Racconti di Isabel Gide


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Leggi le poesie di Isabel

Aprite le mente alla fantasia e fatevi trasportare dai vostri sogni
                                                                           Isabel Gide

“Viaggio con una mente fantastica”

Prologo

"Vivo in un posto dove la gente muore. Per le strade si vedono solo vecchi dai visi allegri e a volte biechi. Gli altri, i giovani, non ci sono più... Se si entra in cimitero, le statue si inchinano al passaggio dicendo arrivederci, mentre le foto degli amici salutano dai loculi. Se non si muore nel fisico si muore dentro, incapaci di dare un senso all' esistenza. Ci si muove inebetiti fra i pub e la piazza, unico ritrovo.
Il centro di igiene mentale vanta un numero di pazienti fra i più alti dello stato, e spesso, l' aiuto psicologico non basta a prevenire la morte. Solitamente essa arriva silenziosa per impiccagione, incidente, dissanguamento o assunzione di droghe. Quando non si vede più qualcuno per strada lo si trova in obitorio.
Il lavoro non esiste. Chi percepisce l' assegno mensile è pensionato, invalido o disoccupato. Tutti sperano che i propri genitori vivano in eterno, e loro si trascinano stanchi, consapevoli di non potersene andare.
Parlare coi muri è diventata una consuetudine così come non far niente. La città pullula di pseudo artisti, eterni studenti o laureti, il che è lo stesso. Tutti stanno con il naso in su, aspettando che qualcosa accada. Per quanto mi riguarda, io non aspetto".


CAPITOLO I
TANTI CARI AMICI
-Ghost, ghost…-
Questa parola mi rimbomba nella testa insieme al rumore dei tuoni e allo sbattere della grandine sull'ombrello. Mi vedo. Cammino al buio, alle sei del mattino di un giorno d'inverno. Sembro una macchia nera, curva per il peso di quell'aggeggio che qualcuno ha avuto la decenza di lasciarmi dopo aver fottuto il mio ombrello nuovo. Penso che la punta d'acciaio possa attirare i fulmini, gli stessi che ora illuminano la strada, scura quanto me per la mancanza di elettricità.
Il cielo è quasi viola, se guardassi la stessa scena in un film mi parrebbe magnifica, ma ora ci sono io al gelo e non faccio altro che maledire, maledire il tempo…
-Ghost, ghost…- Ancora quella voce, non la sopporto, poi in inglese, perché, deformazione "professionale" dopo l'esame?
I capelli sono fradici sotto la cuffia di lana, i piedi non li sento più, e la faccia allora? Mi sento pietrificata in viso, sicuramente luccica dal pallore, ancor di più oggi per via delle occhiaie e degli occhi gonfi e rossi per il sonno.
Ecco, sono arrivata alla salita. Ancora pochi metri . Si, pochi. Tutto intorno è bianco, gli alberi ai lati della strada hanno perso le ultime foglie stanotte. Io respiro il gelo, sento l'aria fredda nei polmoni, quasi mi piace, ora. Ecco il vicolo fra le vecchie abitazioni a schiera. I gatti escono dalle loro tane, sembra che mi facciano l'occhiolino. Sono tutti guerci ad un occhio , hanno avuto una seconda possibilità dopo che mia sorella li ha salvati, mi fanno tristezza, ma il vicolo è una pozza d'acqua, non posso soffermarmi a chiacchierare con loro. No, non posso. Ecco la porta. Allungo la mano verso la maniglia. E' buio, entro?
Ma è magnifico! Dove mi trovo? Io questo posto lo conosco, l' ho visto ieri. C'è la cascata di cioccolato, gli alberi alla fragola, i lecca - lecca colorati, il prato alla menta, si, certo è…
- Eh Isabel, come va? C'è freddo fuori?-
- Si nonno, grandina, non uscire…poi sento una voce-
- Io ho freddo anche qui, anche se ho acceso la pompa…-
- Nonno, qui c'è da squagliarsi…come fa tutto quel cioccolato a non squagliarsi…-
- Chissà a che ora arriverà il dottore oggi, e tua nonna non si vuole alzare!-
- Nonno, è prestissimo, prima metto un po' d'ordine qui, poi la faccio alzare io-
- Oggi non ho dormito niente, ho mal di molare, poi ho sempre quella febbre a TRENTASETTE . Sino alle cinque era a trentasette…-
- Non hai dormito perché ti dovevi misurare la temperatura, poi trentasette non è febbre…oppure non hai dormito per restare a mangiare ancora cioccolato…-
- Chissà se posso sostenere l'intervento agli occhi, anche l'altra volta l' ho dovuto rimandare perché non stavo bene-
Non ho una gran voglia di star qui oggi, ma…
-Toc, toc-
Ecco, è arrivato il dottore, finalmente!
-Buongiorno!-
-Buongiorno! Come sta Maria oggi?-
-Come Dio vuole!-
Che strano, mi sembra di averlo già visto questo signore, eppure non è il solito medico. E' proprio strano, indossa un camice bianco…poi il pizzetto, l' ho già visto, però…
- Qui tutto a posto, torno il 23…e tu salutami Willy signorina…-
- Grazie dottore…ma io non conosco nessun Willy. Lei chi è?-
- Sono il dentista! Arrivederci e buona giornata-
- Arrivederci! Ora ho capito, ma io dove lo vedo suo figlio oggi?-
Torniamo alle nostre. Mannaggia, ho lasciato il rubinetto aperto.
Continuo a non capire perché abbiano inventato gli specchi e soprattutto chi abbia deciso di posizionarli sopra i lavandini, ogni volta che ci si lava le mani si incorre in un' immagine raccapricciante. Guarda un po' che roba oggi! Con queste occhiaie sembro proprio un fantasma. Fantasma? Ma lì nello specchio cosa c' è ? Ecco, nuovamente quel posto, non capisco…oggi finisce che mi abbuffo e poi chi lo sente il dottor G.
Eppure è così bello rimanere qui sdraiata sull' erba alla menta, poi come sono vestita: un cappotto di velluto nero lungo fino alle caviglie; i bottoni poi sono meravigliosi, di metallo bronzeo, o forse d' oro; la gonna è lunga più del cappotto , e il colore credo si chiami petrolio, oppure è il verde vescica che uso per i miei paesaggi. I capelli li sento così morbidi e lisci. Poi guarda un po' là, quella borsa…mi ricorda quella di Mary Poppins…e se la prendessi per mettere dentro quelle pralline di cioccolato?
Ma quello chi è? Si avvicina. Che tipo strano, ha una giacca bordeaux e un cappello altissimo. Poi la pelle, è bianca come se avesse il cerone, sembra un dolce anche lui.
- Buon giorno signorina, che cosa fa nella mia fabbrica ? Chi le ha dato il permesso di entrare?-
- Buon giorno signor Wonka…- e ora che cosa dico?- A dire il vero vengo per portarle i saluti di suo padre-
- Mio padre, dice lei?-
- Si, suo padre. Era a casa di mia nonna oggi e mi ha detto di salutarla…-
- Bazzecole! Non vedo mio padre da anni. Troppi ormai…-
Non è possibile, si è incantato. Starà avendo uno dei suoi flash back . Mi sa che ne approfitto per andarmene prima che mi succeda qualcosa, non vedo Umpa Lumpa da nessuna parte…
Da dove esco? Forse dovrei trattenermi ancora un po', finché lui è in trance non dovrei correre pericolo. Troppo tardi!
-Signorina, dove scappa, stia attenta! Sa che nessun' altra fabbrica mischia il cioccolato con una cascata? La cascata rende il cioccolato spumoso…-
Questa l' ho già sentita, ma meglio che stia zitta finché non troverò un' uscita. Quasi mi dispiace, cominciavo ad affezionarmi a tutto qui, poi il profumo dei vestiti. Noccioline e panna direi!
Qualche cosa si sta squagliando. Sta colando dall' alto! Sento le mani bagnate, iniziano a cambiare colore…ma.
Caspita! Il rubinetto. Oggi con l'acqua ne combino di tutti i colori, mi sto bagnando fino ai gomiti.
- Ciao nonno, ciao nonna, ci vediamo in questi giorni-.
Che stanchezza, sono già le undici. Non vedo l'ora di rientrare a casa. Meno male che ha smesso di grandinare.
- Buon giorno signor Nero. Giornata uggiosa oggi!-
- Miaooo. Direi proprio di si, ed anche povera. Hai visto le nostre ciotole? Sono vuote… oggi qualcuno si è dimenticato di portarci da mangiare…-
- Mi dispiace, ma non so dove abbiano messo le vostre crocchette…e che ti posso dire, avevo altro da fare…per il resto tutto bene?-
- Si..si ..per noi va sempre bene! A stomaco vuoto però...-
- Va…bene…a presto allora…-. Spero che non mi si aggrappino alle gambe per vendicarsi, non vorrei finire senza occhi in un duello.
Uffa. Meglio che mi affretti, ci mancavano solo i "padroni a quattro zampe" del quartiere ad assillarmi, come se non avessi altro a cui pensare. Se solo passasse un autobus!
- Ehi tu, maleducato! Ti sembra il posto per allenarti questo? Non vedi che è pieno di pozzanghere e mi bagni tutta mentre corri ?-
- Fanculo vaf, stronza !-
- Continua pure fallito ubriacone. Il pallone d'oro te lo scordi quest'anno, ed anche gli scarpini d' oro. Sono passati i bei tempi!-
E dire che era anche simpatico visto in TV. Da quando la sua Anna lo ha lasciato non ha fatto che peggiorare. Guardatelo ora. Va in giro con la bottiglia in mano, no so come faccia a correre se neanche si regge in piedi. Era l' idolo della classe operaia, e ora se ne viene alle case operaie ad allenarsi…dovrebbe tornarsene in Inghilterra o alla sua Belfast. George Best del c…
Finalmente un po' di fortuna. Un autobus! Sembra molto grande per girare da queste parti.
- Mi scusi signor autista, quale è la prossima fermata?-
- Fermata diretta a Capo Nord signorina,e ora si sieda!-
- Cosa? Capo Nord? Ma lei vuole scherzare! E' troppo lontano!Oggi non posso stare fuori casa tutto il giorno… poi devo studiare, domani devo andare in biblioteca a restituire i libri. Mi ha capitooo….!-
- Ormai è troppo tardi. Si sieda con i suoi compagni di viaggio. Poi dove andiamo non le servirà studiare, mi dia retta!-
Perché, cosa vuole dire?- Questa situazione mi sembra poco rassicurante. Poi chi sono tutte queste persone? Non le conosco, eppure mi ricordano qualcuno. C' è il colonnello Kemppainen, il direttore Rollonen, la signorina vicepreside…poi quegli altri tipi strani…ho sentito che uno addestra castori …proprio a me doveva capitare questa bella compagnia.
Ma cosa vuol dire quella scritta? Non l' avevo mai vista da queste parti: CAPO NORD. Ora mi sorge un dubbio…
- Per favore si fermi lei, altrimenti sarò costretta a porgere le mie rimostranze al signor Paasilinna o peggio mi vedrò costretta a bruciare il "vostro" libro!
- Per favore non mi secchi, siamo già in ritardo …e la morte non aspetta!-
- Aspetterà, aspetterà! Le dico già in partenza che sarà inutile andare in quella direzione. Poi io non faccio parte dell'associazione morituri, come la chiamate voi…ed eravate trentatré. Io sono di troppo-.
- Ecco a voi signori, siamo giunti a Capo Nord. Tenetevi forte! Stiamo per fare il salto-
- Ma come è possibile. Capo N…Capo N…Capo…-

Ahi! La mia testa! Ma dove sono? Bene, il portone di casa… alla fine sono arrivata a destinazione tutta intera. Non si è rivelato un viaggio così terribile in fondo…ma già lo sapevo, era solo l' idea…
Come è buia oggi la scala, meno male che ho in mano la candela al posto dell' ombrello. La fiamma riflessa divampa nei miei occhi mentre mi accingo a salire per interminabili gradini: sembrano essersi moltiplicati. Mi devo accostare al muro, sono troppo in alto e mi gira la testa. Man mano che tocco la parete l' intonaco si decompone. L' ambiente tutto intorno ha cambiato aspetto, eppure lo conosco, ne ho un vago ricordo. Non riesco a capire come possa essere arrivata sin qui. Ero diretta a Capo Nord e invece di colare a picco sto salendo perché devo.. si, devo guardare dall' alto. So che una volta rivista la campana tutto sparirà. Forse dovrei chiudere gli occhi e farmi trasportare, ma voglio vedere tutto intorno, sono circa quindici anni che non visito questo posto. Ecco, finalmente sono arrivata. La campana. Ora guardo in basso, verso la piazza. Per fortuna oggi non c' è tanta gente, posso vedere i negozi, anzi solo uno, quello in cui comprai qualcosa, forse cartoline, ma non ricordo. Sono sicura che se oggi ci fosse stato il palio non sarei riuscita neanche a metter piede in città, ma tutto intorno sembra essersi sgombrato per me, tranne la nebbia che aumenta. Sento i rintocchi, ora devo decidere dove andare. Forse dovrei fare un passo indietro, intanto Firenze è vicino, ho il desiderio di rivedere le piazze, gli artisti di strada intenti a lavorare. Forse mi dovrei unire a loro, ora posso. Ma è troppo tardi, per stare lì mi ci vorrebbe un intero giorno e non potrei rinunciare agli Uffizi. Mi viene un attacco claustrofobico all' idea di attraversare quelle stanze, di ritrovarmi dinnanzi a Botticelli e soprattutto a Caravaggio. Ho deciso, andrò un altro giorno, forse domani.
L' ultimo rintocco…



CAPITOLO II
AVVENTURA CON IL GRINGO E D ALTRI…
-Dlin, dlon…-
E ora chi è? Non sarò costretta a rifare le scale?
La posta. Finalmente è arrivato il pacco con la rivista "Arte mediterranea", il materiale dovrebbe essermi utile per la tesi, con quello che la biblioteca di T. mi ha chiesto per le fotocopie mi dovrà essere utile per forza.
Meno male, ho impiegato poco tempo a salire e scendere, sto morendo di fame e sento un profumino che arriva dalla cucina. Che strano però, oggi dovrei mangiare riso e fettina invece sento odore di maiale arrosto…
- Mi scusi signore, ma io non ho ordinato questo puerco pibil!-
- Muchacha , ho altro da fare . Se vuoi reclamare parla con il signor Sands ,ha ordinato lui per te già da ieri -.
Ma come si permette, eppure ormai mi conosce, dovrebbe sapere che sono a dieta e il mio menù è stabilito. Poi questo posto mi sembra una bettola. I tavoli sono unti e quel bancone bar ha le impronte dei bicchieri da chissà quanto tempo. Ci sono persone vestite da mezzi cow boy e non avevo mai visto donne con quegli abiti dalle mie parti. Se non sapessi che mi trovo in Italia direi di essere arrivata in Mexico. Ora devo liberarmi di questo puerco. Lo riporterò in cucina e lo farò sostituire.
Cristo santo! Il cuoco è morto. Il corpo è sicuramente qui da ieri sera, possibile che nessuno se ne sia accorto? Meglio che mi dilegui prima che il gringo sappia che non ho gradito l'arrosto. Potrebbe fare fuori anche me. Forse è meglio che ne assaggi un po'. Non sa di maiale, è riso…
- Mamma, non reggo più questa dieta, ormai è da un anno che la seguo. Questi ultimi due chili mi sembrano dieci!-
- Vedi di non mangiare altro, altrimenti recuperi quello che hai perso. Mangia verdura. Cosa vuoi passare un altro anno dal dottor G. ?-
- Non ne ho intenzione, poi così sto meglio anche io. Mi posso spostare velocemente da un posto all' altro e percorrere grandi distanze-.
Cosa è questo frastuono? Corro in balcone a controllare. Oh cielo, crash car.
La strada si è riempita di gente. Gente in maschera, eppure non è carnevale.
Ma qui si sparano davvero. Maglio scappare, sono in Mexico!
Mi è appena passato affianco El Mariachi, è diretto al palazzo del presidente. Che fine ha fatto Sands? Meglio che lo cerchi prima che combini altri guai.
Eccolo…ma cosa fa? Gli esce sangue dagli occhi…no, è cieco! Come pensa di sparare a quelli? Comunque è una scena interessante, se ne dovesse uscir vivo diventerebbe un eroe… suo malgrado, naturalmente.
Arriva l'ambulanza. Per fortuna nessuno ha riportato ferite gravi, solo la macchina è irrecuperabile. Mah, forse è meglio che vada a riposare un po' prima di riprendere a studiare, oggi non mi sento troppo in forma, deve essere colpa di tutta questa confusione.

E' meraviglioso tenere in mano il libro delle mie poesie, non avrei mai creduto che lo avrebbero pubblicato. La foto poi,è stato un colpo di fortuna trovarla fra le cose mai date. Mi ero sempre chiesta dove quel signore l' avesse conservata. In fondo il bianco e nero mi dona. Sono più giovane di almeno dieci anni e diciamoci la verità, non sembro neanche io. La biografia è piccola, ma non c' è nulla da aggiungere, di me non c' è tanto da raccontare, per colpa o merito questo è un altro discorso.
Torna a bussare con forza ai miei vetri, a farmi inondare di lacrime casa…
Posso facilmente ricordarla, è fra le più recenti, anche se non so precisamente quando l' ho scritta. Poi, recente è relativo…e gustas cuanda callas y estàs como distante.Y estas como quejàndote, mariposa en arrullo…me gusta cuando callas porque astàs como ausente…
Questa poi, non so come abbia fatto a finir qui, non l' ho di certo scritta io. Il signor Neruda si corruccerebbe vedendola fra le mie. Ma in effetti… non è fra le mie, ho in mano Todo el amor.
Lasciamo perdere le velleità poetiche e mettiamoci al lavoro. Dove è quel noiosissimo libro di Francesco Sapori. Eccolo. Mentre lo leggo mi sembra di sentire alcuni TG odierni, in fondo le cose da questo punto di vista non sembrano essere cambiate tanto. Eppure oggi mica si rischia la testa!
Qui c' è da ridere a lacrime, il testo dice addirittura che la testa di Mussolini si prestava alle sculture in bronzo. Se bastasse essere glabri per questo ci sarebbero molti più bronzi. Ma eccolo lì su il dux impegnato in uno dei suoi tanti discorsi, o forse dovrei dire monologhi. Ma io cosa ci faccio qui? Tutto intorno è in bianco e nero, solo io sono a colori. Devo stare attenta. Se mi beccano è la volta che mi purgano. Oggi ho anche la maglietta del Che. In effetti quello poco importa, intanto qui non lo conosce nessuno. Ora mi allontano. Prendo il treno o la nave? Ma dai, basta fare due passi e mi sposto, non devo neanche spendere i soldi del biglietto.
Dove mi trovo ora? Quelle persone mi sono familiari, e c' è sempre il duce impegnato in un discorso:
- Mi sono domandato se gli avvenimenti che ognuno di noi ha vissuto, Guerra e Fascismo, hanno lasciato tracce nelle opere qui esposte. Il volgare direbbe di no, perché, salvo il quadro"A Noi", futurista, non c' è nulla che ricordi o, ohimè, fotografi gli avvenimenti trascorsi o riproduca le scene delle quali fummo in varia misura spettatori o protagonisti. Eppure il segno degli eventi c' è…-
Queste parole le ho sentite cento volte. Non ne posso più. Sono capitata alla prima mostra del '900 italiano. Milano 1926, non c' è alcun dubbio. Anche se il genere non è il mio preferito, nulla mi vieta di dare uno sguardo, poi ora ho abiti anonimi e mi sento più a mio agio in questo contesto.
Per lo più sembra di vedere sculture su tela. Mi comunicano quasi tutte rigidità . Forse sono influenzata dal regime, ma non credo sia solo questo. Mi chiedo cosa avrebbe da dire Margherita Sarfatti se ora le comunicassi prima lo sfaldamento del "suo" movimento artistico, poi l' esilio nel 1938. A nulla le varrà il fatto di essere stata amante di Mussolini.
Vedo qualcuno che mi indica. Mi stanno pedinando. Deve essere stato quella carogna del vate del regno a fare la spia, non capisco cosa ci faccia qui. Si vorrà vendicare dopo aver scoperto che già da tempo Il piacere non è fra le mie letture preferite. Corro, corro e ancora corro in mezzo alle tele. Mi trovo al buio ora. Sono sicuramente all' esterno, è pieno di rampicanti che mi avvolgono. Sento una sensazione di abbandono totale e il solito attacco di claustrofobia mi prende. Sto arrancando, quasi non riesco più a muovermi. Col peso sfondo la tela appesa alla parete. Sono nuovamente in camera mia. Ho le mani e il pigiama sporchi di colore ad olio nero. La figura ormai ha preso forma. Sarà lo sfondo scuro, ma il dipinto ha un aspetto inquietante. Sicuramente non piacerà a mamma e tenterà di toglierlo dalla parete. E' più grande di me, ho scelto una tela formato un metro e mezzo per due, avrei voluto fare qualcosa di particolare, invece è venuto fuori il solito gotico surreale. Mah, sarà per un' altra volta, per ora l' importante è essere riuscita a liberarmi di quei fascisti ed avere evitato anche oggi le sevizie.

E' tardi ormai. Che film guardo per conciliare il sonno? Questo dvd dovrebbe andar bene, rilassante anche se un po' triste.
Ho detto che sono stanca, non ho voglia di stare in bicicletta! Mi tocca fare la spesa in questa città e in questo negozietto piccolo come le botteghe di venti anni fa.
- Buon giorno!-
- Buon giorno signorina!-
Non ricordo neanche cosa dovessi comprare. Vediamo un po' fra gli scaffali, qualcosa mi verrà in mente. Patatine, sottaceti, scottex and so on…
Però , niente male quel tipo. Come farò a trasportare fino al camper queste buste.
- Gilbert, accompagna la signorina!Dove sei finito?-
- Si nasconde dietro le patatine-. Come è strano, le parole mi escono di bocca senza neanche sapere a cosa mi riferisco. Tutto fila, almeno qui non mi devo preoccupare di cosa pensi la gente. Posso essere me stessa, credo.
- Ciao Arnie-
- Ciao Isabel-
Ma con chi sto parlando. Ho l' impressione di conoscerlo da sempre, però…
-Stiamo organizzando una festa per il mio compleanno. Compio diciotto anni, e tu non sei invitata-
- Arnie, non essere maleducato! Chiedi scusa-
- No, non importa, intanto a me non frega niente di essere invitata, signor Grape-.
Mi ritrovo in partenza con il mio camper. Però, ci sono Arnie e Gilbert, meglio di così non poteva andare. Ma ora è meglio che torni a casa, è tardi e devo dormire.
Oggi la mia mente proprio non ne vuole sapere di riposare. Sono esausta neanche avessi sostenuto un esame, il letto poi è freddissimo. Cosa posso fare? Un ritocco a Statico. Ma si perché no, intanto più di stare a girarmi e rigirarmi nel letto. Dovrei però trovare il viola già pronto, se mi mettessi adesso a mischiare i colori finirebbe che non riuscirei a dormire per niente per l' odore di trementina. Ecco, l' ho trovato. Non è proprio il colore giusto però, mi sa tanto che dovrò provvedere io. Quando ho fatto il disegno non immaginavo sarebbe stato così difficile renderlo con i pennelli, poi in galleria mi hanno demoralizzato. Che lezioni dovrei prendere? Eppure solo l' altra volta mi hanno detto che non avevo bisogno di andare all' artistico nelle ore di disegno. Mah, chi ci capisce qualcosa!
Come scivola il colore sulla tela, mi rilassa. Sembra una danza, una musica. Forse sono un po' stordita dagli effluvi della trementina. Sto cambiando colore anche io, mi sento avvolta da mani mentre cammino in un paesaggio mitico. Ci sono templi, busti decapitati. Ecco sopraggiungere il solito attacco claustrofobico mentre osservo meravigliosi manichini. Una scritta incornicia il paesaggio. Non riesco a leggerla bene: Gio… Gior … Giorgio De Chirico. Caspita! Sono nelle muse inquietanti. Devo spostarmi prima che mister simpatia mi cancelli con una pennellata. Non so dove andare, poi questo corpo viola mi soffoca e i piedi ormai sono radici che tentano di sfondare il pavimento. Mi potrei nascondere dietro quelle colonne. Se solo riuscissi a sollevare una gamba. Ci vuole uno sforzo sovraumano. In effetti è quello che ci vuole in questi spazi. Non serve la fisica, siamo negli ambiti della metafisica. Si, ecco, con il pensiero riesco a muovermi. Pennellata in vista! Il colore sta per cadermi addosso. Devo farcela! Via sotto il porticato! Finalmente fuori. Guarda un po' che roba, sono completamente viola, ma è già mezzanotte e venti, se entrassi nella vasca ora sveglierei tutti. Potrei dipingere ancora o addormentarmi qui, sul tappeto.

Sono le sette e otto minuti. Giusto in tempo per spegnere la sveglia prima che lo squillo mi tormenti. E' martedì, devo prendere il treno .Vorrei poterne fare a meno, ma devo consultare altri testi e qui le biblioteche sono poco fornite, anzi , diciamo per niente fornite.
Ogni passo è grave. Soltanto il vestirmi mi pesa. Ho trent' anni suonati ormai. Sono vecchia o almeno così mi sento. Sarei dovuta partire da questo posto almeno dieci anni fa invece di stare attaccata alla gonnella di mamma. Ora sono rigida come una canna, mi spaventa tutto. Per me tutto gira intorno alle pastiglie che sono costretta a prendere ogni notte e se non avessi la dieta da seguire non avrei nulla da tener sotto controllo ora che la mia vita è ormai uno sfracello. Mi dicono che "ormai" non esiste, ma questa parola fa parte di me, ormai.
L' odore delle paste calde mi tormenta la mattina, ma è diventato un dolce soffrire adesso che i chili di troppo sono spariti insieme al gonfiore che avevano reso il mio corpo estraneo a me stessa. Ero diventata come la descrizione che lui, la bestia, faceva di me. Ora di quella storia non rimane che l' ormai, anche il dolore è sopito, spero non torni.
Sono quasi arrivata e non mi sono accorta della strada che ho percorso, ero avvolta dai miei pensieri, come al solito. Ricordo che un giorno una persona venuta dal continente mi fece notare quanto fosse piccola la stazione. Fino a quel momento non ci avevo mai pensato, forse da allora cominciai a vedere tutto in miniatura qui.
Mi siedo sempre in modo da seguire la traiettoria del treno, viaggiare al contrario mi fa venire i capogiri. Forse quando riuscirò a sedermi indifferentemente da una parte o dall' altra non avrò più paura di guardare al mio passato ed il futuro sarà non solo un' esigenza, ma la normalità.
Il paesaggio fuori dal finestrino è arido, come dappertutto nella mia regione. Un' altra delle cose che non sopporto. C' è chi viene in vacanza qui, ed io vorrei scappare. Ma in fondo è quello che faccio continuamente. Se guardo oltre i campi i colori iniziano a cambiare, l' atmosfera è gotica ed io allora mi perdo. Avvolta in scialli d' epoca partecipo a battaglie medievali, pranzi di corte, vedo castelli dove ora rimangono solo ruderi. Ricordo che diversi anni fa detestavo la malinconia di Leopardi, preferivo il titanismo foscoliano. Ora invece mi ritrovo a vagare nell' infinito con le fattezze di un Ortis . Spesso penso di aver sbagliato epoca in cui vivere. Certe volte vorrei proiettarmi indietro di qualche centinaio di anni, ma se ci penso, non potrei vivere sotto il conformismo di allora. Non mi piace vivere come gli altri vorrebbero io vivessi: il devi non esiste. Sono un outsider, e non è un vanto, spesso questo pesa sulla mia pelle. Allora decido di prendere ciò che è più interessante di ogni periodo storico e finalmente non solo esisto, vivo. Ho scoperto il mistero delle piramidi, indossato gli abiti di una vestale, assistito ai combattimenti dei gladiatori, oltre ad essere stata arsa sul rogo più volte a causa dell' inquisizione. Almeno una volta al mese vado in Russia durante la rivoluzione di ottobre per poi scappare dall' U.R.S.S. quando sale al potere Stalin. Sono stata hippy drogata fin quasi alla morte; nel sessantotto occupavo le università e sono finita in carcere dopo aver preso le manganellate dei poliziotti. Forse qualche volta ho partecipato a battaglie spaziali, ma molto più raramente.

Sono arrivata a destinazione. La stazione è la più grande dell' isola, alcuni negozi sono all' interno, pochi direi. Mi basta poco per spazzare via tutto. Sto scendendo dalla locomotiva nera che da tempo è ferma. Ho un abito a strisce scure su sfondo bianco, stretto in vita; un giubbino nero ed in mano tengo un ombrellino con i bordi in pizzo. Ora tutto è diverso, respiro. Man mano che cammino la aiuole si riempiono di fiori e le persone sono eleganti. Gli uomini in abito a doppio petto con l' orologio a cipolla che sporge dal taschino, si muovono frenetici verso l' uscita. Le donne hanno tutte un portamento fiero, stringono per le mani bambini che cercano di divincolarsi per seguire i cerchi maneggiati da bambine sorridenti ed eleganti. Non ci sono i soliti ragazzi che indossano pantaloni a vita bassa o ragazze con il perizoma in vista. Forse oggi la giornata è troppo fredda e tutti hanno deciso di coprirsi un po' di più.
Fuori sembra essersi sgombrato dalla gente. Sento urla in lontananza. Alcuni passanti parlano di un corteo di sigaraie in protesta. Vorrei potervi partecipare, ma non ho tempo. Un tram mi taglia la strada. E' pieno di studenti. Ecco dove erano finiti tutti i modaioli, vedo che il freddo non li ha fermati. Per fortuna la biblioteca non è lontana e non sarò costretta a salire su un autobus. Non ho voglia di stare in mezzo alla calca di persone che a quest' ora si dirigono in centro.
L' aria è fredda nonostante ci sia il sole, si sente l' umidità del mare. Al porto ci sono due navi pronte a partire, vedo la gente che si accalca. E' presto eppure dai Mac Donald e Valburger arriva il tanfo dell' olio bruciato, mi sembra di averlo sulla pelle. Inizio come al solito a sudare. Ho un' andatura veloce, non mi fermano né salite né scale. Sono quasi arrivata, oggi non mi voglio soffermare a guardare le statue all' interno dell' edificio antecedente la biblioteca, mi sento soffocare al pensiero, però… magari dopo.

Ecco la biblioteca. Credo sia la più fornita dell' Ateneo, anche se non sono sicura visto che oltre a quella della mia facoltà è l' unica che frequento. Dovrò di certo fare un bel giro in lettere e architettura per trovare qualcosa che mi possa interessare. Ultimamente mi chiedo cosa mi sia potuto passare per la testa per impelagarmi in una tesi per metà politica e per metà artistica. Credevo la stesura sarebbe stata vivace, invece solo il lavoro bibliografico si sta rivelando terribilmente noioso. Mi ritrovo a leggere testi degli anni venti e trenta, scritti con il linguaggio servile del periodo. Forse alla fin fine avrò un bagaglio culturale più ampio, ma spesso il tutto mi disturba la mente.
Per lavorare meglio dovrei vivere qui dentro. Gli scaffali sono pieni di libri impolverati e pare che alcune morti sospette celino il colpevole fra le pagine. Così ho sentito dire, anche se non ho ben capito cosa si intenda. So soltanto che alcuni frati sono stati trovati morti e tutti lavoravano qui. Uno di essi si è lanciato dalla finestra e dicono avesse il corpo fustigato. Tutti avevano macchie di nero sulle dita e sulla lingua .
Vedo una porticina nel fondo della stanza, è per metà coperta da libri. Forse dovrei entrare per vedere se c' è qualcosa di interessante. Una enorme scala a chiocciola accompagna lo sguardo fino all' alto. Non credevo che questo posto fosse così grande. Sono stordita e camminare verso l' alto mi fa venire i capogiri. Un libro vecchissimo è posto su di un leggio. E' impossibile! Questo testo è stato cercato in tutta Europa per secoli ed è finito proprio qui. Non ha più senso nasconderlo, non vale più lo ipse dixit Aristotelico. Oggi a dire il vero non so cosa valga, quali misteri si vogliano celare, ma non di certo la filosofia del riso. Di sincretismo credo si possa parlare fino al secolo scorso, per quanto riguarda alcune teorie politiche, ma la religione oggi … i misteri di Cristo forse, ma quello è un fatto di fede come la trinità, non so. Sento qualcuno dietro di me. Mi hanno scoperto!
- Buon giorno, cosa le occorre?-
- Cercavo alcune riviste d' arte degli anni venti, ad esempio: Il Selvaggio, Valori plastici… -
- Ora controllo, ma la sezione delle riviste è nell' altra stanza. Se vuole scriverle in un foglio provvedo subito-
- Grazie. Le ho già scritte, ma questo tipo di rivista può essere solo consultato o si può fotocopiare?-
- Mi dispiace, le riviste sono solo in consultazione, se vuole venire con me…-
Dovrei venire tutti i giorni, non ce la farò mai altrimenti a visionare tutto il materiale.
- Mi dispiace, ma abbiamo solo l' antologia relativa a Valori plastici, per l' altra dovrà rivolgersi al prestito interfacoltà-.
Lo immaginavo, dovrò spendere ancora chissà quanto per ordinare tutto il materiale che mi occorre, e questo tutto perché non posso spostarmi nella capitale. Spenderei certamente meno invece devo fare avanti e indietro in questo posto dimenticato da Dio.
Anche oggi è andata, posso rientrare e credo non mi fermerò da nessuna parte, non voglio distrarre la mente. Ho bisogno di rimanere lucida ogni tanto. Ho un forte mal di testa da giorni che non accenna a placarsi.


CAPITOLO III
L'ECLETTICA
Finalmente il sole comincia a scaldarmi il viso, quasi mi spiace rincasare. Andrò dritta a letto senza salutare nessuno. Ho bisogno di tempo da dedicare a me. Si, a me soltanto.

Sono con il cinese. Abbiamo viaggiato insieme alla ricerca di qualcosa che avevamo perso ed invece ci ritroviamo con in mano le nostre due vite. Da quando il suo amore dai piedi minuti è morta lui non fa altro che spostarsi di luogo in luogo; io ho perso il mio uomo e il mio bambino, ed almeno il primo lo vorrei ritrovare. Dicono sia diventato un bandito, ma a me non importa.
A dire il vero non mi importa neanche di lui. C' è una testa esposta non so dove, dicono sia del pistolero, devo guardarla, poi prenderò una decisione .
Non serve mi chiedano se fosse lui, non è questo che importa, ora c'è il cinese che mi aspetta e una nuova vita a Chinatown. Quante sorprese poi! Scopro che lo zio più caro è mio padre, la pudica zia, autrice di romanzi spinti. Inoltre mi si è spezzato il cuore quando la mia unica e ritardata figlia è morta dopo aver partorito una splendida bambina, non bella quanto la madre ma verrà di certo ricordata per i suoi ritratti in seppia.
Ho conosciuto centinaia di parenti, ma mai nessuno straordinario come Clara. Lei prevede il futuro e parla con gli spiriti. Si è scritto tanto di questa faccenda e si è fatto anche un film omettendo parte della storia, andata persa col tempo . Io osservo e nelle loro vite vivo. Sono ladra di sogni.
Vago nella nebbia ormai. Qualcosa mi fa cadere. Luogo terribilmente affascinante, ci sono rampicanti in ogni dove.
- Vieni, vieni…-
- Chi sei? Fatti riconoscere!-. Mi sento terribilmente inquieta. Non vedo niente in mezzo a tutta questa nebbia. Sto arrancando a terra, ma mi sento trascinare da una forza non mia che mi solleva e mi porta avanti.
- Sono di fronte alla Filosofia. Tiene un libro in mano ed ha i capelli attorcigliati in tutto il corpo. Mi sovrasta. I suoi capelli sembrano allungarsi per prendermi. Faccio per spostarmi, ma le altre tre statue mi circondano. La Legge mi offre un libro, ma non lo voglio, non mi serve. L' altra mi offre un cannocchiale, mi dice di guardare, che ho bisogno di guardare. L' altra ancora mi chiede di tenere l' otre d' acqua, ma è troppo pesante. Sto sprofondando nel pavimento, devo scappare. Mi inseguono.
- Aiuto!-. Mi ritrovo in una foresta animata. Nulla mi è estraneo. Faccio per avvicinarmi all' albero per metà donna. Voglio protezione, ma non riesce a muoversi assalita da rampicanti. Cerco di strapparglieli dal corpo,ma essi mi spazzano via. Ho bucato la tela, sono in soggiorno di fronte al mio quadro più bello.
Sono eclettica, ma poco importa, ciò che faccio non è interessante, neanche per me a volte, lo faccio e basta.

Stordita sul divano , ho ancora in bocca il sapore dell' acqua che scende goccia a goccia. Oggi non voglio pensare al passato, voglio che tutto proceda come in un sentiero dritto, un treno senza fermate. Ho gli occhi pieni di lacrime, il fiato puzza di alcol dolce, dolcissimo. Se non sapessi che sono dentro casa direi di essere una barbona. Sul mio letto c' è una taglierina, la stessa che uso per i miei lavoretti di decoupage, ha ancora impronte di colore sul manico. Sembra essere l' occasione che attendevo da tempo, da anni, forse da sempre. All' interno del mio buncher nessuno mi disturba se non la mia solitudine.
Due tagli ai polsi, ma nulla accade, sto volteggiando nell' aria. Ricordo di avere una lametta da qualche parte. Si, è nella borsa. E' certamente più affilata. Il sangue inizia a sgorgare dalle vene. Un saluto ad un paio di amici e poi posso andare. Sento la porta che quasi si sfonda, chi cavolo mi disturba? Cristo, la polizia, il 118. Sono in lacrime. Non si può nemmeno morire in pace.
Riapro gli occhi e sono ancora di fronte al mio quadro, sui polsi non ho niente per… fortuna; solo delle piccole cicatrici che nemmeno si vedono all' esterno.
Era ieri, oggi, o sarà domani? Non lo so. Non ricordo quasi niente. Di quel periodo ho vivo nella testa solo un gruppo di persone con cappelli da giudici e fasce da ipocriti. Io non esistevo. Se fossi esistita nulla sarebbe andato in quel modo. Fra i vuoti temporali che riempiono la mia testa ricordo quando ho aperto gli occhi e mi son chiesta cosa facessi e dove fossi, e soprattutto chi fossi. Sii libera mi dicevano, fai quello che vuoi, pensa a te. Tutte cose giuste se non fosse che il mio esser libera implicava una sorta di servilismo cui non ero abituata. Allora libera lo fui, però davvero. Pensai a me, agli altri ma come volevo io , non andai mai a rinfacciare niente a nessuno: che ognuno ingoi il proprio rospo. Incominciai ad essere l' ombra di me stessa se non l' essenza, non ombra altrui e questo non piacque. Non più disordini alimentari, medicine mal prese, bicchieri d' alcol riempiti senza richiesta ed altre sostanze che non avevo mai provato, tutto ciò a lungo andare mi avrebbe reso un burattino, ma l' ho già detto: non lo sono, almeno credo. Chi ha volutamente creduto e crede in una mia poca sincerità, si tolga la cresta e con umiltà ammetta la propria presunzione. Non con me si intende, non vedo più nessuno da un anno e non mi interessa.
Mia sorella, laureata in giurisprudenza da anni e nullafacente, a meno che non si voglia considerare lavoro quello delle gattare, che in realtà lo è , ma oltre a non fornire nessu introito finanziario è causa di dissesti familiari, liti, e accesi diverbi con i vicini, sostiene che il mio isolamento sia già indice di pazzia. Forse ha ragione, ma cosa mi interessa star seduta sul divano a parlare della Juve in B e dei risultati del Milan? Non sarei più sola se fingessi un interesse che non esiste invece di occuparmi di ciò che riesco a far meglio o perlomeno mi piace? Star nella mia camera ad intessere trame, non come quelle dell' Enrico III si intende, ma più simpatiche e meno reali. Anche alla mia veneranda età adoro le favole, e se non avrò nipoti almeno le leggerò ai vicini di quartiere, se i quartieri ancora esisteranno. Poi, che male c' è nel dipingere forme strane; e si, anche qui deve esserci pazzia in atto, tranne quando poi mi viene richiesto un quadro per la parete del salotto, magari un po' più chiaro di quello che ho fatto…
Insomma nessuno è contento di niente, nemmeno se sto bene, poi se la decisione di ritirarmi un po' dal mondo è stata mia , neanche questo interessa. Sono strana, strana e basta perché preferisco uscire la mattina o il pomeriggio invece di annoiarmi la sera in qualche locale dove tra l' altro, cosa di non poco conto per me, dovrei agghindarmi per essere a "norma", quando a norma ci sto solo quando e come va a me.
Dicono fossi strana fin da piccola, che confondessi il sogno con la realtà. Un giorno ricordo distintamente di aver visto mio fratello saltare dal balcone, cosa da rompersi la gamba, se non altro. Mia sorella era arrabbiatissima per l' accaduto, che da sorella maggiore si precipitò a riprendere mio fratello per le sue pazzie. Scoprii poco dopo di aver sognato. Finivo tutti i giorni nell' acqua bollente perché invece di giocare solo con le bambole volevo partecipare anche alla realizzazione dei loro pasti. La frutta di plastica che vendevano nei negozi per bambini non mi soddisfava. Era molto più interessante preparare torte al cioccolato con la terra e guarnirle con la ghiaia; passavo intere giornate nella "mia cucina".
La gattara in questione è in crisi mistica, dovrebbe assentarsi per lavoro (speriamo), se passo di fronte alle sue finestre, un gruppo di gatti grassi e di tutte le razze si accalca. Ha regalato un orologio a tutti, nessuno deve sgarrare all' ora di pranzo o cena e tanto meno deve rincasare tardi la notte senza avvertire dove e con chi sia. La casa non è un albergo! Due cani taurini fanno la guardia, ma non poche volte li ho visti accettare tangenti in cibo per chiudere un occhio di fronte ad un ritardo per il quale la padrona potrebbe rimaner stecchita d' infarto, dopo essersi buttata ripetutamente sopra il letto in presa a crisi di pianto e dopo aver distrutto l' arredamento a calci e pugni. Credo che prima o poi nelle finestre verranno messe le sbarre e i gatti porcello avranno un campo d' azione delimitato. Forse alcuni di loro incominceranno a sognare quel che avevano e ad immaginare ciò che c' è là fuori, altri moriranno di crepacuore, altri, forse, solo ingrasseranno ulteriormente.

Il dottor P. dice che sto bene. Bene perché, per cosa e come? Soffro di sindrome maniaco-depressiva, alterno giorni bui a schizzi euforici, a quanto pare. Ciò succede da almeno dieci anni, anche se in realtà l' unico episodio di euforia c'è stato l' anno scorso, ma ora sono marchiata per sempre. Ora gli alti e bassi d' umore sono legati forse alla stagione, forse alle situazioni, alla melanconia per la quale fino a poco tempo fa sarei probabilmente stata lobotomizzata in qualche manicomio. Sento i polsi prudere, alcuni segni che non vedevo da tempo si riacutizzano, sono rossi, ed una voce mi chiama. Più che una voce è un canto indistinto, che mi trasporta nel torpore della notte.



CAPITOLO IV
PRIMA AVVENTURA CON CAPITAN JACK SPARROW
La spiaggia è uno dei posti più belli che si trovano da queste parti, le coste somigliano ad alcuni paesaggi inglesi. Il mare impetuoso ha spesso mietuto vittime, soprattutto turisti inesperti che si spostano al largo incoscienti, nonostante la bandiera rossa avvisi chiunque, anche i più esperti nuotatori.
Qui mi piace passeggiare a piedi nudi durante la stagione fredda, sentire il vento che accarezza la pelle e gli schizzi delle onde. Quando il sole picchia, in estate, l' incanto per me finisce. La spiaggia è piena di palestrati, bellezze al bagno e non c' è posto per muovermi.
Per me ora inizia il delirio, dopo essermi scolata mezza bottiglia di bourbon ed aver iniziato a dipingere compulsivamente, su una tela enorme, un tempestoso paesaggio marino.
Sento ancora la musica, quel canto sordo che mi ricorda qualcosa. E' fantastico! Una nave pirata, non ne avevo mai visto da queste parti. Il mio gatto gira intorno alle caviglie lasciando sulla sabbia le piccole impronte; ed io continuo a danzare, ancora e ancora mentre i miei abiti fatti di veli si sollevano offrendosi al vento.
La nave attracca, spettrale , impietosa del luogo. Un gruppo di uomini sudici e guerci mi porta via, ed uno di essi mi carica sulle spalle.
Mi risveglio legata ad un palo, devo aver perso i sensi durante. il sequestro. Possibile cercassero proprio me?
- Dica un po' My Lady , dove è il bottino?-.Mi dice un uomo dal fiato maleodorante, orecchino e grande cappello.
- Non so proprio di cosa stia parlando! Dovete aver sbagliato persona-. Non sono sicura di quello che sia accaduto, ma sono spaventata dalla presenza di due corpi con la gola mozzata che distano pochi passi da me. Sono un uomo e una donna che non conosco, ma mi sento partecipe della loro dipartita. L' uomo continua a parlarmi:
- Beh, se né il suo padrone né la sua consorte mi hanno voluto dir niente, almeno voi, dama di compagnia, dovrete sapere dove quel farabutto del defunto abbia nascosto per anni i bottini dei pirati-.
- Non ho la minima idea né di bottini né di pirati, se non quello che ho visto in TV-.
- Se così è, il vostro destino non potrà essere diverso da quello dei vostri cari compagni di sventura!-.
- No, no, aspetti. Forse inizio a capire …ma è molto lontano da qui e non so se convenga a me morire ora e a voi fare marcia indietro-.
- Dove mai si è sentito che Barbanera abbia mai fatto marcia indietro? Dimmi la rotta-.
- A…a…nord-
- E nord sia! Ahahahah…
Chiaramente non so a cosa si riferisca, poi non mi risulta essere una dama di compagnia: i miei abiti sono troppo eleganti e la mia figura molto curata. Al contrario la donna che giace accanto all'anziano gentiluomo indossa vesti molto più comuni. Porta la fede infilata nel mignolo, con forza direi…inizio a capire quale sia la mia posizione. Meglio fare attenzione e sperare in un salvatore.
Ma guarda un po', senza neanche farlo a posta un' altra nave si avvicina velocissima: è la Perla!
Con un muoversi di funi ed alberi maestri ecco arrivare la ciurma e con essa non poteva mancare Jack Sparrow, o meglio, capitan Jack Sparrow.
- Buon giorno gentaglia,per voi il bel tempo è finito, mi presento, ma già mi conoscete. Sono il capitan Jack Sparrow…per servirla, signorina!-
- Per favore mi sleghi!-Mi par logico chiedere, non so come ci si comporti in tali situazioni.
- Tutto a suo tempo, tutto a suo tempo. Che fretta c'è?-.
Fra tutti gli incapaci proprio questo mi doveva capitare! Meno male che era qui per servirmi… Ed ora come faccio, potrei finire per essere infilzata da un momento all' altro, non fanno che duellare, deve esserci qualche conto in sospeso con questo Barbanera. Speriamo che almeno riesca a vincere. Oh cielo! Per poco la spada mi beccava in pieno fianco, per fortuna ha infilzato gli abiti. Sono mezza nuda in mezzo a questi …come dire…manigoldi?
Se continuiamo di questo passo l' unica a salvarsi sarà quella orribile scimmia…che in effetti è già morta! Se fossimo nel mio secolo la chiameremo : Zombi!
-Eccomi a voi madama. Come promesso!-
- Grazie Jack…e questo gancio destro non ve lo toglie nessuno. Stunf…! -
- Capitano…-.
- E ora, avete intenzione di liberarmi?-
- Perché liberarti , cara, se ci puoi aiutare a trovare qualcosa per noi molto, molto interessante, direi-.
- Ho già detto a quegli altri che non ho idea di che cosa voi stiate parlando! Poi, che ne può sapere una semplice dama di compagnia di ciò che voi chiedete…insistentemente, tra l' altro!-.
- Dama di compagnia, voi dite?-
Jack Sparrow non pronunciò altra parola, ma mentre spogliava i corpi dei nobili defunti dai loro gioielli, mi guardò dubbioso e con un sorriso sardonico mentre si accingeva a sfilare la fede dal mignolo della vedova.
La rotta continuava verso nord, nonostante fosse ormai un dato di fatto che la bussola di Jack non puntasse in quella direzione e sebbene io non capissi il motivo di questo perseverare verso quella rotta, visto che l' avevo comunicata solo per temporeggiare. A quanto pare una delle superstizioni della ciurma era di seguire la rotta di chi aveva parlato con sicurezza, e cosi credevano avessi fatto io. Ciò andava aldilà dell' altra superstizione secondo la quale una donna a bordo è foriera di guai; e forse questo fu un bene per me.
Intanto erano cominciate le esequie dei pirati nemici. Essi venivano lanciati semplicemente nel fondo del mare, quindi al diavolo le fandonie secondo cui gli orecchini che essi portavano sarebbero serviti per pagare il loro funerale. Ma forse mi sbaglio; altro tipo di funerale ci sarebbe stato in caso di superstiti della stessa "compagnia" piratesca, infatti gli orecchini d' oro si sono aggiunti al bottino della ciurma di Jack.
Per quanto mi riguarda, non ho nemmeno due monete da mettere sugli occhi per il traghettatore, quando verrà il mio momento, che visto come si mettono le cose non dovrebbe essere molto lontano.
Ecco che si avvicina il capitano. Cosa vorrà ora, non ho proprio voglia di sorbirmelo.
- Madama, son tutto per voi, potete far di me l' oggetto del vostro risentimento, oppure potete decidere di seguirmi in cabina e deliziarvi con un succulento pasto. Certo ci sarebbe tanto altro a cui dedicarsi, ma sono gentiluomo e mai oserei, senza il vostro permesso, sia chiaro!-.
- Per quanto riguarda il pasto, acconsento volentieri, e in quanto a cibo, non sarò certo affine all' etichetta nel gustarlo come una certa Miss. Swann, che voi certo conoscete. Vi chiedo però degli abiti puliti e nuovi, se possibile. E se non azzardo troppo di essere lasciata in pace durante il pasto, e non solo! Ovviamente potrete guardare, ed anche conversare con voi stesso, ma per tutto il resto, e dico per tutto, statemi alla larga!-.
- Come fatto Miss., potrete lavarvi ed indossare gli abiti che più vi si confanno , anche se detto fra noi, non ne vedo alcun bisogno…--
Finalmente acqua e sapone. Pulizia! Non mi sembra vero di potermi godere un bagno caldo lontano dagli occhi indiscreti dei marinai, se così vogliamo chiamarli. Si, sono stati anche costretti a riscaldare l' acqua per me; certo no lo avrebbero fatto per loro, saranno mesi che non si lavano.
Questa cabina è affascinante, e la tavola imbandita di ogni buon cibo, una goduria. Beh, per uno sgarro ogni tanto il dott. G non si arrabbierà, poi pare che io stia per tirare le cuoie…e chi se ne frega della linea. Bei vestiti poi ne ho visto tanti in questi anni di viaggi per terre e secoli, ma questo rosso fuoco di seta è proprio da wow!
- Buona sera signorina, è quasi irriconoscibile con il mio abito preferito. Sa, ancora nessuna aveva avuto l' ardire di indossarlo!-.
- Perché capitano, ci vuole ardire per indossare un vestito, e direi con grazia, se me lo permette-.
- Perché non dovrei permetterlo, la damigella è lei, tutto le è concesso. E dico tutto, se intende-.
- Intendo solo ciò che mi garba. Ed ora mi garba quel cosciotto di tacchino-.
Mentre inizio a mangiare con golosità Jack Sparrow mi guarda divertito .Al contrario di quanto potessi immaginare, le sue maniere a tavola mi fanno vergognare di me stessa e della mia voracità. Mi rivolge verbo:
-Mi spiace di non rispettare le vostre disposizioni, ma non posso fare a meno di notare quanto siate affascinante una volta abbandonate le maniere convenzionali per darvi ai più voraci appetiti-
- Non mi importa un che delle vostre parole e sappiate che se vorrete che arrossisca ben più dovrete fare, e non vi basterebbe a tal fine nemmeno abbassarvi le braghe-.
Né uno sguardo incredulo, né un gesto impulsivo gli vidi fare. Egli manteneva al solito il sorriso sardonico che da sempre gli conoscevo e mai più affascinante sarebbe potuto essere nella mia insana mente.
La mattina seguente mi risvegliai addormentata sulla sedia in cui avevo mangiato e bevuto a volontà la sera a prima . Il capitano da parte sua non aveva provveduto a trovare giaciglio migliore se non per se. Immaginavo che mi sarei ritrovata a vagare per i mari del nord , verso non so che meta sconosciuta, mentre mi avvidi che la nave faceva rotta alla spiaggia da cui i predoni mi avevano rapito. Mi sembrò allora un gesto inconsulto da parte di un volpone come Sparrow, ma tutto ha un suo perché e certamente anche il mio ritorno a casa.
Una volta arrivata a destinazione, una folla di gente mi aspettava in lacrime per il mio lutto. Da parte mia, non avevo mai digerito il matrimonio con il vecchio gentiluomo e non sentivo alcun dolore e alcun sentore di perdita. Certamente dovetti mettere il lutto al braccio, almeno per le apparenze, ma neanche una lacrima scorse dai miei occhi sulle guance e dovetti salutare i pirati che mi avevano ricondotto al porto e fare un mezzo inchino a quella canaglia di Jack Sparrow, il quale sicuramente aggiunse tal gesto alle sue memorie. Non era di certo stupito che io in realtà fossi la consorte del governatore di Funtana,. Fin dall' inizio, quando aveva cercato di sfilare con difficoltà la fede dal dito della mia dama di compagnia aveva intuito che i primi pirati fossero stati tratti in errore, infatti, vedendo l' età del mio ex consorte avevano pensato che la "governatrice", se così si può dire, fosse la grassa Clodette, alla quale dovetti infilare a forza la mia fede nuziale dopo che venne barbaramente sgozzata da quei bruti.
Finalmente a casa e libera da ogni vincolo. E per giunta ricca. I tesori confiscati ai pirati giacievano ammassati in una stanza segreta dietro la parete della camera nuziale. Avrei potuto fare il bagno nell' oro per tutta la vita, ed anche oltre, e Caronte avrebbe dovuto aspettare ancora il pagamento del pedaggio.
Era una splendida notte stellata ed io dormivo tranquilla nel mio letto a baldacchino. Improvvisamente ecco Jack alla finestra. Gli puntai subito una lama alla gola. Sapevo sarebbe venuto. Era stranamente pulito, addirittura profumava. L' unica cosa che disse fu:
- Fregato!-. Mi guardò il petto in cui riluceva un antico smeraldo che apparteneva alla mia famiglia da secoli, o meglio , a quella di mio marito. Sapeva benissimo che non sarebbe mai riuscito ad ottenere il tesoro nascosto e disse:
- Piano B-. Mi prese con piacevole forza e mi soffocò con un bacio profondo.
Da parte mia , che avevo da perdere? Mi abbandonai e mi feci trasportare dove natura volle.
Il mattino seguente aprì gli occhi proprio nel momento in cui il mio capitano saltava dalla finestra. Lui mi credeva ancora dormiente. Toccai il mio petto e non mi stupii nel sentire che il mio prezioso gioiello era sparito. Quando mi girai dall' altra parte del letto vidi una rosa che il rude romantico aveva poggiato sul cuscino, dopo aver reciso lo stelo con la spada scegliendo la più bella fra quelle del vaso sul comò. Mi alzai con tutta tranquillità e mi affacciai alla finestra ad ammirare quel panorama marino ed unico. Tenevo in mano lo smeraldo originale che avevo avuto la prudenza di sostituire durante il focoso abbraccio di Jack.. Potei dire fra me solo una cosa in quel momento:
- Arrivederci capitan Jack Sparrow.- Immaginai la sua faccia nel momento in cui avrebbe guardato con attenzione il suo misero bottino:
- Mi ha fregato…di nuovo!-. sapeva benissimo anche lui che ci saremo rivisti.


CAPITOLO V
MORTE E RESURREZIONE: FANTASTICI AMICI
Sono morta esattamente un anno, un giorno e cinque ore fa. Qualcuno potrebbe dire che invece son rinata, anche questo potrebbe essere vero; quel che è certo è che da allora ho iniziato una partita a scacchi con la morte, e chi è stato talmente pazzo da vedere L' ultimo sigillo sa bene come andrà a finire, tenuto conto che io di scacchi non ne capisco niente e non ricordo nemmeno i rudimenti che ho dovuto imparare per leggere con maggior letizia La tavola fiamminga .
Comunque ho intrapreso un viaggio, come William Blake in Dead man; un tempo sapevo dove andare , mi son perduta ed ora vago senza perché e verso una meta, l' unica apparentemente possibile.
Quel che ricordo del dopo trapasso è tanta gente, diversa da me ma allo stesso tempo come me. Tutti eravamo morti, ma non tutti lo sapevamo. E questo è quel che avevamo in comune; ciò che ci distingueva era l' aspetto fisico ed il modo in cui ognuno manifestava il suo disagio; ed intendo disagio di essere, vivi o morti non ha importanza. C' era chi si sentiva continuamente sporco, chi lo era ma non avvertiva alcun fastidio, chi non sapeva camminare con le scarpe ai piedi o chi cercava in modo ossessivo una donna. C' era anche chi parlava troppo o chi non parlava per niente, chi era colto ma a prima vista nessuno lo avrebbe mai detto, chi piangeva e pregava continuamente il Signore, The God, ed anche chi aveva i polsi tagliati da lame nel tentativo di sfuggire alle mancanza o alla presenza sua stessa o di chi sa altri.
Ho assistito a litigi e baci fra pazienti, partite a bigliardino ed anche crisi allergiche ai farmaci, le quali causavano terribili spasmi al viso; il tutto mentre leggevo un libro di Caravaggio o fingevo di dormire. Tutti o quasi eravamo sedati, però stranamente io ero sempre sveglia quando succedevano incidenti o tafferugli. In quei cinque giorni ho rimediato due disegni: uno del "veterano" del reparto, l' altro di una ragazza di età indecifrabile a cui regalavo le mie marmellate ogni mattina. E non dimentichiamo che ho ricevuto anche un fiore, finto, ma che come mi disse il donatore non sarebbe appassito mai. L' ultimo giorno di degenza mi imbattei anche in un "torero" o almeno così mi sembrò dall' abbigliamento, non ebbi la fortuna di trattenermi oltre per appurare la veridicità delle mie intuizioni. Ciò di cui mi rammarico assai è di non avere incontrato don Juan De Marco : forse allora era già andato via per l'isola di Eros o forse Don Octavio non aveva ancora avuto modo di portarlo in quella che doveva essere la sua via. Credo che io e Juan ci saremmo intesi bene, avremmo ballato il flamenco e forse mi sarei aggiunta una maschera nera alle tante altre che giornalmente indosso; avrei inoltre sentito continuamente le note di Have you ever really loved a woman? e mi sarei addormentata dolcemente senza l' aiuto di nessun sedativo.
Occasione sfumata, mi dovrò accontentare di vedere Juan alla TV, e almeno questo posso farlo quando voglio.
Non ho voglia di dormire, eppure è tardi e sono stanca.
- Cribio! Cosa fai tu in camera mia? Ogni volta che dico che Johnny buca lo schermo non intendo di certo questo!-. C'è Willy Wonka di fronte a me ed anche un paio di Umpa Lumpa. Lui si toglie il cilindro e mi fa cenno di entrare. Ma entrare dove? Non ci sono porte e non credo che intenda…
Invece è proprio così; c' è un passaggio attraverso la TV che ci porterà direttamente alla fabbrica di cioccolato. Spero che almeno ci siano Charlye e la sua famiglia, non mi sembra di buon auspicio la presenza di questi "nanetti".
- Willy, non sarà il caso che mi cambi? Ho il pigiama addosso e a dire il vero mi preparavo a dormire…-.
- Non preoccuparti signorina, quando sarai nel mio mondo potrai avere l' abito che desideri, ma ora seguirmi, abbiamo ancora un conticcino in sospeso noi due-.
- Prima di tutto potresti iniziare a darmi del tu, è come se ci conoscessimo ormai, per il resto… se ti riferisci all' altro giorno… non volevo essere scortese, ma dovevo proprio andare, e poi ti assicuro che non ho toccato niente!-.
- Su questo non ci sono dubbi, me ne sarei accorto, ma ora avanza con me-.
Mi ritrovo nuovamente avvolta da un paesaggio magnifico. L' aria sa di dolce. Incomincio a danzare tutto intorno, come se raccogliessi la neve dall' alto. I miei abiti sono nuovamente quelli che indossavo l' altra mattina: bellissimi, di velluto, costosissimi. Porto una D metallica sul colletto alla coreana, proprio come Willy che naturalmente ha la W. Mi guarda incuriosito e divertito, quasi fossi una creatura strana, quando al limite si potrebbe dire il contrario.
Avrei voglia di divorare tutte queste bontà, ma sono troppo presa a godermi il paesaggio che tutto il resto passa in secondo piano. All' improvviso sento un enorme peso sulla testa. Cristo santo! Ho l'enorme apparecchio per i denti che Willy era costretto a portare da piccolo. Lui ride a squarciagola, mentre un esercito di Umpa Lumpa mi circonda ed inizia ad intonare una canzoncina : parlano della mia curiosità, della mia golosità che solo l' apparecchio potrà frenare. Non so più come muovermi e comportarmi, ho un dolore terribile alla testa, scappo in ogni direzione ma non trovo alcuna via di uscita. Eppure rimarrei per sempre qui se non fosse per questo accidenti metallico. Willy fa roteare il suo bastone ed inizia a guardarmi con indulgenza, forse gli ricordo la sofferenza di quando era bambino; sposta lo sguardo come ad indicarmi una direzione.
Finalmente, la casa di Charlye! Loro potranno aiutarmi. Apro la porta e sono nuovamente nel mio letto. Ho scampato un "pericolo", ma eccomi di nuovo al niente.

Spesso vado al galoppo di Ronzinante, non potrei far altro , e non di certo star su di un puledro vero, di cui non conosco che il sapore. Le mie battaglie le combatto come l' alacre Don Chisciotte e tutti i giorni della mia vita da amata, non mi sono sentita meno reale di Dulcinea, e ciò dice già tutto dei miei amori per chi sa, quanto il Don in questione, da buon errante cavaliere si finse in amore con la suddetta donna. Non che mi interessi fare un giro di parole per poi non dire niente, ma come spiegherò più in là, e in modo assai più chiaro, essere un sogno per l' amato invece che una realtà, ti porta a non essere e a sentirti tale.
Ho ancora tanto da raccontare, ma più vado avanti, più mi rendo conto che le mie avventure mi riportano sempre al punto di partenza e, come già detto, dove non vorrei più stare. Dico quindi che ciò che mi occorre è prendere il più in fretta possibile la decisione, in fondo devo pur concludere la mia partita a scacchi , e come ben sapete ciò può avvenire da un momento all' altro ed è meglio che la Signora dai neri colori non mi trovi impreparata.
Sarà opportuno quindi fare un elenco mentale delle situazioni che ho ancora necessità di narrare, senza togliere importanza a quelle di cui non parlerò, per dimenticanza, ripetitività o semplicemente per mancanza di tempo.
Potrei iniziare ad esempio col dire che in questo momento avrei voglia di sganciare un manrovescio. C' è da chiedersi a chi ed il perché, ma l' unica risposta che vi so dare è che credo di essere in fase euforica ed il mio quotidiano si confonde con il passato per cui, sovente, vedo passare dinnanzi a me visi, o meglio facce di gente che dovrebbero essere gonfiate di pugni. Chi sono? Ciò non importa, solo facce!
Avrei voglia di prendermi una sbronza, ma l' alcol fa ingrassare e non posso abusarne, poi proprio oggi ho sentito parlare della dipendenza che provoca e quindi non dovrei… ma a dire il vero di ciò poco mi frega. Chiusa in casa come sono, da un anno circa, l' alcol potrebbe solo portarmi anzitempo di fronte alla porta dei dannati ed al limite aiutarmi ad uscire più spesso da questo buco di casa. Cioè, non che sia veramente un buco, anzi, direi sia spaziosa, ma quando ci vivi ti soffoca ed hai l' impressione che sia più piccola del reale.

Non faccio che dormire il pomeriggio e svegliarmi stordita, mentre la notte la passo ad alzarmi continuamente per andare in bagno a far pipì. I sogni pomeridiani sono ultimamente colmi di persone che non vedo da tempo e che no rivedrò. Mi chiedo cosa facciano nel mio inconscio e perché disturbino la mia fantasia nella fase più attiva e creativa.
Vorrei non solo sdoppiarmi, ma che la più assurda parte di me prendesse il sopravvento e mi lasciasse immemore del resto. C' è da pestarsi e ripestarsi sul letto se ci si sofferma a pensare al reale. E che quel reale non ti appartiene, non lo vuoi. E' tuo ma non lo senti tuo. Al di là c' è tutto quello per cui vale la pena non solo esistere, ma vivere. Sono sbullonata, ma non abbastanza da non sapere, da non riconoscere il limite. Mi chiedo come possa superare le mie colonne d' Ercole, visto che ritengo che ognuno abbia le proprie e, mentre c' è chi ben sguazza all' interno del limite, per qualcuno esso è stretto, soffocante, ed io rientro fra questi qualcuno.
Lacrime amare al rincitrullire di cuore, piango. Ma ora non ho tempo di pensare, sento delle voci provenire dalla stanza attigua. Devo servire la tequila. Alla scrivania c' è Sands, porta sempre gli occhiali scuri da quando gli hanno tolto gli occhi. Sono diventata la sua donna. Gli sento dire :
- Io getto le esche e loro abboccano. Io li porto su e li vedo cadere. Mi sto vivendo la vida loca-.
Parole che ripete sempre. Lo ha fatto anche quando mi ha tagliato la lingua. Allora mi disse:-
Non c' è bisogno che tu parli, lo farò io per entrambi, di te mi bastano gli occhi-.
L' uomo che ha di fronte non gradisce chissà quale proposta d' affari. Sands temporeggia mentre io verso ad entrambi la tequila. Basta un gesto dell' uomo, che le orecchie del mio guercio sentono un fruscio, sa bene che questi ha rivolto il suo sguardo verso me :
- Lei è la mia muchacha, muio ermosa, vero? Ha tutto ciò che serve ad una donna e manca di ciò che non necessita. Non saprei come cavarmela senza lei-.
Come al solito, in queste occasioni, apro la bocca per mostrare la mia menomazione. L' uomo tace ed inorridisce, lo capisco dallo sguardo. Mi allontano per lasciare il gringo discutere dei suoi affari, ma a quanto pare ha capito che non c' è più niente di cui parlare, e come sempre utilizza un pretesto per eliminare il contraente:
- Dovresti sapere da gentiluomo che è scortese rivolgere tali sguardi ad una muchacha. Soprattutto quando la muchacha in questione è la mia-.
Sands gli spara un colpo allo stomaco da sotto la scrivania. Usa un braccio finto sopra il tavolo, mentre il vero è nascosto sotto, nessuno si accorge dell' inganno finché non prova il sapore delle sue pallottole.
A questo punto la stanza viene invasa da una schiera di uomini armati. Il mio gringo, sebbene cieco, ha imparato ad orientarsi bene mediante l' udito, ma non sempre ciò gli basta.
Irrompo io, indosso pantaloni e blusa di pelle neri ed un impermeabile nero. Sono armata fino ai denti, e gli occhiali scuri hanno dei sensori collegati a quelli di Sands. In questo modo , in base ai movimenti della mia testa, è perfettamente in grado di capire dove sparare. Siamo un' arma perfetta. In un attimo abbiamo eliminato tutti.
Il mio uomo mi afferra per un fianco e mi butta sulla scrivania. Wow, che bacio!
Beng!- Un altro colpo per sicurezza-mi dice, mentre il cadavere seduto dinnanzi a noi cade a terra insanguinato.



CAPITOLO VI
PICCOLO VIAGGIO NELLA STORIA E NELL'ARTE
Finalmente una sbronza alla Bukowski. Magari fossi allucinata quanto lui! Successo assicurato, soprattutto post mortem, ma in tal caso non sarebbe così lontano, se voi mi permettete, e così credo, visto che la mia mancanza non sarebbe minore di quella di una formica dal suo formicaio.
Oggi altri casini con il pc, mi chiedo perché io sia nata in quest' era che proprio non mi si confà e compiace.
Farò la fine di Cass , ma non mi sparerò una bottiglia in gola, ancora devo decidere. Ed ancora lì siamo, statici, fermi. Eppure ricordo fin da piccola che sentivo cantare, non so da dove, nessun dorma, invece tutti dormono, compresa io, compresa me…
Io sono il vento: brezza leggera, tormenta, tromba d'aria o tornado; pur sempre vento. Dove passo accarezzo o sconquasso, ma una volta lontano non v' è alcun ricordo di me. Tristezza o bontà divina dissolversi in semplice etere, fra tanto altro etere ,migliore o peggiore questo non ha importanza. Per gli altri vale il moto Eracliteo, e forse anche per me, seppur io non dimentichi nessuno: Phanta rei.

Avete presente la cartina del Planisfero? Immaginatela grande come la superficie della vostra stanza da letto, del vostro studio, cucina, aula di scuola, ecc…
Potete segnare le città da visitare e, magari anche le strade da percorrere. Ora chiudete gli occhi, pensate e viaggiate. Io mi ritrovo seduta al centro di essa. Ho già le mete che mi interessano in mente ed i biglietti in mano. Sto in piedi, e con una falcata sono a Firenze.
Piazza della Signoria. Sto avendo un orgasmo al solo pensiero.
Entro agli Uffizi, una battaglia mi accoglie. Non voglio attraversare tutti i settori, vado alla ricerca di qualcosa di ben definito. Corro per le scale e stranamente nessuno mi rimprovera: Botticelli: la Venere, la Primavera. La loro bellezza mi sovrasta. Poco più in là vedo lo scudo, non può essere altro scudo: La Medusa di Caravaggio. Vorrei farmi avvolgere dai suoi serpenti: li sento avviluppare il mio corpo nudo e sgraziato; uno mi guarda in faccia. Ahahahahaha…
Ecco le stanze del maestro Michelangelo Merisi. Mi inchino a lui: ecco quando la pazzia diventa genio, questa è la sublimazione della pazzia: perché allora farsi bloccare da un farmaco? Perché non poter essere liberi di essere ciò che si vuole nell' immaginazione; e non c' è chi ci dice che questo che noi chiamiamo realtà non sia che un sogno e che il vero alberghi in ciò che crediamo tali? Molte cose sono inspiegabili al nostro limitato intelletto, e parlo di quell'intelletto imprigionato dal corpo, come il mio e come quello di chi sa quanti altri: il corpo non è che una prigione! Almeno non dovrebbe esserlo.
Immagino già un quadro esposto in una mostra itinerante sul tema… fantastico!
Le stanze di questo luogo eccezionale fiorentino si confondono con altre stanze che non ho mai visitato dal vero: mi trovo al Louvre, qui giacciono tesori di tutte le età. Mi trovo in mano una copia del Codice da Vinci, ma una forza non mia cerca di strapparmela dalle mani. Nel corridoio,come mi aspettavo, vi è un uomo posto come il vitruviano leonardesco: La Gioconda…
Un' analisi più approfondita mi porterà verso la Vergine delle rocce…tutto mi è estremamente familiare. Qualcuno mi strappa la copia del Codex dalle mani. Avverto uno sguardo infuocato nei suoi occhi. Mi viene incontro, indietreggio e…splash…cado all' indietro.
Ho nelle mani veramente una copia del Codice da Vinci . Quante critiche a questo libro ritenuto pericoloso dalla Chiesa. Perché mai? Fregnacce ne abbiamo sentite arrivare da tutte le parti, da millenni e da secoli, magari dalla Chiesa stessa. Ciò che può ritenersi interessante è il fatto che una marea di persone siano partite da quel libro per andare alla conoscenza di qualcosa. Se ciò sia avvenuto in modo giusto o in modo sbagliato non è mia competenza definirlo, ma quel che so è che l' avvicinamento alla conoscenza è sempre positivo. Poi…fino a qualche decennio fa i fedeli non recitavano la Santa Messa in latino essendo per lo più analfabeti? Sbaglio? Questa non è cattiva conoscenza? Non è mala conoscenza parlare quando non si conoscono nemmeno le parole dette?
Ora la smetto di "filosofare" su futilità, e scusate le mie parole che vengon fuori da una ignorante, e dico solo che ciò che di buono ha fatto Braun è stato smuovere qualcosa, oltre che arricchirsi, naturalmente.

Non ricordo nemmeno come siamo arrivati a parlare di questi argomenti, ma ricordo la cartina del mio viaggio. Ero arrivata al Louvre. Mi piacerebbe fare due passi più a sud per andare in Spagna: il museo di Dalì!
Sono immersa in un' atmosfera da sogno, non per altro ho di fronte a me il quadro Sonno, strano , sproporzionato, non posso dire di certo bello, è come se lo sentissi cadere su me, avvolgendomi, spiaccicandomi a terra. Ecco una pittura di orologi molli, argomento che si ripete; le donne fatte da cassetti, interessanti! Il mondo di Salvador Dalì è fantastico, irreale. L' ho sempre amato. Giorgio De Chirico lo criticò aspramente accusandolo di riprendere i temi mitici della sua pittura, ma di essere in pratica un mediocre. E quel mediocre vive nella mente della gente con le sue opere e con i suoi eccessi.
Non mi devo sforzare più di tanto per giungere a visitare le opere di Picasso: adoro il periodo blu, un' inchino a Guernica ma non sento il trasporto che mi offre Dalì e nulla ha a che vedere con il passato spagnolo: Goya, Velastquez . Mi sento parte di questo mondo di ombre passate, le sento vive, dentro la mia corazza.

E' il 1923 e mi ritrovo seduta a spiare all' interno di un locale, in realtà ritrovo politico, ho l' impressione di ricordare certi particolari. L' uomo con i baffetti che incita la folla è un giovane Adolf Hitler, ancora non c' è stato il colpo della birreria e ancora non è stato scritto il Mein Kempf. Io sono probabilmente una spia. Di qui a poco le autorità di Monaco riusciranno a contenere il corteo che da questo luogo partirà e Hitler verrà imprigionato per tanto tempo.
Sono passati degli anni, molti anni, ma quell' uomo e le sue teorie si sono diffuse in tutta la Germania e non solo. Io sono un' ebrea che cerca di sparire, ma che puntualmente viene catturata e questa è la volta che mi infilano in uno di quei campi. Non ho nessun titolo preferenziale, anzi, la mia specializzazione in storia può essere pericolosa e la mia arte verrebbe di certo considerata degenerata e messa al bando. I miei quadri sono stati probabilmente già bruciati, così come accadde all' enormità di libri qualche tempo fa. La dittatura ha fatto fuori ogni opposizione. Durante la notte dei lunghi coltelli le SS eliminarono le SA, divenendo le uniche forze d' ordine, se così si possono chiamare. Durante la notte dei cristalli tutti i negozi ebrei sono stati distrutti. Ho visto famiglie intere non solo rovinate, ma impazzite dal dolore.
Io mi ritrovo a zappare il terreno fangoso all' interno di un campo, non so nemmeno a che cosa serva. Sono pelle ed ossa, credo che presto farò compagnia agli altri sui carri della vergogna diretti agli inceneritori.
Qui dobbiamo stare tutti attenti, potrebbero sparirci gli indumenti e ciò significherebbe morte immediata al controllo. Le mie urla sono soffocate, qualcuno si è fregato le mie scarpe! Sento una voce tedesca. Sono mor…
Sono in camera mia, ho in mano un libro di storia e Se questo è un uomo di primo Levi.


CAP VI
SECONDO INCONTRO CON CAPITAN JACK SPARROW
Sdraiata nel letto mi sembra di galleggiare. Sento vicino l' odore e il rumore del mare, come un sibilo.
Aiuto! Qualcuno mi trascina. Sono nuovamente Pirati, e non di Jack.. Sarà ancora per la questione del bottino, lo sapevo, avrei dovuto venderlo al miglior offerente.
Ancor prima che mi avvolgano fra le lenzuola per trasportarmi chissà dove, ho il tempo di avvicinare la mia dama Maria per consegnarle lo smeraldo:
- Cerca Jack Sparrow da ogni parte del globo, ma inizia da Tortuga. Se lo trovi digli che ho qualcosa per lui, che gli appartiene come il sangue, lui capirà. In quanto a te, se riuscirai nell' impresa ci sarà ben alto che uno smeraldo ad attenderti. Mi raccomando parla solo con Jack e mostragli il gioiello ancor prima di aprir bocca-
- Ai suoi ordini My lady-
- Ricorda che quanto è vero Iddio, se mancherai la promessa, le fiamme dell' inferno non ti lasceranno!-
Un colpo alla testa mi tramortii e mi ritrovai in un angolo nella cella di una vecchia nave. Le altre celle non ospitavano nessuno, pareva fossi solo io la benvenuta.
Un tanfo di pesce e di rum si espandeva per tutto l' ambiente, sudicio chissà da quanto tempo. Un rumore furtivo mi portò a voltarmi verso la mia sinistra. Un ometto minuscolo quanto un mio pollice e con vesti da marinaio mi parlò:
- Sono il capitano Black, siete ospite, vostro malgrado, della più vecchia e sudicia nave che sia mai esistita. Mi raccomando, non date peso alle apparenze, non tutto è come sembra-.
L' uomo sparì senza darmi il tempo di replicare. Di fronte a me trovai un succulento banchetto, ma non potei avvicinarmi ad esso perché le mie catene erano talmente corte da non permetterlo. Due marinai di normali dimensioni entrarono nella mia cella e divorarono il pasto ridendo e sputacchiandomi in faccia. Ancora non riuscivo a capire il motivo della mia permanenza.

A diverse miglia di distanza la dolce Maria si divertiva, mangiava e beveva fra le braccia di insulsi avventurieri; a Tortuga non aveva trovato Jack, ma in compenso di che divertirsi. Stava per finire fra le mani del ladro più famoso del luogo, quando il Capitano l' afferrò per i capelli e la condusse a se.
- Ditemi donzella, da che porto arrivate e qual dama siete per indossare un si tal gioiello?-
- Voi mi offendete! Io sono la signora di Funtana e questo è un dono del mio defunto marito-.
- Che siate di Funtana non ho dubbi, ma io conobbi la sventurata che indossava quel pendente e mai l' avrebbe ceduto a nessuno, tanto meno a voi. Quindi, ditemi siete una ladra? Vi avverto , non cercate di rifilarmi che la signora è morta, perché l' avrei di certo già saputo!-
- Allora voi che vi credete così scaltro, perché siete ancora qui invece di seguire la mia padrona rapita da una ciurma guidata da un meno che nano!-
- Meno che nano dite?-
- Si, esatto, e questo è per voi, suppongo siate il Capitan Jack Sparrow?-
- Sul nome non sbagliate, ma cosa dovrei farmene io di quel gingillo. E' molto più divertente pensare alla madama costretta nelle prigioni di capitan Black-.
- Chi sia o no quell' uomo non importa, la padrona dice che ha ben altro con se per voi e che esso vi appartiene…-
- Intendo! Il famoso tesoro di Funtana…-
- …vi appartiene più del sangue. Ha detto che voi avreste capito-.
Jack tacque, come poche volte nella sua lunga vita. Spalancò gli occhi e parve avere inteso.
- La saluto signorina ma ora vado a radunare la mia ciurma!-
Fece ancora pochi passi l'ambigua servetta Maria e di lì a poco si trovò con sgozzata. Qualcuno l' aveva seguita, ma lo smeraldo era sparito.

La mattina seguente, all' alba, la Perla Nera era già sulle tracce della Putrescente, la famosa nave di Black.

-Signor Black, signor Black, voglio delle spiegazioni!
Il nano comparve, aveva dell' acqua in mano, ma a quanto pare non era per me. Credevo avesse l' intento di farmi morire di fame e di sete. Cristo santo, mi sembrava di essere caduta in un incubo di Bukowski.
-Vede mia cara, io ho le mie teorie sul popolamento della terra, se noi tutti fossimo più piccoli, ci sarebbe più spazio per vivere e le nostre ricchezze basterebbero per tutti. Provi ad immaginare il suo tesoro quanto ci renderebbe ricchi una volta sposati, ma per questo bisognerà aspettare ancora che lei rimpicciolisca un po'.
- Cosa le passa per il cervello, non ci si rimpicciolisce senza mangiare. Si muore!-
- Le ho già detto che non tutto è come sembra e tanto meno sulla mia nave. Ahahahahahah…-
- Se io muoio non potrà sposarmi e diventare proprietario delle mie ricchezze. Poi in ogni caso chi mi garantisce che lei non mi ucciderà a nozze concluse?-
- Lei non morirà, può star tranquilla, sono ormai troppo vecchio per andare in cerca di avventure e una donna è più che abbastanza. Ma ora le lascio guardare il suo pasto, che non consumerà!-
- Verme schifoso, se ti avvicinassi un po' di più ti schiaccerei con il piede!-

Intanto la Perla si era ormai accostata alla Putrida. In men che non si dica, con un gioco di alberi e funi, la ciurma di Jack fu a bordo.
- Buon giorno Black, dicono che tieni qui prigioniera una signora mia amica, mi chiedo a quale scopo, e se si possa barattare uno scambio. Tieni pure tutto il suo oro, ma a me lascia la donna-
- Sorprendente Jack, c' è qualcosa sotto se ti prodighi così per qualcun' altro. Comunque: no! Lei sarà mia moglie ed io il Signore di Funtana-
- Se così è : sguainate le spade!-
Sentivo le voci da dove ero relegata, ma non potevo fare niente, nemmeno un movimento per liberarmi. Ma all' improvviso mi accorsi di essere rimpicciolita proprio come aveva detto il nano, potevo benissimo sfilarmi le catene dai polsi.
Una volta libera mangiai e bevetti tutto quel che avevo di fronte e tornai alle dimensioni normali.
Salì ad aiutare quelli che al momento erano i miei compagni. Jack mi salutò con il suo solito ghigno. Riuscì a sferzare qualche sciabolata e, quando il duello sembrava essere ormai arrivato al capolinea, il nano incominciò a crescere a dismisura fino ad arrivare alle dimensioni e fattezze di un enorme serpente marino. Tutti erano atterriti, tranne Jack. Si legò ad una corda e si scagliò più volte contro il mostro. Io feci lo stesso, le nostre spade si incrociarono come i nostri sguardi: il serpente marino fu a pezzi e i suoi marinai si gettarono in mare, non erano che pesci.
Tutti corremmo verso la perla, attaccati alle funi. Capitan Jack Sparrow mi raggiunse e mi cinse il fianco.
-Buongiorno cara mammina!-

Le nozze si celebrarono il giorno seguente. Non avrei mai pensato di sposare un pirata, e tanto meno Jack Sparrow, ma così il destino volle.
La mattina successiva non era già più nel suo letto , ma non mi preoccupai, sarebbe tornato, e lui sapeva che mi sarei ben difesa in caso di pericolo e che mi avrebbe trovata ovunque fossi. Non era di certo il tesoro a cui ambiva, e lo sapevamo entrambi.

Ero nel mio letto a sollazzarmi fra le allucinazioni de Il pasto nudo, nel quale non so quante volte fui uccisa; in Mexico dove dovetti eliminare Sands prima che la sua pazzia prendesse me, e a girare nel regno di Oz, senza capire perché in certi momenti le mie scarpette diventassero rosse ed in altri dorate, quando mi svegliai e accanto alla culla, dove dormiva il mio bambino, vidi l' ombra del mio unico uomo. Sapevo che sarebbe arrivato appena saputa la notizia. Mi abbracciò e dormimmo insieme, come marito e moglie. Ci sarebbe sempre stato, come sapevo che mi sarei svegliata spesso senza vederlo accanto a me, ma non mi importava. Io ero la sua donna, avrei sgozzato chiunque avesse cercato di portarmelo via, ma non potevo allontanarlo dalla sua Perla: la libertà! Anche per questo lo amo.


CAP VIII
IN CONCLUSIONE
Ora mi dica lei dottore . L' unico modo che ho trovato io per vivere è guardare il mondo a metà, si, proprio come fanno quei poveri gatti guerci, e poveri non lo sono tanto, e neanche infelici, infatti, se non avessero quella menomazione impietosirebbero meno persone e morirebbero di fame.
Io ho una mia teoria, ora le spiego, poi deciderà lei se usare la camicia che tiene nascosta dentro l' armadio.
Sono pienamente cosciente di ciò che mi accade intorno, è tutto uno schifo, niente amore, niente lavoro, il vuoto. Lei, e non solo lei mi dite che io scrivo, dipingo, sono ad un passo dalla laurea e sono anche una bella ragazza (se non fossi matta sarebbe meglio aggiungo io), cosa si vuol di più ?
Io le dico che sono nata come soggetto pensante, forse troppo pensante, altrimenti forse non sarei qui, e badi bene che ciò non vuol dire che sia intelligente, e furba proprio per niente. Questo tanto pensare mi rende inaccettabile tutto ciò che mi sta attorno, me compresa e se lasciassi entrambi gli occhi aperti, credo che non resisterei all' impatto col mondo. Ora divago un po': quando lessi Con gli occhi chiusi, romanzo colmo di significato scritto da Federigo Tozzi, speravo di arrivare ad essere come il protagonista, Pietro, che ingannato da Ghisola, un giorno abbassò per un momento lo sguardo e quando vide il ventre gravido di lei capii in un attimo tutto ciò che per un' intera vita aveva negato a se stesso e, frase straordinaria del romanzo: "quando alzò gli occhi già non l' amava più". Per tempo ho pensato di poter fare altrettanto in ogni aspetto della vita, guardare in faccia la realtà e continuare per la mia strada, ma non è stato difficile se non impossibile ed infatti sono fuori di testa. Quando lessi Uno nessuno e centomila di Pirandello la mia vita cambiò, almeno per qualche mese. Mi dicevo: sono una; nessuna, perché non conto più di altri…anzi diciamo forse meno, e centomila, quante sono le maschere che tutte le persone con cui mi ritrovo a colloquiare mi attribuiscono, ed insomma alla fine sono tutto e niente!
Ma ora credo che il punto sia cambiato e mi sembra di guardare anche un' altra realtà, più bella ed emozionante di quella di tutti i giorni, costruita ad oc per quelli come me , fantasmi di se stessi, ghost, mangiatori di sogni altrui e creatori di propri. Siamo solo delle ombre riflesse in un muro in attesa che il mondo sia invaso da creature spaziali o che esplosioni della portata delle più recenti investano il globo per smuovere gli animi avvizziti ed eternamente stanchi.
In realtà ho elaborato di essere un sogno io stessa. A tutti piace viaggiare e immaginare, ma in genere la maggior parte della gente vuole poi tornare alla vita di tutti i giorni, per quanto monotona e deludente essa sia. Tutti tranne me. Quindi il risultato è che io sparisco, come l' immaginazione, come un sogno dimenticato, illusione di un momento. Ma io in realtà ci sono, e per questo propongo una soluzione, o se vogliamo un compromesso:
lasciatemi vivere con la vista a metà, metaforicamente mettetemi una benda ad un occhio oppure mettetemi pure quella camicia ma toglietemi tutti i farmaci: che il delirio sia completo. In fondo se ben pensate, quando don Chisciotte rinsavì non potè che morire, ne consegue che per alcuni soggetti, la vostra realtà porta a questo; ma il cavaliere errante non morì completamente perchè colui che io considero il suo alter ego ne prese i posto, Sanzo Panza, da cui ne deduciamo che senza pazzia o fantasia, come la si vuol chiamare, qui non si vive.
In fondo cosa ho fatto di male? Ho creato un mondo alternativo che per ora ha evitato alla morte di fare scacco matto e a me di venir fuori, a volte, dall' apatia indotta da queste medicine e dallo schifo di vita che vita non è. Dentro la mia prigione fatta di carne e sangue continua ad esistere uno spirito guerrier che entro mi rugge, e magari aprendo a volte l' occhio destro e a volte il sinistro il mio spirito potrebbe trovare un po' di respiro.
-Che fa', tace?- ciò significa che posso uscire, ma prima mi dica:
-Le è piaciuto questo viaggio attraverso una mente fantastica? Sa, io viaggio con una mente fantastica…ma ci siamo capiti. Mi inchino, buonasera-.

Apro la porta dello studio dello strizzacervelli, le pareti sono bianche e non c' è anima viva, con tutti i significati che abbiamo visto questa espressione porta con se. Faccio due passi e poi…sento una musica, la mia musica. Willy mi attende, mi prende per un braccio ed insieme ci incamminiamo verso l' uscita. Dietro di noi ci sono gli Umpa Lumpa e tutti gli amici che ogni giorno mi accompagnano .
-Ciao!-
 

Il Signor Stronzettovic
Il signor Stronzettovic viveva in solitudine in una stanza dalle pareti ammuffite e rovinate, in un palazzo fino a poco tempo prima adibito a bordello. Nel buio dei suoi alloggi, nonostante le sue mani fossero ormai rosse e spaccate dal gelo, il signor Stronzettovic scriveva ancora i suoi manoscritti alla luce di una candela ormai consumata. Lui sì che era un tipo strano: infatti, non era difficile sorprenderlo mentre muoveva le sottili labbra, impegnato in brevi monologhi. In quegli attimi il suo sguardo perso indicava che si era proiettato in un mondo tutto suo, fatto di fantasia e di cui era l' unico protagonista. All'interno di quella dimensione diveniva forte, padrone di ogni situazione, di sé, degli altri, ed anche loquace. L'alternativa loquacità, si contrapponeva ai suoi silenzi e ai pochi gesti di sufficienza, scambiati giornalmente con la vecchia padrona di casa e con il ragazzo che vendeva i giornali. Questa apparente indifferenza la proponeva ogni primo del mese, quando pagava il misero affitto e quindi ripeteva alla vecchia con falsa alterigia : "Solo per carità a voi il sacrificio di vivere in questa topaia".
Il signor Stronzettovic aveva più l'aspetto di un pezzente che non di nobile, quale vantava essere. Indossava una giacca nera più volte rivoltata, scarpe dalla suola consumata ma lucidate con meticolosità. Il viso scavato e le profonde occhiaie gli conferivano un aspetto sinistro; nessuno avrebbe mai voluto incontrare Stronzettovic all'improvviso. Guardandolo con maggiore attenzione potevano scorgersi due lievi protuberanze agli angoli della bocca, probabilmente frutto di un ascesso dentale trascurato, gli occhi sporgenti erano sempre arrossati a causa di una congiuntivite cronica cosicché l' unica luce che riusciva a tollerare durante il giorno e la notte era quella della candela,e per questo motivo usciva raramente il dì e teneva sempre la camera in penombra. In questo modo gli era anche più semplice proteggersi dalla vitalità dei dirimpettai e della vita cittadina. Era lunatico, per un niente aggrediva le casuali "vittime" con parole che non mostravano alcun rispetto per età, sesso e posizione sociale.
La sua occupazione era curare la pagina dei necrologi nel quotidiano locale, nel quale mai compariva il suo nome. Svolgeva il lavoro nel buio della sua camera dove ogni mattina gli venivano recapitati i fogli con i nomi dei defunti e, si recava al giornale solo per la consegna, prima dell'inizio della stampa.
Una volta lì, attendeva con impazienza il termine delle varie fasi di stampa e, da buon "giornalista" qual' era, non andava via senza aver rimirato su carta le sue "fatiche" e senza aver ricevuto la consueta pacca sulla spalla da parte del capo. Quell'uomo era l'unico a poterglisi avvicinare senza correre il rischio di innescare un litigio; infatti, aveva per lui una sorta di timore reverenziale, provato soltanto nei confronti del padre molti anni prima.
Quando era già buio, Stronzettovic usciva seguendo uno dei suoi soliti itinerari, metodicamente comprava il giornale della mattina, quando lo avrebbe potuto avere gratuitamente, e si fermava lì, sempre di fronte a quel ponte, al centro di S. P.
Ogni giorno ricordava l'episodio che anni prima l'aveva sconvolto e che ancora lo tormentava. Rivedeva la scena di quando lui, appena maggiorenne, era stato portato da suo padre sotto quel ponte, nell'attesa di una sorpresa per festeggiare l'entrata nel mondo degli uomini. In realtà quella fu un'enorme sorpresa in tutti i sensi, infatti, si ritrovò di fronte un ammasso di lardo in vesti succinte. Il padre e la donna lo invitarono ad avvicinarsi a lei; quando ingenuamente acconsentì, il giovane Stronzettovic si ritrovò improvvisamente avvolto da quell'essere e soffocato da seni enormi…ma nulla accadde. La donna infuriata lo cacciò via ad urla ed il padre accorse da poco lontano, gli diede una pedata con disprezzo e gli intimò di allontanarsi, per poi avvicinarsi alla prostituta, quasi del tutto nuda, ad occupare il posto lasciato vacante dal figlio.
Ricordava le urla di piacere maschile e femminile che provenivano da sotto il ponte, e ancora gli sembrava di udirle, lì dove continuavano a sostare le femmine di malaffare di basso borgo.
Camminava sempre con il volto basso e le mani dietro la schiena, come quel giorno al ritorno a casa, quando si sentì più volte tradito da se stesso, dal padre e dalla madre, la quale ingenua, continuava ad essere la schiava di quel viscido. Da allora, invece di uscire dal limbo della fanciullezza, ne costruì uno in cui nessuno, tanto meno le donne, sarebbe potuto entrare.
Incominciò a disprezzare la natura femminile, poiché ogni donna gli ricordava il fuoco della donnaccia e la remissività della madre.
Come in tante altre sere, in quel periodo dell'anno, incominciò a piovere, dapprima leggermente, poi ci fu un grande acquazzone. Stronzettovic aprì il suo ombrello nero dalla punta metallica e continuò a camminare a passo lento, ora tenendo una sola mano dietro la schiena. Quando attraversava le pozzanghere, sembrava non avvedersi ne' del pantalone bagnato ne' dell'acqua che, dalle scarpe, gli penetrava fin dentro le ossa.
Una volta varcata la soglia della sua stanza, si gettava a capofitto sui suoi scritti; sapeva bene che gli mancava ancora qualcosa per renderli "immortali", ma un giorno sarebbe riuscito a capire il senso delle cose, e a renderli entusiasmanti…e allora si, tutti avrebbero parlato di Stonzettovic come un grande scrittore. Quello sarebbe stato il giorno della rivincita sul mondo ingiusto e sulla gente da cui si sentiva additato e a cui era superiore.
Lanciato sull' attaccapanni il suo consunto cilindro, andava a letto ogni notte con gli stessi pensieri, aspettando il giorno che l'avrebbe ispirato e gli avrebbe regalato la realizzazione dei suoi sogni.
Si era alzato come di consueto alle sei del mattino e si era nuovamente affaccendato, questa volta per lavoro, quando udì un inconsueto fracasso che proveniva dalla strada. Più volte aveva cercato di rimettersi al lavoro senza prestare attenzione a quel che accadeva fuori, ma continuamente qualche cosa lo distraeva al punto da non riuscire più ad isolarsi dal mondo come faceva di solito. Da una parte indispettito e stranamente incuriosito, si avvicinò probabilmente per la prima volta, da quando dimorava in quel luogo, al portellone socchiuso e incominciò a sbirciare da una fessura che il legno marcio aveva aperto in uno di essi. Sulla strada vi era un via vai di persone che trasportavano pacchi e scatole nell'abitazione di fronte. Molti curiosi stavano lì vicino e lanciavano insistenti occhiate ad una ragazzetta ossuta vestita da giorno: indossava un abito verde ed un cappello con un grande fiocco il quale nascondeva lunghi capelli castani acconciati alla bene e meglio. Stronzettovic non riusciva ad osservarla con attenzione dall'alto, ma era sicuro non si trattasse di una gran bellezza (in fondo come tutte le donne reali). La vedeva piccola, immersa fra le scatole, mentre impartiva ordini ai ragazzi addetti al trasloco. Si trattava chiaramente di una nuova vicina, ma lui non riusciva a realizzare ancora il motivo di tutto questo entusiasmo.
Stando lassù aveva notato la presenza della sua padrona di casa, la quale teneva le distanze dall'altra donna, stando sulla porta della sua stamberga, e traspariva in lei una certa agitazione. Forse fu per l'antipatia nei confronti della vecchia che Stronzettovic iniziò a coltivare un minimo interesse verso la nuova arrivata e senza neanche accorgersene prese ad ascoltare furtivamente i discorsi della gente per riuscire a raccogliere il maggior numero di notizie sulla giovane.
Verso le dodici scese nella locanda, ordinò il solito pasto a base di polenta e mais e tese bene le orecchie. Dai discorsi scambiati dai vari commensali e della vecchia, intuì che la dirimpettaia era una delle tante ragazze che avevano fatto divertire gli uomini nelle camere della locanda, quando essa era ancora un bordello…. Ecco il perché dell'antipatia mostrata dalla vecchia e l'entusiasmo degli uomini del quartiere.
Tutto ciò riportò Stronzettovic ai passati ricordi. In quel momento decise fra sé di dimenticare le ultime ore e la giornata continuò a trascorrere come le altre, fino a sera, quando rincasando si accorse che la finestra proprio di fronte alla sua era illuminata. Il fatto lo sconvolse ed una volta giunto nel suo alloggio spostò la sedia in modo tale da volgere le spalle alla sua finestra nonostante fosse come sempre chiusa.
L'uomo si immerse come ogni sera nelle fantasie dei suoi racconti, ma di lì a poco si avvide che nonostante gli innumerevoli tentativi era per lui impossibile scrivere alcuna frase dotata di senso. A quel punto immaginò che fosse la posizione insolita che aveva adottato la causa della sua dannosa distrazione e decise di riprendere quella abituale. Ciò invece di giovargli gli provocò ulteriori turbamenti giacché non riusciva a distogliere lo sguardo da quella fessura sulla finestra.
Per la seconda volta in un giorno si ritrovò a curiosare, come solitamente non faceva, nella vita di un essere estraneo alla sua fantasia. La confusione che vigeva nell'appartamento di fronte era mitigata dalla presenza di qualcosa che lui non aveva mai visto: dei quadri rappresentanti immagini fantastiche, scene di mondi mai visti, creature angeliche e quant'altro, che lo presero e trasportarono al di fuori della sua stanza per immergerlo in una dimensione non sua, ma che in quel frangente desiderava far propria. Stava ancora galleggiando in quel mondo quando all'improvviso apparve la nuova vicina imbrattata di tinte colorate e la quale ebbe l'effetto di "rispedirlo" nella sua stanza e di estrometterlo da quel mondo che non gli apparteneva.
Inutile dire che quella notte fu per Stronzettovic un continuo rigirarsi nel letto. Le immagini che aveva visto gli tornavano vivide nella mente e sembrava non volessero abbandonarlo e ancor più lui non voleva abbandonarle.
La mattina successiva fu terribile, infatti, nonostante non vi fosse confusione lungo la strada e non si potesse scorgere niente nell'appartamento di fronte, lui era ossessionato continuamente da ciò che aveva visto e il tutto si confondeva con le parole dei necrologi che avrebbe dovuto scrivere. Quel giorno, per la prima volta in vita sua, andò al giornale con il timore di essere ripreso dal direttore, invece nulla di tutto ciò accadde. Fu nella strada del ritorno che incrociò la donna che da alcuni giorni, che a lui sembravano ormai una vita, gli aveva sconvolto l'esistenza. Non vi era dubbio sul fatto che la causa della sua confusione mentale fossero la donna e la sua arte, o meglio, l'arte che apparteneva a quella donna. In quel momento gli balenò l'idea di corteggiare la sconosciuta per riuscire a carpire i suoi "segreti". Stronzettovic avrebbe voluto proiettare quelle immagini nelle pagine dei suoi racconti in modo che le figure diventassero parole. Pensiero assai ardito per uno che di donne non sapeva proprio niente.Quindi messa immediatamente da parte l'idea di tentare un approccio sentimentale, fu per giorni tormentato dalla ricerca costante del modo, più semplice possibile, per penetrare nell'appartamento e potersi immergere più da vicino in quelle opere e rubare l'anima e l'essenza che ristagnavano in quel corpo minuto.
Era passato già un mese da quando il nostro amico aveva iniziato ad aggirarsi mentalmente in un terreno a lui sconosciuto, quando si avvide che dalla strada all'appartamento della dirimpettaia vi era un incessante via vai di uomini e capì che la donna non aveva cambiato le sue vecchie abitudini. Ci volle ancora qualche giorno perché comprendesse che l'unico modo possibile per introdursi in quelle stanze fantastiche era recarsi a pagamento e godere delle scarne grazie della giovane; al solo pensiero gli si torceva lo stomaco, ma a furia di pensarci si convinse che solo entrando nel corpo di quell'essere avrebbe potuto raggiungere il suo scopo. Incominciò a fantasticare sulla sua fama futura, sulla soddisfazione che finalmente avrebbe provato e finalmente, dopo tempo, si addormentò sereno.
Il giorno successivo passò velocemente nell'attesa della realizzazione del suo piano, fino al momento in cui egli notò che non vi era nessuno in strada e quindi aveva il via libera per potersi recare nello stabile di fronte. In un batter d'occhio fu nelle scale ed infine di fronte alla porta. Bussò ripetutamente finché un volto olivastro e scarno gli si presentò da dietro l'uscio e senza rivolgergli parola lo fece entrare. Mentre Stronzettovic seguiva la donna, attraversò quelle stanze che ormai da qualche tempo, da lontano, aveva esplorato e che conosceva a memoria; rivide immagini che ormai almeno mentalmente gli appartenevano e ne conobbe nuove. Per un attimo gli balenò l'idea di scappare portandosele via, ma pensò che ciò non sarebbe stato sufficiente per fornirsi di quella forza che gli mancava per diventare uno scrittore. Improvvisamente si trovò avvinghiato ad una donna e, sebbene ella fosse ossuta, tornò per un attimo indietro con la mente al giorno in cui un'altra donna aveva cercato di farlo suo. Scacciato via ogni pensiero, si risolse a consumare frettolosamente il rapporto, conscio del fatto che questa volta era lui a volere qualcosa. In un attimo si sentì avvolto da sensazioni mai provate, le quali si confondevano con le immagini dei dipinti e con l'odore di trementina che aleggiava in tutto l'ambiente. Ancora stravolto uscì dal corpo della donna, lasciò una manciata di monete che nemmeno si prese la briga di contare e, come fosse stato un ladro, chiuse la porta dietro sé. Si trovò immediatamente con le spalle sull'uscio di fronte al quale si preparava già un altro cliente. In quell'istante capì che qualcosa non era andata come aveva immaginato. Di corsa si diresse nella sua stanza, sotto lo sguardo dei clienti della taverna che mai e poi mai avrebbero immaginato di vedere Stronzettovic correre. Si catapultò alla scrivania e incominciò a scrivere. Fu tutto inutile, nulla era cambiato, la sua mano non scriveva e la sua mente non pensava niente di diverso da ciò che avevano sempre scritto e pensato; le immagini altrui in realtà non gli appartenevano, anche se continuavano a galleggiargli nella mente. Gli fu tutto improvvisamente chiaro; non era impossessandosi del corpo di una donna, chiunque ella fosse, che avrebbe potuto impossessarsi anche della sua anima. Il suo sguardo si posò sui necrologi e allora fu preso dallo sconforto.
Erano ormai giorni che Stronzettovic non usciva dalla sua stanza, al giornale cercavano di lui e la padrona della taverna reclamava l'affitto. In tanti, incuriositi, si decisero a forzare la porta della stanza numero sei: trovarono Stronzettovic inebetito, nudo, riverso sul letto, sommerso dai suoi escrementi del cui odore era impregnata la piccola stanza. Lo sguardo dell'uomo era perso in direzione della fessura sul portellone dalla quale penetrava un lieve raggio di sole. Le sue labbra si muovevano nel tentativo di pronunciare parole incomprensibili, dirette a nessuno sa chi.
In tanti si chiesero il motivo di quella inspiegabile follia prima di chiamare gli inservienti del manicomio in cui Stronzettovic sarebbe rimasto internato fino a nessuno seppe quando.


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