, immerso tutto così come sono nel limbo che vuole me prigioniero. Eppure, c’è chi davvero mi ama! - 2011 Alla vita Ridammi i colori che io ho rincorso, gli stessi colori che ho sempre difeso dal sopraggiungere di chiazze oscure pronte a imbrattare aneliti e sogni. Non c’e’ bisogno d’invocare i vent’anni, di rannicchiarsi nel sofà dei ricordi, d’andare a sfogliarsi le proprie fiabe per indagar sulla meta agognata. Meglio è annusarti più da vicino, ridarti il consenso che mai ti negai, succhiare l’amore di tardivi frutti scagliando loro l’amore che posso. - 2011 I silenzi dell’amore I silenzi dell’amore esistono. Li ho visti alla luce della luna ed il mattino dopo, fronte mare, marcare angoli concavi e convessi con la matita matta dell’umore. Dinanzi all’onda, chiusa alle tristezze, o alla notte, aperta a nostalgie, si salva, il cuore, oppure si smarrisce nel cambio ballo a cui deve obbedire. E batte, per mia fortuna batte… - 2010 Geometria Di quell’uomo che potevo essere io ho paura, di quel suo cavalcare teoremi tra i simboli, tra formule, spigoli, basi e altezze senza avvertire di luna maestra pervinca sfera lassù scolpita perfetta nel ventre d’avido cielo, senza sentire il tiepido fascio terra baciare, senza guardare il cono di luce bene addestrato per arrivare a disegnare lampare sul mare dentro la notte d’insopportabile inverno ostinato, ala di cera quando il suo gelo angola il cuore, prende la mira ed unica fiamma resta l’amore. - 2011 A regola d’arte Pretendo che sia a regola d’arte la mia riflessione, quella finale, su come e su quanto la vita m’ha dato, su come e su quanto la vita m’ha tolto. Dovrò domandarmi davvero a lungo su tutte le cose che io avrò fatto per meritarla per come volevo. E dovrò, soprattutto, rispondermi… - 2011 Fa niente… Fa niente se diserterà, la luna, se di stelle neanche un punto si vedrà, se il vento romperà il silenzio o se la pioggia solo asfalto laverà. Ugualmente adagerò una guancia sul solito cuscino in due piegato. Mi allungherò sul mio fianco destro e comodo viaggerò volando per arrivare a mai raggiunta meta. La dolce quiete, innanzi tutto, voglio per esser dopo assai facilitato nell’esplorare queii dubbi di sempre che non mi fanno viver come voglio. E non si tratta d’aver troppe pretese, d’innamorarmi per come io l'intendo, di maneggiare felicità ammessa, di vincer la paura della morte. Si tratta solo di guardarmi dentro con occhio freddo che non m’appartiene, con l’occhio di chi da fuor mi vede eterno pellegrino lungo gli anni. Fa niente se sarà distante, il mare, se non ascolterà questo suo figlio che, tanto, alla prossima occasione gli parlerà di questo e anche d’altro. - 2009 Forza ragazzi, accendiamo un falò! Brucia il deserto che immaginai con una palma e un disco blu. Forza ragazzi, accendiamo un falò! Rispetto ad allora è più facile adesso: pur non richieste, scintille di fuoco vengono offerte su piatti di sangue. Brucia il tappeto sul quale volai verso la reggia del despota sogno. Forza ragazzi, accendiamo un falò! Buttiamo là dentro il peggio di noi e la cupidigia che droga il tempo fino a comprimere albe e tramonti. Brucia quel mare dove nuotai verso una nave armata di pace. Roma, 27/03/2011 Atomi Se l’ultima molecola che andrò a cogliere nel cuore riuscirò a frazionare anch’essa in atomi d’incredibile amore, potrò dire di averti amata come la mia vita vuole che ami. Ci arriverò… 1992 Buona Pasqua! Buona Pasqua a chi si sente perso, legato mani e piedi a una speranza che mai e poi mai gli mostrerà la faccia. Buona Pasqua ai tanti sventurati trafitti dai chiodi d’una felicità smarrita perché in cerca dei nuovi sogni antichi. Buona Pasqua anche a quella gente che vuole risorgere da questa vita per costruire vita almeno migliore. Buona Pasqua alle buone volontà capaci ancora di voler sorridere all’indifeso bimbo che sorrisi chiede. Buona Pasqua a tutti quei poeti che scrivono parola dietro l’altra per emozionarsi ed emozionare un po’. - 2008 E’ dentro me E’ dentro me la sensazione esatta di appartenere ad un diverso cielo in cui girare a lungo e senza sosta per afferrare le cose sue migliori. E’ dentro me l’immagine riflessa del mio pianeta a pelle rosa in festa che rossa si presenta ad uno sguardo capace di spogliarlo nell’amore. E’ dentro me quel gemito compiuto di belle attese perfetto traduttore, e resta qui protetto e accarezzato da guarnigioni di battiti del cuore. - 1987 Sogno e realtà Non dovrei più sognare il cielo. Grigio, blu, curva o cerchio, esiste già. Basterebbe solo volgergli lo sguardo, catturarne l'infinito del momento e prestarlo alle ore del mio giorno. Non dovrei più sognare il mare. Oceano, onda, nero o azzurro, esiste già. Basterebbe solo andarlo a trovare, catturarne l'orizzonte del momento e prestarlo alle ore del mio giorno. Si agita e confonde, l'anima mia, tra ciò che vorrebbe e ciò che ha. A volte, ho immaginato sofferenza mentre attorno avevo dolore. Spesso, ho inseguito miraggi mentre attorno avevo miracoli. Sempre, ho trascritto emozioni mentre addosso avevo brividi. Luna Per quanto tempo tu ti nascondesti nel buio dei fremiti d’un vero amore ed attendesti fuga delle moleste nubi per incantarmi, oggi, al tuo donarti…. Vengo da te con addosso gli anni come pirata al suo arrembaggio per depredarti fino al limite del cielo, per farmi stringer nel tuo cerchio. -2010 Vorrei ancora io dormire Balordi i giorni intrisi d’amarezza nei replicati flussi dell’attesa quando, seppure il sol non indietreggia, confondo il blu col persistente grigio. Preferirei tutta l’aria intorno effetto chiaro di devastazione di un deformante generale inverno che gioca invece a fare il caporale. La colpa è mia, non so accettare quel che di bello intanto è da afferrare mettendo un po’ da parte il malumore per non saggiare subito l’amore. Giù nella strada corrono bambini accesi dalla forza del mattino, vanno alla meta che non è fissata mentre vorrei ancora io dormire. -2011 Con i tuoi occhi Con i tuoi occhi bramerei vedere se il blu del cielo è uguale al mio, se cambia tono quell’azzurro a mare, se la luna - la benedetta luna - si mostra a te in un diverso aspetto. Con i tuoi occhi poi guarderei me da testa a piedi ivi compreso il cuore e lì insisterei - per ore ed ore - al fine di scovare i miei difetti. (2009) Introspezione Nel mare dei silenzi benedetti dove i clamori annegano perfetti e spazio s’apre all’introspezione, mi vedo, in barca, l’onda accarezzare. Da uno agli anni d’oggi, là mi specchio, parole zero per non disturbare del filo del discorso la ricerca intanto che mi gioco l’io migliore. Lapidandomi coi nuovi riflessi, un’alba e solo un’alba fa rumore, aspetta che il sole in verticale in acqua sfumi le mie immagini. Uno, sarò! A riva me ne torno… -2010 A Est A Est dispiego le ali e sfido la furia dei venti decisi a fermare il mio volo. Ricerco la culla del sole laddove portare speranze da affidare con estrema cura ai primi caldi del mattino, compagno delle ore a venire, che per mano mi prenda fino al saluto della sera. -2010 Anch'io ho paura Aspetto l'ora giusta. Persisto nel distanziar la morte, accetto i pegni che sono da pagare in un percorso avido di prove. Dimmi, intanto, che sembianze hai, se sei da immaginare mia coscienza, se è soltanto sciocca confusione vedere in te la cara madre mia. O forse tu sei me, piccolo uomo, quando lanciai la prima sfida a fare carne di quei primi sogni dove spiare la trama del romanzo. A sera, nei momenti che mi avvito alla ricerca dell'angolo migliore, ti parlo, angelo mio, e poi t'invoco per essere sicuro che ci sei. Intanto che decidi di mostrarti, del tuo respiro dammi un cenno, disegna là sulla parete azzurra gabbiani che sorridano di me. Ti prego, non contare troppo sulla promessa che mi sono fatto di coltivare vita più che posso perché del non morir mi illuda. D'accordo, continuo a guardar le stelle, nel cuore incastro flussi di marea, ma rassicurami, fa' presto! Anch'io ho paura! Di più Se trovi un senso pressoché compiuto che alla mia vita voglio sempre dare ti prego, amore, avvisami per tempo così che possa correre ai ripari. Infatti, tu, non devi accontentarti dell’incompleta mappa tra le mani. Cerca quel segno che di più le manca, quello che ancora serve per fissarla e visitarla a fondo, alla ricerca dell’uomo che per te vorrei essere. Inorridito (Ciao, Yara!) Di rabbia e dolore si nutre il silenzio che avremmo voluto festoso fragore nell’ora del tuo atteso ritorno alla casa. Noi ti sapremo, lassù, a passi di danza Inceder leggera con fresca eleganza nell’azzurro tappeto do salvifico cielo - inorridito - eppure capace di regalarti i colori negati nel mondo creduto migliore. Qui, dove per sempre ci mancherai, c’è da ritessere meglio ed in fretta la tela dell’umana buona alleanza! – 27 Febbraio 2011 Da Lui m’aspetto quiete Nell'era del tutto ha un prezzo, vorremmo barattar con Gesù Cristo le scialbe prove delle nostre vite con uno dei Suoi miracoli perfetti. Ma non chiediamo pani e pesci, la Croce é ormai monotona leggenda non più icona di quell’eterna Fede che ora é incolta, maltrattata, offesa. Chiediamo invece nuovi luccichii, fulgidi denti in un corpo perfetto a fare strada al manichino genuflesso capace solo di mettersi in mostra. Rumori a coprir silenzi, a rischio é il blu del mare mio, la fronte delle idee vibrante al sole e d’animo le incalcolabili bellezze. Da Lui m’aspetto quiete, un punto e a capo promettente, un altro segno d’indiscusso amore che scuota l’aria, me, le genti. Quale perdono é da vagheggiare? Mentre insicuro tento di parlarGli, mentre vacillo anch’io coi tanti, da Lui mi aspetto quiete e... prego. Tratta da "Appena finirà di piovere" (Global Press Italia - 06/2010) (2008) Aneliti Vorrei trovarmi in un campo di grano in mezzo alle spighe che sputano oro confondermi a terra in un quadrifoglio ed essere colto dall’amore che amo. Vorrei esser acqua in acqua di mare in mezzo a molecole che sputano sale, confondermi al fondo in una perla ed essere colto dall’amore che amo. Vorrei poi svegliarmi in fresca alba e fare del sogno tutti i miei giorni per essere certo che all’occorrenza da solo non sono se vita io cerco. -2010 L’ultima luna L’ultima luna si scansò irata. Poi, raggiunse le scampate stelle e mugugnò sui suoi diritti tolti. Da lì in poi fu soltanto giorno col sole, odioso quando è troppo sole, a fare luce su quanto era già chiaro. Troppo evidenti queste nostre guerre, fratelli che non sono più fratelli, moderni amori privi dei sospiri. Rivoglio belle notti, quelle vere, che silenziose osano placare, dove le luci posso anche sentire. Viene a mancare più di tutto il sogno quasi imposto da una stella amica mentre l’ultima luna aspetta muta. (2008) Incontro ad un abbraccio Se riuscissi, non so dire quando, ad incollarmi tutto il mare addosso, a fare in modo che onda io diventi, potrei rispondere al quesito antico. Qual'è per me il suo significato? L’ho inseguito, da bambino amato da quando a pesca insieme con mio padre m’incuriosiva quella luce d’onde nei pomeriggi regalati ai sogni. Ed era porto, quasi ferma l’acqua tra le intagliate ombre dei navigli, in compagnia di odi e di bestemmie di chi aspettava pesci in abbondanza. Ed era porto, ore benedette per ripararsi un poco dagli affanni, per destreggiarsi a legar due ami e poi gioire se fissati bene. Di là dal molo alto, all’orizzonte, quando sfidavo i gradini alti per sporgermi dall’infuocato bordo, di là si aprivano respiri lunghi. Lungo nuance di un azzurro eterno, in mezzo ai vizi dei bagliori al giorno, mi impossessavo di un verdastro gozzo e - re - andavo incontro ad un abbraccio. - 2011 I sorrisi del cielo Aspetto così i sorrisi del cielo, passo insicuro a trovare la strada che mi riporti al non confondermi dentro la nebbia che gli occhi mi colma. Guardo all’indietro stanco ma fiero, spulcio i momenti di appagamento e li catturo, li stringo e costringo a scivolare nel tempo dell’oggi. Lontano dall’ovattato silenzio, quanto rumore staranno facendo onde al rinnovo menando scogliere, quale concerto staranno allestendo per farsi udire da chi sta pensando al modo adatto a non essere stagno, acqua nell’acqua che ferma rimane, mentre ha bisogno di rigenerarsi? Lassù, mia fortuna, azzurro risponde ancora scarso, ma intanto si vede come una chiazza che nuvole spiazza per inghiottire tristezze residue. 07/02/1951, Il primo profumo Vidi il sorriso della madre mia? In casa, al mio nascere nell’alba, tra le sue braccia grandi mi nascosi, paura d’aprir l’uscio alla vita. Lei mi fasciò di caldi panni bianchi, d’odor di talco e di carezze lunghe, e, prima cosa, mi sussurrò amore. Poi ascoltai musiche di Dio, staccai rose che credevo belle e mi scansai da certi precipizi. Vidi il sorriso della madre mia! - 07/02/2011 Istanti Mi chiedo dove vanno quelle ali. Nella grata dei rami dell’inverno pareva mi guidassero la mano per ritrarre con due tocchi libertà. Dove convulso oramai è lo sguardo, rimane la profondità del cielo tra forme impenetrabili di nubi ed istanti di tenero infinito. Dialogo col mare - Ciao, come stai? Una volta, di maggio, venivi a trovarmi spesso… - Beh, erano altri tempi, ero un giovanotto, la casa non era lontana, vedevo il porto dal balcone, il primo bagno era in aprile. - Sì, va bene, ma non mi hai detto come stai. - Così così… - Il secondo cosìè riferito a carenza di sogni? - No, no, per fortuna quelli non mancano. E’ che la vita mi prende, mi fa come scordar chi sono. - E tu sai che devi fare? Alla vita, di' che sei amico mio. - Lo sa, lo sa. Tu, invece, come procedi? Riesci sempre a spumare al meglio? - Mi do da fare. - Oggi sei di un azzurro antico. - Sapevo che tu venivi e allora ho chiesto al vento di assentarsi, di sfogarsi un po’ più a Nord. - Quale onore?! -Senti un po’, so che scrivi poesie. - E chi te l’ha detto? - Si dice il peccato, non il peccatore. Ma tu, nei tuoi versi, mi nomini? - Altro che! - E come mi descrivi? - Dipende da come io ti vedo. - Vuoi dire da come mi vedevi, forse? - No,no! Da come ti vedo ancora, anche quando sono lontanissimo. - E dimmi ancora un’altra cosa. - Cio è? - Hai mai svelato i nostri segreti? Hai mai parlato dei nostri incontri a sera? - Geloso? - Non si tratta di questo. Il fatto è che oggi sono altri incontri. La gente arriva qui, un tuffo e via, assorbe poca acqua e poi si stende a pancia all’aria. - La gente non è tutta uguale. - In che senso? - Magari ti scarta per la luna, per le stelle, per il sole, per la montagna… - Fosse così, mi andrebbe bene. - Adesso però ti devo salutare. - Non andartene Auré! - La famiglia, la salute, il lavoro, il futuro… Ti prometto che ritornerò. - Io sono qui, io sono il mare. Appena sarai giù per il sentiero, io ti riconoscerò. ************** Mi avvio guardando, un po’, la sabbia avanti e, tanto, l’acqua indietro. Mi pare che le onde si stirino proprio come me quando al risveglio distendo braccia e gambe. E’ solo, forse, un’impressione. E’ la tenera coda del sogno nella realtà. Son già sulla stradina e i primi rumori mi rammentano dové che son diretto. Spedisco gli occhi al cielo e dopo, quando me li riprendo, si posano sul primo fianco della collina. C’è un salice che non piange. * Aurelio Zucchi (2009) Quel momento Nel tempo che ti vuole divorare si trova per fortuna quel momento, e non è detto che illusione sia, in cui afferri della vita il gusto. Che sia l'effetto di un dolce sorriso di chi pensavi non sorridesse mai, o l'immersione in un blu scordato quando ti accorgi che i tuoi colori meglio di te resistono al declino, o meglio ancor la netta cognizione di quel sentir nel cavo della mano il vero amore che hai sempre rincorso, che anche sia una cosa sola, un batter d'ali udito nella bruma, un saragotto da ridare al mare, salir due piani senza più l’affanno, cravatte azzurre dentro la vetrina, l'odore di caffè dalla cucina, che anche sia una cosa sola tu da nessuno sarai divorato! - 2011 Di mare in mare Di mare in mare ancora va sicura. Il remo ad un motore preferisce perché in quel silenzio d'universo si senta solo il battito sull'acqua. E lenta avanza, lenta da morire. Nella bonaccia si trastulla al sole per poi sfidare la peggior tempesta dimenticandosi d'approdo urgente. - 2010 Nel cielo, di cielo, al cielo Nel cielo libero ricordi, riverberi di luci incandescenti, passi discreti in ore della notte per chiuder bene le imposte ai figli, quattro fratelli tutti quanti intorno, pesci e salsedine attaccati all'amo, scogliere nude alla mercé del sole, vagoni dietro la locomotiva di legno nero giallo rosso e azzurro col muso degno del miglior Pierrot. Di cielo vesto le speranze, le manne scese nell'età del verde, aneliti del divenir migliore mentre correggo i tanti miei errori, rincorse a sentir di Dio la voce quando altre voci non so ascoltare, sorrisi persistenti dentro i giorni immaginati eterni per i figli, speranze di rileggere nel sempre il sunto d'una vita spesa bene. Al cielo do in custodia i sogni, preziosi ossigeni da ingurgitare al palesarsi d'anima che cede, reami d'acqua e terra da salvare in una donna fiera del suo amore, abbracci intensi pieni di stupore con la paura che l'istante voli, le simmetrie dei valori veri, pugni e carezze a vita che m'invita a crederle - di più - per non morire. In quei giorni farciti con il crudo, dentro spirali senza via d'uscita, quando il quadrante l'ora mi rallenta e un arlecchino perde i suoi colori, in un dolce standby lassù affido i sogni, le speranze e i ricordi, lungi dall'essere contaminati dai freddi numeri dell'equazione che linfa somma e tanta ne sottrae a chi vorrebbe solo equa razione. - 2010 Io non poeta La poesia, quella di stanotte, é intrappolata in un non so dove, in un pertugio posto in fondo al cuore o dentro l'anima, in un buco nero. Vuole silenzi che non le so dare quando il cuscino giro e poi rigiro, se piede al piede insisto a frizionare o gratto ciglia fino a farmi male. La strada che dovrebbe esser muta disturbo arreca con i suoi rumori e il sussulto della sveglia odiosa scandisce tempo solo da fermare. Io non poeta sono prigioniero, o, meglio ammettere, assai incapace di catturare lemmi uno alla volta e incastrarli in qualche verso mio. Amore, amare, mare, terra e cielo... nuovi universi, lune, stelle e soli... Non scriverò di omerici vascelli, di una strega da tramutare in fata, di un seno sotto trasparente seta, o del viaggio verso un lungo bacio. Ancora prima di tentar poesia, facile preda io mi do a Morfeo e nebuloso mi diventa il tutto nel sogno incerto che andrò a fare. Ed é mattina, il sole alto di già, mentre a registro il mio ricordo metto. Sembra passato tanto di quel tempo e invece... in una mano conto le ore. - 2010 Ho visto un sole non voler morire Ho visto un sole non voler morire in un tramonto ubriacato d'ali quando la vita un sussulto vuole perché di più si creda all'eternità. L'ho visto mentre di là scorgevo l'irrequietezza d'una luna a mille, smaniosa di guadagnar la scena per farsi bella di malinconie. - 2008 La notte mi prende per mano Ora che il mare aspro diventa e di antracite la luna si veste, alta e discreta la notte si accosta mentre la stasi mi fa prigioniero. Nella collina non più contornata, dove presumo ancora c'è il borgo, con ostinazione cerco una luce capace di darmi continuità. Lassù, neanche una stella intravedo che si riveli delle altre più furba nell'infinito rigato di nero avaro nel dare spazio al respiro. Riporto lo sguardo dov'era prima e d'una nave pretendo la scia, il tocco bianchissimo a soppiantare il bianco disordine di onde folli. Vorrei che arrivasse l'aurora, del tipo fucsia, netta, e impaziente d'aprire in cielo lo squarcio ribelle, l'effetto euforia di sistole errante… In quest'attesa del via alle danze, conforto mi è nel prendere tempo l'idea di essere non del tutto solo. É la notte che mi prende per mano. -2008 E dopo… E dopo… appena fatto, parlar d'amore! Riprendere il cammino ininterrotto, ripristinar l'alcova ed il suo tetto e sistemarsi bene nello stretto. Quando l'amore - amore mio - ci bacia, dobbiamo dargli altro che la guancia! Dobbiamo offrirgli i fianchi di bonaccia e farci stringere nel non collasso. 2006 Al confine con l'anima Quando al vero specchio mi rifletterò le mie gote avranno mille anni in meno. Saranno lisce come antica seta e timide si scanseranno - piano - per fare spazio agli induriti occhi che avranno, loro sì, gli anni che io avrò! (23 Aprile 2009) Prima dell'alba Sono emozioni da toccare con mano, mille galassie diventano una, tetti e rossori quasi a inchinarsi di fronte al mare fortuna di sempre. Finestre danno adesso un'idea d'essere aperte da qui a un istante, braccia di legno a coglier salsedine per farne dono ai respiri di dentro. Se nei canovacci di un cielo terso, nell'occasione prestati a un suo figlio, di qualche gabbiano le ali non vedo, fa niente… lo stesso io sono in volo. E se alle spalle, ancora dormiente la vecchia collina tarda a svegliarsi nell'esplosione dei toni del verde, fa niente… lo stesso io mi coloro. Mi vengono addosso le dolci nuance di quando la notte vira nel giorno, dei primi riflessi sdraiati sull'onde, di onde stesse che riflessi saranno. Il bianco dei muri, dapprima assente, sconfina nell'acqua fino a domarla edè una gara ormai avvincente con resti di nubi anch'esse a specchiarsi. E' emozione da toccare con mano questo viaggio durato un minuto, tempo che in secoli ho frazionato guardando quel borgo, prima dell'alba… (Dedicata a Chianalea di Scilla, provincia di Reggio Calabria) Aurelio Zucchi - 2010 Nel postare questa poesia, mi rivolgo alle poetesse, alle scrittrici, ai poeti e agli scrittori di questo sito ringraziando tutti per le letture ai miei testi e chiedendo di condividere la mia gioia per il riconoscimento ottenuto da questo testo. Ma, più di ogni altra cosa, a voi mi rivolgo scusandomi per la mia scarsa presenza nel sito in fase di commenti. Dire che in ogni caso vi leggo tutti non è sufficiente, lo so, a smorzare la mortificazione per questa pecca dovuta essenzialmente al poco tempo disponibile. Certo che comprenderete, vi abbraccio tutti con affetto insieme al nostro Lorenzo. Grazie! Aurelio Dove l'amore vuole Nel silenzio dell'alba da rubare si placa ogni residuo della notte. Delle onde, ch'adesso si stiracchiano, carezze lisciano le basse creste. Ma né sbadigli né propensioni a far del giorno un giorno uguale agli altri! Son tutte in fila come le educande ad aspettare le novità sognate. Avanzano, gli amori svantaggiati, corteo gaio di sorrisi evasi nel fresco andirivieni d'aria pura dove ogni nudità un senso assume. Si leggono nei volti inebriati le orme delle reiterate stille che oggi, volenti o non volenti, lo spazio lasciano alla felicità. Vanno ad amarsi quasi dappertutto, all'ombra delle più perfette dune, di fianco a qualche impaziente aquilone, sull'amaca tra due fantasie, sotto lo sguardo di gabbiani al via, sopra le sabbie calde al primo sole o anche là, dove l'amore vuole dei nostri tempi scrivere le fiabe. Poesia III classificata al Premio Letterario Nazionale "Novipoesia" XIX Ed. Novi Ligure (AL), 11/12/2010 - 2010 Dimentico son io Riuscissi ad aggiustare il tiro, riproverei a colpire il centro così da aprire un ampio squarcio dove guardare della vita il passo. Dimentico son io a volte di quei pretesti da afferrare a volo per ritoccar dell'essere la tela e predispormi a quanto non conosco. -2009 Disegnami un sorriso Disegnami un sorriso le volte che un po' strano mi vedi lontano anni luce da quegli anni quando per me ammaestravi il sole per non vederti piangere la sera. Disegnami un sorriso quand'è inceppato il mio cammino, assorto io a contemplare i bordi dimenticando di puntar la meta, la vita, come tu l'hai definita. Testarda nostalgia… Adesso che tuo figlio ti colora passando e ripassando le sue dita su questa foto così ardua prova, disegnami un sorriso, madre mia! Roma, 7 Novembre 2010 Tra le braccia dell'oggi E son qui, col peso degli anni che greve al crepuscolo appare e lieve diventa al sorger del sole. Qui - tra le braccia dell'oggi - conquisto le ore del declino in esse versando aria frizzante. Aprirò tutti i pori al pensiero di volerli riempir di frescura, ossigeno del nuovo sogno. (Poesia dedicata al poeta e scrittore Danilo Mar) -2010 Chi cura la regia? Per una volta, per una volta sola, o demoni del più lontano abisso, procacciatori ingordi d'ogni male, acconsentite a farmi entrar nell'antro. Vorrò veder chi cura la regia dell'attentato ordito ai miei danni, ad anima che sempre si difende da ogni tentativo di macchiarla. Per cortesia fatemi parlare con chi ritiene di guastarmi dentro, con chi mi piacerebbe scandagliargli l'ultima cellula d'antico cuore. Lo so che c'è e di sicuro giace nelle fessure di un'emozione morta e chi lo sa che il riproposto bene non riesca poi a fare il miracolo! -2010 Il vestito Appenderò al chiodo dei ricordi anche quest'abito ormai dismesso. Mi ha vestito nell'età che passa e ora, tanto consunto quanto lindo, io non lo butterò nel cassonetto. Non lo regalerò a quel barbone del terzo ingresso del supermercato, neanche alla donna dai capelli neri seduta il martedì fianco alla chiesa e non perché avaro io sia diventato. E' cosa mia,è cosa del mio cuore e un dì potrei rimetterlo di nuovo. Fosse così, riacquisterei gli odori di tutti i giorni appena consumati, delle mie carni ahimè modificate dall'avanzare del bastardo tempo. Intanto, nella sala mi rivesto d'uguale taglia ed ugual modello con due tre ghirigori in meno per lasciar spazio al vivere concreto. E tasche… tasche grandi quanto basta per fare accumulo del mio futuro. (06/07/2009) D'ogni stagione fa la guardia al sole. D'ogni stagione fa la guardia al sole, al freddo sole di strane primavere, malato nell'estate tanto attesa, cocente un po' nell'autunno chiaro, strano e brillante nei moderni inverni. D'ogni stagione fa la guardia al sole. E' l' ultimo girovago, incantato, che mai si arrende ai nuovi mutamenti, che mette in salvo i propizi raggi e li consuma per far dispetto al tempo. (2009) Di girasoli Di girasoli vidi quel mattino un campo sterminato, d'onde gialle tutte rivolte con la fronte al sole e senza un fiore che guardasse altro. M'innamorai di quell'aria intorno e volsi le mie mani ai forti raggi quasi imponendo al ciel di mescolarmi, stelo tra steli aventi quel vantaggio. Solo così potei scaldarmi meglio… In fondo a un pozzo (Sarah Scazzi) Di orco in orco vive la sequela di false ghirlande a donna offerte per conquistarne il grembo con le zanne e non il cuore solo con il cuore. In fondo a un pozzo son così caduti prìncipi e re sognati da bambina, finale pagina di troppo breve fiaba che all'incontrario ti è stata raccontata. Vorrei vestirmi d'animo di donna, anche di madre nel dolore estinta, per detestare più del maschio che sono il maschio che ti ha cancellata. In fondo a un pozzo c'è il profumo di una vita che non è sbocciata, il segno indelebile di un uomo che della civiltà ha privato l'uomo. Roma 07/10/2010 Al canto falso, al canto vero Vorrei percorrere liscio sentiero che vento in spalla mi conduca al mare, a quello antico, dove mi appostavo per numerare onde al loro arrivo. Lungo la strada fatemi trovare quegli esemplari di questa gioventù, zelanti e ingenui cercatori d'oro coi quali chiacchierare nel cammino dei loro sogni, imbalsamati ai piedi di un seducente altare del successo su cui salir con facile destrezza al canto falso di pressante invito, e dei miei sogni, liberati ai fianchi di albe adatte ad affrancar la mente, figlia e figliastra di padrone notti al canto vero d'immaginari vizi. -2010 Del mare Del mare mi coglie il colore edè magia l?invito a viaggiare su barche di carta costruite o su navi d'argento allestite. Del mare mi inebria il profumo edè carezzevole il senso di pace, sdraiato ch'io sia sull'umile spiaggia o lindo e perfetto sul lido esclusivo. Del mare mi prendo il rumore edè armonia quand'esso rimane, in piedi su asfalto che assilla il cuore, supino, di notte, del sonno in attesa. Non solo perché vivere voglio, non finirò mai di sognare. Fin quando l'azzurra distesa farà di me quel che vuole, io non morirò! Poesia tratta da "Appena finirà di piovere" (Global Press Italia - giugno 2110 - Pref. di Angela Ambrosoli) -2009 In anima che non degrada Scorrono come schiume d'infinito nell'alveo dei pensieri inalterabili per poi sostare negli oblò d'attesa e lì sdraiarsi prima di entrar nel cuore. Che siano i suoni di un vecchio carillon o i frastuoni d'ultima guerra accesa o i cristalli delle più svariate stille, nessun problema, lui è una casa. Felicità che non sappiamo raccontare, che mai sapiente oserà indagare, in controcanto si combinano ai dolori e insieme aspettano che passi il tempo. Li sedimenterà, l'indifferente tempo, senza però poterli infine evaporare. Quando i cristalli, i suoni e i frastuoni si insedieranno bene dentro il cuore, di lui non temeranno alcuna malattia giacché al primo sintomo accennato emigreranno in anima che non degrada. (2009) La mia anima Anima mia ancor non ti conosco eppure molto so di miei riscontri a nudo messi nell'andar degli anni; di questa luna eterna ingenua spia che piena o mezza a volte m'è compagna quando le notti sbrinano amarezza; di certe stelle scelte tra le tante dotate di carezze raso pelle se brividi trattengon mille stille; di mar che tue sembianze spesso assume per essere da me legittimato a far da specchio alle continue brame. Sarà paura o forse negligenza, sarà che vita mescola le carte, non son capace, no, d'entrarti dentro. Catturami col mezzo più efficace… Se vuoi, usa tranelli d'ogni specie. Prova col gioco della mosca cieca, io mi nasconderò per esser preso. (Tratta da "Appena finirà di piovere" - Global Press Italia - Giugno 2010) - 2009 Il bianco e il nero E' l'ora di rialzarsi, di non restare nella torre dove l'avorio è sempre fuori a rivestir mura per gli altri, dove all'interno è un saliscendi di scale edificate con l'argilla che ruotano riflesse dentro specchi le cui cornici son da rifare sempre. Ma sì! E' tempo di guadagnar l'uscita, di passar l'arco pria che stringa, di ritrovarsi in mezzo al bianco e nero per muoversi in avanti da pedone, di far la lunga corsa dei cavalli e superar gli ostacoli davanti, di far l'alfiere a destra e manca e, perché no, di diventare re! Fuori con me verranno artigli cuciti espressamente a ferro al petto, in divisa d'ordinanza, a fare strada a tremolio di gambe. Come un uccello che al primo volo prova e riprova ad azionar le ali così mi allenerò per ore ed ore. Ma, fuori. In mezzo alla scacchiera. (2009) Datemi un verso Parlatemi d'un qualche nuovo astro che prenda il posto della dolce luna nelle mie notti d'alta euforia. Voi che annegate nella poesia, voi che leggete quanto scrivo qua, datemi un verso sintesi perfetta del navigar nel flusso di magia. Son l'ore che mi brucerei alla luce d'un altro sole incandescente e mio, curiosa stella esente da tramonti, perenne ed oculare testimone d'una carezza della felicità. -2008 Colorare l'anima Come fa la notte a colorare l'anima? Eppur per sua natura è scura tranne quando sequestra la luna. La zittisce, lungo i tondi la ritaglia e la incolla dove il cielo raccomanda. Poi la stacca, falce o palla la riprende, l'accarezza, la plasma, l'ammaestra e la spreme contro l'offuscata volta perché succo d'una luce se ne ottenga. E allora, come fa la luna a colorare l'anima? Eppur per sua natura è luce riflessa tranne quando sequestra il mare o di un suo spicchio s'accontenta e lo incolla dove nascono gli amori. Bagna l'acqua, calda o fredda la pareggia, la dispiega, l'addolcisce, la inganna e da riva all'orizzonte la percorre perché incanto alla vista se ne ottenga. E quindi, come fa il mare a colorare l'anima? Sssss…….vi prego! Lasciamolo fare, all'identica maniera di come nella vita ci si innamora. A che serve chiedersi il perché? - 2010 Premessa dell'autore E' stata, é e sarà sempre un'emozione immensa quella provata da me ieri sera a Eboli. Consentitemi, ripostando questo testo, di condividere con voi uno dei momenti più significativi del mio percorso di uomo e di scrivente. Grazie di cuore. Aurelio * Nota dell’autore La terrazza di casa mia (a Reggio Calabria in via Italia, quartiere S. Caterina, dove ho vissuto fino al conseguimento del diploma di Geometra) e la passione giovanile per il disegno hanno ispirato questo componimento, fedele resoconto in versi di alcune tra le più belle immagini che ho dentro il cuore. Aggiungo, ma solo per completezza di informazione, che nel più bel cortile del mondo, quello della palazzina dove abitavo, all’età di 10 anni incontrai un geometra intento a seguire dal vivo i lavori per la costruzione di un garage. Quella chiacchierata con l’uomo in cravatta, qui non esposta, mi fece innamorare di quel mestiere. Questa poesia vuole essere il ricordo di un sogno inevaso. Poi, infatti, la vita mi ha riservato altro, ma questa è un’altra storia… Aurelio Zucchi (Roma, 11/06/2009) ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Disegnatore di case Ricordi ancora quelle belle volte quand’aspettando il fine primavera o la fanfara della festa estate, staccavi scaglie di meriggi al giorno? . Salivi, con la palla ed un fratello, per quei gradini che contavi sempre, le rampe di riverberi e fragranze e su quei muri si segnava un nome. . La vita era di mille vite insieme, pistacchio e cioccolato a far la torta che panna e frutta sormontavan tutta. Poteva capitarti un pezzo grande o il poco che giustificasse il gusto e succedeva che in quella fetta neanche l’ombra della bianca crema od il color di fragola o ciliegia! . Ma poi, appena quella era ingoiata, tu t’accorgevi ch’era pure buona e, al diavolo, se per una volta il caso favorito non ti aveva. . Lasciamelo dir, la tua terrazza era a dir poco un po’ particolare qual campo noi da gioco pensavamo su un mattonato di seconda scelta pieno di gobbe ed indecenti crepe. . Ma come facevate, tu e Antonello a tirar sempre quasi rasoterra? D’accordo, tu eri già un po’ calciatore ma lui …. che undici anni aveva appena? . Quando alla fine stanco si sedeva o per falso dolore si lagnava, per te era segno ch’era giunta l’ora della merenda che giù l’aspettava. . Te lo prendevi in braccio a spupazzarlo e insieme guardavate il vostro mare e quindi, giù, correndo di gran lena a riportarlo al covo interno 6 dove qualcuna l’aspettava fiera con nella mano pane e mortadella. . Tu invece lesto sopra ritornavi, stavolta a due a due i tuoi gradini che sempre tutti bene ricontavi per il timor d’averne perso uno. . Lasciavi l’uscio d’abbaino aperto e t’affacciavi al vento e al parapetto dal lato di quell’ultimo tramezzo e da gendarme perlustravi il porto. . Confessa, maledici quel palazzo che alto, troppo alto, t’impediva di buttar l’occhio pure sul naviglio verso quel molo nell’aperto mare? . Chissà le quante volte t’hanno chiesto qualè il mestier che tu vuoi far da grande? Il pescatore o,il marinaio oppur del faro più lontan sarai guardiano? . Disegnator di case voglio fare tu rispondevi e non avei dieci anni, e, via, cucine letti sale e bagni tracciati e ritracciati sui quaderni per poi strapparli in mille e mille pezzi se una misura giusta non tornava. . Poi nella vita tu hai fatto d’altro così come la vita t’ha permesso ma, per favore, se lo vuoi, mi tiri planimetrie perfette dal cassetto, con tutte le finestre della casa rivolte al mare che da quel terrazzo…? * Aurelio Zucchi * Poesia vincitrice del XIV Concorso Internazionale di Poesia “Il Saggio-Città di Eboli” (Eboli 31/07/2010) Motivazione della giuria Il poeta ripercorre il ricordo dell’estate della sua infanzia in un’atmosfera onirica ma sempre lucida, ma con frequenti richiami alla realtà dal gusto del gelato al numero civico della casa del protagonista. Percorso che porta a una riflessione sulla vita, sulla realtà di oggi e i sogni di ieri e la certezza che l’amicizia è una delle proprie costanti di tutta la vita. L’originalità del tema, un bambino che da grande vuol fare il geometra,è di per se un elemento qualificante nel contrasto fra utopia e concretezza. Il componimento è lungo ma scorrevole. Si divide in stanze di differente grandezza in cui si alternano riflessioni e sensazioni dell’autore. E’ impossibile distrarsi dal primo all’ultimo verso.Rimorso Provò rimorso per aver peccato di scarso amore verso chi chiedeva una carezza, l'essere aiutato ad asciugar la stilla che scendeva. Tentò il riscatto in tempi successivi andando alla ricerca in ogni dove d'anime in pena all'ombra degli ulivi sotto gli ombrelli quando forte piove. Gustò la gioia dello stare accanto al mendicante sotto il suo palazzo ed il cappello riempì d'incanto senza arrecare minimo imbarazzo. Ma… non bastò a cancellare il neo sempre in risalto sulla pelle vecchia come un'icona di peggior trofeo ch' oggi persiste e anzi si rispecchia. 2009 Coriandoli E' scintillar degli occhi la mia miglior risposta alla domanda che mi pongo quando mia alba arriva calma e a pedate la notte prende. I forti battiti di questo cuore son coriandoli dei dolci suoni, dei sette colori della vita tutta e dei profumi anche primordiali mentre va via l'ultima onda ancor di luce non siglata. Andrà a confondersi lontano, forse nel più perfetto centro di questo mar che come me vuole ora solo respirare. 2008 Accompagnami ad un falò nel sole Accompagnami ad un falò nel sole dov'è che e a volte sono già stato, io, bruciando per la troppa fretta avuta attese di felicità rincorsa al sorgere dei sogni più svariati. Chissà che, in due, quel mio coraggio non si rafforzi sino a diventare d'eroe il gesto che risolve tutto nel decifrare il rebus del successo. Ma di quale successo parlo, adesso? Mi riferisco all'essere appagato nel mare di serenità raggiunta nel quale, qualsivoglia l'onda sia, mai annegare nei duri rimorsi e invece seguir l'esatta rotta per approdare al primo adatto scoglio, mano di un'isola che è senza forma giacché la forma poi sarà fissata dai chiari segni scritti in una vita che finalmente intravede alcova. 2010 Cara poesia, meno di un lustro fa t'ho conosciuta. Ero alle prese con me stesso e basta e giuste scuse ancora non t'ho chiesto per quest'eccesso di confidenza mia. Negli anni della bella giovinezza ti ho corteggiata per capire meglio quanto valesse avere sì il coraggio di registrar dolor, chimere e gioie. Così nei nuovi giorni ora mi vedi a far la conta dei miei tanti sogni, o in punta di penna interpellarti sulle ricerche ch'anima mi chiede. Mi aiuti, tu, ad apparire bello per come bello io mi sento dentro? Non m'interessa il luccichio di stelle se le mie stelle già le riconosco. Mi aiuti, tu, ad essere sincero quand'io ti chiedo di vestirmi un po' in un endecasillabo sofferto o in un verso libero che plachi? Tuo Aurelio - 01/06/2010 22 Settembre 1989 Mi chiedo ancora dove se ne stava un angelo che chiamano custode ma che custodia in quella notte dimenticò di fare a chi doveva. Squillò il telefono ch'erano le due ed incazzato pensai ad un errore. Dall'altra parte invece assai agitato un mio fratello così dovette dirmi: - Corri, corri! C'è mamma che sta male! - Non è che sia un gran pilota ma sta di fatto che a quell'ora pensai di star dentro una pista e adesso a voi non so spiegare a che velocità io fossi andato. I nove piani, pur in ascensore, parvero eternità vigente e quando nella casa entrai, mia madre non mi riconobbe… Sdraiata sul divano nostro sembrava, sì, stesse dormendo ma io mi accorsi ch'era morta da quel colore odioso delle gote. Non accettai quel pensiero folle e lo scacciai con tutta la mia forza, con quella stessa con la quale io la chiamai una e poi due volte: - Mamma! - e poi tre e quattro e cinque volte, e poi sei e sette e otto volte, e poi nove e dieci fino a che non la baciai sulla ferma bocca. Mi domandai in quel trambusto il numero di baci datele in 38 anni e lì e dopo, piano, mi persuasi che sempre pochi furono stati. Respirazione bocca a bocca… è' roba di chi sa fare certe cose ma io insistetti ben ricordando le istruzioni viste in televisione. Così, la feci fino a quando un barella non me la prelevò e subito in strada mi ritrovai nella mia auto ad inseguire lei. Non conoscevo il gran silenzio di un ospedale alle tre di notte e dentro quel pronto soccorso ormai il silenzio comandava. - Niente da fare, signor Zucchi… sua madre è giunta ormai morta ma… se la posso consolare… sappia che lei non ha sofferto. E invece so che ha penato per non riabbracciare tutti insieme i cinque figli che lei ha amato come le "madri" sanno amare. Non so e non chiedetemi perché, se in quel buio feci tutto giusto. So solo che ora mi manca, lei, nei mattini senza l'odor del suo caffè So solo che ora mi manca, lei, intorno a un parco pranzo da re, nei pomeriggi quando non riposava in certe sere davanti alla tivù So solo che ora mi manca, lei, in certe notti figlie della vita, in ore intense di respiro duro quando felicità si cerca. Ciao Mamma! 23 Giugno 2010 La carezza del mio giorno che muore, Quasi un segno del chiedere il perdono d'aver dato un accumulo d'affanni, la carezza del mio giorno che muore mi consegna nelle mani del tramonto. Sembra dirmi mentre sfiora questa cute che la sera finalmente sta arrivando tutta lesta a concedere alla notte privilegio di vedermi tutto nudo. La carezza del mio giorno che muore lascia il passo a sua maestà il silenzio, a quell'ora in cui mi libero del vento e la seta della luna io indosso. 2008 Chi cura la regia? Per una volta, per una volta sola, o demoni del più lontano abisso, procacciatori ingordi d'ogni male, acconsentite a farmi entrar nell'antro. Vorrò veder chi cura la regia dell'attentato ordito a miei danni, ad anima che sempre si difende da ogni tentativo di macchiarla. Per cortesia fatemi parlare con chi ritiene di guastarmi dentro, con chi mi piacerebbe scandagliargli l'ultima cellula d'antico cuore. Lo so che c'è e di sicuro giace nelle fessure di un'emozione morta e chi lo sa che il riproposto bene non riesca poi a fare il miracolo! Dei miei sogni Riprendo in mano il libro dei miei sogni e sfoglio pagine a colori intensi. Regalo agli occhi ingenue primavere. Rileggo mari, gabbiani, vele e sere… Mi chiedo allor da quale età si parte per metter ali e poi volare in alto se anche adesso con rughe e affanni controllo il vento per poter partire. La verità io credo stia nel mezzo, in quella zona definita cuore che se ne frega dei più anni addosso ed imperterrito fa da propulsore. Dolce amaro Non disperdere dolcezza dentro un fiume amaro. Se accade - come accade - tu consolati al pensiero che quel fiume - che non muti - giunto al mare, non lo muta… 2010 Andrò a rivedere la collina Andrò a rivedere la collina prestar le curve ed un suo fianco al solito capriccio del mio mare prima d'esser lui invaghito a mille di un nuovissimo e lento tramonto. Andrò a rivederla dileguarsi nel primo arrendersi del liso giorno che consegnandosi al suo dio tempo da verde a nera la fa diventare così che con la notte io la confonda. Questi occhi distrarrò nell'amaranto d'antico cielo tutto riversato nell'ultima pretesa di quel sole che pur morendo nell'ingenuo inganno vuol dare vita al replicar del mare. 2009 A quegli amori Quale spazio verrà dunque concesso a quegli amori innati e poi implosi, feti ingabbiati in anime impazienti e quindi vite, zucchero filato? Viaggiano in emisferi sconosciuti, sorvolano l'inedia dei sorrisi, planano poi su piste apparecchiate del ben di Dio della felicità. Fanatiche stelle pronte al fragore si nutrono dei forzati silenzi e - stizzose - accompagnano quei cuori al santuario dell'eternità. Lontano… Di fiabe non si nutre questo tempo sempre a rincorrer mera consistenza lungo i sorrisi solo perditempo e senza l'alito dei veri amori. Eppur, guardando bene nei silenzi, v'è principessa forse d'altri tempi ch'anima e corpo ancora s'innamora al sopraggiunger di sol forte sussulto. Lontano… io la porterò con me lontan da certe insidie avvelenate, da chi non crede proprio fino in fondo che amore pulsa, pulsa senza tempo. Lontano… la porterò in una culla, la spoglierò di sue paure antiche, la ungerò con l'olio del mio amore e, nuda al mio cospetto, l'amerò. E mi amerà col crisma della donna cogliendo in me il seme dell'amore che non disperderà tra le lenzuola ed anzi ingoierà da inizio a fine. Lontano… la porterò in altro sito dove un castello ancora esisterà per fare da bersaglio alla sua luna che manda luce nel disfatto letto. - 2005 C'era un volta… C'era un volta non tanto tempo fa, un signore, non un principe, che aveva il vizio di amare la vita. Un bel giorno… Sapete cosa fece? Prese per mano i suoi difetti e s'incamminò per un sentiero, il sentiero sempre suo preferito, che verso Sud finiva di fronte al mare. Giunto alla scogliera, si tolse le scarpe e i vestiti, controllò che il sole fosse alto ancora e giochicchiò un po', un bel po', con le onde. Eran basse, come spesso accadeva ogni qualvolta le rivedeva. Eran linde, come spesso accadeva ogni qualvolta le rivedeva. Poi, con fare sicuro, scelse tra tante una roccia, una roccia un po' particolare. Era tonda, 'sì tonda da sembrare finta. Il Nostro non amava gli spigoli, tranne quelli delle lune d'estate. Era liscia, 'sì liscia da sembrare finta. Il Nostro non amava le rugosità, tranne quelle di un certo tipo di rosa. Il signore soffiò sulla roccia, su di essa volle nudo sdraiarsi e per intero volle lui raccontarsi. Prima di rituffarsi, su quello stesso scoglio un dopo l'altro con cura posò i difetti che aveva preso per mano. Al ritorno, trovò tracce di sole e… di sale giacché qualche onda aveva osato più delle altre. I suoi difetti erano stati lavati e qualcuno, ora, mancava. - 2010 Le mie emozioni Lungo il percorso dell'anima mia le mie emozioni prendo per mano e là le conduco per poi adagiarle nel letto disfatto da sogni nascosti. Così, riposate e fragili forme, verran frazionate in attimi puri che bevono linfa da estrema fonte ed opere infine saran di cemento. E le guardo, le odoro, le ascolto nel breve tragitto del loro ritorno al giungere sparse sulla mia pelle e quindi nel cielo esplodere tutte... - 2010 Bianca vela Di mare in mare naviga il pensiero ossessionato dal trovar la luce di bianca vela nel mezzo dei marosi da riportare indenne al porto mio. Vi viaggia sopra il risveglio nuovo di un'estate che non vuol morire, menefreghista dell'età che passa e provocante come donna astuta. Se riuscisse a scorgerla qualcuno, qualcun si rechi qui in questa casa a dare a me l'esatta posizione ché al più presto raggiungerla io possa e capitan del tempo che mi resta, ancora prima di condurla in rada, la porti a spasso in acque di fiducia standomi zitto su cronache d'adesso. Farò una sosta in centro d'universo gettando l'ancora tra verde e blu dove i miei bagni facevo a testa in giù, dove i miei anni accarezzavo piano per non scalfir la pelle e il verde. - 2009 Baratto Di blu si veste l'anima propensa ad un vagar nel nuovo mondo nuovo per catturar d'antico taglio gli occhi di quel sentir la vita come voglio. Il verde cede del mio campo asciutto su cui di amore ho sparso i semi per coltivare le verità del cuore e staccar fiori poi da regalare. 2010 Raggi senza mare Secchiate di vergini raggi sciolgono solo colori sbiaditi. Amico furbastro è il sole in attimo d'assente mare. Al piede di lastra di latta, derisa da vento in picchiata, tinte in disuso… neutre, ora nelle tendenze dell'oggi. Al confine con l'anima Quando al vero specchio mi rifletterò, le gote avranno mille anni in meno. Saranno lisce come antica seta e timide si scanseranno, piano, per fare spazio ad induriti occhi che avranno, loro sì, gli anni che io avrò (23 Aprile 2009) Ajsha La domenica che rivide Ajsha, non volle farsi leggere la mano. La vide assorta, chiusa come una i, che guardava soprattutto il cielo. Le domandò allora cosa avesse, dov'è che l'estro suo era finito, la parlantina solita di sempre ai piedi dei gradini della chiesa. Rispose lei ed anche a malapena di non avere voglia della vita. Nessuna quotidiana profezia, Ajsha chiese al signor Mario Rossi notizie fresche della Primavera mentre cascate di capelli neri smorzavan flussi dell'antico ardire e in rossi lobi gli ori erano rame. (2009) Altro giro, altra corsa Lo sguardo regolare sul passato, l'analisi del giorno inanellato e tutto quanto spero oggi avvenga sono colati nell'alveo della notte Il sonno è stato esatto spartiacque Chissà se ho fatto qualche sogno che quasi sveglio ora non ricordo e invece era forse da salvare. Altro giro altra corsa lungo la strada colma di sospiri nell'aria in cui da secoli trovare il senso della vita che non muore. Altro giro altra corsa sull'affollato treno della vita nel quale guadagnarsi il finestrino da cui inseguir la curva di collina, da cui veder la vetta con la neve, lembi di mare dell'antico azzurro e gente che non usi come specchi vetrine dei balocchi d'una volta. - 2008 Anna Luna e stelle a spiare i miei pensieri - il mare no, lui già li conosceva - stavo la lenza raccogliendo tutta quando ad un tratto da me a pochi metri una donna, che mi parea ubriaca, s'avvicinò in bilico sul molo ed io la vidi come una regina detronizzata in cerca di fortuna. Bianca vestita e macchie rosse, ferite sparse lungo il corpo rosa, aveva l'aria di chi si era persa in un percorso nuovo, lungo e duro. Mi domandò di via del Paradiso ed io naturalmente non sapevo. Le chiesi allora come si chiamava ed Anna mi rispose, e mi sorrise. D'una bellezza da mozzare il fiato, mi raccontò la sua disavventura e seppi che, mandata in Medio Oriente, fu poi scacciata chè chiedeva pace. Sei tu un Angelo - quindi le dissi - Si - replicò - di quelli non capaci. Qui sulla Terra son disorientata e solo a casa tornar mi preme ora. Mi salutò facendosi la Croce e più avanti si fermò da un altro che incazzato per il paniere vuoto la battezzò per una perditempo. Più non la vidi nella notte chiara. Chissà se poi trovò la giusta strada. (2010) Avaro Quella è la nebbia che non voglio, quella che subdola scende a coprire le cose che amo. Quando immagino il mare, acqua e colori già vedo. Se penso ad un prato, del verde anticipo i profumi. Quando il cielo mi manca, stelle all'istante realizzo. Non sono come te, nemico mio! Tu, la nebbia, la plasmi a dovere. La pieghi, l'addensi e la spandi non per coprir le bellezze, non ad ombrare arcobaleni, non per celar le issate vele. La pieghi, l'addensi e la spandi su becere icone di pseudi poteri che status esaltan dapprima e nulla, nulla davvero, risaltano dopo. La mia nebbia, nemico mio, per quanto possa irritar lo sguardo, si scioglie al tocco di madre natura e … - oplà! - quelle vele sono ancora là… (Giovedi 02/07/2009) Ci sono anch'io Niente amore questa notte. Lenzuola intatte, non si suda. Lei dorme e forse sogna il cielo mentre io, vinto alla grande il sonno, guardo il lento muoversi di curva, raggio di luna entrato in questa stanza a separare chiari e scuri alla parete. Mi accorgo che ci sono anch'io tra i riflessi del pacifico silenzio. Il giorno andato via rilascia vita da accatastare ai ricordi miei. L'alba forse ritarderà l'arrivo, regala più tempo per le verifiche. Le dita mi esploran la dura pelle cogliendo qua e là scaglie di credito. Sto pensando che mi voglio bene, ci sono anch'io mentre lei dorme. E cerco stella… Anch'io guardo al ciel di queste notti. Del mio tempo scanso le fitte nebbie, le nubi - inopportune al mio presepe - e le piogge d'un acido dicembre. E cerco stella ch'anima rischiari, lembo di coda che mi posizioni dentro il sentiero che so complicato verso la grotta che calda mi accolga. Non ho oro, né incenso e né mirra, porto con me i segreti del cuore, i sorrisi non del tutto capiti. Sono i miei doni per questo Natale. - Natale 2009 Place des Vosges È forse l'aria degli inverni nuovi, il giallo addosso ad un freddo asfalto o anche il volo di colombe nere che m'impedisce di cader nel sogno. I passi nei portici disegnano le strane orme d'un cammin veloce e silenzioso a me riappare il cielo, arcano, non sol per colpa delle nubi. Di quali suggestioni Victor Hugo poté servirsi al sorgere del verso? Romanticismo lungi da venire, ne fu, in tal quadrato, pioniere? In questo stesso spazio dove allora tremavano gli amor come le foglie, forse Calliope dettò poesia e poi sparì, fertil lasciando scena. Col blu d'ardesia a colorare i tetti, calcaree pietre con mattoni eterni ancora insistono a trovar la forza di dare il là ad un mai morto tempo. Non muor nella mia anima il coraggio di impiccare, di là da Place des Vosges, novelli specchi ed ansie a tutte l'ore almeno fino al tocco del tramonto. - 2009 Parole e musica E' di parole che io son ricco, trovate una ad una nei quaderni di eccelse teste ed abili oratori, di miti e di leggende resistenti e nei quaderni miei… Potrei con esse costruire trame farle giocare in girotondi astrusi, imprigionarle in labirinti eterni o liberarle a brezze di passaggio. Sì, liberarle! Liberarle per la mia canzone, tra lor legarle e dare un segno fuori di come posso far morir la morte per rinnovar la vita oltre la siepe. Sì, oltre la siepe! Ma tutto ciò non basta ed io lo so. E' di musica che io non son ricco giacché a voltarmi a destra e a manca non sento i suoni di un là minore e tutto, intorno, di silenzio vive. Sì, le solitudini! Eppur, soccorso cerco nelle note se anche musicista io non son stato. Qualcuna l'ho afferrata in un baleno e quella volta il mare era a cantare. Sì, il mare! Qualcun'altra me l'hanno recapitata belle stelle inviate dalla luna e lì sentii vibrare il cielo intero come arpa in mano ad un grande artista. Sì, come arpa! Insomma, ad esser sincero tutto, considerando chi mi vuole bene, posseggo un terzo di quanto m'occorre ma arrivare a sette è tutt'altra cosa. Sì, tutt'altra cosa! Mi servono i sorrisi della strada, levar gli specchi orribili dagli occhi. Mi urge dei bambini l'innocenza che migra con la banda tra gli adulti. Sì, tra gli adulti! Prova di pittura. Quando dipinsi per la prima volta certe montagne maestose e austere, ancora prima dei color da dare, mi preoccupai di arrotondare gli spigoli, le vette e le pendenze così che alla fine, alla vista altrui, furono, quelle, dolci colline e basta. Fu in tal modo che sedussi il mare dove ogni picco è limato dal cuore, dove il tratto è la perfetta retta che ha l'orizzonte di riferimento, dove l'obliqua è dal ciel riflessa e verdi, celesti, azzurri e blu si scontrano in delirante danza solo e soltanto per cedersi la tinta. al mare…, dove le curve impossibili sono tracciate non da abile mina ma dal passare d'acqua e sale. (Nel massimo rispetto di chi ama la montagna, ovviamente) (2009) Ciao mamma, come stai? Che traffico a venire qui! Il raccordo non si sopporta più e la Flaminia, poi, che strazio! Meno male che lungo il tragitto penso a te, a me, a noi… Il buffo sai qualè? Il buffo è che mi parlo da solo: - Oggi le dirò un sacco di cose così lei sarà contenta - Invece, giunto alla tua foto, so solo dirti: - Ciao mamma, come stai? - Avrai di sicuro compreso il perché non vengo mai il 2 di novembre. Vero? 06/11/2009 Nero click Amor domandano quegli occhi e non importa ora il colore, se son castani oppure verdi, se sono azzurri oppure neri. Bambino d'Africa che muore risalta sempre nell'ingenua posa mentre mi chiedo nuovamente com'è che riesce a sorridermi… 2009 Curve Dentro, il disordine imperava. Tanti tasselli da recuperare, i soliti perché d'una serata no mentre la vita insisteva a dire, a fare, ad ascoltare, a respirare… Di che parlare quando si è soli e come agire nel silenzio doppio? Cosa udire, se non la chiara eco di mille voci a dirti mi dispiace? Ma respiravo… Vidi i segni di perfette curve che lingua d'onda abbozzava nel pigro venire alla battigia e poi nette le disegnava nel pigro arretrar dalla battigia. Scampoli di luce offrì la notte, chiesti ad una luna indifferente. Non protestai contro nessuno, non chiesi spiegazioni al fato. In quelle curve placai le ire. (18/06/2009) Cristalli di zucchero D'amor si lava il cuor e si riveste nell'alba ch'è scomparso il brutto cedendo il passo a luci di ginestra brilla di sale prestatogli dal mare. Da tiepido, il sol divien rovente. Trapassa tetti, scalpi ed anche ombre per poi frenare i suo raggi lancia a piede o cresta d'onda di mezzo. In mobil sabbie - e dico finalmente - cementi e specchi, idoli e guinzagli annegan proprio bene nel fra -tempo, succhiati dalla forza del riscatto. Macerie, ora conquiste io le chiamo, frutti del sisma magnitudo mille andato a visitare all'improvviso spicchi di Terra della non bellezza. Non è più eco questo amore reso ed anzi lo si può toccar con mano. Io ad esempio me lo lavorerò per ottener di zucchero cristalli. Poi ne farò dei nuovi lecca-lecca che porterò d'urgenza alle mie labbra quando saran di certo screpolate al gelo imposto dalle nuove tresche. - 2009 Verso libero… Verso libero orgasmo sfibro strutturato pensiero. Sue trame e suo ordito allentano la stretta. Verso libero dispiego al narrarmi l'istante ed ingenuo annodo ali troppo fragili. -2009 Sì, adesso, proprio adesso! Io, ammanettato ai ricordi amari, a quei dolori che sprizzano dai pori e subdola magia vorrebbe sublimare, silenzio vero chiedo a questa notte. Stelle! Stelle nella volta imbambolate, non mi guardate con perplessi occhi! Smettetela col gioco estroso delle luci e coi rumori dall'infinito vago. Non lo capite? Non è il mare, questa volta. Neanche il bianco di un dolce sorriso, il rosa altero di boccioli viziati o la controfigura dei miei vent'anni-venti. Qui, in questa stanza ove non trovo sonno, v'è teoria di volti in processione. Sì, adesso, proprio adesso! Nell'ora in cui domesticare il corpo e sfarinar la mente sul cuscino... Troppo decantata luna Pensavo fossi una regina rara, una di quelle elette dall'amore, che girano di notte sopra i cuori per farli innamorar uno alla volta. . Invece, cara decantata luna, tu sei capace di frustrar le attese sì che, in odore d'una fresca amata, a me non dai il segno della svolta. . Eppure vibra, dentro me, l'idea di dare lungo sfogo all'impazienza, di correr per il cielo e per la terra con la più rossa rosa rossa in mano. . Coraggio dai agli accaniti amanti, racconti a loro i miti degli eroi, le metamorfosi regali a iosa e palla o falce, allora sì, diventi. E invece, troppo decantata luna, sempr'io ti vedo pallida e stanca, una comare pronta al voltafaccia che ad arte sceglie a chi offrir la ciancia. . Se tu mi dessi finalmente ascolto, d'un nuovo oceano ti parlerei su cui la nave Mille e una volta ricalca scie per lei che non le vede. . Dovrò cavarmela da solo, insomma, magari chiedere assistenza al mare. Ma non è il mago della situazione, é come me, vestito d'acqua e sale... L'ultimo verso Se proprio non riuscissi a depistarla e se d'amor l'estremo tentativo non fosse in grado d'annientarla, allora si, che lei si faccia avanti! * Che sopraggiunga quindi la mia morte ma… solo a viso aperto e senza trucchi dicendo a chiare note che m'ha vinto e dimostrando la nera tesi astrusa. * Esigente nello scrutarla tutta, andrò a ricercar l'orma che lascia quando essa, oscurantista scellerata, le zampe mette a sgambettar la vita. * Severo e con la mia clessidra rotta reclamerò un posto che mi spetta quale cultore della vita tutta e suo indefesso ingenuo paladino. * Che sopraggiunga quindi la mia morte mentre scrivendo l'ultimo verso sto, l'inarrestabile arrembaggio al largo alla nave bandiera mar battente. * Copie farò di quell'ultimo verso e, come coriandoli alla festa, le lancerò dalla regione estrema che il ciel - lo voglia o no - m'assegnerà. 2009 Senza il pesco e la disciolta neve Nel mentre si posava, la farfalla, sul vetro fatto fiume dalla pioggia, percorse, l'occhio, il volo dell'andata e al suo ritorno incontrò il sole. *** Nessuno osò rubare quella scena se non la seta d'una donna persa tornata a pizzicar corde di vita per la durata d'un tramonto rosa. *** Che se ne sa di estinte primavere quando a fiorire è solo la speranza e senza il pesco e la disciolta neve si fa pressante respirare il cielo? Di quale notte Di quale notte avrò bisogno urgente? Nella quintana d'emozioni immense che il nostro incontro mi ha procurato mi muoverò con la follia all'interno per fare in modo che duri ancora eco. Tu sei partita e intanto t'accompagna l'odor del giorno tramutato in sera ed un tramonto troppo scrupoloso che di un secondo non ha ritardato. Lungo il ritorno da stazione ingrata, luci e vetrine fanno breve guerra per conquistar la gente in tutta fretta, non certo me che manco me ne accorgo fin quando ultimo bacio non svanisce. Avrò bisogno di una notte maga esperta a replicar nel sogno atteso i rasi d'una pelle promettente e gli occhi, dell'amore prigionieri. Andrò a ballare questa sera Andrò a ballare questa sera, a farmi un po' di giri in pista, a coglier note dentro l'ossa e conservarle, dopo, per l'inerzia. Farò dei passi con una dama - non voglio finte fate del 2000 - mi accosterò alla sua nuca e sentirò un brivido di pace. Sarò alla fine un po' sudato ma non importa, ci si asciuga. A quasi vita poi mi rivolgerò per dir che un'ora le ho rubato, che mai capace essa diventerà di farmi schiavo dei non sensi. Altro che solitudine! Non parlarmi della solitudine se mi vedi assorto, attorcigliato come il tronco di un ulivo secolare quando è pronto al bacio del tramonto. Come lui aspetto il buon raccolto tra i colori delle genti laboriose, tra i sussurri e gli schiamazzi antichi mentre intorno l'aria mossa si fa nuova. Non parlarmi della solitudine quando invece in mille mi fraziono con l'aiuto del mio amico fantasia nel clamore del virar del cielo. Altro che solitudine! ……………………… E, tu? 2009 Al primo tic d'una nube stramba E' inutile pensare a chissà che, sarà una notte come tante altre. Mi avvolgeran gli antichi dubbi mentre il mio letto io strapazzerò alla ricerca di quella certa posizione che mi consenta di dormire al meglio. Al meglio, intendo, solo per sognare o, perlomeno, perché chiuda gli occhi per districarmi tra le cento nebulose e in pieno nero scorgere una luce. La vita va edè impossibile fermarla anche in quest'ora della finta pace. Intanto, fuori, quanti cuori pulsano? Quante e quali note staran porgendo le belle musiche dal senso eterno? Della felicità, intendo, quel senso. Poveri cuori, anch'essi del tutto immersi in quel fondal di ciel che appare terso per poi, al primo tic d'una nube stramba, aggrovigliarsi nel più ostinato grigio! 2009 Quale terra mi accoglierà? Quale terra mi accoglierà domani, io seduto a numerare gli anni sull'edema d'un fico primitivo dal quale regalar solo due occhi al lido, al mare, all'orizzonte, al cielo, a ciascuno dei tanti bei sorrisi, dei musi del sudato patriarca, dei sempre in onda sogni replicati dei miraggi uno ad uno provocati, che li hanno accompagnati, gli anni? Sarà, magari, una qualunque baia che possa definirsi a mezzogiorno, dove un jukebox non si è stancato ancora di pizzicar le note preferite per riempire l'aria d'arie buone. Sarà, magari, quella stessa baia che di cabina ventitre faceva il tempio dove il tempo si fermava, che la sua sabbia è tuttora calda, indizio esatto del mio primo amore. Se fossi fortunato, vi atterrerei con l'ala di un demente gabbiano che pur portando un dolce moribondo non scorda mai i fermi paladini di quella libertà che sempre strilla. Io mi contenterei di una bitta su cui sedermi con la lenza in mano ad aspettare che impaziente luna di una spigola rischiari i colori. Quale terra mi accoglierà domani? (2009) La mia vita E' virgola che il periodo spezza. Lo amplia con cura, lo articola al meglio finché, nel punto, il pensier non si esprima. E' sfogo di fonte che rivolo trova. Lo plasma, lo accresce, lo affida alla terra finché, nel letto, fiume diventa. E' acqua che l'alveo abbandona. Lo estende, lo abiura nel tacito accordo finché, nel suo delta, mescola idea e, confusa, muore nella vita del mare... Dormiveglia Quand'anche il giorno m’arrivasse immenso non lascio i sogni che mi stanno addosso. Ho detto basta e non affido al tempo il dispiegarsi delle aspirazioni. Distratto guardo tra un sonno e l’altro la luce quando picchierà sul muro ma conto intanto il numero dei giri seguendo il lungo volo del gabbiano. Immane ecco un sorriso farsi largo la corsa a perdifiato lungo il molo, il placido solcar acque lontane di un veliero o forse no…è un gozzo. Riverbero nessuno alla finestra molesta nel frattempo l’abbandono. E’ chiaro che lo scuro tiene banco e già m’appresto a ritentare il volo. Mi trovo adesso al centro della Terra e i battiti del cuore io non sento così come li sento all’apparire di bionde trecce dietro al davanzale. Desista l’ alba dal venire presto a far distrarre il principe e l’amore. Nel letto mio mi giro e mi rigiro e chiudo gli occhi per vedere meglio. (Agosto/2009) Invermigliava tutto e resisteva. Dell'anima liberava i colori uguali a quelli che addosso mi sento quando emozione mi lucida gli occhi. . Quel sole, che pure stava davvero annientando giorno d'agosto da vivere a lungo, moriva nei raggi offerti al tramonto e l'aria migliore al cielo cedeva. . Saldata al confine con un bel sogno, la vecchia ringhiera i rossi specchiava e le orme, di gomito nette le orme, scavate in attese dei grandi amori. . Sì, la ruggine era bella a vedersi e, forte, il profumo solo di sale veniva da giù, da scogli stressati, derisi dall'onda e quasi umiliati. . Quel sole, chinato ai miei piedi, al Re d'universo... Non so, non ricordo se quella volta la Fata Morgana io stessi aspettando. O, forse, le chiesi il ritardo di un'ora? Penombra Ma quale malinconico ostentare emerge adesso ch'ogni luce affonda? E che tristezza prendermi vorrebbe solo perché distratto è ora il sole? Penombra voglio solo a regolare contrasti e toni a crescer troppo in fretta, a rischiararmi dentro negli anfratti del divenir compagno dei miei anni. Penombra arrivi ad acquietare il giorno, a renderlo una prova di livello così che nella sporta poi finisca per fare parte di quel mio fluire. Se l'alba e il dì non sono sufficienti a dirozzare i dubbi e le paure, l'arrivo necessario della sera ridesta ben la consapevolezza. Penombra voglio ad addolcire il plasma per decantar le facili tossine così che ingenua presunzion mi prenda del navigare i più puliti mari. Penombra arrivi a frantumare il prisma ed indagar da dove parte il raggio. Da lì seguir le mille direzioni e poi, al sonno, ricompor cristalli. (2 Agosto 2009) Niente lacrime Disarmati, solo il fardello addosso, marcian fieri nell'aria esagitata. Sul sentiero ripulito dai detriti sfilano allegri e pressoché perfetti. Sono i ricordi, alla fatica avvezzi, or baldanzosi di mostrarsi tutti, che onori rendono a restante vita. Di tanto in tanto potrà pur accadere che nel ploton vi sia l'inadempiente, ch'esatta posizione lui non tenga vinto dall'ansia di manifestarsi come il più bello della folta truppa. Poi rientrerà nei suoi giusti ranghi e seguirà col resto il tempo dato. E' la festa della gaia nostalgia, scandita a colpi di fanfara nuova. Niente lacrime ai bordi della via, solo il vortice di quest'ora matta. Quando alla fine rientreranno mogi, nella caserma dell'oblio e quieta si rifarà l'intransigente appello per sincerarsi che nessun diserta. (21/07/2009) Se dovessi perdermi Se dovessi perdermi nel cielo che ho inseguito sempre, non v'affannate a lanciare allarmi. Ritornerò… Se dovessi perdermi nel mare dei migliori anni, non permettevi di lanciare allarmi. Non tornerò! (1972) Fai presto a dire anch'io sono un poeta… Scrivi i tuoi versi in men che non si dica, oppur nell'arco d'un intero giorno o anche in quello d'una lunga vita. Offerti poi a tua e altra lettura, fai presto a dire anch'io sono un poeta! Non ho mai visto, ahimè, due gabbiani scambiarsi un bacio da perduti amanti e poi librarsi ubriachi non stanchi nel campo d'aere per destinazione. Io, non li ho visti ancora… Ho visto, sì, coppie di pesci luna squassar bonacce e ravvivare azzurri di miei tratti di mare consenziente. La coda dentro e il muso fuori d'acqua, fecero ciao al vento già sconfitto ch'oltre collina andò a cercar riparo. Gabbiani e pesci luna, caro Aurè, non hanno preso mai la penna in mano… Di nuvole neanche l'ombra D'amore no, non parlavano quei due. Di tanto in tanto guardavano il cielo senza veder la luna o una stella ma solo nubi al bisogno arruolate a far scenografia al lungo pianto. Eppur vicine eran le loro labbra ma occhi persi nell'infausta rabbia, le mani mosse al pazzo gir di dita e mai di carezza a cuore e gote. Io m'inquietai a quella triste vista e ancor mi chiedo perché mai l'amore, per imperfetto o critico che sia, non si assoggetta al blu miglior ch'esista impreziosito dalle ascritte luci. Un bacio diedi alla mia lei in bocca e sazio non ancor di paradiso volsi lo sguardo e la speranza sopra. Di nuvole neanche l'ombra. 2009 Innamorarsi e non morire Alle nuvole, mai! Di notte non mi fido. Sarà perché sono segrete, sarà perché non gli do forme, un cesto di fiori, una sorgente, un tulipano dal caule strambo, un viso tra i miei tanti preferiti. Affida alle stelle - se stelle ci sono - il bell'esister nella propizia notte, il suono assolto del tuo ti amo, lo scoppio magico del suo ti amo. L'eco dell'eco scombinerà la Terra, stazionerà su chiome d'uliveti e peschi, farà il solletico a una chitarra spenta, di rose dormienti alzerà il pelo. Specchia nel mare - il mare c'è sempre - fronte, profilo e cuore dell'amore e in certe ore che ora tu non vedi andrai a cercarlo tra le prime onde. Innamorarsi e non morire… Scopiazzerai l'inimitata luna. Dissolve lei la falce e il cerchio dando il segnale d'ultimo addio ma già domani è su, rinata. Virar dovresti Nel fango di Stige affondi tuttora, laddove tra la melma del ruscello pur anima t'è sempre arduo l'operar. Se non per altri almeno per te stesso virar dovresti dall'eterna noia si ché pure tristezza monderesti. Ei tu! Salvezza proprio non invochi? O forse allor il Sommo vide bene? Nella di lui ragion, dolor non senti. Per questa poesia ho pensato all'accidia e qualche ricordo della Divina Commedia mi ha spinto a comporre queste terzine.- Per carità, fate in modo che Il Sommo Poeta non ne venga a conoscenza sennò per me sarebbe…l'inferno. Grazie Aurelio (Giovedì 09-07-2009) Mezze carezze Quando mezze carezze ho lanciato per paura di invischiarmi nel tutto e mani in vezzo lento ho ritirato ed in quell'ora il cuore ha preferito raccogliere capelli tra le dita, in quell'ora d'irritante amnesia mi son chiesto e richiesto chi ero. Se lancio ad altri questa bionda spiga perché all'ombra di secolare quercia di grano e d'erba i sapor lui senta, poi mi accovaccio nella buca di ieri per proteggermi dai miei stessi raggi. In quest'ora d'irritante amnesia mi sto chiedendo e richiedendo chi sono. Ma… scende d'improvviso e mi scavalca una miriade di sole d'Africa. Calda, supera le gole del freddo, prorompe dalla nuca e mi attraversa, spinge infin la pelle e tutta la scopre. D'anima e corpo adesso è la nudità ma non mi immolo all'altrui freddezza. E' vero, ho ricevuto rudi schiaffi come se adesso il vento s'accanisse mentre di sole nutro ancora il cuore. Mi rivesto di trasparente manto e torno ad esser tutto tra la gente. Tinti Baldini & Aurelio Zucchi Domenica E così un'altra sei giorni s'è chiusa, ho contato i giri inanellati. Nessun record, neanche questa volta. Mi scanso, mi tuffo,emergo e scrivo. Mi scanso da quei versi che non voglio, da un globo senza il verde e l'azzurro, dalle strade impazzite del già visto e dai pater noster non imparati. Mi tuffo nel disteso microcosmo. Linde tornano le ossa e le carni, raccolgo poseidonia adulta ed un ciuffo finisce in un bicchiere. Emergo e saluto il sole e il vento. Mi abbraccio non stupito di esistere, racconto favole a Simone bello e rido del suo prendermi in giro. Oggi, questa casa sembra più bella. Le macchie alle pareti sbiadiscono mentre lucente ritorna la sposa e bianchi denti mi mostra il figlio. Scrivo nella domenica di stasi dove svolazzano profumi e affetti ma aspetto che la sera ritardi per riguardarmi nei miei versi diversi. (Domenica 21/06/2009) Per te, donna (Poemetto/Dedica) Per te che ben riesci da bambina a far parlare bambole di pezza; che fiaba dietro l'altra poi consumi come orsacchiotto del tuo lecca lecca. Per te che in lesto progredir degli anni infili vita nel primo anello oro; che di stupor materno attesa sazi al nascer di felicità goduta. Per te che al sorger del propizio giorno stai a guardare l'alba, il sogno e il mondo dentro due occhi ancora da venire eppure innamorata già ti senti. Per te che al primo volteggiar di gonna al suon della canzone ti vezzeggi e briciola tra donne sicur passeggi alla ricerca del tuo primo amore. Per te che furba dopo colonizzi d'altra esistenza i capelli al vento e in un batter d'occhio apri e trastulli le prime voglie in un qualunque posto. Per te che a volte a testa e croce giochi con le medaglie in altri petti appese nel rischio odioso di far morire l'inizio ambito di possibil trame. Per te che in giorno di bouquet distendi anima e corpo nella tersa coppa e schiava e libera li agiti entrambi sciolti nel corpo e l'anima di lui; per te che sposa affascini all'istante fra trasparenze e carni benedette per poi ricever del rapporto il sunto e trattenerlo al dominio netto. Per te che i gemiti ascolti forti venir da grembo dall'amor difeso e i gemiti domi insieme al tempo perché il figlio nello splendore cresca; per te che quelle stesse eterne fiabe ora le narri ripercorrendo gli anni e bimba nuova incredula ti scopri al vissero felici e contenti tutti. Per te che del tuo ruolo avuto in dono vagone fai da attaccare ad altri mandando qualche volta alla malora di femminilità il vero e lo specchio. Per te che d'ogni lacrima fai conto e conto non fai di stille esterne, quando a convincerti ch'ognuno soffre non ci si fa neanche all'evidenza. Per te che all'avvizzir di propria pelle t'intrappoli nel perché succede a me ed acida divien quell'espressione testimonianza eterna ritenuta; per te che alla fin ti abitui piano e accetti ancor del sole le palpate fino a sentirti ugualmente bella e con la vita inimicizia escludi. Per te ho eretto una torre mozza con i pilastri di cristal cobalto al centro d'un filare a semicerchio tra i riflessi di schiusi melograni. Per te, donna, ho redatto con la firma il protocollo del discepolo realista sulle tracce di Venere imperfetta, d'interminabili carezze ansioso, di pianti inammissibili irritato, a zonzo tra felicità ammessa, per consegnare ad una scia del tempo l' innamorato ed il fallibil uomo. (2009) Brezza Brezza che arriva dal mare e porta il profumo del sale rallenta il suo lento venire, indugia sul prato velluto, si siede nel piccolo cielo e desco apparecchia per noi. Occhi che guardano tutto: il filo più lungo dell'erba perfetta, il fiore che aspetta la goccia, la foto del gol a colori, l'ultimo smalto prescelto e occhi… che vogliono esser guardati. La fresca manna finisce il suo ozio, il volo riprende per altri destini, va su per il colle a rincorrere amori e ancora una volta la senti. Si ferma... Nostalgica guarda all'indietro, riabbraccia la genesi azzurra, controlla se ha terso bene e l'occhio… lo strizza a noi due. (2002) Per una volta dimenticai il sole Cadeva la pioggia, senza respiro. Nessun sorriso dalla bionda diva imprigionata nel poster di sempre. Vidi notte in pieno giorno, intera, e ricordai estati da bambino, quel tanto che il grigio consentiva. Dentro, nella mia casa al quarto sembrava piovere dal bianco tetto, libri anch'essi stanchi di raccontare. Mi ritrovai tra un caffè e l'altro a fare un serio cambio di stagione in un armadio ricolmo d'afa. Per una volta dimenticai il sole. (1989) Un magico specchio * Andate in cerca d'un antico specchio ma non del tipo d'alcuni reami e al ritorno io vi compenserò solo e soltanto se lo porterete. . La magia, per queste brame mie, dovrà armarsi di ben altre doti, dimenticare fanatiche matrigne e concentrarsi su quanto chiederò. . Andate quindi a controllare tutto, entrate nella hall del Paradiso, chiedete di color che m'hanno amato e buoni indizi forse troverete. . Ai bivacchi nei boschi primavera aprite fiori senza danneggiare i petali che poi v'indicheranno sentieri utili all'esplorazione. . Non disdegniate di fare un bagno nel primo mar che certo incontrerete poi, giù, per i fondali ad acquistare misteri non del tutto rivelati. . Giunti al villaggio detto dell'amore, contate uno ad uno i sospiri, fatene ampolle solo dei migliori ed imballatele con carta cuore. . Lo specchio magico che mi darete rifletterà e fisserà i pensieri che preannunciano l'ingresso ai sogni e che il mio verso non sa catturare. * 2009 Un giorno ti racconterò Un giorno, appena guaderò il passato, ti racconterò le storie che ho vissuto. Inizierò da un grembiule quadrettato col fiocco azzurro sempre a posto. Seguiterò narrando di capelli al vento, di corse sotto il sole là verso il mare dove eccitato e stanco io m'infilavo tra onde e onde tutti i giorni amiche. E' lì che ho conosciuto me, in schegge di mattino che volevo nuovo, in ripetute danze di guizzanti pesci che dipingevo con i colori della fantasia Ti parlerò di certe sere d'altri tempi, di lune parcheggiate su chine di ginestre e non trascurerò di dirti, figlio mio, cosa sentivo stringendo quasi donne che all'istante battezzavo azzurre fate per poi imbrattarle col nero delle streghe, rigarne i volti con malcelate occhiate e farle diventare presto non ricordi. Premura mia sarà di metterti al corrente di ciò che accadeva al quasi uomo, i primi peli a far da distintivi al timido ostentar del mio coraggio. Dal più capiente dei miei mille cassetti per te deprederò camicie riciclate, catene finto oro e persistente odor di cene assieme ai miei quattro fratelli, la mamma a destreggiare le porzioni, papà ancora col sudore addosso, patate a mille attorno a poca carne, la dignità al segno della Croce. Memorie, oggi, ma ieri buone leve a tirar su domani che fossero migliori, che dessero risposte a centinaia di cose, alle speranze, per esempio, quelle vive, da coltivare in tempo e in ogni tempo al pari di un roseto di principesca villa avendo cura di mai irritar le spine per evitare graffi a esordi di chimere. Un giorno, appena guaderò il passato, ti racconterò le storie che ho vissuto, il mare per intero amato e le stelle, sì le stelle, che senza perdere altro tempo tu puoi guardare, esattamente come me, se solo alle tue notti alzassi gli occhi, felici o tristi non deve poi importarti perché capaci di illuminarsi tutti! (2008) Poesia finalista alla VII Ed. del Premio Internazionale Albatros 2009 e pubblicata nell'antologia "Ricordi" (Albatros Edizioni) Buondì La notte è andata via veloce passando sopra i replicati sogni che tutti quanti volevamo veri per candidarci ad essere felici. Intanto l'alba ormai tossisce, ha spento già l'ultima stella, sbadiglia ora all'orlo di collina e al mare, di nuovo suo fratello. Buongiorno allora vorrei dire a quelli che si destano dal buio, a gioie minute e subdoli dolori che come sveglie sento risuonare. Buondì ai gabbiani che non vedo dal mio balcone di città sedata, al pescatore che alla prima luce governa barca in sudore ed acqua. Buondì al pane ancora profumato, al vagabondo fuori dalla notte scura, allo squadrone dei potenti in Terra, ai bimbi insonni d'Africa che aspetta. Buondì a voi, amori nostri immensi avvolti ancora nel vostro dolce sonno, nel supplemento di un segreto sogno che sia capace di svegliarvi al meglio. * Poesia V finalista al IV Premio Città di Montieri 2008 (Circolo Culturale Mario Luzi) (2008) Questa notte non parlerò alla luna. =============================== Questa notte non parlerò alla luna. Me ne andrò ad inseguire il giorno, troppo grande il regalo che mi ha fatto per non fargli un po' di corte estrema. Sotto il sole d'esaltante primavera, ho sbattuto nella curva di un sorriso. L'ho percorsa in lungo e in largo tutta e non voglio invischiarla tra i ricordi fino a quando non sia stata ripercorsa. Questa notte non parlerò alla luna se non, solo, per metterla al corrente = (13 Maggio 2009) Quando un angelo verrà * Quando un angelo verrà a casa mia, prima ancora di fargli varcar la soglia mi accosterò alla finestra più vicina per accertarmi che invece della luna ci sia il sole del mezzodì d'agosto. Poi, dopo essermi scusato, appenderò le ali nell'ingresso, lo accompagnerò di là in salotto, gli offrirò la mia poltrona preferita e cercherò di metterlo a suo agio. Intanto che sdraiato prende fiato, riempirò la caffettiera, quella da due, la metterò a sbuffare a fuoco basso e andrò a rispolverare dalla cristalliera le tazzine con le fresie rosse incise Se l'angelo no mi farà annunci, lo aggiornerò sul come sta procedendo la vita mia vita e quella dei miei amori che, nel silenzio, io lascerò dormire per evitare che mi credano sonnambulo. * (11/05/2009) La parte migliore di noi ***************************** E basta col dire che la vita è complicata, che questa società non ci merita per niente e che nessuno è mai pronto ad ascoltarci! La parte migliore di noi vegeta nell'ozio d'un sentire che non vogliamo far sentire. Il rischio ipocrisia viaggia a mille all'ora nel tempo in cui sarebbe solo da fermare. E così, eterni perplessi, ci infiliamo nel covo delle più intime convenienze e quel coraggio, che a parole abbiamo, arrugginisce nell'autocompassione. Mio Dio, pensavo all'uomo come all'aquilone quando, già progettato dall'emozione, si libra in cielo per farsi tutto vedere. La parte migliore di noi è cementata, tenuta prigioniera per evitarne spreco e, con la scusa del carattere o della timidezza, imbambolata in un angolo di cuore. Se e quando agli altri ci sapremo dare, libereremo insieme spazi trasparenti dove al peggior nemico di pace parleremo, con l'amore si tratterà in amor d'amore, tutto noi avremo se tutto noi daremo, E basta col dire che la vita è complicata! Io per primo… ************************************************ (2009) Di là dal mare * Di là dal mare, nell'oltre martoriato dalle fantasie, nella regione dell'ultima ragione che rimane, di là dal mare il cielo si abbassa. Si china, prostrato e consenziente, a dare in prestito un po' del blu che abbonda per riversarlo appena sotto l'orizzonte. Noi poeti siamo piccoli, noi che in un verso reclamiamo verità siamo una goccia della nostra riva. Le prime luci che accendono la baia spengono di già il nostro ardire e rimaniamo qua a raccontarci i fatti della terra. * (25 Aprile 2009) Prima che l'alba diventi una spia * Stanco del silenzio nella forra, desidero fermarmi ore ed ore nel caldo freddo della notte al mare e non importa se nell'occasione non ci saranno stelle e similari. * Mi stirerò nel più preciso punto là dove le onde smorzano lo schiaffo e, ruffiano, ne canterò i fragori di modo che questo mio egoismo ottenga di parlare a chi ascolta. * Nel buio stropicciato dalle nubi, prima che l'alba diventi una spia, tutto dirò che non sia menzogna. Spalancherò questi occhi ciarlatani e senza sosta li farò parlare. * Chissà che qualche anima, nascosta dove il fondale eternità lambisce non spunti irata tra le scure acque e in mia difesa lei si schieri. Solo così non mi sentirò solo. * (2009) Ripristino ========= Per il ripristino del liso foglio, dammi la tua gomma per favore così che io cancelli bene bene le prove di futuro andate male. * Su di esso lascerò le nette tracce di certi spunti da verificare e poche frasi da bambino scritte in primo luogo quelle recitanti: . Ma chi l'ha detto che la luna è muta? Non tengo un gabbiano in casa mia! * Sul bianco che saprò recuperare io stenderò i nuovi scarabocchi ma questa volta me li controllerò man mano che l'età andrà avanti. * Insisterò per una volta ancora a tracciar bozze di felice tempo, i tratti netti delle icone perse di dignità, educazione e pace. * In alto a destra occuperò lo spazio per dedicare a tutti i miei affetti felicità che stanno rincorrendo e a me, la mia, che anch'essa attende. * In calce al foglio apporrò la firma e non fa niente se risulta uguale a quella scritta di tanto tempo fa quando sicuro era soltanto il nome. * Aurelio Zucchi (20 Aprile 2009) Poesia dedicata a Alfredo Genovese Un acconto di Paradiso ………………………………………………………….. ………………………………………………………….. ………………………………………………………….. Ma che strano, sorvolo il Paradiso e giù di sotto ancora io non guardo. Eppure, queste, non sono nuvole! . Son petali di seta trasparente, scuciti ad arte da capaci mani dal cuore delle gigantesche rose sbocciate ad Est su lamina di mare. . Son petali di seta trasparente, solo prestate a brezza di futuro e scialano profumi a perdifiato bighellonando lungo il Corso Eterno. . E che dire di musica soave che delle sette note se ne frega, che dall'ottava inizia ovattata e chissà quante altre ne utilizza? . Cos'è che adesso mi sta succedendo? . L'affezionato corpo sta planando si libera di rughe, piume e piombo e si avvicina, sempre si avvicina alle luci di quel nuovo luna park. ……………………………………………………………… ……………………………………………………………… ……………………………………………………………… Segnale orario: sono le ore otto! (16/04/2009) Alfabeto Abbiamo bisogno cane di essere felici. Giuro, ho invitato le Muse nelle ore più quiete. Riadatteremo sapori. Testeremo unicamente varianti zuccherine Fino al primo schiudersi del sogno * Il giorno che agonizza in parte distrarrà la mia notte. Solo in parte… fino al primo schiudersi del sogno. * (2009) Sulla distante duna ============= Come apache che silenzioso aspetta segni di fumo dalla collina alta, immobile sulla distante duna davvero il fiero non si riconosce. ' Le nostalgie cede all'orizzonte, al quasi uguale azzurro con il quale parlava per sputare confidenze al nascere dei sogni più urgenti. ' Ma ora altro non fa, più non si muove, nel ghiaccio dell'etàè cristallizzato. ' E pensare che un po' di tempo fa se ne scappava dalla vecchia tenda, sassi e paure a pie' nudi schiacciava, polvere alzava giù per il sentiero... ' E mentre la sua tribù spariva, il cuore in oro bussola mutava, tracce di sale sempre più seguiva per inchiodare il mare come freccia. ' Quindi, seduto tra l'onda e la rena, dentro i riflessi l'anima specchiava, l'unghia intaccava sabbia e miraggi capace di trovar tesori immensi, ' Sulla distante duna, oggi è cambiato assieme a luce ch'ombre non rischiara. Il fiero è stanco, meglio non distrarlo. Avrà vissuto forse troppo in fretta. === (2009) Sulla scia di una stella cadente * Sulla scia di una stella cadente mi piace immaginarti quasi nuda, solo vestita a firma prestigiosa di un amore fiero di così modella. Nel posto dove tu mi planerai andrò di corsa anticipando i tempi, allestirò la tenda della seta dentro la quale troverai l'alcova. . Prima, ti chiederò se avrai udito i desideri espressi alla tua vista, primo fra tutti quello più pressante di riabbracciarti a fine giro cosmo. * (2009) Lungo il sentiero delle prime sabbie * Lungo il sentiero delle prime sabbie, quello che muore appena vede il mare, in una curva stretta più delle altre, quasi ai piedi di un'erica perenne da sempre esiste ciò che m'appartiene. . Lo si confonderebbe con le foglie dove esso si nasconde ormai da tempo invece è solo lastra multiforme la cui tinta è il frutto degli anni con l'uso dei colori improvvisati. . Come allo specchio in essa mi rifletto lungo il sentiero delle prime sabbie quando mi reco al verde e blu dell'acqua mentre richiedo a certe irrequiete onde di pazientare prima dell'arrivo. . E mi vedo, sudato e stralunato sulle piccole e medie e grandi barche tra i sorrisi d'una madre eterna, col cuore in lotta verso il primo amore e in mano il vessillo del futuro. . E solo un attimo che dura un'ora, ho sempre in mente quella mia meta e quindi corro, corre forsennato ad abbracciare il confidente mare al quale riparlare della lastra… . (2009) Esisteranno Quel principe sognato da bambina quando ai tuoi piedi mezzo mondo avevi, ancora non indossa alcun mantello, ancora non cavalca alcun cavallo. Eppure, chissà dove esisteranno nei regni delle meraviglie antiche, sulle amache delle foreste azzurre poste a ridosso dei più verdi mari. Probabile che abbiano paura di riproporsi in questo nuovo evo, di sprecar mito tra i ciechi e i sordi che impassibili sono al richiamo. Ma tu non spegnere la fantasia, trova pretesti per tornar bambina, allunga ancora i tuoi capelli oro e fanne belle trecce da specchiare. Intanto, al tuo fianco ci son'io che la leggenda guardo e ascolto, alla ricerca dell'esperto sarto, alla ricerca d'una scuderia… (2009) Antichi Cavalieri sostano Nel borgo del duemila tutto tace. Antichi Cavalieri sostan fieri e attendono quel freddo locandiere che schiuda l'uscio fresco di vernice all'aria netta di leggenda eterna perché si posi in ritrovata lena tra nuovi e vecchi tarli adesso sparsi sotto occhi ignudi di trofei dormienti. . Su, da tempo, li aspettano le dame a mo'di madri riposate a lungo, innamorate del previsto sgarbo di un muto lattante che prima o poi, non più immobil perla tutta rosa, dal fondo della tana paradiso e dal tepor d'immacolata coltre si desterà braccando lesto il seno. . Stagion dei sempre vivi eroi a tutti annuncia già il suo ritorno. Altera e schietta, oggi si prepara a rinnovare sogni un dì spezzati dall' Evo Nuovo dei previsti cieli, delle ventur vagliate una ad una e dei respiri freddi e soppesati, del nulla che oramai non ci consola. . Antichi Cavalieri sostan fieri. Si guardan tutt'intorno frastornati, le grate d'ombra rischiarate solo dai riflessi di tegole argentine. E c'é chi lustra lame affezionate, chi già si appresta con arditi guizzi ad allestir lo sventolio di chiome alla conquista degli amori persi. (2005) Dalle parti della quercia spezzata Non passare dalle parti della quercia spezzata, potresti incorrere in qualche disavventura! . Se devi spingerti fino alla radura della quiete, se proprio è quello il luogo che tu hai prescelto, vedi di trovare altre strade che siano più agevoli. . Non esistono? Allora passa dalle parti della quercia spezzata. E'sempre così…….. Spero proprio sia distratta. Spero proprio sia distratta. Se sapesse cosa sto combinando ora mi chiuderebbe per sempre l'uscio e invece ancora io vorrò entrarci. Non so se di questi tempi è colpa o forse sono già vittima degli 'anta, ma mi succede spesso da un bel po' di farmi trascinar da venti sconosciuti. Vabbé, siam quasi d'accordo tutti, sorrisi e sguardi degni di tal nome non è che se ne vedano poi tanti. La gente sembra come un pallone, è bello, si, ma solo se ci sai giocare perché altrimenti devi accontentarti di apprezzarne la forma e il colore. Mi dirai che basta un po' di fantasia, vedersi belli dentro una divisa linda, correre sull'erba come fanno i matti e giù calci su calci vada come vada. Già, la fantasia… Ho l'impressione che sia stata abolita, l'avranno soppiantata in fretta con la fretta, con la sacra immagine di sé quale che sia purché essa circoli nel fiume di tendenza. Davvero non riesco, io che mi lamento, di sciogliermi il nodo attorno al collo, occhio per occhio dente per dente sta diventando l'inno dei miei anni. Vorrei amare come ho sempre fatto, scambiare quattro chiacchiere quattro mentre mi gusto l'ormai perfetto caffè, oppure fare una pausa dinanzi al mare piuttosto che dentro confuse mense. La mia pelle sta diventando dura, non sento più i richiami delle sirene, neanche l'urlo di quando monta il dolore o quello che nasce da una qualunque gioia. Spero di non arrivare a vendermi ai nuovi eserciti in marcia verso tutto, a queste schiere di ladroni incravattati o agli abili manovratori delle mille luci. Spero proprio sia distratta, l'anima mia. Abbracciami Abbracciami fino a stritolarmi quando l'eco della notte è incessante come clacson che diventa pazzo nella siesta di domenica d'agosto. Stendimi col talento di una madre su frescura di lenzuola sorridenti e accompagnami la nuca sul cuscino con le mani che da un po' io cerco. Accarezzami tra magiche penombre mentre voglia di dormire non ne ho se mi accorgo di potere detenere il primato che mi fa sentire un re. Ora che la prima luce arriva, scortami dentro il buio della mente e ridetta in ogni tua lenta carezza i tempi giusti per assaporarci. Clown Il giorno che vi accorgerete che posso anch'io essere triste, correte in piazza al tendone azzurro e chiedete udienza al capo circo. Il clown migliore fatevi prestare e in un baleno portatemelo qui. Allieterà malinconie maligne tentando di celarle al mondo e tra una giravolta e l'altra mi inventerò una bella scusa per farlo avvicinar di più a me. Allora, all'orecchio gli sussurrerò che un po' gli ho rassomigliato. Benché con altro minor talento, sorrisi e spassi ho inteso regalare anche quando pensavo ad altro. Stupro Allora? Quand'è che date inizio alla festa? Non ditemi che aspettate il buio. Il buio è vostro,è dentro di voi. Cos'é? Avete paura di me? Io sono solo un narratore, a volte provo a fare il poeta e canto e racconto dell'amore, qualcosa che non riguarda voi. Sta giù, buttata come un sacco e ancora porta il vestito addosso. Ha otto mani… Due mani per coprirsi il seno, due mani per difendere il suo grembo, due mani a caccia delle viscere, due mani rivolte verso il Cielo. Vedete quanto è mansueta, quanto capaci siete voi stati di farle perdere anche la rabbia, di declinarle morte in piena vita? Sulla vostra pelle il sole non disegna i giochi delle luci che si rinnovano. Lancia strali di resa delle dignità che fuggiranno quando fuggirete per rintanarvi nel falso eden. Date inizio alla vostra festa, io non guarderò… Quando tu mi manchi Sai, ci sono dei momenti odiosi, li chiamo sfide per debellar paure, in cui m'attrezzo d'improvvisate tinte per colorare il buio in pieno giorno. Sono le ore di quando tu mi manchi, il tuo respiro addosso alla mia pelle, le mani che mi accarezzano la nuca e lente e benedette sondano altrove… Saranno state almeno sette Non è possibile, direte voi, eppure vi assicuro che le ho viste. Sotto gli occhi di questo inverno mio, barche - saranno state almeno sette - a reclamare sette pescatori per esser liberate dal pantano tra le due gobbe dell'asfalto nero Ma quale più corto dei dodici mesi! Colpa di questo febbraio odioso che, incurante delle mie stanchezze, si schiera a braccetto di gennaio e a primavera non concede acconti. Non è possibile, direte voi, eppure vi assicuro che le ho viste. Sarà stata nostalgia del mare, sarà rifiuto delle lunghe piogge, sotto gli occhi di questo inverno mio, barche - saranno state almeno sette - vi assicuro che le ho viste davvero. Ho sognato che sognavo Ho sognato che sognavo di mettermi in cammino all'alba così che rinascessi nuovo come il giorno che mi accompagnava fino al raggiungimento della meta. Indossavo una tuta così azzurra da ingannare il cielo che mi s'apriva e bianca mi ero io tinta la barba per meglio trapassar le nuvole. Portavo con me alcuni ricordi , di certo quelli che non moriranno, ad esempio il peso lieve della vita o i colori del mare già immortale. Lungo il tragitto, nell'aria nuova, i miei amori mi tenevan sveglio ammesso che potessi addormentarmi nell'inseguir le tre fasi del tempo. Rividi infatti tutto il passato, quasi accucciato per una carezza, con il presente che mi confondeva per via del fatto d'esser già futuro. Giunto alla fine al lembo estremo, là dove a balbettare incominciavo, volsi lo sguardo al punto di partenza ma… avevo un piede nell'eternità. Dai, portami da lei La rosa mi si avvicinò. Si accostò come una nonna che vuole muoverti un appunto. Poi sulla nuca la sentii. Ma… con le spine mi frustò alla schiena. Non so per quanto tempo s'accanì, so solo che, tornata in sé, così mi sussurrò all'orecchio: Tu… una volta sapevi innamorarti e adesso dimentichi come si fa. Solo perché la vita t'ha distratto tu pensi non c'è posto per l'amore? Dai, portami da lei. Mi vedi come sono ancora in forma? Lo riconosci il mio miglior colore? Fammi lasciare questa strada, sono sicura che non deluderò. Dai, portami da lei assieme alle mie amiche rosse, taglia a misura questo lungo stelo e, come prima, avvolgilo in argento che poi con cura la mano scarterà. Dai, portami da lei e sarà valso ch'io abbia vissuto ed io saprò parlar di te, fresca nel bagno che farò per mantenermi bella come lei. Questi amori Frastornato ero quella sera, seduto tra le braccia del tempo. Lui, di pioggia tutto mascherato, solo i respiri di durevole marea , neanche l'esse d'una stella una. Io, tutto odoroso di futuro, anche orizzonti a dirmi non è vero, neanche una luce su di loro strangolata. Depredati dal gran fantasma della notte, quegli amori che già allora pregustavo feti morivano dentro e fuori l'onda scura e non credevo di poterli mai toccare. Frastornato ero quella sera come lo sono oggi, nei miei giorni. Questi amori che hanno duellato ora rilasciano salsedine vitale, equilibristi su ogni sorta di mare, incazzati se mai qualcuno li disturba. Riuscire a piangere vorrei Riuscire a piangere vorrei davvero con un lento scorrer sulle secche gote di quelle a palla lacrime impazienti che ho alloggiato nei momenti infelici e trattenuto per non esser io capace. Dinanzi ad albe camuffate da tramonti, ad ogni rollìo dello sconcerto greve, sento dire che pianger tocca al cuore e se in tal modo fosse veramente sarei tranquillo d'aver saldato conti. Ma, riuscire a piangere vorrei davvero per tutta la smania di specchiarmi chino, per essere partecipe dei gemiti palesi, i forti occhi da detergere una volta con l'acqua e il sale dell'anima mia. (2009) Premessa Il triste epilogo della vita di Eluana Englaro (ma quante altre storie, silenti, pulsano senza i riflettori puntati, senza la voce degli illustri competenti, senza le troppo parole dette fuori e dentro questa vicenda?) mi ha suggerito di non aggiungermi ai cori delle "certezze" sulla vita e sulla morte. Nel mio orto ho coltivato questo pensiero e così desidero proporlo: Quale confine Vivo nel sole che immenso splende poi metto il broncio appena se ne va. Tutto allora mi si trasforma intorno, dalla facciata del grattacielo austero all'ultima tegola della quasi casa. Vivo nella luna che sta lì a guardarmi, poi m'addormento figlio della Terra. Quanta bellezza non mi si ostenterà, basti pensare al gioco delle stelle o ad occhi lucidi, di nostalgia ostaggi. Sapessi almeno quale confine netto sarebbe ammesso da toccar con mano, potessi esprimere caparbia poesia in ogni angolo ancora da esplorare, farei di questa vita eterna vita. Già, la vita... Somiglia un po' per certi versi a quella luna e a quel sole trascurati mentre son qui ancora a domandarmi quale confine la separa dalla morte. (11/02/2009) Rebus (Dedico questa mia poesia al mio amico Salvatore Armando Santoro dopo aver letto con molta attenzione alcuni ultimi suoi testi su queste pagine azzurre. Ciao Armà!) Nelle tue mani poserò il viso perché sia pronto alle carezze come la tela che si predispone ad uno, cento o mille dei colori. In esse verserò la lenta pioggia che dolce cade dal cielo delle gioie oppure, succederà anche questo, le stille stracariche di ghiaccio precipitato da quello dei dolori. Nell'uno e l'altro caso spero nei docili passaggi delle dita, in quel calore che non brucia quando il velluto mi friziona. Ora però ti chiedo e mi chiedo se per gli eventi può bastare che io ti ami così come ti amo o serva anche il tuo amore… Il cielo resiste Son vetri rotti i sogni decaduti e devi fare adesso pulizia. E cosa fanno le speranze tue? Stanno raccolte dietro quell'angolo. Le vedi timide e tremano tutte. Peccato! Nei momenti come questi in cui vorresti solo che piangere, sono incerte se fare capolino. Hanno l'aria di certi bambini quando son pronti ad avere un premio ed in attesa del tuo bel cenno sono lì, buoni, a rispettare il turno. Intanto guardi le pareti bianche piene di quadri coi colori a mille che non distingui, non c'è proprio verso, eppure v'è barca e mare intorno. Così, fissi il soffitto pieno d'ombre ma sono immagini troppo precise, la proiezione d'una cristalliera o lo stelo di un candelabro odioso. Forme che non ricordano nuvole che se le guardi ti offrono scintille, carri colmi di zucchero filato dolci sirene dai capelli lunghi o vasi che traboccano di rose. Finalmente, pian piano ti decidi, apri la porta del terrazzo vuoto, prendi respiro, poi alzi la testa e vedi chiaro il cielo che resiste. - ALL'ANGOLO *************************** Io e me - 2009 ************ Non so cos'è che vedo, se respiro e forse sono morto, se tutta intorno l'aria è piombo, odiosa pressa sull'anima indifesa. So solo che si sente il silenzio, di quelli propri d'una cattedrale nell'ora che solo l'altar si ostina a custodire i dolori degli uomini. Mi staccherò da questo cerchio? Se mi vedrete ancora arzillo o meglio, sorridere a più non posso sarà il segno che non ho perso, che ricomincio dall'alfabeto antico. * Tutto… Potrai guardar l'amico mare stringersi nel nucleo d'una biglia e minuscolo allora diventare, lui, immenso quando respira fuori. Sarai capace di scovare il centro dei benigni silenzi dei vent'anni, di ascoltare amplificato il suono di chitarre che ho avuto accanto. E poi, e poi, e poi… Coglierai come si coglie un fiore le mille emozioni che ho coltivato le gemme di amori da interrare, ed anche un gocciolìo di stille, allora laghi di vaste estensioni. Ti sentirai confusa allorquando in dolce processione sfileranno faziose lune e stelle pellegrine colte in un voilà in riva al mare nelle notti dell'immortale estate. Tutto… Potrai guardar l'amico mare, sarai capace di scovare il centro, ti sentirai confusa allorquando, coglierai come si coglie un fiore, soltanto se fisserai i miei occhi! * 2009 Scriverò i miei versi impossibili Scriverò i miei versi impossibili se l'alba mi si racconterà tutta, dal giusto istante custodito in cui il buio è sazio del buio a quello, altrettanto benedetto, di quando lei si inchina al giorno. Vorrò da alba sentire senza sosta parole e musiche per nuove canzoni, le storie rintanate nelle pieghe del tempo bramato che non c'è, certi momenti entusiasmanti, lassù, trascorsi a guardar due innamorati, intendo quelli meno fortunati, che non s'accorgono d'esser visti. Scriverò i miei versi impossibili nell'ora adatta allo specchiarsi di cieli aranciati, azzurri e gialli su un mare di smanie incredibili Notti anteprime della morte Notti saziate di silenzi, opache le disseminate stelle che anziché celarsi dietro l'altre rifanno presuntuose il trucco, notti anteprima della morte. Nel letto cambi posizione quasi che il cuscino rigirando incorri in frescure promettenti e invece, all'enne segno della croce, discendi ancora nei pensieri uguali. Allora credi che sia meglio andare, fai quasi finta di aver gran sete e bevi, bevi aneliti di distrazione per poi importi la voglia di dormire. Ma quelle notti non cambiano, han fronte e retro di una cambiale che se giungeva alla sua scadenza solo e soltanto era da pagare. Notti anteprime della morte. Diversamente amabile Diversamente amabile è chi vuol davvero bene e nulla chiede di ritorno se non il solo accenno del pervenuto affetto. Diversamente amabile è tutta quella spenta gente che affonda l'unghia nell'oblio e scava l'intonaco del tempo cercando lume di un ricordo. Diversamente amabile è una persona assurda che quando si sente vista si inchina sciocca al suo destino, incredula di tanta gioia avuta. E' chi, diluito ben bene nel dolore, emerge lui e il suo scafandro a fare un pieno d'aria pura prima di ricolare a picco. E' soprattutto chi, sfidando la sua sofferenza, quasi perfetto mi allestisce un sorriso che ne vale mille e di tristezze l'aria svuota. Là, dove il cielo non rischia la morte Là, dove il cielo non rischia la morte ma astro dopo astro si rinnova, esisterà io spero un qualche lembo nel quale ci si possa riparare. Noi uomini a volte siamo fatti così, crediamo di domare ogni fiera per poi aver bisogno della frusta ed accettare l'imprevista resa. Cade, nel tempo, la lucente spada. Lo scudo, adesso,è da adoperare e diligenti nella fila indiana si va tutti alla clemenza ambita la, dove il cielo non rischia la morte Vero Luci di lenza pazze tra le dita, il sole s'accaniva sulla baia. Il mare nell'amaca del silenzio gridava solamente a chi non c'era. Era vero, seduto a cavalcioni sul bordo secco della barca azzurra un piede dentro e l'altro messo fuori, pendolo di pelle bronzea e dura a schiaffeggiare l'onda calma sotto. Quando così lo guardai per ore, non mi meravigliai poi tanto e tra una preda e l'altra ancora tifai per lui con tutto il cuore. Al crepuscolo lasciai la spiaggia con dentro il sale e una speranza e giunto nella mia fresca casa levai brezza dai capelli miei Nel caro specchio lo rividi, vero... Sono felice d'esser come sono, Sono felice d'esser come sono, niente sforzi per apparire meglio. A volte, se mi ascolto bene bene, in un istante fermo questo tempo. Osservo quindi la mia effige stampata a mo' di bella figurina e non essendo stato un calciatore la includo in altra collezione. E' quella antica degli aspiranti re che non avendo regni ai piedi indossano lo stesso la corona proclamandosi degni della vita. Sdraiato all'ombra del Sinai Opacizzate dalla sabbia antica, figlia del vento e del mistero, sdraiato all'ombra del Sinai, vorrò vedere le mie scarpe ed anche questo mio orologio, poggiato su resistente cardo a far da specchio al serpente pronto a ingoiare lui e il tempo. Sdraiato all'ombra del Sinai, guarderò la quasi tonda vetta, le nuvole a farle da sombrero nel retro cuore del silenzio. Rapinerò all'Onnipotente le luci fatte disegnare al sole, luci che scalfiranno le rocce e anabbaglianti mi si offriranno. Velli d'oro non avanzeranno e forse potrò starmene quieto se su a Nord Est l'eco delle bombe si prenderà l'infinita vacanza. L'ultima luna * L'ultima luna si scansò irata. Poi raggiunse le scampate stelle e mugugnò sui diritti tolti. Da lì in poi fu soltanto giorno col sole, odioso se è troppo sole, a fare luce su quanto era già chiaro. Troppo evidenti queste nostre guerre, fratelli che non sono più fratelli, moderni amori privi dei sospiri. Rivoglio belle notti, quelle vere che silenziose osano placare, dove le luci posso anche sentire. Viene a mancare più di tutto il sogno quasi imposto da una stella amica mentre l'ultima luna aspetta muta. * Con i miei auguri migliori per Lorenzo, per le autrici e per gli autori che fanno di questo sito l'ideale teatro nel quale avvicendare sentimenti ed emozioni vitali per le nostre esistenze. Saremo noi tutti teneri eroi se di noi stessi alla fine resterà nel cuore di anche una sola persona un verso, un respiro aperto alla vita. Luci di Natale Quando, per ospitare la colomba, la briciola di un fragrante panettone si poserà sul mio freddo terrazzo, di colpo si accenderà la grotta. * Quando a posarla sarà uno di noi, premeditata nel flusso della festa o fosse anche per una distrazione, la stella brillerà anche per gli altri. * Buon Natale - diceva mia madre già dalle prime luci del mattino tra dolci frette e succulenti fritti mentre incartavo scintille per la notte. * Buon Natale - io le rispondevo - ma… non si dice quando è proprio l'ora? L'attesa é attesa - lei mi replicava - più é lunga e più sarà il Messia. Poesia in cerca d'autore Che state ad aspettare, voi poeti? Sù, agitate i freddi calamai, date luce a quei neri inchiostri, affilate le punte delle penne! Io non so scrivere di certe cose, d'abile verso che cattura cuori e un po' d'aiuto adesso serve perché si leggano i vecchi riti. Statemi quindi ad ascoltare bene giacché dovrete poetare al meglio il solo istante che cattura l'uomo che, innamorato cotto e stracotto, riceve infine amor da amore a cui l'aveva chiesto e richiesto. Mi raccomando, date voi risalto a quanto gli accade proprio dentro durante tutto il viaggiar del bacio, labbra su labbra esso inchiodato a liberarsi al primo seno nudo. In sella ad un cavallo bianco * In sella ad un cavallo bianco mi avviai dall'alba verso il giorno per poi, oltrepassate le colline, con un inchino salutar quegli anni, gli stessi che ora chiamo giovinezza e che allora non avevan nome. * Scendendo di gran fretta a valle, a lungo mi fermai nei verdi angoli, gli stessi da cui guardare il mare per poi, saziandomi di emozioni, avvicinarmi a lui per presentarmi almeno degno delle sue attenzioni * In seguito, io odorai di uomo e mi tuffai nei fiumi dell'amore. Conobbi pure i duri labirinti a prima vista di città qualunque solo che quelli eran del Meridione così che mi inventai nuovo Teseo. * Intanto che la vita andava avanti, che i chilometri me li bevevo tutti tra gli insistenti sguardi al mio futuro e le carezze del passato prepotente, ahimè ho smarrito il filo portentoso e quel cavallo non l'ho più trovato. * Accoglimi Accoglimi, il sole avrà due dischi. Il cielo non riconoscerà le nuvole e me che fino a prima ho pianto alla ricerca della mia pervinca luna. Ti adagerò sulle piume dell'amore ora che il fondo della nuova amaca è stato ultimato, rifinito, allestito col più chiaro dei cristalli trasparenti. Così, non solo ci vedranno gli altri ma anche il bruco, la formica e l'erba assisteranno al nuovo dondolìo dei sensi e mio, perduto nell'eterno labirinto. (2006) Poesia pubblicata nell'Antologia "Verrà il mattino ed avrà un tuo verso" Vol. 5 - (Aletti Editore) Passato e futuro Quando sarò nel prossimo autunno vorrò essere un albero imponente, di quelli della specie a grandi foglie, collocato nel mezzo della valle. Mi sfronderò di un vestito giallo mettendo a nudo a destra e a manca il tronco che s'atteggia e non si piega, i rami secchi e le mie nuove gemme. Tra le ventate che s'abbatteranno assisterò al lento sfascio delle foglie ma non maledirò madre natura perché, di tutto, tanto serberò. (2008) Un sogno Mi vidi riverso sul grande letto, un mesto lenzuolo a coprirmi mezzo, bianche pareti a fare da contorno, garze e siringhe sopra il comodino. Di fronte a me, una finestra chiusa a conservare l'eccessivo caldo e in attesa d'esser spalancata per dare cambio d'aria all'aria morta. Una donna con una croce addosso ebbe l'idea di assecondar la mia e fu così che nell'atroce stanza entrò qualcosa, luce ed altro ancora. Prestatomi dal cielo ancora a posto, macchiai d'azzurro ogni forma attorno. Protetto dal via vai di un passerotto io canticchiai nel mezzo del silenzio. Un angelo vestito da signora, perfette gote a sfiorar bellezza, con i sorrisi a ricordar mia madre si avvicinò per farmi le carezze E disse: "La vita é meravigliosa, non credi?" Confuso ed eccitato come una volta, la volta del primo mio giorno di scuola, non ebbi il tempo neanche di parlarle. Era già oltre i muri, divenuti archi. Avrei voluto solamente dirle: "Anche a quest'ora é meravigliosa". A te che piangi nella tua ora stramba Vorrei svelare il segreto della felicità a te che piangi nella tua ora stramba ma io non son capace di inventarmi minimo appiglio dal quale cominciare. Potrei provare a escogitare inganni portandoti dei fiori che profumano perenni, oppure Pulcinella all'istante diventare per porgerti le sue capriole a mille. Potrei interpretare una canzone folle, il corpo levitare all'improvviso, sommare l'infinito all'assoluto zero, giocare al gioco che non so giocare. Ma é meglio che mi metta nel cantuccio, che scorti il tuo dolore fino al confine, che ti costringa ad alzare gli occhi che rideranno alla nuova luna. Vorrei il dorso di un gabbiano Vorrei il dorso di un gabbiano pesare zero per azionarne il volo, salire in alto a guadagnarmi il cielo senza di nuvole incrociare ombre e, anzi, seguire luce luce il sole. In festa tra quelle argentine piume, splendido sarebbe quel viaggiare al tempo dell'inattesa melodia scandita al batter delle grandi ali perché il sogno duri una canzone. Senza i confini delle mille rive, Prima rotta sarebbe certo il mare, da quando l'onda inizia a respirare a quando spenta si confonde al centro con altre mille d'altra destinazione. Al mio compagno dopo chiederei una virata verso la genesi del tempo, del mio, situato tutto a meridione, riconoscibile da una cravatta blu e da una giacca sfilata a mio fratello. Potessi lì fermarmi anni ed anni, riprendere discorsi ancora da ultimare, prime speranze in vena d'affacciarsi sul bianco e nero dei vent'anni al vento, mani di madre nell'atto d'afferrarmi. (2007) La scogliera é sempre là La scogliera é sempre là. Quando suo fratello il mare le s'accosta mogio mogio, lei l'accoglie, rassicura. Se le onde diventano assassine lei aspetta, non invia maledizioni. Ma vi prego, acque e schiume ballerine, lasciatela tranquilla nella solenne ora in cui s'affida al sole nel rilascio dei colori che non sopporta. Come antico e ritrovato canto Come antico e ritrovato canto fa' in maniera, del destino essenza, ch'io mi possa raccontare al mondo su promettente nota a me concessa. Nessun frastuono tu vorrai attorno, d'orpelli e luci radierai le ombre, soltanto un certo azzurro innesterai tra le stagioni, con me protagonista. Al limite dell'assegnato cosmo il mare metterai a far da guardia, dei cuori innamorati la sequenza, dei sogni l'eco a prova di bomba. Il mondo ti é crollato addosso (dedicata a Vito Scafidi, vittima della tragedia nella scuola di Rivoli) * Quando avevo diciassette anni non mi sfiorava l'idea della morte perché pensavo di essere eterno come eterna deve essere la giovinezza. Il mondo ti è crollato addosso senza neanche darti il tempo di conoscere la vita del tuo tempo, di immaginarti l'uomo che pensavi. Nulla mai sarà però capace, né gli errori intollerabili dell'oggi né il destino presentatosi da boia, di far morire tutto sotto un tetto. Non moriranno i tuoi sogni appena nati non moriranno i tuoi sogni disegnati perché il ricordo di chi ti vuole bene soppianterà qualsiasi oblio. * (Roma, 22 Novembre 2008 h.21,08) Nell'attesa della sera Alto é il sole sulla città. Sereno, eppure inosservato, il cielo. Due bambini al tavolo del bar giocano ad imitare i grandi spezzando in due, perfetta, una brioche senza crema dentro. Ai lati di questa grande strada gli alberi si fanno attendere e, intanto, ruota su ruota schizza. Nell'attesa della sera sul balcone dell'ottavo piano un pigiama rosso blu si muove. Trattiene lustri di stanchezze, dubbi indubbi sul benevolo futuro mentre in quella stessa stanza sul comò una siringa é pronta. Notte verrà nel consueto silenzio ma un bel niente c'é da aspettarsi se non miracoli del sonno insonne che anch'esso finirà nel cassonetto da svuotare tutti i santi giorni, come le speranze accatastate. Sbatto, sbotto, butto Maledizione quando non capisco che qualche istante é quello giusto per mettere da conto e in tutta fretta felicità piovutami a dirotto per essere afferrata con ambedue le mani e farsene magari prestare altre, cristallizzarla in trasparente ampolla, inchiodarla al muro bianco dei trofei quasi che fosse un raggiunto amore, foto a colori di un vecchio gozzo o, che ne so, un più che insolito Renoir. E invece? Cos'é che ti combino? Sorpreso e incredulo a tal punto da ritener miraggio il raro tutto, le sbatto la mia porta in faccia. Poi, sicuro che nulla m'é concesso, do per scontato il nuovo smacco e sbotto, sbotto nel compatimento mentre ho fame dinanzi al piatto pronto. Butto la chance al pari della salvietta con cui ho smesso d'asciugar la gota e da quel punto... nuove gocce aspetto. Io non morirò Quand'anche il cuore fosse distratto, io non morirò al pari di un merluzzo predestinato ad esser baccalà. Sì, sarò più vivo che mai in tutto ciò che non si spegne a dispetto dei tempi, in un riflesso d'onda che il sole tocca perché gli va di far così all'istante o in tutti i miei segreti poi svelati a chi dovevo poi svelare. Se questo é l'essere mio eterno, inviterò i sultani delle felicità perenni, le mie regine camuffate in donne, i miei paggetti camuffati in figli e il grande stuolo di chi ho solo amato. Non é niente Non é niente, non ti preoccupare se fisso il celo oltre quelle nuvole. E' solo sintomo di questa malattia che mi accompagna già da tempo. * Non dirmi che non sai di questa cosa, del fatto che m'involo oltre misura per certe rotte ignote da seguire con la mia bussola un po' particolare. * E quando allora io ti esploro tutta? Là, dove pensi che nessuno arrivi? Non é per caso segno, anche quello, di un benessere interpretato male? * Barattoli Ora che apri barattoli di fumo convinta di trovar colori dentro io sono accanto a te. Disorientato. Anche tu vieni dalla giovinezza, bianchi cavalli tra cui scegliere il più bianco, sorrisi dentro scrigni finalmente aperti. Ma non é detta ancora l'ultima parola, mare e cielo non cambiano nuance ed io accanto a te sarò. Affascinato. La baia Mi portarono nella baia delle illusioni, mi fecero sdraiar dinanzi al mare amore, un sasso di manna a farmi da cuscino. Rimasi solo per tanto tanto tempo, vidi struggente alba pressar la pelle ed un tramonto lungo un giorno, vidi. Al primo mormorio di quella notte muta il freddo vecchia conoscenza volle catturarmi e mi ordinò d'alzarmi dall'azzurra alcova. Quella volta che m'innamorai Quella volta che m'innamorai fu come d'un tratto perdere la vista. Del mondo, intendo, amici miei. Fu come stessi navigando oceano aperto da una zolla, le acque dalle tinte strane. Macché azzurre e verdi! Scarabocchiai colori su colori, scrissi di nuovi codici pantone Cantai a squarciagola gli inni che riascolterò solo nell'Eden. E suoni, pronti a strabiliarmi. Quando fu solo e soltanto amore, di noi l'amore fece due schiavi. Lei? Mi sorrise... Quando noi due saremo svegli Quando noi due saremo svegli dovremo ricordarci di non dimenticare il cosmo dell'estasi agguantata. L'amore, amore mio, non é in fondo così eterno come ci dicevamo a voce alta quando i sassi nelle nostre mani divenivano perfette rose scarlatte. Continuo a sognare Ribelle all'acidità del tempo dentro cui dovrò specchiarmi ancora, continuo imperterrito a sognare e non per questo chiamatemi vigliacco. Chiamatemi vigliacco quelle volte che mi vedrete impallidito e muto senza la forza di reagire un po' alla richiesta che d'affetto preme. Continuerò a sognare scordando urgenti performance da fare oggi mentre i respiri vorrei sentire nascosti nel cuore della baldoria Scrutarlo tutto Percorrere viottolo di cielo nel giorno favorito dalla sorte, occhiali scuri a sfidare il sole, nuvole assenti ma giustificate. O, di notte, su selciato di stelle e non fermarsi mai e poi mai se non per fare riposare gli occhi quando ogni luce si fa prepotente. No, non dico di arrivare fino a Dio, scrutarlo tutto per quell'eternità ancora arrotolata all'incertezza, ma, almeno, di scorgerne le tracce, le stesse tracce che qui non son capace. Sole vano Si scivola su fianchi di cratere con occhi pieni di sopravvivenza, le ore che non vogliono passare e piogge e venti in abbondanza. Si spera di virare all'improvviso con occhi pieni di sopravvivenza, tristezze al rogo di peccati a iosa e piogge e venti in abbondanza. Mentre qui attorno è tutt'altra cosa con le ginestre illuminate a giorno, laggiù il mare é in trepidante attesa di tutti quelli che si dicono felici., Al nostro centro non arriva raggio, festa non é in questo nostro centro quasi che fosse perfetta oasi fallita, testimonianza di un'indefessa resa. Sopra di noi il cielo s'é assentato, ci ha detto che non sa se tornerà. Il sole, che ad un metro gli altri bacia, sul nostro centro il sole é vano. La luna si piega La luna si piega sulle mie tristezze. Le guarda, le sfiora e poi le tocca. Bianco notte diventa lo stupore e negli specchi mi rivedo tutto, sdraiato su uno dei suoi spigoli. Che stupido! Viaggiando nei sentieri dell'anima mai mi accorgo delle azzurre distese ai bordi. Nino E passa il tempo, come acqua mitigata dai tondi delle pietre, che scorre in alveo d'ogni tipo e in tutta fretta segue il fondo valle. Così anch'io la calma non afferro per esplorare vita e darmene di conto. Ho tutto sotto gli occhi, adesso, ma da bambino ciò non mi bastava. Andavo a caccia di compagni senza dover chiamarli amici e catturato uno, almeno uno, scoprivo la bellezza delle cose Ricordo di quella volta quando, tanti anni ormai sono trascorsi, seduto al sole al molo e al futuro, a un ciuffo nero su due vispi occhi volli indicare lesto e a tutti i costi la sagoma di un guizzante pesce che si muoveva pieno di mistero girando all'onda, sotto i miei occhi. Complice, lui mi si avvicinò sicuro, con me inabissò il piombo e l'amo appena ricoperto d'esca puzzolente e nell'attesa disse di chiamarsi Nino. Quando a fatica raccogliemmo il filo, tutti i colori di un pesce sfortunato si dibatterono su quel cocente asfalto: la prima mia donzella del Tirreno. In cruna d'ago Per tessere la coltre mia migliore con cui fasciarmi nel più freddo tempo, in cruna d'ago resistente passerò ogni ricordo e uno dopo l'altro li sfilaccerò fino alla noia così che niente perda, neanche i grigio scuri che fino ad ora ho scelto d'evitare. Perché? Perché mi sono accorto seppure troppo tardi che tutto é necessario avere addosso, dal più azzurro dei mantelli azzurri a prima pelle che copre ancora il cuore. Caro destino Caro destino, se succede di scrivere a qualcuno che non conosco, se non é di fama, questa scrittura piega e si colora al garbo che in questi casi impera. Ti chiederò dove ti trovi ora, se il tuo viso é corrucciato o no, quale sorriso accendi la mattina e quanto vale un cenno su di me. Per non rischiare troppa confidenza dovrei smettere di darti questo tu ma gli anni che hai contaminato sono già tanti e quindi rischio un po'. Sarò gentile ma, nel frattempo, tu non t'intromettere domani e dopo nei sogni che vorrò fare ancora nei quali cerco amore e amore do. Ti prego, tu che non sai chi sei, non disturbarmi in quelle belle notti che mi vedranno da aspirante eroe vestire vita di leggenda e mito. Non presentarti come avversa dama tra le pedine che allora muoverò. Lascia vuota una casella bianca dove assestare l'agognata sfida. Quasi tuo, Aurelio Zucchi Non solo di ricordi Con te accenderò i motori e sbriglierò il tempo condottiero. Darò il via a quello andato via, all'oggi, da capire in fretta, all'altro che aspettiamo edè già qui. Ci fermeremo ai primi anni, a quando senza giochi giocavamo, agli occhi delle nostre madri che disegnavano per noi speranze. Dinanzi al mare sosteremo un po' per domandargli perché lui solo non cambia al cambio dei domani, rimane azzurro come lo vogliamo. Ci rivedremo innamorati a tutta con le carezze equilibriste in mano e gli occhi, gli occhi dati in dono a mille capriole appassionate. Arriveremo poi a questi giorni, le nostalgie più dure delle pietre, e guarderemo il mondo attorno sperando d'essere cresciuti un po'. Specchi e guerre schiveremo per un perimetro d'amore vero nel quale coltivare il bel giardino con semi d'ulivo, fantasia e affetto. Affonderemo nei tramonti estremi e attenderemo le albe che verranno riempiendo all'orlo l'ultime ore di quanto ancora noi vivremo, non solo di ricordi. Quando sognavo io Che manna, ragazzi! Quando sognavo io, all'età vostra, mi ritrovavo in una bella festa, in mezzo a donne invero troppo donne, vestite sol di petali di rose, gli occhi di mare quand'é vero mare, bocche del rosso del calar del sole. E cavalieri, cavalieri stolti che mi guardavano stupiti tutti, con le camicie inamidate ad arte, i papillon più neri della pece. Allora, al centro del salone a specchi, una per volta invitavo dame e accompagnato dalla grande orchestra giri di valzer inanellavo a iosa. Che nostalgia, ragazzi! Adesso ch'io più non so ballare mi piacerebbe nelle notti corte riconquistare magiche pedane per fare finta d'essere il più bello. Dovrei, per farlo, indurire i ciuffi per evitare che durante il sonno molestino le bianche mie ciglia e rompano il ritrovato sogno. (Poesia dedicata alla poetessa Anileda Xeka come segno della mia gratitudine per avermi ospitato nel suo splendido blog) Riflessi di luna Stanotte è notte, non le atre che la mia estate, coprendo ogni sussulto triste, ha fatto brillare sopra la testa. Lo stolto buio vorrebbe ancora lanciare qui palle d'inchiostro, strane meteore a fare concorrenza a certe stelle che ho visto cadere. Un po' indovina, seppure per errore, e, solo in questi casi, confuso mi ritrovo smarrito nell'assenza di un sorriso, traballante in onde sconosciute. Ed io fermo e rifermo il cielo, come una lancia gli trafiggo i fianchi, sbriciolo nubi al pari di biscotti e bevo infine riflessi di luna. Appena finirà di piovere Oltre i vetri della mia finestra il cielo sta esagerando un po' e, quante volte gliel'ho detto, non deve lui proporsi comprimario. Appena finirà di piovere farò entrare l'aria in questa stanza e spegnerò la lampada in salotto sul quale ho sonnecchiato sveglio. Da parte lascerò la solitudine, sopra il lavello la caffettiera vuota e, fischiettando mezzo pomeriggio, un libro, aperto al primo capoverso. Dopo, scenderò nella mia strada ad inchiodare nuovi riverberi di sole e alzando gli occhi io lo saluterò. Appena finirà di piovere… (Poesia dedicata a D.D.) VI Edizione del Premio Belmoro (Poesia - Narrativa - Saggistica) Premio "Poeta e scrittore dell'anno" (Reggio Cal. 9 Ottobre 2008) Motivazione della giuria composta da : Presidente Onorario Angela Ambrosoli Stilo (Critico letterario) Presidente Teresa Calafiore (Poetessa) Commissario prof. Francesco Idotta Commissario prof/ssa Annalisa Locatelli Commissario prof/ssa Francesca Neri Commissario prof/ssa Giovanna Sergi Ferro Commissario prof/ssa Maria Angela Sergi Segretaria del Premio dott/ssa Daria Locatelli Il poeta subisce il "protagonismo" del cielo che con la sua pioggia lo tiene sospeso nei desideri e nelle azioni. La malinconia chiude l'animo alla voglia di fare, il tempo sembra immobile e le ore passano svogliate. Ma il disagio della situazione presente é quasi una percezione subito risolta con inaspettata proiezione mentale. In modo originale e "controcorrente", in un mondo votato allo scetticismo, alla passività e alle facili conquiste, il poeta non rimane ancorato alla mestizia e alla solitudine, non patisce angoscia e disperazione, é già proiettato al futuro prossimo che porterà il bel tempo, col sole che illumina e riscalda, invita a uscire, a riprendersi la vita. "Appena finirà di piovere/.....da parte lascerò la solitudine/.....scenderò nella mia strada/ a inchiodare nuovi riverberi di sole" , sono versi che hanno marcati richiami interiori: l?Autore manifesta il proposito di vivere coltivando l'ottimismo e il coraggio dell'impegno per costruire in crescendo l'avvenire. Il "domani é un altro giorno" di "Via col vento" é declinato qui con lo stato d'animo positivo dell'attesa, nutrita della serena certezza che il futuro non deluderà le promesse. La composizione contiene un messaggio bello e positivo espresso senza enfasi, con l'uso di termini abituali e col ricorso insistito agli oggetti quotidiani che non hanno funzione meramente descrittiva e realistica. Il poeta non vi indugia romanticamente né retoricamente, ma la loro rappresentazione, così come quella degli elementi climatici, la pioggia e il sole, rinvia a più ampi significati esistenziali. Il ritmo piano, quasi prosastico delle quartine, la ripetizione, con intento assertivo, del verso centrale che dà il titolo alla poesia e la chiude, svelano un carattere di forte tempra che acquista valore etico e pedagogico. Angela Ambrosli Stilo -------------------------------------------------------------------------------------- Dell'amore, secondo me. Per caso, avete visto l'amore? Oh Signore, devo chiedergli un favore! Cosa dite? E' birichino? Sì, lo so. Se lo prendo lo strapazzo. Non può esser che da sempre giochi sempre a nascondino. Ieri là, oggi qua, domani boh... si traveste ma... é sempre bello. Cerchiamolo, diamoci da fare! Tu vai in quella direzione, dai bambini con il lecca lecca in mano, dalle madri colte al volo in un sorriso, da quei figli che lo hanno propiziato. Voi, invece, stazionate sotto il cielo. E aspettate, aspettate buoni buoni nostra luna con la scorta delle stelle verso cui lucidi occhi, quattro almeno, lanceranno tenerissimi sospiri. Dai, non perdiamo altro tempo! Qualche altro, dall'olfatto buono, si immetta nel sentiero di collina e controlli la freschezza tra i roseti o i profumi delle primule odorose. Forza, non restiamo imbambolati! Quattro o cinque, coraggiosi, per favore si dirigano pazienti all'inizio dell'amplissima radura dove udranno sol di guerra gridi. Non si arrendano alla prima eco! Specie là, la ricerca insista tra una bomba e un'altra ancora, tra le polveri delle vite ignare o tra sagome d'innocenti in fuga. Io dico che ce la faremo. Quanto a me, sto per recarmi nelle zone colorate, giù al mare, e aspettando che m'arrivi l'alba guarderò tra le pieghe delle onde. Chi lo trova, avvisi gli altri. Se lo prendi, quello è tipo che t'ascolta, che si scioglie in mille pezzi e te ne regala uno. Non prendiamoci la briga di rimproverarlo, dicono che lui ha sempre ragione. Magie Molto prima che tu sia ricordo, proveremo a soggiogare il tempo muovendo guarnigioni di poeti e schiere di reclute romantiche. Intanto, tu, rimani bellissima tra le magie di questo pomeriggio depredato all'oggi del frastuono, ignaro delle morse del domani. Concederemo solo un'ora per aspettare che la sera scenda e incidere sull'imminente luna le musiche di Muse conniventi Cattureremo stelle e stelle da detenere in celle 'sì robuste che possano resistere nel tempo alla malinconia che premerà. Infine, sospenderemo il cielo e certi angeli di mala volontà, pronti a schiantarsi sui cuscini al fine di regolar la sveglia. Diploma di merito alla XII Ed. del Premio di Poesia Il Saggio (Eboli, 19/07/08) Solitudini Quand'é che tornerà la bell'estate? Il blu sta ormai precipitando su giallo ocra dell'autunno intorno. Appena giù, l'eremo l'inghiottirà e lo confonderà tra le speranze che su di lui avevo mal riposto. Intanto mi circondano i fantasmi, bautte nere che s'aggrapperanno per esser trainate fino al limbo. Mi chiedo dov'è finita la gente, quali parole è ora ad ascoltare così diverse da codesto canto. Mi faccio un po' di buona compagnia guardando una vecchia locomotiva, portando al naso una rosa finta. Bramerei sorridere alla vita, donarle il gusto che le ho sottratto ma... vedo marciare solitudini. Doccia (poesia dedicata a GLO') E'una doccia senza scampo il fluire dei ricordi addosso. Come l'acqua, inizia freddo e si ha voglia quasi di scansarlo. E' la paura del sentirsi vecchi, troppo distanti dalla giovinezza. Poi, col passare di un minuto il tepore prende il sopravvento alla stessa identica maniera di ciò che senti sotto le coperte. E' l'audacia del sentirsi giovani, troppo distanti dalla vecchiaia. Su di noi adesso scorre un fiume verde senza misura l'alveo del quale non conosce argini e scogli lungo il cammino. E' la bella tenerezza che ci coglie quando crediamo di aver la vita in mano. D'improvviso divento piccolo Con la notte che m'insegue tosta quasi fossi un esperto ladro, io chiedo aiuto a Dio e ad altri ripetendo all'infinito i loro nomi. Mi tocco il viso e lo sento liscio, poi i capelli, moltiplicati a vista e gli occhi spalanco a dismisura per non indurli al precoce sonno. Nel buio rido, faccio fesso il buio ed una luce quasi sempre uguale si mette in mezzo tra le mie paure e mi ubriaca, mi colora e... dura. Con un così fausto soccorso riporto indietro, quasi a spasso, il tempo che nel tempo mi divora. Il mio letto lo sto chiamando treno. Sono un vigliacco o non so che cosa, domani ristrapperò un senso alla vita, solo che adesso, in questa lunga corsa, io so di non rimproverarmi affatto. D'improvviso divento piccolo. Non ditemi niente In questo buio che fuori non esco, che pioggia incessante lo governa, che vento da Nord tutto ghiaccia, inclusa luna mezza e ardita, vorrò sognare come da bambino, nascosto nella trapunta azzurra, la pelle a spianar la buona lana, le mani giunte a toccar la gota. Il fiato, addosso alle lenzuola, al suo ritorno m'arderà la testa e per un po' mi sentirò più vivo sentendo battiti dimenticati. Non ditemi niente, per cortesia, che sono strano o chissà che cosa, che domani è ancora martedì, che la città bagnata non si ferma. Non svegliatemi se sorriderò a principi dai colori sgargianti, a fate coi cappelli delle fate, a giostre che non si fermano mai. E, soprattutto, state immobili se arriverò a toccare il mare, a mescolarlo coi ricordi miei e berlo fino ad ubriacarmi. Vi prego, non fate altro rumore che non sia il passo della notte, specie quando incontrerò mia madre per dirle che non dovrei svegliarmi. Diploma di merito alla XII Edizione del Premio di Poesia Il Saggio (Eboli, 19 Luglio 2008) Quando così dovesse lei arrivare Col rischio di tritar le notti d'incanto spuntate nel guado d'una lunga estate o di un almeno promettente inverno, l'alba fiammante aspetterò paziente. Deve esser lei titana affezionata, longeva al punto da soppiantare mattino pomeriggio e sera insieme, senza pietà seppur con rivelato garbo.. Ammesse dalla natura sconosciuta, dovrà dotarsi delle strabilianti luci che annuncino l'addio e per sempre di tenebre puntualissime e assassine. Quando così dovesse lei arrivare, cancellerò di colpo mille paure, di queste geometrie gli angoli acuti che mai riesco ad allargar come vorrei. Quando così dovesse lei arrivare, diventerò il più infallibile dei pescatori e senza esche e senza reti me ne uscirò a catturare con le mani le mie prede... La mia stagione Ho visto i monti della Terra da aspri tramutarsi in dolci curve con i sentieri in ventre di collina allungarsi fino alle più alte cime. Di qua l'oceano rimpiccioliva e assieme a lui ogni altra cosa dentro. Cos'è accaduto nella mia stagione io posso raccontarlo, oltre che a me, a chi nei sogni cerca il nuovo e dell'amore più non si accontenta. Ascolta! In meno d'una sola ora davvero il tempo non si vergognò di fare tutto e il suo contrario esatto, perfetto esempio di saltimbanco pazzo. Così, notai ciò che da sempre voglio, la neve rossa cadere sull'azzurro, sì azzurro, il mare, per via del fatto che mai follia potrà inventarsi altro. Cadeva, la neve, ma poca per fortuna di modo che appena giunta al suolo si mescolasse in dose esatta e pronta per l'officina di nuovi colori e forme. Vidi la pioggia, la detestata pioggia, come quando da questa mia finestra io la vagheggio di consistenza scarsa, punta di spillo in un'argentea tinta. E cosa dire poi del vento, ma non di quello che si conosce già, bensì dell'aria che nel suo passaggio sgancia carezze sul viso di chi incontra. In altra rapida sequenza, la nebbia... Lastra compatta, volle oscurare il brutto, non solo giovinezza di droga devastata, non solo litorali cancellati dai cementi, ma anche i ghigni di chi intanto muore dentro una vita dedicata al male. Poi fu la luce a fare da protagonista in ogni angolo del nuovo microcosmo. Fermò i suoi raggi sulle prime rughe della mia fronte, rivolta alla sorgente. Dedicata a Daniela Procida Non avevo mai visto una fata Non avevo mai visto una fata, fino a ieri. Da bambino me l'ero immaginata, come tanti, un po' sul genere della turchina. Niente male l'assolo di bacchetta sulle dita, occhi verdi. Al primo nodo di cravatta azzurra, diciottanni, nel corpo di un amore la cercai e nell'anima, Poi, quando la denudai al sole, piano piano, guardai solo una ragazza bella, punto e basta. Non avevo mai visto una fata, fino a ieri quando, il mare ed io incavolati, lui mi somiglia un po', in un tramonto forse d'altri tempi, lei arrivò. Se ne usciva stanca e a testa china dalle onde : " In questa sacca per te ho raccolto, con fatica, tutti i sogni che ancora devi fare, proprio tutti. Li ho disincagliati dai coralli, uno ad uno, per sottrarli ad orrendi pescecani Dimmi grazie. Adesso dammi la colonia antica, per favore, e dopo il caldo bagno e un bacio, uno solo, mi vedrai sparire in compagnia del sole. Non piangerai in questa notte tua, l'alba verrà. " Com'è che pregherò? Quando ci lasciasti la miglior preghiera e mani al Cielo indicasti a Chi era rivolta, io ero forse un po' distratto, un po' così… La Luce fu più capace delle Tue parole. Da allora, nulla ho imparato per salvarmi, neanche l'ansia di tramutarmi in sonno lungo i prati spettinati dalla Fede incolta o nelle mille arene della città smarrita. E' freddo, l'uomo, dinanzi al Tuo progetto. Divide terra come pingue torta, a spicchi. Di qua una guerra brucia, di là un'altra pure e nell'impazzita crema, paradisi improbabili. Allora, com'è che pregherò la volta in cui l'ultima pace starà per vacillare anch'essa, quand'anche, in casa mia, il dubbio monterà e il centro del mio cuore sarà solo carne marcia? Avvertirò paure 'sì atroci da non avere poi nemmeno il tempo di ricredermi nel Giusto. Non mi accorgerò di cieli che s'abbasseranno ad ingoiar peccati e bocconi misti a fiele. Dovrò ricominciare a carta di Vangelo, prestare gli occhi alla Tua Croce inevitata, riabituarmi a Dio, alla speranza, al credo e ritrovar la giusta rotta per la retta via. Allora, com'è che pregherò la volta in cui, Santiago in mezzo al mare, mi sentirò perduto? La supplica per l'ultima pietà non basterà. Basteranno le mie fredde mani giunte? 3^ classificata al Premio Letterario Embrice 2008 Diploma di merito alla XII Ed. del Premio di Poesia Il Saggio (Sezione religiosa) Eboli, 19/07/08 Aforisma Aur-23 Presunzione Le volte che in una poesia leggo musica, mi sento autorevole direttore d'orchestra Vorrei vedere il vento Vorrei vedere in faccia il vento, chiedergli da quale culmine si lancia quando. criminale, maltratta il mare che come me desidera la calma. La raderò al suolo, quella vetta! Io ti troverò, mio Signore. Cos'è che mi allontana dalla via? E' il rumore del millennio in testa, la vetrina illimitata di me stesso o il sibilo di peccati che non sento? Tra le nebbie ingannatrici del mio tempo, lungo i sentieri di montagna silenziosa, sui verdi fianchi della collina antica io ti cercherò, mio Signore. Dovessi percorrere chilometri di ansie, dovessi spalancare questi occhi chiusi, dovessi riaccendere il cuore di bellezza io ti troverò, mio Signore. Testo vincitore del Premio Internazionale di Poesia Il Saggio XII Ed. Sezione religiosa (Eboli, 19/07/08) Domani Domani, appena il giorno mi si concederà, di buona lena svestirò il futuro e piano, senza arrecargli danno, gli sottrarrò ventiquattrore solo. Domani, quando alla notte mi riconsegnerò, nella capiente e trasparente coppa con cura verserò quanto accaduto e agiterò la soluzione del passato. In controluce, osserverò effervescenze e posa, sospiri che tentano la via di fuga, errori sedimentati definitivamente e, dell'amore, molecole impazzite. Mi addormenterò al ciao di due tre stelle amiche, ne asseconderò amnesie e scintille e al sorgere della mia alba muta mi immetterò sulla scia del tempo. Come il sole dopo la lunga pioggia Come il sole dopo la lunga pioggia così vorrei vederti spuntar dall'oltre, da quelle oscurità giocate una ad una per annerire l'allora colorato manto. La vita intanto ha fatto un balzo, dagli anni azzurri ad oggi un oplà, e adesso è qui sdraiata e risdraiata sull'unico divano che ora sopporta. Chissà se il nubifragio tornerà a rompere aria e fantasie di genti, a rovesciare chilometri di oltraggi e fare respirare antiche nudità. Chissà se chiederà il permesso a me che, giuro, non glielo darò di trascinarsi anche questo sogno di riabbracciarti tutta in un secondo. a : .................@................com Di dosso scrollerò le tue fattezze che mentre scrivo mi vengono negate, degli occhi e dei capelli i tuoi colori che io non vedo mentre vorrei vederli. Di te io cerco la calma o la tempesta nell'atto in cui tra un lampo leggerai di un mittente che ora andrà a scuola per imparare l'arte della preveggenza, enorme landa di un critico duemila. Di me ti proporrò sguardi di carne, una cravatta che non sta qui per caso, questo sudore figlio di un'emozione e la felicità di regalarmi almeno un po'. Di questa e-mail ti arriverà l'avviso e per oggetto avrà "poesia a ritroso" ed alla fine tu memorizzerai zucchi2001@tiscali.it o forse, chi lo sa, cestinerai con lesto clic. Ma sappi che Zucchi è il mio cognome, che 2001 non narra di odissee, che @ non mi appartiene, che tiscali.it può essere un bel niente, che... anche un nome io ho. Ridatemi il vecchio inchiostro blu, un foglio bianco sul quale liberarlo, un po' di fantasia che ormai s'è persa e il senso intenso dell'appartenenza. Domani rivedrò il mare Mi chiedo come lo saluterò se un po' cambiato io lo troverò, se nuovi azzurri si sarà inventato e soprattutto se mi riconoscerà. Domani rivedrò il mare. Sarebbe meglio alla precisa alba quando la lunga notte scuoterà e dei ricordi mi schizzerà l'acqua. Vorrò parlare ancora a lungo, con lui che tante volte ha ascoltato i miei lamenti, i miei sospiri e altro di quando accarezzavo idea di vita. Dovrò assolutamente farmi bello, magari ritornare ai miei vent'anni, offrire il fianco alle sue basse onde e aspettare che mi bagni, tutto. Aforisma Aur-51 Questione di articolo Scusate! Per un attimo, uno solo, avevo capito che la politica fosse casta non "una" casta A mia madre Se il tempo la smettesse di ricordarmi la tua assenza, avrei più tempo di vederti qui in carne ed ossa, fianco a fianco. Infilerei le curve del tuo viso, riempirei i solchi della tua vecchiaia e toccherei i cieli di quegli anni come accadeva sempre, quando tu mi sorridevi. Da questa età che avanza ti guardo e ti riguardo ancora. Mi frusta a sangue, oggi, la smania d'afferrarti tutta ma neanche un lembo del vestito a fiori. Se il tempo iniziasse a fare rotta in quel passato, avrei più tempo di rivederti lì, in carne ed ossa, fianco a fianco. Se mi desse finalmente retta, raschierei i miei errori come quando, alla lavagna, cancellavo i nomi dei cattivi quando entrava la maestra. (Maggio 2007) Cerco poesia in questo tempo strano Cerco poesia in questo tempo strano laddove so di non trovarla quasi più, nei buchi tetri di solitudini taciute o intorno ai tavoli dei bar, deserti. L'assenza delle voci, non dico dei sospiri, insiste lungo le strade ingarbugliate e plumbei i volti sono ora diventati nell'euforia della dura rassegnazione. Qualcuno mi dica dov'è che son finiti i caroselli dell'umile gente allegra, gli svolazzi di certe innocenti gonne o il blu immacolato dei vecchi jeans. Metalli, argenti e bronzi e ori finti, si sono sostituiti ai riflessi della vita e splende il luccichio d'indegna vanità mentre la terra geme, insieme a me. Ridatemi il prezzo che ho pagato per l'illusione di abitare in pace un campo che confortevole credevo e che invece inesorabile mi esclude. Cerco poesia in questo tempo strano... Brividi Silenzio inverecondo regna in questo micro tempo vincitore. Ora che i brividi giungono al cuore come se la felicità mai è esistita, io dietro i vetri della mia finestra vado sfaldando i resti dell'attesa. Mi abbraccio, quasi innamorato di ciò che non riesco a dimostrare, dell'aria ingenua che mi ha pervaso da quando bimbo credevo nelle fate. Mi porto al collo un lembo di coperta ma non del gelo tutta è la colpa. Son brividi d'insana solitudine che spossa e spossa più dei ghiacci che spoglia la mia anima indifesa e la trafigge, senza che sangue esca. Mi coprirò e aspetterò la dolce luna ma questa notte alle abusive stelle intimerò di togliersi dal campo. Non ho la voglia di legittimarle. Lasciatemi solo Lasciatemi solo il giorno e la notte in cui mi alternerò alla vista dell'ultima mia insonnia, del mio caffé perfetto. Lasciatemi solo coi piedi incastrati nello scoglio, il mio foulard sette colori da sventolare con rispetto all'ultima alba che mi sveglierà Lasciatemi solo se i miei occhi voi vedrete affondare nel sottostante mare mentre concluso é lo sbadiglio al primo affiorare dei colori. Lasciatemi solo nel corso del mio lungo mattino indaffarato come io sarò nella ricerca di un sorriso mini o di un bambino che mi porge la mano. Lasciatemi solo durante il pranzo mio migliore, fortuna, brio e malinconia disposti a cerchio sul piatto in mezzo al fico d'india da sbucciare. Lasciatemi solo se m'assopisco un mezzo pomeriggio giacché non è che riesco a dormire pensando già alla sera che verrà o alla stella che s'accenderà per prima. Lasciatemi solo al primo vecchio lampione acceso quando il suo cono risucchia la mia vita e Icaro spettrale nella sua luce volo per poi scagliarmi sull'asfalto nero. Lasciatemi solo al caldo plaid che voglio benedetto e invece è così fredda la sua lana che tutto il corpo addosso gli strofino quasi che sia io datore di tepore. Lasciatemi solo quando alla fine è tutto a posto, quando assomiglio ad un figlio che ad alta voce chiama mamma e ad alta voce si domanda dove sarà. Lasciatemi solo nelle mie ore del riposo atteso quando tra un sonno e l'altro ancora mi sforzo di sognare in grande, di ritrovare le persone amate. Aforisma AUR-101 Ingiusti contrappesi Piange chi vorrebbe sorridere e sorride chi non ha mai pianto. Scriverò di te Scriverò di te quando l'estremo scalino azzurro dietro di me perderà il colore per frantumarsi sulla terra. Giunto alla regione estrema, mi sdraierò sul feto di una nuvola e inizierò a girare il nastro e ti vedrò a colori. Scriverò di te sulle sfere del nuovo ossigeno e narrerò del nostro amore e ti descriverò a colori. Tutto ciò che in una notte accade Esiste, il tempo dell'impossibile, se, nel raccontar l'ultimo sogno, io cado come sempre prigioniero sull'amaca d'inafferrabile mistero. Tutto ciò che in una notte accade… rivedere gli occhi di mia madre. Galoppare su di un cavallo bianco. Escogitare trappole d'amore, rifarlo con lei che accanto dorme. Tornare a carta penna e calamaio, scrivere versi per amare il mondo. Sfidare drago uscendo vincitore. Girare isole e cercar tesori. Darsi alla luna come un ostaggio. Mutarsi in goccia violando il mare. Avvicinarsi al sole e non bruciare. Riordinare stelle cieli e amori. Parlar con Dio del giorno che verrà, di quelli del passato e del futuro… Tutto ciò che in una notte accade non è il frutto di una bizzarria. E' la speranza che mi fa un cenno, è il segno che la vita ancora va. (Poesia finalista alla VI Edizione del Premio Internazionale Albatros 2008 - Pubblicata nell'Antologia "Passioni" di Edizioni Albatros) Parlami del tempo che verrà Che dici, sarà ancora intatto il pendio di cui t'ho raccontato, quello della brullissima collina dalla cui cima, di sasso a mezzaluna, guardavo il mare nell'ora sua migliore? Chissà se, specie di mattino presto, ripercorrendo l'allor muto sentiero, l'odor di gelsomino o di lavanda continua intenso a provocare amori, a firmare l'aria ancora di suo pugno… Figlio del 2000, parlami del tempo che verrà ma senza dirmi, come sempre fai, che da mo' che è cambiato tutto, che il mondo d'oggi è un'altra storia e chissà cosa diavolo diventerà! Piuttosto, indaga in giro sui sorrisi e porta due tre notizie confortanti, baci vermigli dei nuovi innamorati oppure, che ne so, avanzi di carezze che madri e figli si sono barattati. Poesia selezionata per essere pubblicata all'interno dell'Antologia "POETI PER NICOLAS" Messaggio impossibile Caro Dante, Se mai entrassi in Paradiso, prima ancora di vedere Dio vorrei riveder mia madre. Aurelio Zucchi (Un tuo lettore) Penultima scena Dovessi una ad una ripercorrere le strade levigate o ciottolose del mio girovagar la vita, raggiungerò quell'agognata meta dell'essere stato compiuto uomo. Rioffrirò il sudore di fredde fredde notti trascorse in compagnia di solitudini quasi matrigne, di angosce perduranti almeno fino al benedetto sorgere dell'alba. Mi asservirò ad altre mille prove, aggiusterò la mira dei traguardi, concederò tutto me stesso ancora a chi io amo e a chi non amerò, a chi non amo e a chi io amerò. Dentro la mia penultima scena vorrò tre specchi attorno a me morente perché in ciascuno mi rifletta a lungo dolce bambino allegro ma non troppo, adulto duro in balìa dell'onde e… vecchio stanco d'esser vecchio. Scavai nel cielo Inginocchiato ai sogni da bambino scavai nel cielo senza darmi tregua, tranquillo prima o dopo di scovare l'inizio di quel raggio che non vedo. Mi piacque demolir fosche figure formate da alcune nuvole in viaggio, figure a guisa di dannati ghigni che già all'avvio spezzano il sospiro. Fu poi la volta della pioggia nera, di quella che di netto disunisce il vezzo di guardar lassù, in alto, con la speranza di vedere il sole. Toccai la ruggine degli uomini che mai la diluiscono giù in terra e al contrario l'affidano al futuro per conservarla nell'aria maledetta. Scavai nel cielo anche da grande, armato più di quando ero fanciullo, ma a malavoglia presi buona nota che nulla nell'aria era cambiato Ero mutato io, l'uomo dei sogni, che del bambino non ho più la stoffa, pietrificato nella certezza stolta di alterare il mio assegnato fato. Di me inabile poeta Di me, ginnasta dell'anima, a chi mi ha intravisto lascerò saggezze che mi son mancate e la speranza di poterle detenere. Consegnerò quest'arma adoperata per far emergere dal cuore amore, qualunque amore in tal maniera ancora allora si potrà chiamare. In un cassetto potreste ritrovare i resti di primitivi miei castelli, tracce di sabbia profumante mare e debole brillio di monete antiche. Sparita la coda della curva vaga, al cielo affiderò l'ultima malinconia, gli ruberò l'estrema voglia di vivere e la incastrerò in rughe assassine. Se inosservati non si passa, di me, di questo inabile poeta, spero qualcuno osserverà di aver con tutto me stesso provato a stabilire un ingenuo patto tra quelli che la vita mi ha regalato e me che lascio di me questo verso: un mero rigo di perdono e pena. Questi silenzi tuoi Potessi tu riuscire a piangere, dalle catene a liberar dolore in una sorta d'insolito boato dal quale uscire infine vincitore. Invece vedo che rimani uguale, ascolti la dannosa cantilena che tra un sospiro e un altro ancora invita a non manifestare pena. Per quale e quanto tempo cresceranno questi silenzi che hai sancito? Falli sbocciare tutti a dismisura in forti petali di lesa maestà verso chi non vuoi proprio ferire, verso chi tieni nella matrioska per conservarlo inalterato, uguale a quando forse ti voleva bene. Fondi di valige Stradina prende il via dal centro e più di me verso l'ignoto corre, groviglio di percorsi ed esperienze che mai e poi mai riesco a dipanare. Se alla fine del sentiero duro c'è da abbracciare eternità, sui fondi di valige che mi porto io poserò per primo il primo bacio, la copia originale dei miei occhi ma sol di quelli offerti agli altri nei rari istanti in cui sono felice o quando, muto, parlano per me. L'amore? La prima cosa da salvare ma dimmi tu di quale amore parlo. Di mia madre che sapeva amare? Io non lo tocco, eterno lo è già. Di donna che non sapeva amare? Lo so, quello ha bisogno della sorte. Di figli cui ho insegnato a voler bene? Lo so, devo aspettare fino alla fine... Io amo come so Io amo come so, con tutto me stesso, con tutto ciò che credo tutto e poi mi accorgo d'esser niente. Io amo da bambino, da quella volta che mia madre sopra piatto d'opacizzata latta mi offrì la vita d'oro e argento. Negli anni poi non ho smesso, ho indossato i panni del dimesso, ho urtato gli spigoli taglienti, ho ingoiato qualche amore assente. Io amo come so. Non vendo cuore per un cuore, non apro l'anima a comando giacché prima di avere do. Ma non prendetemi sul serio. Scendete giù dai falsi troni, aprite il vostro ancora cuore e deliziatemi d'affetto. Il mio respiro impera Dovrò decidere se sentirmi piuma ormai affidata a crinale d'onda, oppure onda stessa che ora alza ora abbassa la superba cresta. Il mio respiro impera, annulla il tempo quale che sia, fa schiava questa pelle calda che a comando si distende e stira. Il buio, aperti o chiusi gli occhi, non cambia d'una virgola nuance mentre mi accorgo che di lui da parte ho messo ogni paura. Poi, del respiro, perdo l'ascolto al primo prillo del cuscino, al colpo di tosse intempestiva, a un idiota attacco dei pensieri. Nella mia gara contro il sonno, ancora prima che io perda, tento e ritento d'essere solo, di risentire il suono di tamburo. Tra poche ore, rasoio in mano, non mi ricorderò d'aver fissato né in una lacrima né in un sorriso l'istante in cui sul serio vivo. Prospettive Si spostò su un altro alto ramo e nello sfondo io più non vidi tra mare e terra la linea di confine, siglata dalla u di una coda nera. Così me ne restai un po' paziente, guardai la rondine e l'altro oltre, un' accozzaglia di comignoli d'argento, di finte tegole e di rizzate antenne. Pensai così alla poesia e alla realtà l'una dall'altra a solo qualche metro ed ebbi un gran sussulto di stupore poiché le ho credute sempre fuse. Quale era la giusta via di fuga? La linea retta contesa dai due azzurri o quella gibbosa d'ogni santo giorno? Un batter d'ali me le mischiò… Quando non voglio essere solo Quando non voglio essere solo, dall'alba tutto mi è concesso, mattino pregno di colori sfavillanti, pomeriggio da non sprecare in siesta serata in blu da archiviare tardi, notte ruffiana per sperare ancora fino all'ultimo degli utili secondi che testimoni d'averci riprovato. Poi, nell'ora inevitabile del sonno odo il grido che io avevo nascosto tra le anse di quel lungo respiro che ora è tradito e me ne accorgo. I silenzi allora si fanno coraggio, girano intorno alla speranza bella, e come infallibili predatori odiosi la conquistano, tutta la sbranano. Schegge di nero sgambettano nel petalo tronco della luce amica di questa abatjour anch'essa sola quando la spengo insieme all'attesa. Universo blu Chissà come faranno, le scie di alcune stelle, a disegnare forme d’eterno! Le vedo quando son felice e allora quello è il momento in cui tutto mi affido al Cielo. Sognai le stelle Quante orme! Poi, m'inginocchiai sull'ultimo centimetro d'asciutto per catturare la curva dell'onda. Quanti sogni! Invece, scarabocchiai il primo tratto di futuro immaginando l'uomo che non ero. Quanta vita! Così, m'addormentai al suono falso di sirena stramba per scopiazzare Ulisse ed altri eroi. Quanta gloria! In verità, sognai le stelle, le stesse sopra la mia testa, e contemplai la notte danzatrice. Quanti passi! Ballava sulla pista dei miei anni, apriva i suoi chiarori allo scirocco ma, non a me che li aspettavo. 2007 Azzurro trasparente E adesso state ad ascoltare che cosa mi è accaduto oggi, il sole d'alba muta che sfondava un cielo mai visto 'sì sereno. Avevo smesso di guardare fisso le onde calme stiracchiarsi tutte quando i miei già vispi occhi posare li dovetti sulla spiaggia. Una figura azzurro trasparente intenta era a radunare armi, essenze e creme d'ogni varietà, cuori di pietra e muscoli a gogò in un falò a ridosso della duna senza chitarristi improvvisati, privo di amori da innamorare e di brillanti stelle testimoni. Mi accostai molto incuriosito e, giunto ch'ero al suo cospetto, il mare dietro di me in apnea, gentile, gli domandai chi fosse. Sparì, l'anello dal mio lobo… Lo vidi sciogliersi nel grande fuoco in mezzo all'ultimo Manuale, quello d'oggi dei valori nuovi. Ora che sapete questa storia, di certo tutti vi domanderete chi era quell'azzurro trasparente. Vi dico che rassomigliava a Dio! (Poesia pubblicata nell'Antologia "Le 100 poesie più belle della religione cristiana" - A.L.I. Penna d'Autore 2008) Chissà Chissà se basterà una vita per dire poi d'averla ben vissuta, per conquistare una solitaria rosa che primeggia nella valle più sperduta. E il mare, benedetto sia il mare, siamo sicuri d'averlo visto tutto, da quello tutti i giorni sotto gli occhi all'ultimo, incastrato non so dove? In più, da conteggiare c'è l'amore, l'amore senza sosta dato agli altri, l'amore meno frequente ricevuto e altri, di cui non s'è capito niente. Sarà difficile averlo abbracciato tutto, da bimbo in culla che ci ha sorriso a donna donna che noi avremo amato. a Dio, lasciato un po' così in disparte. Potessimo disporre d'altro tempo, vedere con ritardo l'ultima ruga, rimetterci a giocare a principi e fate, intingerci nel blu di nuove favole. Favole? Qual'è che ci racconteremo quando per noi sarà arrivato il giorno di fare finta di dormire una notte mentre la morte invece è sveglia? Vibrazioni Ascoltai le grida di mia madre, lei in alto, quasi in due piegata sulla ringhiera smunta del balcone della nostra caldissima cucina. Avevo dato l'ultimo calcio ad un pallone grasso di speranza, a uno scottante pomeriggio regalato ad un cortile affollato di sudori e vetri rotti. Vieni su o scende giù tuo padre, lei mi gridava a squarcia gola mentre il sole assassino già da un'ora non vedeva l'ora di morire per un po'. Ero al centro del teatro degli olé, mani ai fianchi in attesa di chissà che cosa, del rifischio di un qualche signore che si offrisse ad arbitrare ancora. Vieni su, pasta e patate è pronta, lei mi gridava a squarcia gola mentre intanto un'atroce gioia mi piegava agli anni verdi che più verdi non si può. Cari amici, oggi son qui in compagnia di questi versi che vorrei capaci di decifrarmi la bellezza dei miracoli, di far sentire fragorose vibrazioni. Se tu mi ami Se tu mi ami, spogliati! Leva i capricci non congeniali, quell'aria tutta da buttare in aria e getta nel cestino i falsi rossori. Se tu mi ami, dimmelo! Parla senza paura di sbagliare, del mare che ancora non t'ha vinto del cielo che non vuoi afferrare. Se tu mi ami, ascoltami quando ti parlo dell'amore, di onde sulle quali navigare, di stelle dove ti vorrei portare Se tu mi ami, baciami come nei sogni dentro letti sfatti quando cercavi principi azzurri tra i quali scegliere il più azzurro. Se tu mi ami, amami! Accoglimi fin dentro la tua anima. Ti giuro, la visiterò con attenzione per essere sicuro di tornare. 1980 L’unica volta che vorrei morire L’unica volta che vorrei morire, la sola volta che mi abbandonerei, è quando, mare cielo in quarantena, mi sento fesso, stravinto dal dolore. L’ora in cui le albe indietreggiano e le polveri confondono rugiade, gli ultimi occhi d’una bella donna scompaiono dietro gardenie finte. Ed io che la bellezza ancora cerco, io mi nascondo nei colori resistenti di un rinascimento che non torna, di un Arlecchino ahimé piangente. Aiuto, genti, accorrete in mio aiuto, schiudete queste stanche palpebre, abbeveratemi d’ossigeno di vera vita, fate in modo che respiri nuovamente. Come zucchero leccato in una latta Le ombre della notte sfortunata, che il sole minaccia ed ancora non è alba, scappano nei fumi dell’Eden e del rhum di Giamaica. Rimandano la sorte e vestono il cuore. Il nuovo Adamo vuole il buio, che come neve copra i polsi e l’aria guasta, e mette a fuoco il nodo di cravatta e gli occhi. Si tuffa in un caffè e scansa i chiari specchi. Il giorno nuovo spinge tutto e tutti, e tutti a dare cuore e testa al nuovo giorno. La vita, l’amore e la morte, quelle giuste, ripetono il rito dell’antica usanza. Lunga è la strada da percorrere. Il pane della felicitàè sempre lontano e lungo la strada io l’annuso, l’assaggio e quando mai l’inghiottirò? Mi resta, infatti, sulla punta della lingua come zucchero leccato in una latta. Può bastare, intanto. Attendo da millenni, assieme agli altri. La strada della luna Il sole ha completato il lungo turno e già in disparte da un po’ s’è messo per dare cielo alla strada della luna per dare accesso a chi si innamora. La dolce sera mi è sempre più vicina, si posa senza danni sui tuoi grandi occhi si sdraia lungo i fianchi della nostra ora e chiede solo d’essere vissuta tutta. Infallibile Fortuna che ti vedo, bella mia, che ti dimeni in lungo e in largo quando vorresti scavalcare il tempo, reclusa e viva in quel labirinto dove la luce è figlia della notte. Meno male che io però t’ascolto nascosta tu tra battiti di cuore. Nei rumori della strada ascolto un fracassato pianoforte a coda che non s’è arreso e suona ancora. E nutro la speranza d’annusarti lungo sentieri senza i roseti dove l’aria è ferma, immobile nell’attesa di un po’ di vento amico che spazzi silenzi e mi spettini. Non importa se come grande diva mi fai sognare e poi sospirare. Ora so che non sei infallibile come la morte sorellastra tua, ma duri di più, vita monella. Tele Balsami, profumi e balocchi devono avere adesso nuovi siti per celebrare al meglio i fasti di bellezza che non va dispersa. La città dove tutto si confonde dia spazio ai metri quadri dell'amore, al fascino dei suoi segreti, ai prati incolti dei bambini d'oggi. In questo tempo che massacra le ore e malandrino sfiora i cuori seducenti, in questo tempo di presuntuoso millennio rischiamo di morire vivi, di dimenticarci. I colori, ammuffiti nell'indifferenza. Le beatitudini, cancellate dalle agende. Le macchie dei pittori preferiti scolorano eppure continuano a mostrarmi visi di vergini. Il mare, il cielo e l'albero di ciliegio sono ancora splendidi, immobili primati. I veli d'infinite madonne vorrebbero aliti non gli occhi della morte e dei gettoni d'oro. 2002 Vorrei essere mia madre Vorrei essere mia madre vestita col vestito a fiori, le mani ogni momento calde, sorriso a tutte le occasioni. Con i suoi occhi poi vorrei guardare me in ogni età, dai pantaloni ancora corti ai pantaloni ancora lunghi. Ora ch’è presente e non, vorrei essere mia madre perché dal punto più remoto io lei possa accarezzarmi Smanie Smanie di rivoltare il mondo, di aggrapparsi a spigolo di luna, di esser dei più belli il bello mandando a quel paese la sciagura. Voglie di bagno in cioccolato caldo, di fianco dame ricoperte di velluto, il seno che appena appena sporge al suono antico d’inatteso cembalo. Brame di conquistar le terre linde, di agguantare in un sol colpo mare, rinchiuderlo nel prepotente pugno ed aspettare che ridistenda l’acque. Sarà, la vita, un nuovo tipo d’aquilone? Di qua e di là non obbedisce al vento, di brezze a volte reinventa il senso e va, sconsiderata va, ad evitare morte. Aforisma Cristina Bove Per chi fa poesia basta un po’ di ispirazione e un’abile penna. Per chi è poesia, non serve nulla di tutto ciò ma solo un cuore che si ritrova già Rinascerò Capelli biondi ed occhi azzurri no! Va bene tutto ciò che m’appartiene, un corpo adatto alla sopravvivenza, un buon respiro che promette e basta. Rinascerò in una modesta casa avvolto in panni bianchi d’altri tempi, dal dolce amore di mamma Cesira sotto lo sguardo di un padre patriarca. E crescerò tra un terrazzo e il mare, un grembiule azzurro ed un panino, una preghiera la domenica mattina ed il buon ragù, cotto per ore ed ore. Cambiatemi però un po’ di cuore, dotatemi di quella poca cattiveria che, brutta quanto una notte scura, mi aiuti a scavalcare sofferenza. Rinascerò nel mezzo d’alba antica il mare a dire non mi cambieranno, il sole a escogitare un buon sistema che fermi il tempo al dolce tempo. Cambiatemi però un po’ di cuore, fate che indenne superi gli inganni, non permettete che io perda gli anni a ripensare al mondo mio migliore. Goccia di goccia Goccia di goccia, simile a stilla che si appresta a baciare il viso, è per me un tuo silenzio rotto, l’attesa vibrazione delle labbra nel tentativo d’essere sorriso. Un giorno vorrò chiederti davvero dov’è che hai riposto il cuore, se lo hai depositato intatto per il timore di mostrarlo al mondo, di dargli voce a chi l’ascolta. Goccia di goccia sarà il risveglio da quel letargo dove questo amore non ha trovato branda all’angolo su cui sdraiarsi nella dura attesa di accordarti con la mia musica. Eroe, no Sbadigli lunghi e complici un po’ di quel sentirmi per una volta utile e tempo da consumare in bella fretta tra i rossori che mi avvinghiano. Quando la scena sarà passata rientrerò nei miei soliti ranghi dimenticando come un ombrello un resto di felicità che ho lasciato. Mani e sguardi stanchi di attese mi conquisteranno un’altra volta. Camminerò guardando un attimo e come sempre lo interrogherò. Il sole non ti accecherà Sì, vorrei vederti sorridere semmai la fantasia ti coglie sveglia nell’iniquo sonno dei tristi. I contorni delle colline dolci sono ora più chiari del tuo tempo Il sole, guardalo il sole matto, per una volta non ti accecherà. Il mare, quello che dici di amare, può ancora replicare caroselli. Adesso non perdere un istante, scaglia nel tuo angolo remoto le ansie prigioniere dei vortici ed in beatitudine perditi, senza di nuovo prender le misure dagli intatti paradisi indocili. 7 febbraio 2008 Nel giorno del mio compleanno accetterò gli auguri veri da chiunque avrà il coraggio di non dirmi che il tempo passa inesorabile. All'inverso, festeggerò da solo col rosso d'appropriato vino, col blu di cielo o mare, fate voi, col primo grigio dei capelli, se volete. Comodamente, me ne starò sdraiato sul giallo del divano un po' sbiadito, sul sempre verde dell'età che sento, sul bianco notte dei miei tardivi sogni. Di sicuro, mi canterò un inno nuovo o forse un'aria improvvisata che prenda spunto solo dai colori d'immense praterie che non conosco. Nel giorno del mio compleanno mi farò una carezza tenerissima. Andrò a conquistare le sontuose mura che sbarrano la strada alla vecchiaia. Schiuderò silenzi Speranza in spalla, schiuderò silenzi, famelici mostri in ossessivo girotondo, e aprirò un varco nel non abbandono per addentrarmi nella stanza del vuoto. Sentirò l’inaudito mio flebile respiro e dopo averne verificata l’esistenza se sono fortunato qualcosa mi dirò e scoprirò di nuovo la mia voce. Potrò raccontarmi un pezzo di vita o imitare i suoni che non ritornano. Potrò ascoltare il motivo preferito e canticchiarlo col brio che rimane. Così facendo, naturalmente so che non avrò cancellato le solitudini, che non sarò di colpo diventato rondine tra rondini che insieme fanno stormo, ma almeno potrò dire d’avere rifiatato, d’avermi regalato qualche minuto in più, d’essere ben allenato e quindi pronto nella lunga attesa che altri parlino. Luci Fiacco è questo cammino sul rotto asfalto della stretta via che dicon porti dritta dritta a spiazzi di futuro promettente. La buona volontà del sole, sempre là sulle svogliate teste, adesso sembra non bastare più e stramba, inefficace, io sento l'elementare filastrocca mia che giorno dopo giorno accenno di modo che chi capita al mio fianco apprezzi i guizzi dei trasparenti raggi, provi a giocare coi riflessi a mille senza fermarsi solo a guardarli. Sole, tu che soltanto credi di scaldare terra e mare, sole, tu non sai e non vedi che colpi di magia sai dare… Luci! Luci pazzesche e più potenti, filamenti di amori elettrizzanti in gran soccorso dovrebbero venire qui dove il bianco si tramuta in grigio, qui dove il grigio si tramuta in nero e il nero infine prende il sopravvento. A Nino Emme Lungo la via del mio procedere le belle vetrine mostrano niente per chi va ancora a controllare se gli occhi di certi manichini somigliano a quelli degli umani. Questo è ciò che accade a me che amo intorno aver persone che dicon solo le parole nette che ascolto solo dagli amici. Quelli che io vorrei a fianco son sempre in combutta con il fato Ieri , celati in germogliar di vita Oggi, succhiati dall’oblio del tempo. In questo tempo che mi definisce ho già spuntato la lista dei ricordi e quando arrivai a Nino Emme io volli aprire un nuovo elenco. Vi son trascritti i pochi nomi di gente che non si può catalogare, di cuori che continuano a battere perché il mondo sia migliore Quel che resta Ancora molta strada sarà fatta per giungere sveglio al nero slargo dove le cose non avranno forma e sogni, solo sogni resteranno. Nell’attimo di quel triste distacco chiari conti chiederò alla Vita, la lista, per esempio, dei ricordi che nel frattempo senza soste aggiorno. Effettuerò così il pagamento degli arretrati errori e inganni e quindi, io non potrò evitarlo, salderò cento carezze omesse. Presenterò però la nota spese per quella serie di pene e condanne stese su letti dai silenzi sfatti e mai del tutto ahimé sanate. Il saldo netto sarà la nuvola racchiusa nella coda d’una stella predestinata a cadere in terra perché qualcuno tutta la raccolga. Tra l’irritante polvere di cuore rinverrà i refrattari sospiri che l’ostinata voglia di vivere spingerà lassù, nell’ultimo cielo. Anima e corpo in ginnica tenuta Hai mai provato, figlio mio, ad inseguire il veloce tempo in modo da non perderlo di vista neanche quando improvvisamente imbocca la più stretta delle curve? A tallonarlo, senza alcuna tregua fino al preciso punto d’affiancarlo ? Io sì, nella continua corsa, anima e corpo in ginnica tenuta, col travagliato sogno del campione che tenta la sua migliore impresa. E hai mai provato, figlio mio, a superarlo, il veloce tempo, ed esser tu a fare l’andatura coprendo a ritroso il tragitto ed esser tallonato senza sosta? A mantenere almeno una distanza per essere sicuro d’aver vinto? Io sì, nella continua corsa, anima e corpo in ginnica tenuta, col travagliato sogno del campione che giunge infine alla sua meta. Guarda d’oggi cielo, terra e mare e scova tu, se ne sarai capace, bellezze nuove da incastonare. Ti aiuterà ad indossare vita. Ma non dimenticare, figlio mio, di riguardare cielo, terra e mare e d’essere capace a scovar domani bellezze antiche da cristallizzare. Malinconie La luce resistente della sera rinvia le dolci mie malinconie che, come prede in vista della fiera, non vedon l’ora di guadagnar la tana. Quando quest’altra lunga notte ore sottrarrà all’imperfetta vita e del liso giorno l’ultimo respiro rimbomberà nei silenzi della terra, io mi ritroverò di nuovo detenuto dentro un tempio resistente al tempo, il cui sagrato dei venerabili ricordi mi ostenterà quadranti così pregiati da non dover mai esser calpestati ma sol guardati dal limitar dei bordi, ispezionati in ogni singolare punto per essere ammirati ad uno ad uno. Sarà l’ora di nostalgie inamovibili che del mio sonno non si cureranno, che in sacro corteo avanzeranno per reclamare un tuffo all’indietro. Allora, poeta eccelso vorrò essere io al solo scopo di sapermi raccontare l’andata all’oggi ed il ritorno a ieri. Sì, poeta eccelso dovrò essere io… Accenderò la notte Cos’ha il mare questa sera? Neanche un segno di saluto, intimidito come mai l’ho visto, imbambolato nell’enorme vasca. Sarà perché intorno è buio, sarà la pioggia che lo seda o forse è questo nostro amore che stenta, stenta a decollare. Di luna, poi, neanche l’ombra quasi anche lei giocasse contro. E poi, le stelle si sono estinte? Maledizione, quanta iella! Dovrei adesso essere mago, provare a sistemare tutto mentre frattanto un lungo bacio mi aiuta a guadagnare tempo. Accenderò la notte con i sorrisi che saprò rubarti, lanciando in aria i riflessi dei tuoi meravigliosi occhi Lascia cantare la mia speranza I fiori che ti porgo con la mia premura sciocca non sono per omaggio alla bellezza né per mostrarti un sintomo d’amore. Lo sguardo che ti porgo con qualche ansia in più trascini ai tuoi piedi le antiche pene e al tuo perché le nuove paure. Se ora ascolti le mie grida, non aprire il tuo sorriso amaro in un’amorfa smorfia nera e lascia cantare la mia speranza. Accogli le rose che ho sottratto alle narici d’una donna ignara. Annusa il retrogusto della vita e per un istante scopriti inutile. Poi, rimani ancora più lontana e non seguire presto le mie orme. Assaporo tardi le gioie della vita ed oggi ti rifiuto, o morte… Quand’è? Dorme, dorme come un ghiro l’idea di abbracciare tutti il mondo, d’intervistarlo a fondo a tutte l’ore e condividere con lui almeno un sogno. Io, in questo inizio di millennio, sempre a vedere una marea di gente che inflessibile guerrier s’attarda a toglier la corazza indisponente. Quand’è? Quand’è che riapriremo affetti e interrogativi punti per dar risposte alle domande, al subbuglio d’imbalsamati occhi? Icaro 2008 Di cera o di metallo, non importa. Neutre o colorate, non ci penso. A me preme che s’innalzino appena un po’ di metri sopra noi. Sì, andrò a riprovar le ali appena il tempo brezza aggiusterà e questa volta farò in maniera che il volo duri qualche ora in più. Dovrò vedere assolutamente, dall’alto e per la prima volta, le teste dei potenti della terra, bagnarle di quella santa pioggia che arriverà invocata ore ed ore perché quest’ aria sia più pulita. Sì, andrò a riprovar le ali appena il tempo brezza aggiusterà… Cieli Cieli, per giorni e giorni uguali, svogliate e inaffidabili chimere, quando l’unico colore percepito è un fondo di cravatta da indossare. Li ho visti, aprirsi insieme in sincronia coi fuochi di sorrisi da me appiccati. Ricordo ben d’averli anche indicati a donna amore che mi stava a fianco. Li ho visti, dall’alto dei vent’anni, vincere nubi e relegarle all’angolo come educande offese ed umiliate, mandate in fretta dietro la lavagna. Cieli, che, incazzati, chiudono i battenti e grandi e grossi si fanno metter sotto dal primo cenno d’ingarbugliata pioggia o dal malessere di questo loro figlio. Li ho visti, poi, rompere ogni plumbeo assillo, apparecchiar la festa sotto il sole nel cuore d’attimo di mia felicità sublime ed invitarmi a prender posto al desco. Cieli, malinconie d’azzurro smascherate, che a farsi belli pelano le stelle, che scippano la luna da dietro le montagne per obbligarmi alle romantiche manie. Silenzio! Si gira… Silenzio! Si gira… in questo freddo tempo, nel ventre di piazze imbambolate, a piene luci e via, le città tristi come i volti che vi guizzano. Silenzio! Si gira… tra risate senza sorrisi, in spalla all’ubriaco della notte, prendendo a calci birre rotte, passando muti davanti a quei negozi che ancora insistono ad esporre bellissime bambole in vetrina, trenini colorati coi vagoni in legno, cravatte e sciarpe senza firma. Silenzio! Si gira… guardandosi le spalle, neanche fermandosi a inseguire il breve e promettente bacio tra due ragazzi che dell’amore ancor non sanno niente, zero. Come noiosi capitoli di storia, quei due sapranno di balere e d’albe e di tramonti e di colori che non abbiam saputo loro raccontare. In giro, se ne vanno ma solo per unirsi ad altri cento magari per scommettere su Marco, se ha infilzato o no l’anello al lobo. Silenzio! Si gira… Anch’io mi muovo però la prima a destra svolto e torno a casa, tra le mie mille foto. Cerchiobaleno Lo so, indiscutibilmente è troppo ma per l’ultima tua abile mossa é questo che già da un po’ ti chiedo. Chiedo d’essere disposto al centro, al centro esatto d’un cerchiobaleno, equidistante dai suoi sette colori e dalle seguenti spille da appuntare: gli AFFETTI, tutti mano nella mano. L’ALBA, possibilmente in mare. L’AMORE, travasato goccia a goccia. DIO, come ti vedrò all’istante. La GIOVENTU’, in tasca del mio jeans. La LUNA, in un oblò, se piena, a forma di diadema, in altra guisa. Il MARE, possibilmente all’alba. La PACE, in scrigno inattaccabile. Il SOLE, tutto giallo in una bolla, coi raggi disegnati da bambino. le STELLE, anche quelle sconosciute. La SPERANZA, come sempre, appesa. Il TRAMONTO, possibilmente a mare. Un’emozione in più Luna e sole finalmente insieme, saldati ai colori nuovi del cielo ed io che muovo il mio universo al solo accenno d’un alto respiro. E’ l’enne sogno, da me ordinato in questo arpeggio delle lunghe attese, l’acrobatica follia che saggio guardando e immaginando altro. Paziente, in questo tempo attenderò l’arrivo della buffa pioggia a pois che, blu d’acqua profumata in alto, al suolo spiegherà il suo foulard. Nel frattempo, al resistente amore chiederò di farmi ancora bere e, dovesse andarmi alquanto male, il mare mi darà un’emozione in più. Nessun rumore ferma il mare Nella notte d’inverosimile bonaccia, due metri due la curva d’acqua a riva, solo l’odiato e troppo lungo treno intralcia l’appartenenza al mare. Dolcissime pause regalate al vento che, almeno lui, non forza più di tanto e un po’ nascosto ai margini di duna assiste muto, in apparenza vinto. Nell’ora a caso di dare la sbirciata alla scogliera, al gozzo e alla mia vita, in mezzo mi si mettono binari maledetti, inopportuni intoppi nel cuore della festa. Su fianchi di rotaia, ahimé, scintille, pruriti insopportabili di malate memorie. Fortuna che quest’acqua poi le spegne giacché nessun rumore ferma il mare. Se mai andassi all’incontrario Vivo la vita e per essa vivo. Sentite, gente, non mi angustiate! Se mai andassi all’incontrario, per prima cosa, nella bisaccia nera metterei, visto che son pesanti, gli errori ed i peccati a vista. Poi, sopra, visto che son leggere, le magiche atmosfere dell’amore, dei sorrisi negli occhi d’una madre, in quelli eterni della giovinezza e, da contare, le albe ed i tramonti miei. Tutte cose che non vogliono morire... In tasca, ove non avessi spazio, prototipi di chiavi-paradiso. Ma quale buona notte… Dovresti tu vedere come brillano i miei occhi appena la mia dolce sposa mi si avvicina principessa al bacio della buona notte! Ma quale buona notte… Per me, arriva inopportuna. Spacca la torta in due metà di luna, le polverizza come conchiglie morte e al sonno affida il gusto della prova. Di qua, tu vedi me ribelle che vado ancora incontro all’insistenza dell’amore. Di là, c’è lei e Dio solo sa se sognerà e cosa sognerà. Ma quale buona notte… se, solo perché io dormo, mi tocca congelare la passione, rinchiudermi in una cella di coperte e attendere che arrivi il giorno. Il buio non mi fa innamorare. Mi chiude in un stand-bay odioso, mi affida al rischio di un oblio, il cuore distraendo a più non posso. Ma quale buona notte… Un punto esatto Viaggiando a Sud, c’è uno slargo, un punto esatto, dove io sosto per tre minuti tre quando torno a Reggio di Calabria. Che sia da solo o in compagnia, che intanto piova o il sole scotti, mi affaccio all’alto guard-rail e strizzo l’occhio alla natura. Da questa fortunata postazione, sul viadotto prima d’una galleria, io son capace di ringiovanire, di far tornar castani i miei capelli Guardando in lontananza la città, la bella addormentata sullo Stretto, chilometri residui che paion metri mentre si sente il bergamotto già. Guardando l’altra, di là dal mare, io vedo solo i traghetti bianchi, dipinti a mo’ di abbandonate vele se il fumo non tradisse il pittore. E’ un punto esatto, realtà sublime, che detronizza il sogno fatto ieri. Al quarto minuto sono al volante e dopo altri ventisei arrivo giù ... Dedicata a Santoro Salvatore Armando (lui sa perché) In corso è un attimo speciale è una giostra che non si ferma. Li vedo uno ad uno i vagoni in fila ed uno sembrano, perfettamente regolari. Con l'obbligo di scendere all'istante, son colmi di parole che vorrei ai miei piedi. In corso è un attimo speciale,è vita. Poichéè il mio cuore che l'impone, ora dovrei comporre versi magistrali, renderli abili al mio peggior fruitore e all'intenditor d'indispensabile poesia. Su queste mani in pausa di carezze una lucida lacrima sta lì per atterrare. Che sia di nostalgia o di speranza, io non sarò mai in grado d'incastrala in questa nuova attesa del Natale. Solo l'aria resta fredda, pronta all'evento. Pochi, i nidi tra i rami della città irrequieta. Il passero è andato a caccia dei vicini rovi ma tornerà sulle dolci briciole della festa Su di me, il cielo non vorrebbe farsi grigio. (poesia dedicata a Lorenzo De Ninis) Lei… Vuol essere guardata, lei! Se a qualunque ora dovrò vederla, mi vien la frenesia di diventare bello, quel non so che di emozione somma di solito nascosta nei giorni tutti uguali. Ancora prima di riscoprirla amante vorrei detergermi con odorose schiume così che in qualche modo scordi gli odori acri dei giorni tutti uguali. Siamo al momento dell’incontro, un po’ il teatro d’ogni nuovo amore, le tue domande più o meno organizzate e le parole che invece non riesci a dire. E questo è ciò che sempre mi succede ad ogni fortunato rendez-vous. La smania è forte di saltarle addosso ma lei mi blocca, puntualmente. Vuol essere guardata, lei! L’onda… Goal Ascesa irta e mai clemente è questa, neanche un giglio intimidito ai cigli. Dietro, seccate già, le gocce di sudore e buche qua e là per sotterrar paure. Piedi di fata vorresti adesso avere, incrementare il passo ad un voilà raggiungere la tua parziale meta e riposare all’ombra del ciliegio. Fatto che hai fatto la benedetta sosta riprenderai il cammin di buona lena sui tuoi durissimi talloni, amico mio, dacché magia è passata e anche la fortuna. E ancora nulla è liscio sotto i piedi, di più la vedi crescer la fatica. Succederà che tu dovrai pregare senza tergiversare tra le more. E’ il goal arriva, stai tranquillo, magari per gli errori della sorte, fosse anche a tempo ormai scaduto. Ma arriva! E vinta la partita avrai. 1994 Vita per la quale vivo Freddo intenso nelle vene, da misurare ogni minuto, da mitigare in tutta fretta prima che invada il cuore. Emozioni ahimè morenti, in resa miserabile al destino che andrebbe invece rivoltato prima che agguanti il suo scopo. Vita per la quale vivo non dar di sterzo all’impazzata, portami nella famosa alcova che da sempre t’ho indicata! Quando anche la minima gioia, quando l’ultima azzurra curva vedrò sbiadire in grigio secco, allora ti concederò il rischio. Mi ti consegnerò da pacco per fare su di me qualunque cosa tranne annullar l’immenso amore che ti ho dato ad occhi chiusi, cantando gli inni improvvisati cercando in te i nuovi colori, andando a far lezione ai tristi, a quelli che di te non è importato. 1993 Solo un’età In volo nel futuro, vedo la collina, spesso muschio ad ingrossarle i fianchi, dove, al primo cenno di mattina, m’inerpicavo rincorrendo vento. Solo una volta mi fermavo poiché l’acquerellato fiore si ostinava ad essere guardato, annusato, colto poi per lei che arrivava. In volo nel futuro, tocco il mare, nuvole nuove a schiarirne azzurri, e tuttavia lo riconosco al tatto assai stupito che non è cambiato. E’ uguale a quella santa volta che senza sforzi me ne innamorai, a quando l’abbracciavo tutto tutto per essere sicuro io d’averlo. Solo un’età questa testa accetta, questo cuore che rifiuta la morte questi occhi impazienti di stupori in tela blu di trama da rifare. Oggi, il passato ed il futuro vanno in zuppa d’unico sapore, scommettono col destino su di me, sul tempo duro che non mi cambierà. Arlecchino mio Le toppe gialle, quelle azzurre, e le altre, verdi, bianche e rosse ogni santo giorno si scolorano. La luce del sole non li sceglie più. Spacciatore di magie, io piango. E’ inutile che spolvero e rispolvero. Solo una sola cosa mi rimane: buttare tutto e darmi un po’ da fare. Cavi d’acciaio e lucenti chiodi io li potrò trovare dove voglio. Basterà un minuto per assemblarli e quello smalto suggerito dallo spot. Il tempo della fantasia è ormai finito ed anche quello delle belle attese. Mi dicono che è l’urgenza delle cose e… non importa quali cose. Alla maniera di un infermo grave, sul mio comò lui ora non si muove. E fallisce ahimé l’ultimo tentativo di farlo vivo al lampo dei miei occhi, di ricordargli da ore ed ore i sogni dei quali gli sono eterno debitore, di scuoterlo al forte battito del cuore perché mi doni l’ultimo suo exploit. Poi, d’improvviso, risorgono i colori ma è il riflesso del tramonto rosso che insieme ad Arlecchino mio dà l’ultimo sussulto. E muore. Chicchirichì Lasciamoci alle spalle ogni sospetto, la traccia rossa dei dolori guastafeste, perfino l’attimo che chiamavo fortunato solo perché ero capace d’inventarlo. La notte scura di stelle decadenti sta per scandire l’ultimo ritornello e mai stecca, pur alla fine, una nota. Sai perché? Mi vuole sempre tra le braccia. Quand’è che un’alba finalmente arriva? L’aspetto ormai da sempre, giorno e notte ma, non di sole che buca l’orizzonte, capace d’invischiarmi nel romanzo e neanche alba folle che innamora, che mi fa fare clamorosi girotondi per stabilire innanzi tutto con il cuore il bell’inizio e mai la fine degli amori. Chissà se il gallo canta come lo sentivo, supino e sveglio prima della sveglia matta, se tra i rumori della mia via farà chicchirichì. Io, giuro, questa volta cambierò fortuna! Mi laverò con tutta l’inventata urgenza, non sceglierò il colore della mia cravatta, non penserò ai sogni del nuovo giorno che, invece, sbranerò con ingordigia… Cometa Al freddo, quello giusto, da sfruttare il minimo pretesto di calore antico in sguardi nuovi e non bugiardi, approfitterò di questa sera cheta. M’arrancherò su per la collina portando dietro un sacco di peccati e le imperfette scatole d’acciaio ricolme di speranze inaspettate che, giunto ai piedi della luce, dopo aver fatto anch’io la fila, consegnerò in ginocchio e muto al posto dell’oro, incenso e mirra. Nessuna nebbia nell’ovattata notte saprà nascondere la scia perfetta d’una cometa finalmente a vista che seguo e non seguo da una vita. Sull’asfalto del moderno inverno non si vedono gli impazienti pastori. Solo canti d’uomo insoddisfatto accompagnano questo cammino. Le mani tese al mondo intero escono dai cappotti, fuori misura, riciclati in cambio d’una lacrima o d’una frase in lingua straniera. Le dita magre si giovano da ora della bontà d’un giorno all’anno per esser messe risolute in tasca e riaprile al prossimo viandante. Guidaci, cometa delle meraviglie, a presentar lamenti a un bimbo a rinnovargli la preghiera eterna di farci giusti e di assecondarci. Questo componimento, dedicato a quanti di questo sito dimostrano gradimento per i miei versi,è un augurio per tutti coloro che attraversano periodi non facili. Con l’approssimarsi del Natale, io spero che in mezzo a cotanta Nascita, veda luce anche la speranza di un sorriso quotidiano che allontani L’ultima nuvola Mentre luce d’alba sana sfuma forme insopportabili, l’ultima nuvola indugia ancora prima di dissolversi del tutto. E’ questa l’ora inopportuna, lenta, stanca, incorreggibile nel cui letto angusto si peggiora, spogliati d’ogni facile sorriso. Che il sole, dunque, arrivi con le autorevoli intenzioni e lanci dardi incandescenti sull’acqua in cui si annega. Esiste, di là dall’orizzonte, respiro a banda larga, assordante, che aspetta le milizie del vento per esser fatto prigioniero, per essere condotto al cospetto di chi la vita intende tersa, per essere indagato a traditore del più elementare intento. Prevista era l’ultima nuvola a minacciare il tetto nostro cielo. Ma vada via, sparisca! Oggi la terra non tremerà. Lenta come foglia una foglia cade Quando, dopo l’ultimo tremolio, lenta come foglia una foglia cade io guardo aria aria il suo percorso. Ne seguo le flessioni ad una ad una tra le irregolari geometrie di terra, ad ogni danza imposta dalle zolle. Non stacco gli occhi da quel suo oltrepassar le pietre, durissime, eppure stanche d’inerzia non voluta. Perché, mi chiedo, se quella lìè morta, se presto più non si saprà cos’era prima? Come tutto ciò che alla fin fine muore dovrei ingabbiarla in brezza fuori norma che smussa spigoli al mio tempo nero e, nei momenti in cui sento la morte, liberarla tutta per come mi era viva, perfetta nella sua qualunque forma e, voglia il cielo, con macchie di colori. Flash n… Non dirle niente E perché? Non dirle niente, e basta! Ma si vede di là dal mare che ti sei innamorato. Va be’ va be’ ma tu non dirle niente Così mi levi il gusto di… quando le dirò che…. Tu non le dirai un bel niente. Tocca a me, quando sarò pronto. Allora cosa aspetti? Allora, allora, allora… Ma lei non è gelosa. T’abbraccerà e amen. T’ho chiesto una cortesia, non d’andare a prendermi la luna OK, non ne parlerò. Sarò muto come vuoi tu. Bravo! Ma, tanto, mamma da moooo’ che l’ha capito! Il mondo di Aur Parrebbe cosa d’altri tempi, un’aria invero profumata, un fiore alieno emozionante, il mondo di Aur. Col passo lento dell’intruso, la curiosità che m’assillava, l’ho visitato di soppiatto, il mondo di Aur. Finestre blu e senza vetri m’aprivano nuance e sogni al pari di carezze d’una madre che inondano d’amore il figlio. Scovai più tardi nel salotto pile di libri e antiche fiabe, figure di principi al galoppo ad inseguire glorie e dame. Sul vecchio tavolo di fòrmica, ancora aperto il grande Black ed una foto in bianco e nero del primo pesce catturato. Sui muri, a destra e a manca, guardai quadrati d’acqua e sale e barche e reti e lenze sgangherate distese al sole ad asciugare. Davanti al fuoco scoppiettante, su sedia a dondolo di raso, pelle di seta a prima vista, l’ultima fata mi parlò. Appresi d’un foulard bianco, del banco d’una quinta B, di poesie dei sedici anni che l’uomo suo le raccontò. Che tempo sarà stato il tempo che ora non c’è più? Quali speranze nascondeva, il mondo di Aur? La vita che vorrei Scie, colori e mai visti raggi a congedare maledetto vento che intanto spazza via da noi l’ultima vendetta d’amor sentito. Istanti da riformulare lunghi a fare il tondo ad ore e ore, a capitare in mezzo agli sbadigli di alba fino al tramonto replicata. Cuori! Fasciati di metallo dolce per tamponar gli odiati squarci ladroni degli umani miracoli rimasti a metà per colpe nostre. Se solo le voci s’abbassassero facendo spazio al sussurro mite, se esse ancor di più scadessero cedendo ai pensieri la parola, allora avrebbe finalmente il la la vita mia, che vorrei esordisse sul palco caramellato e glabro di un teatro sempre aperto agli altri. Amore Quando la luna quieta s’abbassa fino a sfiorare il mio centro d’anima e poi, immensa bolla di sapone, svogliata torna al posto suo di prima; quando la stella che tra tutte ho scelto s’incendia nella sera al mio comando e dopo, fuoco d’Eden placato e innocuo, si fa miracolo nel cavo della mano mia; quando l’amico sole ritarda l’alba per allungar la notte ubriaca e brava epperò mi bussa ai troppo chiari vetri per ricordarmi, ahimè, che il giorno è lì, allora strillo amore a più non posso. Guardo e ascolto solamente amore. Senza indugio tasto e sfrego amore. Poderoso, afferro e stringo amore. Pietruzze colorate Negli ardenti pomeriggi che il sole lo bruciava, il mare, e le sabbie incandescenti vestivano di beige i sassi, io non guardavo l'onda, com'accadeva all'alba, non sbirciavo, tra i riflessi, pesci in vena di specchiarsi. Non tastavo con i piedi l'alta roccia del fondale. Non m'immaginavo Ulisse, com'accadeva all'alba. Me n'andavo a testa china, sugli alti zoccoli di legno, coi pensieri dei miei anni a seguire curve d'acqua. Poi, al primo luccichio, circoscritto era il mio il regno. Genuflesso e speranzoso, io cercavo le pietruzze colorate. Senza alzar granelli a iosa, sotto l'afa degli agosti bruzi, esigevo quelle più capaci d'arricchire lontanissimi sultani. Pretendevo le brillanti per poi accettare anche le strane o, almeno, quelle meno opache quando l'onda le lasciava. Messe in tasca ad una ad una, costruivo arcobaleni da vuotare poi, a sera, sopra il marmo della mia cucina. Quanto male mi facevo, sui ginocchi ore ed ore, nella presa dei colori, di qualcosa che segreto più non era. Che silenzio, colmo d'incalzanti fantasie novelle, in quel metro quadro del sogno, dell'unico allora possibile! -Finalista al "Premio Firenze" 2007 - Sezione Poesia Inedita- Il muro della ferrovia A guardarlo, pare un’altra cosa, chiuso dai palazzi nuovi e grigi, sopra i resti del marciapiede triste, nudo senza il fico d’india strambo. Non sento più la stessa afa dura, l’agognato pomeriggio ardente, il terrore della locomotiva, gli schiamazzi di chi m’aspettava. L’attraversavo spaventato e lesto per fare mia la partita al porto laddove il piazzale s’allargava all’ombra lunga del cementificio. In quegli istanti io ero eroe, monello eroe sudato e vispo alla ricerca del pallone in festa, in testa olè e il goal accanto. Questo muro m’emoziona ancora. Vorrei saltarlo un’altra volta per poi svenire sulla ferrovia, il corpo a ics sui binari caldi. E ritrovarmi sulla spalla dritta d’un marinaio in divisa bianca che, il treno nero già là dietro, si prende cura della giovinezza Piani inclinati Anima che si confonde in un baleno la mia, legata mani e piedi al corpo. La sento a poco a poco affaticarsi nel via vai di curva che speravo piatta. E’ largo come un’autostrada larga, stretto al pari di collo di bottiglia stretta, inesistente è il punto suo di mezzo. Io cerco l’asse a regolarlo, il piano. Malgrado ciò, perenne gioco faccio edè davvero un falso buon pretesto perché io vada a catturare in parte i lucidi capelli in balia del vento oppure i non andare troppo in alto gridati da tenera bugia di madre, senza contare tutti i dispetti odiosi di concorrenti ancora impreparati. Se l’altalena è ora fatta per i grandi, è ben precisa la sua prima differenza. Al primo su, il cielo ancora da bucare. Al primo giù, il fango da guardare tutto. (dedicata a G.D.) Le odiose zanzare Quanta lacrima ha riempito lo stagno che volevamo prato per costruire la casa degli uomini, tutti riuniti intorno a un tavolo! Quali bufere si sono abbattute intorno a quello stesso punto, centro perfetto d’anime gemelle che avevamo noi immaginato? Passando ora da quelle parti si vedono le odiose zanzare che tutte banchettano il sangue di buone volontà sacrificate. Domani, qualcuno ci dirà, si troverà un sito diverso, raduneremo, come già fatto, quante più teste coraggiose. Intanto le distanze si riducono tra i cuori distratti dal resto e le odiose zanzare di sempre se ne stanno là, in agguato. Il banco 26 L’asfalto qui è di colore diverso dal nero catrame che si conosce e il marciapiede è tutto ricoperto da petali di rose e altri mille fiori. Se vai a trovare il banco 26 dovrai passare sotto l’arco perfetto ma prima c’è la sosta benedetta davanti al quadro della Santa Vergine. Lo riconoscerai perchéè al centro della minuscola facciata verde inumidita da belle cristalline stille e non aver paura perché, lo so, son lacrime di felicità perfetta depositate in cento e mille anni dai pochi fortunati della Terra capaci di vedere oltre il confine. Appena che sarai arrivato al punto esatto dove t’interessa è meglio chiedere di Marta, la più paziente che ti può servire. Siccome l’ho già fatto anch’io, non implorare sogni impossibili ma solo quelli che t’invoglieranno, ne basta uno, a far ritorno a questa Fiera 2004 Non so se basterà Adesso che sono onnipotente oscurerò il sole, come prima cosa. Ero vivo, beato, appariscente ancor prima che rompesse albe. L’aspettavo nell’impaziente ombra perché sapesse che la felicità, la mia, non chiede prestiti a nessuno, neanche al re delle luci immense. Subito dopo, toccherà al mare e goccia a goccia lo vorrò asciugare. Ero schiuma, eroe, onda vivace ancor prima che v’entrassi dentro. Sfidavo i suoi dementi azzurri perché placassero bellezze e forme, io che tra le mani insufficienti giravo quelle magiche, di lei. Spezzando i giorni in uno,è andata via. Morire al buio e sulla riva secca non so se basterà, almeno a me, per credere di non essere vissuto. 1989 Caro me Anche oggi ti devo raccontare d’una giornata uguale alle altre, di chilometri di sospiri ed ansie e facce tristi nelle tristi strade. E’ già da un po’ che non ti scrivo, che non ti chiedo come stai, come procedono i tuoi sogni e in quale paradiso ora ti trovi. Beato te che trovi il tempo di ammazzarlo, questo tempo, con l’arma aguzza della fantasia viaggiando gaio a mille all’ora, di qua le curve di una donna bella di là segmenti tra nuvole lontane, al ritmo di certi versi irresistibili che avrai composto sull’arcobaleno. Caro me che né ti vedo né ti sento all’atto di sincronizzare l’ora o nei bollenti fumi dei caffé che io consumo per sentirmi vivo. Salutami l’immobile carrubo sotto la cui ombra m’assopivo in quei speciali caldi pomeriggi che il mare tuo e mio tradivo. 2000 Voglio subito un sorriso Voglio subito un sorriso e non importa di chi è, se di gioia o commozione se di scherno o tenerezza. Lo metterò con molta cura in mezzo al grigio che mi scorta. Farà da conveniente sponda a qualche grillo per la testa. Lo copierò in tutto e in parte per misurarlo volte e volte finché non metterà alla prova la bocca mia indolente Che si accostino perciò tutti i bimbi ed i pagliacci, sposi freschi e nozze d’oro, pose studiate ad arte, musi di delfini in festa, madri mute purché madri e soprattutto le comuni genti che sorridono alla mala sorte. 1983 Non sono solo Nelle notti di luna che non c’è, sull’inventata riva di quel mare che prima o poi conquisterò, non sono solo. Lastre in solenne sequenza, dense come Terra che si perde, mi faranno dolce compagnia mentre provo a sforacchiarle. Buco dopo buco affonderò l’unghia tramortita finché certezza non avrò che sgorghi linfa salvatrice. Mi disseterò ad ogni goccia che nasce, sgamba e poi si ferma a bordo delle labbra tentatrici, avide di discontinui echi. Se come accade puntualmente antico vento transiterà giù per la nervosa gola, senza timore l’inghiottirò per conservarlo fresco nell’ultima sacca che ho salvato, così che io corra il rischio di apparirti patetico La scusa Se riascolto le musiche leggere nelle sere dell’estate in festa, verso il cuore in un caffè per farlo prigioniero. Svegliarmi è cedere memoria a molecole che non riconosco, leggere l’ora che mi sta accanto e prepararmi a quella che verrà. Se spio i sogni che ho rincorso nei pomeriggi d’afa e il mare accanto, verso il corpo in un bicchiere e lascio che le ossa si sciolgano. Addormentarmi è calciar palloni in campi di periferia, il goal accanto, entrare nel tempo che m’ha perso e specchiarmi sulle impronte dei miei anni. Che futuro è il mio futuro che vuole cancellare ogni cosa con la scusa di farmi respirare, andare avanti e non morire ancora? All’arbitro delle ingiustizie consegnerò la mia domanda e ascolterò da lui, dal Giusto, le cose che vorrà dirmi. Oplà! Non era benedetta da Dio se così come io la vedevo cascava impassibile e retta sul nero dei rombi d’asfalto Che acqua! Mi dissi, impaurito. E nera, più nera della iella più nera, la sudicia notte mi circondava, annodata alla sciarpa mia preferita, i sette colori a cingermi il collo. Che notte! Mi dissi, accucciato. . Il vicolo, poi, era come sparito tra i riflessi di insegne e metalli inghiottiti dall’ultimo cono di luce di un vetro non ancora oscurato Che buio! Mi dissi, angosciato. Al margine non del tutto inondato di una pozzanghera che vidi lago miracolo fu che io mi accorgessi di una bianca colomba affamata. Che bella! Mi gridai, all’istante. Nel tempo che infinito sembrava alla pioggia si mischiò una crosta che precisa cadeva, cadeva più lenta nell’unico punto voluto dal fato. Oplà! Mi dissi, la vita procede. Qui Qui, quasi tutto si compie, tra false lune e cangianti albe, spalle corazzate e spilli velenosi, stoppando il corpo in un momento. Qui, bisogna invero soffermarsi tra un respiro corto e l’altro facendo perla incandescente delle paure e del coraggio. E’ molto bello questo posto specie quando posso entrarci adagio, frattanto liberato dagli orpelli del mio turno. E’ qui che io mi accorgo di spender bene il tempo guardando attento l’alveo su cui cammino o scorro. Qui, giocare con me stesso, viziare spasmi e tenerezze, mi dà l’incontrastato affetto. Qui, dentro me stesso. Stand by Ora che finalmente colano, scintillano le belle lacrime che non volevo conoscere. E cadono, pesanti e calde. Le avevo trattenute a lungo, purosangue imbizzarrite, solo per ritardare un po’ lo show dell’anima mia. Nasceranno ancora, lo so, le sofferenze per gli affetti persi. Mi stringeranno nella morsa del recinto che sarà blindato. Sarò solo ed avrò tempo per pensare una volta ancora ai bisogni di amori imperfetti, ai fronzoli di false primavere. 2005 Una rondine fa primavera Vedrai che tra pochi giorni questi colori cambieranno. Al primo stormir di rondini saremo tutti nella primavera La dolce Anna mi accarezzava mentre su di me sentivo i brividi e parlava, senza soste mi parlava guardando fuori la piazza deserta. Mi manchi da morire, nonna ed io non so se sarà un caso che tutto muta in questo mondo dove ogni cosa va perdendo il senso Una rondine fa primavera, eccome! Così mi toccherà poi esordire nel fare compagnia a mio nipote guardando fuori la piazza gremita. L’uomo nuovo Lo vedo, l’uomo nuovo, spettinato ed occhiali scuri. Non fiata, non pensa, gli basta respirare. Fisso le sue gote rosee e le rughe che non ha. Sembra un uovo scartocciato, fatto di carne trasparente. Adesso trema un po’, quasi quasi si dissolve. Lo chiamo a voce alta, l’acqua s’è già mossa... D’accordo, notte! Sei strana, notte, questa volta! Prima, arrivi in sella al più bel cavallo, sistemi come sempre a modo tuo il cielo, mi accendi ad una ad una lune e stelle. Poi? Che cosa mi combini, poi? Mi levi il dolce sonno dei ricordi, depenni a brutto muso nostalgie, chiudi nell’antro gli echi dei vent’anni, mi metti il calendario sotto gli occhi, la mente tu fai correre agli impegni, il primo appuntamento è importante, per ricordarmi che domani arriva… Dimmi, cos’è che vuoi veramente? Che un mago strabiliante io diventi o faccia finta di non avere gli anni? O, addirittura, che io rinasca oggi? D’accordo, vedrò di darmi un gran da fare già subito, sorbito il mio caffé bollente, e via lungo le strade della città che chiama a ricontare banconote e fare i conti. D’accordo, vedrò d’immergermi con cura in questa realtà che non convince, spianare tutta la fatica che mi attende per rendermi attuale con gli attuali. Tranquilla! Prometto che io ti obbedirò buttando in fossa fino all’ultimo ricordo, raschiando il cuore di antiche tenerezze, tuffandomi domani nell’oggi senza indugi. Ti giuro, allora, che passata l’alba mi vestirò a puntino con l’abito più nuovo ma adesso… sposta l’imbecille ombra poiché le ore in cui ti voglio assente son poche e tutte io desidero sfruttarle e non spiarmi se ancora mi farò tentare dal solito viaggio nel mio tempo andato dal battibecco dei suoi colori e suoni. Dentro noi stessi Schivando l’ultima immagine, scivoliamo inerti dentro noi stessi e sul ciglio del baratro abissale ci diamo l’inutile specchiata. Laggiù, nelle nerissime distese, s’intravede un’imprecisa luce e non sappiamo se è proprio a noi che il segnale è indirizzato. Sarà speranza ingannatrice, capace d’un doppio olé sconnesso o del solito ripristino del tempo da cui in qualche modo ripartire. Vorremmo precipitare, adesso, mutare l’ora in un secondo uno ed incagliarci a fine tuffo astruso su fondi d’anima scartavetrati... Maledetto l’anonimo sorriso che ignaro piomba nel bel mezzo, nell’attimo in cui scadiamo a turno nella viltà d’umana misericordia! Dedicata a Silvano Conti con sincera gratitudine Madame Felicità Mi fu detto da non ricordo chi che la felicità in fondo non esiste, chiusa com’è in lampi ‘sì veloci da non vederne mai i traccianti, smarrita prima ancora d’esser cosa tra le febbri di qualunque pugno. Per di più, mi venne poi raccomandato di non ingurgitar profumo seducente che sbanda all’improvviso sulla testa, giacché vigliacco e lesto si dilegua al primo accenno del mutar di vento, al primo domandarsi che cos’è. Non c’è, pertanto, Madame Felicità se tutto cade e tutto ricomincia appena il mio sorriso prende forma e, ancora prima di veder la scena, rabbioso si dispera come un mancato re e rientra in cella a riscontar la pena! (Novembre 2007) Solo questa sera Ascoltami, Signore, quando non ti parlo tanto per parlare o solo per propormi a tua misericordia, quando le parole diventano preghiere nel mentre intere arrivano stremate dal profondo di questo benedetto cuore che una volta almeno io dovrò scrutare per vedere se davvero è solo rossa carne. Ascoltami, Signore, e fa niente se stasera, solo questa sera, ti toccherà distrarre gli occhi dalle bombe, dagli occhi di tristezze e solitudini perenni, da quelli d’ammalati e peccatori sfortunati, dagli altri, di eminenti tuoi ministri ingrati, da acque e valli condannate alla deriva da dieci Leggi che si pensava eterne. Ascoltami, Signore, poiché le guerre, adesso l’ho capito, sono anche dentro chi si sente immune, stanno annidate tra quelle polveri sputate dall’inno a certa presuntuosa convinzione di esser lui capace a detener giustizia e pace. Io che ti parlo sono solo in mezzo a tanti soli e insieme agli altri attendo un tuo segnale. Non esser triste Non esser triste! E’ così che io mi dico quando io lo sono tutto, quando l’ultimo tramonto è a questo punto arrugginito, col suo sole proprio avaro, col suo cielo un po’ dimesso. Arriva poi il bel momento che a me sembra della verità, l’ora in cui sussurro al vento, che mi rido fino a dentro, che mi specchio insomma addosso. E’ così che poi ritrovo il mio sorriso, che le mie mani io le rivedo grandi troppo grandi per l’abbraccio che mi do, troppo grandi per non abbracciare vita. (Novembre 2007) Così ho deciso! Liberate, ve lo ordino, le fate tenute troppo a lungo prigioniere tra le piaghe delle vostre fantasie. In fondo, rimuovevano magie al solo scopo di destare sogni o arcobaleni per amar colori. Ed inoltre, liberate le belle principesse che ora v’affannate a far marcire dentro i letarghi dei vostri cuori. In fondo, giocavano con l’amore al solo scopo di produrre sogni o storie per rasserenare genti. Così ho deciso! Io cerco lei Nei riflessi dei castani capelli, tra le dita sul viso di una lei, in occhi d’estasi fiammanti io cerco di capire se amo. Lungo l’ossessa scogliera che schiude labbra alle spocchiose spume, la pelle è donna, bianca e rovente. Provo a ricominciare a vivere. Sugli orli mai finiti del mare, il cielo a domandarsi cosa faccio e l’acqua che non mi riconosce, io attendo la nuovissima occasione. Ondeggio come piuma al vento mentre musiche esclusive picchiano. Mi accontento, ancora, di esserci ma vado sempre a caccia dell’amore. Aurelio Zucchi 1985 Il ballo delle cento speranze Respirando il tempo duro che via via inzuppa di finito la galassia delle cose andate, il colore del futuro è da inventare. Nella macina degli errori che mai avrei voluto fare verso i sospiri del cuore distratto e salvo i sorrisi degli amori. Chissà per quanto tempo ancora il ballo delle cento speranze infuria quando troppa folla si assicura lungo le vie colme di presente. Quanto bisogno c’è di sognare? Sono falò di spiaggia abbandonata che fuma frammenti e lento li disperde. Sono solo, nonostante il mare. Preda che scappa Preda che scappa é il mio miglior passato, zampa di ricordi in corsa, occhio vispo nella macchia. E’ mira che trema tutta nella destra stanca, tasca bucata controvoglia per non perdere futuro. E’ bottino che svanisce nei pascoli dell’oggi, coda tra i pruni spinosi, lunga come notte che t’aspetti. Giuro, ritenterò la caccia nelle ore che non vedo, che nemmeno sento in questo tempo che sbadiglia. Datemi un’alba (dedicata a chi ama il mare e a chi si attarda ad amarlo) Datemi un’alba, di quelle che vedevo tempo fa mentre passavo l’esca viva a Gino, mio fratello, equilibrista sullo scoglio nero Assicuratevi, però, che l’ora sia la più giusta che il mare sia protagonista col sole a fargli buona spalla ancor prima d’esser semicerchio. Mettete, se potete, la scia d’un vecchio gozzo in legno, i primi suoi riflessi in acqua, il viso asciutto d’un pescatore che chiamerete Peppe, e basta! - Peppe! Dov’è che vai questa mattina? - Io vado dentro, dove lui mi porta. Poi butterò i cento e passa ami e aspetterò, caffé e sigaretta in bocca Datemi un’alba, di quelle che vedevo tempo fa ed io la fermerò, dovessi usare il chiodo d’oro al quale ho appeso nostalgie perenni! I sogni che non ho fatto mai Respirano tra melodie impossibili scritte da mano d’angelo all’istante senza l’ausilio di nemmeno una di quelle sette note che conosco. E suonano, suonano incessanti con violini buffi ai quali poi darò i nomi di fantastiche meduse e posti sacri dove custodirli. E vibrano, vibrano da Dio toccando corde di chitarre vento, sicuramente meglio di certi cuori intensi, innamorati da impazzire. E odorano, odorano di rosa, la specie più esclusiva inesistente, aspettando che almeno li accarezzi, i sogni che non ho fatto mai. Ipotesi Quando il sole andrà a dormire, e per sempre andrà a dormire, allora e solo allora affiderò le labbra al cuscino dei ricordi dell’amore. Infuocheranno le nuove notti di metallo e la pelle delle mani mie deserte. Schiariranno i rinnovati tetti dell’ingegno e le perlate strade degli amori impossibili. Dopo, tornerà l’alba primitiva, la tosse della prima caffettiera, il canto d’un gallo esagitato, il suono d’una squilla gaia. E, ancora , sentirò l’unta lama d’arrotino e la voce blu di pescatori all’acqua. Rileggerò il nome Nina della barca ed aprirò alla vita il mio respiro. Di nuovo, il mare sarà il mio mare e il cielo ne invidierà i colori. I silenzi d’un amore sacrosanto riparleranno antiche lingue nei tuoi lobi mai distratti. E così, quando il sole andrà poi a dormire, e solo per la notte andrà poi a dormire, allora e per sempre affiderò le labbra al cuscino del tuo ventre per dare forma al millesimo ricordo e ritrovare insieme a te le pietre vive, la vecchia via. E, in una danza piena d’onde, vivremo i nostri nuovi giorni. -Pubblicata sull’Antologia Verra’ il mattino ed avra’ un tuo verso (Aletti Editore)- Se i nostri occhi... Se i tuoi occhi potessero parlare in questi silenzi misteriosi ascolterei le musiche più belle che mai talento fu così capace. Inventerebbero nuove parole ed io, attento, le imparerei veloce, con esse per comporre odi infinite, per dire ancora nuove cose. E se pure i miei occhi potessero parlare in questo tempo che mi dà amore, ti direbbero chissà quali cose pur d’albergare sicuri nel tuo cuore. Riderebbero della paura della morte ché a guardarti è la vita che si compie così grande da non meritar castighi a questo inizio senza fine. Magnifica è la notte, questa notte. Settembre è giunto al punto suo di mezzo la luna pialla l’ultima treccia dell’estate, il cuore mette a posto tante cose, il buio fuori non prevale sulla vita. I pastelli delle spiagge inviperite si lagnano con chi lo ama, il mare. Si ostinano a pretendergli ricordi mentre è già saldato un acconto di futuro. Si muove, l’aria di freschezza attesa, a consegnare il testimone antico al blu colato dai tetti ancora caldi, al marciapiede che pullula di gente. Qui, in questo fanatico terrazzo, fronte in balìa d’aneliti notturni, qui non si può più rimanere oltre. Magnifica è la notte, questa notte! Guarderò il futuro C’è ancora d’aspettare un bel po’, che il tempo sedimenti il tempo che il mestolo nemmanco magico completi a modo l’ultimo giro e impasti, a tipo grande chef., odori persistenti del presente, sapori controllati del passato, per unirli in una sola età. Solo allora, vispo mi sdraierò nel metro quadro dell’antico orto per mutarmi in girasole monco, i petali da rifiorire tutti. In questa lunga posa benedetta guarderò senza paura il sole, farò le giravolte che detterà e m’offrirò al rebus del futuro. E tutti i giorni rifarò la spesa scegliendo gli ingredienti basilari per conservarli sempre freschi freschi nell’attesa dell’attesa del rito. Trentacinque Agosto 2007 Davvero sono un uomo fortunato: mi stacco in corsa dal carro della vita e, barcollando al centro della strada, m’infilo ignaro dentro dedali cortesi. Sentite cosa m’è accaduto oggi. In una delle solite capriole, in un mattino sera e notte insieme, andando per la Via della Speranza, giunto ch’ero al chilometro duemila, a destra un folto bosco di scintille, a manca il lido degli amori azzurri, mi sono ritrovato steso a riva. Da naufrago che tale vuol che sia, ho avuto in dono dalla buona sorte la condizione di parlar con Dio e immaginate quindi tutto il resto. Da lì a qualche secolo di pace, son stato circondato all’improvviso da stelle e primavere incuriosite e a loro ho raccontato i sogni miei. Poi, imbambolato e tutto a un tratto mi son trovato tonto al bel cospetto del mare contenuto in una goccia, che mi ha ospitato a lungo nei fondali. Tornato alla mia sponda sbalordito, ammesso non bastasse l’accaduto, ho avuto regalata l’emozione di riabbracciare, tutta, mia madre. Lo “specchio” Lo “specchio” che mi ha regalato Dio sta qui, dietro la credenza in stile, con l’accortezza del panno di lana ad accompagnare l’affilato bordo. In un qualche mattino che verrà, in uno di quelli che mi sentirò brutto, che avvertirò la voglia di cambiare, lo tirerò fuori, questo “specchio” e dopo averlo fatto incorniciare gli darò una pulita straordinaria come faceva mia madre a Pasqua per rendere la casa più accogliente. Poi, l’appenderò con molta cura alla parete beige antico del salotto. Mi coprirà le macchie del tempo. Spero che cambierà anche me… Le onde amiche Se cerco e ricerco me stesso tra le luci delle mille strade, rivoglio i luoghi dove sono nato e il banco d’una quinta B. E divento cucciolo, solo, imbalsamato mentre il mare di quegli anni mi scopre troppo grande, mi pretende senza età. Corro ai sogni che facevo, alle speranze da spolpare e agli amori stracolmi : le onde amiche sono vicine. Poi, ritorno adulto, mescolato e vivo mentre il mare di quegli anni io lo scopro troppo grande, lo pretendo senza età. Cerco quei sogni nel cassetto, quelle speranze da inventare e quegli amori spaccati in due : le onde amiche sono lontane. www.poetare.it Lungo le strade di questo millennio le crepe negli asfalti sono specchi rotti per chi vorrebbe invece calpestare terreni lisci, satinati o trasparenti. Capita così a tutta quella gente che ama circondarsi delle menti calde, meglio se ascoltando le parole nette gridate o sussurrate dagli amici. Succede allora quella strana cosa di quando credi l’occasione giunta, poi che hai sbirciato tra le sensazioni, per stringere la mano alle persone giuste. Gli amici che noi vorremmo accanto son sempre in altalena col destino. Ieri , nascosti nel primo tarlo della vita. Oggi, cuori fantasmi nell’etere abissale. Mi accontento, in questa fase nuova, di esser, sì, protetto dai ricordi in fila ma anche d’essere chiamato col mio nome da poeti e poetesse di speranze, e narratori. -Dedico questa poesia ai sitani tutti. Mi assenterò per un po’ causa forze maggiori. Con questo testo intendo dimostrarvi che lo faccio malvolentieri- Ora che… Ora che porto l’etichetta dell’uomo rimpiango gli anni dei miei primi anni quando bastava un piccolo sorriso per acquistare grande sicurezza e non come adesso lo stupido pretesto di certe tenere illusioni promettenti tradite platealmente e senza scampo da uno sguardo ahimè quasi spento. Ora che invoco vasti spazi sereni rivedo me, bellissimo bambino, quando a piene mani sconfinate possedevo il bene dell’ingenuità e non come adesso lo scomodo intelletto che domina il pensiero, la parola e il gesto e sparge in giro distratto il seme nero del netto gemito che nell’aria muore Adesso La spiaggia è stanca di sabbia e basta, di aspettare che qualcuno la raggiunga, che la calpesti fino al limite dell’onda e la rimuova dentro un cerchio d’orme. La stessa cosa, il mare, che in questo inverno uguale agli altri, sbadiglia a nuvole indecenti e si raccoglie a miglior fortuna. Adesso chiamo primavera e le dirò che arrivi esagerata, scortata dalle rondini migliori, bagnata d’acqua di colonia antica. Dico a voi, stelle! Dico a voi, stelle! A voi che osservate il grande spettacolo dell’uomo che nasce e dell’uomo che muore, di quello che vince e di quello che perde. A volte, v’immagino riunite in gruppi, a pungere, sì, le chiare notti dell’estate, ma, pure, a far pettegolezzo su tutto ciò che accade e non accade qui da noi, proprio come nel paese, la domenica, le comari, col pretesto della messa, si confondono i colori delle vesti per gonfiare la solita novità settimanale. Dico a voi, stelle! Noi non siamo come voi. La nostra luce, quando c’è,è riflessa e ci consacra secche lune scolorite. Io v’invidio solo per il fatto d’esser non distanti le une dalle altre o d’esser belle per come voi sembrate dai terrazzi delle nostre case. Ma non vi invidio, no davvero, quando l’uragano v’impedisce d’uscire disinvolte, là nel vuoto, per essere ammirate e corteggiate. Dico a voi, stelle! Tutto sommato, ci rassomigliate se, anche a voi, le luci sono state date, se, anche a voi, arrivano le ombre... 1970 Prato d’attesa Lievi e colorati, i petali, li stacco ad uno ad uno nell’ora d’incredibile rugiada. Il viale alle mie spalle sembra lungo un treno e, ancora, tu non arrivi Tra fili d’erba imbalsamata il bruco gioca a nascondino e, intanto, prende posto. Quand’è che ti vedrò spuntare fresca dal roseto, con i capelli al cielo? Non devo più nascondermi L’aria, fuori dal torrione, è diversa dalla mia. Beccheggia tra le piacenti strade, fin troppo larghe perché anch’io non le guadagni come tutti gli altri. Mi immetterò, quindi, lo zaino delle smanie in spalla, provando a oltrepassare indenne la folta siepe che separa me dall’uniformità. Quand’io sorrido e quando no, avverto al cuore un’onda lunga più o meno avendo l’impressione d’esser io, io solo al mondo, a saperlo fare. In più, io chiudo gli occhi a tutto quanto gira attorno e li apro ai menestrelli della vita col grave errore di perdermi chissà che cosa della ruota. No! Non devo più nascondermi nel collo altissimo d’un dolce vita, tra il pulviscolo di questo nuovo cielo, in grembo a riccioli di nuvole che non sono mie. No! Non devo più nascondermi nelle cantine delle dolci orme, in pancia di scintilla di bellezza, o aggrappato come rospo raro all’ancora scaduta d’annegati sguardi. Il tempo che rimane L’ortolano, il salumiere, la fòrmica della mia cucina, la terrazza, il porto sotto, il cortile, vetri rotti ed io che gioco. Le canzoni sempre uguali, la fisarmonica di Gianni, le note che ho imparato, un re minore ed io che canto. Il primo pesce all’amo, l’Alighieri sul divano ocra, il piede rotto sulla spiaggia, un nuovo amico ed io che parlo. Il mare in mano, la cabina 23, un metro per volare, il fiato trattenuto, lei zitta ed io che amo. Capelli neri, un abbaino, i fantasmi inventati, la pelle sua sulle mie gambe, uno scalino ed io che sogno. La casa si svuota, mia madre vacilla, il treno parte in fretta, Roma aspetta ed io che penso. Il tempo che rimane cattura le curve di ieri. Le stringe in un anello dentro il quale io vivo. -Pubblicata all’interno del romanzo "Viaggio in V classe" - Edizioni Il Filo - Prefazione di Pietro Zullino Davvero non si cresce mai Giorno dopo giorno chiesi a Dio i sogni che mi aveva destinato, i rumori del mio fiato d’uomo e le rose da donare ad una lei. Giorno dopo giorno chiesi a Dio quanto tempo c’era da aspettare per smetterla coi pantaloni corti e coi sorrisi larghi da bambino. Lo supplicai d’accorciare i tempi, di farmi specchiare grande e bello, vestito col vestito di mio padre e la cravatta a pois di mio fratello. Lui non mi rispose mai, assente. E dire che io Lo pregavo tanto, la sera, al bacio di mia madre e, la mattina, al bacio di mia madre Dunque, son due le cose, mi dissi: O Quello è sordo, e non ci credo, o sono forse io, e forse è vero, che non seguo i passi della vita. Davvero non si cresce mai? Oggi che la mia barba é svelta, che ogni giorno sono di rasoio, ripenso ai balocchi che non ebbi. L’ultimo fiore Lo spazio intorno si riduce. Il rischio della sorte adesso è quello di farlo divenire ristretto cielo freddo che pianta le frontiere sulle ossa. Il tempo, poi, scorre, scorre… . Non c’è tempo per fermare il tempo, per arrestarlo nell’attimo finale prima della resa dei conti. Non più le belle ore in fila indiana da riempire una ad una con i sorrisi che, temerari, pensavano d’annullare perfino i ricordi del futuro nostro. L’ultimo fiore è qui, nella mia mano fessa ed io non voglio che t’arrivi, come gli altri, a profumare ancora gli orli del tuo altare, a darmi il cambio nell’offrirti amore Quando lui, genesi finita, sarà con te non farlo mai appassire tra le dita scarne Parlagli, coi linguaggi che vorrai ma… parlagli! Notiziario Signore e signori, buonasera! Di tutto ciò che sto per raccontarvi probabilmente non v’interesserà, sdraiati come siete nell’oblio. Datemi, però, l’attenzione giusta giacchéè cosa rara avervi qui,. bassi, medi, alti, biondi e bruni riuniti sotto la mia anima. Al mondo voglio dare la notizia che nuova cosa oggi è accaduta, e non pensate subito alla guerra e state quindi ad ascoltarmi. Finalmente, io sono felice! Da testa a piedi sono in ammollo nel brodo di fragranze di chimera che va bevuto prima che s’addensi. Vedete come abile io nuoto? Sapete… allenamenti atroci per ore, giorni, mesi ed anni partendo dal trenino fino ad oggi. Fotografatemi, suvvia, vi prego e fate poi di questa immagine tante copie bene incorniciate. Le appenderò sui cieli del mondo. E’ troppo tardi Il cielo è annerito sopra questo penoso ricordo di noi due che abbiamo riempito moltissimi giorni lungo il viale delle fiacche promesse. Il tuo amore è solo marmo e il bene ed il male dentro di me urlano ancora per salvare apparenze. Mettiamo almeno coraggio in quest’addio! Le nuvole portano grigie novelle e sul tetto della mia testa la morte s’aggrappa pesante per ritardare l’arrivo. Nella giusta bufera che intorno s’abbatte è troppo tardi riavere l’amore che ha diviso l’amore. Guardando la pioggia che picchia o la melma che accumula melma là presso il ciglio, rimane in comune, oltre all’affanno, girare di scatto le spalle magari ammucchiando i nostri ricordi ai sassi lavati dal fango, alla nebbia che intanto scende, alle foglie, ingiallite d’autunno. -Poesia pubblicata all’interno del romanzo Viaggio in V classe di Aurelio Zucchi, Edizioni Il Filo, Prefazione di Pietro Zullino- Quando domani… Quando domani assolderò il tuo cuore per sentire il vento del mio caldo Sud, riaccenderò la fiamma di pallide speranze nel tuo sorriso, rubato a caro prezzo. Spalancherò il mio salotto colorato, disteso lungo il cavo della mano, novello azzurro paradiso per ospitare il tuo amore strano. Quando domani ti stringerò al petto, inghiottirò le mie gocciole di cielo, un briciolo di luna vagabonda e solo guizzi d’una stella pellegrina. E se ti sgriderò affetto, vorrei avere il mondo intero testimone oppure nessuno, ad ascoltare le mie salate confessioni. Quando domani mi vedrai partire, non so cosa potrà accadere. Ora, sono distratto dal fumo di questa sigaretta, che mi invita a non pensare… -Poesia pubblicata all’interno del romanzo Viaggio in V classe di Aurelio Zucchi, Edizioni Il Filo, Prefazione di Pietro Zullino- Se puoi Se puoi, rimani ancora addormentata tra le assordanti note che il fiato dei tuoi anni emette sull’altare della tua bellezza. Ai miei cresciuti occhi io chiedo i tuoi capelli e un tuo sorriso e torno indietro lesto a incorniciare panorami azzurri. Al tuo risveglio muto, vorrei poter spiare piano le nuove fantasie di donna e lo sbadiglio che accarezza il giorno. Se puoi, rimani ancora accoccolata al primo gioco della vita e non fissare il vuoto oltre il cancello e sfiora il tuo domani con clandestina idea. Io intanto misuro la mia maschera e ritento il mio passato. Poi m’assale un pianto di protesta e sciupo tutto, anche una chimera. Ridestami al suono delle tue parole, ritemprami all’acqua della giovinezza e dimmi pure che non è peccato cercare l’eco della tua musica. -Poesia pubblicata all’interno del romanzo Viaggio in V classe di Aurelio Zucchi, Edizioni Il Filo, Prefazione di Pietro Zullino- Le notti che non dormo I silenzi sono più forti di me, mastodonti mai estintisi del tutto. Mi sovrastano nell’attimo ribelle quando al loro posto cerco sonno. Inizia così la dura processione e una dietro l’altra le parole in coda affilano le lettere, le vocali e i suoni per arrivare pronte alle mie labbra. Dovrei parlare con me stesso, raccontarmi l’ultima amarezza oppure favole, fiammanti favole che siano capaci d’addormentarmi. Mi tiro su dal letto intatto. Poi, robot, giro un po’ per casa lisciando un gatto in terracotta, andando alla ricerca di domani. Da fuori, l’ambulanza mi consola insieme all’acqua che ora scende. I rumori del buio mi vogliono come quelli del giorno, sveglio. Formula Giù, nei pressi della baia antica, le prime gobbe di collina vispa si vantano in aria d’acqua e sale e, nel roseto, i petali cucù. Quanto sia ingegnoso, il mare, nel rendere più bella ogni cosa, finanche terra e sassi attorno, è equazione irrisolvibile, Da quelle parti, i piedi in onda, mi viene sempre voglia di cantare di dare calci ai miei problemi giacché, chissà, tutto làè migliore. Lo so, v’è da pensare ad altro, a questo tempo che frantuma cuori, ai complicati calcoli da fare per far quadrare conti tutti i giorni. Io sono come voi, in processione però non voglio certo perdere, di quello lì, l’ennesima lezione. Proverò a districar la formula. Così verrà mattino In questa notte perditempo, pantofole che non son capaci di far rumore quanto basta per ricordarmi che io vivo, camminerò sul beige antico di questi muri esagerati, mi affaccerò alla finestra per far vedere che io vivo Sveglio come grillo muto, mi accuccerò in biblioteca, rileggerò i libri che detesto così da fare finta che io vivo Così verrà mattino. Pian piano il sole accosterà, l´azzurro prenderà colore, il cielo mi convincerà che io vivo! Alza l’onda Ferma è la luna sulle nostre teste, blu la notte che ci assiste muta. Se guardo oltre la tua nuca vorresti il mare totalmente assente. Invece, t’accorgi che è meglio così che non mi devo innamorare tutto. Non basta amarti sull’ottusa sabbia se intorno a me non sento l’acqua. Mare immenso, azzurro e mio! Dalle un segno della tua grandezza. Dille che mi hai fatto esistere quando, soli, spuntavamo le mie sere. Fai sentire la tua voce a Maria Alza l’onda al cielo e fai la spuma, bianchissima come il suo petto, assordante come l’amore che le do. Tenetela lontana Non insistete per favore a farmi fare pace con quella lì, con la dannata strega dei miei sogni, con l’unica fata che delude i bimbi. L’ho vista avvicinarsi a quel lettino con l’aria stramba da ubriacona, le gambe appese ad un non sesso, con l’ossessione di rubare vita. Tenetela lontana da me che cerco i fiori veri da me e da chi un giorno dopo l’altro rompe la schiena per gridare io vivo. Buttatela nel pozzo senza fine e dentro poi versate fuoco e fiele. Spargete intorno lavanda d’ Eden e mani giunte dite un Pater. Tenetela lontana… I silenzi che verranno Nei giorni che mi allunghi come corda nuova d’arco, grida forte quanto vuoi le tue mancate ribellioni. Spazza l’aria e il tempo dai capricci miei in arrivo. Salva nella sacca a stelle i ricordi fuori memoria. Sii puledra da ammansire! Duna dopo duna ti voglio infine nuda al mare mio che non inganna. Chi muterà la scena? Anno dopo anno ameremo le abitudini, udiremo sirene decadute. Nei silenzi che verranno, piano schiaccerò le dita tra le rughe tue scorrette, sul tuo seno troppo terso. Inedita bellezza io rinnoverò come quando l’ho scoperta. Mi vedrai Arlecchino in festa, principessa senza parole. Poeta per la pace Io che scrivo versi d’amore, che faccio appello alle emozioni, che mi confondo in arcobaleno, vorrei davvero essere un Poeta. Così, per una volta almeno, mi chiamerei Jacques Prevert al quale certo lascerei la gloria per prendermi però i suoi lettori. E, visto che d’amore parlo, che quasi come lui azzardo il cuore, farei un poema indispensabile parlando a me e al mondo solo d’altro. D’altro, che rassomigli sì all’amore e abbracci tutti in un secondo, che superi i confini delle menti e abbracci tutti in un secondo. Sfuggente pace, dov’è che gemiti? Tra inguaiati deserti e savane rotte, tra condomini impazziti e vittime generali, dov’è che cerchi aiuto? Ambita pace, dov’è che scalpiti? Tra sale vellutate ed amaranti scranni, tra città dementi e microfoni affollati, dov’è che ti nascondono? Vorrei davvero essere un Poeta. In questo tempo ti offrirei parole, ti svuoterei plotoni di barattoli, inchiostri azzurri messi già in disparte. Io, ti regalerei le notti che come me non dormi. Ti guardo e… Ti guardo e subito imbratto di carezze il tuo viso a me necessario. Accendo il genio ritrovato per intuire nei miei occhi i tuoi. Ti guardo e del mio passato subito ripenso all’entusiasmo appena conosciuto. Mi rivedo allora un po’ bambino, quando tutto è lecito oltre l’apparenza. Ti guardo e del tuo corpo ammiro stupefatto tinte rosa spudoratamente belle. La sua musica adesso mi diletta al suono di parole fortunate. Ti guardo e tiro un gran sospiro di sollievo se un po’ m’assiste da vicino il profumo della pelle tua sabbiata, deserto ambito da occupare in fretta. Ti guardo e ti affido ai rischi dell’amare, ti scopro donna e donna no. E quando pioverà il tramonto ti guarderò fino all’alba e solo per amore. Mari Sveglio dentro i lenti giorni tocco i dubbi ad uno ad uno. Quant’attesa per vedere questi mari che non amo! Stanco nelle sere d’altri, m’arrotolo la cena al collo, lavo e sbuccio i miei anni e mando giù la vita. Nell’afa della notte piena vendo ricordi ai miei istanti. Vi riabbraccio, mari giusti, fino a carpire quegli orizzonti. Adesso, lo so, dormirò da solo come amore per l’amore perso. Ancora caldo tra le mie lenzuola ma…è sempre l’afa della notte. L’attesa Il mare opprime la scogliera, non dà tregua alla mia notte. Sonno, dove sei? Così non va! Voglio riordinare la mia vita. Dovrò azzerare gli anni che mi porto addosso. Volesse il cielo! Ma ho bisogno di calma... E invece sono ancora qui, dinanzi al nero d’orizzonte, al bianco d’onde in festa in quest’azzurro che m’inganna. Il mare? M’assomiglia solo se l’acqua gode di bonaccia per riposare solitaria e cheta nell’attesa d’ennesima burrasca. Non rubare i miei colori Non rubare i miei colori, non mi consumare il blu! Usa i tuoi, per favore, apri la tua scatola di latta! Così gridava Giò le volte che noi due si dipingeva il cielo, sulle nostre teste, e il mare, quasi in mano. Alla scuola dei monelli, dei sospiri e primi sogni, io rubavo fantasie d'altri nell’attesa anch’io di averne. Benedetta quella voglia di salvarle, quelle tinte, d’occultarli quei pastelli, troppo belli per finirli in fretta. Con la scusa di serbarla per chissà quali occasioni, l’ho tenuta fino ad oggi, la mia scatola di latta. Bianco e nero intorno a me,è il momento ora d’aprirla, di veder se i suoi colori sono ancora come allora. Di qua terrò questi miei giorni Dammi una fune per legare al palo il passato ed il futuro, stretti stretti fino a imprigionarli. Farò infiniti giri attorno, finalmente sveglio, e aspetterò le piogge pulenti coprendo solo amori e sogni. Di qua terrò questi miei giorni ancora in piedi e quasi orme. Ne coglierò le ore eccellenti e le custodirò nel retro dei miei anni. Se non succederà, allora dammi una lama che sciolga e punisca la mia smania di vivere. Fissando il mare Fissando il mare là dove è retta, dove l’azzurro cede azzurro al cielo vorrei davvero, amore mio, che la collina ad Ovest avesse occhi, grandi come chiome di magnolie, per guardare non soltanto il verde; che la città alle mie spalle avesse orecchie, larghe come piazze a notte fonda, per sentire non soltanto il vento; che il cielo sopra noi avesse nasi, smisurati come silenzi dentro cubi, per odorare non soltanto i boschi; che tu, amore mio, avessi labbra, strabilianti come quelle d’una fata, perché io goda d’altro. Avrò cura Nelle sere del tuo glaciale inverno, quando l’asse di felicità vacilla, rinforzerò gli ormeggi della mitezza e aspetterò che rincasi primavera. Avrò cura di immergerti nei profumi che nel profeta autunno avrai versato tra le schiume di marmo e i fiori finti a sostenere i tuoi glutei stanchi. Avrò cura d’asciugarti nei molli drappi che hai comprato dai mercanti questa estate, di cospargerti di ciprie e caldi unguenti accatastati ai piedi dell’età che scansi. Quando ti darò l’emblema dell’ipocrisia sarai sicuro meno donna e falsa bimba. Al banco del tempo assassino riacquisterai gli stracci per arginare la pioggia sui vetri. Intanto, io mi guarderò attento. Aprirò gli occhi sui giardini tormentati che invecchieranno senza mai lagnarsi nell’attesa che il sole benedetto li scaldi. Avrò cura d’allargare la mia trapunta a scacchi, di seguirne con le dita il primo colore e di frenare, respirando, all’inizio del secondo per fare poi un giro nuovo, come la vita. Nuovo Ulisse Voglio non avere orecchi per non udire più sparlanti grilli e navigare sciolto nel mio mare senza voltarmi a rive sempre uguali. Guarderò fisso l’orizzonte, disegnerò i nuovi soli bruciando tutto in un istante e affondando vecchie emozioni. Fermo e fiero alla mia prua, m’inventerò navigante e mozzo, non scruterò all’indietro e darò vento alle lucenti vele. Nuovo Ulisse, consumerò metri e metri d’onde per poi arrivare al centro del mio mare, fermare il blu in un istante e in un tuffo lavare l’anima e il cuore. Poi, steso a poppa ad asciugare, mi coprirò di talco oltre il normale così da diventare un uomo bianco bianco da presentare intatto ai prossimi esemplari. E approderò finalmente a un molo. Disperderò timone, remi e vele. Vedrò la nave inabissarsi tutta, non tornerò alla mia prima fase. Provocherò la vita a fronte nuova lasciando spazio zero al nuovo cuore, guarderò al mero tornaconto per essere felice al primo acconto. Terrò lontano un miglio il sentimento e andrò in strada messo a punto senza fermarmi da questo o quel barbone, scansando svelto ciò che desta affanno. Voglio non avere orecchi... S’accosta piano piano il mio Simone. Mi stringe forte forte al petto, la gomma e la matita in mano. - I compiti l’ho fatti quasi tutti! Ma tu, papà, vuoi darmela una mano? - E disegnare finalmente i nuovi soli… significa soltanto seguitar l’ascolto. Archivio Ho messo tutto agli atti, nell’albo che ho disciplinato dentro mani cortesemente grandi. Nulla andrà perduto. Una cosa e l’altra ancora cercano riparo scivolando tra le pieghe della pelle adulta senza manco lacerarla un po’. Riascolto all’infinito le voci del mio ieri e, quanto bravo sono diventato, oggi vedo addirittura i suoni. Se t’avvicini a questo regno guarderai i colori miei migliori. Se appena appena un po’ t’importa ascolterai le magiche musiche. Cavalloni e rive ferme, scogli aguzzi e sabbie bianche, corde di chitarre improvvisate in un Sud che non muta. E note alte, note basse e impazzite che brillano davanti agli occhi scuri. E gonne fiammanti di scintillanti domeniche, abbandonate nei quadranti delle mie speranze. Vedrai le vernici rosse gialle e blu delle barche ore ed ore al sole, sgangherate, che infilano l’acqua con la mia troppa prudenza. Ti resteranno impresse lenze ed ami da sbrogliare in fretta, prima che il mio mare cambi idea e solo per un’ora da catalogare. All'acqua d'una fonte All’acqua d’una fonte protetta dalla pietra secolare io ripesco tutto me stesso nei fondali della mia natura. Chiuso nelle dolci speranze, do qualche metro all’ora quotidiana e stringo il filo che mi lega alla bellezza di quest’acqua così azzurra, così allegra. All’acqua della fonte la mano non si stacca dalla mano mentre, bella da morire, assisti al tuffo dei miei occhi nei tuoi occhi testimoni. Lo sguardo varca la vicina siepe, stramazza poi negli antichi spruzzi, rimanda al cielo ogni responso e ferma la tua immagine sovrana. L’acqua della fonte, intanto, applaude questo nostro amore e prende in prestito la forza che spinge i nostri verdi anni. Rimani immobile, regina ambita, mentre ascolto la tua voce. Rimani immobile, atteso re, mentre bruci al nuovo sole. I latrati della notte I latrati distolgono il mio sonno. Le ore, in processione fino all’alba che verrà. L’arcobaleno che ho misurato oggi ha reso i colori che pensavo persi ieri. L’ho vista svanire alla fine del viale lungo, quello stiracchiato, tra maschere e roseti. L’ho voluta, amata, senza immaginarla, l’ho leccata come crema di pistacchio e cioccolato. Le ho dato tutto, quando lei me lo chiedeva, anche l’anima che avrei dovuto difendere. Le ho dato poco solo quando non voleva niente, inedite musiche al posto di parole al vento. Chissà se i latrati saranno cessati ora che andrò a caccia dei nuovi sogni. Continuerò a fare errori imperdonabili ma, dormirò e domani smanierò l’amore. Ginestra spinosa Scollìno al mare dei ricordi il futuro che mi avvolge e me. Ti vedo prima ancora delle onde e detesto i gialli della fantasia. Non ti colgo più. Io cerco l’acqua di quegli anni. Solo azzurra, la rubavo per un tuffo nel futuro. Guardavi, tu, le mosse dell’eroe sciocco in lotta con i sogni del giorno e della notte? Sentivi, tu, il cuore suo come spina tra i rami intrecciati? Prigioniero delle mie paure Nuvole nere tenute in sospeso nel cielo infossato di questo mattino dichiarano l’ennesima guerra mentre il vento, ancora lontano, si allea. Che triste realtàè anche questa proprio quando desidero il sole, l’angolo piatto dell’azzurro mare o la calma di quand’ero piccolo. Prigioniero delle mie paure, ascolto muto le condanne venute cercando con rabbia tesori lontani oppure sognando domani migliori. Fuori, la pioggia gareggia coi tuoni mentre pian piano la gente scompare. Din, don! E’ suono di campane vicine là nella chiesa dove unirò le mie mani. Il naso è schiacciato sull’umido vetro là dove le dita ripremono forti! Ancora una volta è triste quest’oggi, ancora una volta invento sorrisi. Prigioniero delle mie paure, m’affido ai lampi felici d’un istante, al ricordo fugace d’un vivace colore, al limpido sguardo di mia madre. Un pallido raggio si posa neutrale sui rami d’un tronco intirizzito Vi dimentico compagne amarezze mentre, medicando le mani, trovo la forza di ricominciare, di schiacciare gli odiosi riscontri, di sfiatarmi al grido d’essere forte, d’essere vero per essere grande. Potevo io essere re La volta ch’aspettavo il vento in alba d’insistente pioggia, successe un vero finimondo e stavo diventando quasi re. Gli alberi si scansarono a passi indietro d’elefante. Le nuvole, irriconoscibili, non più in libera caduta. Il fango s’asciugò veloce e fece sotto sé piastrelle in luce. Il mare, incredibile il mio mare, sempr’azzurro dietro vetri colorati. Da solo nella nuova terra, i flosculi di cardo a sentinella, equilibrista improvvisato attesi quindi che arrivasse il vento. Al primo alito da Nord, fronte al cielo, offrii la gola per rompere di netto le sue corde, noiose fabbriche di parole belle. Al gelido schiaffo successivo, protèsi, da condannato a morte, gli occhi ancora spalancati per farli rasoiare a sangue. Così - pensavo - finalmente quegli occhi avrebbero perduto la vista amara dei malanni, perfino quella dei potenti. All’ultima raffica tagliente avevo già buttato la camicia per fare in modo che nudo nudo fosse colpito il cuore mio. Col cuore, l’infinita rabbia per il buon mondo che non c’è. Nel cuore, l’ingenua tenerezza per il mondo che sta qui. Ma ritornò l’odiata calma. Il sole adesso sgomitava forte tra plumbee macchie ancora bruciando l’ultimo mio sogno. Le onde formarono plotoni attenti all’assoluta pace attorno. I boschi, ai bordi di collina nuova, scrollarono la brina dalle chiome. Non so se quella volta fu l’unica occasione della vita, il treno puntualmente perso all’ultima stazione del destino. L’aria, l’acqua e la terra mi corteggiarono incalzanti per dare il loro benvenuto al fuoco che tenevo dentro. Governatore improvvisato, potevo io essere re ma, senza scettro né corona, il cuore tutto io mi ripresi. Sciami di stelle Sciami di stelle al debutto velano la luce della luna a me che aspetto solo comete. A me che mi ostino a inseguire le scie del passato, le chiome d’oggi, i traccianti del futuro. Tardano, i miei astri. Forse svolazzano, ubriachi d’inebrianti fantasie marcite nel cuore d’impaziente poeta. Del giorno che sta per arrivare, io non guarderò l’alba questa volta, né il carrubo sulla collina. Questa volta non mi farò bruciare dal sole. Schiverò la giostra dell’anima ma, quando arriverò al mare, sarò ancora malato Premio Speciale Il Saggio alla XI Edizione del Concorso Internazionale di Poesia Il Saggio - Città di Eboli. Gioco di carne Fammi sognare anche quando non ne ho voglia, quando m’accontento nelle ore di felicità dimessa. Cura immensa io ti chiedo perché fantasia ti giunga. Gioco di carne all’infinito io pretendo per fermare il tempo. Istanti lunghi cento anni spezzano il mio cuore in due. La paura di perderti è uguale a quella di ritrovarti diversa. Lo scatolaio E raccoglie sogni, quello lì, ancora in giro per le strade del quartiere perfetto. Mentre butta dentro trasparenze opacizzate, la ruota del suo carro stride. Quali scatole farà per contenere i respiri, le giade dell’uomo che non è? Ed io gli spio le mattine chiuse nel silenzio dei sorrisi che non gli ho visto mai! Quali scatole farà da mettere in vetrina per attirare chi non lo conosce? Incontrerò l’amore Incontrerò l’amore. Farò un viaggio strano questa notte tra fitti giardini di rose smisurate e rive e sabbie ricoperte d’oro. Incontrerò l’amore. Mi metterò il mio foulard più bello Luciderò le scarpe di tutti i giorni e aspetterò la luna avvicinarsi tutta. Incontrerò l’amore. Indosserà, lo so, le nuvole impossibili. Calzerà i sandali leggeri del paradiso e attenderà che io mi avvicini tutto. Incontrerò l’amore Lo guarderò negli occhi di chimera. Gli toccherò i capelli lunghi un anno e parlerò dei sogni non ancora evasi. Incontrerò l’amore. La sdraierò attento sul fianco che vorrà. La spoglierò di tutto ciò che porta addosso e l’amerò, cedendo agli altri l’afa della notte. La notte del falò migliore Quando, da queste mani aperte il mare è lontano, lontanissimo, nell’ora della calma solitudine io guardo sempre il cielo. Non più l’onda dei primi sogni dentro i grandi occhi scuri, né l’imponente nave americana da seguire fino a non vederla più. Ora, qualche azzurro su di me e nuvole ad imitar le spume me lo ricordano, quel mare. Ma non è la stessa cosa, non è. Assente è la notte del falò migliore, acceso sottovoce sulla riva preferita coi rami secchi a sfiorare l’acqua per vedere quant’eravamo bravi. Falchi e puledre disposti a mezzaluna, tutti a bruciare i giornali dei grandi tutti a fissare il rosso che cresceva, la stanchezza messa un po' in disparte. L’amore, allora, si muoveva in fretta, al solo accenno d’uno sguardo appena, al primo vento di confuse tenerezze, al passo lesto dei migliori anni. Ed io voglio emozionarti Conosci la storia del penultimo romantico? Quella, bellissima, di lei ch’è principessa e di lui, poeta, che vuole conquistarla? Ma sì, quella che si sente al bar del porto, tra il cementificio e la banchina vecchia, appena un metro dal battello abbandonato! Ma davvero non l’hai mai sentita, quando stanno lì, sul punto di baciarsi, quando stanno quasi quasi per amarsi? E’ miele, sai, ed io voglio emozionarti. Inizia bene, con due urli di stupore che dal mare vanno verso il cielo. E’ fiele, sai, ed io voglio emozionarti. Finisce male, con un urlo di dolore che dal cielo viene verso il mare. Come? Perché “penultimo” romantico? Perché l’ultimo, amore mio, son’io, che questa storia ti devo tutta raccontare. Al momento inopportuno Al momento inopportuno quale ultima cosa io starò facendo? Sarò forse nella mia cucina, attento agli spaghetti al dente ovvero, chissà, me ne starò andando verso l’ultima riva che ricordo a parlar di venti, esche e maree col mio amico pescatore, quello stesso dei ventanni, vecchio sì ma a piedi nudi, calli sulle mani grandi, con gli azzurri dentro gli occhi. E se fossi, invece, a letto con lei sdraiata di traverso, confuso come solo io so essere, felice nell’amore che guadagno? E se fossi, invece, a letto è proprio il caso di dire, come un vero baccalà, come un moribondo vero? Cos’è che guarderò in quegli istanti lunghi un anno, il bianco quasi bianco del soffitto o l’orologio che cammina ancora? Cos’è che ascolterò, i battiti del cuore a stento o barzellette per tenermi sveglio? Cos’è che odorerò, chemioterapici e analgesici o tracce di Chanel numero 5? Cos’è che mangerò, pastina in brodo e formaggino o creme di pistacchio e cioccolato? A cosa penserò, agli affetti ch'essa taglierà o a quelli che porterò con me? Cosa sognerò in quegli istanti lunghi un anno? La vita che vorrò riprendermi o... la morte? Dammi un attimo di respiro La mia pelle che diventa tua, la tua pelle che diventa mia, quattro mani mai abbandonate, il paradiso è già arrivato qui. Nascosto tra le nostre pieghe, non chiude più i suoi battenti. Dammi un attimo di respiro. Fammi aprire questi occhi per controllare i tuoi colori, per misurare i tuoi sudori per fermare i tuoi respiri e i tuoi rossori, se rossori hai. Questi occhi già persi tra le curve del tuo petto e dei tuoi umidi rifugi, fammeli aprire, ti prego, per guardare in ogni dove la bella fretta di non morire, la stessa che ora freme nella fretta di vibrare. Dammi un attimo di respiro per pensare a quando tu sarai lontana, rossa nuvola, mescolata nei ricordi bollenti. Di queste nostre ore io farò brodo fumante in cui bagnare i miei sigilli e il pane raffermo dell’oblio. Il mare e Polifemo L’onda si concede dolce all’indecente passo del ciclope. Lo ammalia, lo confonde e prova a conquistarlo. Il sole brucia l’acqua e la tramuta presto in un inferno. Al passaggio del gigante, solo un mare di colori. Lo stornano dall’ira, lo placano fino a farlo diventare come me. Lo sgrossano, gli trapiantano un cuore mentre l’occhio freddo s’emoziona al primo arcobaleno. Qualche sprazzo di felicità Se chiudo gli occhi per guardare altro che non sia il grigio che m’invade, io corro il rischio d’essere un vigliacco non di fronte agli altri ma al mio cospetto. Se invento un facile pretesto per ritenermi soddisfatto, allora inciampo, barcollo e casco perché non posso ritenermi assolto. Semino dunque male nel mio campo se, al raccolto, nemmeno mi sorprendo quando, nel vuotare il sacco, vedo, prendo e pesto la mia rabbia… Ho da rimproverarmi poco se, alla fine, ciò che faccio è solo acerbo frutto di cieli vuoti che ho nel cuore. No! Io non chiedo tanto! Qualche sprazzo di felicità io bramo. Voi, o uomini fortunati che vi chiamano felici, voi potete privarvene di un grammo? Non lo domando per averlo io quel grammo! Per essere felice, io, non sarei capace di rubarvi il mezzo. Voi potete farne a meno? Io ne son capace ma vi confesso che quando posso mi precipito in un angolo a guardare il sorriso d’un bambino o la serenità d’un moribondo per avere tra le mani lo sprazzo di felicità che cerco. Tentativi Corre. La buon’idea di chi libera il giardino dalle foglie morte, corre. Vola. Il buon seme che tra i superstiti ho raccolto chino, vola. Cantano. Le mie ragioni dentro un cielo che nessuno guarda, cantano. Rimbalza. Tutto nell’indifferenza rimbalza e torna a me, pietrificato. Se fosse facile volare I sogni che vorrei provare a fare m’inseguono soltanto in un’idea. M’illudono di fronte a labbra rosse, mi stancano d’attese troppo lunghe. Se fosse facile volare, se almeno un’ala avessi addosso, mi alzerei di un solo metro cantando a squarciagola la vita. Se poi ne avessi due, rincorrerei la densità dei venti e la separerei con molta cura confezionando doni ad alto costo per le mie albe ad aspettare, per i mattini d’occhi stanchi, per certe sere in pizzeria, per tante notti senza sonno. (Pubblicata sull'allegato Poesia del Mensile IL SAGGIO - Luglio 2007) Con una stella in mano Guadagnerò riflessi di luna e proverò l’onnipotenza. Andando ancora su mi fermerò sull’ultima cometa. Con essa volerò tra mille e mille astri e ne misurerò con cura colori e forme inesistenti. Toccando l’infinito, caccerò me stesso, le smanie mai sopite, i sogni fatti da bambino. E troverò qualcosa che a te vorrei portare, pioggia verde oro e neve rossa e blu. Se raggiungerò il sole, gli strapperò un orlo e male che poi vada tu mi vedrai planare con una stella in mano. Credimi Occhi di luna infastidita, riprenderai la buona lena e verserai nei bruschi anni il lago della giovinezza. Ti giuro, tornerai sulle marine a raccogliere conchiglie, anche le più orrende, ma conchiglie. Fidati, i sorrisi che nascondi verranno fuori come bimbi scoperti come bruchi nelle tane. Ascoltami, abbandona il treno spedito verso il futuro e la stazione della morte che verrà. Credimi, nulla è niente che tu non possa fare, è mai capace d’ammalarti dentro. Qualunque stella non cadrà del tutto. Quella che segue è una poesia che regalo a tutti, anche a chi con poetare non c'entra niente. In particolar modo, la voglio regalare a Vittorio Manunza dopo aver letto "Per favore posso credere" Il Dio degli atei Il dio degli atei è in agguato. Sparge in me i falsi amori, confonde il cuore con l’inganno e minaccia la speranza. Per farsi beffa del mio Dio esige orrendi ceri spenti per dire a tutti che lui davvero non ha bisogno di preghiere. E devasta la mente, fruga in certe debolezze, sfrutta scarse resistenze, fomenta presunzioni. Una volta almeno nella vita mi accade allora di morire, di tralasciare il Cielo e l’oltre e di sfasciare la bellezza. Prima di consegnare l’anima mi sveglierò da ogni torpore. Ritroverò le mie certezze e continuerò a credere. Chiedero’ mare in burrasca Bruco accovacciato, guardo le sabbie morte sbrunire i colori del mare. E non fiato, non fiuto, non ascolto. Sedato sopra l’aria stanca, vedo le acque di luna chiara bagnare gli anni della giovinezza. E parlo, fiuto, ascolto. Così rinasco come alba che aspetto tra le danze inventate in questa notte dalle fantasie d’un insorto. Al sole che intanto s’alza chiederò mare in burrasca perché la barca rimanga qui. Risentirò i suoni delle onde. -Poesia pubblicata sull'allegato al n. 136 del Mensile di cultura IL SAGGIO - luglio 2007- E mentre l’alba E mentre l’alba riveste il giorno sbriciolando i granelli della notte, la testa tra le mani stanche, io processo l’esistenza. Ho conosciuto mai un sorriso? Potrò gustare un po’ di pace? Eppure, Aurelio mio, il primo sole issa vele e vette che appena qualche buio fa sbiadivano annegate anch’esse. Eppure, Aurelio caro, il gallo canta allegramente mentre, lenta vita addosso, io sbadiglio a un martedì. Mah! Uno strano sonno il mio, strano e lungo sonno senza fine. Poi, quasi una liberazione… Sembrerei pressoché rimorto se il dolore non rovinasse tutto rammentando alla mia mente che nuovi galli canteranno, che altre albe ed altre ancora ci saranno ad aspettarmi, che ci sarà l’ennesimo respiro! Tra petalo e petalo Ho incastrato con cura le emozioni di sempre tra petalo e petalo d’una rosa rossa. Quando li vorrai staccare troverai di che ridere tra rabbie per attese lunghe e silenzi di speranze invincibili. I ricordi premono sulla terra in cui l’ho colta, quella rosa, ma si diradano... come nebbie che vorrei attorno. La prima, vera, primavera Quando più me l’aspetto, verranno, certo che verranno, le ore in cui cambieremo cadenze e fogge alle stagioni. E cambieremo i loro nomi per quanto attorno accadrà, pei il vento di turno che si vendicherà, per le piogge che ci inonderanno, per la neve che ci coprirà, per la grandine che ci trapasserà, per le nebbie che ci confonderanno per il sole che ci cremerà. Semmai dovessimo entrare nel collegio dei nuovi onnipotenti, alziamo, vi prego, dieci dita ognuno per conservarne almeno una, per difendere le nostre speranze, per soccorrere tutti quegli amori che ancora vorranno sbocciare, per salvarci. Non eravamo forse noi che corteggiammo i cieli, che ingoiammo a lungo i cenni d’albe poi fasulle? Non eravamo forse noi che attendemmo, come oggi, il nostro miglior tempo, la prima, vera primavera? Confini Nell’aria della sera che arrotola ormai gli ultimi fianchi dell’enne giorno, io vado a caccia del miglior confine per addentrami nei boschi di fiaba. Ancora per un po’ attenderò paziente i coni della notte senza l’alta luna e lì alloggerò l’ultimo urlo del vento cruda roccia che il sole abbandona. Cosa sognerò nel buio di poche stelle che mi ricordi i fasti delle alte Corti, che riaccenda luci e voglie matte perché riveda la mia casa impossibile? Stasi Ecco, mare e cielo accostano le tinte e le confondono senza ch’io lo chieda. Alzo i remi e fisso l’onda sotto, con gli occhi di chi ha il blu in tasca. Nel baricentro della vita a dondolo son creditore degli istanti da fermare. Son tutto, io, che misuro ali di gabbiano e i colori della perchia infuriata. Poi, sempre piùè lontano il largo. Lo riprenderò una volta ancora di bonaccia. Intanto, m’incastro dentro giorni complicati, m’azzero al mio rientro in porto. Prove d’ombre Sbiadita, la gonna a scacchi ma rombi ancora esatti, da una parte. Squarciate, le vele indurite ma alte e quasi bianche, dall’altra. Al Dio degli echi e dei volteggi m’inchino eroe fesso dei ricordi. Gli invio furente il nuovo delirio della supplica, no, della pretesa di non toccare nulla che mi tocchi, di stoppare il nero della china, di fomentare rabbia quanto basti perché io creda nei miei anni. Ho consumato tempo e tempo tra le cesoie dell’erba nera. Ho ripulito, mastro lindo, le piastrelle della mia cucina. Lì ho vissuto più o meno vivo, il pane e l’acqua a fianco. Lì vorrei finire il pranzo, assente alle prime prove d’ombre. Chiesi solo di sognare Sfrecciavano come sfocati arbusti, visti dal vetro di un bolide qualunque, i biondi capelli e quelli neri e quelli bianchi. E con essi le teste ovali, quadre e tonde. Mi fermai soltanto per guardare l'ultima vetrina del giocattolaio, il naso nero d'una locomotiva e la malinconia di un Pierrot. Poi, ripresi subito a correre. A malapena scansai le stagioni, a forza montai in groppa al futuro e intanto mi domandai cosa facevo. Cosa facevo lungo quella strada? Avanti e indietro, indietro e avanti per ritrovarmi infine esattamente sul muschio al sasso della mia partenza. L'unica foglia di un girasole finto si mise maledettamente in mezzo, in mezzo tra me e l'oceano d'Ulisse. Cercavo fiori e trovai polimeri. Ai bei palazzi della città orrenda, ai tormentati marciapiedi tristi, alle ventiquattrore in mano alle saette io chiesi tregua di un secondo almeno. Agli ebbri trilli di scintillanti aggeggi, agli alti tacchi di certi nuovi maschi, alla bocca rifatta di chi prima era bella, io chiesi solo di sognare. Maschere Come demoni pentiti, maschere in festa tornano a planare sul mio teatro chiuso. Provano le scene che ho dimenticato ed io assisto zitto da seggiole amaranto. La mano cerca l’orargento del sipario perché l’apra tutto nella sera generosa. Evitate, vi prego, giravolte e bizzarrie! Offrite l’arte vostra a chi l’apprezza ancora! Ed ora che ho guardato con occhi tramortiti i picchi della vita e i manti trasparenti, ora che ho sognato l’ultimo sogno possibile non riesco più a ridere di me. Ho già volato sui tappeti della fantasia. L’ho stretta in pugno, quando l’ho raggiunta. Se andate via, nel mezzo della notte indifferente io smonterò per sempre la pedana dello show. Mediterraneo e basta Quando penso alla mia terra, le gialle colline si rintanano ad ovest, la città nuova si avvolge in un foulard ed io rimango felicemente solo. Solo, con l'azzurro che mai stinge, dentro ventri di colorate barche, lungo il molo della prima preda, nella sabbia di quel lido preferito. Tra le pieghe dell'età che avanza, metto a posto mediterraneo e basta come quando, diciottenne, mi curavo, diligente, di peccati e sogni a iosa. Chissà per quanto tempo ancora dovrò aspettare il giusto tempo per ritrovarmi nelle onde basse e nei sorrisi larghi d'una volta. Dispersi nell'afa benedetta di lunghe attese e corti pomeriggi, le voci, le chitarre e i ricordi tutti illudono le ore che oggi conto una a una. Le vergini polveri di sabbia e sale vorrebbero distrarmi come allora e come allora accecarmi nuovamente ma i miei occhi sono forti, oggi. Dimmi, mare perso, cosa devo fare perché io possa finalmente sigillare il cassetto dei ricordi in attesa che il futuro giunga. Dammi, mare ritrovato, la tua miglior fortuna perché io tocchi come la tua acqua i grattacieli, i display e i nuovi asfalti nel cambio rotta che comando. V Premio Internazionale Poesia, Narrativa e Arte "ALBATROS" 2007 Motivazione per l'opera "MEDITERRANEO E BASTA" di Aurelio Zucchi, I classificata Poesia per immagini. Quando i ricordi s'affollano ad occhi aperti e dignitose le lacrime si seccano sulle gote, tra parole in gola soffocate, a volte mute, come preghiere assorte. Il poeta petto a petto si professa a Dio ed alla terra, sua Madre, pia. Quella terra oltre il mare, abbandonata per amore, per lavoro, per amor di patria. La vita segna il tempo, ora, sono assenti le utopie, i sogni giovanili, ora si contano i nodi venuti al pettine e si offre la coscienza sulla bilancia. Quel Mediterraneo ritrovato, amico, non più distante dalla terra amata, laddove,col pensiero, ogni rotta approda
Nascondero' la luna Nasconderò la luna quando secoli di nubi la vorranno ingoiare. Le darò un riparo sicuro dagli orrori dei falsi romantici. Poi, vorrò vederla ancora appena mostra il segno della curva, la pancia satolla dei miei occhi e quel colore che mai ho saputo definire. La fisserò per il resto dei miei anni, le parlerò con la voce dei miei sogni per ricordarle che l'ho difesa dalle insidie dell'uomo nuovo. Aspetterò Sotto vento, accarezzando i ricordi, annuserò il bel tempo del mio tempo andato. Alta lode io leverò a quella gioventù, a certe ore ammissibili, ad altre, impensabili. Volando come aquile, questi nostri anni sbranano presente, consumano futuro. Alla prima stazione aspetterò paziente soltanto quello che mi riporterà ai ventanni Formiche Minuscole, leste e mai sfuggenti passano le terre dei campi della terra senza i timori per le gobbe astruse e con la volontà del fare e andare avanti. Noi, camminiamo stanchi nel cielo d'universo che ci ha scelti senza le voglie di credere davvero e con la paura del giorno dopo i giorni. Chissà se almeno, quelle, conoscono l'amore e il bene, se appena appena, quelle, sentono la bell'ammenda che disperde. |