Racconti di Clelia Maria Parente


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Amante della poesia fin dalla fanciullezza, Clelia Maria Parente, riesce a donare con essa espressioni di vita vera, fantastica, armoniosa.
I suoi brani esprimono amore, serenità, realtà emozionando chi legge o ascolta le sue poesie.
L'autrice vive a Roma dove per anni ha insegnato italiano a bimbi che ne hanno fatto tesoro e nel tempo hanno conservato le sue lezioni di vita e poesia, inserendole nel loro scrigno del cuore e facendone un dono prezioso per la vita.
Diversi sono i concorsi di poesia vinti dalla nostra autrice con i suoi alunni, da Padre Melis a Marte Russo...

Leggi le poesie di Clelia Maria

Dall' amicizia all' amore
L'amicizia è un sentimento molto nobile e come tale difficilmente diffusa.
Spesso la si trova contaminata da altri intenti molto meno nobili, ma essa è sempre indispensabile, perché è il canale più bello che abbiamo per comunicare.
Non è sempre facile distinguere un vero amico da chi si finge tale per raggiungere altri scopi, ma vero è che, data la complessità di questo sentimento e delle responsabilità che comporta, nella vita si è già molto fortunati se si riesce a contare tre, o quattro amici veri, tra le proprie conoscenze.
Li si potrà anche riconoscere perché i veri amici sanno ascoltare, sono vicini nel momento della felicità, ma soprattutto in quello dell'infelicità; capiscono i nostri stati d'animo semplicemente guardandoci in viso e prima di proferire parola, accorrono nel momento del bisogno, senza aspettarsi nulla in cambio, se non gratitudine e la promessa tacita che quando occorrerà si potrà contare su di noi; sanno perdonare i nostri piccoli grandi errori, senza giudicarci e sanno accettarci per ciò che siamo.
L’amicizia è una di quelle cose che riesce a mettere tutti sullo stesso piano, in cui non importa quello che si ha ma quel che si dà di se stessi…
Ricordo Sara, una ragazza sui 28 anni, quando incontrò Luca, un uomo sulla cinquantina d'anni dall’aspetto austero e molto serio, alla stazione di Napoli.
Si vedevano spesso, lui sempre vestito elegante con il suo borsone.
La presenza di molti passeggeri nella saletta d’aspetto della stazione recava a Luca molto fastidio, così spesso se ne andava via, oppure metteva le cuffiette e le ascoltava.
Una sera, però le cose andarono diversamente.
Mentre Sara parlava con altri amici della stazione, Luca si avvicinò un po' alla volta e, pur senza perdere la sua espressione seria, iniziò a porre domande alla ragazza: le chiese chi fosse e perchè ogni settimana andava lì, alla stazione portando con sé un bicchiere di the e qualche brioche.
Inizialmente la risposta di Sara non fu soddisfacente, ma da quella sera qualcosa cambiò e in poco tempo iniziarono a parlare, sorridersi e conoscersi maggiormente.
Così decisero di festeggiare i compleanni assieme, e Sara, avendo chiesto a Luca la data del suo compleanno, si presentò all'appuntamento con una grande pastiera napoletana...
Il nostro amico subito mutò atteggiamento e divenne diverso dal signore con il quale non si riusciva a comunicare.
Così a poco a poco si conobbero meglio e piano piano Luca entrò nella vita di Sara.
Ogni tanto, però Luca aveva il “vizio” di sparire per qualche settimana, e le sue mete erano Taranto o Napoli, per tornare all’affetto dei propri cari, in particolare del fratello…
Luca prima non lasciava mai scoprire i suoi sentimenti, ma poi si accorse che era impossibile non farli trapelare, così divenne diverso e dal carattere meno chiuso di quando prima non conosceva Sara.
Ora sono felici e trascorrono spesso assieme il loro tempo libero, coltivando felicemente la loro sincera amicizia, che con il tempo si sta esternando in un forte e sentito sentimento.

L'amore vince
Ore 17 la partenza del treno Roma Milano.
Giulia, una ragazza sui 25 anni, appena pagato il biglietto si diresse con la sua bambina Elisa, verso il binario.
La piccola Elisa aveva due anni, la mamma la portava con sé mentre si recava al nord in cerca di lavoro.
Voleva lasciarla a Roma con la mamma, che però non la volle tenere, visto che era piccina non se la sentiva di accudirla.
Così Giulia la portò con sè.
Fatto il biglietto corsero verso il binario dove era in partenza il treno.
Appena entrate il treno partì, era tutto affollato, Giulia si mise seduta su uno sgabello vicino alla porta di discesa dei passeggeri ed era per questo un po' depressa e delusa.
Arrivate a Firenze, una signora seduta nel corridoio vicino allo sgabello dov' era Giulia, si alzò per scendere e vedendo la ragazza seduta con la sua bimba sulle ginocchia, la invitò a sedere al suo posto.
Giulia ringraziò la signora poi portò la sua valigia nelle vicinanze di dove ora sedeva con in braccio Elisa e si mise al posto della signora.
Il treno riprese la corsa, Giulia osservava il panorama esterno quando avvertì di essere osservata da un giovane, che prima era intento a leggere il giornale.
Era alto, dai capelli castano chiaro, gli occhi verdi e il colorito roseo.
Giulia, affascinata dalla sua presenza lo guardò a sua volta mentre la piccola Elisa si avvicinò al giovane e gli si mise vicino.
Lui con tenerezza le parlava sorridendo, poi volgeva lo sguardo a Giulia e così cominciarono a parlare anche loro.
Erano felici di stare vicini, sembrava fossero amici da tempo.
Si presentarono, lui le disse di chiamarsi Lorenzo e andava come Giulia a Milano per lavoro.
Lorenzo era laureato in ingegneria edile e un suo zio, che era costruttore lo aveva invitato a lavorare con lui.
Lorenzo chiese a Giulia che lavoro svolgesse a Milano, ma lei rispose che ancora non lo sapeva bene, sapeva solo che doveva avere dei colloqui di lavoro con ditte cui aveva inviato il curriculum.
Arrivati a Milano, Lorenzo chiese a Giulia di cenare assieme e poi le chiese dove avrebbe pernottato.
Giulia ancora non lo sapeva e così Lorenzo la invitò a casa dello zio, che prima aveva avvisato.
La piccola Elisa dopo cena era stanchissima e si addormentò, mentre Giulia e Lorenzo seduti sul terrazzo di casa dello zio si misero a parlare per conoscersi di più.Il tempo passò in fretta, ma i ragazzi restarono a parlare fino a tardi insieme.
Il giorno dopo Lorenzo chiese allo zio se aveva bisogno di una impiegata per lo studio.
Lo zio rispose di si e Giulia si ritrovò a fare la ragioniera nell'azienda della famiglia di Lorenzo.
Era bello vedersi tutti i giorni, cenare spesso insieme e nel tempo libero portare la piccola Elisa a giocare nel parco o alle giostre.
Lorenzo un giorno chiese a Giulia dove fosse il papà della bambina e lei gli rispose che Giulia era nata da un errore giovanile con un uomo sposato, il quale venuto a conoscenza che la ragazza era incinta voleva farla abortire, ma Giulia non volle e lui smise di vederla.
Fu un brutto periodo, Giulia era triste e piangeva spesso.
Viveva con la mamma e smise l'università.
Poi nacque Elisa e Giulia per vivere faceva piccoli lavori saltuari, alla fine decise di cambiare città e cominciò a inviare soprattutto nelle città del nord Italia domande di richiesta lavoro.
Lorenzo saputa la vicenda capitata a Giulia si affezionò ancora di più alla ragazza e sua figlia e alcuni mesi dopo le chiese di sposarlo.
Giulia felice acconsentì e così l'amore coronò la vita di questi due bravi ragazzi.

17-01-2016

Nella fredda notte
Fioccava nella fredda notte, una bimba camminava sulla coltre di neve ghiacciata.
Si scivolava e la fame attanagliava il piccolo stomaco vuoto: era dalla notte precedente che non toccava cibo.
La sua mamma era morta assiderata alcuni giorni prima ed ora lei era sola in attesa di una zia che doveva
venirla a prendere per portarla con sé.
Le finestre delle case erano illuminate, le tavole imbandite e i regali erano allineati sotto gli alberi di Natale.
La piccina attonita, osservava tutto e le lacrime scendevano sulle gote smagrite.
Aveva freddo, ma si mise seduta davanti a una finestra da cui poteva osservare tutto ciò che accadeva in
casa:che bello il focolare, che riscaldava con le lingue di fuoco la casa tutta pronta per il cenone.
Vide una piccolina di circa la sua età scartare felice i regali col suo fratellino, che avvicinandosi alla finestra,
scorse la sua coetanea che li guardava.
Allora aprì la porta, il gelo entrò in casa e la mamma le gridò di chiudere presto l'uscio per non fare ghiacciare l'
ambiente.
La figliola ubbidì, ma continuò a vedere fuori della finestra, poi chiese alla mamma di invitare in casa la bambina
tutta vestita di poveri stracci.
La fecero entrare, la bimba le regalò un suo vestitino e una maglietta, poi le chiese di sedersi accanto al focolare
in attesa del rientro del babbo per cenare.
Mentre aspettavano le regalò anche una bella bambola, era per lei, ma preferì regalarla alla piccola
sconosciuta.
Aveva fatto una buona azione ed ora era felice per questo evento...


Mia nota
Una povera bambina affamata esce di casa in cerca di cibo.
La sua mamma è morta da poco ed ella ora è sola perché attende una zia che la deve portare con lei.
Sola soletta guarda attraverso la finestra di una casa vicina dove un'altra bambina scarta regali di Natale in
attesa del babbo per il cenone.
La bambina la vede, la fa entrare, le regala dei doni ed ambedue le fanciulle sono felici: l'una per non stare più al
freddo e poter mangiare, l'altra perché compie una buona azione...
Clelia Maria Parente

Il mio primo amore: il gatto
Ero dalla nonna quando frequentai la scuola elementare.
Prima avevo una maestra un po' anziana, che non mi apprezzava molto perché la nonna non le faceva
regali, come faceva la mamma di un'altra bambina che glieli portava sempre.
Allora io cercavo di farmi voler bene e spesso, di nascosto dalla nonna, raccoglievo fiori dal giardino che
avevo costruito da un pezzo di terreno vicino casa nostra.
Era una terreno brullo con tanti sassi, che raccolsi e con essi costruii un muretto intorno al terreno, poi
cominciai a coltivare i fiori con le piantine e i semetti, che mi regalava una signora, che veniva a casa
nostra per fare le pulizie.
Mio zio prete fu affascinato da questo mio giardino e tutti i giorni lo innaffiava.
Le piantine crescevano e i fiori erano stupendi tutti colorati e ben curati da me e dallo zio.
A scuola mi piaceva molto scrivere e leggere.
La penna era ad inchiostro con il pennino e bisognava stare attenti per non fare macchie sui quaderni
dalla copertina nera; per asciugare l'inchiostro si usava la carta assorbente.
La penna biro fu usata anni più tardi e così passava il terrore di macchiare con l'inchiostro i quaderni.
Chi faceva macchie sui quaderni riceva dalla maestra una bacchettata sulle mani.
Per fortuna io non ne ho mai ricevuti, ma c'era un amichetto che tutti i giorni ne prendeva ed io ero
dispiaciuta e cercavo di difenderlo.
La ricreazione si faceva all'aperto nei campi vicini.
Un giorno senza accorgermi del passare del tempo non rientrai in aula , ma andai a cercare fiori in un
campo un po' più lontano.
La maestra e gli altri bambini vennero a cercarmi, ma si era fatto tardi.
Il bidello chiamò mio zio e mia nonna, che mi punirono portandomi a casa, dove mi mandarono in soffitta
per punizione e fui anche molto rimproverata.
In soffitta, però, passai tempo a leggere le riviste vecchie della nonna così non mi annoiai.
Il leggere mi piaceva molto e spesso mentre la nonna faceva centrini all'uncinetto le facevo compagnia
con letture di racconti ad alta voce.
I vicini di casa restavano incantati ad ascoltarmi e la nonna ne era felice.
Avevo anche un gatto che si metteva sdraiato sul davanzale della cucina ed era felice di vedermi, poi
quando io rientravo in casa, rientrava pure lui.
Spesso di nascosto gli davo un bacetto e lui mi faceva le fusa lisciandomi attorno.
Lo avevo trovato piccolino fra un cumulo di spazzatura e lui era cresciuto felice con me.
Restò in casa nostra un paio d'anni, ma un giorno, non tornò a casa; io mi preoccupavo e lo chiamavo, ma
non ricevevo risposta.
Tornò dopo diversi giorni barcollando, il suo fu l'ultimo saluto perché cadde a terra e morì; aveva mangiato
cibo avvelenato per topi.
Piansi tanto, non riuscivo a rassegnarmi.
Poi ebbi in regalo un micetto rossiccio e bianco da un signore venuto per la festa del paese.
Il figlio voleva avere lui il gattino, ma il signore lo regalò a me perché non voleva animali in casa.
Poi un altro signore regalò alla nonna tre micetti siamesi, e la mia preferita era la piccola Mimì.
I gatti sono sempre stati la mia passione.
In classe quinta classe ebbi un maestro, perché la prima maestra era andata in pensione.
Lui amava molto la musica e suonava benissimo la fisarmonica, che noi alunni ascoltavamo affascinanti,
Con lui imparammo a suonare il flauto e sovente si facevano nel grande cortile della nuova scuola recite e
canti.
A ricreazione giocavamo nel grande cortile della scuola e ci si divertiva moltissimo.

Vita di una poetessa.
Prima dei tre figli nati da genitori semplici, dove la mamma pur essendo una persona, che viveva nell'agiatezza della sua famiglia, era follemente innamorata di un semplice operaio seppur contrastata dai suoi genitori
Il giorno che venne alla luce il suo babbo aspettava un maschietto e fu fortemente deluso quando seppe che era una bambina,
La piccola era gracile e la levatrice cercò di farle migliorare la salute, facendole un bagnetto con acqua calda e fredda.
Così riprese energia aggrappandosi con le manine al catino dove le facevano i bagni.
Intanto cresceva forte e sana e giocava felice con i suoi fratellini ed altri bambini, mentre le vacanze estive le trascorreva con i nonni e lo zio prete.
Lì giocava in giardino con una papera e con una sua amichetta, che sapeva cantare mentre lei era vivace, allegra, ma un poi stonata.
A sei anni andò a scuola, il maestro le voleva bene perché era molto bella,vispa e intelligente.
Spesso giocava con lei facendola volare sui banchi e gli altri alunni erano felici di tenerla vicina.
Poi dovette andare via per la morte del nonno e dare compagnia alla nonna e allo zio sacerdote in un altro paese.
Il maestro pianse perché aveva perduto la sua alunna preferita e così anche gli altri bimbi compagni di scuola.
Pur essendo piccina, aveva una passione: cominciò a scrivere versi.
La prima poesia la dedicò a una gattina siamese, che chiamava Mimì, che amava molto e che le voleva bene.

Prima puntata.

Una bimba vivace e dispettosa
Quando ero piccola giocavo con i miei fratelli e gli amici e amiche che abitavano vicino casa mia.
Ero sempre vivace e mi divertivo molto con loro.
Avevo cinque anni quando una suora che stava in un convento dove c'era un parco in cui noi bimbi ci recavamo a giocare, un giorno mi regalò una lavagnetta con i gessetti colorati, che portai a casa tutta felice.
I fratellini si misero a giocare con me, che pensai di dipingerli sul viso come gli indiani. La mamma ci aveva fatto il bagnetto e ci aveva vestiti con i grembiulini puliti.
Io pensai che sarebbero stati felici se ai fratellini avessi dipinto il volto, così li dipinsi con i gessetti colorati.
Loro erano contenti, ma volevano che li dipingessi uno prima dell'altro.
Io li dipinsi a poco a poco, ma loro si misero a litigare e così i lacrimoni gocciolarono i colori sui grambiulini, che si sporcarono tutti.
La mamma mi rimproverò e mi disse di non farlo più, fui punita e quel giorno niente giochi per me.
Alcuni giorni dopo mentre andavo a comprare il pane passai come sempre sotto la casa di un mio amichetto, che prendeva i sassolini dal vaso di basilico, che la sua mamma teneva sul davanzale della finestra.
Come passavo lui me li lanciava addosso e poi rideva se mi colpiva, dopo veniva giù in strada e io che lo aspettavo gli lanciai un sassolino in testa, che lo colpì e il sangue cominciò a gocciolargli addosso.
La sua mamma nel veder la scena mi venne a prendere e mi strillava dicendo che avevo ferito suo figlio.
Ci rimasi male e mi misi a piangere.
Un altro amico lo aiutavo a fare il costruttore formando all'angolo di uno scalino vicino casa sua una casetta, ma come lui entrava in casa io distruggevo la casetta.
Quando tornava fuori e vedeva la casetta distrutta, piangeva, ma io lo calmavo dicendogli che l'aiutavo a ricostruirla.
Lui era felice del mio aiuto, ma quando la zia lo chiamava in casa io distruggevo di nuovo la casetta e lui nuovamente piangeva.
Questo dispetto durava per diverso tempo, poi la zia notò che ero io a rompere la costruzione, prendendo in giro il nipotino.
Anche da lei ricevevo rimproveri, ma l'amichetto che mi voleva bene, mi perdonava sempre e continuava a giocare con me.
Un gioco che mi piaceva tanto fare, era il "Musichiere", un gioco che vedevo in tv, condotto da Mario Riva.
La fascia dei giochi la costruivo io con la carta igienica e così ci divertivano a indovinare le canzoni.
Chi vinceva indossava la fascia con scritto su il "Musichiere" a lettere tutte colorate.
Quanti giochi si faceva con i miei amici: campana. breccia, nascondino, salto alla corda, gioco della trottola e tanti altri.
Ancora adesso mi diverto a ricordare le grida e i sorrisi di quel tempo andato...

 

Nel 1976 la Nippon Animation ha prodotto un'altra serie animata ispirata ai personaggi del romanzo di Collodi, conosciuta in Italia col titolo "Bambino Pinocchio".
Trama
La storia è quella classica del romanzo di Collodi, che narra del burattino di legno reso vivo da una fatina benevola per la gioia del suo "costruttore". L'eroe principale è un ingenuo e molto fiducioso giocattolo/pupazzo di legno animato dalla magia della Fata: egli ha molte carenze e lacune da dover superare e vincere, prima che gli possa venir permesso di diventar un uomo vero.
La storia inizia quando Geppetto, un falegname che vive da solo, desidera avere un figlio che possa tenergli compagnia, inizia così a scolpire un ceppo di legno proveniente da un albero magico. La fata dai capelli turchini dona la vita al burattino e promette che se si rivelerà esser una brava persona dimostrando d'aver un buon cuore in futuro potrà anche esser trasformato in un esser umano.
Per aiutarlo gli fa conoscere il Grillo parlante, che agisce come la coscienza o "Angelo custode" di Pinocchio; tuttavia il burattino lo ascolta raramente, e ciò finisce per causargli le peggiori conseguenze. Pinocchio è estremamente ingenuo, quindi facilmente influenzabile dalle cattive compagnie e, in un modo o nell'altro, riesce sempre a soffrire della pericolosità del mondo che lo circonda.
Ma la vita di Pinocchio diventa sul serio terribile quando viene preso con sé dal padrone di un circo, interessato a tutto ciò che potrebbe attrar l'attenzione in futuro del suo pubblico... cerca così di schiavizzare e imprigionare Pinocchio per i suoi fini, la creazione di un nuovo spettacolo del suo circo itinerante. Il tutto richiama a una spiccata drammaticità talvolta ai limiti dello spaventoso, sottolineando la sofferenza occorsa al burattino di legno. Caratteristica della serie difatti è che il protagonista soffre di continui abusi fisici e psicologici.
Caratteristiche peculiari dell'anime
Questa versione racconta la storia di un burattino di legno portato in vita da una mistica fatina blu; di carattere estremamente credulone, ingenuo e moralmente confuso.
Pinocchio/Mokku si caratterizza per aver molti difetti di carattere ch'egli deve imparar a superar per risultar degno che gli venga concessa l'umanità: alcuni di queste manchevolezze di carattere includono l'egoismo, la maleducazione, l'insensibilità, la pigrizia e l'ostinazione, ma anche la disubbidienza e la compulsiva menzogna, l'arroganza, l'avidità e la viltà, infine l'incapacità di imparar dagli errori commessi.
Pinocchio viene com'è naturale severamente punito dalla fata blu per questi atti d'egoismo ed insensataggine assoluta... Durante l'intera serie, in parte a causa della sua propria delinquenza ed alla disubbidienza ripetitiva, vien sottoposto a tutta una serie di dolorose prove esistenziali in cui viene continuamente tormentato, perseguitato, maltrattato, umiliato, ingannato e deriso, emarginato e picchiato, per finir sottoposto al trattamento più degradante ed inumano. La sua crescita avviene in un mondo decisamente pericoloso.
Una delle prime e più evidenti peculiarità che caratterizzano la serie è inoltre una spiccata drammaticità, diversa rispetto al testo originale: il protagonista difatti nel corso degli episodi soffre di continui abusi fisici e psicologici.
Principale differenza è il nome originale del protagonista che si chiama Mokku. Nell'ultimo episodio la "fata blu della quercia" soddisfa il desiderio di Pinocchio di diventare un bambino: avvenuta la trasformazione può così finalmente chiamarla Mamma.
fonte wikipedia
Dopo la ennesima (ed ancora più mediocre, a mio avviso) rivisitazione televisiva del capolavoro di Collodi, mi è venuta voglia di recensire questo vecchio anime.
Anche se propriamente non è degli anni '80, (fu infatti prodotta dalla Tatsunoko nel 1972) tuttavia è stata spesse volte trasmessa in Italia proprio in quegli anni.
Rispetto a versioni più ortodosse, diciamo che la serie si prendeva moltissime libertà.
Non solo le storie erano quasi tutte completamente inventate dagli autori ed avevano le ambientazioni più strampalate (spaziando dal fantasy, all'horror, all'Antica Grecia, all'Egitto, al Medioevo, ecc.) ma anche i personaggi stessi erano completamente rivisitati.
Pinocchio nell'originale giapponese viene chiamato Mokku! (forse per questioni di copyrigth?)
Geppetto veniva sempre chiamato "nonnino" o "nonnetto" da Pinocchio, anzichè "babbo".
Il Gatto e la Volpe alla fine si redimono e diventano amici di Pinoccchio piuttosto che suoi rivali.
Ad aggiungersi alla schiera di alleati di Pinocchio abbiamo un topino che condivide la casa con lui e Geppetto.
Mangiafuoco al contrario non si redime mai e nella storia fa la figura del cattivo di turno, sempre alla ricerca di Pinocchio per il suo spettacolo di marionette.
Più o meno invariati i ruoli della Fata e del Grillo Parlante.
Una caratteristica comune a tutte le vicende di questo Pinocchio è l'estrema violenza fisica che viene fatta al burattino. In tutte le puntate Pinocchio viene malmenato, vessato, preso a calci ed insultato un po' da tutti!
Diciamo che già nell'originale di Collodi questa vena drammatica c'era già di suo, ma qui viene ancora di più esasperata!
Ammetto che la serie comunque non era male, anche se ogni puntata era di solito auto-conclusiva ed un po' fine a se stessa.
Di tutte le trasposizioni del libro di Collodi è senz'altro quella più fantasiosa ma, io credo, comunque migliore di tante altre, anche molto più recenti.

Tratto da <http://ilregnodeglianni80.forumfree.it/?t=43918442>


Il coraggio di vivere
Leggete....è un bellissimo messaggio!.................Un uomo soffriva la cosa peggiore che può capitare a un essere umano: suo figlio era morto, e per anni non poteva dormire e piangeva tutta la notte finché albeggiava. Un giorno gli apparve un angelo nel sogno e gli disse: “Basta piangere !” “Non posso sopportare di non vederlo più” rispose l’uomo. così l’angelo disse “Lo vorresti rivedere ?” L’uomo annui, quindi l’angelo lo prese per mano e lo portò in cielo e disse: “Pazienta un pò, lo vedrai passare”. Al cenno dell’angelo una moltitudine di bambini iniziarono a passare vestiti come angeli con un lume in mano.
Così l’uomo incuriosito domandò: “Chi sono ?” e L’angelo rispose: “Sono i bambini che hanno lasciato la vostra terra troppo presto, tutti i giorni fanno questa passeggiata con noi perché hanno il cuore puro”. disse l’uomo: “Mio figlio è tra di essi ?” “Si lo vedrai tra un pò” Finalmente tra i tanti bambini passò anche il figlio di quell’uomo, che radiante scappò ad abbracciarlo, quando improvvisamente si accorse che aveva il lume spento.
Angosciosamente disse al ragazzo “Figlio mio, perché il tuo lume è spento ? perché non infiamma la tua anima come agli altri ?” Il bambino lo guardò e disse “Papà, io accendo la mia candela come quella di tutti, ogni giorno, ma le tue lacrime la spengono la notte”. Non piangere oramai per quell’essere voluto che perdesti, sia figlio, marito, madre o padre!!! Lascialo riposare in Pace, prega per lui, non tormentare la tua vita, perché non ritornerà, ma puoi averlo nel tuo ricordo con amore!!! è difficile, ma Lascialo Andare!!!Questo è un bellissimo pensiero che ho letto e volevo condividerlo con tutti voi. Da oggi in poi ogni volta che ti ricorderò G cercherò di trattenere le mie lacrime trasformandole in un sorriso.
Tratto da <https://www.facebook.com/pages/Il-coraggio-di-vivere> e proposto da  Clelia Maria Parente

L'altro giorno ho somministrato le prove Invalsi in una seconda del mio istituto. Già il verbo somministrare mi fa un po' orrore, mi suona come qualcosa di medico, che ha a che fare con la medicina ma che e' entrato, a forza, nel lessico di noi insegnanti.
All'ora prestabilita, sono entrato in classe ed ho guardato i volti dei miei piccoli alunni, timorosi e spaventati, perché tenendo fede a quanto suggerito dall'Invalsi mi hanno spedito a "somministrare", accidenti a questo verbo, in una classe dove non lavoro e mi sono sentito come una specie di medico che doveva fargli una siringa.
Li ho guardati con il mio miglior sorriso, li ho rassicurati, e ho detto loro di restare tranquilli e di cercare di fare del loro meglio, qualunque fosse il loro meglio. Mai bugia fu piu' grande. L'Invalsi nel tempo ha perfezionato un sistema di valutazione sommativa, fondata su variabili statistiche che spesso rappresentano dati crudi che poco tengono conto della pedagogia e della psicologia dei nostri alunni. Mi sono sentito come uno che mente consapevole di mentire.
Le risposte dei miei piccoli alunni, infatti, saranno digitate in piattaforma e andranno a sommarsi con le altre di altre classi, del territorio, della regione ed aggregate a livello nazionale. Il dato aggregato sara' poi discriminante, nella direzione in cui viaggia l'attuale idea del sistema formativo, competitivo e 'spersonalizzato', per la suddivisione in scuole di serie A ed in quelle di serie B (vedi R.a.v. e DDl "Buona scuola").
Ritornando ai miei piccoli, continuavo a dire loro che le domande erano semplici e che le loro risposte erano le migliori anche quando mi accorgevo che erano palesemente sbagliate ed il mio istinto di maestro mi diceva di aiutarli a comprendere l'errore. E si, il mio rammarico e' proprio quello, rifuggire il mio ruolo ed assumere quello di arbitro, imparziale, che assiste muto alla debacle della pedagogia in cui credo, quella della relazione d'aiuto, quella dell'empatia, quella podromica e propredeutica all'acquisizione di
competenze/conoscenze differite nel tempo e perciò rispettose dei tempi di tutti. I tempi di ciascuno, non possono essere scanditi da una x sulla risposta giusta e non possono creare ansia nei piccoli alunni che felici ed inconsapevoli insieme a noi adulti consapevoli, oggi piu' che mai, ci avviamo tutti con questa mentalità a creare una scuola brutta che rinnega Montessori, "Barbiana", Rogers, Bruner e Morin per sembrare tanto un altro stabilimento Fiat a guida Marchionne che appena non raggiungerà i target produttivi, rappresentati da improbabili istogrammi, dovrà essere dislocato in Polonia dove la manodopera costa meno e forse anche i docenti.
Riflettiamo per favore. Rifletta soprattutto lei sig. Renzi che dice di voler fare rivoluzioni.
F. Cutolo
 Testo proposto da  Clelia Maria Parente


Personaggi del libro Pinocchio di Carlo Lorenzini detto Collodi.

Leggendo il libro della favola di Pinocchio, conosciamone i personaggi:

PINOCCHIO

Prima di essere un burattino, Pinocchio è un ciocco di legno, regalato da Mastro Ciliegia al falegname Geppetto, che ci costruisce un burattino perchè desidera tanto un figlio, dopo che la moglie è morta.
Pinocchio è un pochino dispettoso.
Geppetto lo ama moltissimo e per mandarlo a scuola vende la sua vecchia casacca e gli compra l'abbeccedario e un vestitino.
Pinocchio, però, ha poca voglia di studiare, così invece di andare a scuola va a vedere il teatrino delle Marionette.

Geppetto

E' Geppetto un vecchio falegname, che desidera tanto avere un figlio dopo la morte di sua moglie.
Allora va da Mastro Ciliegia, un falegname ricco vicino di Casa.
Questi gli regala un ciocco di legno, che lo spaventa perchè parla sempre ogni volta che cerca di lavorarlo.
Geppetto col ciocco di legno ci costruisce un burattino simpatico, caro ma anche tanto birichino.
Geppetto lo sgrida se fa marachelle, però lo ama e lo perdona sempre.
Per lui finisce anche in prigione.
Per mandarlo a scuola vende la sua vecchia casacca e gli compra l'abbeccedario e un vestitino.
Però Pinocchio a scuola non va, perchè va a vedere il teatro dei burattini, dove per entrare vende l' abbeccedario.

La fata Turchina

E il personaggio chiave del libro Pinocchio.
In realtà rappresenta la moglie morta del falegname Geppetto.
La Fatina aiuta moltissimo Pinocchio soprattutto quando ne ha più bisogno: lo allontana dalle cattive compagnie, come il Gatto e la Volpe, che per rubargli gli zecchini lo impiccano ad un albero.
Lo allontana da Lucignolo, un compagno di scuola sfaticato , senza voglia di studiare, che porta Pinocchio nel Paese dei Balocchi.
Lo salva dal padrone del circo che lo vuole buttare in mare.
La fata è per Pinocchio come una buona mamma e desidera tenerlo sempre accanto.
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Il film Pinocchio
Pinocchio è un film del 1940 diretto da registi vari. È un film d'animazione prodotto dalla Walt Disney Productions e basato sul romanzo di Carlo Collodi Le avventure di Pinocchio, Storia d'un burattino (1883).
È il secondo Classico Disney.
La storia e la vitalità di Pinocchio sono più che centenarie. ... i confini geografici e culturali, trasmigrano da una forma espressiva all'altra ... della storia di un burattino di Carlo Collodi, sul "Giornale per i bambini".
Da questo momento, ben prima del successo mondiale del Pinocchio di Walt Disney.

Come Pinocchio diventa un bimbo vero.
Mentre Pinocchio nuotava alla svelta
s'accorse che Geppetto
aveva un tremolio di gambe
Tremava di freddo o di paura?
Chi lo sa?
Forse un po' dell'uno
e un po' dell'altro.
Ma Pinocchio, credendo che quel tremito fosse di paura,
gli disse per confortarlo:
"Coraggio babbo! Fra pochi minuti arriveremo a terra e saremo salvi."
- Ma dov'è questa spiaggia benedetta
io non vedo altro che cielo e mare, gli rispose Geppetto.
"Ma io vedo anche la spiaggia",
disse il burattino.
"Per vostra regola io sono come i gatti:
ci vedo meglio di notte che di giorno."
Il povero Pinocchio faceva finta di essere di buonumore,
ma invece...
Invece cominciava a scoraggiarsi
"Ma io vedo anche la spiaggia", disse il burattino.

"Tonno mio, tu capiti proprio a tempo!
Ti prego per l'amor che porti ai Tonnini tuoi figliuoli: aiutaci, o siamo perduti."
"Volentieri e con tutto il cuore.
Attaccatevi tutt'e due alla mia coda, e lasciatevi guidare.
In quattro minuti vi condurrò alla riva."
Geppetto e Pinocchio, come potete immaginare,
accettarono subito l'invito...
ma invece di attaccarsi alla coda, giudicarono più comodo di mettersi addirittura a sedere sulla groppa del Tonno.
"Siamo troppo pesianti?..." gli domandò Pinocchio.
"Pesanti?
Neanche per sogno;
mi pare di avere addosso due gusci di conchiglia", rispose il Tonno, il quale era di una corporatura così grossa e robusta,
da parere un vitello di due anni.
Giunti alla riva, Pinocchio saltò a terra il primo, per aiutare il suo babbo a fare altrettanto:
poi si voltò al Tonno, e con voce commossa gli disse:
"Amico mio, tu hai salvato il mio babbo!
Dunque non ho parole per ringraziarti abbastanza! Permetti almeno che ti dia un bacio in segno
di riconoscenza eterna!..."
"Appoggiatevi pure al mio braccio, caro babbino, e andiamo.
Cammineremo pian pianino come le formicole, e quando saremo stanchi ci riposeremo lungo la via."
"E dove dobbiamo andare?" domandò Geppetto.
"In cerca di una casa o d'una capanna, dove ci diano per carità un boccone di pane e un po' di paglia che ci serva da letto."
Non avevano ancora fatti cento passi, che videro seduti sul ciglio della strada due brutti ceffi, i quali stavano lì in atto di chiedere l'elemosina.
Erano il Gatto e la Volpe: ma non si riconoscevano più da quelli d'una volta.
Figuratevi che il Gatto, a furia di fingersi cieco, aveva finito coll'accecare per davvero;
e la Volpe invecchiata, intignata e tutta perduta da una parte, non aveva più nemmeno la coda.
"O Pinocchio, gridò la Volpe con voce di piagnisteo, fai un po' di carità a questi due poveri infermi."
"Infermi!" ripeté il Gatto.
"Addio, mascherine!" rispose il burattino. "Mi avete ingannato una volta,
e ora non mi ripigliate più."
"O Pinocchio, gridò la Volpe con voce di piagnisteo, fai un po' di carità a questi due poveri infermi."
"Infermi!" ripeté il Gatto.
"Addio, mascherine!" rispose il burattino. "Mi avete ingannato una volta, e ora non mi ripigliate più."
Poi videro il grillo parlante
Pinocchio gli chiese dove poter trovare un bicchiere di latte per il suo babbo.
-Vai dal contadino Giangio,
ma questi voleva essere pagato,
però Pinoccho non possedeva nemmeno un centesimo.
-Male burattino mio, rispose l'ortolano
- Pazienza!,
pensò Pinocchio e fece l'atto di andare via
Aspetta un po' gli disse Giangio
ci possiamo mettere d'accordo.
Vuoi adattarti a girare il bindolo.
- Cos' è disse il burattino.
E' quell'ordigo di legno che serve a tirar su l'acqua dalla cisterna.
Se me ne tiri su cento secchie ti regalerò il latte per il tuo babbo.
Pinocchio fece quel che il contadino gli diceva
e così Geppetto
ebbe il suo latte.
Vicino al pozzo vide un asinello.- Come ti chiami?
- Sono Lucignolo.
- Sei il mio compagno di scuola.
Rise Giangio dicendogli,
ma che a scuola avevi compagni asini.
Per cinque mesi Pinocchio tirava fuori dalla cisterna
l'acqua e così Geppetto aveva ogni giorno il suo latte.
Una mattina disse al babbo che andava al mercato per comprargli una casacca, un berretto e un paio di scarpe, Poi incontrò la lumachina e le chiese notizie della fatina.
- La povera fata è in un letto di ospedale,
gli disse la lumaca.
Vorrei tanto aiutarla ma non ho soldi, la lumaca,
che corse dalla fata
e Pinocchio si svegliò dal sonno e disse:
- Com'ero buffo quando ero un burattino, ora sono più bello perchè sono un bambino vero...

28 giugno 2015

Mia nota:
La storia di Pinocchio continua con questi versi, in cui si narra la sua storia, il ritrovamento degli amici/ nemici.
Così da burattino diventa un bambino vero...

Pinocchio e Geppetto sono vissuti per un po' nel corpo della balena.
Poi Pinocchio, stanco di stare lì, vuole a tutti i costi uscirne fuori.
Così ogni sera, mentre il babbo dorme, si avvicina alla bocca dell'enorme
cetaceo per guardare le stelle.
Una notte, però, che il tempo era freddo Geppetto si sveglia per andare a coprire
il suo figliolo, ma non trovandolo nel suo lettino comincia a preoccuparsi.
Allora inizia a cercarlo e lo trova sulla lingua della balena, che guarda il cielo stellato.
Pinocchio vedendo il babbo lo chiama vicino a lui.
Geppetto gli si mette seduto accanto e insieme vedono un tonno che fugge dal corpo
della balena.
Il bimbo pensa che possono fuggire anche loro come il tonno.
Geppetto, però, vuole restare nel corpo della balena, mentre Pinocchio
pensa a fuggire Insieme sulla groppa del tonno prima che la balena svegli.
Dopo un po' raggiungono la riva sani e salvi e Pinocchio per essere stato bravo nel
comportarsi bene diventa per sempre un bambino vero.

27 Giugno 2015

mia nota:
Pinocchio e Geppetto fuggono dalla balena
salendo su un tonno, che li porta a riva.
Pinocchio essendo bravo diventa alla fine un
bambino vero e torna a casa col suo babbo Geppetto.

Compagne di scuola
Giugno, ultimo giorno di scuola, tutti i ragazzi sono allegri: si va in vacanza!
Solo sul viso di Caterina e Hu si nota il segno della malinconia.
Le due ragazze si sono conosciute nel settembre precedente a inizio scuola.
La loro è stata una amicizia in crescendo, ma ora con la fine dell'anno Hu deve
ritornare in Cina con i suoi parenti e non sa nemmeno se l'anno prossimo rientrerà
in Italia.
Caterina è triste, deve lasciare la sua amica, colei con cui ha studiato assieme.
Molte volte la invitava a casa per i compiti, ma diceva alla mamma di preparare anche
il pranzo per Hu.
Hu se non andava da Caterina era triste, in casa restava sola, i suoi genitori
lavoravano tutto il giorno e tornavano a casa a notte fonda.
Spesso Hu si addormentava e non li vedeva quasi per interi giorni.
Caterina saputo come viveva l'amica chiese alla mamma se la potevano
ospitare in casa.
La mamma fu d'accordo e così Hu, chiesto il permesso ai genitori, si trasferì in casa
di Caterina.
La loro amicizia si rafforzava giorno dopo giorno, sembravano due sorelline....
ma ora Hu doveva andare via e i loro cuori erano colmi di tristezza.
Quando suonò la campanella di fine lezione , le due amiche si abbracciarono e piansero
un pianto dirotto, che tutti si commossero e si strinsero loro attorno.
Quella notte Hu non la passò a casa di Caterina, dovevano prepararsi per la partenza.
- Mamma, andiamo all'aeroporto, disse Caterina, desidero dare un ultimo saluto a Hu.
La mamma prese la macchina e fecero una corsa pazza fino a Fiumicino...
Arrivarono che l'aereo partiva.
Hu vide Caterina e con la mano e le lacrime agli occhi le inviò l'ultimo saluto...
Caterina piangeva, singhiozzava, la mamma l'abbracciò e rincuorandola
le disse : - Vedrai che tornerà...
Così col cuore colmo di tristezza, ma con dentro un filo di speranza, tornarono a
casa.

Storia di un intervento
Sono passati 22 giorni da quando mi hanno operata per rimettermi a posto la stomia e fare tornare il mio intestino alla normalità.
Un intervento molto rischioso anche perchè c'erano due laparocele ombelicali da togliere.
I medici in un primo momento non volevano operarmi per la rischiosità da affrontare.
Mio marito ed io abbiamo insistito, perchè avevo continue lacerazioni alla stomia, cosa che mi ha abbassato molto l'emocromo e stavo diventando fortemente anemica con le perdite di sangue.
Per non rischiare di finire nel mondo dei più, dopo diverse emorragie e continui ricoveri in ospedale con trasfusioni, finalmente il mio chirurgo si è deciso ad operarmi.
Sono state 8 ore di intervento, ma alla fine mi hanno salvata.
Ora sto un pochino meglio, ma sempre sotto cura con una infermiera che giornalmente mi cura.
Non posso fare sforzi di nessun genere e devo stare molto riguardata.
I primi giorni dopo l'intervento non riuscivo a mangiare quasi nulla e l'emocromo si abbassava.
Ora invece mangio poco ancora, ma sostanze nutrienti, come la carne.
In attesa di guarigione ora aspetto di venire osservata dal chirurgo e di ristabilirmi,
Ogni giorno faccio una passeggiatina, che il movimento dicono che fa bene.
Mi accompagna mio marito, che mi sta sempre vicino e mi aiuta in tutto.
Lui è un angelo per me, ma anche il chirurgo è un altro angelo. Devo ringraziarli tutti per avermi aiutata e per non avermi lasciata mai sola.

23 Giugno 2015

mia nota:
Ho affrontato un intervento molto rischioso, ma ringraziando il cielo è andato tutto bene.
L'intervento è durato 8 ore
e ho superato la rischiosità.
Ora sono curata giornalmente da una infermiera, che viene a casa per pulirmi le ferite.
Ringrazio mio marito che mi aiuta tanto in tutto e il mio chirurgo che con le sue mani sante per 4 volte mi ha salvato la vita.
La speranza è stata sempre il mio forte e sono contenta di avere tante persone vicine.
Clelia Maria Parente

Ci siamo ritrovati
Come una farfalla che vola felice fra i fiori, così svolazzavo io nel prato verde quando ho visto te.
Mi hai abbracciato e stretta forte fra le tue braccia, eravamo felici e sul mio viso scorrevano lacrime, che bagnavano il tuo .
Ci siamo baciati mi hai detto : "Amore. è tanto che non ti vedevo più, mi sei mancata!"
Poi, presami per mano, siamo corsi lungo la spiaggia e a piedi nudi sentivamo le onde che ci facevano vibrare d'amore...
Che dolcezza!
Mi pareva d'impazzire con te vicino e chiusi gli occhi sognavo di essere tua, di amarti e di sentirmi attratta da te e tu mi stringevi forte forte.
Ora eravamo vicino e più nessuno ci avrebbe allontanati dalla nostra vita.

Notte di luna splendente.
Era notte e la luce filtrava nella mia stanza; mi sono alzata piano piano e ho notato dalla finestra la luna piena, che rischiarava mentre attorno le stelle splendevano in un bagno di luce,
Com'era bello vedere il chiarore lunare, che illuminava tutto.
Il sonno era passato e mi sentivo vivere in quel paesaggio, che mi faceva battere dolcemente il cuore e mi emozionava.
E ripensavo a lui, lui che mi faceva vivere ma era lontano... avrei voluto abbracciarlo, sentirlo vicino, invece era lontano e sicuramente anche lui mi pensava.
Ho chiuso gli occhi, lui mi ha stretto a sé e piano piano mi accarezzava i capelli.
Le onde del mare vibravano, tutto era stupendo e vibrava con me.
Il mio gatto mi stava vicino e faceva le fusa, mi piaceva sentire il suo ron ron che che mi rendeva felice e mi riscaldava.
Portami con te, non lasciarmi sola, andiamo a camminare lungo la spiaggia a piedi nudi.
Mi tenevi vicino e gioivi con le tue labbra mi sfioravi le mie e io vicino a te mi sentivo un'altra, non ero più sola, ero con te e tutto era gioia e felicità.
Ero un'altra, come il cielo mi ero trasformata
anch'io ero luce in quel cielo che donava felicità... E mi piaceva vivere con te, tenermi stretta fra le tue braccia, sentire il calore dell'amore, il bello del vivere e sognare della vita.

Storia di un ricovero in ospedale
Una corsa contro il tempo... poche ore ancora ed era la fine.
La barella andava per i meandri dell'ospedale, si doveva in fretta fare le analisi, la tac ed altre operazioni...
Nella barella era tutto un sogno, una corsa frenetica, ma non riuscivo a capire che succedeva, ero semi incosciente e vedevo solo buio.
sentivo le voci attorno a me, era un frastuono, capivo pochissimo poi una voce più alta gridava:è da operare, ha poche ore di vita,è tutta infettata nei diverticoli, l'erniaè strozzata...
Poi più niente.
Mi sono ritrovata in una grande camera asettica, con tanti macchinari, ero attaccata ad essi, che indicavano il mio stato di salute.
Non potevo muovermi, la schiena era a pezzi, che strazio, un inferno
la pressione misurata ogni 10 minuti, poi ogni ora mi faceva sobbalzare, le punture alle braccia per togliere il sangue per le analisi erano uno strazio. Le mie braccia erano piene di ematomi, tutte livide.
Non capivo che era successo...
Poi al mattino un prof mi ha detto che ero stata operata ed ero una donna miracolata, ancora poco tempo ed era per me la fine...
Per 5 giorni sono restata lì, nella camera di terapia intensiva, senza bere, senza mangiare, ferma nel letto... una tortura, stavo malissimo, la sete era opprimente... ogni tanto l'infermiera alla mia richiesta di bere mi bagnava le labbra...
Una tortura, 5 giorni di tortura, di lamenti, uno strazio mai passato in vita mia... solo la preghiera mi sollevava un po' e allora pregavo pregavo pregavo...

Nostalgia
La sera era calma, il mare tranquillo con l'andirivieni di onde.
Una leggera brezza le accarezzava i capelli, intorno non si ascoltava altro che il musicale frangersi delle onde sugli scogli.
Ogni tanto s'udiva il grido di un gabbiano che tornava a monte dopo aver finita la pesca...
Al par delle onde i pensieri andavano e venivano, mentre la vista si disperdeva lungo quella distesa di acqua, che si faceva sempre più cupa pian piano che il cielo si oscurava.
Era sola, lui era partito, solo un bacio e poi era andato via...
Sentiva ancora la sua risata sonora mentre con la comitiva si allontanava per tornarsene in città.
Il loro era stato un saluto veloce, una promessa di ritrovarsi ancora, lo scambiarsi del numero telefonico e un indirizzo scritto veloce su un fazzolettino di carta...
L'estate ormai stava per finire e lui se ne andava, fra qualche giorno anche lei sarebbe andata via... addio vacanze, addio dolci emozioni, i balli di sera, le nuotate e i tuffi nella giornata, l'amore che era nato spontaneo, a prima vista...
Una lacrima scivolò sulla guancia nel ricordare...
Il primo giorno arrivata al mare era sola e guardava il mare quando sentì la sua voce che le chiese cosa facesse tutta sola sulla spiaggia a quell'ora.
Era arrivata la mattina presto e mentre i suoi familiari stavano a riposare, lei aveva pensato di andare a salutare il mare.
E nel salutarlo conobbe lui... una forte simpatia, un grande desiderio di stare insieme, fecero trascorrere dolcemente e veloci i giorni di vacanza.
Bello rincorrersi sulla riva del mare, camminare a piedi nudi sulla sabbia, mano nella mano, le risate argentine, i lunghi silenzi, le emozioni, il cuore che martellava ad ogni incontro... ed ora il pianto, la lontananza, il sapere di non rivedersi per lungo tempo...
Non restava che una semplice e repentina promessa a congiungere i loro giovani cuori...ora sola pensava e, la nostalgia era struggente.

Primo giorno di scuola
Settembre, si ricomincia la scuola... una moltitudine di alunni e genitori è
nell'atrio in attesa dell'entrata.
Il suono della campanella si fa attendere, tutti vivono l'ansia di questo
primo giorno dell'anno scolastico.
Per me ormai sono anni che insegno, ma ogni inizio anno scolastico rivivo
come sempre l'attesa del primo ingresso in aula degli alunni.
E' un po' come riformare una nuova famiglia, un ciclo ormaiè finito ed ora
si ricomincia.
Vedo tanti piccoli che attendono e penso chi saranno coloro che avrò nella
mia classe.
Invitati nella scuola materna siamo andate presto noi insegnanti per
assistere all'addio che i piccoli daranno alla scuola che li ha ospitati per
circa tre anni.
Erano tutti in circolo come dovessero fare il girotondo, noi siamo entrate ed
essi hanno applaudito, ci siamo avvicinate al loro girotondo prendendo
posto a caso fra i fanciulli, poi insieme abbiamo cominciato un girotondo...
I bimbi cantavano felici.
Una bimba e un bambino stringevano le mie mani, avvertivo l'emozione
in quelle piccole mani che stringevano le mie come per
chiedermi guidaci in questo percorso di vita da trascorrere assieme.
Finito il canto e fermato il girotondo alcuni bimbi staccatosi dal gruppo
sono tornati portando ciascuno una rosa, che ciè stata donata... una rosa
per ogni insegnante.
Poi assieme ci siamo diretti verso il campetto della scuola, la Preside ha
dato il via per la lettura degli elenchi ed ogni alunnoè stato assegnato alla
propria classe... classe prima sezione A, la mia, 19 bambini tra cui un
disabile in carrozzella... una grande emozione averli tutti vicino, mi
guardavano con gli occhi attoniti, nessuno piangeva e quel che più mi ha
emozionatoè che tutti erano felici di essermi vicini e rispondevano allegri al mio
sorriso, e lui, il piccolo disabile mi ha accolto con un sorriso e uno sbadiglio...
è il suo saluto per me, quasi un segreto fra le nostre anime, e lo mantiene
intatto ogni volta che mi vede...

Rincontrarsi
- Buongiorno, signora maestra, sei arrivata finalmente quassù, ti
aspettavo...
- Buongiorno, bel bimbo biondo, che piacere rivederti dopo tanti anni, ma
sei sempre uguale, non sei cambiato affatto?
- Quassù non ci si trasforma, si resta sempre così come si arriva...
Ti aspettavo da anni, cara maestra, sapevo che un dì saresti arrivata...
e sei sempre come ti ricordo. Dammi la mano che ti accompagno a
osservar le luci che quassù brillano, chi più e chi meno secondo cosa hanno
fatto sulla Terra...
- Grazie, dolce fanciullo,è bello essere or guidata da te, mentre prima ti
guidavo io.. ricordi?
-Si, edè emozionante...
- Ricordi quando non imparavi a leggere, però per amor mio imparasti e fu
così grande l'amor che ci mettesti per farti dire bravo...
- Era una grande gioia sentirmi dire bravo e vedere il tuo sorriso che
esprimeva soddisfazione a sentire la mia voce leggere...
E poi la tua mano mi accarezzava i capelli, mi dava una immensa felicità...
l'avverto ancora...
- Si, si, ricordo... ti piaceva quando ti accarezzavo la testolina bionda e i tuoi
capelli alzati dal gel
- E mi dicevi bel praticello mio... era una tenerezza la tua voce
- E tu bricconcello, che andavi a bagnarti i capelli affinché io ti facessi lode
del tuo praticello...
-Ti preoccupavi, lo so, che prendessi il raffreddore...
- E' vero, per me eri come un figlio...
- Andiamo ora ci sono tanti che t'aspettano...
Così il fanciullo prende per mano colei che tanto l'aveva guidato e insieme
s'incamminano verso il mondo della luce eterna...

Il regalo e la spazzatura
Guardare le vetrine con gli occhi attoniti e desiderosi di acquistare doni per il proprio bimbo nato da pochi giorni, messo lì in una carrozzina mezza sgangherata trovata per strada accanto a un cassonetto... imbottito di poveri stracci di recupero ...
Belle le tutine e i vestitini caldi ed eleganti delle vetrine addobbate per Natale.
Il desiderio assaliva la povera mamma e sognava di vedere il suo bimbo tutto vestito a festa...
e di avere anche lei un paio di scarpe calde, visto che ai piedi portava un paio di ciabatte logore...
Ogni tanto buttava lo sguardo per vedere se nel cassonetto riusciva a trovare qualcosa di utile, ma quel giorno non c'era nulla che potesse interessare ... e la tristezza le spezzava il cuore...
Poi scorse un signore distinto che correva a buttare la spazzatura, andava di fretta , lanciò il pacchetto e riprese la sua strada con una signora al fianco...
Lei si avvicinò furtiva per vedere cosa avesse abbandonato e... miracolo! Forse era un angelo che aveva lasciato doni per lei e il bambino!
Nella busta lasciata dal quel signore c'erano due scatole nuove nuove, una con una tutina stupenda per un neonato e nell'altra delle scarpine con un cappellino caldo per il suo piccino e, guardò ancora .. c'erano anche un paio di stivaletti nuovi da donna, belli caldi, mai avuti e tanto desiderati per l'inverno ormai imminente...
Li osservò bene, erano proprio del suo numero di scarpe... una lacrima inondò il suo viso ... era un angelo quel signore, aveva letto nel suo cuore e le aveva portato doni per lei e il suo bimbo...
Il bimbo intanto sorrideva e lei lo prese in braccio per attaccarlo al seno e farlo sfamare col suo latte...
E quello fu un attimo di dolcezza per la povera donna e il suo bambino.

Intanto il signore con sua moglie erano arrivati a casa della loro figliola, anche lei diventata mamma da pochi giorni... il suo papà le stava donando il regalino per il piccino, ma rimase sgomento... portava una busta , ma era quella della spazzatura...
Per la fretta aveva buttato il pacco regalo, dove c'erano anche gli stivaletti della moglie da portare a cambiare una soletta, e aveva portato con sé la spazzatura...
In un primo momento rimasero tutti male, la figliola corse a vedere nel cassonetto, ma non trovò più nulla... era dispiaciuta...
La mamma la consolò e le disse che non doveva preoccuparsi, che le avrebbe ricomprato il dono per il nipotino, poi rivoltasi al marito gli disse di non essere triste, ma di sorridere, forse un angelo lo aveva guidato a fare così per aiutare chi era in difficoltà...
Così la serenità tornò nei loro cuori e felici si abbracciarono.

Cercasi Gesù Bambino per recita di Natale
Par poca cosa organizzare una recita di Natale, e io pur avendola organizzata da anni ogni volta rivivo l'emozione di realizzarla bene e con sentimento.
E' la recita che fa commuovere i genitori, che sanno perdonare le piccole imperfezioni dei propri figli, che vivono con noi tutti questo momento magico, che ci accomuna e ci dona gioia.
L'eccitazione dei bambiniè indescrivibile, ognuno aspetta la propria parte e si anima l'ambiente dell'aula...

Ad ognuno di loro consegno la fotocopia dell' intera recita, ciascuno la incolla sul proprio quaderno delle poesie, poi insieme si comincia a leggerla e a prima lettura le parti sembrano difficili, anche se belle quando le leggo io.
I bimbi ascoltano l'espressività della mia voce, il cambiare tono secondo i personaggi e, affascinati, ognuno vorrebbe interpretare una parte scelta.
- No, non do le parti, la recita dobbiamo impararla tutti perché se anche uno manca, un compagno lo può sostituire.
Accettano ed assieme, giorno dopo giorno, si prova la recita; lo si fa mentre sul quaderno di Arte si illustrano i personaggi della Natività oltre alle figure i Babbo Natale e della Befana.
Si recita anche mentre si costruisce il calendario di fine anno e il biglietto augurale.
Si recita durante la ricreazione e si intonano anche i canti di Natale da abbinare alle parti in prosa.
L'entusiasmo cresce giorno dopo giorno, la recita ormai la sanno quasi tutti, comincio a dare le parti e continuo a dar consigli su come bisogna agire per ben interpretarle.
Gli alunni si sentono veri attori, protagonisti di ciò che interpretano: le stelle, la stella cometa, i pastori, Maria, Giuseppe, i Magi...
Ma il piccolo Bambino Gesù dove cercarlo?
Si guardano tutti stupiti, cercando una risposta, poi come per magia ci siamo rivolti tutti a Lui, il nostro piccolo angelo, cheè l'amore di insegnanti e compagni, che ci parla solo con gli occhi e col sorriso e che mi ascolta tanto perchè attraverso la voce percepisce tutto...
La scelta cade quindi su di Lui, che sorride e così si intuisce che neè felice.
Ne informo la mamma, ma pare un po' titubante, poi mi chiede se il figlio neè felice e io le rispondo di si.
- Felice lui, felici tutti, dice
Così la mamma accetta, le dico perciò di portare a scuola il figlio di pomeriggio il giorno della recita.
Mi risponde si, ma tutti non credono che lo faccia, invece sento che lo porterà.
I bimbi sono tutti in palestra, addobbata per la recita natalizia: un grande albero di Natale, stelle e festoni colorati, disegni della natività, fili dorati e argentei alle pareti... tutto frutto di lavori eseguiti dagli alunni dal mese di novembre ad oggi.
Metà della palestraè trasformata come sala teatrale con le sedie poltrona per genitori, nonni, altri parenti e amici, che cominciano pian piano ad arrivare...
Aspetto il mio Bambino Gesù, la collega mi chiede cosa fare se la mamma non lo porta, le rispondo che mi ha promesso di portarlo e il cuor mi dice che lo farà, ma se non arriva provvederemo con un altro bambino piccolo...
Passa il tempo, l'eccitazione cresce, i genitori e i parenti continuano ad entrare, mi salutano tutti e sono felicissimi... ormai non si spera più nell'arrivo di Lui, tranne me che ci conto molto... infatti eccolo arriva sulla sua carrozzina, con la mamma e tutta la famiglia... il papà, i nonni ed altri parenti...
Tutti i compagni lo circondano, applaudono, sono felicissimi e la gioia irrompe nei cuori di tutti i presenti.
Intanto Lui sorride, mostra felicità sul suo viso bellissimo, così dolce che mi fa rabbrividire e commuovere...
E' arrivato Gesù Bambino...
Gli alunni tutti cantano e due bimbe che fanno la parte delle stelle lo prendono per mano e così inizia la recita.
Bellissima!
Emozione intensa quando Lui, tra Maria e Giuseppe, recita la sua parte con un gioioso sorriso, che pare dire al mondo:
- Eccomi, sono arrivato fra voi tutti per regalarvi Gioia, Amore e Pace...

 


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