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2025
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26 Marzo
Matteotti e Mussolini. Vite parallele. Dal socialismo al delitto politico di Mimmo Franzinelli Arnoldo Mondadori Editore S.p.a Storia Pagg. 480 ISBN 9788804771395 Prezzo Euro 25,00
Il dittatore e il democratico Matteotti e Mussolini sono stati due emblemi di una concezione diversa del potere, il primo convinto che il potere risieda nella volontà popolare espressa liberamente e nella democrazia, il secondo avviato a spron battuto verso logiche di dittatura, contrario a ogni confronto di opinioni e di idee diverse. La differenza di vedute risiede evidentemente nel concetto innato in Matteotti che solo con un contrasto politico paritario il paese Italia potesse vivere le difficili fasi del dopoguerra; per Mussolini non era invece questione di dare un’impronta allo stato affinché l’Italia riuscisse ad avere prospettive economiche e sociali, ma nel suo ego smisurato non poteva che concepire l’identificazione fra la sua persona e l’intera nazione. Si trattava di posizioni sicuramente inconciliabili e in un’aula parlamentare che vedeva primeggiare il movimento fascista senza lasciare spazi all’opposizione Matteotti rappresentava l’unica voce, forte, di dissenso. A fronte di un programma che vedeva solo l’ascesa al potere assoluto di Mussolini, Matteotti contrapponeva un deciso progetto riformista ed era anche l’unica effettiva voce di una politica di opposizione, capace come un pugile di ribattere gli assalti degli avversari. Per il futuro duce divenne in breve una spina nel fianco, che tendeva a condizionarlo sempre di più e che pertanto doveva essere messa a tacere. Forse non intendeva proprio sopprimerlo , ma questo non potremo mai saperlo, forse voleva che le sue minacce fossero più concrete di un avvertimento, sta di fatto però che Matteotti finì con il soccombere non tanto politicamente, ma fisicamente. Franzinelli nel suo bel saggio tende a togliere quell’alone di mito imputabile soprattutto alla fine violenta del politico polesano, restituendo invece la figura di un uomo di ampi meriti non strettamente legati alla sua opposizione al fascismo, che pure è già molto, ma alla sua capacità di avere una visione dell’umanità che si potrebbe definire molto avveniristica, un uomo che intendeva dare una veste di dignità ai lavoratori senza distinzioni geografiche, insomma un’idea di universalità. Il libro parla dei rapporti fra Mussolini e Matteotti fin da quando il primo era un membro del partito socialista, il che lascia intendere che entrambi si conoscessero assai bene; proprio tale circostanza giustifica la preoccupazione del secondo per una vendetta del primo dopo il suo discorso alla Camera dei Deputati del 30 maggio 1924 con cui contestava i risultati elettorali del 6 aprile guastando così la festa del primo ormai convinto di vedere trionfare il fascismo. Assai probabilmente Mussolini la prese come la massima delle offese, ragion per cui Matteotti che, nonostante fosse solo, combatteva strenuamente, doveva essere messo a tacere, così che passarono pochi giorni e il 10 giugno scattò la vendetta. Franzinelli va oltre la morte di Matteotti, parla delle indagini, di tutte le fasi successive a un delitto di cui ancor oggi si prova l’orrore, con una completezza di grande valore, non disgiunta da un ‘esposizione che privilegia la concretezza alla prolissità. Da leggere, quindi. Mimmo Franzinelli (Cedegolo, 1954) studioso del fascismo e dell´Italia repubblicana, componente del comitato scientifico dell'Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione "Ferruccio Pari", è autore di numerosi libri, fra cui: per Bollati Boringhieri, I tentacoli dell´Ovra (1999, premio Viareggio 2000), Rock & servizi segreti (2010) e Autopsia di un falso. I Diari di Mussolini e la manipolazione della storia (2011); per Mondadori, L´amnistia Togliatti (2006), Il delitto Rosselli (2007), Beneduce. Il finanziere di Mussolini, con Marco Magnani (2009), Il Piano Solo (2010), Il prigioniero di Salò (2012), Tortura (2018); per Rizzoli, La sottile linea nera (2008). Con Feltrinelli ha pubblicato: La Provincia e l´Impero. Il giudizio americano sull´Italia di Berlusconi, con Alessandro Giacone (2011), Delatori. Spie e confidenti anonimi: l´arma segreta del regime fascista (UE 2012), Il Giro d'Italia. Dai pionieri agli anni d'oro (Feltrinelli, 2013), - per gli Annali della Fondazione Feltrinelli - Il riformismo alla prova. Il primo governo Moro nei documenti e nelle parole dei protagonisti (ottobre 1963-agosto 1964), con Alessandro Giacone (2013) e Fascismo anno zero (Mondadori 2019), Croce e il fascismo (Laterza 2024), Mussolini racconta Mussolini (Laterza 2024)..
15 Marzo
Fumana di Paolo Malaguti Edizioni Einaudi Narrativa Pagg. 304 ISBN 9788806259778 Prezzo Euro 20,00
Una donna fiera di essere libera Fumana è come viene chiamata la nebbia nelle zone del Po prossimo alla sua foce. E lì certamente, soprattutto in autunno, anche per l’abbondanza d’acqua spesso stagnante, la nebbia non manca mai, ma non è questo fenomeno atmosferico il protagonista del romanzo, è solo un aspetto della natura che smorza i colori, attenua i rumori, rende difficile vedere all’intorno quando si cammina.. Fumana infatti è il nome di una femmina che, partorita con difficoltà, rimane subito orfana, perché la mamma muore e il padre fugge, non si sa dove, ma senza più ritornare. Le è rimasto un unico parente, il nonno, chiamato Petrolio, e provvede lui ad allevarla, benché inesperto; l’uomo conduce una vita povera, ma libera, andando a pescare nei numerosi canali in cui si divide il grande fiume prima di affondare nell’Adriatico e, per non lasciare sola la bimba, a cui verrà dato il nome di Fumana in quanto attratta irresistibilmente dalla nebbia, la porta con sé sul suo sandolo. Lei cresce così, pescando con la fiocina e conoscendo quel mondo così selvaggio che la circonda. Vivere prendendo pesci sembrerebbe il suo destino, ma non è così, perché lei è una predestinata, una strigossa e lì al paese, Voltascirocco, ce n’è già un’altra, la Lena, che ha votato la sua vita a curare con segni e con erbe gli altri, senza pretendere di essere pagata, accettando al più qualche omaggio in natura. E Lena insegnerà il mestiere a Fumana, vero e proprio punto di svolta del romanzo che pagina dopo pagina si fa sempre più interessante. E’ così che Malaguti ci racconta la vita di una donna libera e altruista dalla sua nascita nel 1882 fino alla sua fine, tanti anni con ancor più tanti eventi, come nascite, morti, amori, guerre, sviluppo industriale, piene del Po, perdita delle tradizioni. Per lo più, almeno per quanto concerne i grandi fatti, sono cose che conosciamo già, ma che viste dagli occhi di Fumana assumono evidenze diverse, raccontano di una storia vista dal basso, dagli umili in un piccolo contesto quale è Voltascirocco, perché al di là dell’attività di guaritrice della strigossa c’è un cuore che palpita, c’è un desiderio di amore immenso di una donna che è fiera di essere libera, che trova se stessa nella natura che la circonda, nelle nebbie da cui sembrano giungere voci strane, voci di chi non c’è più. Forse è un sogno, ma Fumana non è pazza, Fumana riesce ad arrivare a una trascendenza che a pochi è riservata. Ci sono pagine di grande bellezza in cui sembra di udire il sospiro dell’acqua, i richiami degli uccelli, il gracidio delle rane, il respiro del vento, ma soprattutto c’è lei, Fumana, un personaggio che affascina, creato abilmente dall’autore. Il romanzo è veramente bello, per non dire stupendo, e probabilmente il migliore di quelli che ho letto scritti da Malaguti. Paolo Malaguti è nato a Monselice (Padova) nel 1978. Attualmente vive ad Asolo e lavora come docente di Lettere a Bassano del Grappa. Con Neri Pozza ha pubblicato La reliquia di Costantinopoli (2015), finalista al Premio Strega 2016. Tra le sue opere Nuovo sillabario veneto (BEAT, 2016), Prima dell'alba (Neri Pozza, 2017), L' ultimo carnevale (Solferino, 2019), Se l’acqua ride (Einaudi, 2020), Il Moro della cima (Einaudi, 2022), Piero fa la Merica (Einaudi, 2023), Fumana (Einaudi, 2024).
7 Marzo
Come un’arancia dolce di Vanna Corvese Fara Editore Poesia Pagg. 56 ISBN 978-88-9293-153-4 Prezzo Euro 12,00
La poesia può servire a cementare il ricordo, cristallizza le emozioni, è sospiro e grido al tempo stesso, è la consolazione per una perdita e Come un’arancia dolce di Vanna Corvese è la memoria pacata, a fronte di un dolore ormai omologato, dell’ultimo scorcio di vita di una persona con cui si è trascorsa gran parte della propria esistenza. Non è solo l’assistenza a un malato terminale, è l’ultimo disperato slancio d’amore: Una luce fioca / illumina il tuo corpo supino / coperto da un lenzuolo colorato. / La luce è accesa sul comodino, / come vuoi tu. / Ora dormi tranquillo / e respiri piano, / ma quando oscuri fantasmi / tornano a inquietarti / ti agiti sul letto / e il terrore / devasta i tuoi lineamenti. Si vorrebbe non aver mai avuto questa esperienza così devastante, però purtroppo capita, perché non viviamo in eterno e io stesso ho sperimentato questo percorso angosciante quando mia moglie si è ammalata per poi morire. Comprendo quindi i sentimenti di Vanna Corvese e giungo a dire che mi ritrovo nei suoi versi, riuscendo lei a esprimere in poesia quello che è in me e che per pudore, forse, non ho mai esternato. In questi giorni, in queste ore di attesa del passo finale si ripercorrono inevitabili episodi della vita insieme, perché visto che non c’è un futuro ci si intende inconsciamente consolare con la memoria del passato (Mi trafigge la nostalgia / mentre il ricordo mi porta / l’onda sonora della fisarmonica, / la canzone che suonavi / per il bambino con la febbre alta / addormentato nella roulotte / come in una tiepida tana. / Un nubifragio nel cuore della notte / spense le luci, /ma le note allegre / tra gli alberi scossi dal vento / donarono un auspicio di sereno / ai compagni di viaggio. /...) Sono ben evidenziate le sensazioni, le emozioni, le speranze che si susseguono in questa veglia, in cui ci si può anche illudere che tutto non sia reale, ma sia solo il frutto di un brutto sogno. Però tutto finisce, la vita di ogni giorno scompare di fronte a un’attesa ormai senza speranza e se la morte è pronta a ghermire l’infermo, la persona amata che l’assiste ha la morte nel cuore (Col male che ti divora / abbiamo perduto / il dolce rito amoroso, / le passeggiate in città, / la spesa quotidiana insieme / tu col carrello / io coi miei pacchetti, / la sosta al bar per un caffè, / l’incontro domenicale con gli amici, il dialogo canoro con gli uccelli. / …). E infine il passo finale, lontano dai propri cari, a loro nascosto quasi che la morte calasse un sipario sulla vita di un uomo (Mi hanno mandata via. / L’attesa è interminabile. / Sei solo. / Infine la sentenza: / codice rosso / il cuore… / Mio figlio / accorre al mio richiamo / con la cugina. / Nessuno parla: / immobili, aspettiamo. / Non ti abbiamo più visto.). Questa silloge di Vanna Corvese è indubbiamente una poesia del dolore, della sofferenza di chi va e di quella di chi lo assiste e poi resta, e dice delle gran verità, ripete ciò che altri hanno già provato se volevano veramente bene, riporta situazioni, emozioni che scavano un solco nell’animo, che magari si attenuano con il trascorrere del tempo dall’evento ferale, ma che poi ogni tanto riappaiono, senza che siano più accompagnate dal dolore, quel dolore che i giorni, i mesi, gli anni trascorsi smussano, confermando a chi resta che chi è partito non tornerà più. E’ allora che scende un velo di tristezza che permette, a chi sa poetare, di mettere in versi quel lontano dolore. Come un’arancia dolce mi è piaciuto molto e ne caldeggio quindi la lettura. «Mi presento con le rughe e i capelli bianchi. Sono nata alcuni anni prima della dichiarazione di guerra del Duce! La mia infanzia è stata segnata dalla paura e dalle privazioni, ma anche dall’affetto di una famiglia piena di talenti, dallo spirito critico dei nonni e dall’ironia sapiente delle storie che mi narravano. L’esperienza di quegli anni ha trovato spazio in un romanzo breve – Quando il giorno verrà dei millinfanti – ma prima di questo racconto ho scritto e pubblicato sempre poesie, con poche incursioni nel mondo delle favole. All’alba del Terzo Millennio, la raccolta Incanto Disincanto mi procurò la gioia insperata di un primo premio al concorso della casa editrice Marotta & Cafiero di Napoli. Sono convinta che la poesia aiuti a rendere migliore il nostro mondo. Condividono con me la speranza di un futuro migliore gli amici “diversamente giovani” del mio laboratorio di lettura e scrittura, ciascuno con la sua voce libera e inconfondibile.»(Vanna Corvese)
1 Marzo
La montagna nel lago di Jacopo De Michelis Giunti Editore Narrativa Pagg. 576 ISBN 9788809932760 Prezzo Euro 19,00 Un giallo lacustre Non so se Montisola sia l’isola lacustre più grande d’Europa, ma quello di cui sono certo è che è un luogo molto bello, che mi è piaciuto immediatamente ancora prima di visitarlo, transitando in auto sulla strada litoranea che attraversa Sulzano, il paese sulla terraferma da cui parte il traghetto che ho poi preso per approdarvi. La si vede bene da lontano, nella parte superiore del lago d’Iseo, più imponente che ridente, un sasso scagliato da un ciclope, o meglio ancora una montagna che emerge dalle acque del lago. E La montagna nel lago è il titolo del bel romanzo giallo che ha scritto Jacopo De Michelis, 576 pagine di un ritmo quasi sempre serrato, che avvincono il lettore dalla prima all’ultima. Se la trama è più che masi convincente, non si possono che apprezzare le descrizioni del paesaggio e dell’atmosfera di questo posto, che sembra completamente isolato dal mondo. La vicenda inizia con il ritrovamento di un uomo non più giovane che era scomparso, ferito gravemente per le torture subite, ancora in vita, ma che morirà nel giro di pochi minuti, senza fornire indicazioni su chi gli ha fatto così del male. La vittima è Emilio Ercoli, il riccone del paese che si è fatto una fortuna non si sa come, più temuto che stimato, ma che sembrerebbe non avere nemici, tranne Nevio Rota, un pescatore del luogo e ovviamente i sospetti si addensano su di lui. E’ per difenderlo che ritorna il figlio Pietro da Milano dove è rimasto dodici anni cercando di trovare il successo come giornalista di un grande quotidiano e invece conducendo una vita stentata e di ben poche soddisfazioni, poiché l’unico lavoro che ha trovato è stato quello di scrivere come freelance articoli per un periodico di cronaca nera. Poi la trama, ben strutturata, si sviluppa secondo un criterio logico senz’altro apprezzabile, alla vana ricerca di un altro sospetto onde sviare le indagini su Nevio Rota. E’ una figura interessante Pietro, in un certo senso un fallito, pieno di debiti e che sniffa anche coca, un uomo deluso, ma che tuttavia troverà nell’indagine che svolge congiuntamente con un amico agente della polizia municipale l’occasione per il suo riscatto. Mano a mano che si procede emergono personaggi sospetti che si rivelano poi piste sbagliate, ma soprattutto si innesta un aspetto storico legato alla seconda guerra mondiale quando a Montisola, dopo l’8 settembre 1943, era giunto Junio Valerio Borghese, il famigerato comandante della Decima Mas, eleggendo la località a suo feudo personale. Alla fine i colpi di scena si susseguono e si arriva alla verità, talmente logica che ci si chiede come mai non la si sia vista prima, ma anche quando si scoprirà l’autore del delitto c’è spazio per un’ulteriore sorpresa, che ovviamente non svelo, ma che posso definire un colpo di genio dell’autore. Non aggiungo altro, se non la raccomandazione di leggere questo romanzo, perché merita ampiamente.
Jacopo De Michelis
è nato a Milano nel 1968 e sempre a Milano si
è laureato in filosofia teoretica.
23 Febbraio
La donna più vecchia del mondo di Daniela Raimondi peQuod Edizioni Poesia Pagg. 92 ISBN 9788860683908 Prezzo Euro 15,00
La sofferenza di vivere E con questa sono tre le sillogi scritte da Daniela Raimondi che ho avuto la possibilità e il piacere di leggere. In questa poetessa è sorprendente la capacità di non ripetersi, di trovare nuove tematiche realizzate in modi diversi, con uno stile che è riconoscibile solo dopo un’approfondita lettura e rilettura. In Avernus c’era il prima e il dopo la scomparsa di una persona (in questo caso il padre della poetessa), in I fuochi di Manikarnica si parla di viaggi, mentre in questa nuova opera si racconta soprattutto del dolore di alcune donne, per lo più famose, ma non mancano anche quelle che costituiranno solo un ricordo per gli affetti più vicini. Così si va da Koku Istambulova, appunto la donna più vecchia del mondo (Non conoscevo il mare / solo le verdi onde del grano, / il tormento dei fiumi a novembre. / Sono nata di notte sui monti, / tra il canto dei lupi e le grida dei cinghiali./ Sono cresciuta in un paese di poveri, / dove il pane era fatto di fatica e sudore / e la morte era la rosa più bella. /…) alla sfortunata pittrice messicana Frida Kahlo (Presi l’autobus di corsa, / senza sapere che quel piccolo salto per salire / era già segnato dal destino. / Il tram ci venne incontro / come un toro furioso. / Mi infilzò, / sollevandomi verso il cielo come un trofeo./ Il sacchetto di polvere d’oro / del gringo che mi sedeva accanto / esplose nello scontro, /riempì il cielo con una pioggia leggera e lucente../…). Poi ci sono altri personaggi femminili, tutti segnati dal dolore, da donne per niente famose, come l’anonima aspirante suicida, e altre che hanno avuto non dico la fortuna, perché negli specifici casi sarebbe quasi blasfemo parlare di fortuna, bensì l’opportunità di essere ricordate per diversi motivi, come la progenitrice Eva (Dio mi cacciò dal Giardino / e pose ad oriente dell’Eden ( sette cherubini dalle spade folgoranti. / …) o la scrittrice Silvia Plath, la demente Isolina (Isolina ride per strada, / muove le mani nell’aria / e saluta lo stormo di passeri in cielo. / Poi si siede nel metro di luce / che viene dal mare / e mangia un gelato, si lecca le dita. / Qualcuno la chiama ‘la scema’. / Lei rimane nello scarto di terra / fra la spiaggia e la vite./ Aspetta il pirata che sbuchi dall’orto, / la nave che vola sui prati. / …); Non potevano inoltre non esserci la scrittrice Marguerite Duras e l’attrice Marylin Monroe. Quindi, personaggi noti e sconosciuti accomunati, più che dal dolore, dal senso del dolore, da quella marcatura iniziale che li accompagnerà in tutta la vita, e si tratta sempre di donne, la parte più succube della nostra umanità, per la quale vivere la sofferenza è pur sempre un vivere. Verso dopo verso si viene formando un requiem che avverte chiaramente il nostro animo, una musica solenne e al tempo stesso semplice per celebrare sofferenze che ci vengono piano piano svelate, vite perdute nel solco di un destino che grida forte il dolore di vivere. Da leggere.
Daniela Raimondi è
nata in provincia di Mantova e ha trascorso la maggior parte della sua vita in
Inghilterra. Ora si divide tra Londra e la Sardegna.
14 Febbraio
Oliva Denaro di Viola Ardone Edizioni Einaudi Narrativa Pagg. 312 ISBN 9788806247973 Prezzo Euro 18,00 Il valore della libertà Corrono gli anni ‘60, l’Italia, uscita distrutta della guerra, è stata ricostruita con i sacrifici e l’operosità dei suoi abitanti, comincia il famoso boom economico. Di pari passo con le migliorate condizioni di vita subentra una nuova mentalità, in cui le donne possono aspirare a essere considerate alla stregua degli uomini, ma non è così dappertutto, perché in molte zone del Sud vige ancora una concezione maschilista, in particolare quella che consente il matrimonio riparatore, del resto previsto dall’allora vigente art. 544 del Codice penale, che estingue la pena della violenza sessuale qualora il soggetto incriminato porti all’altare la vittima. La mentalità di subordinazione delle femmine è tale che è una pratica assai diffusa, eppure c’è chi si ribella, come nel caso di Franca Viola e Viola Ardone prende spunto da questa presa di coscienza per scrivere un romanzo in cui la protagonista afferma la sua personalità. E’ quasi superfluo che dica che lei finirà per apparire la svergognata e tale è considerata soprattutto dalla madre (usa ripetere: la femmina è una brocca: chi la rompe se la piglia) che è una conservatrice estrema, mentre la ragazza troverà un insperato appoggio proprio in un uomo, nel padre, che non è il padre padrone, bensì colui che desidera solo la felicità della figlia. Sarà lui a sostenerla nella decisione di opporsi al matrimonio riparatore, un aiuto certamente non scontato, ma anche logico, perché normalmente nelle figlie spesso si rispecchiano le caratteristiche del genitore. Oliva Denaro è un romanzo crudo, un’opera che vuole dare un’impronta ben precisa affinché, al di là del caso specifico, alle donne sia riconosciuta la loro personalità e Viola Ardone lo fa con una scrittura asciutta, senza tanti fronzoli e non potrebbe essere altrimenti, perché è vero che si tratta di un parto di fantasia, ma ci sono state tante, troppe donne che hanno subito un torto grave come Oliva Denaro e non hanno saputo, né potuto ribellarsi. La libertà è un bene inalienabile che quando manca si deve conquistare, costi quel che costi, e che quando c’è deve essere difeso fino all’estremo. Non ha il pathos del Treno dei bambini, ma è un romanzo eccellente, sia per il tema svolto, sia per la capacità che ha la narratrice di coinvolgere, soprattutto le donne, ma anche quegli uomini che credono che la libertà non abbia sesso, né colore della pelle. Viola Ardone (Napoli, 2 luglio 1974) è laureata in Lettere e ha lavorato per alcuni anni nell'editoria. Autrice di varie pubblicazioni, insegna latino e italiano nei licei. Fra i suoi romanzi ricordiamo: La ricetta del cuore in subbuglio (Salani, 2013), Una rivoluzione sentimentale (Salani, 2016), Il treno dei bambini (Einaudi, 2019), Oliva Denaro (Einaudi, 2021) e Grande meraviglia (Einaudi, 2023).
8 Febbraio
Versi d’istinto di Cataldo Amoruso Vitale Macabor Editore Poesia Pagg. 84 ISBN 979-12-81459-41-0 Prezzo Euro 13,00
Dolce
malinconia Versi d’istinto, che è la prima opera edita di Cataldo Amoruso Vitale, è composta da due raccolte, Dalla marina, versi in dialetto di Cirò Marina (KR), di cui non intendo parlare (c’è la traduzione in italiano in cui si può apprezzare la vena delicata, ma tendo a rifuggire il volgare per quella sua territorialità che si oppone all’unitarietà della lingua nazionale) e la ben più corposa, e per me linguisticamente più appetibile, Dai giorni. Ciò premesso, dalla lettura di quest’ultima ho tratto nel complesso delle impressioni positive, a partire dal fatto che è senz’altro ben comprensibile, a tutto vantaggio di quella possibilità di instaurare un dialogo virtuale fra autore e lettore. Amoruso ha una poesia di sentimenti, porge le sue sensazioni ed emozioni, peraltro ben controllate, affinché si possa cogliere l’occasione di diventare partecipi di una condizione che porta piano piano a un’apprezzabile serenità. Con uno stile snello, con una fantasia misurata, trasmette bene quel che prova, ricorrendo anche a forme retoriche, quali la metafora, mostrando una raffinatezza che ben s’intona con la struttura equilibrata dei versi. La sera che non ha parole Arriva a sorprendere Come una mano sulla spalla A dire quello che può dire una carezza, un ricordo Di sogno più grande del vero Un abbraccio che si perpetua Un amore che non sa morire Pure, la sua forza vive In ogni piega della sera Custode delle palme impreziosite Dalle carezze mai finite. Muoiono le albe, rimangono i sogni, quelli veri, dove s’affacciano gli occhi a sera. C’è tutta quella malinconia che si accompagna alle felici scelte poetiche, una malinconia che non è tristezza, ma eventualmente è rimpianto per cose o momenti passati. Sono ricordi che emergono dall’oblio, immagini quasi eteree che si formano e sbucano dalla nebbia del tempo. Ora dormono le case dei piccoli ferrovieri dormono in rovina le cisterne i pozzi i forni i magazzèni solo li desta con pena il ricordo rettangolare delle luci li attraversa all’uscita dei canneti tra un punto e l’altro di due case un sibilo di treno poco più che un richiamo un sussurro di cosa più non siamo . / . Tuttavia non c’è dolore, non si avverte il timore per una perdita, bensì si riesce a cogliere quella mestizia che nasce dalla consapevolezza che ogni cosa ha il suo tempo e che le nostre, quelle abbiamo avuto nella nostra esistenza, sono solo ormai ombre, tracce di ciò che è stato e che mai più ritornerà. Sarà perché mi trovo con ciò che ha scritto Amoruso, sarà anche perché è già in me latente quella malinconia di cui ho detto sopra, ma sta di fatto che leggendo questi versi leggo me stesso, provo le stesse emozioni e le stesse sensazioni dell’autore, tanto da poter dire che io e lui siamo in totale sintonia. Ne consegue che consiglio senz’altro la lettura. Cataldo Amoruso Vitale nasce nel 1959 a Cirò Ma-rina (KR); dopo le scuole superiori si trasferisce in Emilia Romagna dove, per un quarantennio, svolgerà il ruolo di capo-stazione in Piacenza, nella cui provincia oggi risiede con la famiglia. Studioso e cultore appassionato di storia e di lingue, soprattutto italiano e spagnolo, molto legato alla sua terra d’origine, oltre a numerosi saggi brevi condivisi nei suoi spazi telematici (Krimisa, blog personale), nel 2017 ha pubblicato Repertorio lessicale della parlata di Cirò e della marina, un progetto di ricerca e di analisi condotto per diversi anni, che ha riscontrato ampio consenso di pubblico e suscitato l’interesse di studiosi non solo calabresi. Suoi scritti sono stati pubblicati sulla rivista del Centro Studi Bruttium, mentre una nota sulla poetica unitamente ad alcune poesie sono state pubblicate, a cura di Angela Greco AnGre, su Il sarto di Ulm, rivista di poesia delle edizioni Macabor. La poesia, ricercata e studiata, da sempre presente nel suo quotidiano (una raccolta giovanile, da considerarsi una prova d’autore, fu data alle stampe emiliane negli anni Ottanta del secolo scorso e mai divulgata), resta la grande passione di questo autore. Questo è il suo primo titolo edito.
2 Febbraio
Di lentissimo azzurro di Angela Caccia Campanotto Editore Poesia Pagg. 80 ISBN 9788845618666 Prezzo Euro 13,00 L’incertezza di Angela Credo di aver letto quasi tutta, se non tutta, la produzione poetica di Angela Caccia e così ho avuto modo di verificare la progressiva evoluzione artistica di una poetessa che non finisce di stupire, prima fa tutti lei stessa, tanto che è capitato che mi abbia chiesto, trepidante, se quanto scritto avesse o meno una valenza. L’ha, certamente l’ha, perché l’approcciarsi a certe tematiche di volta in volta è diverso, con una ricerca di un linguaggio che sia nel contempo chiaro, ma anche pregno di sostanza, quasi a voler cercare nelle parole il sunto dei concetti espressi. Di questa naturale incertezza è prova inconfutabile la prima poesia della raccolta che ritengo opportuno riportare per intero al fine di meglio comprendere il mio pensiero. Sarà servito a qualcosa leggere Omero farsi disturbare il sonno da una mail vivere fino la ferita e al grido sotterraneo uscire fuori dal calcolo? Sarà servito innamorarsi spartire in due il peso di sé stessi modellarsi uno all’altro sino a fare del dubbio l’unico fronte di liberazione? … come Giacobbe e la sua anca rotta poter lottare col proprio Angelo per guadagnarsi un nome Sarà servito raccogliersi in se stessa davanti a un foglio e lasciar fluire una sequenza di parole, ciò che in quel momento si sente sorgere spontaneamente, come una piccola polla d’acqua che si fa strada e a ogni passo diventa sempre più grande, confidando solo sulla pendenza, e nel caso specifico del poetare sulla forza intrinseca dei termini usati? E la risposta sta nell’inconscio procedere della creatività:Scritta a mano di lentissimo azzurro / coi tratti della cura e della calma / tra le pagine di un libro / assopita come una Biancaneve. Oppure anche:Ovunque ho residenza / scrive per me il sentimento del distacco /coltivo solo la rosa dell’esilio /… Potrei dire che mai, almeno finora, Angela Caccia ha scritto per comprendere se stessa, per svelare se la sua arte sia tale, oppure solo un accostamento di termini, una poesia spuria e non autentica. Non so se è riuscita ad avere una risposta certa, se abbia trovato almeno, se non la certezza, la speranza di saper realizzare qualcosa di valore, ma è un dilemma che è sempre innato nel momento in cui ci si sottopone agli occhi indagatori di chi legge. Si resta in attesa timorosa di quel giudizio che costituisca la miglior ricompensa della propria fatica. Sono anch’io un giudice, un opinionista soggetto alla valutazione altrui, pure in questo caso, ma credo che l’importante sia essere del tutto sinceri nel riportare la sintesi delle sensazioni e delle emozioni che la poesia può dare; ebbene, giunto al termine della lettura, resta dentro una vibrazione che lentamente si assopisce, una eco di cose buone che scende nelle valli dell’anima e che sazia la sete di bellezza, la prova più convincente di qualsiasi voto o giudizio. Angela Caccia ha pubblicato con Fara: Il fruscio feroce degli ulivi (2013), Il tocco abarico del dubbio (2015), Accecate i cantori (2017) e L’alveare assopito (2022). Con Lietocolle Piccoli forse (2017). Vari i contributi nel web, in particolare in Versante Ripido. È stata rencesita in poesia.corriere.it, Satura, Patria Letteratura, RAI Poesia, Oubliette magazine, La Repubblica di Napoli nella rubrica di Eugenio Lucrezi e La Repubblica di Firenze nella rubrica di Alba Donati. Finalista al Morra 2022 con liriche contenute nel presente libro, ha tre superbe passioni: poesia, ceramica e scacchi.
27 Gennaio
Waterloo di Bernard Cornwell TEA Edizioni Storia Pagg. 330 ISBN 9788850242870 Prezzo Euro 14,50
La grande mattanza 18 giugno 1815, il sole di Austerlitz non brilla più da tempo e Napoleone Bonaparte non vuole rendersi conto che ha imboccato la parte discendente della parabola. Fuggito dall’isola d’Elba, l’imperatore è riuscito nuovamente a entusiasmare i francesi, facendo leva su quella “grandeur” che lui ancora riesce a rappresentare. Ma i nemici di sempre incombono, occorre armarsi e precederli, non importa se il numero degli arruolati è complessivamente inferiore a quello degli eserciti degli alleati a lui ostili, basta ripetere quella manovra che gli è sempre riuscita, dividerli e sconfiggerli uno alla volta. Onde evitare che arrivino sul teatro di guerra anche i Russi e gli Austriaci, rallentati dalle distanze, si deve per forza di cose combattere contro gli inglesi e i prussiani. La strategia è sempre quella, dividere gli avversari e sconfiggerli singolarmente, e i fatti all’inizio sembrerebbero dargli ragione con una vittoria facile sui prussiani, ma questi non sono del tutto sconfitti, tanto più che i francesi li inseguono, in quella che è una loro apparente ritirata, con una forza ridotta, che prima faticherà a localizzarli e poi combatterà a lungo con la loro retroguardia. Il vero scontro è a Waterloo, fra i francesi e gli inglesi del duca di Wellington, in una battaglia sanguinosa sempre incerta nella sua conclusione, ma i tempi dell’invincibilità napoleonica sono tramontati, l’imperatore non è più quello di un tempo, ha perso molti dei suoi preziosi marescialli e se anche arriva a un palmo della vittoria la resistenza disperata del comandante britannico consentirà ai prussiani di unirsi agli inglesi e decreterà la sconfitta della Grande Armée. In tanti hanno scritto di questa battaglia, il cui esito ha determinato conseguenze fatali per l’Europa, ritornata agli stati divisi e conservatori di prima della Rivoluzione francese, e ognuno ha detto la sua. Ci ha provato anche Cornwell, noto autore inglese di romanzi storici. In questo caso, tuttavia, ha preferito anteporre la storia alla narrativa, con Waterloo che è l’esatta cronistoria di quanto avvenne. E’ un dramma continuo, con un macello senza precedenti e migliaia di vittime (si parla di 25.000 uomini per i francesi, 20.000 per gli inglesi e 4.000 per i prussiani) e se devo essere sincero fra tanti morti, mutilati, feriti lasciati senza l’indispensabile aiuto a un certo punto mi è venuto un senso di angoscia, che non mi aveva prese leggendo La battaglia. Storia di Waterloo, uscito dalla penna di Alessandro Barbero, opera che secondo me è più riuscita. Non è che il libro di Cornwell non sia interessante, perché invece lo è, ma la differenza sta tutta nell’aver affrontato lo stesso tema con un spirito diverso; infatti Barbero ha calcato un po’ meno la mano sull’orrore, pur non tacendolo, ma senza eccessi, con un distacco più da inglese che da italiano. Waterloo è in ogni caso da leggere perché è un saggio storico completo, ma non per questo greve.
Bernard Cornwell
(Londra,
23 febbraio 1944) dopo aver lavorato per anni
alla BBC si è dedicato alla narrativa e, oltre alla serie di romanzi
avventurosi ottocenteschi incentrati sul personaggio di Sharpe (I
fucilieri di Sharpe, La
sfida della tigre, Assalto
alla fortezza, L'eroe
di Trafalgar, Sharpe
all'attacco, Le
aquile di Sharpe e L'oro
di Sharpe), pubblicati da Longanesi,
ha scritto moderne avventure di mare (Scia
di fuoco e Figlia
della tempesta).
Dopo la trilogia di L'arciere
del re (Longanesi, 2001), Il
cavaliere nero (Longanesi,
2003) e La spada e il
calice (Longanesi,
2004), ha dato vita a un'appassionante epopea ambientata tra l'Inghilterra e i
mari del Nord durante il primo medioevo: L'ultimo
re (2006), Un
cavaliere e il suo re (2007), I
re del Nord (2008), Il
filo della spada (2009), Il
signore della guerra (2010), La
morte del re (2012)
e Il re senza dio (2014), La
congiura dei fratelli Shakespeare (2019), La
spada dei re (2021)
e La conquista di
Parigi (2023), tutti pubblicati da Longanesi.
20 Gennaio
Deja vu Quindici racconti rievocati di Marco Giorgini Edizioni Kult Virtual Press Narrativa Pagg. 248 ISBN 979-8302950864 Prezzo Euro 6,99
Tutto weird Questa raccolta di racconti, già pubblicati in passato su libri, riviste e siti web, spesso ormai impossibilitati a essere letti, comprende diversi generi, dalla fantascienza all’horror, nel sottogenere weird, quello nato con il preciso scopo di provocare nel lettore sbigottimento e paura e che ha visto fra i suoi autori artisti del calibro di Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft. Giorgini ha inteso con questo suo volume riunire la sua produzione di maggior qualità, a vantaggio degli appassionati del genere, una opportunità che non rientra tanto nelle logiche editoriali, ma nella volontà di rappresentare una specifica testimonianza letteraria. Si tratta in tutto di quindici racconti, scritti in epoche diverse, ma in un arco di tempo che va dal 2000 al 2010 e che nell’occasione hanno avuto una opportuna revisione, peraltro di modesta entità, tanto da non esserne stravolti. Per quanto le tematiche e le situazioni, insomma in pratica il genere non rientri fra quelli che più mi risultano graditi, in considerazione anche dell’amicizia con l’autore ho inteso tuttavia leggere con la miglior predisposizione, certo che in ogni caso avrei potuto trarre più di un’impressione positiva, il che effettivamente si è poi avverato. Poiché i racconti sono diversi ce ne sono di maggior o minor gradimento, come è ovvio che sia, e infatti giunto al termine della lettura ho constatato questa circostanza, e senza voler parlare di tutti e quindici, perché sarebbe troppo oneroso, mi sembra giusto fornire almeno un breve cenno di quelli che più mi hanno colpito. Con La fine delle trasmissioni si parla delle esperienze extrasensoriali di un soggetto, una specie di allucinazioni riscontrabili in genere in chi si droga, ma non è il caso della persona in questione, e proprio per questo, prima ancora di trovare una cura, è indispensabile cercare di capire, così che la nostra medicina lo rende oggetto di studio. In effetti il suo problema è quello di udire, come se fossero vicinissimi a lui, suoni e voci lontane, e ogni volta che capita la provenienza è sempre più distante, addirittura l’Australia. Non vado oltre, perché questo genere, come i polizieschi, esige sempre alla fine una soluzione e anticiparla sarebbe senz’altro sconveniente. E poi ci sono i racconti brevi, molto brevi, quasi dei flash, come L’adepto, che si svolge in un piccolo insediamento inglese, dove c’è un antico rito di iniziazione con una vittima sacrificale, o come Nel buio, con una casa dagli strani e misteriosi rumori, per non parlare del cortissimo Mare nero, una sorta di giorno del giudizio. Il mistero, che è poi tutto ciò che non riusciamo a spiegarci, è onnipresente, accompagnato dalla fantasia che mettiamo nel cercare di fornirci una risposta, purtroppo impossibilitati a ottenere. E quanto più ci sono stranezze, quanto più non riusciamo a comprendere, tanto più scivoliamo nel nostro inconscio. Questi racconti sono il frutto di questa inconsapevole ricerca di risposte che contiamo di reperire dentro di noi, ma che non troveremo. Da leggere. Marco Giorgini, nato a Modena nel 1971, lavora da quasi trent'anni nel campo della linguistica computazionale e, nello stesso periodo, coordina la rivista culturale online KULT Underground. Autore di racconti e videogiochi d'avventura narrativi, ha pubblicato anche diversi romanzi, tra cui spicca il giallo per ragazzi Il Mistero della Statuetta Egizia (2019). Negli ultimi anni, gran parte della sua produzione è stata inclusa in antologie collettive, spesso ambientate nella sua città natale, come nel caso del racconto weird Moden-e (2024), inserito nell'antologia Modenesi per Sempre.
14 Gennaio
Da quando non ci siete di Stefano Bianchi Fara Editore Poesia Pagg. 80 ISBN 978-88-9293-095-7 Prezzo Euro 7,00 La memoria Il tema della memoria è uno dei più diffusi in poesia, un po’ perché parlare del proprio passato ha l’indubbio vantaggio di non richiedere particolari doti di creatività, un po’ perché ci si illude che soprattutto gli anni più lontani della nostra esistenza, che corrispondono generalmente alla fanciullezza e alla pubertà, siano stati i migliori che ci potessero capitare. In quest’ottica credo debba essere vista questa raccolta poetica di Stefano Bianchi, capace di ricordare con il rimpianto malinconico di chi sa che certi eventi non si potranno replicare, che certe persone che abbiamo incontrato non sarà più possibile vedere di nuovo ( Che la vita è bella me l’hai insegnato tu, morendo.) Se rievocare rinforza il nostro desiderio di proseguire, pur tuttavia ha i suoi limiti nel senso di sconforto che si accompagna sempre al piacere di illudersi di rivivere determinate epoche. Bianchi mette nero su bianco le sue sensazioni, le sue emozioni rammentando e scrivendo di quando era bambino, parlando d’amore, del tempo che passa, spesso e volentieri con indovinate visioni della natura che non solo è palcoscenico dei suoi versi, ma ne è intima struttura, è il mezzo con cui meglio comunicare. E le parole, se opportunamente amalgamate, se intelligentemente scelte, hanno la capacità di trasmettere a chi le legge le stesse sensazioni e le stesse emozioni, come è possibile verificare in Dove?: Dove sei? In quel cielo di nuvole alte colorate di nero dal sole
come una
lanterna dietro a un telo? O nel verde sentiero che corrono in discesa i bianchi cani del nord
a quest’ora
della sera? Delle chiome gemmate di aprile sento la stessa pelle addosso, pure mi costringo a inseguire la corsa di una vita che non è mia, che non è nostra. Non indovina la strada per casa, quando bastava ascoltarti un secondo
allora. O sei nell’acqua del fiume che passa
una volta ma
poi non si ferma? O nell’aria che vola in montagna? Così pulita e leggera come la tua anima e le tue parole che mi tengon per mano stasera? Fra una citazione e l’altra di autori famosi il poeta nel ricordare si abbandona a riflessioni coinvolgenti, come quella sul tempo, così dolcemente scandito con una visione di un fenomeno della natura (Il tempo cade a fiocchi piccoli come la neve / che se lo lasci fare / stende una coltre spessa quanto l’oblio / sulle cose che crediamo importanti.), una poesia che ha tanto dell’aforisma quanto generale e perfettamente logico è il concetto esposto. Nel leggere questi versi si finisce un po’ con il ripercorrere il nostro passato, ci si lascia condurre per mano a quella serena malinconia che assale il navigante al tramonto, e forse noi, anno dopo anno, giorno dopo giorno, non siamo altrettanti naviganti nella luce del tramonto?
Il mio giudizio
forse è poca cosa, ma si sono sentito da subito in sintonia con l’autore,
verso dopo verso ho ritrovato i miei “da quando non ci siete”.
Diploma di merito per la poesia edita al Premio I Murazzi (Torino), 1° Premio al Campionato Italiano della Poesia di Rimini, Encomio d’onore al Città del Galateo (Roma), Premio “Assunta” a La Stradina dei Poeti (Barletta), 2° posto assoluto al Premio Piemonte Letteratura, Menzione d’Onore al Concorso Poesie della Religione Cristiana, Segnalazione di Merito al concorso Tradizioni Vive e Menzione della Giuria al concorso Tre Civette sul Comò (Torino). Altri suoi versi sono presenti nelle antologie Il desiderio, Sogno, Il Ricordo, Nella notte di Natale. Racconti e poesie sotto l’albero (Perrone ed. tra il 2007 e il 2009), Poeti romagnoli d’oggi e Federico Fellini (Il Ponte Vecchio 2009) e Corviale cerca poeti (ed. Fuorilinea 2015). Alcune sue poesie sono state recentemente selezionate dalla Casa editrice Aletti di Roma per la registrazione di un cd audio video per la voce dell’attore Alessandro Quasimodo, figlio del poeta premio Nobel Salvatore Quasimodo. Ha presentato le sue poesie in vari contesti pubblici, anche TV (Icaro TV Rimini e Tele 1 Faenza) e radio (Fango Radio e Radiocity Vercelli). Alcune recensioni sono uscite su giornali e settimanali (La Voce di Romagna e Il Ponte di Rimini), altre sono in rete sul blog farapoesia e sul sito di Fara Editore, ai siti del Centro Cultural Tina Modotti, Whipart, L(’)abile traccia, Athena Millennium, QLibri, LiberoLibro, Arte Insieme, Fuorilinea, Linea quotidiano nella rubrica “Nel verso giusto".
8 Gennaio
Vegliare su di lei di Jean-Baptiste Andrea La nave di Teseo Edizioni Narrativa Pagg. 480 ISBN 9788834618523 Prezzo Euro 22,00 Il realismo magico di Jean-Baptiste Andrea Un uomo e una donna, con i loro sogni, lui che desidera realizzarsi con la sua arte, di cui ha un gran talento, lei che ambisce proiettarsi nel futuro, nell’uscire dalla staticità di un mondo in cui è nata e cresciuta. Viola, una nobile caratterizzata da un accentuato dinamismo, e Mimo, un nano che è un grande talento della scultura, sono i protagonisti di questo romanzo, scritto in modo accattivante, con una dose di giusta ironia, e in cui con abilità si mescolano la realtà e la fantasia. E’ anche un racconto di epoche storiche che vanno dalla Grande guerra alla liberazione, passando per gli anni bui del fascismo. Il segreto del successo di Vegliare su di lei è di parlare di amore, da quello per l’arte a quello per realizzare i propri sogni, con sullo sfondo un mondo in continua evoluzione, ma anche involuzione, visto che le belle speranze con cui si era aperto il primo conflitto mondiale si sono rapidamente estinte, soffocate dagli autoritarismi che sono stati gli strascichi più evidenti di quella guerra. Lo stile dell’autore è quello che mi ha più sorpreso perché l’opera ha un ritmo incalzante, senza rallentamenti evidenti, supportata da quell’ironia di cui ho accennato e che finisce con il diventare lo stimolo per una riflessione del lettore. Poi ci sono tutti gli ingredienti perché possa avvincere chi legge, perché induce alla commozione, date le caratteristiche dei due protagonisti ed è permeata da una specie di realismo magico che mi ha fatto venire in mente Cent’anni di solitudine, il più riuscito romanzo di Gabriel Garcia Marquez, da cui credo abbia tratto ispirazione. Vegliare su di lei mi è piaciuto, come mi risulta sia stato gradito da tanti; se dovessi dare un giudizio stringato, direi che è senz’altro eccellente e considerato che la produzione attuale è per lo più di modesta levatura è cosa non da poco, tale proprio da caldeggiarne la lettura. La trama non manca di certo di originalità, un valore notevole se rapportato alla banalità di tanti romanzi che sono editi in questi anni, i personaggi sono azzeccati, in particolare Mimo, un Michelangelo del XX secolo, ma anche l’androgina Viola, enigmatica e in continua fuga dal mondo dorato in cui è rinchiusa. Forse non raggiunge i vertici propri del capolavoro, ma quello di cui sono certo è che Vegliare su di lei è un’indimenticabile storia di due esseri, un uomo e donna, che si cercarono sempre, reciprocamente attratti dalle loro personalità. Jean-Baptiste Andrea (Sant-Germain- en-Laye, 4 aprile 1971) è un regista, scrittore e sceneggiatore francese. Mia regina (Einaudi 2018), il suo romanzo d'esordio, ha vinto il Prix Femina des lycéens e il Prix du premier roman e in totale ha raccolto 12 premi letterari. Lavora come sceneggiatore e regista tra la Francia e gli Stati Uniti. Il suo secondo romanzo Deux million d'années et un jour è uscito dopo due anni. Des diables and saints (L'uomo che suonava Beethoven, Einaudi 2022) fa parte della sua trilogia sull'infanzia e si è aggiudicato il Grand Prix RTL-Lire, il premio Relay des Voyageurs Lecteurs e il Prix Ouest-France Étonnants Voyageurs. Nel 2023 conquista il Premio Goncourt con Vegliare su di lei, «la storia d’amore tra Michelangelo - che sogna di diventare un grande artista - e Viola - che sogna di volare. Un romanzo perfetto, sull’amore per l’arte, sull’amore eterno tra un uomo e una donna, sul coraggio di seguire i propri sogni e le proprie idee», come ha scritto Elisabetta Sgarbi, editore La Nave di Teseo.
2 Gennaio
Il duomo racconta. Santi e briganti nella cattedrale di Mantova di Roberto Brunelli Tre Lune Edizioni Saggistica Pagg. 350 con ill.ni ISBN 9788887355420 Prezzo Euro 61,97 Per conoscere il duomo di Mantova La chiesa madre della diocesi mantovana è il Duomo, noto anche come Cattedrale di San Pietro. E’ da quasi nove secoli che si affaccia su una delle più belle piazze del mondo, quasi in sordina, restando però ferma la sua centralità liturgica. Non ha certamente lo stile arioso della concattedrale di Sant’Andrea, né può ambire a raccogliere in sé folle debordanti stante la sua più ridotta dimensione, è stato frutto di successive riedificazioni e di ampi restauri tanto che non ha un’impronta artistica ben determinata, quasi fosse un arlecchino architettonico. Forse è anche per questo che non piace a molti mantovani, fra i quali il sottoscritto, e che preferiscono bearsi dell’imponenza, tuttavia per nulla greve, frutto dell’ingegno di Leon Battista Alberti, della basilica di Sant’Andrea. Ed è probabilmente per tale motivo che ho voluto accostarmi, con naturale curiosità, a questo libro sulla Cattedrale di San Pietro, onde saperne di più e conoscere un’opera che è lì da tanto di quel tempo che si può dire che ha assistito, muta testimone, alla storia della città. La scelta, ponderata, si è rivelata giusta perché l’autore, monsignor Roberto Brunelli era un autentico esperto, un religioso che metteva passione e studio non solo nella sua vocazione, ma anche nella storia, soprattutto artistica, di Mantova. In questo corposo volume di storia ce n’è un bel po’, perché sono le vicende di un borgo quasi dalla sua nascita in avanti, abbracciando soprattutto il periodo d’oro della reggenza dei Gonzaga. In queste pagine gli anni corrono inesorabili e il Duomo è sempre lì, magari temporaneamente fuori uso per un incendio, ma immediatamente ricostruito, simbolo del potere del vescovo di Mantova, ma al tempo stesso faro religioso per gli abitanti della città. L’opera è impostata in modo organico, per temi, così da apparire quasi di immediata consultazione; le immagini (fotografie di Toni Lodigiani) abbondano, tanto che verrebbe da dire che è inutile recarsi in Duomo a visitarlo, perché in questo modo è possibile farlo comodamente da casa. In un lasso di tempo così lungo non potevano mancare tantissime storie e infatti ci sono, così come i riferimenti all’iconografia religiosa, con tante particolarità e meglio ancora curiosità che svelano aspetti, caratteristiche, simbolismi che altrimenti forse non avremmo notato con una visita diretta. Emerge indiscussa la conoscenza che si potrebbe definire enciclopedica di Roberto Brunelli che tuttavia non rende gravosa la lettura grazie alle ben note capacità di sintesi dell’autore. Insomma, il libro ha il pregio di destare l’interesse anche di chi da tempo ha preferito senza indugio la Basilica di Sant’Andrea, che magari non cambierà il suo gusto, ma che di certo vedrà in nuova luce una costruzione che gli era sempre sembrata, più che buia, cupa, più che pesante, un incrocio di stili vari. Da leggere quindi, un consiglio rivolto non solo ai mantovani, ma anche ai tanti turisti che sempre più apprezzano Mantova. Roberto Brunelli ( Piubega, 30 marzo 1938 – Mantova, 21 novembre 2022) è stato un religioso, critico d’arte e direttore del Museo diocesano di arte sacra Francesco Gonzaga, nonché autore di testi di argomento religioso, di storia dell’arte e di narrativa. Negli anni ’80 ha collaborato con Mondadori come curatore e traduttore di alcuni titoli della popolare collana enciclopedica per ragazzi I grandi libri e come autore del Grande libro della Bibbia (1983). Fra le sue opere thriller ricordiamo “Delitto in sagrestia”, la ricostruzione storica di “Giallo a corte”, dedicata ad alcuni delitti irrisolti di epoca gonzaghesca, “Requiem in rosso” e il racconto “Papa a sorpresa”, dove l’autore, prima della diffusione della notizia delle dimissioni di Benedetto XVI, ipotizzava che cosa sarebbe potuto accadere con le dimissioni di un pontefice. Nella sua opera ricorrono in particolare i saggi storici e artistici di argomento mantovano, oltre a un filone di narrativa noir.
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