Epigrammi d'autore di Antonio Fabi


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Antonio Fabi

Antonio Fabi è nato e risiede ad Urbino.
Prima di dedicarsi all'attività forense, ha svolto incarichi di medio burocrate presso l´Amministrazione Municipale, occupandosi di segreteria e affari generali, di pubbliche relazioni e attività culturali. Ha collaborato alla realizzazione del volume Perché Pasolini (Atti del convegno tenutosi a Urbino nel 1976).
Ha seguito specificamente il settore della musica, che non ha mai abbandonato in qualità di organizzatore, per conto del Comune, della Cappella Musicale del SS. Sacramento (di cui è stato direttore artistico) e dell´Accademia Raffaello, della quale è membro.
E´ socio onorario della F.I.M.A. (Fondazione Italiana per la Musica Antica) e componente del Consiglio di Amministrazione del Conservatorio Rossini di Pesaro.
Suoi interventi sono stati ospitati da L´Unità, Bresciaoggi, Punto d´Incontro e, recentemente, in rima, dalla rivista L´Immaginazione.
Nel marzo 2005 ha pubblicato il volume Tragico Riso - Scherzi mitologici e altri epigrammi, Manni Editori, Lecce.
E´ presente, fin dagli anni Settanta, in numerose antologie dialettali urbinati e 3 sue composizioni saranno ospitate in Briciole di senso, Milano, Montedit, attualmente in corso di stampa.

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Leggi le poesie di Antonio

Per palati fini
Amo tutto di te, tranne il tuo sguardo;
odio infatti i tuoi occhi,
che spesso hanno riguardo
a tanti detestabili tuoi cocchi.
(RUFINO DOMESTICO - Antologia Palatina
Versione ritmica di Antonio Fabi)

Tre volte ladro è il dio dell'amore:
sempre sveglio, è un violento, un grassatore.
(DIOFANE MIRINEO - Antologia Palatina
Versione ritmica di Antonio Fabi)

Non c'è bisogno, esile bagnina,
che tu riscaldi l'acqua del mio bagno:
già prima che mi spogli, te vicina,
un fuoco prodigioso m'è compagno.
(ANONIMO dell' Ant. Palatina
Versione ritmica di Antonio Fabi)

La bellezza certo attira,
ma è la grazia che più ispira,
come l'amo per la pesca
vale poco senza l'esca.
(CAPITONE - Antologia Palatina
Versione ritmica di Antonio Fabi)

Una versione libera
Voglio tornare alla lingua dei Padri
e chiamo ancora il Poliziano in causa,
ché tutti i versi suoi son grandi quadri,
e tutti andrebber visti senza pausa.

In puellam morientem
Guaerenti venerem diu negasti;
sed dum mi toties pudet negare,
tandem occasio iusta pernegandi
inventa est: morieris. Vafra es sagaxque!

A una fanciulla morente
Stavi bene e l'amor mi negasti.
Dopo ti sei pentita del rifiuto,
ma già morente; il tuo amore ho perduto
per giusta causa: tu muori e ora parti.
Tu sei davvero ragazza pugnace,
giovane astuta e altrettanto sagace.   

Le ultime parole di Pentesilea
(Azione scenica in una scena)

Personaggi:
Achille, che non parla ma, come di solito, agisce.
Pentesilea, Regina delle Amazzoni.

(Nei pressi di Troia, Hissarlik, in epoca anteriore e prossima al 7 aprile 1185 a. C.)

Pianura con qualche albero e, sullo sfondo, le mura della città.
La Regina, completamente coperta dall'armatura è a terra, supina. Sette secondi di silenzio, poi riesce ad alzarsi sui gomiti ed a guardare Achille, che sta immobile, a qualche metro di distanza, indossando le armi fabbricate da Efesto.

Pentesilea -
Per Giove, m 'hai trafitta, divo Achille!
M'avevan detto ch'eri un forsennato,
ma sei proprio un grandissimo imbecille.
Qual feroce leon ti sei scagliato
contro una donna che, tra mille e mille,
più bella non avresti mai trovato.
Ora mi slaccio e mi tolgo il cimiero,
per dimostrarti come dica il vero.
-
Ecco fatto, fortissimo Pelide:
guardami bene e dimmi se ho ragione!
Tu volevi far fuori il grande Atride,
il condottiero della spedizione!
Per una schiava, per quella … Briside
abbandonasti i Greci e Agamennòne.
Ed io, che son gloriosa e più e piacente,
debbo crepar così, gran deficiente!
-
Pure tu togli l'elmo: qual pallore
denota, troppo tardi, il tuo sgomento…
ora piangi e dimostri il tuo dolore
per questa vita che il tuo braccio ha spento.
Senti esplodere adesso un folle amore
per una morta… ahimè … mancar mi sento…
ma sono amazzone; non mi lamento!
-
Che fai, Achille, togli la corazza?
Levala a me, piuttosto, ché mi pesa …;
grazie, figlio di Teti: chi m'ammazza
ora si pente e dimostra sorpresa …
e tutto il bronzo depone: che pazza
fui nel pensare di compier l'impresa
d'affrontarti con l'armi e non, piuttosto,
con la mia grazia e un contegno composto.
-
Che fai, amor di Giove, ora mi spogli?
… Sì, mi sollevi e a cavalcion mi poni
sul tuo corpo, Pelide ,… ed ora cogli …
già sento in me stupende sensazioni!
Ti prego ... Achille, ché delle tue mogli,
nessuna ti darà queste emozioni …;
e dillo pure al tuo tutor Fenice:
Pentesilea … morendo fu felice.
(Sipario)


TRADUZIONE RITMICA

Di Antonio Beccadelli, il “Panormita”,
ecco un distico che causò ferita.

Pius Papa Paridi
Desine pro numeris nummos sperare, poeta;
mutare institui carmina, non emere

Il Papa Pio a Paride¹
Non sperar pei tuoi carmi esser pagato;
vi fu uno scambio: nulla ho comperato.

¹ Pio II al poeta Paride Ceresara
TRADUZIONE RITMICA

A Zenofila Eros la bellezza
donò; a Venere quel filtro diede
che fa l´amplesso ricco di dolcezza;
alle Grazie la grazia che si vede.
(Meleagro, Antologia Palatina, n. 196)

Ancora Marziale (V, 47)
Numquam se cenasse domi Philo iurat, et hoc est:
non cenat, quotiens nemo vocavit eum.

Filone giura -e certo giura il vero-
di non avere in casa mai cenato;
tale suo giuramento par sincero:
non cena, se nessuno l' ha invitato.



   Autori ed epigrammi
 
Buon traduttor di traduttori vari
vi presento epigrammi senza pari.
Non tutti sono scritti in italiano,
come il seguente, ch'è del Poliziano:

In puellam
Nix ipsa es virgo et nive ludis. Lude: sed ante
quam pereat candor, fac rigor ut pereat

A una fanciulla
Vergine sei tu al pari della neve;
e con la neve giochi fresca e lieve.
Ma, prima che si perda il tuo candore,
gioca pure, e abbandona il tuo rigore
^^^^^^^^^^^
Il secondo epigramma eccoVi tosto.
anche questo in latino assai forbito;
si capisce il perché: l'ha concepito
il grande, sommo Ludovico Ariosto.

Ad puellam vendentem rosas
Hasne rosas, an te vendes, an utrumque, puella,
quae rosa es, atque inquis vendere velle rosas?

A una fanciulla che vende rose
Queste rose o te stessa venderai,
o le une e pur l'altra un giorno mai,
o fanciulla, che rosa sei di certo
e vendi rose - dici - qui all'aperto?
^^^^^^^^^^^

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