Percezioni
E il fuoco alfin s'è spento,
non ti avevo avvisato?
Forse non ci hai badato
andavi contro vento.
Se manca il sentimento,
anche se ho fornicato,
nel cuore poco arato
cresce solo il tormento.
Ed anche se poi brilla
un albore di sole
la mente più non trilla
ed anzi il cuore duole
l'affetto poi vacilla
non servono parole.
- Complemento alla poesia
"Anche quando" e "Din, don, Dan"
Camposanto
Silente è quel viale ove
m'accoglie
solo il brusio del vento
che scivola tra i tronchi, tra le
foglie,
e gli usignoli sento.
Ed il ricordo della vita coglie
quel volto che s'è spento
non serve il pianto ma il dolore
scioglie
al cuor da giovamento.
Osservi intorno foto con sorrisi
quasi la vita fosse stata gaia
occhi coperti a tratti da narcisi
che danno al cuore un senso di
vecchiaia
mentre risuona tra gli allegri
visi
stridulo un crocidare di
ghiandaia.
Il borotalco del lavoro
La foto è tratta dal portale:
http://www.provincia.livorno.it/canali/agricoltura/taglio-boschi/
Ti vedo a sera con il volto stanco
con le tue mani ancora doloranti
con il tuo viso smunto un poco
bianco
con i vestiti un po' maleodoranti.
Ti guardo vinto quando passi a
fianco
in questo borgo con quattro
abitanti
e mi saluti col tuo riso franco
ma le tue gambe sono vacillanti.
Lavoro duro da mattina a sera
in mezzo ai boschi ad amputare
tronchi
col guazzo che accarezza la
brughiera,
col vento e il freddo che
avvilisce i bronchi
forse pensi che sei in terra
straniera
per quattro soldi e la tua vita
stronchi.
Un raggio di
sole
- La foto è del Prof. Carlo
Alberto Augeri - Unisalento Lecce
Un raggio di sole
caduto per caso nel posto
sbagliato
quel tronco longevo
qualcuno lo vuole per forza
ammalato
ma il raggio non crede
lo scalda, lo aiuta, lo assiste,
dal tronco finanche un butto è
spuntato.
Ma hanno deciso....
quel tronco va in breve tagliato.
Pensieri
(Fruscio di vento)
Fruscio di vento, ali di rondoni
mormorio d'acqua e alghe tra le
polle
erbe insecchite gialle tra le
zolle
ombra che da ristoro negli
androni.
Asini bigi all'ombra dei covoni
ronzare d'api sopra le corolle
e le formiche in mezzo alle
cipolle
le gazze nere a pizzicar fioroni.
Certi pensieri prillano incostanti
ricordano del tuo peregrinare
anni che ormai son diventati
tanti,
sulle spalle cominciano a pesare,
ma son momenti lieti ed eccitanti
che si vorrebbe far resuscitare
mentre si sta a sognare
un prato verde in mezzo alla
calura
o una fonte al monte d'acqua pura.
- Sonetto caudato
Din don dan
Din, don, dan,
rintocca la campana
il vento il suon disperde
un poco lo distorce
quasi il cuore contorce.
Din, don, dan,
ripete il campanile
mugola un cane al vento
il suono infastidisce
il suo udito ferisce.
Din, don, dan,
l'eco i tocchi ripete
pel borgo li trasporta
pei vicoli li spinge
di voli il cielo tinge.
Din. Don, dan,
instabile è quel tocco
ho cuore ma ragiono
mi sveglio spesso in fretta
non sempre al cuor do retta.
Ma te l'avevo detto
mai tanto tempo aspetto.
Abbiamo risolto il problema
Forse m'hai conosciuto appena,
appena,
hai visto la dolcezza che sta
fuori,
misurato però non hai l'orgoglio
che in me divide sempre il gran
dall'oglio.
E si, sono orgoglioso ed
impulsivo,
a volte dono tutto quel che ho in
cuore
ma se m'accorgo delle incongruenze
allor misuro morale e
intelligenze.
Mi faccio trasportare come un
merlo
sono davvero assai superficiale
ma quando poi ripenso e mi ci
metto
al mio motore interno do un
assetto.
E ci metto un bullone più capace
di trattenere il cuore al posto
giusto
ungo d'olio abbondante la ragione
e un calcio do nel fondo dei
calzoni
a quella donna che racconta “cucche”,
che si dispera sui drammi
coniugali,
capisco se certe donne han le
caldane
se sono disperate o son ….
mondane.
Pioviggina
la nebbia
La foto è di Raffaello Marsili
Pioviggina la nebbia, mentre sale
dal cuore, che patisce, il tuo
ricordo,
ti insulto, maledico, poi m'assale
l'affetto che cancella l'odio
sordo.
Tanta dolcezza a volte mi pervade
se ricordo le care tue parole,
neve tardiva che sul prato cade
e che non scalda più raggio di
sole.
Rileggo a volte qualche tuo
messaggio,
parole scritte senza mai pensare
che di quel dire poi si resta
ostaggio
che basta poco a farci
disprezzare,
essere oggetti di rancore e
oltraggio
e nell'indifferenza poi annegare.
E sembra un peso da non sopportare
scordar l'amore e fingere di
odiare
quella persona che ami
immensamente
che ti tortura ancora cuore e
mente
che è stata per noi fonte di bene,
ed ora partorisce solo pene.
- Sonetto ritornellato
Insonnia
Tu dormi
ed io son sveglio,
ma a te io penso ancora
sul sonno tuo ora veglio,
lo so che t'addolora
ma l'amor tuo vorrei.
Vorrei che a me pensassi,
ma questo amor tuo insano
sol danno ti farà
e non andrai lontano.
Invece s'allontana
questo mio amore strano
che verso te io provo
anche se sei lontano.
Ma io sono incostante,
mi stanco facilmente
ed ora son distante
ma ancor ti tengo in mente.
Di lui mi parli male,
e lui come ti tratta?
Penso che tu ami solo
colui che ti maltratta.
Vedrai che manca poco
a spegner la passione
dell'acqua stai buttando
e spegnerai il mio fuoco.
Anche quando
Anche quando la tua voce tace
quando il vento pigro s'addormenta
in mare,
le parole trattiene,
io sento il tuo respiro.
Quando il silenzio mi circonda
e l'erba dei prati immota giace,
sento lieve il tuo cuore battere
trasmettermi emozioni
e ancor son vivo.
Vivo d'amarti,
di pensarti presto al mattino,
di sentirti aprire la finestra
e il mar guardare,
un piroscafo seguir fuori dal
porto.
Ma so che il tuo pensiero vola
altrove,
che i battiti silenti del tuo
cuore
ad altro cuore regali,
ad altra sponda la tua barca
spingi
di me tu non ti curi,
alle mie pene non poni interesse.
Ma vivi in me,
tu nulla ci puoi fare:
io solo d'aspettare
che il cuor tuo si ravveda,
che quest'anima che ti dona amor
tu veda,
dolci note lui solo per te
costruisce,
ma tu dietro fugaci amori ti
smarrisci,
solo d'inganni certi ti
imbottisci.
L'amore sprecato
Chi ha l'amore nel cuor cerca di
darlo
pensa che un bel bicchiere d'acqua
pura
in gola ad altri scioglierà
l'arsura
e quel pensier gli scava come un
tarlo.
Ma se si dona a chi non può
scambiarlo
subentra anche una certa delusione
la cosa è vero che potrà irritarlo
ma utile poi torna la lezione.
S'accorgerà che il tempo sta
svendendo
con chi non può capir le sue
premure
ch'è gente morta oppure sta
morendo.
Che non merita affatto le sue
cure.
E può capir che nulla sta perdendo
ad inseguir persone un po'
immature.
Pajara
salentina
-La foto è di Gianni Stoppani (g.c.)
Vecchia pajara che un bel dì
lasciai
soletta tra le piante di carrube
mi pare d'ascoltare un suon di
tube
tra i sassi dove muta te ne stai.
Oggi le vecchie note riascoltai
quasi di cornamusa sulle giubbe
e ti lambisce debole una nube
il tempo sfidi ma non muori mai.
Il viso hai rosso come il
sottofondo
che una donna sul volto s'è
spalmato
pare che tu appartenga a un altro
mondo.
L'azzurro del ciel t'ha
accarezzato
e infondi l'allegria di un dì
giocondo
anche se sei un rudere
invecchiato.
Haiku
(Tramonto)
Sole morente
di voli il cielo tinge
campana a sera
Errori
La foto è tratta dal portale:
http://www.quipsicologia.it/relazione-di-coppia-felice/
E' facile inciampare nel percorso
ma spesso si cade anche per
stoltezza
diventa poi difficile il discorso
se cerchiamo di metterci una
pezza.
Difficile è capir anche il decorso
quando poi sopraggiunge la
stanchezza
se sale la ragione ed il rimorso
ha il sopravvento sempre
l'incertezza
Ma il tempo ormai lo so che se n'è
andato
quando anche tu parlavi con il
cuore
quel cuore che ogni affetto ha
prosciugato.
Nel caso mio, di certo non fu
errore,
forse tu vuoi scordare o l'hai
scordato,
nel caso mio è stato e resta
amore.
Viale
solitario
La foto è di Maria Conte (g.c.)
Viale solitario nel pensiero
che mi rinnovi guerre ormai
perdute,
armistizi mai chiesti,
patti non concordati ma subiti,
male m'hai fatto eppur ti cerco
ancora.
Ti cerco ancora:
sei fermo, qui, in fondo alla
memoria
ed ogni tanto m'appari,
gioia mi dai e mi empi di
passione,
nella calura sembri in agonia
e poi rivivi,
rivivi nel pensiero
mentre io sono morto,
morto e sconsolato,
tra quei cipressi neri in
cimitero.
Nei giardini
del cielo
In un giardino dal verde
abbracciato
in mezzo ai fiori e l'erba
trifoglina
solitaria sostava una panchina
dove ci aveva spesso sospirato.
L'amor lì sempre aveva ricercato
ma il cuore suo ormai era in
rovina
in quel giardino dall'aria
sopraffina
il sentimento aveva abbandonato.
Aveva molta paura dentro il petto
temeva ancora in una delusione
l'amor non dava e in se teneva
stretto.
Ma cara le costò l'indecisione
sola rimase incerta in quel
campetto
in libertà ma dentro una prigione.
(A Liana)
Anima
innocente
-La foto è tratta dalla pagina di
FB di Antonio de Curtis
Anima innocente
che non vedi e sai,
anima mia che ancora ti commuovi
che colpa tu ne hai
che pena porti?
Eppur tu vivi in mezzo a tanti
guai.
Tu vivi,
neppure te ne accorgi:
quel cordone alla meglio t'han
tagliato,
hai pianto,
ma era vita nuova
il giorno che in quel mondo hai
respirato.
E quale colpa ho io
se qui son nato?
Eppure credimi, anima mia pura,
ci son passato anch'io dalla
paura,
tutto non più ricordo, ma alle
parole credo,
alcune cose son lampi fugaci,
altre le ho chiuse in cuore e
ancor le vedo.
Ed anche nel mio cuor brilla la
guerra,
sento il rumore dei bombardamenti,
gli arei da guerra su nel cielo
stanchi,
tanta gente in divisa,
con colori diversi,
il rombo dei motori,
gli ordini secchi,
tant'angoscia dentro i nostri
cuori.
Forse tu sei diverso nel colore,
ma certi drammi li ricordo ancora
e mi chiedo se mai non addolora
che chi comanda semini il dolore.
L'opinione
Scorre la penna
poi nell'inchiostro intinge
ognuno il suo pensier
sulla carta dipinge
le sue ragioni ostenta
ma contraddir non basta
è la ragione un vaglio
altrimenti rischi davvero
che del dotto rimanga solo il
raglio.
Il canto
della luna
La foto è tratta dal portale:
https://eueufemia.wordpress.com/
Mare, mare, dolce mare argentato
che i tenui raggi miei culli
sull'onda
che mi addormenti a notte
quando il mio viso nell'acqua blu
sprofonda
e ancheggia
quando la prima brezza spira,
quando quel venticello estivo
lo specchio tuo lucente increspa
e ammolla.
Tra i riflessi che imbianca la
marina
il ciel dipingo e il mare a tratti
ricoloro,
dentro le grotte timida m'infilo,
spargo tenue un chiarore
il mio pallor resiste
come una dama antica del seicento
che nei dipinti insiste
e sfida il tempo.
Oh, manti erbosi, che timidi
vibrate
quando il mio chiarore imbianca il
piano
e sembra che assonnati vi agitate
cangianti m'apparite nei colori,
quel verde scuro imperla
sugli ulivi distende il suo
biancore,
il vento lo disegna
ed un argento opaco poi regala.
Oh, montagne maestose
che un mantello sui colli
proiettate,
che al passaggio di nuvole
biancastre
alternate i colori in bianco e
nero
e l'alba disegnate
col primo sole che ne allegra il
volto,
dentro quelle vallate
un po' mi nascondete e mi
sfiorate,
un po' mi seppellite.
Poi il mio chiarore bigio e
cinerino
par voglia dondolarsi dentro il
porto
a fianco d'un velier che lento
ondeggia
al tremolio dell'onda in mezzo al
mare,
lieve si culla svigorito,
rassomiglia
ad un gorgheggio di sirena stanca,
quasi un lagno di mamma
che una nenia languida canticchia,
un dolce motivetto disperato,
al suo bambino per farlo
addormentare.
Stammi
vicino poesia
Più il dolore m'abbatte
più rinasco
trovo nei versi fonte d'acqua
pura,
la gola mia rinfresco
anche l'arsura.
Cancello le brutture,
dimentico il male ricevuto
cancello anche colui che me l'ha
fatto,
più non esiste
me ne son scordato.
Mi basta una parola
un dolce verso,
disegno le mie pagine nel cuore
sarà ch'io credo ancora
nell'amore,
sarà che non invecchio ma maturo
e non m'importa se fo' lo stesso
errore,
poi rinsavisco,
l'esperienza cresce
a sbattere la testa contro il
muro.
E allora vieni, vieni amore,
tu sei per me sempre acqua di
fonte
non mi lasciare mai, stammi
vicina,
trasforma il mio dolore in
nostalgia,
e dammi forza a scrivere dei versi
rimani a me vicino, oh mia poesia!
Regali
- La foto è di Mitilo Salentino
Il rosso intenso ammicca nel
giardino
e ci sorride e non vediamo niente,
pistilli gialli su foglie color
sangue
il verde abbonda e il grigio sopra
i tronchi
coi fiori rossi brilla, no, non
langue.
Tra i rami filtra un celestino
antico
dipinge il cielo e da colore al
mare
e si confonde col color dei prati
d'un verde intenso che rinfresca
il cuore
ché la natura è tutto e solo dare.
Ed i suoi doni sono immensi e
rari,
siamo soltanto noi, gente
infelice,
gli occhi chiudiamo restiamo
indifferenti
esseri sprovveduti ed incuranti
e i danni che facciamo sono tanti.
Fichi
salentini
- La foto è di Fernando Caputo
Li sogno quei fichi lontani
sul mio Vereto ventoso,
li sogno ed invidio gli insetti,
formiche ed api ronzanti,
le vespe silenti e veloci
le ciole gracchianti sui noci.
Invidio i volatili ingordi,
i passeri, i merli gioiosi,
invidio il passante che pigro
distende la mano e poi coglie
quel frutto succoso, mieloso,
ho rabbia, sono anche invidioso.
Il sole mi bacia, mi incensa,
motteggia con fare scherzoso
sui fichi maturi scintilla
la gola mi sa vellicare
mi irride perché son lontano
….nel vuoto distendo la mano.
Salici
Salici che dentro il cuore vi
agitate
e brezze antiche ancor tra voi
cullate,
salici che in mezzo alla calura
del meriggio
il vostro mormorare in cuore
pigio.
Mi riportate i giorni e gli anni
andati
le mie estati sudate senza vento
le notti con il vostro frusciare
lento
i nidi che tra i rami ancor
cullate.
Voli e richiami di gazze solitarie
e fili d'erba sopra le arenarie,
arsura che ingialliva la pianura
canti di galli ed abbaiar di cani.
Mi riportate il suon di treni in
corsa
l'ombra che pigra e lenta
s'allargava
che allentava del sol forte la
morsa
ed il sudore in fronte un po'
asciugava.
E rivedo quelle stazioni bianche
con le sale d'aspetto un po'
scrostate
le panche coi listelli anche
schiodati
le scritte e le pareti
inzaccherate.
E quei salici tremolanti e stanchi
che sembrano nel cuor secchi e
sepolti,
li vedo ancor svettar nelle
stazioni
perché son vivi e ancora non son
morti.
Ancora ti
cerco
Ancora ti cerco
per i sentieri dove m'hai portato,
ancora ti cerco
e sento odor di prato,
di ulivi,
di papaveri d'aprile,
di campi rossi,
gialli di tageti,
ancora sento odore di marine.
Ti cerco pei paesi ove son stato
con te la notte,
di giorno a te abbracciato,
sempre dietro ti sto
tu non mi vedi,
più non ascolti i miei tristi
pensieri,
alle lusinghe mie ormai non cedi.
Ma tu lo sai
che le tue tracce seguo,
come un segugio intorno ai salici
m'aggiro
dove scrissi una frase,
ormai svanita,
e m'innamoro ed ancor'oggi annuso
i cespugli d'erba rinsecchita.
Di te ricordo ancora il volto
scuro
di quella sera fredda,
ma spesso torno indietro, alla
sorgente,
di quando eri felice e sorridente.
Diamanti
Diamanti splendenti nel deserto,
dove l'arsura regna,
dove ha valore non l'oro che
brilla
ma il succulento sapor che gola
impregna.
Al rosso intenso della pietra
al Topazio ciliegia, freddo e
brillante,
là dove il sol forte risplende,
dove la sabbia scotta ed è
bruciante,
scelgo la fresca rugiada d'una
ciliegia
che vale ancora di più di un bel
diamante.
Che me ne faccio del rubino,
dello spinello rosso?
Che me ne faccio dove l'arsura
impera,
dove la gola cerca la sorgente?
Scavo per cercar l'acqua,
la cerco finanche in una fossa,
oppure mi delizio e gusto
il sapor dissetante d'una ciliegia
rossa.
Ti stuzzico e ti voglio
rosso splendore a sera
che abbellisce il collo
di chi sol sogna e spera.
Ma per l'arsura ardente
che la mia gola assilla
serve il dolce sapore
d'una ciliegia rossa
non il sanguigno rubino
che una madonna indossa.
ἔλαιον (Elaion)
Sono io, Elaion,
spirito vegetale che resisto al
tempo,
padre di ogni tempo e di Japigia,
la tormenta mi modella,
la salsedine mi brucia,
i fulmini mi spaccano e resisto,
rinasco alle radici,
vivo, esisto,
il vento mi contorce,
le mie chiome distorce,
mi piega e non m'arrendo,
a terra striscio, mi distendo,
e poi la chioma svetto al sole,
accarezzo e mi cullo con la luna.
Io sono Elaion,
spirito vegetale che non muoio
padre delle genti
dei Dauni, dei Peuceti, dei
Messapi
io sono zaitun,
io sono aceite,
sono l'ulivo che resiste al tempo
unico, quello vero,
da millenni su questa terra
sparso,
le radici diffondo,
tra le rocce carsiche sprofondo
alla vita m'attacco,
succhio la linfa in fondo.
E regalo queste mie bacche oleose,
un rito che nel tempo si ripete
come la fatica che accompagna il
tempo
al suono di grancassa e
tamburelli,
al canto lieve che tra i tronchi
si diffonde.
Io sono Elaion,
spirito vegetale e sfido il tempo
io svetto in cielo
neppure Dio più prego,
io vivo e resisto
su questa terra ingrata insisto,
resisto e non mi piego,
sono la storia di questa terra
antica,
di una civiltà che mai non muore
che vive e riproduce il suo
calore.
Io sono Elaion
di questa terra antica,
di questa gente il solo creatore.
Immunizzato
al dolore
Nelle mie poesie c'è la vita mia
non v'è nulla che io abbia
immaginato
non vi sono i sogni d'un poeta
ma le gioie e le ansie che ho
vissuto,
il sorriso e le lacrime versate.
Non provo felicità a costruirle
ma tenerezza, si, quella m'invade
mi ispira le parole,
cerca le frasi adatte,
e spesso la tristezza mi pervade.
A volte rivivo situazioni antiche
immagini che il tempo ha
cancellate
ogni parola poi sgorga da sola
s'accoppia con la flebile emozione
che mi da forza e spesso mi
consola.
E se una lacrima ancor sfugge
dagli occhi,
se la vista tutta poi m'offusca,
il cuor si sazia dei miei dolci
ricordi
libera la mente dagli affanni
poi inverte rotta con virata
brusca.
La menta
(A Silvia)
Quella pianta che un di
m'accompagnava
nelle giornate mie di giochi
intensi
oggi m'è apparsa e quasi mi
invitava
a toccarne una foglia e
accarezzarla.
Dentro un vasetto le foglie
tremolava
sembrava quasi qualcosa mi dicesse
e, infatti, una ragazza ricordava
che un dì dentro quel vaso l'ha
piantata.
Una ragazza che in vita tanto
amava
i fiori e le bellezze del creato
ed or che più non è mi ricordava
con lieve tremolio del suo
vissuto.
Il sole dolcemente la baciava,
un raggio apparso tra le vecchie
case
le sue foglie tremanti riscaldava,
e accarezzava i nuovi suoi
germogli.
Forse di lei con me ora parlava
cercava di trasmettermi un
messaggio
voleva dirmi che la vita amava
ma un anno è già passato ed anche
maggio.
- Silvia Boscolo era una
ragazzina che abitava vicino a
casa mia e che l'anno scorso in
maggio si era tolto la vita.
Stamattina guardavo una piantina
di menta (che è una pianta a me
cara perché ricorda la mia
infanzia) in un vasetto curato
dalla nonna che mi ha detto che
sta cercando di tenerla in vita
perché era lei che l'aveva
piantata.
Questa terra
rossa
Questa terra rossa
adesso è come sangue che zampilla,
sgorga dalle mie vene
e l'anima disseta,
questo mio viso bagna,
la mente mia rinfresca.
Questa terra rossa
mi traccia in cuor la nostalgia,
mi mostra una realtà che adesso è
cruda
mi tormenta l'animo e la mente
i ricordi colpisce
come un artiglio d'aquila
selvaggia.
Questa terra rossa
riempie gli occhi di sangue e di
rancore
ma dopo mi addolcisce
mi fa capire che in fondo a certi
errori
c'è la follia di un ragionare
insano
di una mente distorta e mai
matura.
Questa terra rossa
mi allarga l'orizzonte
mi spinge a ragionar prima d'agire
mi consiglia in fondo di capire,
all'ira irrazionale rinunciare,
il vecchio affetto ancor far
rifiorire.
In quei filmati
In quei filmati non è solo il tuo corpo
imprigionato,
lo sono anche i tuoi gesti,
il tuo goder selvaggio,
lo son le tue espressioni ardite,
quelle affettuose che un giorno hai
pronunciate,
quelle che la foga d'amore t'ha ispirate.
In quei filmati è impressa la tua pelle,
la gioventù, che ormai da te è fuggita,
v'è la tua schiena bianca ed inarcata,
i tuoi seni ancora prosperosi,
v'è la tua voce che per me è immutata
d'ogni rancor svuotata.
In quei filmati vi sono i miei vestiti,
quelli che appassionata mi sfilavi,
quelli che lentamente anch'io ti ho tolti,
v'è la tua nudità senza pudore,
i movimenti del tuo corpo ansante,
v'è anche il tuo sudore.
In quei filmati ci son le mie ciabatte
che agitavi ai tuoi piedi, sorridente
e dicevi d'amarmi immensamente,
ci son parole come neve liquefatte,
ci sono le parole che hai scordate,
quelle vuote che al sol si son disfatte.
L'alba di
Boccheggiano
La prima luce filtra dal lucernario
col vetro impolverato,
gocce di sonno
appesantiscono le mie palpebre.
Già sogno il domani
che per me finisce
con la prima aurora
che già accarezza i vecchi muri cadenti
di questo borgo silente.
E già il primo passero cinguetta
ed il primo rondone
fischietta al mio stanco vegliare
canzonandomi con il primo volo mattutino.
Spigolando a Punta
Ristola
Dei tuoi tramonti sempre mi ricordo
del poltrir stanco in quella mia panchina
al batacchiar dell'onda non son sordo
rivedo il ciel rosato la mattina.
Del brillantar del mare non mi scordo,
della falesia tra rose di spina,
dei capperi aromatici son ingordo
del vento iroso che spazza la marina.
E sfoglio nell'archivio della mente
i ricordi che ho tutti lì archiviati
anche quelli cattivi e tristemente
vividi in cuore e ancor non cancellati
perché rimanga in chi vede e non sente
il rimpianto d'esser vivi e dannati.
La fame
E si, la fame la conosco,
è un'amica che un dì m'ha accompagnato
ero piccino e lei mi stava a lato
il sole non brillava e l'aer tosco.
E si, la fame la comprende
chi annusa in aria l'odore della guerra
che ci regala chi dignità sotterra
che nulla mai ci dona e tutto prende.
E si, la fame spesso bussa forte
si materializza nel pianto dei bambini
ma c'è chi sta al di fuori dei confini
tutto accaparra senza aprire porte.
E si, la fame è identica dovunque
ben la conosce chi un giorno l'ha
assaggiata
chi non vorrebbe che ancor fosse
provata...
cosa aspettiamo, dunque?
Alla sera
T'aspetto, oh sera, tacito t'aspetto
quando il tramonto tutto il cielo oscura
allora il vuoto, il nulla, invade il petto
sale, col buio, e inquieta la paura.
E lo sconforto scende giù dal tetto
mi sento intrappolato in quattro mura,
sudato mi rigiro dentro il letto
ed analizzo la mia vita impura.
A Lei vo' col pensiero dolcemente,
immagino che sia una cara amica
che mi venga a trovare sorridente
e con parole tenere mi dica
di sgombrare ogni ansia dalla mente,
che sorte e cielo più non maledica.
Poi tacito e sereno a lei m'affido
in un mondo di quiete alfin confido.
sonetto ritornellato
Polline
Ondeggio
nel sussulto del vento
m'inquieto
svolazzo
granello invisibile
in controluce m'inebrio
mi poso
riposo
la vita poi sposo.
Haiku (Rondoni)
Rondoni a sera
stelle lucenti a notte
nuvole stanche
Fichi bianchi
Fichi bianchi della mia giovinezza
che ricordate i miei anni passati,
fichi teneri sul pane spalmati
oggi il ricordo la mia mente spezza.
E non c'è più chi metterà una pezza
su quei giorni dentro il mio cuor pigiati
ora quei sogni mai dimenticati
mi imbottiscono il petto di tristezza.
E quegli affetti, pure nell'affanno
di giorni di indigenza e di bisogno,
rinnovano il pensiero sull'inganno
dello star meglio, che era allora un
sogno,
e di quei giorni, che non torneranno,
oggi di averli persi mi vergogno.
-A Rita Mastria (autrice anche della
foto)
Una foto del 2007
Tutto ti sei ripresa,
ed a me poco importa,
ma il tuo sorriso non lo prenderai
resterà così com'è fresco e sincero
come fosse attaccato alle mie ossa,
con me riposerà dentro una fossa.
Quel sorriso non lo puoi cambiare
è autentico, pieno di passione,
quel sorriso profuma di amor vero
gli occhi non sono spenti
la bufera ancor non li ha oscurati
e tu mi amavi, sì, ci siamo amati.
Quel sorriso è impresso su una foto,
e tanti altri me ne hai poi regalati,
erano autentici e non li ho capiti
erano veri è li ho disprezzati
erano tutti riservati a me
e li ho sciupati e non so il perché.
Quel sorriso oggi è ancor sincero,
m'appare pien di vita, pien di gioia,
c'è la tua voglia d'essere accettata
traspare l'animo tuo puro e sereno
e me l'hai regalato tu,
profuma sempre e ancor di gioventù.
Solo e pazzo
Solo e pazzo,
buffone da circo,
pupazzo informe dal sorriso sguaiato
che ride sempre ad ogni palla che lo
colpisce,
che sembra ignorare il dramma che lo
circonda.
Solo e pazzo,
verme che striscia,
che si contorce perchè un piede l'ha
calpestato,
s'agita inutilmente e nessuno lo può
aiutare
a nessuno interessa il suo dolore.
Solo e pazzo,
che osservo impotente,
queste folli desolatamente sole con il
loro tablet in mano
con mezzi sorrisi sul volto e scatti di
rabbia
con il loro brontolare solitario.
Solo e pazzo,
che guardo al passato,
le solidarietà dimenticate e le folle
impazzite,
folle imbelli che riempivano le piazze per
protagonismo
per ire represse e voglia di distruzione
voglia di cambiare nel nulla.
Solo e pazzo,
seduto in panchina,
che assisto impotente ai barconi che
affondano,
alle coltellate senza ragione fuori dagli
stadi
alle devastazioni delle città e degli
arredi
per un pallone non parato.
Solo e pazzo,
rivoluzionario nell'anima,
che urlo da solo a me stesso la mia rabbia
il mio fallimento di ideologo senza idee
la mia inutilità in questo mondo senza più
sorrisi,
senza più speranza.
Occhi azzurri
Occhi azzurri, occhi di mare,
specchio di cielo
cosa stai a guardare?
Osservi il mondo,
ancor leggiadra sei
rifletti nel mio sguardo
gli occhi tuoi.
Guardi il futuro che ti sta d'innanzi,
t'inebri d'uno scatto lampeggiante
che illumina la vita,
splendente rende il viso
e immortala nel tempo il tuo sorriso.
Spine
(Foto: Tramonto tra le scrasce di Toni
Albano)
Spine nel cielo terso
tra i raggi rosseggianti
tra tinte cangianti all'orizzonte,
le sfumature d'un cielo che scolora,
il bagliore d'un sole ormai morente,
l'azzurro del mare
che tende al nero d'una costa ormai
dormiente.
Spine che accarezzano i riflessi
con raggi in controluce,
sul mare ancor per poco galleggianti,
che ricordano un martirio,
la fatica d'altri tempi,
ricordano il dolor di tanta gente
le sofferenze dei tanti disperati
in cerca d'albe chiare,
di soli risplendenti e non morenti.
Spine anche di questo cuore
che s'incanta di fronte a questo misto di
colori
d'un tramonto fuggevole e cangiante,
che l'animo riempie di tensione,
ricorda anche il dramma e la passione
d'un amore che non vuol morire,
che volteggia in questo cielo colorato
da questi rami spinosi accarezzato.
Fior di lavanda
Questo mio amor che mi pervade e
inonda
è come un fiore che s'affaccia al
sole
profuma d'acqua fresca e di
lavanda
strepita sulle rocce come un'onda.
Tante parole forse son sprecate
ne basta a volte una e che sia
vera
questo mio amore soffia come un
vento,
ha in se il sapore della
primavera.
Spazza le erbe e i fiori sopra i
prati
ne raccoglie i profumi e te li
porta
il viso mi rinfresca e m'accarezza
a nuovo amore ancor apre la porta.
Dentro il petto ruggisce
prepotente,
si muove in sintonia col
sentimento
accende un fuoco vivido e lucente
un fuoco che credevo fosse spento.
Tramonto a
Felloniche*
Ho sognato un ultimo tramonto
lungo la litoranea m'ero addormentato,
dal cadenzato borbottio lento dell'onda,
dal frusciar delle canne, accarezzato.
Il sol
e all'orizzonte era sparito
nuvole nere l'avevano occultato
un roseo stanco pennellava un cielo
da un agave pungente accarezzato.
Il mare riluceva in lontananza
da un ultimo riflesso vezzeggiato,
da questo sogno non vorrei mai uscire,
restar vorrei per sempre addormentato.
- *Felloniche, frazione marina di Patù
Ti penso sempre
Ti penso sempre e non ti scordo mai
piena sei di rancore e soffrirai
avevi un tempo in seno tanto amore
adesso penso ti soffochi il dolore
vivevi di sorrisi e incoraggiavi
a darti amore e tu lo ricambiavi
vorrei poterti odiare e cancellarti
dalla mia mente, ma dal cuor non parti
anche se sul Vereto andavo solo
con te io volteggiavo in lieve volo
ed anche se a me più non pensavi
in mente c'eri e ancor mi stuzzicavi
ora il tempo in fretta sta passando
ma io paziente aspetto un giorno quando
la mente tua ritornerà al passato
e si ricorderà quanto t'ho amato
forse allora anche tu comprenderai
e nel tuo cuore di nuovo mi terrai
ricorderai, son certo, quella sera
che m'apparisti con una brutta cera
forse volevi colpirmi tra la gente
ma hai perso solo tu stupidamente
non so perchè di quella sceneggiata
non l'ho capita e non l'ho incoraggiata
deluso son rimasto ad ascoltarti
forse perché continuavo a amarti
ma tu di certo non l'avrai capito
solo ricordo steso quel tuo dito.
Tramonti salentini
Questo dono, o Salento, che mi doni
io me lo porto chiuso nel mio cuore
da te lontano sto e passan l'ore
d'essere andato via non mi perdoni.
Scivola in alto il sole tra i rioni
dove non passa più un minatore
sulla mia pelle freddo è il suo calore
vuoto mi sento, privo di emozioni.
Lo so che dopo al nuovo mi assecondo
ma dei tramonti tuoi piena ho la mente
nulla disperderò per questo mondo
ma in cuore resterà serenamente
a volte mi ci tuffo e vado a fondo
ma poi risalgo e nuoto allegramente.
Il verro
Bicchiere torbido di vetro
senza suono e né sapore
bicchiere di vetriolo
da bere in compagnia,
meglio da solo.
Senza tintinnio di calice,
né “prosit” o “cin cin”,
neppure “alla salute”.
Solo del vino rosso
poco trasparente.
E dov'è quel verro vuoto
quell'insipido sapor di nulla
quel traguardare immagini di fuoco
quel rumoreggiar della gola
nel silenzio che vola.
Un bicchiere torbido di niente
ripensando a quell'inizio agosto
là in quella stanza di Gagliano
solitario e nascosto
con dei fiori in mano
e un ricordo misero e indecente.
I giorni brutti
I giorni brutti li ho tutti cancellati
quelli belli nel cuore conservati
potrai essere una lurida canaglia
ma l'amor mio non è stato di paglia,
se a me riesce ancora a durar tanto
non penso un dì di diventare santo.
Dove ho sbagliato spesso mi domando
si inciampa a volte anche camminando.
Eppure nulla faccio, nulla ho fatto,
sei stata te a fare e poi hai disfatto.
Poi all'improvviso hai detto:"son matura"
ma tu lo sai che sei sempre immatura.
A quello che dicevi ho ognor creduto
ma sempre hai fatto come hai tu voluto.
Per me sei stata un dolce sbandamento
con te m'hai trasportato in firmamento.
E quello che m'hai dato è stato vero
ma dopo m'hai lasciato un cielo nero.
M'hai riportato indietro al primo amore
forse per questo mi resti fissa in cuore.
L'amore non fa
rumore
L'amor non fa rumore,
amica mia,
cova nell'animo,
infiamma e dà calore,
in fondo è come un passerotto che nel nido
cova l'amore e nuova vita effonde.
L'amore scalda il cuor,
spesso l'infiamma,
ma quel calore scalda anche la mente
ti senti solo e, invece, c'è qualcuno
che insieme a te già vive nel tuo cuore
bussa al mattino e dice “ 'Giorno amore”!
Anche se è lontano,
quell'amore ti scalda e dà calore,
ti rende vivo come un passerotto
che apre gli occhi e guarda la sua mamma,
appena il guscio del suo uovo è rotto,
fa: “Cip,cip” e di passion s'infiamma.
Quell'amore non sta cercando sesso,
cerca l'affetto,
vive sul sentimento,
sembra soltanto un refolo di vento
invece crea nell'animo tempesta
ed ogni giorno è come un dì di festa.
(A Maria Luisa Venneri)
Sapeva di niente
Sapeva d'amore
sapeva di mare
di acqua frizzante
di fresco torrente.
Sapeva di flutto
di onda avvolgente
che batte insistente
che urla potente.
Sapeva di vento
di soffio ruggente
di alito lento
carezza languente.
Sapeva di sole
di luce brillante
di fuoco bruciante
che scalda silente.
Sapeva di tutto
riempiva la mente
ma dopo alla fine
sapeva di niente.
Se davvero m'hai
amato
Se davver m'hai amato
non pensarmi nei momenti del rancore
quando l'orgoglio batteva ai punti il
cuore
quand'ero esasperato.
Pensami nel piacere
quando insieme a me eri forte e
abbracciata
quando con me eri dolce e innamorata,
passavi notti intere.
Ricorda quanto hai detto,
sottovoce amor dicevi alla cornetta
ancora un poco, ti prego, non ho fretta,
ancora un po' d'affetto.
A vegliar faticavi
l'allarme mettevi per le due di notte
dopo col sonno facevi spesso a botte
e fioca sussurravi.
Spesso non ti sentivo
non capivo tutto quello che dicevi
a volte t'arrabbiavi, poi sorridevi,
ero felice e vivo.
Ora ogni tanto penso
all'affetto che ho nuovamente avuto
ma sempre ricordo l'amor tuo perduto,
il rancor senza senso.
L'attesa paziente
Aspetterò alla porta come un cane
e non m'importa se fuori c'è burrasca,
mi bagnerò ma so che un po' di pioggia
lava il tormento e porterà la pace.
Il vento oggi non soffia, mesto tace,
annaffierà leggiadra le sue rose,
all'alba troverà fresca rugiada
sul verde stelo che avrà annaffiato.
La rosa che lei avrà irrorato,
sarà di un rosso intenso porporino
stupendo sembrerà il suo vestito
che un bravo sarto per lei avrà cucito.
Anche se io d'amarla un dì ho finito
ricorderà il gran bene che le ho dato,
i baci e le carezze ricevute,
il sentimento che per lei nutrivo.
Mi rivedrà ancor tenero e vivo
come quando la notte l'incontravo,
mi donerà un rosso melograno
col suo sorriso tenero d'infante.
Ancor la rivedrò calda e tremante
tutta nuda, distesa sopra il letto,
rinnoverò le notti di passione,
lo strepitio dei lampi e la tempesta.
E forse nuovamente sarà festa
nel cuore mio adesso rabbuiato
le cattiverie tutte avrò scordato
e prenderò l'affetto che le resta.
Glicine abbandonato
Mi guardi sfolgorante,
mi parli mentre passo
dall'alto verso il basso
mi sembri anche implorante.
Nel cuore son tremante,
lo so non son di sasso
il tuo parlare incasso
ricordo quell'istante.
Eri ancor piccolino,
la notte fonda e scura
anch'io ero bambino
lei innocente e pura.
Ritorno a quel camino
a quelle brulle mura,
mi diede un po' d'amore
la ricambiai di cuore,
quegli attimi ho scolpito
nel cuore custodito.
Da te or sto passando
con te sto ricordando.
- Sonetto ritornellato doppio
Quello che porterò
Quando da Leuca sarò andato via,
via da questa casa senza anima viva,
solo compagno il vento avrò per strada
lo sentirò ruggire e farmi compagnia.
Forse anche il sole mi sarà d'intorno
ma il mare non vedrò dalla scogliera
neppure più farò una foto a sera
quando il sole si farà rosso di fuoco.
Punta Ristola mi porterò nel cuore,
le grotte in lontananza e le sue coste,
il silenzio, compagno della notte,
inseguendo ricordi ed illusioni.
Mi porterò nell'anima il Vereto
le bianche case nel piano di Patù
l'azzurro del mar col sole risplendente
e la chiesetta ognor triste e silente.
Mi porterò nell'animo i tramonti,
il cinguettio di allegri cardellini,
del tagete che i verdi campi ingialla,
i papaveri rossi tra i muretti.
Mi porterò il profumo degli ulivi
dei mandorli fioriti e dei pescheti,
dei ciclamini, dei glicini odorosi,
il riso allegro delle prime rose
ed anche il borbottar delle marine,
mi porterò il color della falesia
nera sul mar e bigia sulle grotte
mi porterò finanche un pizzico di notte.
S'io dovessi morir
S'io dovessi morire, sappilo amore,
morirò con te nei miei pensieri,
se dovessi morire, io ti ricorderò
in quella foto che ho guardato ieri.
Ancora cercherò nei miei silenzi
d'interpretare i battiti del cuore
capire se qualcuno forte batte
pensando a te per darti un po' d'amore.
Tu forse penserai ad altro affetto
ma io nasconderò questo pensiero
m'illuderò che questo non sia vero
che il sole splenda e il cielo sia sereno.
S'io dovessi morire, ti prego amore,
raccogli questo affetto che m'invade
tienilo come un dono nella mente
per darlo a chi tu vuoi teneramente.
L'amore che non
muore
Ho un lumicino acceso dentro il cuore
vorrei che tu potessi un dì vederlo
ma ormai ogni illusione ho abbandonata
anche se spero in un raggio di sole.
Il sole, questo stanco astro che arranca
nell'universo, e non scalda la terra,
tra un polverio di nebbia anche stamani
resta nascosto e non mi da calore.
Anche il tuo cuore sembra triste e stanco
forse hai un affetto che ti brilla dentro,
e non t'importa se il mio stanco amore
bussa alla porta, lo lasci lì a bussare.
Ma non importa, in fondo non mi costa
dare l'amore a chi non lo ricambia
donare amore illumina la mente
ci aiuta nel silenzio a verseggiare.
Questo motore che ruggisce dentro
che sempre gira e non si vuol fermare
tanti chilometri vuole ancora fare
ma nel tuo cuore vedo non fa centro.
A me basta poco
A me basta ed avanza il tuo ricordo,
capire che io sto nei tuoi pensieri
farti sapere che sei ancor nei miei
con l'arpa qualche verso suonerei.
Lo so che non puoi tanto chiacchierare
fai le tue cose e sentimi vicino
anche se non mi parli e non rispondi
d'un dolce sentimento ognor m'inondi.
Mi basta poco per sentirmi vivo
una parola dolce pur se breve
un ciao anche se solo sussurrato,
un saluto non importa se affrettato.
E dopo son felice e ancor ti vedo
coi ragazzini che rampogni a scuola
con un sorriso che ogni tanto doni
ed anche i più bizzosi poi perdoni.
Dopo ti rassereni, forse mi pensi,
ti chiedi cosa io faccio o con chi parlo
ma come vedi a te scrivo dei versi
che adesso dal mio cuore sono emersi.
Apri la porta
Apri la porta, amor, che fuori piove
non mi lasciare a mollo sotto l'acqua
guarda dalla finestra, osserva bene
sono fuori per strada e non conviene
restare al freddo, sai quello che tengo
e tanta umidità non fa guarire
anzi potrebbe causar dei danni
non penso che tu goda dei miei affanni.
Ma tu chissà a chi adesso stai pensando
non te ne freghi di un povero poeta
che scrive versi e semina parole
che squagliano appena sorge il sole.
Ma so che nel mio cuore vedi e leggi
perchè tu ricca sei di sentimento
ed anche all'imbrunire quand'è sera
vedi i colori della primavera.
I miei rondoni
urlanti
Li vedo nei pensieri in cielo andare
questi rondoni tra le nuvole sfreccianti
ascolto i loro sibili incostanti
sul cielo di Maremma
pei vicoli d'un borgo addormentato.
Ascolto il verso dei loro piccini
sotto i coppi delle vecchie case
coi muri decrepiti e cadenti,
li ascolto all'alba,
li sento anche al tramonto,
fino a notte mi fanno compagnia.
Questi rondoni,
neri come il mio cuore triste e scuro,
come il mare quando spira la tempesta,
quest'anno non li ho visti,
non m'hanno salutato,
non mi hanno fatto festa.
Non li ho visti arrivare in quel d'Aprile,
non ho sentito il sibilo alla mia
finestra,
ancora chiusa vedo la persiana,
silente la salita come sempre
di questa Costa Ripida scordata.
Che a Boccheggiano manchi il suo poeta,
sol'io l'avverto,
la mia voce però vola insieme a quattro
versi
che incido su una pagina virtuale,
sembra sia bianca e lascia tracce nere
come quel primo seme
che su un quaderno dalla copertina nera
tracciai un tempo ormai dimenticato
con le rondini in volo nel cielo dei miei
anni,
fuori da ogni tristezza
fuori da ogni tempo.
Impaziente
Alla mia età son forse un po' impaziente
non mi va più di tanto a cincischiare
se dono amore e a chi lo do non sente
allora mollo senza più lottare.
Se trovi poi un affetto diffidente
che ha nodi in cuore ancor da spettinare
con questi non ci posso fare niente
delusi son non vogliono rischiare.
Quando l'amor finisce col tormento
anche la pelle sembra attaccaticcia
ed anche se il calore non è spento
la fiamma è bassa, non è certo alticcia
diffidi di ogni nuovo sentimento
non ti si accende più in cuor la miccia.
Sentirsi ulivo
Sentirsi ulivo
è forza di natura,
è vento che nel tempo soffia e dura,
è bacca che in autunno poi matura.
Sentirsi ulivo,
per me che in versi scrivo,
è vivere e sperare
che ogni mio pensiero
al tempo sopravviva,
renda l'animo forte
la vita più giuliva.
L'ulivo che non
muore
Possente un urlo al cielo
innalza, invoca,
tutta la forza sua sembra che scuota
la terra trema,
fertile risponde
al suo implorare il ciel non sembra
assente.
E l'urlo di protesta
forte rimbalza pei campi soleggiati
già da tageti gialli e papaveri rossi
colorati.
Le braccia al cielo tende
forse una tremenda imprecazione,
forse dolce una prece,
forse sconforto,
un pianto di passione.
E la Pasqua è ancor vicina
la Croce è sempre vivida e splendente,
da quel legno che manca
forse un martirio ancora ha rinnovato,
quella passione
insieme a un tronco che non vuol morire
ancora ha ricordato.
Ora il sole risplende:
germogli nuovi con orgoglio
il vecchio tronco tende...
Sfida la gente,
sfida l'indifferenza,
sfida il mancato rispetto della terra,
sopporta e con pazienza
rinnova con testarda presunzione
che la natura sull'incuria vince.
E quando il mondo sembra che s'oscuri
ecco che il sol risplende,
tra le nuvole filtra e di calore
il tronco inonda,
i suoi germogli scalda
nuove radici nella terra affonda.
Cosa mai sei?
Sei dolce e non lo sai
tenera quanto basta
un fiore profumato
in questo mese nato.
Una fresia odorosa?
Un glicine che sboccia?
Non so tu cosa sia,
musica e fresco vento
un suon dolce e lento?
Sei fruscio di ruscello,
brusio di vento,
di acqua un gorgogliare,
sei fremito di mare?
Hai qualcosa di unico
che sa parlare al cuore
forse il tuo sentimento
è come una carezza
che l'animo mio apprezza.
Cerco la tenerezza
Non è il tuo cuor che cerco,
quello è solo un muscolo che batte
che ripete le stesse sensazioni
(e guai se si fermasse),
le stesse identiche funzioni.
E l'anima tua che cerco,
quella che genera emozioni
che comunica senza mai parlare
che un'altr'anima riesce a far vibrare.
Cerco quell'alito silente
che nello spazio vola
che unisce affetto e mente,
che al tempo sopravvive.
Cerco solo uno sguardo,
una carezza lieve
che dia la tenerezza,
che sia simile al vento
d'estate dolce brezza!
Non sono una santa
Le hai dette tutte te, le hai messe in
fila,
che non sei santa me l'hai ripetuto,
neppur di primo pelo sostenuto,
di non amarmi anche questo hai detto.
E il giorno che a me ti sei donata
mi hai chiesto se cercavo solo affetto,
non hai capito, fosti fortunata
perchè quel dì t'avevo un poco amata.
Attenta non sei stata e ripetesti
cosa da te in fondo io mai volessi
a tanta aridità lo sai non ressi
la porta chiusi e più non mi vedesti.
Ma ogni tanto ti penso e poi mi chiedo
perchè il tuo cuore hai chiuso al
sentimento,
ma io sono un diverso, e tu lo sai,
all'amor credo e dentro il cuor lo sento.
E se m'accorgo che manca l'affetto
insensibile resto alle carezze
nel solo sesso vedo frigidezze
e un gran sconforto preme dentro il petto.
Tremolio di stelle
Quando pel firmamento un tremolio
di luci sparse nella notte appare
e sopra il mare qualche lume spio
le membra tutte sento allor vibrare
una preghiera verso il cielo invio
a chi potrebbe ancor farmi sperare.
Lo so che nella notte son sol'io
che coi pensieri sfioro le montagne
e vola silenzioso il pensier mio
pei borghi solitari e le campagne
il cielo sfiora, le cime del desio,
coi gufi pigri e l'aquile grifagne.
Senza sostare va verso l'oblio
dove riposa la memoria stanca
dove l'amore è logoro e stantio
dove finanche l'emozione manca.
Senza amore nulla
voglio
Senza amore nulla io chiedo e voglio:
se volevi un approccio materiale
con me sarai rimasta un poco male,
detesto rotolarmi nel trifoglio.
Se poi sospetto che ci sia un imbroglio,
o ci leggo qualcosa di venale,
allor posso restare un po' glaciale
mi s'addormenta il mascolino orgoglio.
Che ci vuoi far? Io forse son diverso
non sono il maschio da combattimento
a letto senza amore io sono perso.
Se tu controlli sol l'accrescimento
io d'amor parlo e scrivo prima un verso
e nulla faccio senza sentimento.
Stupida e sciocca
Per sempre resterai stupida e sciocca
sempre te lo ripeto a filastrocca
cerco quello che forse non si tocca,
la gusto, ma non cerco solo gnocca.
Quando l'amore in me a tratti schiocca
divento ancor più forte d'una rocca,
lascio da parte i pasti e il “saltinbocca”
resto digiuno e nulla metto in bocca.
Ma tu resti attaccata ai tuoi “marocca”
che in vernacolo san dire:”Allocca, allocca”*
t'incanti ad ascoltarli come allocca
e bevi tante balle da un brocca.
Ma quando con l'età la neve fiocca
anche per te poi la ragion si sblocca,
il suono sentirai chiaro che scocca
della campana che per te rintocca.
Poi forse apprezzerai me e chi t'imbocca
la strada giusta, che d'amor trabocca,
e forse allora il sentimento schiocca
dentro il tuo cuore che oramai si sfiocca.
Vorresti ritrovar chi ti rimbocca
un po' d'amor nella tua vita sciocca
ma troverai chi cerca solo gnocca
che donerai perchè non sei pitocca.
* In vernacolo napoletano vuol dire:"Guarda, guarda"
Un saluto
Un saluto a volte non è niente,
nasce dal cuor così senza pensare
lo spazio copre anche a luci spente
chi lo raccoglie sol lo sa apprezzare.
Un saluto matura nella mente
mentre si pensa a chi lo può accettare
corre sul mare, viaggia celermente,
per continenti interi può volare.
Ma tanto aiuta chi poi lo raccoglie
che prova in petto un dolce sentimento
l'animo sgombra da pensieri e doglie.
E sembra come un refolo di vento
che spazza dalle vie le morte foglie
apre alla gioia e chiude ogni tormento.
(Ad Angela Rainieri)
Un quaderno e una penna
(Nella giornata delle Palme)
In giro me ne vado solo e armato
d'un quaderno e una penna.
Non sparo,
non rintrono mente e cuore,
uso la penna per stilar dei versi,
qualche frase d'amore,
a volte semino speranza
altre volte urla di dolore.
Sono un poeta,
non son certo un guerriero.
La lancia? Ma è una semplice matita.
Lo scudo? No, è un povero quaderno
che accetta tutto quello che gli scrivo,
mai non protesta
(e sai vorrebbe pure a volte protestare
per dir quello che pensa
ed avrebbe ragione a reclamare).
Mi vede strano.
Passo dal bianco al nero ad ogni istante.
A volte rido,
poi m'assale un po' di nostalgia,
sono lagnoso e qualche volta piango
ma quando vedo i tanti mali al mondo,
anche se qualche acciacco mi tormenta,
mi abbraccio ad un rametto di allegria.
Ed oggi è delle palme:
di rami in giro ce ne sono tanti,
ci sono anche rami di ulivo profumato
che un giorno un uomo saggio han salutato.
Lui parlava di amore, seminava pace,
ma nell'animo umano v'è la guerra:
l'hanno inchiodato in croce.
La morte negli umani è sempre viva
mentre l'amore è sempre assente o tace.
Specchio dell'anima
La foto è di Rocco Castrignano (g.c.)
(Autorizzazione concessa su FB il 27.3.2015)
Specchio dell'anima lucente
risplendi nel mattino tra la brina
col verde già costruisci una ghirlanda
ti pavoneggi tra fiori di spina.
T'affacci alla finestra,
con i colori scherzi e ti confondi
tra le foglie di malva e di trifoglio
un luccichio di perla intorno effondi.
Trasmetti la speranza,
or spunta anche il sole, e m'accarezza
un refolo di vento che mi giunge
lieve dal mare come dolce brezza.
Luce soffusa
- La foto è di Enrico Santoro di Cutrofiano
Morbida e un po' soffusa va la luce
sui muri allarga il suo chiarore a sera
anche la piazza di un bel marrone incera
pennella il cielo con del nero truce.
Sulle auto si riflette e poi traluce
come stella restante mattiniera
che non si spegne e tremula leggera
tra i silenzi spaziali ci conduce.
Intorno sembra voli la speranza
sparsa con un color tenue e rosato
da un pittore che nella notte danza
sulle strade che hanno recintato
per rendere così muto e ovattato
quest'angolo di mondo addormentato.
Pasqua 2015
Risuoneranno ancora le campane
spezzeranno il silenzio della Croce
urlanti scenderemo nella piazza
con l'uovo sodo in mano e qualche dolce.
Ritroveremo l'aria del passato
il vento caldo della giovinezza
quello che abbiamo perso e che cerchiamo
la pace e la spensieratezza.
Berremo ancora l'acqua della fonte
ritorneremo tutti alla Sorgente
nei prati in mezzo ai fiori e in mezzo ai peschi
e il vento asciugherà le nostre pene.
E canteremo le lodi del Signore
di quel Signore ch'è fuori dalla mente
ucciso ancora dall'indifferenza
dall'egoismo da inutili rancori.
E suoneranno, suoneranno a morte
le campane che han suonato a Gloria
ricorderanno ancora anche i rimpianti
affinchè viva almeno la memoria.
L'artista si commuove sempre dopo aver composto ogni sua
opera!
Fior di lavanda
Questo mio amor che mi pervade e inonda
è come un fiore che s'affaccia al sole
profuma d'acqua fresca e di lavanda
strepita sulle rocce come un'onda.
Tante parole forse son sprecate
ne basta a volte una e che sia vera
questo mio amore soffia come un vento,
ha in se il sapore della primavera.
Spazza le erbe e i fiori sopra i prati
ne raccoglie i profumi e te li porta
il viso mi rinfresca e m'accarezza
a nuovo amore ancor apre la porta.
Dentro il petto ruggisce prepotente,
si muove in sintonia col sentimento
accende un fuoco vivido e lucente
un fuoco che credevo fosse spento.
Un chiodo fisso
Io non lo so,
ma forse tu lo sai,
ti sei descritta davvero egregiamente
prima coi tuoi filmati,
adesso coi mancati sentimenti,
che hai tu espresso in modo sì indecente,
e sì quei tuoi filmati adesso li ho capiti
erano soltanto volgari adescamenti.
Cosa dovrei mai conservare,
di te cosa mi resta?
L'hai scritto tu,
poi me l'hai dimostrato a letto,
solo una immagine fugace,
un po' di foga,
un urlo di piacere condiviso,
l'assenza mia totale da un orgasmo,
a cui poco credevo,
ma che splendeva forte sul tuo viso.
Sì fingi di scribacchiar sulle tue carte,
cullati in certe esibizioni esagerate,
l'età che hai non è di primo pelo
(sono le tue parole che mi hai detto).
Puoi ingannare qualche pappagallo
che cerca solo quello che puoi offrire,
un po' di sesso squallido e immorale,
ma dentro il petto tuo c'è solo il vuoto,
il vuoto di un abisso
la voglia insoddisfatta di un orgasmo,
un orgasmo ricco d'amore,
che non potrai mai avere
che rimane per te qual chiodo fisso.
Mi manchi
Mi manchi bella troia,
questo lo penso ancora,
non aspettar perchè non te lo dico,
dentro il mio petto brucio al sol pensiero
d'appagare ancor quel desiderio
che forte mi hai trasmesso
che è rimasto attaccato alla mia pelle
come profumo d'un piacere antico.
Odor di caldi umori
che hai sparso quella sera
in una stanza che ha raccolto l'urlo,
della libido tua forte e convinta,
l'urlo d'una passione
che nella mente m'è rimasta impressa,
di quell'amor che forse ancor covavi
unito al vento della trasgressione.
Mi manchi sì,
ma questo orgoglio tu lo sai mi blocca,
rinuncio alla passione che m'affoga
rinuncio all'urlo tuo che mi sconvolge,
ma a te mai più lo dico,
urlo che ancor sentir vorrei
che archivio, ma pur penso a quel giorno,
solo quel giorno agogno e maledico.
Falesia annerita
La foto è la spiaggia di Gallipoli oggi, dove tanti anni or
sono spesso mi recavo con la mia famiglia al mare.
Son ritornato dopo quarant'anni,
tra le rocce di questo lido antico
la mia emozione è forte, e non la dico,
neppure vi rammento i tanti affanni
che della vita mia furon tiranni.
Eppur quel tanto sentimento grico
non fu per me neppure vero amico,
esposto mi lasciò a tresche e inganni.
Or questo sole scende lentamente,
a ricordare e rampognare invita
giacchè il tempo fuggì miseramente
e ogni affetto squagliò dalla mia vita.
Un cupo intenso invade questa mente
come questa falesia oggi annerita.
Fioriture e ricami salentini
Nel borgo dove già il silenzio regna
si staglia in cielo l'eco di preghiera
anche se il giorno è opaco e sembra sera
la terra con il ciel quasi s'impregna.
E la natura il vento ridisegna,
spazza gli ulivi, smuove la criniera,
soffia sui primi fior sulla costiera,
al sol rossi papaveri consegna.
Anche i pensieri sembrano più chiari
la mente indaga libera e riflette
sui resti di torrioni, reliquari
e di fortezze, sempre più imperfette,
sembra un elenco di stupidi inventari
di una umanità che mai riflette.
Il giorno che sarai morta
Il giorno che gli occhi chiuderai,
quando il buio ti ruberà la luce
in sogno scorgerai un vecchio andare
ad un bastone mi vedrai appoggiare.
In quel giardino dove ci han convinti
che dopo morti ci ritroveremo
io sarò lì con ansia ad aspettarti
forse di nuovo io potrò abbracciarti.
Ricorderai le mie dolci carezze
su quel tuo corpo ritornato in fiore,
il tuo rancore avrai dimenticato
allor mi spiegherai perchè m'hai odiato.
Forse sorriderai perchè i tuoi versi
soltanto io capivo ed apprezzavo
piangente ti chiederò ancor perdono
perchè t'ho odiato e non son stato buono.
Mi taccerai di non averti aiutato,
di non aver capito che volevi,
di averti fatto maledir la sorte
odiar la vita e corteggiar la morte.
Ma dopo m'asciugherai le ciglia
come facesti al nostro primo incontro,
vedrò di nuovo fiorir quel tuo sorriso
che colorò di gioia un dì il tuo viso.
Quella casa arcobaleno
Quella casa ha cambiato di colore,
di rosa dipinta adesso non è più,
oggi s'affaccia in mezzo al biancospino
colorata di un giallo paglierino.
Quella casa nel buio la noto ancora
anche di sera nel mio cuor risplende
tremola nella notte un lumicino
come la mente un po' ebbra di vino.
Quella casa mi parla da lontano
anche se non la guardo lei mi chiama
sento il suo urlo appena mi avvicino
come quando in un dito entra uno spino.
Quella casa nasconde i miei segreti,
conserva tutti i suoi e le bugie,
amplia i disagi che si crea al cammino
se nella scarpa v'entra un sassolino.
Quella casa è lì, sembra che taccia,
ma anche muta dice tante cose
è sempre rosa, profuma di marino
ma sa anche di menta e rosmarino.
Madrigale dell'8 marzo
Fra i tanti amori miei c'è una sola
che all'amor mio non fu mai indifferente
che le morbosità mie pronto ha spente.
E quell'amore m'è rimasto in gola
come un'esca di pesce fastidiosa
che punge e al deglutir resta noiosa.
Ma quando di stancarmi aspetterò
insieme a lei in cielo svetterò.
Io, figlio di saraceno
Io,
forse figlio di saraceno,
di moro, di turco, di fenice,
io che m'attacco a una radice,
al Salento m'abbraccio,
m'imbevo nell'essenza di quei Calabri
bagnati dall'adriatico fumoso,
cullato dallo Jonio sciroccoso
che patria fu ai Messapi salentini.
Io,
che oggi con due mari mi confondo,
in essi cerco le impronte dei miei padri
e nome dò a una stirpe
che con Enotri e Bruttii si confuse,
cerco di marchiare dentro il petto
quella mia identità che non esiste,
che solo nella mente mia resiste,
e diverso mi fa ma non lo sono.
Io,
figlio dell'Africa di certo
cerco una terra da chiamare patria
cerco una patria da sentire terra,
terra di popoli diversi, ormai integrati
in culture messapiche e Japigee,
ad accenti e verba antica calcidesi
io, sono anche figlio d'un popolo scomparso
che vive sotto le zolle d'un terreno arso.
8 Marzo d'angoscia
A te dolce mia amica
che ascolti il mio parlare,
a te
che sai donarmi una parola stanca
quando il mio cuore è triste,
che l'accompagni nel suo peregrinare,
con lui discorri,
a lui tu forza dai.
A te che timida pazienti (e forse soffri),
che le mie pene ormai conosci
e dolcemente mitighi e lenisci,
a te, mia dolce amica,
in questo giorno il mio pensiero corre.
E ti ringrazio della tua presenza,
del vigor che mi dai
per affrontare la ripida salita
che affonda nel mio cuor l'indifferenza
verso un amor che ormai ristagna e muore,
verso un affetto che mai potrai scambiare,
che si consuma tra apatia e rancore.
Poesia delle quadrisdrucciole
Di vino quel bicchier colmo riempitecelo
insieme alla gassosa rimescolatecelo
un nastro per distinguerlo incollatecelo
per bibita speciale appiccicategliela
e al gusto del buon ber sacrificateglielo.
Diversamente diverso
Non m'interessa la tua libertà,
ho già capito che intendi e a cosa alludi,
non mi interessa che adesso tu stai qua
e sull'agenda già stai ad appuntare
che questa sera tu starai di là.
Non mi interessa tale comunione,
non ho sfilato in piazza coi cartelli,
non credo a quello che tu pensi già,
quello che pensi non è affatto amore
ha odor di copula, di zozza commistione.
Ti rotoli indecente,
sembri come una gatta innamorata,
miagoli di piacere, urli,
come una vergine appena deflorata,
nel tuo piacere certo mi trasporti,
mi resta un segno vivido e struggente.
Ma chiediti poi, infine, cosa lasci?
Solo un ricordo resta fisso in mente,
solo un ricordo squallido e... indecente.
L' ombrello verde
Anche un ombrello può aver una voce,
Anche se dopo usato e appeso langue
anche se il vento il manico gli ha rotto
e non si chiude più, son io che sbotto.
Parlo per lui e dico molte cose,
parlo in silenzio e forse mi capisce
anche perchè or è inutilizzato
mi chiede scusa assai mortificato.
Io l'ho aperto, per rassicurarlo
che serve anche da rotto all'occasione
ed anche se il suo verde fuor non sfoggia
a volte mi ripara dalla pioggia.
Or mi ricorda un giorno in allegria
un incontro per nulla occasionale
che non avevo certo io organizzato
anche se, a dire il ver, sollecitato.
Un giorno non felice e burrascoso
ad osservare le onde sotto un ponte
una giornata ricca di entusiasmo
finita dopo a letto in un orgasmo.
A dire il vero io ero indifferente
ad agitarsi e offrirsi non fui io
io colsi il poco che mi venne offerto
chiusi il portone ch'era stato aperto.
Ma quella porta non fui io ad aprirla
neppure la chiave girai dentro il chiavaccio
niente raccolsi, fu per me un assaggio
che ricambiar volevo dopo a maggio.
Invece, finì lì, senza un motivo
ma forse ritardato era il cervello
e quando poi capii restai deluso
sempre si paga qualcosa dopo l'uso.
Mignotte
Foto: tratta dalla rete (Chianciano - Mater Matuta)
Chi ha inventato questo termine assai antico
davvero non si sa, anche se a Roma
è facile sentirlo in ogni borgo
usato da studenti e senatori,
da gente di palazzo e muratori.
Sembra sia nato in epoca imperiale,
nelle corti francesi e nobiliari,
forse deriva da cortigiana, o preferita,
da mignoter, che vuol dire carezza,
o da mignon, favorita, ch'altri apprezza.
Ma io son certo derivi dal latino,
da una scritta al braccio dei bimbi abbandonati
filius matris ignotae o m.ignotae
che il popolo in volgare ha poi tradotta
nell'espressione figlio di mignotta.
Un termine allor tutto italiano,
che serve ancora oggi a far carriera,
per ottener un semplice favore
ma usato per sbarcar anche il lunario,
un motto antico ma ancor straordinario.
Vennero i giorni
Vennero i giorni con il sole,
l'acqua evaporò dalle pozze
alle nuvole poscia si congiunse,
le fallaci parole si sciolsero,
il vuoto della sua mente alfine si fuse
nel silenzio dell'indifferenza.
Dallo squallore della spazzatura
i miasmi puzzolenti s'espansero
sui prati coperti dal trifoglio e fiori gialli.
Si chiusero i calici,
rabbrividirono per la vuotezza del suo animo,
delle sue proposte oscene che finsi di non capire.
La stanza vuota raccolse il suo urlo di piacere
gli umori si confusero ad un orgasmo senza emozione,
all'appagamento fisico che mi ha regalato,
ma che non le ho corrisposto.
Troppe trasgressioni quel sabato mi aveva raccontato,
troppe infamità e sregolatezze socializzate
figlie di un animo malato,
compagni di tanti pappagalli gracidanti.
La nausea mi aveva già disgustato da tempo.
Gia mi aveva dato quello che non le avevo chiesto
anche se poi ha raccontato che l'avevo mendicato.
Ancora una volta un dono ricevuto
non richiesto e non ricambiato.
Vennero i giorni dell'indifferenza
la vergogna del decoro svenduto
per un amplesso bestiale e senza affetto,
il disgusto per lo squallore che era entrato nel mio letto
che mi aveva lasciato solo il lezzo della spazzatura.
Restarono le mie delusioni per avere offerto affetto
a chi racconta solo bugie,
a chi semina solo menzogne,
a chi cerca di insozzare degli animi puliti,
a chi mi ha regalato un solo putrido orgasmo,
senza emozione e privo di sentimento.
La follia
Ma dove stanno i pazzi, veramente
non mi interessa in fondo di saperlo
se le rotelle vanno infatti lente
il senno non riesci a trattenerlo.
Tutto oleato non puoi mantenerlo
il giudizio non sempre è risplendente
e il senno non si può in fiale berlo
ci vuol dell'altro a lucidar la mente.
Rimane solo il pesce congelato,
di quello fresco io mi fido poco
vivo ci sembra e invece è stagionato
si disfa tutto appena sente il fuoco.
Per cui del venditore camuffato
gira alla larga e non stare al suo gioco.
Tra i sassi del Vereto
Quel dì che i tuoi capelli imbiancheranno
e spettinata ti guarderai allo specchio
insieme a te, riflesso, anche vedrai
un viso pien di rughe e pien di guai.
Non so se proverai un po' di stizza
pensando agli anni che ti sei donata,
forse vergogna avrai, ti pentirai,
bestemmierai per averti la vita rovinata
inseguendo un amor che tal non era
simulando una passion falsa e non vera.
Uno sguardo rivolgerai al tuo bimbo
mentre è seduto a fare colazione,
non so se tutto ancor ricorderai,
se rabbia avrai per quell'amor svanito,
per quel pupazzo che non t'ha creduto
e non t'ha dato il figlio che avresti allor voluto.
A scuola l'accompagnerai,
disfatta ormai nel corpo e nella mente
ti siederai delusa a una panchina
sul tuo telefonino sfoglierai
qualche filmato vecchio ed indecente
per rivederti con la pelle fresca
col tuo agire spesso indisponente,
col viso abbuiato a volte ed altre sorridente.
Con il pensiero andrai sopra il Vereto,
di nuovo scenderai tra sassi e ulivi
il mar di San Gregorio guarderai
pietosa la luna un raggio ti regalerà
per ricordarti i giorni che felice
bugie tra quelle pietre hai seminato,
tra gli ulivi e tra il mirto profumato.
Ed anche lì un'ombra avvertirai
stanca viaggiar tra i sassi e sotto il sole
forse ricorderai che hai dato amore
a chi l'ha preso e non l'ha domandato
a chi l'ha avuto perchè gliel'hai donato
a chi ha creduto e mai l'ha cancellato.
Una corona di lauro
Una corona di lauro
adorna la testa d'una donna sola,
la sua tristezza è par forse alla mia
sparge profumo, olezza di poesia.
Volano le sue parole,
il cuore un poco m'addolcisce,
ma l'immagine riflessa nello specchio
mostra il mio volto che diventa vecchio.
Guardo allora il mio tempo,
lo vedo crudelmente andare via
e quella cara amica allora aspetto
che il suo mantello nero avvolga il petto.
Mi guarda e mi corteggia
la vedo, a volte fingo d'ignorarla,
ma è lì, dietro quell'angolo che aspetta,
paziente attende senza troppa fretta.
Riflusso
Noi siamo gocce,
piccole ed inutili gocce,
noi siamo vox clamantis nel deserto,
entità fisiche evanescenti,
diafane, trasparenti,
noi siamo il nulla eterno,
illusioni,
destinati ad evaporare al primo sole,
noi siamo la verità e la vita
che la massa informe invidia,
che i potenti detestano!
Marroccolo
(Strullata per una giornata bigia)
Marroccolo
sul moccolo
mi ammoccolo
lo schioccolo
poi sbloccolo
e ribloccolo
ma sempre son marroccolo
rimasto senza coccolo.
Salento mio
Febbraio 2015 – Leuca – Punta Ristola
Salento mio che tra due antichi mari
abbracciato e cullato te ne stai,
che affetti m'hai donato dolci e amari
e m'hai affogato tra dolori e guai,
i giorni miei stan diventando avari,
solo i miei versi poi alla fine avrai
e dei miei amori caldi e passionari
tutta la storia mia ci leggerai.
Sol biasimo darai a questo figlio
e mi ricorderai per quel che sono
ispido pruno e non candido giglio
che inutilmente cercherà il perdono
a un falso amore a cui ancor m'appiglio
e a cui sol versi sparsi lascio in dono.
Ai miei amici di FB
Amici miei di altri continenti
che i versi miei leggete e commentate
sono affettuosità che regalate
ai cuori fanno bene ed alle menti.
Mi basta poco: in certi bui momenti
saper che le mie rime voi apprezzate
un po' mi pavoneggio e, come un vate,
spargo dei nuovi versi ai quattro venti.
Scrivo e col pensier volo in Canadà,
immagino gli amici in Argentina,
in Australia, in Romania e, qua e là,
sparsi nelle Americhe ed in Cina,
e il cuore s'empie di felicità
per tanta gente che sento vicina.
Cinguettio di primavera
Il primo cinguettio di rosignoli
come suono di campana stanca
vola pel borgo ed addolcisce l'aria
che già di primi fiori i rami imbianca.
Come rapido scorre
il pennello madido di tinte
sulla tela del mondo e lo dipinge,
anche d'intorno alacre è la natura
cambia i colori,
disegna sui rami nuove gemme,
spinge in volo sui rami pallidi germogli
le prime mammole sui ceppi delle querce
invita a provar l'aria per poter sbocciare,
mentre le tortore lanciano i richiami,
tubano già i colombi sopra i tetti,
un passero saltella col becco piene d'erbe
a nuovi amori invita
e nuova vita tenta di creare.
Ma ascolto lontano un suono di cannoni,
vedo del sangue che imbratta muri e zolle,
avverto angoscioso l'urlo di dolore
di gente in fuga che nel mare muore.
E vedo bimbi con visi atterriti,
vedo vecchi confusi ai muri aggrappati,
donne piangenti,
vedo violenza e morte:
pietà ed amore sembrano ormai spenti
rimane solo il ghigno dei potenti.
Il tempo passa e va,
scorrono lenti gli anni,
inesorabilmente imbiancano i capelli
colorano la pelle di disegni
che neppure un pittor pennella uguale,
ricama le mie mani, corpo e volto,
la mente m'avvilisce quando a sera
di fronte a questo mondo senza amore
angoscioso m'assale un flebile tremore.
Ombre
Bagheria di Ferdinando Scianna
La foto è stata trovata su FB ed appartiene a Ferdinando
Scianna, noto artista e fotografo siciliano.
Ombre,
ombre fugaci
rappresentazioni grafiche,
proiezioni simboliche,
pensieri onirici,
felicità che ci inseguono
che più non percepiamo.
Meretrice
Conosco il tuo mestiere,
tu me l'hai ben descritto
me l'hai documentato
m'hai anche un po' eccitato.
Lo sai che senza amore
io resto indifferente
lo sai, non ce la faccio
m'ammoscio, so' uno straccio.
Tu ci hai provato bene
hai fatto il tuo dovere
ma sola hai tu goduto
hai vinto, io perduto.
Or dici che hai capito
che sono un tipo strano
ma sai che nulla provo
se in te amor non trovo.
Al cuor non si comanda
tu più non provi nulla
sei onesta e me lo dici
non cerco io meretrici.
Io sono un po' all'antica
non sono un cacciatore
se vuoi che te lo dica
ancora cerco amore.
Le sveltine
Per fare le sveltine
bisogna aver talento,
per me che sono lento
ci van le porcelline.
Meglio le libertine
che danno nutrimento
se l'appetito è spento
per troppe merendine.
Ci va pazienza e amore,
un po' di turbamento
frammisto a del calore.
Se manca il sentimento
rimane un po' di odore
che via trasporta il vento.
Quale sapere
Di questo mio saper che me ne fo'
solo e negletto vo
sopra la terra
giro per la galassia illuminata,
ma solo vedo il sole
vedo la luna
e dei puntini in cielo sparpagliati.
Neppur perché sia vivo io lo so
conoscenza non ho,
non so il perché
son nato in questo tempo illuminato
da arte e conoscenza
e tra ignoranza
di popoli negletti e maltrattati.
Questo poco sapere a chi lo do
davvero non lo so
scorrono gli anni
ho qualche conoscenza della terra,
dei mondi attorno a me,
del mio cervello
solo alcuni frammenti son sfruttati.
Ridete in silenzio
In quel cartello affisso sopra un muro
scritto con le parole evidenziate
c'è la malinconia della vecchiaia,
la morte d'ogni gioia,
la fine delle piccole emozioni.
Quei divieti ci fanno ritornare
all'allegria di giorni ormai scordati,
ci fanno ricordare le risate,
gli urli scomposti,
i nostri anni passati.
Ed è l'invidia quella che ci spinge
a evidenziare tanta ipocrisia
abbiamo scordato la gioia dei nostri giorni
abbiamo perso il riso e l'allegria,
forse soffriamo e tanta rabbia abbiamo
per la felicità che è andata via.
Ispirazione
Alito di vento che sublima,
la mente come forte quercia scuote
le foglie sparge intorno
e poi raduna
negli angoli del cuor
sotto i balconi.
E rotolano,
rincorrono,
saltellano,
frusciano lungo i marciapiedi
si spingono
confondono
s'abbracciano felici
giocano a bocce
e mai lo schiocco senti.
E mentre il vento li accarezza
scorre la penna,
incide quattro versi
e mi ricorda che nel dì di festa
rotolar come foglia sol mi resta.
Come no, no!
(Strullata)
Come no, no,
si, si,
lo voglio proprio dir
un verso scrivo al dì
con sosta al venerdì.
Se scrivo mi scompiglio
i nervi mi attanaglio
una bevanda al tiglio
mi calma lo scompiglio.
E l'asino che raglia
e la gallina sbaglia
le uova fa quadrate
non sono ovalizzate.
Ma come fa a produrle
così tutte quadrate
le ha ben ammucchiate
le ha meglio conservate.
Or l'uovo è più sicuro
non rischia la rottura
sano più a lungo dura
e regge contro il muro.
Il sole tra i girasoli
Un raggio di sole m'ha inondato
mentre viaggiavo distratto per la rete
un raggio che da anni mi colpisce,
che di emozioni sempre mi imbottisce.
E' vero sono versi, son parole,
sono pensieri misti a sensazioni,
ma chi le vive, vive le trasmette,
le socializza e poi nel cuor le mette.
Poi basta poco, un volto in mezzo ai fiori,
fiori di primavera a cui assomiglia,
per riprovare vivide emozioni
che riempiono il cuore di illusioni.
E splendon come sole a mezzogiorno,
che si confonde e mischia ai girasoli
come il suo volto ch'è apparso stamattina,
viso di poetessa semplice e bambina.
- Dedicata ad Ilaria Parlanti di Pescia (PT), giovane
poetessa liceale che miete successi nei Bandi Letterari ai
quali partecipa.
Zanzare
Zanzare,
maledette zanzare
fruscio opprimente,
stancante,
pungente.
Tracce evidenti
su pelli arrossate,
prurito noioso.
Svolazza sul vetro
mi sfotte...
io sbotto.
Ma già quel gonfiore
rossastro,
noioso,
sulla mia pelle un po' vizza
m'assilla....
…m'ha rotto....
...ma già pagato ha lo scotto.
- Seconda zanzara in auto in due giorni e primo gonfiore
sulla pelle...evviva la natura (come sono contento)!
Il peso dell'orgoglio
Nel silenzio che tutto mi divora
stanno creando i tasti le parole
il rumore si perde in questa stanza
dove il tuo urlo ancora mi accalora.
Dal cadenzato ticchettio dei tasti
lettere incido su questo foglio bianco,
le leggo, le valuto e soppeso,
poi le correggo, oppure le cancello.
Sono pensieri che compongo mesti,
il cursore lampeggia ed è paziente
nuove parole aggiungo, non ha fretta,
quasi mi suggerisce e mi corteggia.
Così ti scrivo ed in silenzio parlo
con te che stai soffrendo mal di denti
tu pensi che rimango indifferente
invece tristemente ancor ti penso.
Ricordo le parole appena dette,
medito un po' su questo sciocco orgoglio
che mi rode in silenzio e mi tormenta
e all'amicizia tua che più non voglio.
Una barca
senza tempo
- la foto è tratta dalla pagina FB di Salvatore Mancarella
E' andato via il mio tempo
sulle spiagge sassose del mio mare
con la visione dei Peloritani
con le baracche lungo la marina
con le barche e le reti al sole ad asciugare,
coi nostri primi amori
le ansie in cuore
le guance allora facili al rossore.
E' andata chissà dove l'allegria,
la battuta facile per niente
le risate felici,
perchè il sorriso colorava il volto.
Ed anche la malizia,
che accompagnava fantastici racconti,
s'affacciava a rallegrar la vita
e c'era tutto e niente tra le dita.
Ora ci sono gli anni
vedi ogni giorno vicino il tuo tramonto,
osservi il sole che si perde in mare
tu gli vai dietro ma ti fermi un poco
a riguardare l'acqua alla sorgente,
ora solo goccia che batte sulla roccia,
umida traccia di giorni infelici
ch'erano per noi lieti e felici.
E quella barca
che colorata dondola sul mare
mi rassomiglia e sembra ricordare
un mondo ch'è scomparso,
dei ragazzini con la gioia in cuore
a spingerla sull'acqua con dei remi
che lasciavano i calli sulle mani,
ma pensare non facevano al domani.
Ormoniche passioni
D'assurdo furor
tutta saziata
l'urlo si perse nella stanza vuota
dove l'amplesso consumasti vinta
di passione e di ormoni
sazia e spenta.
Resta ora il silenzio,
ma rimbalza l'urlo,
in nuove stanze vuote si confonde,
vuoto come un bicchiere
tracannato d'un fiato
senza provarne il gusto,
priva di passione.
Rimane ancor l'arsura
resta qualche solingo ormone.
17 Febbraio 2015
Di rosso il cielo si dipinge
nuvole stanche su nel cielo stanno
come ali di fuoco se ne vanno.
E tra l'azzurro che ristagna
dipingono di pioggia già il mattino
che s'annuncia tra il rosso e il cinerino.
E già nell'aria greve spira
un frullare lieve d'ali al vento
che rende nero l'animo e scontento.
E un cinguettio si perde
sugli alberi ancor scarni di fico,
anche quest'anno uggioso maledico.
Solo la pioggia ci accompagna
da mesi proprio non ci vuol lasciare
e il mandorlo comincia a biancheggiare
nei campi e fra le scrasce
un'ombra di inverno ancor ristagna
noiosa appare pure la campagna.
Eco d'arpa
Il giorno
che l'arpa mi abbandonò
l'eco d'un canto di sirene
continuò a confondersi
tra i mari Adriatico e lo Jonio.
Il suono s'avverte ancora,
sfiorando la falesia,
fuggevole fruscio d'onda.
È Carnevale
Sei qui
in questo cuore un po' usurato,
ti sento ancora calda nel mio letto,
ricordo le carezze,
la violenza di quel dolce amplesso,
il piacere che non ho provato
l'affetto che ho avvertito,
che tu non provi
e non hai ricambiato.
Dimmi tu cosa fai,
sotto una coperta al caldo te ne stai,
forse già russi, forse ti lamenti
per un piacere che davvero provi,
hai esclamato ora vado a letto,
non hai risposto a quello che t'ho chiesto,
neppure buona notte tu m'hai detto.
Solo bugie pietose ancor sai dire
dentro l'animo tuo c'è un buio pesto,
sembra che splenda e bruci il sole
ma so che la tua mente
solo la fredda notte cerca e vuole.
Traccio su questo foglio
qualche parola che mi dia conforto
traduco questo mio risentimento
in frasi tenere che non puoi capire,
indietro non si torna ai dolci tempi
quando ancora provavi sentimento
per una carezza che il volto ti sfiorava.
Ora provi a far festa con gli amici
perchè in questi giorni è carnevale,
e non ti puoi neppure risentire
perchè qualunque scherzo sempre vale,
ma vedo un'ombra nera sul tuo viso
che rende triste e falso il tuo sorriso.
Cristalline crisalidi
Migliaia d'ali bianche,
falene sopra i prati e sopra i tetti,
il vento li trasporta
sugli usci li sospinge.
Ai cavi telefonici li appende
sulle finestre restano a guardare,
ricoprono i vasi d'erbe rinsecchite
le viuzze del borgo sembran ricamare.
Ali, alì diafane,
un palpitare mentre il buio già scende
un bianco, vista l'ora, risplendente
copre il lastricato da poco rinnovato.
Tracce di zampe nude,
qualche gatto che miagola strozzato
richiede quel pasto abituale
che in altri giorni non gli fu negato.
La muta dopo avviene lentamente
ai cavi del telefono attaccati,
mentre la notte avanza,
crisalidi e bozzoli ghiacciati.
Pensieri vagabondi
(Critica della ragion pratica)
Difficile è capir l'animo umano,
i sentimenti vagano errabondi
son come dei barboni vagabondi
mai stanno fermi sempre van lontano.
Colui che il cuore ha duro e grossolano
non si cura dei tanti giramondi
usa parlar con termini infecondi
come l'assurdo ragionar kafkiano.
Sorride sempre il vecchio giramondo
sempre è paziente e manco si irretisce
non serve a nulla essere iracondo
da buon kantiano questo lo capisce
solo la sintesi è metodo fecondo
ch'ogni giudizio avverso poi svilisce.
A Mia Martini
“La gente è strana,
prima si odia e poi si ama”...
l'ascolto ogni dì questa canzone
d'una donna che ho amato e mi tortura
che nel mio cuore ancora è viva e splende
ma so che adesso non c'è più,
che al mondo resta e vive gente impura.
E mi commuove quella voce assente,
quella voce unica e armoniosa,
che allietava e torturava la mia mente,
che fermentava puro sentimento,
passione per la vita
che amava ed odiava intensamente.
E vola dentro il cuore la passione,
per un amore che potevo dare
che lei cercava, come un mendicante
ricerca il pane per saziare il corpo,
lei lo cercava per saziare il cuore.
Adesso quel bene che donava
s'è sparso per i borghi e per le vie,
risuona in qualche festa patronale,
tra gli scaffali dei supermercati,
quelle parole, le sue malinconie,
che sono imprigionate nelle sue canzoni
io le ritrovo nelle mie poesie.
Parallelismi
L'amore viene e va.
Ci si incrocia,
ci si ferma un momento,
ci si infiamma,
poi ci si spegne!
Il semaforo è rosso:
come un cuore che pulsa
segue il giallo,
lampeggia.
Poi il verde riappare
si riparte e si va
senza guardare.
Primo mandorlo in fiore
Nel campetto di fronte stamattina
c'era un mandorlo già tutto imbiancato
pensavo fosse colpa della brina
invece era di fiori ricamato.
Sentivo anche il chiocciar d'una gallina
ed ho pensato al gallo innamorato,
ho visto un pettirosso a cui una spina
il petto aveva tutto insanguinato
mentre riparo cercava dentro un nido
tra i rovi d'un consunto biancospino
ed ho sentito flebile il suo grido
perdersi nel silenzio d'un giardino
ancora incerto a questo tempo infìdo
sotto un cielo nevoso e cinerino.
Ode alla
poesia
Erato, scultura di Mara Faggioli di Scandicci (FI)
Oh poesia, poesia,
tu non mi tradisci mai
m'empi il cuore di gioia e di passione
gli affanni miei ristori,
ogni ansia sparita.
Affogo nei tuoi versi
ma in vita mi riporti
e respirar mi fai l'aria pura d'Erato
e pur se disperato
rinasco a nuova vita.
Il lieto verseggiare
su pascoli dorati mi conduce,
su nubi biancheggianti mi trasporta,
l'animo mio addolcisce
a nuova speme invita.
Iubesc
Iubesc pacea din lumea mea
o lume fără grabă, regule și stres
de s-ar putea,
cu porțile închise, ca un cuib cald
unde când tempestele ajung
să pot să mă ascund.
Iubesc gândul tău ce pacea o vrea
precum și ziua senină ce e a ta
și a mea aievea.
Iubesc viața deși e grea și vreau
în clipele noastre să uităm de ea!
Nicola Popescu
Io amo
Amo la pace nel mio mondo,
un mondo senza fretta,
senza regole,
senza stress,
che vorrei chiuso con portoni,
come un nido caldo
dove le tempeste non arrivano,
dove posso nascondermi.
Amo i tuoi pensieri
che cercano la pace,
giorni sereni
che sono la nostra vera ricchezza.
Amo la vita
anche se è pesante
ma voglio nei nostri momenti
dimenticarmi di questo.
Traduzione ed adattamento poetico di Salvatore Armando
Santoro
Bau bau
Bau, bau!
Quanta paura che ci fai,
smettila di latrare, dai!
Lo vedi che produci solo guai?
Prova una volta a morsicare;
non serve solo abbaiare,
al telefono insulti vomitare,
di morte la gente minacciare.
Dimostra che le palle hai,
assomigli ad un cane, e te ne stai
su un balcone e inutilmente abbai,
latri, e solo danni fai.
Sui sentieri di Castrignano
Il vento smuove l'erba sopra i sassi
di questa stretta via che porta al mare
mi son fermato a fare quattro passi
quell'aria antica ancora respirare.
Così per un pochino mi distrassi
ricordando le notti in quella via
ed ogni pena fuor dal cuore estrassi
anche se ancor provavo nostalgia.
Pensavo a quanto è labile l'amore
alla fugacità dei sentimenti,
ai giorni allegri e pieni di calore,
a tutti i falsi suoi comportamenti
che ben celava dietro tanto ardore,
che abbondava di affetti seducenti.
Pozzanghere
Tracce di strade bianche
che dai Piani vanno a Corigliano
tracce di brecciolino
di polvere, di seccume.
Solo brina mattutina,
guazzo che gli ortaggi ristora e la natura,
che le piante di tabacco rende vive.
Tracce, che nella mente
resistono incostanti
come pensieri, stanchi di vegliare,
che volteggiano su delle tracce antiche
che nel cuore non vogliono morire.
E poi acquazzoni improvvisi
nella calura di un agosto estivo,
pozzanghere su strade dissestate,
scavate dalle ruote dei birocci
che accolgono quell'acqua tanto attesa
che l'aria rinfresca e dà respiro agli alberi d'ulivo.
E poi di nuovo il sole,
tanto di quel sole antico,
una calura che ondeggia nel bagnato
tra pozzanghere dove si sguazzava,
dove coi piedi scalzi
l'acqua sui muri a secco si schizzava.
Ad Ada Cancelli
Il sole tra i cancelli
Il sole tra i cancelli
è prigioniero,
sembra che urli e all'aria voglia uscire
invece il peso lo sprofonda in mare
lui è cosciente e sa che va a morire.
Sembra che affoghi,
gli manca l'aria
è privo del suo spazio vitale,
il viso è rosso,
soffre,
non riesce forse bene a respirare.
Ma poi al mattino torna all'orizzonte
il viso è fresco,
anche riposato,
un roseo dolce gli colora gli occhi,
è vispo e arzillo
e forte sui ginocchi!
Ad Ada Cancelli
Bufera
Vedo il mare in bufera,
laggiù,
lungo la costa di Santa Maria.
Intorno alla mia casa soffia il vento
il cielo è un quadro di grigio cinerino,
mi dà tristezza e nella mente mia
v'è una mestizia come mai non c'era.
Ruggisce il vento,
intorno,
scuote con rabbia tutta la tettoia
stridulo s'alza l'urlo di una gazza
coi suoi mesti colori in bianco e nero.
Ma un pettirosso saltella e mi da gioia
allevia
in petto questo mio tormento.
Vola il ricordo,
svolazza,
come farfalla nuova a primavera
con l'ali ancora intorpidite e stanche,
vola in un ciel dove s'affaccia un sole
pigro, che ondeggia tra una nube nera,
ma alla mia pace ancor Dio resta sordo.
Underwood
- La foto è di Ornella Pennacchioni, che mi
ha ispirato la poesia (che a lei è dedicata)
Parole,
parole sfuggenti,
frasi,
frasi innocenti,
mille pensieri
e rumore dei tasti
frastuono incostante,
giorni più tersi
e versi,
i miei poveri versi.
L'ora della partenza
Più s'avvicina l'ora di partire
più il pensiero vaga e va lontano,
rivede tutti gli anni ormai passati
s'accorge che più nulla resta in mano.
E cerca di rivivere un momento
tra quelli più sereni che ha vissuto
riprova a ripassar qualche filmato
sulle cose più care che ha perduto.
Forse ricorderà un vecchio amore,
o una passione che non s'è scordata
anche ritornerà qualche sbandata
che di mestizia gli ha riempito il cuore
ed una lacrima solcherà il suo volto
per quell'amore che non ha sepolto.
Il giorno
della paura
Quando arriverà il dì della paura
non so come sarà la mia esistenza:
assente, o forse obesamente stanco,
il labbro un po' tremante, il ciglio bianco,
forse lacrimerà un poco un occhio,
troppo stanco oramai per asciugarlo,
impotente oramai di ripulirlo.
Quando arriverà questo momento
con la bianca signora alla mia porta,
non so se riuscirò ad aprire l'uscio,
coi piedi incerti che di certo struscio.
Forse dirò:”S'accomodi un istante,
gradisce qualche cosa di leggero,
un calice di vin dolce e frizzante?”.
Forse la guarderò da buona amica
che dall'affanno certo mi solleva,
l'osserverò sperando che mi dica:
“Non c'è bisogno che qualcosa beva
voglio evitarti un'ultima fatica,
prendo quel che la vita mi doveva”.
Tramonto tra le
scrasce
Quel sole che si scioglie dentro il mare
come fosse pastiglia effervescente
l'anima mia riesce a emozionare
e m'addolcisce ognora cuore e mente.
Tutte le “scrasce” riesce a colorare,
che vibrano nel piano dolcemente,
risveglia in cuor la voglia ancor d'amare
anche in colui che le passioni ha spente.
E quei colori vivi all'orizzonte,
mischiati come su una tavolozza,
riflettono sul viso, sulla fronte,
mentre la gioia nell'animo ti strozza
e sgorga fresca come acqua di fonte
che ognun trattiene nella sua tinozza.
- Le "scrasce", termine salentino indicante i rovi!
Miele e fiele
L'ape s'agitava nella rete,
col volo spezzato e l'ali spente,
teneva ancora il carico del polline
impastato con cura alle zampette:
del suo peregrinar di fiore in fiore
solo, però, restava lo stupore.
Alle parole dolci e alle carezze
il vento or trasportava sabbia amara,
una nuvola che offuscava il volto:
del sole che brillava sul Vereto
restava un viso scuro di livore
che disegnava l'odio e non l'amore.
E l'ape nella sua lenta agonia
l'alveare vedeva con il miele,
ancora volteggiava sopra i prati
in cerca di narcisi e acetosella:
era il ronzio dell'ali sopra un fiore
carezza dolce priva di rancore.
Ma del buon gusto che sapea di miele,
di tante carezze ormai così lontane,
una fetta restava di indurito pane
farcito d'atti ostili e amaro fiele.
Terza Guerra Mondiale
Finalmente ho visto sul cielo volare,
sfrecciare con rumore assordante,
bombardieri al sole brillare,
ho visto le bombe cascare.
Finalmente un grande bagliore
nella mente dell'uomo si è acceso
più le bombe non portano morte
alla pace hanno aperto le porte.
Finalmente la mia inutile voce
i potenti hanno alfine ascoltato
sulle case non piove terrore
ma buon senso ed un pezzo di cuore.
Finalmente l'uomo ha capito,
sotterrata ha la cieca violenza,
ha capito non serve il dolore
serve al mondo soltanto l'amore.
Finalmente sui prati germoglia
quella voce clamante sul colle
“Eli, Eli non t'ha abbandonato”
finalmente l'amore è arrivato.
La bellezza a pezzi
Sgraziata quanto mai,
esteta non lo sei
ne modella di Coveri o Moschini.
Sei così come sei
dei pezzi messi a caso
attaccaticci, miseri, un po' smunti.
Ma io analizzo quei pezzi:
gli occhi tuoi vividi e profondi
li guardo e mi ci specchio.
Vedo le gote tue
rosse come ciliege a maggio
il lor colore assaggio.
Il tuo naso osservo,
forse anche un poco esagerato
ma al tuo viso sembra intonato.
Vedo i capelli sfatti,
ma li accarezzo e morbidi li sento
anche eccitanti a tratti.
Guardo i tuoi seni,
non belli ma invitanti al lento andare
su e giù li vedo un po' ondeggiare.
I fianchi tuoi?
Niente di eccezionale, ma sensuali
a trasgressioni mi fanno anche pensare.
Le tue gambe non sono affusolate
hanno però un modo di ancheggiare
che stuzzica i miei sensi.
Poi leggo la tua mente
e mi trasmette un'emozione
che solo il cuore sente.
Un balcone sul mare
Di fronte a questo incanto mi son perso,
le mie giornate tutte ho consumate
al sole, al mare e al vento sto abbracciato
e non mi importa di non fare niente
questo posto carbura cuore e mente.
Se il sole splende mi faccio riscaldare
seduto al bar davanti a un pasticciotto,
un buon caffè sorbisco e guardo il mare
poltrisco e con un certo appagamento
mi lascio accarezzare anche dal vento.
Questo è un luogo incantato, celestiale,
anche chi non ci crede parla a Dio
qui l'alba di rosato tinge il mare
col rosso si confonde, quando è sera,
il tramonto a una mistica preghiera.
E chiudi in cuore tutti i bei colori
che ricamano il cielo mentre il sole
all'orizzonte sfuma e si confonde
con la scia rossa che si stende in mare
che il buio sembra voglia corteggiare.
Un vecchio detto salentino dice: “Salentu: lu suli, lu mari, lu jentu”.
Ed io al sole, al mare ed al vento mi sono voluto ispirare in questa poesia.
Nel nome di Dio
Mi son svegliato perché il sonno è andato via
in rete allora ho fatto un breve giro
ho letto qualche cosa degli amici,
un mio pensiero a Misk ho poi esternato
un “mi piace” a qualcun altro ho rilasciato.
Ma resto solo con i miei perché
mi sogno un mondo che resta nei pensieri
la violenza che non vuol finire
vedo l'umanità che sopravvive
l'ignoranza in cui il mondo vive.
E soffro per il riso della gente
che allegra ascolta a volte il mio sentire
le mie pungenti e ilari affermazioni
la mia ironia sul modo di pensare
di questo mondo che non vuol cambiare.
Mi chiedo il senso di questo mio filosofare
so che son letto sol da pochi amici,
che non basta un “mi piace”,
una nota alle mie vaghe esternazioni,
per cambiar del mondo vita e condizioni.
Mi pongo domande sul senso della vita
sulle bellezze, sul brutto del creato,
di questa umanità senza valori,
di questo mondo che non sento mio
che uccide l'uomo mentre invoca dio.
Oleum et operam perdidi
Plautus
Ancora ultimamente ho elaborato
dei versi per chi non può capire
per chi è contraddittoria per natura
che parla di purezza e invece è impura.
Scrivevo ed ero pieno di passione
pensavo fosse dolce e passionale
invece ho sparso acqua sul bagnato
parole a vuoto ho ancora seminato.
E non riesco mai a coordinare
cuore e cervello in modo razionale
inutilmente vado a ricercare
donnette vuote solo da curare.
Ma certamente sono il più ammalato,
sono io il personaggio da curare
l'oggetto più deforme del creato
che la natura ha mal confezionato.
Ad oltre settant'anni sto a guardare
i passeri che a me volano intorno,
inseguo voli di rondini e farfalle
e sulla carta traccio un paio di balle.
E mi commuovo da solo mentre osservo
un'erba lieve dondolare al vento
ma ho gli occhi chiusi e quasi mai non vedo
il vuoto che ho d'intorno e a cui non credo.
Cuore di sasso a Punta Ristola
A Punta Ristola, qualche anno dopo
mi sono fermato a respirare
aria di mare con vento scirocco,
un po' d'amore, quanto son sciocco.
Quella tua macchina è li parcheggiata
con lo sportello un poco graffiato
io la rivedo ogni volta che passo
mi fermo e penso vicino a quel masso.
Dal tufo un artista ci ha tratto un busto
che guarda le case ma ignora il mare,
se il vento soffia, scompiglia i capelli
smuove le canne e gli arboscelli.
Smuove i pensieri, rinnova il ricordo
di giorni allegri ormai cancellati,
sfoglia le foto con riso ed amore
resta il presente con bile e rancore.
Ma a Punta Ristola spesso ritorno
siedo sereno a una fredda panchina
il mare guardo vicino a quel masso
ma adesso anch'io ho il cuore di sasso.
La passerotta di Leuca
La mia passerotta m'aspetta al Santuario
non è una bigotta non legge il breviario
le offro del pane ma lei preferisce
sementi nostrane che tanto gradisce.
Saltella vicina, volteggia felice
accetta piadina e posa da attrice.
In fondo capisce, d'accorto animale
chi l'ama e gioisce e chi le fa male.
E poi questa è terra di laude nostrane
non serve la guerra ma preci leucane
e qui di preghiere ne volano tante
svolazzan bandiere di santi e di sante.
E quando la sera s'arrossa il tramonto
(che ad altra riviera non ha mai confronto),
ritorna al suo nido e spera il futuro
per questo pio lido sia in pace e sicuro.
Poesia in versi alessandrini composta da doppi senari con
rima interna ed esterna alla maniera di Guido Gozzano. Anche
se sembra una poesia qualsiasi, invece, ad una attenta
lettura, contiene alcuni esercizi di composizione che ai più
sfuggono.
Un vento di grecale
Incontrarsi e ritrovar l'affetto
a cui più non badavi ed era assente
perchè delusa e non vedevi niente
pensando solo d'essere un oggetto.
Poi risentir sui seni il suo tocchetto
avvertire una carezza dolcemente
la passione svegliarsi nella mente
sentir come una vampa dentro il petto.
E domandarsi cosa voglia dire
quella stretta di mano che accarezza
cercare inutilmente di capire
se è vento di grecale oppure brezza
ch'ogni pena dal cuor può far svanire
e risvegliare un po' di tenerezza.
Mezzo reggino e mezzo salentino
Ho dentro le mie vene
monti e piano:
di madre son reggino
di padre salentino.
Mare e montagna convivono felici,
son complemento a pecore ed alici.
Ma quando arrivo nel Salento
a cercare vo' il sole, il mare e il vento
a Leuca mi affaccio per guardare
il sole e il mare vedo,
dal vento mi lascio accarezzare.
Quest'anno anche la neve qui è arrivata
ma anche Pentimele era imbiancata.
Una sorte che mi segue da vicino
e, poi. mi sembra giusta:
mezzo sono reggino,
mezzo salentino!
Musica salentina
La foto è tratta dalla pagina del gruppo FB "Fra le scrasce"!
I lirici greci
aleggian tra queste antiche case
dove l'odor di terra si diffonde
il vento lo disperde e il sole
col suo calor lo fonde.
E suona il mare
il gorgoglio dell'onde
tra le grotte di Ristola ristagna
e l'armonia si espande
volan le note,
un'arpa gorgheggia e in lontananza
una sirena canta e danza.
Danza anche il sole,
scivola sull'onde
nuove armonie disegna luccicanti
l'occhio si sperde sulla falesia antica
tra capperi alle rocce abbarbicate
e scrasce aggrovigliate.
A Silvana Francone amica de "Fra le scrasce" su FB che me
l'ha suggerita!
Rovine a Leuca
Quella striscia lucente che m'abbaglia
che sul mare di Leuca scintilla
scivola sopra il mare e i raggi scaglia
sul porto e sopra qualche antica villa.
Accarezza le pietre e la boscaglia
sull'onde scure pigramente oscilla
spezza i suoi raggi sopra una muraglia
che tristemente alla marina brilla.
E ricorda un'opera indecente
che offende questo luccicante mare
umilia l'impotenza della gente
che assiste senza ancora protestare
contro un potere sciocco e prepotente
che solo sa rovine seminare.
Il lacchè
Il lacché chissà chi è
del per come e del perché,
tutti dicono dov'è
ma si sa è intorno a te.
Il lacché chissà perché
non sa dire solo “che”,
lui abbonda di “benché”
disquisisce e dice: “se”!
Il lacché sta intorno a te
mai non parla con il “me”,
dice: “noi” anche se c'é
solo lui insieme a te.
Il lacché ma chi mai è,
è nel gregge e fa: “mbe mbe”
ma sa dir anche: “altro che”
qualche volta anche: “sicché”.
Il lacché si fa anche in tre
se il suo capo dice:”veh”?
Lui scompare eppure c'è
ma lo vedi solo te.
Il lacché può dire: “me”,
se lo dice sa il perché,
forse non sarà più re
chi lui onora più di te.
Beccheggio a Leuca
Mi mancherà dell'onda il suo respiro
le case bianche in fila lungo il mare
il sole rosso che la sera ammiro
che cielo e nubi gioca a colorare.
Mi mancherà la fresca aria che inspiro
la brezza che mi fa aquilonare
l'onda sulla falesia e il suo ritiro
le barche lungo il porto beccheggiare.
Ma non ti sentirò nel mio pensiero,
maledirò quel dì che t'ho abbracciata
cancellerò quel sogno menzognero
d'una brocca di sogni ormai svuotata,
d'un desiderio laido e insincero
che alimentò una foga avvinazzata.
Vento di tramontana
Questa sera lo so, si sente il freddo,
un vento diaccio vien da tramontana,
i capelli scompone, ed allontana
quell'affetto che dentro il mar disperdo.
Ed anche l'entusiasmo ormai raffreddo
s'è spento tutto come una buriana,
era l'affetto amor di cortigiana
ma niente hai guadagnato, io nulla perdo.
Forse qualcosa ho perso e inutilmente
cerco di riparare come posso
ma intanto fuori sei dalla mia mente
tutta la storia è stata un paradosso
con qualche stravaganza e un po' indecente
ma in mano t'è rimasto solo un osso.
Per evitare qualche frettolosa osservazione sulla non
corrispondenza dei versi preciso che nelle due quartine del
sonetto ho utilizzato delle "assonanze" per carenza di
termini nel vocabolario italiano da poter far rimare.
L'assonanza, infatti, è una forma imperfetta di rima che
consiste nell'utilizzo di termini, in due o più versi, che
hanno la caratteristica di possedere una parziale identità di
suoni. Ne consegue una forma imperfetta di rima in cui le
parole hanno le stesse vocali a partire da quella tonica
sulla quale cade il penultimo accento dell'endecasillabo,
mentre le consonanti sono diverse pur conservando un quasi
identico suono.
Un verso
Un verso,
un verso riempie l'anima
tutte le ansie scioglie
parlare ti costringe con te stesso
misura in petto tutte le emozioni.
D'essere un po' diverso ti convince
ti commuove con qualche semplice parola
che in mente come vino fermenta
poi fuor dal cuore vola.
Una carezza alfine ti regala
come un gabbiano che sul mare plana
col suo frullare d'ala.
Un volto stanco
Se una lacrima oggi riga il volto,
scusami madre se un dì te l'ho nascosta,
scusa la mia arroganza,
a volte anche la mia prepotenza,
la presunzione di poter amare
senza l'amore vero dimostrare.
Ora che il tempo volge già al tramonto,
e insensibile il sole muore in mare,
oggi quel mio sorriso mi tormenta,
quell'abbraccio mi manca, e quel calore
più non accende il riso sul mio volto,
quel bene all'improvviso mi fu tolto.
E ti ricordo, su quel treno andare,
e quel saluto stanco al finestrino,
ti ricordo perché ho perduto il vero amore,
che non si compra con nessun quattrino,
e quel sorriso dolce di bambino.
A spasso tra gli
ulivi
A spasso tra gli ulivi,
l'alba con il tramonto si confonde,
l'odore delle bacche
il verde e il rosso della terra fonde.
Ancora i rami sono scossi
il nero che colora dita e mani
l'odor dell'olio fresco
sulle friselle e i pomidori rossi.
L'origano che espande
un odore che stuzzica il palato
col basilico or or raccolto
ed un bicchiere nuovo di rosato.
E vola per la tacita campagna,
vola il cinguettar d'un cardellino
e ad esso stanco s'accompagna
un colore di capelli cinerino.
Quando soffia il vento
Quando soffia lo scirocco
ricordo il caldo che m'avevi dato
anche la mia semplicità nel constatare
d'esser stato un dì forse un po' sciocco.
Quando soffia il maestrale
avverto in cuore l'ansia ed il tormento
e tra i capelli una carezza stanca
rinnova un'emozione che fa male.
Quando soffia il libeccio
anch'io apatico mi fermo a ripensare
alle mollezze che m'hai regalato
al rancore che adesso in cuore sbreccio.
Quando soffia il grecale
sale un brivido e il rimpianto
d'aver creduto a tante inutili promesse
d'averti amato in modo irrazionale.
Quando soffia la tramontana
avverto un freddo gelido che sale,
la delusione che nel cuor ristagna
come un suono ovattato di campana.
Che ne sai tu
Che ne sai te dei miei silenzi,
delle parole che oramai son spente
di quei lumini che frignano lenti
di quei pensieri persi per la mente.
Che ne sai tu delle mie notti insonni
a contare le poche stelle in cielo
tra le brume umidicce d'Appennino
tra le nebbie sfocate del mattino
in mezzo ai prati di brina biancheggianti,
fumosi come paglie quasi spente.
Che ne sai tu dell'albeggiare mattutino
del poco sole che accarezza appena
quei libri impolverati sulla stufa
quelle mie carte sparse alla rinfusa,
di quelle notti a scrivere dei versi
del chiarore che scende giù dall'abbaino
a dare luce ai miei pensieri persi.
Che ne sai tu dei miei dolor pungenti
del mio sorriso che la notte è spento,
tu vedi solo il sol che m'accarezza
che illumina il mio viso,
tu vedi solamente il mio sorriso
davanti a quel caffè che giro lento
ascolti il mio parlare un po' pungente
il mio incessante rimbrottare
per la stupidità di molta, troppa gente.
Ma che ne sai davvero del rimpianto
della mia inutilità del rampognare
per le parole perse a criticare
i panni altrui al sole ad asciugare
per il tempo consumato a non pensare
del tanto tempo perso a non amare
una persona sola che ti sta d'accanto.
Che ne sai te dei miei silenzi
delle parole che oramai son spente
di quei lumini che frignano lenti
di quei pensieri persi per la mente.
Due tortore
- La foto è di Anna Serrini
Due tortore su un cipresso ammalato,
prova vergogna ad esser scheletrito,
ché è spoglio invece d'essere inverdito
che del suo verde in cima s'è privato.
Due tortore l'inverno hanno sfidato
e se ne stanno in cima su quel dito
di ramo spoglio ormai mezzo insecchito
forse anche lor l'amore hanno provato.
E se ne stanno lì forse al sicuro
perché or le doppiette sono spente
giurandosi un affetto imperituro.
Ma qualche cacciatore impenitente
potrebbe ancor sparare dal tratturo
e spegnere siffatto amore ardente.
La chiesetta di Montalcinello
Quella chiesetta là, sotto il muretto,
che s'intravede dietro le mie spalle,
quella chiesetta muta senza un suono
un giorno ha rallegrato tanta gente.
Gente d'altri tempi e di altre condizioni,
gente modesta e buona,
forse senza ambizioni,
gente che amor giurava
e per la vita unita poi restava.
Ed affrontava tempi molto duri
con fratello che sparava al suo fratello
tempi senza motori
magari sol col mulo o l'asinello.
E la vita correva
e la campana rilasciava un suono a sera,
a mezzodì e al mattino,
suonava sia in inverno e a primavera
con l'erba verde e il sole dell'estate,
con la neve che imbiancava il borgo.
E li vedo quei giovani felici,
li vedo nel viso di una donna adulta
che m'abbraccia su un muro rinnovato
e mi dice:” La vedi Armando?
In quella chiesa oggi muta e silente
mio padre con mia madre s'è sposato”.
Il focarile
La foto è di Giuseppe Romano di Montalcinello
Nel buio della stanza
riverberi rossastri
il ciocco si consuma,
il suo calore
vermigli rende i volti
le palpebre socchiude.
Sferruzza,
quei capelli bianchi inargentati
scintillano quando la brace è rigirata,
il gomitolo s'accorcia,
il maglione compone,
vola la narrazione
maghi ed orchi nel buio della stanza
ondeggiano sui muri,
ancestrali paure e sicurezze,
carezze,
altri mondi scomparsi in stanze silenziose
senza televisori
senza bagliori
di PC ondeggianti o di tablet.
E l'allegria volava
anche il pianto improvviso
e il riso
ch'oggi ricerco e più non trovo
in questi volti assenti
di ragazzi scontenti
a cui sembra che manchi tutto
ed hanno più di quel che serve.
Il forgiatore
Nel silenzio di questa stanza
abbracciato dal silenzio del Borgo
neppure i grilli sento frinire
nessun alito di vento
neppure volo notturno di civette.
Bussa il mio cuore:
i palpiti come mantice antiquato
l'incertezza del sonno
i pensieri che viaggiano a ritroso;
e questa cervicale
che paure ancestrali solleva
un mondo che gira
la stanza mia volare.
E corro,
corro al mattino che non vedo
domande mi pongo sul domani
incerto il mio risveglio,
incerto quello del mondo,
incerto quello delle genti.
Poi neppure un tocco di campane
e il giorno nuovo che s'affaccia
dal lucernario della porta
e non v'è neppure un volo di rondoni.
Dolce e schietto
Dolce e schietto è il tuo sorriso,
lucenti anche i tuoi occhi
e quando ridi ti risplende in viso
come una luce tiepida che brilla
e ogni altra luce risplendente blocchi.
Sono quattro versi i miei,
non dicon nulla,
ma tante volte le tenere parole
colpiscono un cuor che triste batte,
ben altre cose il sentimento vuole
per altre gioie l'animo combatte.
A volte basta una parola delicata,
altre una carezza,
altre volte ci va delicatezza
per far gioir la mente dell'amata,
altre basta un fior di prato,
un semplice fiore che spunta tra le pietre,
non serve sia neppure profumato.
Ma se di color rosso risplende,
trasmette l'emozione dello slancio,
non serve un fiore raro, ricercato;
se è dipinto di giallo,
come il sole alto all'orizzonte,
allora anche il cuor tuo s'accende
non si raffredda neppure se lo spruzzi
con acqua pura e diaccia d'una fonte.
Canne al vento
Canna al vento è questo affetto mio
che ondeggia, si piega e non si spezza,
dentro al mio cuore s'agita e patisce
dentro il mio petto cresce e non finisce.
Ma a chi lo dono non lo sa gestire
ci inzuppa appena due scarne parole
m'illude, dice:“Aspetta che il mio affetto
tu lo vedrai fiorire”, ed io aspetto.
Ma le giornate sono lunghe e brevi
il sole filtra dalla mia finestra
illumina e colora la mia stanza
ma nel mio cuore è morta la speranza.
E il tempo passa, lo specchio mi regala
qualche capello in meno e più imbiancato
qualche acciacco poi ogni dì s'affaccia
qualche macchia colora la mia faccia.
Ma dentro me fermenta ancor la vita
me ne resto a guardare mesto il mare
in questo estremo lembo di un'Italia
che il cuore mio affascina ed ammalia.
E sventola su questo estremo lembo
di terra, ch'è abbracciato da due mari,
sventola impetuosa una bandiera
come una canna al vento, ed è già sera.
La noia
La noia quando t'assale non ti molla
alla sedia ti attacca come colla
silente poltrisce e non si sbolla
sempre resta affamata, mai è satolla.
E ti senti come un pappamolla
che per pigrizia manco il cibo ingolla
resti annoiato e tra un tira e molla
borbotti come fonte alla sua polla.
Ondeggi come un fior senza corolla
che penzola insecchito da un'ampolla,
lacrimi come colui che tra una zolla
con la zappa ha tagliato una cipolla.
L'amicizia
(A Carmela)
L'amica non lo trovi su in soffitta
non la trovi trai i libri sui scaffali
non la puoi cercar dove si “affitta”
neppure nei mercati rionali.
S'è assente ti genera una fitta
perché più non ti parla sui portali,
a volte ti consiglia con una scritta
per te farebbe cose eccezionali.
Si oscurerebbe per un po' di tempo
se si convince che la sua presenza
potrebbe generarti un contrattempo.
Ma spesso poi fa male quell'assenza,
che lascia in cielo nuvole e maltempo,
sensi di colpa nella tua coscienza.
Lo stupore
Come una fiaba ritornar bambino
dentro scoprire le cose del passato
osservare con l'occhio un po' incantato
stupirsi per il fuoco d'un cerino.
E raccogliere un fiore, un gelsomino,
assaggiarlo con vezzo disgustato,
al primo sol restar meravigliato
distinguere la notte dal mattino.
Poter piangere senza mai capire
qual è la pena che ci affligge il cuore,
il cinguettar dei passeri avvertire
lo sparo non capir del cacciatore,
e non provare ancor cos'è il soffrire
che affligge l'uomo adulto senza amore.
Un fiore di ragazza
Un fiore di ragazza lei sembrava
con i colori vivi e profumati
sui prati insieme all'erba lei svettava
dal venticello estivo accarezzati.
L'orco era racchiuso nel suo cuore
lo immaginava e poi lo costruiva,
l'orco non era chi le dava amore,
chi di passione e gioia la nutriva.
Ed era la passione un animale,
lievitava silente come il pane
fu un impulso soltanto irrazionale
che scatenò le voglie dannunziane.
Ma come tutte le fiumare in piena,
finita la burrasca dentro il petto
s'affievolisce il canto di sirena
e resta solo il nostro agir scorretto.
Distrazione
Quando ci si distrae e non si ama
difficile è capir le pene altrui
il vento soffia ed è di tramontana
e i vicoli del cuor restano bui.
Per conquistar l'amor spesso si trama
e non si sta a guardare il come e il cui
perché l'amor in cuor suscita brama
ed a soffrire infin resta colui
che sa unir l'affetto alla passione.
Quando non si ama non si può capire
in testa c'è del vuoto e distrazione.
Chi ama sa capir l'altrui soffrire,
prova per chi è inerte compassione,
questi non si potrà mai infervorire.
Tra le morte radici
Tra le morte radici smuove il vento
le foglie che l'autunno ha accartocciate
al loro scorrazzar non m'addormento
in pace non trascorro le nottate.
E mentre ascolto il loro scorrimento,
per l'erte strade e per le scalinate,
scende pesante in cuor lo scoramento
per le tante emozioni inconfessate.
Sull'ali del pensiero vo' lontano
ricordo quel sorriso e, sul mio volto,
quel lieve scivolar della sua mano,
l'abbraccio con il qual m'aveva accolto.
Per me fu come un soffio d'uragano
e sol rovine in cuore ha poi sepolto.
L'amica fedele
Perché te ne stai lì, fuor dall'ingresso?
Perché non entri amica mia fedele?
Ti sento: sei appoggiata alla mia porta,
avverto il frigolar stanco dell'ossa,
della falce che scivola sul muro,
ti sento ed il mio cuore è scuro scuro
ma resti indifferente,
la porta non vuoi aprire, no, non entri.
Stai lì come in attesa del martirio,
non vuoi essere tu ad annunciarti
lasci a me l'incombenza della scelta,
tu aspetti, non hai fretta,
indifferente a tanta sofferenza.
Tu lo sai bene ed anche io l'intendo
delle genti sei ultima compagna,
cerchi di coprir l'ossa esposte nel mantello,
a volte è rosso, a volte nero intenso,
tu non abbracci, a volte resti indietro,
spesso te ne stai discosta e avanti
come una guida che l'anima accompagna.
Ho già guardato il fiume che scorreva
irruento e torbido tra i ponti,
ho guardato il mar che s'agitava,
e la scarpata sotto la montagna,
ho fissato l'abisso sotto i ponti
ma qualcuno dalla cintura mi teneva,
l'istinto dal saltar mi tratteneva.
Fallo tu, ti prego, indugi troppo
apri quella porta che ho lasciata aperta
il fardello dei miei stracci afferra
portami via con te, ma fallo in fretta.
Taranta
- La foto pasterizzata è di Adele Sergi, danzatrice Salentina
di Pizzica
Lu suli, lu mari, lu jentu
i suoni della mia terra abbandonata
di quella che poco ho conosciuta
che ho nel cuore come un cancro antico
dal quale non si vuol guarire
che farmaco non cerco
perché con esso voglio vivere e morire.
Terra di sogni antichi
quel rosso come il sangue che ho nel cuore
che s'allarga su campi di tabacco
d'angurie e di meloni
terra di cui conservo ancor l'odore
sole cocente che spacca le zolle,
campi senz'acqua baciati dalla brina
cisterne antiche, cigolii di secchi,
aria lucente nell'alba cristallina.
E quella musica che tutto mi pervade,
ancestrali richiami a notte di civette
voli radenti,
frullar d'ali nel buio intermittenti,
fischi di ciole, armonie di cardellini,
e litanie eterne di cicale.
E questo scendere e salire nei ricordi
questo arrampicarsi su per scale
su alberi di fichi profumati
tra foglie appiccicose
che sulla pelle lasciano il bruciore
le tracce d'un mondo antico al quale non rinuncio
che il cuore mi tormenta, mi martella
che sembra un lugubre suonare di campana
d'un mondo che mi chiama
quasi il presagio di un nefando annuncio.
Quando il pensiero
Quando il pensiero corre a briglia sciolte
e la felicità fermenta in mente
le stelle anche di giorno non son spente
in petto il cuor fa mille giravolte.
Le cose brutte ad altre spiagge hai volte
degusti un buon bicchiere trasparente
di rosso salentino e allegramente
tutte le pene in mare son sepolte.
Le molte incomprensioni son chiarite
il cuore è sgombro come un cielo terso
corri su un prato tra le margherite.
Il sol scintilla in mezzo all'universo
le rose rosse le ha ricolorite
ed al mio cuore ispira un nuovo verso.
Rottami
Accartocciato,
arrugginito,
piegato,
ormai inutilizzato,
burattino da baraccone,
pagliaccio da circo rionale,
fuori dal tendone,
sul verde dell'orto.
Come un Cristo
in croce,
piagato,
crocefisso,
col costato sanguinante,
senza speranza,
senza più futuro,
morto.
Fuso,
lava infuocata,
la speranza che non muore,
laminato,
ancora nuovo e forgiato,
di nuovo risorto.
Il muro
Sono impotente e fermo sotto un muro,
parole ho scritto dentro l'acqua, perse,
l'onda incruenta le ha tutte sommerse,
dalla spiaggia le ha tolte la risacca.
Parlavo al vento di un tormento in cuore,
ma lui ruggendo del tutto mi ha ignorato
soltanto il sole la pelle mi ha sfiorato
ma il suo calor la pena non m'ha sciolto.
Resto impotente sotto questo muro
cerco un appiglio per salire a monte
il sole batte inutilmente in fronte
il mare non m'afferra e spinge in alto.
Neppure il vento sa portarmi in cielo
ed io rimango tristemente in terra
neppure lei m'aiuta, non m'afferra,
a tanto affetto sta lontana e assente.
E provo come un senso di impotenza
di fronte all'abulia, all'indifferenza,
ma il sentimento mai è germogliato
se un terreno non è ben concimato
nè l'albero potrà mai dare frutto
se lo pianti al sole ed è all'asciutto
e se nel cuor non v'è fertilità
non serve amore, nulla sboccerà.
Dove sarai
Chissà dove sarai, ma dove sei?
Sarò vicino a te e tu lo sai
al volo dei gabbiani mi accompagnerò,
con l'onda pigra sulla spiaggia io ti parlerò,
di me tu sentirai la voce pura
sbattere con il mar sulla scogliera,
poi ti accarezzerò la pelle scura
su quella spiaggia dove giaci al sole.
Al cielo io leverò una preghiera
ringrazierò per tanto amore in cuore,
confonderò col sole il mio calore
la pelle lieve t'accarezzerò.
La crema sulla pelle spalmerò,
gli occhi socchiuderai teneramente,
un brivido il tuo corpo assalirà,
un tremito ti colpirà la mente
vicino a te, lo so, non ci sarò,
ma tu mi sentirai con te ugualmente.
Canticchierò in sordina una canzone,
un motivetto di Mino Reitano
mentre con te starò mano con mano,
un bacio poserò sulla tua pelle.
Poi m'addormenterò sopra una duna
baciato dal chiarore della luna
tra un luccichio lontano di fiammelle
con cielo illuminato dalle stelle.
Verrà il giorno verrà
Verrà il giorno verrà, questo lo so,
quando la sera busserà alla porta,
quando nel cielo apparirà una stella,
quando nel cuore scende lo sconforto.
Verrà, poi la tristezza, oh si, verrà
ed i ricordi torneranno a frotte
come le mareggiate sulle rocce
defluiranno dal tuo cuor dolente.
Indietro correrai con il pensiero
inseguendo un amore che s'è perso
una parola dolce che 'hai ascoltato
un affetto che l'animo ha addolcito.
Ricorderai un amore che è finito
che tante sofferenze ha causato,
ricorderai una lacrima versata
che tante volte tenera hai asciugato.
Di quell'amor non rimarrà più traccia
forse solo un ricordo nel pensiero
che a tante pene oggi ti riaffaccia
e un corpo assente là nel cimitero.
Gioia
Già s'è affacciata al mondo e non lo sa,
che tanti oggi la stanno ad osservare
che pensano alla vita che germoglia,
che pensano alla vita che tramonta.
Mentre occhi nuovi si aprono sul mondo
altri si spengono pian piano,
si spera in una vita che sia in pace,
si spera in un futuro che dia pace.
E vedo due soli che girano nel cielo,
uno è come l'alba velato di speranza
l'altro è come un tramonto che scolora
che all'orizzonte scende e un po' dispera.
Ma spero di vederla camminare,
di sentire il suon della sua voce,
che la mia vita duri ancora un poco,
spero di vederla sorridere serena.
E' un sogno che vorremmo che durasse,
ma la vita purtroppo fa il suo corso
per lei vorrei che dolce sia il cammino
per me che sia serena la mia fine.
Ma adesso penso a lei, ed è mattino,
veglio e scrivo per lei questi miei versi
spero che il suo futuro sia felice
ricco di tanti beni e giorni tersi.
Salendo al Vereto
Quel viso suo abbuiato più non scordo
quel suo sproloquio inaspettato e folle
vivo dentro il cervello ancor ribolle
insieme al vaneggiare dì un balordo.
E mi tormenta mentre salgo il colle
ch'è sempre vivo e caro nel ricordo
che ancor risplende tra le rosse zolle
confuso a questo suo rancore sordo.
Stanco e silente il borgo si distende
biancheggia tra le luci appena accese
anche un lumino tra gli ulivi splende.
Mi ricorda quel suo parlar cortese
i tanti affetti e poi le reprimende,
le sue promesse falsamente spese.
L'amore (Citazioni) – Dragoste
Anche se negli altri non c'è amore
tu ama.
Non ti stancare mai di far parlare il cuore
continua ad amare.
Se gli altri ti offendono ingiustamente
mantieni la tua serenità.
Se fraintendono le tue parole
non ti alterare: rispondi con una carezza.
Se ti umiliano senza ragione
non sei te che devi vergognarti.
Se ti voltano le spalle
guarda il sole: illumina anche loro.
Se gli altri seminano il rancore
tu continua a seminare l'amore.
L'amore (Citazioni) – Dragoste
(Traducere Maria Trif Deac)
Chiar dacă unele persoane nu-ţi răspund cu iubire,
tu, iubeşte!
Dacă cineva te răneşte tu menţine-ţi sufletul senin!
Dacă răstălmăcesc voit vorbele tale
nu te tulbura:răspunde cu o mângâiere!
Dacă te umilesc înadins nu eşti tu
cel ce trebuie să te ruşinezi
Dacă îţi vor întoarce spatele
priveşte soarele:îi încălzeşte şi pe ei!
Dacă alţii vor semăna ură
tu continuă a semăna iubire!!
L'amore (Citazioni) – Dragoste
(Traducere Nikol Popescu)
Chiar daca ceilalti nu te
iubesc,
tu iubeste.
Sa nu obosesti deloc facandu-ti inima
sa vorbeasca despre iubire.
Daca altii te ranesc injust,
tu mentina-ti seninatatea .
Daca-í inteleg gresit cuvintele,
nu te necaji, raspunde cu o mangaiere.
Daca te umilesc fara motiv,
nu trebuie sa te rusinezi tu.
Daca-ti se intoarce spatele,
priveste soarele ce te lumineaza.
Daca altii seamana rautate,
tu continua sa semeni iubire.
Recondite armonie
(Dedicata a Greta Cipriani)
Recondite armonie sfuman dai tasti
pure le note volano nell'aria
come la creta tu componi e impasti
una musica a volte leggendaria.
Un do-re-mi-sol-la spesso rimpasti
l'alterni ad una rima letteraria
non so se son per me quei versi casti
ma allietano la vita mia precaria.
E mentre leggo, la musica io ascolto,
che s'alza lieve da quel pianoforte,
gli occhi socchiudo anch'io, guardo il tuo volto
e in mente serro come in cassaforte
musica e rime, che mi han coinvolto,
c'hanno addolcito il cuore e mai son morte.
La quercia
La foto è di Chittani Lino
Quercia, amica mia possente,
che m'accompagni da quand'ero infante,
che sui tuoi rami ognor m'hai coccolato
nidi di cardellini e capinere
fra le tue fronde hai sempre rifugiato.
All'ombra tua più volte ho riparato
a vergar versi e teneri pensieri
quando l'amor la mente mi addolciva
quando gli affetti erano sinceri.
Coprimi l'ansia che mi preme in petto,
quercia lontana, mia fedele amica,
suscita dentro il cuor l'antico affetto,
discorri tra il frusciare delle foglie,
tra i silenzi che s'alternano incostanti
al chiacchierio dei merli,
allo strisciar delle lucertole nei fossi,
al frinir delle cicale sui tuoi rami,
a tutti quei richiami
che nel silenzio s'alzan dai casali
insieme a un agitar chiassoso d'ali,
alle paure ataviche e ancestrali.
Quercia, unica amica vera,
regalami l'antica tua frescura,
stammi vicino che vedo già l'autunno,
la fronte asciuga che il sudore imperla,
toglimi l'ansia, il senso dell'arsura,
donami quella felicità che avevo e ho persa,
che io ricerco in modo innaturale
tra beni che son mutevoli e precari.
Abbracciami di nuovo tra i tuoi rami,
per un istante fammi ritrovare
quel bambino che inseguiva i sogni
che oggi son lontani ed irreali
sommersi tra nuovi e inutili bisogni,
cullami come allor non mi svegliare
per sempre tra i tuoi rami
lasciami sereno addormentare.
Una vecchia fotografia
Soltanto tu non muori,
vecchia foto che ancora sfidi il tempo,
un po' di ruggine i bordi tuoi colora
ma nitide e chiare restano le immagini,
limpide nei loro chiaro scuri
il nero e il bianco rincorrono costanti.
Attente le persone, che guardano l'autore
che ordini impartisce
pronto allo scatto dell'otturatore.
Vedo che sforzano un sorriso,
che al volto dia colore,
per trasmettere un particolare,
quell'attimo fuggente
sul quale in futuro l'occhio indagherà
per cogliere la foggia dei vestiti,
il taglio dei capelli,
lo sfondo che sembrava più appropriato
a qualcosa di caro, d'unico, di singolare
che si voleva per sempre immortalare.
In evidenza si pone quel che s'indossava,
al mercato allora non comprato:
un vestito, un abito, un cappotto,
che dopo tanti giorni era prodotto
da un artigiano che lo metteva in forma,
prove noiose, cucito e poi scucito,
un filo di cavallo poi attutito,
con una imbottitura anche addolcito.
Ed or rileggo quel mio sguardo assente
che indagava il mondo che osservavo,
mi chiedo del pensar della mia mente,
se un poco di paura allor provavo
per l'incerto futuro di quegli anni,
della fame che s'annunciava in terra,
non pensando al Duce e a suoi malanni
e al dramma della morte e della guerra.
Solarità
Ci sono volti che non puoi scordare
visi sereni che ispirano dei versi
ci sono occhi che in noi sanno scavare
sguardi infiniti come cieli tersi.
Ci son profili che aprono universi
sorrisi che sanno in cuor svegliare
gli affetti che per strada si son persi
che danno tanta gioia a sol guardare.
In questo strano mondo ch'è il virtuale
è facile che qualcuno si confonda
anche l'adulto diventa un po' banale,
forse qualche parola invereconda
dal cuore gli sfugge ma non è per male
e il mar poi la trasporta come un'onda.
- Sonetto classico
Quando l'amore
Quando l'amore a vuoto bussa al cuore
è inutile scuotere il batacchio
se a chi verseggi non prova sentore
rischi di fare solo un pataracchio.
Infatti non puoi donare un fiore
quando vedi che se ne va a bozzacchio
conviene allor smorzare tanto ardore
perché stai regalando solo inguacchio.
L'amore è bello se da gioia in testa,
è inutile suonar “Gesù è risorto”
se alla fune a tirar sol uno resta
perché si passa alfin da beccamorto.
Poi pensi di suonar campane a festa
invece stai suonando quelle a morto.
L'amicizia
(A Carmela)
Sei soltanto una mia cara amica,
solo da pochi giorni conosciuta,
ma già m'hai dimostrato quanto vale
un'amicizia quando è cerebrale.
In queste ore che son tanto buie
non sei scappata via,
anzi ti sei affacciata premurosa,
hai letto i miei pensieri
hai visto che ho una spina tra le dita
ti sei fermata, via non sei fuggita.
E una parola dolce mi hai rivolto,
m'hai consolato come vera amica
hai condiviso quello che provavi
m'hai fatto capire che davvero
il tuo affetto senz'altro era sincero.
E come si fa tra veri amici
m'hai consigliato, ti sei preoccupata,
di non trascurare i miei doveri,
di riguardarmi senza più pensare
chi tante premure poteva per nulla meritare.
Un sorriso con una faccina mi hai mandato
tanta semplicità mi ha un po' colpito
in fondo quella spina dentro il dito
solo con quel sorriso m'hai levato.
Alba salentina
E l'alba che arriva ed arranca
tra cirri e nuvole in corsa
la costa risveglia e già sbianca.
Ed anche gli ulivi già imbianca
le cime riveste d'argento
radure e cespugli rinfranca.
Il sole la notte già sfianca
leggero disegna le dune
colori ed ombre ora affianca,
da luce a una nuvola stanca
che gioca col nero e col bianco
la notte di giorno rimbianca.
Eppure qualcosa ancor manca
tra rocce e falesie arrossate
la schiuma di un'onda che sbanca.
Poi l'anima e il cuore si affranca
riempio di brina un bicchiere
la gusto seduto a una panca.
Argenteo cielo salentino
Sull'onde inargentate dalla luna
si sperde il mio pensiero, va volando
ancora scrivo gli ultimi miei versi
a chi più non mi pensa e sto pensando.
La luce espande un flebile chiarore,
l'ombra che l'accompagna è sinfonia
suscita dentro ancor residuo ardore
ma spesso è sinfonia che il cuore rode.
Ma è riposante quella pennellata
che dalla spiaggia arriva all'orizzonte
sembra rimargini l'anima piagata
da un amore sull'onda galleggiante
per un amor che resta muto, in ombra,
ma illude e in fondo genera speranza
pennella di chiaror anche la mente
che su l'onde lucenti lenta danza.
È tempo ch'io vada
È tempo ch'io vada
è tempo ch'io veda
è tempo ch'io pensi
all'ultima sera.
I giorni miei persi
i giorni miei andati
li passo in rassegna
e arriva la sera.
Il cuore balbetta
come un merlo spaurito
che sbatte il suo becco
perché si fa sera.
Or l'ombra s'allunga
e il cielo s'imbruna,
ma spunta la luna
e accende la sera.
Mi leggo nel cuore
forse è solo paura
e l'ansia m'assale
m'abbraccia la sera
Mi parla di morte,
rivisita i morti
accende i lumini
risplende la sera.
E sento un bisbiglio
son tanti bisbigli
li ascolto confusi
sul far della sera.
I giorni miei persi
i giorni miei andati
li passo in rassegna
e scende la sera.
E' tempo ch'io vada
è tempo ch'io veda
è tempo ch'io pensi
all'ultima sera.
Tracce d'estate
- La foto è di Daniela De Vitis
Tracce d'estate senza alcun vigore
tra gli ombrelloni il sole è risplendente
deserte son le sdraio stranamente
tace ogni voce non c'è alcun clamore.
E v'è il deserto anche in questo cuore
che non gli importa se non c'è più gente
se ne sta chiuso colmo di rancore,
d'aver amato a vuoto ne è cosciente.
L'amore non è merce da esportare
non si trova al mercato in bancarella,
a pagamento non si può trovare.
Quello che trovi è forse pimpinella,
che coi quattrini la si può comprare,
non trovi certo l'anima gemella.
Certo coi soldi si può mercanteggiare
anche l'amore, e si può consumare,
ma senza dare affetto o sentimento,
rimane solo un freddo accoppiamento,
solo pulsioni che soddisfa i sensi
pagati sol con doni o con compensi
che fan restare infine arsura in bocca
come a chi ha sete e non ha acqua in brocca.
- Sonetto ritornellato doppio
Ricordando Rosa Maria
Ancor d'amore stasera t'ho parlato
mentre il torpore già abbracciava il cielo,
nuvole finte scorrevano sul mare
montagne l'effetto faceva immaginare.
E t'ho chiesto dei nostri giorni andati,
t'ho domandato se mai m'avessi amato,
se l'amore carnale che m'hai esposto
amor celava e nulla m'hai risposto.
M'hai detto del bene che provavi,
della speranza d'un futuro insieme,
“Amore nel tuo cuore hai mai provato?”
Amor t'ho chiesto se a qualcuno hai dato.
“Forse ho voluto bene”, m'hai risposto;
“a te di certo tanto ne ho donato”.
“Ma io non me ne sono affatto accorto
solo per rabbia poi ti feci un torto”.
“Ma sono ancora qui a parlarti”,
commosso con un fil corto di voce
le ho ripetuto, mentre dentro il cuore
sentivo lieto e lieve un batticuore.
“Ora non penso a quello che ho provato,
neppure cerco di riaccendere la fiamma
ora ho bisogno solo di star bene,
non posso accumulare nuove pene”.
Il sole era ormai solo un ricordo,
dietro nuvole nere era calato
l'ombra con tante luci si fondeva
la voce tua coi grilli si spegneva.
Sapevo che le reti dentro il mare
solo alghe ed acqua potevano pescare,
sapevo che quel che in animo provavo
mai tu l'hai provato e solo io lo davo.
Tramontana a Punta Ristola
Gelido filtra il vento
dal finestrino aperto soffia e mi tormenta
nuvole nere vedo in cielo
del sole non c'è traccia
in questo giorno nato quasi spento.
L'azzurro che addolciva i giorni andati
il mare oggi più non colora:
nero e bianco si alternano rabbiosi
disegnano un'aurora che è un tramonto.
E guardo due gabbiani svolazzare
in cerca d'un approdo più sicuro
perché oggi non solo il tempo
ma anche l'animo mio è triste e scuro.
In cielo vedo un falchetto roteare,
già anche ieri l'altro veleggiava
dalle correnti si facea cullare
ma immobile nel cielo mi sembrava.
Il mare osservo dal solito muretto,
fisso l'erba che ormai tutta è insecchita,
adesso di giallo si è coperta,
il verde di settembre
in mezzo alla falesia ha abbandonato,
ora s'agita al vento,
come sempre la piega
ma lei ci scherza e senza fretta,
poi dritta si erge e divertita svetta.
E penso a questa vita,
a questo luogo che sempre m'è caro,
dove finisce lo Stivale,
dove due mari si abbracciano confusi
per separarsi e unirsi,
mentre incostante disegna la corrente
un confine che non si può ignorare
perché si vede sull'acqua galleggiare.
Lo sguardo spingo in fondo,
anch'io m'inabisso dentro quest'acque amiche:
le urla ancor mi sembra d'ascoltare
dal Pietro Micca
dormiente in fondo a questo mare
con tante vite stanche di sperare.
Impotente e disperato a lor mi unisco,
accorato ascolto ancora il pianto,
gli occhi chiudo un momento
e me li sento accanto.
Il giorno dei Morti
Linfa rinascerò per piante e l'erba,
la mia cenere al vento spargerete
nella terrà che fu dei nostri padri
affinché nuovamente io rinasca
e sia da nutrimento a vita nuova.
Spargerete la mia cenere nel mare
dove son nato e dove son cresciuto
spargetela così dove ho anche amato
che io galleggi sul mare e mi confonda
con i sassi dove dolce muore l'onda.
E non pensate che io non sia esistito,
non crediate che io un dì sia morto
io sarò qui davanti a voi, credete,
dalla cenere ancor sarò risorto.
Immunizzato
Ora nulla può farmi più paura,
l'ortica nel giardino più non punge,
i suoi urticanti sono inoffensivi
neppure più le spine dei roveti
forano le mie nude mani bianche,
alle punture resto indifferente.
Anche al dolore sono insofferente
a tutto c'è un rimedio se lo cerchi
un antidoto si troverà alla delusione,
ed alla fine è facile capire
che c'è un rimedio anche pel soffrire,
o contro il morso di un piccolo serpente.
Non mi importa se dopo resto assente
ai richiami del cuore e dell'affetto
non mi interessa se frigido divento,
se del dolore altrui non provo niente
l'amor nel mondo ormai s'è prosciugato
arido e vuoto è ogni essere vivente.
E se il dolore in petto è inesistente,
se l'amore s'è disperso al vento,
o con l'acqua si è disciolto in mare,
manco una salsa traccia resistente
al sol sulla scogliera può brillare
perché nel cuore più non è presente.
La delusione
(A Liana)
M'hai scritto cento volte del tuo affetto,
l'hai infarcito spesso con insulti
sapessi quante volte ci ho pensato
sapessi quante volte ti ho capito.
E' duro per il cuore d'accettare
quando una porta non si vuole aprire
ma tutti stancamente a quella porta
sempre bussiamo ripetutamente.
Poi d'un tratto t'arrendi, ci rinunci:
ad elemosinar un pane amaro
pesa la delusione e lo sconforto
pesa perché t'accorgi d'esser vinto.
Scatta allora nell'animo l'orgoglio,
non dici: ”no, rinuncio, l'uva è acerba”
t'accorgi di una stupida insistenza
che ha prodotto soltanto indifferenza.
E tutte le parole ben costruite
i tuoi versi infarciti di verzure
nel cuore han generato sol ferite
e nell'orgoglio pugnalate dure.
E allora dalla mente vinto espelli
quel bene imprigionato tra i cancelli.
Seduto su uno scoglio
Seduto su uno scoglio,
laggiù un giorno di dicembre soleggiato,
spruzzi salmastri uniti al vento
la pelle m'hanno accarezzato.
Soffiava il vento,
onde spumose sollevava
coprivano i pensieri,
laggiù a Punta Ristola
la scogliera imbiancava,
laggiù l'onda con me forse scherzava.
La Grotta del Diavolo copriva,
l'urlo del demone imprecava,
forte al cielo una bestemmia alzava
contro quel dio del mondo ingannatore,
urlava contro il proprio creatore.
E schiaffeggiava, il mare, la scogliera
l'onda davanti a me erta s'alzava
oh, dio, dio mio come impetuosa era,
di salso ricopriva la mia pelle
in bocca insaporiva i miei papilli
gli occhi bruciava,
mi riempiva i pori,
forte la tentazione di ricambiar l'abbraccio,
d'un sonno tra quei flutti ingannatori.
E l'onda mi sfiorò le braccia,
alta oltre la testa disegnò nel cielo
fantastici disegni,
e mi coprì la mente un bianco vel
mentre la vita accarezzava il sole
che s'affacciò alla grotta sorridente
la morte ne uscì di nuovo vinta,
per una volta ancora fu perdente.
L'ultimo rondone
L'ultimo rondone
non ha spiccato il volo,
il suo corpo giace di fronte alla cantina,
per morire ha scelto il buio di una stradina,
Via Vicolo Scuro, dove è raro il sole,
che poco splende e che non da chiarore.
Giace con l'ali a terra spalancate
che ha utilizzate per un breve volo,
dal nido fin davanti a una cantina
guardando questo incerto bigio cielo
che l'azzurro cancella stamattina.
Sembra inchiodato sulla strada in croce,
come Cristo piagato,
la testa di lato reclinata,
gli occhi lucenti,
la bocca spalancata,
quasi a cercar un volo a lui negato
su nel vasto cielo mai solcato.
Adesso i vicoli son deserti e muti,
senza più voli in ciel lesti e chiassosi,
sotto gli embrici, i nidi ora son vuoti,
e s'allontana l'ultimo rondone
che su nel cielo tacito aspettava
l'ultimo nato che ancora ritardava.
Ormai lassù nel ciel né squitta e vola,
in croce sul cemento resta a terra
in questa erta stradina scura e sola
dove l'anima sua confusa erra.
- Il rondone è morto 4-5 giorni indietro, prima che gli altri
spiccassero il volo per nuovi lidi.
Glicini
Glicini a muri decrepiti abbracciati
sinfonie di colori su pietre usurate
pennellate di luce ad abbellire
vicoli antichi ed erte gradinate.
Balconi senza panni stesi al vento,
finestre traballanti e sgangherate
con vetri rotti senza inferriate
odore di muffe antiche, di camini.
Mentre io cerco qualche traccia antica,
un monile, un quaderno, quattro versi
una panca consunta e impolverata,
un treppiedi, una cucina ormai smurata.
Un po' di carbonella, qualche traccia
di una vita che ormai giace silente
in qualche cimitero senza un fiore
con un lumino che appena dà chiarore.
Ed il silenzio muto m'accompagna
mentre sul muro v'è una salamandra:
se ne sta ferma con la pelle scura,
con le zampe allargate fa paura.
Ma ascolto un cinguettio di passerotti
che animano quel vicolo silente,
volteggiano soltanto i miei ricordi
in questo mondo antico decadente.
Non scrivo più per te
Non scrivo più per te,
scrivo per me,
scrivo perché
nel cuore mio la luce è spenta,
amore più non c'è.
Finanche mi vergogno
d'aver donato amore a chi
forse sull'amor mio
ha speso un tenero sorriso
mentre io, senza alcun forse, si,
ho bagnato di lacrime il mio viso.
Ora su quelle secche zolle,
sui campi ormai induriti del mio cuore
giace l'orgoglio,
non cresce su quel prato più
neppure l'erba voglio.
Ora l'amor riposa
sotto una croce è morto,
or cresce solo il loglio.
Te ne sei voluta andare
(A Carmela)
Te ne sei voluta andare
ma i calcoli hai sbagliato
pensavi d'intralciare,
ma te l'ho anticipato.
Difficile è trovare
amiche sui portali
che sono tanto care.,
e tu davvero vali.
Io te l'ho ripetuto,
Carmela lascia stare
nessun impedimento
potevi tu causare.
Sei andata via lo stesso
e adesso cosa faccio?
Ho perso un'amicizia
e te più non abbraccio.
Ed io sinceramente
a te or sto pensando
sei qui nella mia mente
per te sto poetando
dei versi come amica
per dirti di tornare
riapri la tua pagina
riprendi a navigare
perché non davi noia
a me non l'hai mai dato,
conosco le persone
non m'hanno mai fregato.
Quella vuota panchina
Quella vuota panchina vista mare
l'alba carezza e sembra stia pensando
al sol che tra le nubi si sta alzando
e l'onda increspa e vuole colorare.
Silente se ne sta, non vuol parlare,
forse tra i suoi ricordi sta sfogliando
a qualche amante che non sta più amando
ad un affanno da dimenticare.
E mentre l'alba ognor dipinge l'acqua,
lieve un refolo fresco l'accarezza
e l'onda sulla rena appena sciacqua
rompe il silenzio, quasi lo disprezza,
s'impone e quella spuma bianca annacqua
il cuore suo ricolmo di amarezza.
Dispersa nel silenzio
Ora anche tu sei spersa nell'oblio,
sei rientrata tra quel freddo elenco
di amici che s'affacciano la sera
chiedendo: “Ci sarà?” oppure: “C'era”?
Sei lì nascosta nell'elenco informe
col tuo pallino verde risplendente
ma sono io adesso che non sento
nel mio petto amore e sentimento.
Ora non provo nulla e con pigrizia
m'aggiro tra le pagine leggendo
non mi emoziona più vedere il nome
e neppure al vento le tue chiome.
Ora sei indifferente a questo cuore
non alimenti più la mia passione,
se ti vedo non monta più l'ardore
finito è dentro il petto il batticuore.
“Dall'oggi al domani”, ti domandi?
“ma sei certo che fosse proprio amore?”
“Non so che dirti, tu non l'hai provato
sei certa tu d'aver qualcuno amato?”
Piazze a Siracusa
Formiche sotto il sole
in un giorno d'estate
formiche nere
su strade sbiancate
quasi silenzi
dal sole baciati
tavoli e ombrelli
sedie spaiate
vuote, assolate.
Decoro di vecchi palazzi
dove il silenzio si espande
su piazze poco affollate
di formiche nere
sotto il sole
in un giorno d'estate.
Quel dolore
Quel dolore che m'attraversa il corpo,
che parte dall'ascella e va all'addome
quel dolore la mente a volte affligge
come affilata spada mi trafigge.
Quel dolore non so da ch'è causato
può essere un qualcosa di anormale
ma sul mio corpo lascia una gran traccia
che mi avvilisce e si dipinge in faccia.
Se poi sei solo in casa e t'impaurisci
avverti come un vortice afferrarti
ondeggi sulla sedia e dopo crolli
sul tavolo, e la testa non controlli.
In quei momenti non serve il coraggio
è inutile che tutti tu assicuri
resti con la paura che t'abbraccia
resti col tuo livore che t'agghiaccia.
Sono solo attimi
le felicità che attraversano il cuore,
sono schegge di passione
che squarciano l'anima,
ti feriscono i sensi.
Pietra su pietra costruisci un muro d'affetto
le mani ti sanguinano,
la schiena ti piegano,
mentre il sole ti scalda la fronte,
il sudore gocciola come lacrime inespresse,
ti brucia gli occhi,
ti colpisce la ragione.
Ti ostini, ti umili, sei pietosamente stancante,
straparli fino all'estremo sacrificio della decenza,
liberi quello che nel tuo cuore fermenta.
Senti gli acini borbottare parole incomprensibili,
tendi l'orecchio e costruisci frasi mozze, non dette,
simuli situazioni irreali, non percepite,
costruisci supposizioni poco convincenti, immaginarie.
L'acre odore delle vinacce ti spezza il respiro,
gli effluvi colpiscono le narici,
ti stordiscono l'anima.
Soffri nuovamente per un amore non corrisposto,
e corteggi ancora la nera signora
avvolta nel suo elegante mantello di tulle nero:
lei demolisce quel muro faticosamente eretto
simula, poi, di regalarti la serenità.
Dopotutto un cane sa
Dopotutto ma che vuoi che sia
se a parlare sei solo sul sentiero
forse c'è chi t'ascolta ed è sincero:
c'è un passerotto là lungo la via.
Cinguetta una sua lenta litania
forse anche lui ha il cuore nero nero
vorrebbe come me l'amore vero
ma poi s'accorge ch'è solo utopia.
Ma il suo canto lo disperde il vento
lo sparge tra foglie nella macchia,
lieto non è ma flebile lamento.
Da un leccio giunge un verso di cornacchia
che al cuore dà un cupo accoramento,
come l'inferno è nera e cupa gracchia.
Ma un cane che s'affaccia dalla rete
t'osserva con le sue pupille chete
scodinzola e ti guarda incuriosito
del vuoto che t'affligge ha già capito
perché un cane ha sempre un fiuto intenso
capisce se un affetto non ha senso.
Ti guarda e dalla rete sembra dire:
“Lascia stare, è inutile soffrire”.
- Sonetto ritornellato
Palestina 2014
Vi vedo occhi lucenti
io vi rivedo
nelle paure ancora in cuore impresse
nel rumor dei bimotori in cielo sparsi,
nel fragore dei bombardamenti.
Vi vedo, non son bagliori spenti,
nel cuore si accendono ogni tanto
luci notturne in cielo intermittenti
che abbagliavano quei rioni al buio
con i Peloritani accesi e spenti.
Rivedo mia madre in folle corsa
con me impaurito a lei forte abbracciato,
riprovo le paure ancora vive
che nel mio inconscio giacciono silenti
che sono lì archiviate, ancor presenti.
E mi ritrovo in voi visi piangenti,
mi fustigate tuttora la coscienza,
perché mi sento un vecchio ormai impotente
un oggetto che non vale niente
in mano a una congrega di assassini
asserviti ad un potere prepotente.
Salvatore Armando Santoro
Palestina
2014
Vă văd ochii lucind
și revăd
temerile încă imprimate în inima mea
cu zborul rachetelor împrăștiate în cer,
în vacarmul bombardamentelor.
Vă văd, nu sunt străluciri stinse,
în inimi ci se aprind în fiecare acum
din când în când aceste districte luminând
intermitent și orbindu-te în întuneric
cu Peloritans pornite și oprite.
Revăd pe mama mea în nebună grabă
speriată și de mine îmbrățișată e puternic,
retrăiesc și acum temerile încă vii
în inconștientul meu zăcând în tăcere
arhivate acolo și totuși prezente.
Mă regăsesc în voi fețe plângânde,
biciuindu-mi încă conștiință,
pentru că mă simt bătrân acum fără putere
un obiect care nu valorează nimic,
în mâinile unei congregații de asasini
servind unei putere dominatoare.
Costanza (Romania) 20.7.2014
Traducere Nikola Popescu
Vulcano
Nel cielo è un lampeggiare di lapilli
cenere e fumo su nell'aria vola
ed anche dentro il petto par che brilli
questo fuoco che ancor arde e divora.
Sotto mucchi di sabbia l'ho affogato
che ho raccolto dopo il tuo passaggio,
ma le tue tracce non ho cancellato
le osservo su quei cumuli evidenti.
E sfoglio anche le foto pubblicate,
l'orma dei piedi nudi sulla rena,
quel planare silente di gabbiani
sopra quel mare azzurro e trasparente,
quelle parole vive in cuore ardenti
come fiamme che ancor non sono spente.
Una persona speciale
Per un po' di giorni hai spento il cellulare,
poi forse hai provato del rimorso,
Hai detto: “In fondo quel cretino
per me provava davvero dell'affetto,
l'amore suo ha annegato con del vino”.
Allor ci hai ripensato,
l'hai chiamato!
A rinnovarti affetto non ha smesso,
sentivi che il suo animo era triste
che amor ti dichiarava pure adesso,
dopo che tu l'avevi anche sgridato
che l'avevi indisposto,
maltrattato.
Forse quel suo affetto delicato
e tante insistenze a dir poco infantili
da tanti anni più non le provavi,
forse dentro il tuo cuore s'è risvegliato
quel dolce sentimento
che da anni taceva addormentato,
che piano piano lui t'ha risvegliato.
E le hai scritto prima un tuo pensiero
su come le emozioni controllare
dopo le hai reso ancor più chiara la questione,
le hai detto che è pur bello ognor sognare
ma poi la realtà può fare male,
però hai concluso con una affermazione:
che era una persona un po' speciale
non tanto facile da poter scordare.
Un albero tagliato
Qui c'era un albero
un dì alto e fiorente
tra i suoi rami saltavano gli uccelli
anche le ciole ci hanno fatto il nido
dopo il tramonto sfiorava un pipistrello
squittii lanciava nel buio della notte.
Le cicale se ne stavano sul tronco
frinivano incessanti fino a sera,
i cardellini cacciavano i ragnetti
nelle radici c'era un formicaio
le formiche scendevano operose.
I suoi rami s'allungava dintorno,
d'estate tanta ombra regalava,
anche qualche asino beato ci restava,
mentre il padrone disteso riposava.
Poi un giorno di lì passò una strada
impietosi troncarono i suoi rami
di tanta sua potenza restò poco
un tronco mutilato e senza vita
e tanta segatura tra le dita.
Ma tanti ci lessero la storia,
contarono dai cerchi anche i suoi anni
ci fu chi raccontò anche qualcosa
di quando era un virgulto delicato,
di quando il vento a volte lo colpiva,
della bufera che non l'ha piegato.
Ci fu chi ricordò anche la storia
di un amore poi finito male
e di un coltello che vi aveva inciso
un cuore per chi mai l'aveva amato.
Ora non c'è più nulla,
ma ancora un cardellino
svolazza intorno, non è rassegnato,
ancora cerca il nido che non trova,
forse anche lui tanta tristezza prova.
Sorgenti
(A Caterina)
Dimmelo tu, amore, come faccio?
Dimmelo tu, che spesso mi riprendi.
Le mie sorgenti sono tante,
l'acqua defluisce e crean sempre dei versi.
Blocco una polla
ma ricomincia a ribollirne un'altra,
le parole galleggiano incostanti
come i miei amori
a volte devastanti,
come i pensieri miei
che non ritrovo e solo ieri ho persi.
Ma poi li riscopro accartocciati
in un angolo buio di questo cuore
che non si stanca di cercar l'amore,
di questo cuore
che mi riduce come un vecchio straccio,
dimmelo tu dolcezza, come faccio?
Preghiere
Supplici preci
nell'aria tersa vanno,
devote litanie,
inespressi ronzii,
refoli lievi
a terger fronti
a inumidir pensieri,
tenere carezze,
raggi di sole persi
ad alleviar coscienze.
None ….Sine
Mi dici sempre “none”
proprio di dire “sine”
tu non ne vuoi sapere,
neppure stai sbagliando
no, non mi crei illusioni
con frasi menzognere,
mendaci ed insincere.
Tu sei leale e franca,
anche troppo sincera,
penso d'essere io
che con l'amore stanca,
visto che sto al tramonto
dovrei un po' tacere
ma invece fo' un vocio
scrivendo a destra e manca,
sui muri il resoconto
di ogni dì che arranca,
di tutte le emozioni
che dentro il cuore trovo
che sanno di melassa
che solo ancor io provo.
Ma cosa posso fare
se questa forte febbre
non vuole più calare,
le mie passion fa ebbre
la mente lampeggiare?
In fondo non ho fatto
di certo ancora un torto
forse con poco tatto
e con agir sbagliato
un po' d'amore ho estorto
ma nulla ancor t'ho dato
solo te l'ho promesso
ma tu non l'hai provato
neppur me l'hai concesso,
tu non hai mai sbagliato.
Il Purgatorio
Io non ricordo come sia avvenuto
forse è stato quel terribile incidente,
più non mi risvegliai dopo svenuto
la pelle ci lasciai sicuramente.
Bussavo ad una porta un po' sperduto
mi aprì un anziano tutto sorridente:
“Entra, mi disse, infine sei venuto”,
in viso mi baciò teneramente.
“Ma dove siamo?” Rispose: “In Paradiso.
Vivi felice in questo territorio”.
Ma dopo qualche tempo e scuro in viso
a San Pietro annotai: “ma qui è un mortorio,
non c'è nessuno e ho perso anche il sorriso,
ti prego fammi andare in purgatorio”.
“Almeno lì ci trovo in po' di gente
che forse passa il tempo tristemente
ma almeno vivo in molta compagnia
che in paradiso mi viene l'isteria.
Rischio poi di insultare il Padreterno
e finire tra i preti giù all'inferno”.
- Sonetto ritornellato doppio
Vorrei
Vorrei accarezzare la tua pelle
sull'arenile mentre il sole splende
un bacio darti e non provar vergogna
succhiar tutto il liquor delle mammelle.
Vorrei donar l'amor che prepotente
ha veleggiato insieme a me con gli anni
poterti far gustare il dolce miele
che nel mio cuore è ancor vivo e presente.
Con te vorrei poter volare in cielo
come rondine andare a nuovi lidi
sotto un tetto ricostruire un nido
l'amore fare e non temere il gelo.
Vorrei, ma è solo un mio pensiero!
Solo coi sogni il volo sempre è breve
si rischia di svegliarsi tristemente
tra gli artigli d'un cinico sparviero.
Monteroni
Hai intrecciato due volte il mio cammino
a te mi sono infine affezionato,
più volte ho passeggiato nella piazza,
in Via Sollazzo anche soggiornato.
I ricordi son tornato a rinfrescare,
tu m'hai riconosciuto e salutato,
senza volerlo sei stato causa di guai
forse per questo forte m'hai abbracciato.
Ogni tanto un suono di campana
ricor
dava il mio rione abbandonato
vedevo un po' di gente andare a messa
mi sentivo, non so perché emozionato.
Poi improvviso un alito di vento
un nuovo affetto il cuor m'ha riscaldato
ma era soltanto un caldo di scirocco,
sol di sudore il corpo m'ha irrorato.
E dopo ritornò la tramontana,
di freddo pungente l'anima ha colmato
i pensieri m'ha reso limpidi e reali
ma il cuore ancor di nuovo m'ha gelato
.Madre
- Foto di Carmela Drago, amica su FB
Madre che abbracci il tuo bambino
che l'alimenti e vita gli trasmetti
vita a me dai, mi scavi nei ricordi,
affetto e tanto amore in cuor immetti.
Mi trasporti in tempi assai lontani,
ricchi di povertà, di privazioni,
ma un quadro di bontà mi ripresenti
svegli nel petto mio vecchie emozioni
di mamme sulle sedie dondolanti,
di seni al vento ricchi di buon latte
che in fondo era l'unico alimento
rispetto alle vivande oggi inadatte
in scatolette preconfezionate
in barattoli di omogeneizzati
che fanno risparmiar forse del tempo,
ma che pe' i bimbi sono inadeguati.
E mi trasmetti un sentimento antico
mi ripresenti come un quadro vero
altri tempi ormai dimenticati
ricchi di amore semplice e sincero.
Ho amato
Ho amato un volo di gabbiani
nel cielo con lor mi son confuso
tra le nuvole un poco li ho inseguiti
pensavo il mondo d'avere fra le dita.
Erano soltanto nuvole leggere,
increspate dal vento al punto giusto,
un soffio ardito in fretta le ha disperse
a volteggiar da sol mi son trovato.
Guardavo dall'alto sui rosai,
spiavo tra le verdi tamerici,
cercavo in mezzo ai rovi, sopra i pini,
di quei gabbiani più non c'era traccia.
Planavo ormai confuso, senza guida,
quelle ali braccavo, le volevo,
a sognare mi stavano insegnando
nel ciel sereno con loro avrei volato.
Ma scomparvero tra le nubi bianche
delle rose rimasero gli steli
solo e smarrito in mare mi tuffai
l'ultimo refolo d'amor non vi trovai.
Il Ponte del Ciolo
Ponte del Ciolo, ponte dei sospiri,
dei miei momenti ricchi di follia
dei giorni andati che ho buttato via
delle mie delusioni e dei raggiri.
Dei tanti versi segnati sui papiri
con un bicchiere fuor dall'osteria
col mare sotto quel cavalcavia
chiassoso e compiacente ai miei deliri.
Le mani ancora strette alla ringhiera
con lo sguardo perduto sull'abisso
l'onda rabbiosa sopra la scogliera
il mio pensiero dalla mente è scisso
in me non v'è più Dio, non v'è preghiera,
non v'è perdono, non v'è crocifisso.
Les enfants qui s'aiment
(Di Jacques Prévert)
Les enfants qui s'aiment s'embrassent debout
Contre les portes de la nuit
Et les passants qui passent les désignent du doigt
Mais les enfants qui s'aiment
Ne sont là pour personne
Et c'est seulement leur ombre
Qui tremble dans la nuit
Excitant la rage des passants
Leur rage leur mépris leurs rires et leur envie
Les enfants qui s'aiment ne sont là pour personne
Ils sont ailleurs bien plus loin que la nuit
Bien plus haut que le jour
Dans l'éblouissante clarté de leur premier amour
I ragazzi che si amano
(Traduzione ed adattamento poetico di Salvatore Armando Santoro)
I ragazzi che si amano restano abbracciati in piedi
Appoggiati alle porte della notte
E i passanti li disapprovano puntandoli con un dito
Ma i ragazzi che si amano
Non vedono nessuno
Esiste solo la loro ombra
Tremolante nella notte
Che suscita l'indignazione dei passanti
La loro rabbia, il loro disprezzo, il loro scherno, la loro invidia
I ragazzi che si amano non vedono nessuno
Sono altrove, molto lontani dalla notte
Molto più in alto dal giorno
Nella luce abbagliante del loro primo amore
La vergogna
A volte ci vergogniamo di noi stessi
per aver socializzato un sentimento
a chi non lo capisce e lo respinge
Ma in fondo sono proprio gli insuccessi
che alla tua mente danno nutrimento
e ti fanno scoprir chi è vero o finge.
Il cuore si fa guidar dalle emozioni
non riesce a pensar diversamente
bussa con insistenza a porte chiuse
e si comporta come gli accattoni
che chiedono un soldino inutilmente
con frasi lacrimevoli e confuse.
A volte la gente reagisce male,
tanta insistenza spesso infastidisce,
suscita sol rifiuto e irritazione.
Ma per chi ama tutto ciò non vale,
non si scoraggia, più si infervorisce,
nel cuor di più gli sale la passione.
Ma quando al fin si prende conoscenza
che tanto affetto è stato male esposto
prevale la ragione e la vergogna:
ti senti sciocco per tanta insistenza
per avere il tuo affetto mal riposto
e d'esserti da sol messo alla gogna.
Pensando a Torre Mozza
Vigile come antica sentinella
possente al cielo innalzi il tuo torrione
nel tempo ancor resisti,
dei secoli passati testimone,
ancora oggi contro le nubi insisti.
Né il vento tropicale,
neppure la tramontana ed il grecale,
né l'acqua, la bufera, il mare,
neppure il tempo che paziente usura,
scuote la tua mole imponente;
tu gareggi coi secoli
come gigante incrollabile e immortale.
Hai resistito a tutte le invasioni,
turchi e saraceni t'hanno conquistato,
dal mare t'hanno finanche mitragliato,
sempre su tutto e tutti hai dominato.
Ora un meritato riposo stai godendo,
col canto degli uccelli t'accompagni
il tuo verde regali a chi sempre ci vive
e ai villeggianti
con le tue acque limpide li bagni.
Ed anche a me tu doni
un angolo di pace e mi rilassi
lieve la mente dai pensier diluisci,
m'offri della serenità senza più assilli
mentre il tuo mare mi sfiora le caviglie,
bagna le ciglia e il viso mi rinfresca,
sembra che ogni cruccio dal cuore se ne esca.
Amore salato
Quando l'amor non picchia in testa
vuol dire che il motore gira bene
il cuore è riposato e non si presta
a stare dietro a chi regala pene
che dovrebbe nel giorno della festa
pensare a cose più liete e serene,
non seminare in cuore la tempesta
nè il sangue raggelare nelle vene.
Ma che ci posso far se son turbato?
Se la natura mi ha costruito male?
Mi sento a questo mondo inadeguato
senza cercar, l'amor spesso m'assale,
per molti sono un uomo fortunato
ma in bocca poi mi resta solo il sale.
Basta una parola
Alle volte basta una parola,
un incrocio a quattro verticale
come in un cruciverba si compone
un pensiero che t'alza su il morale.
Solo oggi una semplice parola, quanto basta
a ricordarmi che son nei tuoi pensieri,
e poco fa in un soffio quattro righe
per dirmi che ci sei più ancor di ieri.
E l'ansia tutto il giorno accumulata
si scioglie come nebbia mattutina
il cuore si empie di gioia e di sereno
l'azzurro ricolora la marina.
Ed io distesa ti vedo sulla spiaggia
dall'onda i piedi farti accarezzare
inquadri lesta il volo dei gabbiani
le foto poi m'invii col cellulare.
Madrigale marino
Amor che nella mente fissa stai
e te ne vai al sol per la marina,
in man mi strizzi come una lattina.
Forse ti porterò soltanto guai,
per questo fuggi e non vuoi ricambiare
questo mio amor che sto provando a dare
che il petto mi trafigge come spada,
che in cuor s'ammucchia come la rugiada.
Si paga sempre un prezzo
Si paga sempre un prezzo a questo mondo
quando si sbaglia o un passo si fa falso
bisognerebbe aver un cuor di sasso,
meglio se al posto suo ci fosse un masso.
Per le persone che han l'animo gentile
la strada è sempre dura e accidentata
infatti appena poi comincia la salita
di sangue fresco si bagna la ferita.
E cerchi inutilmente di bloccare
siffatta emorragia, tanto dolore,
spesso ritieni d'esserti umiliato
se amore hai dato a chi non l'ha accettato.
E ti vergogni anche di te stesso
provi tristezza e tanta frustrazione
ritieni che sia quasi un fallimento
l'aver donato affetto e sentimento
a chi la tua passion non ha capito,
a chi ritieni t'abbia anche deriso
perché siffatto bene non ha colto
nel cuor l'ha rigirato e poi sepolto.
E allora corri alla tua quercia amica
t'accoglie lei con un canto di usignoli
gli ultimi versi tuoi ancor raccoglie,
ti culla e ti addormenta tra le foglie.
Un pino abbandonato
Lo incontrai in aperta campagna
era al sole abbracciato dai rai,
mi fermai un attimo all'ombra
e la testa sul tronco appoggiai.
Una sacca avevo e un panino,
con dei sogni l'avevo imbottito,
mi guardava dall'alto imponente
dei miei sogni sembrava invaghito.
Mi parlava, diceva: “Son solo”;
“cosa credi? Anch'io”, rispondevo
“com'è strano”, dopo un poco aggiungevo
“non v'è canto di uccelli, né volo”!
“Non v'è più armonia qui intorno,
una volta veniva un poeta,
la sua penna scorreva ogni giorno
lui vergava felice i suoi versi”.
“E un merlo fischiava distante,
gli usignoli cantavano in coro,
anche i grilli frinivano a festa
ed il vento spazzava il pianoro”.
“Il poeta poi perse l'amore
la cercava in ogni radura
e diceva “la vita ch'è dura
senza lei è meglio morire”.
“L'han trovato: sembrava assopito,
sul suo volto v'era ancora un sorriso
con dei versi rimasti incompiuti
con “amor” ch'era scritto impreciso”.
Ora anch'io abbraccio quel pino
ed aspetto che arrivi il tramonto
il panino coi sogni consumo
e l'annego con sorsi di vino.
Fiesta
Et le verres étaient vides
et la bouteille brisée
Et le lit était grand ouvert
et la porte fermée
Et toutes les étoiles de verre
du bonheur et de la beauté
resplendissaient dand la poussi ère
de la chambre mal balayée
Et j’étais ivre mort
et j’étais feu de joie
et toi ivre vivante
toute nue dans mes bras
Jacques Prévert
Fiesta
E i bicchieri erano vuoti
e la bottiglia sbriciolata
E il letto completamente disfatto
e la porta serrata
E tutte le stelle di vetro
la felicità e la bellezza
risplendevano in mezzo alla polvere
della camera mal spazzata
Ed io ero ubriaco morto
ero un falò di gioia
e tu ubriaca di vita
nuda tra le mie braccia
Traduzione di Salvatore Armando Santoro
Nel silenzio le tue canzoni
Nel silenzio quelle tue canzoni
hanno bussato a questo cuore stanco
mentre correvo al viso tuo lontano
che timido al mio cuore
un dì di Giugno tenero ha bussato
che in petto m'aveva risvegliato
una dolcezza che pensavo spenta,
un sentimento ormai dimenticato,
una passion che fermentava lenta.
Ed han svegliato quelle dolci note
una tristezza immensa nella mente,
ho cercato invano e inutilmente
la voglia di provare una carezza,
di sentir sulla pelle la tua mano,
ma solo m'hanno accompagnato lente
le vecchie melodie di Celentano.
E qualche lacrima è corsa lungo il viso
mentre un singhiozzo m'ha affogato il cuore,
ed ho rivisto quel triste tuo sorriso
che mi colpì quel giorno dal PC
che non ricordo più quale mai fosse.
Quello che so è soltanto
che ho bussato forte, disperatamente,
alla tua porta, ma non si è mai aperta,
e adesso nella stanza vedo il buio,
la vita s'è fermata,
e che ci sia la morte è cosa certa.
La morte,
che vezzeggia i miei pensieri
che m'adula,
sembra voglia farmi un bel regalo,
mi promette un riposo senza più pensieri
di soddisfare tutti i desideri
che la vita ad altri ha regalato,
che forse anche a me aveva dato
ma non raccolsi mai e stupidamente
dietro un sogno mi persi,
un sogno ambiguo, fallace ed indecente.
Ho corteggiato la morte
(Ricordando Saverio Strati)
Ho sempre cercato la morte,
le ho corso incontro più volte
ma mi ha sempre respinto;
lei non accetta le sfide
evita i coraggiosi,
lei corteggia i pavidi,
i paurosi, i vili.
Ho sfidato i potenti,
piccolo passerotto implume,
non sapevo neppure volare,
sapevo appena cinguettare.
Ma avevo capito già tante cose:
a volare servono ali leggere e forti,
a sopravvivere e vincere
folli urlanti ma consapevoli.
A sorvolare i burroni non è cosa agevole a tutti,
non bisogna soffrir di vertigini
ne temere i falchi roteanti sul cielo,
pronti a ghermire chi li sfida,
ma loro tra le spine non sanno muoversi
neppure cercare tra i rovi contorti delle siepi.
Loro colpiscono a tradimento
giocando sulla velocità dei loro fucili,
sono vigliacchi che agiscono nell'ombra
che sanno chetare chi scrive,
chi usa la parola come arma,
chi semina la conoscenza ed il coraggio.
Questo avevo capito,
ma mi sentivo troppo piccolo e solo,
quasi il buffone del paese che faceva ridere tutti
che diceva delle grandi verità,
e loro lo sapevano,
ma gli servivo così:
passero solitario ed implume.
Volevo diventare un eroe,
ho rincorso la morte,
l'ho corteggiata più volte,
tra le raccoglitrici di fiori dello Jonio,
tra quelle di olive del Tirreno,
ma lei sorrideva pietosa
complice di chi mi scherniva,
di chi aveva capito il mio volo.
Ma ero e sono rimasto troppo solo
e non faccio paura a nessuno,
neppure alla morte:
ma io continuo a sfidarla.
Il susino di Villaggio Orlando
C'era una pianta di susine,
quasi al bordo di quel tuo giardino,
già mezza secca, davvero assai contorta,
allora dava ancor dei frutti,
mai le avevo assaggiate così dolci,
mai così saporite, delicate....
ma oggi è morta, anche le sue radici,
come l'amore mio, sono seccate.
Avevamo il sapore dei vent'anni
che ci accompagnava in quei lontani giorni,
ognuno navigava coi suoi affanni
ma non ci accorgevamo,
e mi dicevi: “Quando da me ritorni?”.
Assaggiai qualche susina,
in proda al tuo giardino,
dolce al sapore
dal gusto eran davvero delicate,
come il nome, Claudie,
così tu lei hai chiamate.
Non conoscevo quella qualità,
neppure te ancora avevo molto conosciuto,
un amore spuntato là per là,
un amore forse oggi logorato,
ma come vedi
nel cuore ancora qui sta conservato.
E ti penso perché tanto anche t'ho amato,
e sono certo che tu m'ami ancora,
lo sento quando ascolto la tua voce,
le tante volte che tu m'hai telefonato,
le molte volte che ci ho litigato.
Ma oggi sai soltanto farmi rabbia
perché so che non accetti la mia vita,
che se ne va allo sbando per la via,
mentre gli anni mi sfuggon dalle dita
come i chicchi asciutti della sabbia
ma scrivo ancor per te qualche poesia.
L'urlo della civetta
L'urlo della civetta m'ha colpito
per me è come un cantico alla vita
sarà sui vecchi tetti, l'ho avvertita
è qui vicino a me, si l'ho sentito.
L'urlo della civetta non è solo
forse amoreggia con il suo compagno
che per il borgo l'ali sbatte in volo
l'insegue forse in cerca d'uno stagno.
Con lor volteggio in ciel sulla Maremma
anch'io sono follemente innamorato
sto corteggiando ma con molta flemma,
aspetto, non mi sento scoraggiato.
Solo non voglio in cuor portare guerra
non vorrei farla patir per colpa mia
volo basso, perciò, sto a rasoterra
silente plano, quasi in afonia.
Vicino nei sogni
Vorrei con te poter restar vicino
almeno in sogno, sentire il tuo calore,
vorrei che al tuo risveglio mattutino
del tuo corpo avvertir palpito e odore.
Vorrei dalla finestra del giardino
esser dei tuoi sospiri predatore,
diventare un amante clandestino
nel cuor scavarti come un minatore.
Sono e rimango, invece, rassegnato
anche se l'amor tuo non mi darai
ma già mi sento lieto e fortunato,
ne son ben certo, non mi lascerai.
Dall'alba che verrà sarò baciato
perché nel cuor son certo mi terrai.
- Sonetto classico
All'ombra della luna
All'ombra della luna i miei pensieri
frammisti ai tuoi confusi se ne vanno
a volte sono allegri, a volte sanno
che il cuore li tormenta e li avvilisce.
Ma questa luna che ci parla spesso
ci manda tanti strani suoi messaggi
a volte ci confonde coi suoi raggi
ci fa sperare ed anche disperare.
Ma noi in fondo sempre l'adoriamo
anche se l'ombra allunga nella sera
a lei poi rivolgiamo una preghiera
le pene dell'amor le confidiamo.
E lei ascolta muta e sorridente
illumina la strada e anche la mente
Girasoli
Dicono che guardiate sempre il sole
ma a dire il vero vi vedo rigirati
a me sembra guardiate ad occidente
quando il sole sorge da levante.
E ieri sono entrato dentro il campo
ho confuso con voi i miei pensieri
insieme dolcemente ci ho parlato
v'ho detto di chi sono innamorato.
E un mormorio intorno a me ho avvertito
un fruscio di pensieri e di parole
e dai rosoni mi sembra che un brusio
lieve si è alzato e m'ha parlato Dio.
M'ha detto: “Ma che fai? Tutto sei folle?
La mia storia per niente t'è servita?
Anch'io tutta la gente ho sempre amato
sulla croce coi chiodi mi han piantato”.
“Ama, stupido ma ricordati del nome
che al mio alquanto sembra rassomigli
anch'io ho dato solo e tanto amore
ma sol di nome sono un Salvatore”.
Sono un pazzo
Nei manicomi c'era gente pazza
gente rinchiusa che farneticava,
scriveva versi,
d'amor sempre parlava
mentre la guerra nel mondo divampava.
Di pazzi ce ne sono ancora tanti,
tutti ammalati di biro o di matita,
poi vi sono quelli con il cellulare
o con un tablet in mano ad armeggiare.
Ma i folli che più sono da scartare
son quelli che ancor hanno sentimento
sono dei matti fuori dal normale
che anche gli altri fanno stare male.
In passato c'è stato Baudelaire,
e tanti come lui stramaledetti,
si sono intossicati con la “fata”
che dall'assenzio avevan distillata.
Poi c'è stato Palazzeschi e Corazzini
e il Pascoli con i suoi strani amori
e infine anche Campana e la Merini,
pazzi son stati dai cervelli fini.
Anche loro inseguivano l'amore,
intrecciavano parole e turbamento
gente partita che andava contro vento
gente che ci stordiva con dei versi.
E or ci sono anch'io, altro ammalato,
che scrivo e parlo ognor da innamorato
pensieri assurdi e sentimenti persi.
La casa bianca
Bianca di fuori,
al sole risplendente
nera di dentro, ricca di loschi intrighi,
d'affari sporchi, miseri e indecenti.
Quegli interessi per cui il cuore batte,
che contano di più d'un vero amore,
di fronte a quali è morto il sentimento
ma è sorridente la maschera del male
capace di stringere più mani,
di pregare battendosi nel petto
nel giorno sacro del Ringraziamento.
E poi al telefono, nei centri di potere,
lanciare al mondo minacce e avvertimenti
nel cielo far le rondini volare
che vanno sol la gente a bombardare.
E non guardare in faccia proprio niente
se quelle bombe cascan sulle case,
sulle scuole piene di studenti,
sui posti di lavoro o gli ospedali,
dove serena e incredula la gente
vede arrivar la morte e la paura.
Gente che vive in mezzo alla miseria
in una terra ch'è ricca di petrolio
che i predatori lindi e in doppio petto
decidono di iniziare a bombardare
proprio nel giorno del Ringraziamento
mentre devoti stanno li a pregare
nella casa che dicon del Signore
che è stanco d'asciugare il suo sudore.
Quel bianco mi ricorda tante cose,
sa molto di sepolcri e di vangelo,
d'urla di un profeta che ha parlato al vento,
di pastori pronti a benedire
quello che Dio sa solo maledire.
Ma siamo tutti qui servi ubbidienti
chiusi nelle nostre quattro mura
a guardare la TV indifferenti
a vedere tanti piccoli innocenti
nascere e quasi subito sfiorire.
Bianca di fuori
ma è un bianco assai indecente
con dentro un nero, per secoli avversato,
che oggi è diventato Presidente.
La mia solitudine
La mia solitudine sei te
infernale aggeggio che mi stai davanti
che mi illudi
mi fai sentire allegro con amici
rido ai fantasmi
a immagini irreali
foto di bimbi avanti già negli anni,
finte allegrie e visi semi seri,
paesaggi e scritte irrazionali.
E rido anch'io,
a volte socializzo,
altre mi sfogo da pensieri torvi,
da ansie,
da remote fantasie,
scarico le tensioni, ma sempre rido solo
convinto ch'io lo faccia in compagnia.
E mentre continuo ad andar solo
schizzano le parole sullo schermo,
qualche ahahahahah alquanto demenziale
un eheheheheh tanto per differenziare
e questa solitudine ancestrale,
questo silenzio che fa stare male.
La voce del cuore
La voce del cuore
è un suon di campane lontane
che il vento disperde pei borghi
nasconde in qualche umida grotta.
La voce del cuore
ritorna a volte giuliva
ricorda promesse ormai vane
a volte è felice, a volte borbotta.
La voce del cuore
è come un lamento che esplode
di notte quando tutto è silente
ti sveglia dal sonno e poi sbotta.
La voce del cuore
è come un fuoco che cova
a volte è cenere calda
a volte è fuoco che scotta.
La bimba delle favole
Come una bimba dolce e trasognata
in quella foto sembra il volto tuo,
una bimba che legge un libro antico
con delle fiabe che il cuore fan sognare
con dei racconti che fanno rallegrare.
Ed io lo vedo quel volto tuo sereno,
con gli occhi spersi nel mondo delle fate
davanti a una lampara risplendente
che legge tante storie immaginarie,
e in quei racconti tutta ti confondi
la fantasia col vero a un tratto fondi.
E voli sul tuo mare col pensiero
ad occhi chiusi plani coi gabbiani
scivoli sopra l'onde e giù ti tuffi
sfiori quell'acqua azzurra e poi scompari
scendi sott'acqua e subito riappari.
E giochi, e sei felice di scherzare,
poi ti penti e torni sui tuoi passi
non vuoi con certi scherzi esagerare.
Quel profumo di pane
Quel profumo di pane
dalla terra si espande e si fa spiga
si fa chicchi e farina nel mulino
al vino sì accompagna
e al pecorino.
Quel profumo di pane
dal forno estratto e messo sotto un telo
si sparge intorno e va per la campagna
tra gli ulivi ristagna
e con un saporito olio dì oliva
poi si bagna.
Quel profumo di pane
viaggia nell'olfatto, sopravvive al tempo
resta sospeso tra le zolle e il cielo
ricorda che la terra e la campagna
tanta bontà da soli han generato
che sempre per la vita ci accompagna
l'impasto a lievitar sul tavolato.
Quel profumo di pane,
ricorda la fatica del raccolto
le spighe poi ammucchiati nei covoni
ricorda la battitura sulle aie
il sole dell'estate, l'acqua nelle brocche
il sudore che imperlava viso e fronte
il canto e il sillabar di filastrocche.
Quel profumo di pane
ricorda le attese dei bambini
con le pannocchie a cucinar nel forno
con i panetti di grano e di granturco
da consumare ancora di caldo ardenti
ricorda lo scintillare vivido degli occhi
le croste rumorose sotto i denti.
Vecchi versi
Quello che provo in cuor
sol'io l'intendo
quando rileggo certi vecchi versi,
rime che ho scritto quando dentro il petto
splendeva il sole
e in mente c'era affetto.
Cerco di cancellare la passione
che un giorno intensa è stata
e che m'ha spinto ad una folle corsa
tutta in salita sotto un sole forte
che l'animo ha asciugato,
le strade ha reso ripide e contorte.
Quando rileggo è umano ch'io ricordi,
vedo un filmato
che scorre nella mente a fotogrammi,
mi rinnova gioie e sofferenze
ed il provato affetto,
che s'è dissolto tra misere insolenze.
Pennellate salentine
- La foto è di mio cugino Enrico Santoro
Pennella già la luce del mattino
tra gli ulivi di nebbia ricamati
e te rincorro amore salentino
che gli occhi non hai chiusi ed hai assonnati.
Inseguo sul tuo mare cristallino
i passi sulla sabbia che hai lasciati
mentre traccio dei versi col pennino
sui miei tardivi amori incasinati.
Cerco di trasformare in dolci versi
questa passione nuova che mi cinge
ma forse sono sol dei giorni persi
perché di roseo l'alba non dipinge
questi miei amor dubbiosi e controversi
che questo cuore in fondo al mar sospinge.
Il mare del Salento
Abbracciami mare salentino,
avvolgimi dentro le tue onde
al mio amore portami vicino
bagna i suoi piedi, digli che son io.
Digli che è una carezza solitaria
che le mando e fai che salga al cuore
io ho bisogno del suo dolce amore,
i suoi baci vorrei e una promessa.
Sfiorare appena la sua calda pelle
con una carezza dolce delle mani
che le dica del mio amor struggente
che le dica che sempre è nella mente.
Che le dica che mi fa soffrire
perché rimane sorda a tanto amore
a tanto affetto, a tanta devozione,
dille che soffro e muoio di passione.
A presto
“A presto” questa notte tu m'hai detto,
“a presto” t'ho risposto in un sospiro
poi fuori tuoni e fulmini ruggiro
chiusi il PC e me ne andai a letto.
Ma quattro versi scrissi su un biglietto,
le braccia di Morfeo poi mi ghermiro
sul cielo del Salento feci un giro
su te poi volteggiai come un falchetto.
Tu sorridevi, vedevo il tuo sorriso
splendente sotto i raggi della luna
mi sembrava che fossi in paradiso
toccato al fine dalla dea fortuna
un bacio impressi sul tuo dolce viso
a te mi avvinsi nella notte bruna.
Un amore ritrovato
Come una falena
intorno alla mia lampada hai volato
l'ali lievi han frullato
ancora sulla gabbia del mio cuore,
di nuovo ho avvertito un gran calore
ma al tuo silenzio sono rassegnato.
Lo so, non sai parlar d'amore,
adesso la lezione l'ho imparata,
resto me stesso, ipocrita non sono,
celar non so quello che in petto cova,
accettarmi dovrai tal come sono
un povero randagio abbandonato
che ha dentro al petto un dono
quello di dare affetto a chi non prova
questa passione che tutto mi accalora,
e inutilmente sto a scodinzolare
a chi lo sa soltanto rimbrottare.
Al cuor non si comanda, né si impone
di provare le identiche emozioni,
ci va sempre pazienza, ci vuol tempo
per far sbocciare amore e sentimento.
Di certo ti capisco e non importa
paziente a spetto che m'apra la tua porta.
Come un passerotto
- La foto è di Lorena Martino, gentilmente concessa.
Come un passerotto impaurito
dal nido sono caduto e un po' svolazzo
in mezzo all'erba, dentro il tuo giardino,
con l'ali mi sostengo e e sbando un poco.
Guardo su, verso il cielo,
vedo altri passeri volare,
della mia mamma sento il suo richiamo,
la vedo sopra i rami saltellare,
vorrei un volo rapido spiccare.
Sono agitato, con la testa persa,
penso al mio nido, sotto la grondaia,
all'amor mio che amor vorrebbe darmi
che su un muro mi spinge,
che cerca di aiutarmi.
Nelle sue mani sono stato un poco,
un calore immenso m'han trasmesso
da loro non vorrei più allontanarmi,
farmi scaldare, un poco coccolarmi.
Mani candide, gentili,
tutte le linee ho letto lentamente
cercavo di scavare nella mente
capire se vi fosse un po' d'amore.
Nulla vi ho letto,
nulla m'han promesso,
ho cercato nella linea della vita
tra le altre linee assenti e indefinite,
però mi son sentito un po' felice
stretto tra quelle candide sue dita
un poco del suo amore mi han trasmesso.
Come sei?
Ieri mi hai detto che forse io ti vedo
come il mio cuor vorrebbe che tu sia
ma nel mio cuor profondamente credo
che come un vento sia di prateria.
Davanti alla finestra spesso siedo
corro sull'ali della fantasia
forse hai ragione a dirmi che stravedo
forse per me è solo prosodia.
Ma questo affetto m'empie di passione
indietro mi riporta nei miei anni
viver mi fa già un'altra dimensione.
No, non mi sento affatto un dongiovanni
penso sia un vento nuovo di passione
so che amarmi potrai, che non m'inganni.
Bianco d'Africa
(A Saverio Strati)
Quel profumo d'erba secca,
quegli steli ondeggianti ai bordi dei sentieri,
quel profumo di zagare dal mare
che il vento trasporta a tratti
che si confonde con l'odore dell'Africa,
la terra delle nostre origini
che ci portiamo dentro
che abbiamo scritta nel nostro Dna
sacrifici e lotte giornaliere,
sabbia su sabbia
accumulata dal vento di scirocco,
l'aridità del paesaggio,
l'entusiasmo senza speranza
sempre spento nel cuore della gente,
ulivi scarni e moribondi,
quei fichi sempre dolci e saporiti,
cibo di porci e gazze,
di gente povera e pezzente,
quel sapore di mandorle selvagge,
quelle distese di fichi d'india colorati,
terreni assai induriti per arare
quei raccolti avari
qualche mucca scarna e malnutrita,
vagante per pascoli scadenti
tra greggi di capre e pecore belanti,
cani rumorosi e paurosi
pronti a schivar le pietre dei padroni,
quel “salutiamo compare” dei mafiosi
con il fucile su asini clementi
quei silenzi
quel non voltarsi neppure se si spara
per poter dire:”Non ho visto niente”,
quella protesta in punta d'una penna
velenosa
come il nero morso d'un serpente.
Abbraccialo per me
Abbraccialo per me questo tuo mare
in fondo non è tuo è anche mio
è di tutti coloro che son via,
nelle sue braccia vorrebbero restare.
Vorrebbero cullarsi in mezzo all'onde
invece sono spersi chissà dove
nelle città di due-tre continenti,
vorrebbero tornar tra le sue sponde.
La falesia calcare sotto i piedi,
la roccia dura che l'onda consuma,
sentire l'alghe ancora tra le dita,
evitare l'addio penoso dei congedi.
E invece a loro resta che sognare
i giorni andati e il caldo tra gli ulivi
con l'accorato frinir delle cicale
e le friselle d'orzo da gustare,
l'urlo sgraziato di gazze voraci
e l'abbaiar dei cani sulle aie,
il miagolio di gatti un po' irritante
e in cinguettio dei passeri loquaci.
E se ne stan smarriti in altri mondi
tra gente sconosciuta o di colore
tra pianure accaldate o irti colli
vivi alla vista ma già moribondi.
Ad un'amica speciale
Basta poco a volte a cambiar sponda
se l'acqua scalda e quella fredda scende
in alto quella calda vai a cercare
per legge naturale sai sprofonda.
Dalla corrente ti fai trasportare
lungo lo Stretto e col timone viri
la barca non si ferma e ti spaventi
e l'una o l'altra sponda vai a cercare.
Ed oggi m'hai parlato del mio mare
m'hai chiesto s'era tiepido ai mie tempi
quando d'ottobre mi tuffavo in acqua
e ci restavo il corpo a riscaldare.
E l'alghe scivolose sotto i piedi
sui sassi grossi spesso con i ricci
e le meduse in acque trasparenti
che senti sulla pelle e non le vedi.
E poi arriva il tempo delle alici
dei cefali pescati e presi agli ami
del pane puzzolente negli stracci
e delle aguglie per le friggitrici.
E sul quel molo tanti ragazzini
con canne improvvisate e con le lenze
con nonni o zii a volte premurosi
con secchi pieni d'acqua e pesciolini.
Infine la grande festa settembrina
con donne scalze in abiti di voto
per rinnovare l'antica devozione
ripetuta da anni ogni mattina.
A sera poi la grande passeggiata
avanti e indietro per la via marina
a gustare un gelato alla nocciola
brioche e panna ormai dimenticata.
La notizia
Vola la notizia
dal foglio si confonde nella mente
"è vera - sta pensando -
o forse mente?"
E le parole s'intrecciano,
creano analogie,
s'incrociano con fatti e avvenimenti,
suppongono, dissentono,
esclamazioni a volte esternano veloci,
termini indecenti,
ire represse,
sconforto, acquiescenza,
poi rassegnazione.
A volte anche un sorriso
il tuo volto ricama
una notizia lieta vola,
ancora c'è chi ama.
Sveglia
A volte ti innamori, e non sai come,
succede all'improvviso tutto a un tratto,
d'una persona a cui ti senti attratto
verso la quale giri il tuo timone.
Non capisci alla fine come hai fatto
poni domande sul perché e percome
rimani anche un poco stupefatto:
di quell'amor conosci solo il nome.
Ti suona in testa allor come una sveglia
poni domande a cui non sai che dire
ti sembra di bollire in una teglia
cerchi una scusa per poter sortire
da quel tuo strano e folle dormiveglia
perché ti sembra stupido mentire.
Ma poi ritorna il sole nuovamente
perché hai controllato la tua mente
ed hai capito che un affetto strano
generalmente mai porta lontano.
- Sonetto ritornellato
Fuori dai binari
Vorrei uscire fuori dai binari
e far le cose che io cullo in mente
con te giù rotolare per la scarpata
fermarci sul costone a luci spente,
sentire intorno a noi frinire i grilli,
che al cielo fanno e a noi una serenata,
guardare le stelle su nel firmamento
come lumini nella notte spersi
sentire i treni che passano vicini
guardar la gente dietro i finestrini.
Fare all'amore sopra la pietraia
sui sassi non sentir alcun dolore
provare un senso di dolcezza in petto
e dentro il corpo un poco di calore
guardar lontano il buio della campagna
ed il silenzio che ci sta dintorno
dopo che il treno andante s'allontana
nella notte sparir come un fantasma
mentre sibila ancor la littorina
e su di noi il bagnato della brina.
E abbandonarci ai nostri sogni folli
più non pensar le regole e i costumi
provar la gioia dei nostri corpi ansanti
tra pelle e pelle confondere i profumi.
Ritornare per pochi istanti ancora
ai giorni in cui fermate s'eran l'ore
e risentir nel buio della scarpata
dell'erba secca il lieve suo rumore
sotto le scarpe dell'età passata
che in questa breve notte è ritornata.
Questo cuore
Come un locomotore è questo cuore,
vecchio ma ancora ha forza di viaggiare,
dal fumaiolo in ciel sperde vapore,
strilla la sua sirena con fragore,
il suo motore gira ed è contento
corre testardo e sfida pioggia e vento.
L'hanno messo al deposito, in disparte,
perché fa troppo fumo,
a volte un po' tossisce e poi non parte,
il suo cattivo odor in ciel disperde,
cigola ed acqua in abbondanza perde.
Questo cuore è come un capannone fuori mano
lontano dalla strada, in un sentiero,
si fa fatica sempre ad arrivarci
sola piccola merce dentro puoi portarci.
Ma lui si sente sempre in condizione
mille oggetti ancor da trasportare,
in stazione ancor puntuale d'arrivare.
Questo cuore è solo, a volte si dispera,
vorrebbe trovare un'amicizia vera,
un'anima capace di ascoltarlo,
un altro cuor che al cuor sappia parlare,
che lo capisca e a sera ci discorra,
che insieme a lui viaggi e ancora corra.
Questo cuore a volte è rassegnato,
trova donnette solo interessate
a vendere l'amor per due denari,
a simulare affetti non sinceri,
prive di sentimento e di valori,
senza decoro, vuoti e traditori.
Questo cuore non lo vuol capire
s'illude sempre, non la vuol finire,
lungo i binari ancor cerca emozioni
trova spesso squallore, sordide pulsioni,
la caldaia dell'affetto non ha spento
la sua sirena fischia ed urla al vento,
ogni mattina accende il suo motore
e corre, corre in cerca dell'amore.
Dormi amore
Dormi amore,
no, non ti svegliare,
resta così,
col viso piegato sul guanciale,
estasiato rimango ad osservarti
con gli occhi chiusi,
con i capelli sparsi sopra il volto.
Il petto si solleva leggermente
in sincronia col l'aria tersa
che aspiri ed inspiri lentamente.
Ti sto a vegliare:
sento il tuo respiro
accompagnarsi a un gemito leggero,
a un'ansia che ti assale,
osservo l'ansare dei tuoi seni,
come un affanno per un reo pensiero,
per un qualcosa dentro che ti strugge.
E sembra che tu insegua il mio pensiero
e quest'amore che nel petto rugge.
In mezzo a un campo salentino
Nel campo con la brina sulle foglie
sento un ronzio di api e di mosconi
e mentre il sol le goccioline scioglie
un fumo opaco s'alza dai covoni.
Risplende il verde tra le centofoglie
un rosso intenso accende i peperoni
e le friselle fan salir le voglie
di pomidori e fette di poponi.
Rosseggia tra le zolle la campagna
tra verdi ulivi ed alberi di noci,
delle cicale va lenta una lagna
come un mormorio di stanche voci
e sui tronchi dei pini ognor ristagna
quel martellar di cicalecci atroci.
A Maria Liana
Per te oggi è un giorno assai speciale
ti son vicino e insieme a te io brindo
e spero insieme a te di festeggiare
visto che solo te sai corteggiare.
Mi sei vicina e nei momenti oscuri
sai offrirmi una parola di conforto
per cui in questo tuo felice giorno
ti dico sii felice a mezzogiorno.
E brinda anche per me e dici.”Evviva
alla faccia di chi è già morta e sembra viva”
Riflessioni
La foto è di Paolo Sapio
Quell'immagine
che lo specchio ogni dì riflette
è un'immagine un po' strana
copia identica d'un vecchio sognatore
dal viso implume e dai capelli neri.
Lo noto, mentre è perso tra i marmocchi,
che con lo sguardo scruta l'infinito
culla nel cuor gli identici pensieri.
Guardo le macchie sulla pelle,
le rughe intorno agli occhi,
ma io ci vedo sempre un ricciolino
che non vuole invecchiare,
che guarda nello specchio,
osserva e ignora il tempo,
non vede quell'immagine riflessa
perché ci vede sempre un ragazzino.
X Agosto sulle colline
Da un poggio che darà sulla pianura
vorrò guardare questa sera il cielo
seguir la traccia d'una stanca stella
e del Gran Carro il mulo o l'asinella.
Guarderò il cielo, penso sia stellato,
spero le nubi non lo copriranno,
aspetterò lassù che un astro arda
e qualche scia lucente non beffarda.
Felice esprimerò il mio desiderio
sperando che il destino m'assecondi
che quella scia si accenda celermente
e renda vero il mio pensare in mente.
Ma tanto so che Dio più non mi cura
delle mie voglie non gli frega nulla
di questo mondo ormai lui s'è scordato
da un pezzo in altre cose è affaccendato.
Forse è l'età, gli anni sono già tanti
ed anche al padre eterno danno noia,
più non gli importa di fare del bene
per questo lascia al mondo sol le pene.
L'ultima blocca in ciel stella cadente
e tutte l'altre lascia opache o spente.
Astro lucente
Quell'astro lucente
colora il mio mare
pennella le onde
le vedo albeggiare.
Eppure è al tramonto
ma so che la brina
il mare trasforma
domani mattina.
E sempre quel raggio
un po' più sbiadito
disegna quel mare
di roseo pulito.
La costa rischiara
la mezza collina
di verde s'accende
pulisce la brina.
Il silenzio si perde
tra gente e acque chiare
nel dolce Salento
mi tuffo a sognare.
Chi va con lo zoppo
Chi con lo zoppo va
impara a zoppicare
ma se sa anche amare
chi insieme a lui andrà
impara anche ad amare.
Perché i vizi brutti
son facili a imitare,
non serve dire: “no
stai certo, Salvatore,
giammai io t'amerò”.
Intanto per due ore
scagliando lampi e tuoni
sei stata qui a chattare
e, infine, m'hai sorriso,
ti sei lasciata amare.
M'hai detto non è amore
è solo simpatia,
chè un'amicizia pura
non teme di esaurirsi
salda nel tempo dura.
M'hai detto che se insisto
d'amore di parlarti
allora mi cancelli
mi oscuri sul portale
la pagina suggelli.
Allora t'ho sfidato
di andare ad oscurarmi
che non cambiava niente
perché chi porta affetto
sa amare ciecamente.
Ed anche se scacciato,
come un cane fedele,
la coda sempre muove
e se ne sta alla porta
anche se fuori piove.
Con una fotografia
Con una fotografia,
unisco la vita tua alla mia,
tu non lo pensavi affatto
ma dietro un cielo, nascosto in uno scatto,
in una semplice visione
si cela un mondo di condivisione.
Il tuo sguardo lontano
guida quassù la penna nella mano.
Tu guardi il cielo e il mare
un paesaggio, un'onda da eternare
io ci vergo sopra le parole
ridisegno su dei versi un po' di sole,
un volo di gabbiani
e sogno le tue nelle mie mani.
Sogno quel mare terso
e scrivo d'un amor un giorno perso,
di uno che penso ritrovato
che ancor l'amore suo non m'ha donato,
scrivo e a te resto vicino;
mentre immortali un molo, traguardi nel mirino,
io costruisco versi
con le parole ridisegno spiagge e cieli tersi
ridisegno anche il mio affetto
nel tuo, ch'è ora assente, spero e aspetto.
Resterai nel mio cuore
Resterai a vegliare in questo cuore
mentre provo di nuovo a riposare
forse è vero non sai ancora amare
ma con il tempo salirà l'ardore.
Forse, risveglierò qualche tremore,
saprò qualche emozione suscitare,
forse ti donerò anche un dolore
per un amore che non mi puoi dare.
Ma io ti chiedo sol di star vicino
di darmi un po' d'affetto e il tuo pensiero
che metta nel tuo cuor solo un cuscino
sol di sognare insieme a te io spero
per te sarà un amore clandestino
per me sarà un amor profondo e vero.
L'ora dei ladri
Quando il sole picchia sugli androni
e le strade sfuman di calore
il sonno scende e appisola la mente
e voi dormite saporitamente.
Questa è l'ora dei ladri.. e dei poeti...
Entro in azione silenziosamente
vo' nelle case e rubo un po' di cuore
a qualche donna che giace addormentata,
che il petto aperto s'è dimenticata,
per costruire versi e poesie!
Serrate bene allor porte e finestre
l'antifurto dovete regolare,
perché un poeta il cuor vi può rubare.
Fruscio di mare
Ho visto l'orma dei tuoi piedi
sulla spiaggia dall'acqua cancellare,
t'ho vista lentamente indietreggiare
mentre il fruscio dell'onda dentro il mare
il cuore mi ha riempito di tremore.
E per un attimo da te io son volato,
l'anima intorno a te ha volteggiato,
lo stesso sole m'ha scaldato il cuore,
ti guardavo quell'onda catturare
e dopo in quel filmato conservare.
E l'hai donata a me, senza volerlo,
il viso e il cuore di schiuma m'hai spruzzato,
ancora “amor ti amo” ho ripetuto,
ma tu neppure un po' ti sei voltata.
Tu non m'ascolti ed io presto mi stanco,
son troppo razionale (e resto male)
quando l'affetto mio tra la risacca
l'acqua lo porta via e il mare sciacqua.
Ma quel tuo mare, quelle orme tue stanche,
un affetto infinito han suscitato
una marea immensa di ricordi
nel tempo indietro m'hanno riportato.
Forse rivedo in te un amor finito,
un amore che forse ho trascurato,
su quella spiaggia che tu hai calpestato,
un affetto che ha i capelli bianchi
che hai cancellato coi tuoi occhi stanchi.
E m'hai portato ancor la primavera,
l'odor del vento, del mare del Salento,
m'hai riportato indietro di qualche anno
in te rivedo quell'amor che oggi
gli occhi tuoi tristi forse mi daranno.
Pace ragazzi
- La foto è tratta dal portale de “Il Fatto Quotidiano”
Sedetevi per terra e ragionate
gettati dadi e sei per sei cercate
io non capisco del perché la guerra
perché tanta violenza oggi v'afferra
o non è meglio in nome del divino
parlar di pace col sorriso e il vino?
perché viver tra odio e sofferenza
invece che tra gioia ed accoglienza?
in fondo questa terra è un po' di tutti
possiamo in pace cogliere i suoi frutti
con un po' di buon senso e di pazienza
si può sanar qualsiasi divergenza
ma non vedete il pianto dei bambini?
li state trasformando in assassini
e poi parlate in nome del signore
di tutti gli individui creatore
e cosa fate voi con i sacri testi?
a tutti regalate dì funesti
poi la bocca empite ancor di Dio
ma sol di bombe sento scoppiettio
dolci preghiere sento borbottare
ma sempre lutti state a seminare
la pace è un bene che va ricercato
in nome di quel Dio che vi ha creato.
L'amore non si inventa
Non ho coraggio è vero,
ma l'amor neppur si può inventare,
non puoi impastarlo con l'argilla
ne crearlo sul tornio con le mani,
l'amore si modella dentro il cuore
con lo strumento giusto:
il sentimento, spesso ingannatore.
Ma non va poi esposto a maturare
in un posto sbagliato e poco adatto.
Infatti, basta il caldo o un po' di vento
che di crepe tutto si riempie
e dopo deperisce:
è da buttare!
Ci vuole tanta cura,
tanto affetto,
la devozione ed un amore puro,
ci va la sintonia di mente e petto
mista ad un poco di malinconia,
ci va la nostalgia
quando lontano sei o parti via,
ci va il ricordo,
il giusto grado di passione,
ci va la compassione
quell'emozione che ti prende dentro
che ti preme sul cuor senza ragione,
ci va anche un poco di emozione.
E poi ci va l'amore quello vero
non quello legato al sesso che si usura
ci va la tenerezza, quella reale e pura,
quella che eterna dura.
Una giornata di sole
Che bella giornata di sole
ma il cuore rallenta deluso
a batter stamani non vuole.
In cielo vi è un volo confuso
di rondini tarde arrivate:
nel nido un uovo s'è schiuso.
Ma è un uovo tardivo
anch'esso d'amore ormai privo.
Ma insiste a battere l'ali
lui ama e vuole planare
in volo su boschi e casali
e cerca una donna d'amare
sincera con sani ideali
che sappia l'amore donare
Ma trova soltanto le spine
che coprono prati e colline.
La composizione si sviluppa in due strofe con versi novenari nello
stile dell'ottava toscana (la stessa impiegata nella Gerusalemme Liberata
del Tasso, solo che quest'ultima è tutta composta da versi endecasillabi)
con chiusa con un distico finale a rima baciata (la siciliana, invece, è
tutta in terzine con versi endecasillabi a rima alternata).
Un pallone sgonfio
Come un pallone sgonfio sto afflosciato,
in un angolo in mezzo a un verde spento
anche il sole questa sera se n'è andato
non spira manco un alito di vento.
Sembra che il sentimento sia sgonfiato
il cuore batte lento, molto lento,
lo sciopero anche lui ha dichiarato
le braccia incrocia vinto da sgomento.
Non vuole rassegnarsi a restar solo
a guardare le stelle sparse in cielo
ed anche la sua stella ha preso il volo
coprendo tanto affetto con il gelo
che è sceso ad imbiancare prati e suolo
distaccando la rosa dallo stelo.
Un volo di gabbiani
- La foto, gentilmente concessa, è di Lorena Martino di Monteroni (Lecce)
E' stato solo un volo,
un lieve batter d'ali,
è stato uno lieve scatto,
un rubare dal cielo un movimento.
Poi tutto è ritornato come prima,
col cielo azzurro sul mare cristallino,
ma senza battito d'ali di gabbiani,
senza più sogni fatui,
senza più volo lento,
senza più sentimento.
Dove sei?
Dove sei mia felicità inespressa?
Cosa i tuoi occhi adesso stan guardando?
A chi parli, con chi ti alteri e borbotti?
A chi sorridi?
Quale canzone ascolti?
Su cosa t'affaccendi e sei operosa?
Forse strizzi dei panni,
forse in giardino cogli qualche rosa,
forse tu guardi e pensi a chi ti pensa,
a chi per un tuo verbo si dispera,
a chi una carezza cerca e spera.
Forse rimpiangi il tempo che va via,
a quello andato che forse era sprecato,
pensi forse a una passata primavera,
a un affetto che sul ciel sostava,
come nuvola bianca,
che poi di colpo è diventata nera
e una burrasca in cuore ha provocato.
Pensi a un amor che oggi bussa al cuore
anche con qualche ruga ed invecchiato
che parole riversa su uno schermo
ad una foto che resta ad ascoltare
che mi ripete: “ No, non devi amare”.
Due uova
La foto, gentilmente concessa, è di Lorena Martino di
Monteroni (Lecce).
Due uova in un campo
su un nido di paglia,
un volo silente,
un caldo che squaglia.
Due vite pulsanti,
oh, grande natura,
il cuor mi riempi
d'affetto che dura.
E vedo due becchi
dal guscio spuntare
la vita continua
non vuole cessare.
Ladro di parole
Ti rubo i secondi
stuzzico domande per aver risposte,
come una lunga corda
legata ad un battacchio
tiro,
tiro ed aspetto di ascoltare un suono
un suono di campana,
una preghiera
la voce tua ch'è assente
che già mi manca a sera.
Notte silente
Notte che silenziosa stai alla porta
forse mi stai spiando mentre veglio
è vero ancor non dormo e sono sveglio
lo so che questa storia è un po' contorta.
Sembra che abbia la memoria corta
e che la realtà più non sorveglio
ma questa volta sono andato al meglio
questa mi sembra una persona accorta.
Non mi incoraggia ma dimostra affetto
sorda non sembra a tanta devozione
io non ho fretta ed il suo amore aspetto
che arriverà salendo l'emozione
che giace addormentata nel suo petto
ma che risveglierà la mia passione.
Acrostico
(Lorena)
L'astro lucente a sera
Ormai saluta il giorno
Ruota confuso intorno
Ebreo senza preghiera.
Nudo si fa spogliare
Affonda dentro il mare.
- Sestetto poetico (il sestetto esiste solo in musica, ed è l'insieme
di sei voci musicali, ma io l'ho creato sotto forma di versi per questo
acrostico
T'amo
T'amo dolce creatura
che stai turbando tutti i giorni miei
amo la tua tristezza,
il tuo velato senso di dolcezza,
amo il tuo sguardo perso
che dietro quegli occhiali fissa intenso,
sembra voglia parlarmi
dirmi quello che vorrei dirti e che non oso,
amo anche l'aria che ogni di respiri,
i rumori che ascolti,
il soffiare del vento del Salento,
il fruscio dell'onda sulla rena,
di quel mio mare intenso e cristallino,
amo la sabbia che ti si attacca sulla pelle,
che toglierti vorrei con una carezza,
amo quel sole che ti da dolcezza,
la luna che il volto ti rischiara,
le luci in ciel che risplendenti
sono le mie parole
disperse e sole su nel firmamento
confuse in cielo insieme a tante stelle,
tremule nella notte e brillarelle,
ed odio questo cuor, questo mio affetto intenso,
che dono a chi mai avrò ma almeno penso.
A L.M.
Quelle voci
Quella voce persa pe' i rioni
da venditori con la gola stanca,
quella voce oggidì mi manca
la cerco in cielo come gli aquiloni.
Quella voce, muta tra gli androni
che s'è smarrita in qualche strada bianca,
esce dagli altoparlanti dei furgoni
a tanti altri rumor oggi si affianca.
E mi spezzate il cuore voci antiche,
voci di bimbi urlanti e sorridenti
di zii, di padri, di persone amiche,
sparsi per strade di giornate ardenti,
confusi a file lente di formiche
tra venditori di cavoli e sementi
Vegliando su una sedia
Avrei parlato con te fino al mattino,
avevo sonno, adesso mi è passato
or veglio su una sedia rattristato
e a te vorrei poter restar vicino.
Ti guardo: nella foto hai un volto triste,
vorrei che fosse invece sorridente
io parlo troppo e non è prudente
ma nel mio cuore un po' d'affetto insiste.
Ti sento respirar, ti giri lenta
quasi annoiata del mio sguardo intenso
non so perché, non prendo sonno e penso
forse qualcosa in sogno ti tormenta.
Quel viso triste tra i capelli sciolti,
nel buio m'osservi, non ti vedo gli occhi,
muta rimani in mezzo ai tuoi balocchi
forse le mie parole manco ascolti.
Ed è passato il dì che si correva
coi piedi scalzi urlando tra la menta
ed anche se infuriava la tormenta
da sotto l'acqua non ci si muoveva.
Ti porterò le sue parole
Amo il mio salso mare del Salento,
l'onda che frizza e sfiora la falesia,
amo quel suo parlar tra la scogliera
quel suo frusciare sulla sabbia bianca
che sa di mormorio, di pia preghiera.
Amo quel suo chiarore risplendente
la trasparenza azzurra dei fondali,
amo chi l'ama e l'accarezza un poco,
chi con lui parla e amore gli trasmette
amo quell'argenteo abbagliante e intermittente,
quel luccichio che sotto il sol riflette
Ti ho chiesto di donargli una carezza
di parlargli di me e di ascoltarlo
che avrebbe inteso e forse anche gradito.
E poi ti ho ripetuto vado a letto,
e tu semplicemente m'hai risposto:
“ ti dirò quello che mi dirà, te lo prometto”.
A Lorena Martino di Monteroni (Lecce) che con la sua semplicità me l'ha
ispirata.
Pennellate di alba
La foto, gentilmente concessami, è di Riccardo
Maltese
di Trapani figlio di Anna Russo, a cui è dedicata la poesia!
Quel velato pennello ha un po' sfumato
lo scoglio che accarezza l'orizzonte
il mare appena ha disegnato,
col suo riflesso lieve s'è abbracciato.
La prima luce le rocce già accarezza
il sole già s'affaccia sopra il mare
cambia i colori dal roseo all'azzurrino
col cielo si confonde celestino.
Ed io son qui, che osservo emozionato,
tanta serenità mi da letizia
assorbo del mar l'intenso odore
mentre l'animo riempio di colore.
Un poeta matto
Oggi m'han detto che son tutto matto,
chi me l'ha sottoscritto è una persona
che sostiene di aver molti problemi
ma io sostengo, e certo non ho torto,
che forse tanti affanni se li crea
come chi pianta il loglio dentro l'orto.
Ho cercato di farle allor capire
che di sicuro i matti non van soli,
di solito nel loro passeggiare,
soprattutto se questo avviene in rete,
è facile altri matti di incrociare
ai quali non basta solo il prete.
Ma d'essere matto perché io amo ancora
a me sinceramente poco frega
perché il sesso privo dell'affetto
sinceramente non mi fa felice
ma chi oggi me l'ha ancor ridetto
forse fa di mestier la meretrice.
Tanto tirò la corda
Tanto tirò la corda che si ruppe:
che potesse gestirlo era convinta
ma quella storia presto s'interruppe
perché intuì che fosse alquanto finta.
Forse si era acceso per le puppe
che lei ostentava quand'era discinta
ma alla fine l'orgoglio che proruppe
fuori dal cuore suo l'aveva spinta.
S'era proprio invaghito, anche l'amava,
soffriva per il suo comportamento
perché solo amicizia le giurava.
Lui credeva ancora al sentimento
del sesso senza amor non gli importava
cercava un forte affetto nel Salento.
Ma lei era bugiarda e poco vera
nel petto gli portò nuova bufera
e si sentì un uomo calpestato
solo perché di nuovo aveva amato
stava donando ancora un grande affetto
a chi non meritava alcun rispetto.
Si concluse ancor prima d'esser nata
un'amicizia che tal non era stata.
- Sonetto ritornellato
Una foto
Una foto a volte colma il vuoto,
non favella, parole mai non dice,
muta rimane, resta indifferente,
il tempo neppure la scalfisce.
Se ne sta lì, nulla di sé mai cela,
a volte sembra interessata e guardi,
ti sposti e lei ti osserva sempre
con la coda dell'occhio ognor ti segue.
Ognuno ci vede e legge quel che vuole
simpatica per tanti e interessante,
per altri senti dir non vale niente,
ma tu la vedi bella e stuzzicante.
Una foto a volte gli occhi ti riempie
ci giri intorno come ad una amante,
le parli, le sussurri mille cose,
tanti sogni ci fai, anche seduci.
La tratti, insomma, come una persona
se ne sta zitta ma con lei discorri
a volte ti fa rabbia, altri la insulti,
t'aspetti che lei parli e invece tace.
Ma sempre ti comunica emozioni,
sembra felice se l'osservi tanto
gioisce per le tante tue attenzioni
se tu sei triste, ti rimane accanto.
Abbandonati
La foto è di Francesca Coletti Artista (amica su FB)
La mia sedia non è certo una poltrona,
non ha cuscini
non poggia sui tappeti.
Qualche giornale per farci da sedile,
fogli che certamente non buttiamo
che per altre incombenze adoperiamo.
Tu ci guardi,
ci pensi un po' infelici,
ma in fondo questa è la vita che noi abbiamo.
Ma come te, viviamo,
il nostro cuore batte e si commuove,
al freddo e al caldo ci adattiamo
senza condizionatore,
senza ventilatore.
Ci basta il vento,
un albero o un portone.
Siamo esattamente uguali a te:
la nostra vita non l'abbiam cercata,
come è successo a te
qualcuno così, come la vedi, ce l'ha data.
Ti commuovi, e qualche soldo ci regali,
ma forse, non ci pensi o non ci badi,
come te sereni riposiamo
e stanne certo che neanche ti invidiamo.
Perché
Mi pongo mille volte dei “perché”,
perché dono il mio amore a chi non c'è,
perché lo debba donare proprio a te
che non lo provi e che non sai cos'è?
Mille volte ripeto, ma perché
debba inseguire chi non è un granché
che preferisce ai versi solo il tè
e che all'amore mio, dice: ”Macché”!
E ci ripenso poi sempre perché
forse è migliore ancora il faidaté
ed alla fine esclami e dici :”Beh!”,
giacché chi fa da solo fa per tre.
Citazione del mattino (27.6.2014) - Carpe Diem!
Quando l'amore si sarà risvegliato nel tuo cuore può darsi che si sarà
riaddormentato nel mio
L'orgoglio
L'orgoglio è una cattiva compagnia
la mente prende e crea del malumore
è medicina pessima al sapore,
ti rode, ti tormenta e non va via.
Quando ti prende toglie l'allegria
rimugini e ti sale anche il rancore
ma a volte all'intelletto da chiarore
ti risparmia di far qualche pazzia.
É facile che il tuo comportamento
spiazzi colei che un po' ti fa penare
e che forse le susciti sgomento.
Ma tu potrai cosi verificare
se chi ti sta creando del tormento
lo fa sol con lo scopo di barare.
Fior di carciofo
La foto è gentilmente concessa da Lucio Meleleo di
Cutrofiano
Fior di carciofo,
da bimbo sei spinoso e dispettoso,
pungi chi è disattento e un po' bizzoso
regali una pietanza salutare,
frittate e piatti lessi da gustare.
Fior di carciofo,
da adulto non ti posso più mangiare
ispido sei e duro all'apparenza
ma ancor conservi qualche nutrimento
a chi ti cuoce piano a fuoco lento.
Fior di carciofo,
da vecchio ci regali un fior violetto,
che brilla al sole in mezzo alla campagna
l'ape si posa e ci ricava il miele
ma il cuore tuo adesso sa di fiele.
Fior di carciofo,
reclini il capo e forse vuoi morire
ma semi spargi in tutta la campagna
poi ti trasformi in una pianticella
e cresci tra erba verde e acetosella.
Sballate
Tutte sballate sono le vetture,
che cerco e ancor non ho cambiato,
a chi manca un fanal
a chi lo sterzo,
i freni sono sempre difettosi
e gli sportelli fanno un gran rumore.
Il cambio gratta, la frizione slitta,
poi del differenzial non ne parliamo,
l'assetto sbanda,
non tiene nelle curve,
si rischia di finire nel burrone.
Ma trovi poi sempre qualcuno
che positiva ti fa la revisione.
Ed anche se ha le ruote consumate,
e scivola a frenare sul bagnato
qualcuno chiude un occhio
ti dice assai convinto: “Hai fatto bene
che l'hai tenuta e non l'hai rottamato”.
Anche le donne che ci salgo a bordo
sembra che siano poco generose,
ma forse sono io che mal ci vedo
e che le scelgo stolte e difettose.
Cancellarti
Cerco di cancellarti dalla mente,
lo cerco sempre,
disperatamente.
Ma il tuo sorriso sempre mi riappare,
quello di un tempo
quello che resiste
nell'albo delle foto e dei ricordi.
E poi in questi giorni sei tornata
t'ho rivista ancora sorridente
nel viso d'una nuova sconosciuta
che ha riproposto le tue stesse cose
le immagine che tu m'hai regalato
le stesse che all'inizio mi hai inviato.
Immagini di donna d'altra età
ma riprodotte sempre fedelmente,
quelle che i sensi toccano
che stuzzicano la mente.
E dovrei tanto squallore odiare,
invece mi sublimo tristemente
sul tuo sentiero torno
su quel colle mi fermo scioccamente
a riguardare il tempo ch'è passato,
a ritrovar l'amor che t'ho voluto.
Allora penso al tanto sentimento
che quell'affetto ha sempre generato,
penso allo spirar lento del vento
che sul Vereto un dì m'ha accarezzato
e dico che non è solo squallore
l'affetto che s'abbraccia con l'amore.
Divergenze
Ci parlerei con te dell'ore intere
ma tu questo linguaggio non lo senti
e non ti frega proprio un accidenti
dei versi miei e delle mie preghiere.
Tu del Petrarca e del suo Canzoniere
poco t'importa, non ami i versi ardenti,
la poesia è per gli adolescenti,
tu cerchi legna buona pel braciere.
Ed hai ragione, in fondo non hai torto
ci vuol ben altro per chi sta a digiuno,
coi versi malinconici e trasporto
si rischia di non risvegliar nessuno,
con le parole non risorge il morto
restano spesso un suono inopportuno.
Tanta fede
(Per Manu Fabbri)
Tanta fede in fondo m'ha colpito
io non ci credo ma a volte ci ripenso
alle parole dette,
rileggo anche quelle scritte e lette,
ci rifletto,
anch'io con qualche nume mi conforto
quando un dubbio m'assale,
quando sto male e sale lo sconforto.
E tanta fede, si, certo mi colpisce,
tanta devozione intendo e apprezzo,
in fondo a credere qualcosa,
a sperare in qualcuno,
non costa nulla,
ti dà solo conforto
e non si paga prezzo.
L'addormentato
Quando si prende a volte una sbandata
e si scambia l'amore per il sesso
può capitare dopo, e quasi spesso,
che difficile diventa la frenata.
Questo perché la vista s'è annebbiata,
l'occhio diventa piatto e non convesso
probabilmente il cuor s'è disconnesso
dalla mente che forse s'è estraniata.
In tale triste e oscura condizione
è facile scambiar mele con pere
col rischio di cadere in depressione.
Se poi ad arte t'alzano barriere
possibile sarà la delusione,
e resti al buio senza candeliere.
Amore di pastorello
Accudiva le pecore nel prato,
dal bordo del sentiero le adocchiava
e intanto al telefono scherzava
rideva a tratti, a tratti s'oscurava.
E parlava di papaveri e di fiori,
di vento che spirava tra gli ulivi
di ginestra, di ciocche di viole,
di pecore gestanti negli ovili.
Era il suo mondo fatto di lavoro
ma anche all'amore suo pensava,
parole tenere a tratti sussurrava
mentre unite le pecore teneva.
E poi gridava, forte anche fischiava,
il cane a cerchio le pecore adunava,
una rondine veloce lo sfiorava
mentre un pettirosso lo osservava.
Ad amare non c'è mai distinzione,
l'amore non cataloga le classi
matura in cuore e lì anche fermenta
nasce su un'autostrada, anche tra i sassi.
Ma tenero è l'amor nato tra i fiori,
tra tanti verdeggianti biancospini,
tra le farfalle sui prati volteggianti,
dolce è l'amor che sboccia tra gli ovini.
A Mino Reitano
Stanotte t'ho sognato!
Stranamente ieri ho sfogliato alcune foto,
foto di dieci lustri andati,
in bianco e nero,
ma ancora lucide e ben conservate.
Visi di primavera,
con i pensieri liberi d'allora,
foto di ragazzini sorridenti,
coi tuoi fratelli sullo sfondo attenti.
Ed io mi chiedo dove stiamo andando,
dove corriamo ogni dì che passa,
quale destino noi stiamo abbracciando,
quanta felicità raccoglieremo,
quale memoria poi trasmetteremo.
Ora nel petto naviga dolcezza,
frammista ad un ricordo, ad un pensiero,
mista a rimpianto a tanta nostalgia,
mista ad un fiore là nel cimitero
dei tanti amici che ora son via.
Ma a rivederci per come eravamo,
per quello che lo specchio ci regala,
per come adesso riflessi ci vediamo,
non ci par vero che questo filmato,
che scorre in queste foto in bianco e nero,
da allora poi di tanto sia cambiato,
ci sembra che nessuno ci ha lasciato.
Conchiglie
- La foto è di Lorena Martino (gentilmente concessa).
Perle del mare,
storie ormai finite.
Memorie da leggere,
sviluppo di vite.
Pensieri ammucchiati,
nel cuore pigiati,
letture infinite.
Rimpianti
(Ad Anna Rita)
Quel dolce succoso che pende
come arnia sospesa nel cielo
gustare vorrei dolcemente,
intriso m’ha il cuore e la mente.
Tu guardi troppo lo specchio
rimpiangi il tempo che passa
non pensi che il vino invecchiato
ha un gusto di buono e fruttato.
Se c’è ancora qualcuno
che chiede un calice pieno
offrigli fresco un bicchiere
con lui accompagnati al bere.
Poi inneggia ancora alla vita,
il latte non spargerti addosso
ogni giorno lasciato ingoduto
poi rimpiangi d’averlo perduto.
Dobri Dobrev
Tacete, per favore e non parlate
novantotto son gli anni, sono tanti,
ma sotto quelle vesti rattoppate
Dobri fa concorrenza a frati e santi.
Le sue scarpe da se ha confezionate,
i vestiti non son certo eleganti,
non ha magliette da Coveri firmate
non va al caffè, nè cena ai ristoranti.
Dal suo villaggio a piedi va in città
si siede su un gradino e poi paziente
attende qualche rublo in carità.
A chi dona ringrazia gentilmente,
quel che raccoglie, generosamente
consegna agli istituti di pietà.
Per se trattiene quello che ha già,
una pensione misera e indecente
che a mangiare appena gli consente.
Ma lui pensa a chi nulla possiede
ed ogni giorno sta sul marciapiede
al freddo e al caldo, questo non importa,
ed al convento tutto quanto porta
quel che raccoglie e i fondi sono tanti
tutto regala agli orfani e ai lattanti.
Un grazie non s'aspetta e ne lo vuole
per chi soffre vorrebbe un po' di sole.
- Sonetto ritornellato
Anna, il mio primo amore
Anna era stata il mio primo amore
era di luglio, e il sole picchiava,
lucente era il mare, uno splendore,
leggera l'onda tra i sassi friava.
Pietrosa la spiaggia ma dolce il cuore
sul pianoforte i tasti schiacciava
il suono udivo con forte tremore
dal corso fischiavo e lei s'affacciava.
E con le dita intrecciava parole,
“t'amo”, diceva, facendo dei segni,
“dopo t'aspetto davanti alle scuole”.
Il tempo cancella affetti ed impegni,
evapora i sogni i raggi del sole
ma anche gli amori fugaci ed indegni.
L'edera
- La foto è di Lucio Meleleo
Ai muri abbracciata
l'edera resiste,
al sole si crogiola felice
sulle crepe s'attacca
dentro il cuore insiste!
Affezione
(A Liana)
Lo vedo, non pensar che sono di ghiaccio,
anche se poi nascondo i tuoi messaggi,
se ti ignoro e fingo noncuranza,
mi accorgo, stanne certa, chi mi pensa
del sole ancora vedo e sento il raggio.
Troppa grandine ha colpito il cuore,
il gelo intorno tutto ha devastato
finanche il rosaio è arido e seccato
resta impotente anche il giardiniere
serve concime dove c'è squallore.
Tu ce la metti tutta e non demordi
ma l'ombra scura aleggia e mi sommerge
ma è necessario il sole a piante e fiori,
serve il calore a rafforzar lo stelo
la mente e il cuore sono sempre sordi.
Noto la tua passione e la pazienza,
si, in terra ancor risplende amore,
dura per me è stata la lezione
ma sordo non rimango all'affezione
anche se poi dimostro indifferenza.
La danza dell'ulivo
La foto è di Lucio Meleleo e l'ulivo è piantato sulla
rotatoria Sannarica-Giuggianello (LE)
Amici miei ma dove siete andati
la mia compagna solo m'ha lasciato
per far la strada tutti vi han tagliati
ed io mi sento triste e abbandonato.
Ma danzo e in questo modo il tempo inganno
anche se il canto mio in pochi udranno
Ma son felice d'esser condiviso
almeno regalar potrò un sorriso.
(Strambotto composto in endecasillabi al modo toscano)
Tenerezze
Mamma carota aveva un chiodo in cuore
quella sua figlia era disperata
e l'avvertiva con un gran dolore
da lei sarebbe stata separata.
Registrava quel languido tremore
che pervade chi sa d'essere amata
e coglie dei congiunti ogni sentore
pur restando impotente e disperata.
Ma tanta tenerezza, no, non sfugge
a chi culla nell'animo pietà,
questa emozione ancor nel mondo rugge
vince ogni male e la malvagità
e sempre vi è qualcun che non distrugge
i palpiti di amore e di bontà.
Tanta abbondanza
Tanta abbondanza già l'avevo vista
ma dio del cielo d'anni ne avea tanti
e quei suoi sen li disegnò un artista
al confronto ci son sol dilettanti.
Dubbioso prima, dopo realista,
perché quel ben di dio ch'era davanti
mi risvegliò l'istinto maschilista
facendo intenerir demoni e santi.
Così decisi d'accettar la sfida
per carezzar quel seno sospirato
avrei sfidato chiunque alla corrida
e la sconfitta avrei anche accettato,
ma penso che la sorte in fondo arrida
anche ad un fantasioso innamorato.
La pedalata
Ti penso in bicicletta lenta andare
con tanti amici e sempre sorridente
ti penso lungo il mare pedalare
ma tu lo sai che più non provo niente.
Ma questo cuore ancor non vuol cessare
di chiudere per sempre ogni battente
per te continua ancora a palpitare
anche se un po' sei stata deludente.
Poi penso alle parole, al tuo sorriso,
penso al regalo che ieri mai fatto
non lo capisco se tu m'hai deriso
ma dentro il cuore ancor rimane intatto
tanto desio d'accarezzarti il viso
e insieme a te potere fare il matto.
Fruscio di foglie
(A Rosamaria)
Stasera ho chiacchierato con un'amica
e a te pensavo mentre ci parlavo
ti giuro mi è costata una fatica
infatti la tua voce ricordavo.
E' proprio vero che la fiamma antica
che un dì con poca legna alimentavo
mi punge dentro il cuor come un'ortica
ricorda ancor l'affetto che donavo.
Come un fruscio di foglie mi risveglia
quel sentimento che io t'ho donato
che spesso nel miei vaghi dormiveglia
pensavo che l'avessi ricambiato.
Ma fu lo stesso suon di quella sveglia
che coi piedi per terra mi ha portato.
Il gusto del sale vieto
Il sale che oggidì gustai il sapore
anche tu l'hai assaggiato gioia mia,
perché quando coagula il dolore
ritorni e allievi la mia nostalgia.
Ed anche oggi m'hai donato un fiore,
poi che qualcuno in me lasciò una scia
di un giorno triste ricco di torpore,
con me sei stata muta in compagnia.
Cosa mai ci divise? Il mare, i monti?
Perché l'affetto separò il destino?
Non so ai figli tuoi cosa racconti
di quell'amore semplice e bambino
che Dio poi confinò, senza far sconti,
in questo vecchio borgo montierino,
dove dolente a volte la tristezza
l'aria mi porta della giovinezza
che spesso illude l'animo gentile
che poi raggira qualche donna vile
priva di fantasia e di sentimento
nel cuore morta e l'animo già spento.
- Sonetto ritornellato
Ad Anna Rita
Tu dormi e non mi pensi
ma già mi scaldi i sensi,
io veglio e, invece, guardo
e un po' di affetto azzardo.
Le foto tue stampate
sul tavolo ho allargate,
le fisso e un po' ci parlo
mentre nel cuore un tarlo
qualcosa mi bisbiglia
che al cuore già s'appiglia!
Le osservo e sto vegliando
a te io sto pensando,
per me è una gran festa
cancelli quel che resta
di un sentir malato
che certo era mal nato.
Ti vedo tra gli ulivi
con gli occhi tuoi giulivi
e ascolto una risata
su Skype registrata
che scivola randagia
e il cuore mio contagia,
all'animo s'apprende
e un po' d'amor ti rende.
T'amo ape operosa
La foto è di Luigi Reho gentilmente concessa
T'amo, ape operosa
apprezzo il tuo alacre lavoro,
t'amo perché di polline ti incipri,
fecondi poi la profumata rosa,
il pesco che darà i suoi frutti d'oro.
In silenzio t'osservo
lenta ronzar da fiore in fiore
beccheggiando paziente
irridi quest'uman protervo
che rende spesso nullo il tuo lavoro.
E t'accompagna silente
nel volo tuo compito una farfalla,
un maggiolino, un nero insetto
sgraziato e diligente
che affonda nel pistillo d'una galla.
Paziente anche trasmuti
quel tuo lavoro in miele
che ammucchi dentro gli alveari
e sono doni dall'uomo ricevuti
che a volte ti regala solo fiele.
E infine vedo i campi
trasformarsi a sera nei colori
quel rosso dei papaveri infuocati
si spegne all'orizzonte e sembra stampi
in cielo e in terra gli ultimi fulgori.
Quei silenzi
- Particolare da una foto di Elia Funiati
Quei silenzi delle fattorie,
quando la luna illuminava i campi
quando il buio tra gli alberi allignava
mentre lontano un gracidar di rana
un concerto di grilli accompagnava.
Quei silenzi col sudore in fronte
seduto sui gradini delle masserie
con la zanzara che all'orecchio sibilava
mentre la brina già bagnava i campi
e lugubre la civetta pigolava.
Quei silenzi persi nella mente
rincorrendo un volo di falene
fantasticando amori e affetti veri
senza pensare al dopo ed ai dolori
con l'animo addolcito dai piaceri.
Quei silenzi oggi pesano nel cuore
con la cruda realtà han fatto i conti,
tutti li scorro come in un filmato
a volte m'addolcisco, a volte piango,
ma spesso maledico d'esser nato.
13 Aprile 2014
Mi ha svegliato quel sibilo già noto,
quel richiamo che sa di primavera
che dalla mia persiana a volte filtra
che dopo m'accompagna fino a sera.
Guardo nel cielo, voli non ne vedo,
sento soltanto i fischi sopra i tetti
ora i rondoni i nidi stan costruendo
per renderli più comodi e perfetti.
Prima un lavoro lungo ed estenuante
antecedente alla ricostruzione
segue la corte, poi l'accoppiamento,
dopo la cova e la riproduzione.
E mi vergogno per la mia pigrizia
pel poco amore che forse ho donato
per quello che ho perduto e non capito,
per quello che da sempre ho trascurato.
Questo sibilo che assorda l'udito
che la mente e il cuore mi colpisce,
questi voli tra i vicoli romiti,
questa vita mia oziosa impoverisce.
La paura
Ora è di moda:
tornata è la paura,
il disagio, l'incerto del domani,
ora sempre più bianche son le mani
che il lavoro è un miraggio e s'allontana
solo disperazione in cuor perdura.
E se l'uomo è incerto nell'andare
pensa al domani, al mutuo da pagare,
pensa ai suoi figli ed alla sua famiglia,
al pasto che deve assicurare,
vede la vita senza più speranza
in un paese senza più futuro
dove a crescere soltanto è la miseria,
la voglia di buttarsi dentro il mare,
ditemi che gli importa di votare?
Quando il popolo perde la fiducia,
quando solo per pochi cresce la ricchezza,
solo il senso di rivolta avanza,
l'ultima sfida per la sopravvivenza,
sempre più dura diventerà la via,
in gioco non vi sarà sol dignità e decoro
ma anche libertà e democrazia.
Chi favorisce la miseria in terra,
col dramma certo di una nuova guerra?
Chi ne uscirà sconfitto o vincitore,
se manca dignità al lavoratore?
Se lo sconforto subentra alla speranza
vinto sarà il paese,
sconfitti saremo ancora tutti quanti,
perché soltanto l'odio, od il rancore,
sarà di certo il solo vincitore.
Solo parole
Non dico parole,
non le voglio neppure ascoltare,
troppo si è scritto e detto,
troppo inflazionato è il pensiero.
A modo nostro tutti regaliamo l'amore,
tutti preghiamo,
tutti amiamo il nostro prossimo,
tutti ricerchiamo la pace nel mondo.
Ma il nostro amore nessuno lo vede,
le nostre preghiere sono inutili parole,
odiamo come non mai chi ci sta vicino,
nei fatti costruiamo i conflitti.
Irrazionalmente inseguiamo l'odio,
lo aduliamo e ci immergiamo in esso,
con esso conviviamo,
a volte ci inebriamo se produce effetto,
seminiamo il male come seme cattivo
poi ci lamentiamo che la gramigna alligna.
Le nostre parole sono pugnalate all'amore,
i nostri comportamenti schiaffi ai sentimenti,
la nostra vita edera selvaggia:
un albero senza vita
che il male ha ormai divorato!
Oggi, la notte
Oggi, la notte è scesa,
eppure il cuor non vuol sentire
oggi sono sceso all'inferno
tutto ho raccontato, tutto ho detto.
Ora finanche è scritto,
in un freddo verbale registrato.
Dovrei sentirmi libero, rinnovato,
invece questo cuor non vuol capire
oggi è vinto, umiliato.
La grandine un giorno seminata
ha generato infine la tempesta
oggi, è un giorno triste,
dovrebbe esser di festa.
Invece, le nubi si addensano sul cielo
erba infestante ho sparso sopra i prati
ed io ne soffro
perché il cuore non vuole stare zitto,
batte per conto suo
va storto, non va dritto.
Odio ho raccolto
l'ho ricambiato triste con rancore.
Ma questo cuor non vuol capire
e dentro batte ancora il vecchio amore.
In ricordo di Silvia Boscolo
Silvia era una ragazza che viveva con la nonna nel mio borgo, a
Boccheggiano, a fianco casa mia. Posso dire che l'ho vista crescere perché
da sua nonna era arrivata da Chioggia quando ancora aveva 16 anni.
Anche lei scriveva poesie ed ero io che le ricopiavo dal suo quaderno e le
inviavo a poetare, perché lei non aveva il computer ed ha pubblicato solo
sul nostro portale.
La poesia che ripubblico l’avevo scritta in Valle d’Aosta nel 2003 in un
momento in cui mi erano venute in mente le sue parole ed il suo ricordo.
Il mese dopo avrebbe compiuto 18 anni. Oggi c'è stato il suo funerale ed è
stata una sofferenza immensa per me parteciparci perché neppure per me è
un momento buono sotto il profilo della salute e della sofferenza
interiore. Morire a 28 ci fa pensare molto sulla fragilità dei nostri
figli e dei nostri nipoti. Siamo impotenti e non riusciamo più a
trasmettere valori ed il mondo si avvita su se stesso. C’è un lassismo
imperante e manca quell’autorità necessaria per dare anche sicurezza alle
generazioni che crescono che, a me sembra, viaggino allo sbando e senza
più punti di riferimento. Ho visto (e ricordo) le brutture dell’ultima
guerra, la miseria che ci circondava, ma avevamo tanta voglia di vivere e
tanta speranza di costruire un mondo migliore. E la mia generazione l’ha
costruito. Ma a volte il troppo benessere non sempre è benefico per far
crescere forti le persone. Ma ci vuole per forza la guerra e la sofferenza
per diventare responsabili e forti?
A Silvia
Se io avessi
la tua stessa età,
potrei darti tutto l'amore
che nessuno fino ad oggi
ha saputo donarti.
Ti regalerei
tutto il colore dei fiori del mondo
e tutti gli odori più inebrianti
che la natura
racchiude nel suo grembo.
Non raccoglierei
neppure una margherita,
non reciderei
neppure un fiore di cicoria,
pur bellissimo
nel suo colore celestiale,
per non offendere la tua
sensibilità
ed il tuo amore immenso
per le cose del creato.
E ti amerei, così,
come tu sei,
abbracciandoti teneramente
e cullandoti tra le mie braccia
come fossi mia figlia
per farti addormentare
senza più paure
e farti dimenticare
tutte le tue sofferenze.
Borgo maremmano
In questo borgo antico e fuor di mano
non suona più neppure la campana
c'è solo quiete su quest'altipiano
e il trillo dei rondoni oltre l'altana.
Solo il mio cuore affoga dentro il guano
mentre dei pioppi in ciel danza la lana
ma nessun grillo trilla a Boccheggiano
tra le formiche in lenta carovana.
Muti sono l'affetto e la passione,
svanito il riso, resta l'odio sordo,
solo squallore, morta è l'emozione.
Monotono e privo d'ogni accordo
ronza come il mal dire un calabrone
che poi cattura un nero corvo ingordo.
Il sol colora la ginestra gialla
ed i cavalli ancor fuori di stalla.
rinforza il verde degli ulivi in fiore,
dà al biancospino un tocco di candore.
Poi al fischiar dei merli s'accompagna
il verde di una splendida campagna
che allaga la pianura maremmana
un tempo tanto insalubre e malsana.
- sonetto ritornellato
Anniversario 2014
(A mia madre)
O madre mia che sol conservi traccia
nella mia mente e brilli nei ricordi
in questo dì che limpido s'affaccia
non sento l'armonia dei dolci accordi.
Sulla tua tomba vedo solo erbaccia,
ascolto dei richiami monocordi
d'un nero corvo che mi urla in faccia
e lancia al vento i suoi lamenti sordi.
Vorrei poterti accendere un lumino,
donarti una piantina di giacinto
parlarti e poter stare a te vicino.
Invece vedo qualche fiore stinto,
la tu foto d'un bianco cinerino
e il tuo sorriso freddo che si è estinto.
L'occhio della lince
Quando l'amore in odio si trasforma
sempre chi ama è quello che patisce
perché nel cuore suo rimane l'orma
d'un affetto che più non elargisce.
Anche se l'odio la ragion deforma
cova in petto l'amore e rifiorisce
nel ricordo s'inebria e si conforma
perché il vero affetto mai finisce.
Ma è il buon senso che alla fine vince
che sulla realtà ti apre gli occhi,
ti scrolla dai tuoi sogni e ti convince
che questo non è il mondo dei balocchi
che occorre il cuore e l'occhio della lince
per non fare la fine degli sciocchi.
Evasione fiscale
Ormai si sa ed è bello e assodato
che a pagare son sempre gli stessi,
quelli che hanno un conto con lo stato,
gli onesti che il dovuto hanno pagato.
Questo mondo è fatto per i furbi
che le trappole son buoni ad evitare
coloro che sanno evadere e sfuggire
nelle tagliole non vanno mai a finire.
Si comincia col semplice artigiano
che a trovarlo è un colpo di fortuna
lui i lavori in casa viene a fare
ma nella ricevuta non sperare.
Poi si passa al commerciante
o al barista, oppure al parrucchiere,
paghi ma è inutile aspettare
la ricevuta tarda ad arrivare.
Non parliamo degli affitti al mare
pubblicizzati in rete nei portali
paghi ma quanto a ricevuta
è come se davver l'avessi avuta.
Poi ci sono i furbi artificieri
che ci provano anche col catasto
dove c'era un muretto demolito
un finto trullo ci hanno costruito.
Ma questi lasciano le tracce
degli affitti finanche sui portali,
dei finti trulli ho anche foto e prove
del prima, dopo e del quando e dove.
E basterebbe avere un po' di pelo
ed al fisco mandare un bel pacchetto
potremmo l'evasore sistemare
e farlo smettere tutti di fregare.
Ogni inizio ha una fine
Si incomincia col nome di Gesù
poi si mette in mezzo anche Maria
alla fine ci scappa un Padre Nostro
da dolce si diventa infine un mostro.
Colpevole non fu Monna Poesia
che fe' incontrare in rete tale amante,
prima adulò e finse anche d'amare
ma dopo lo convinse a fornicare.
All'inizio la cosa gli piacque
perché tornò indietro nei suoi anni
ma dopo aver bevuto un bicchierino
capì che molto amaro era quel vino.
Quando sentì il molle sotto il piede
capì di sprofondar nella palude
ma era tardi ormai per rinsavire
la scelta era tra vivere o morire.
Fece la scelta meno dolorosa
pensando di trovar la via d'uscita
invece troppo tardi avea capito
che fece male ad accettar l'invito.
E s'avvitò tra mille incoerenze
il senno perse ed anche il sentimento
alla fine capì che in quella razza
avea incontrato forse la più pazza.
Ora guadato ha infine la palude
i piedi in terra solida ha posati
ma adesso oltre a raccogliere gli affanni
la conta sta facendo anche dei danni.
Saro (Rosario)
Dove sei, Saro, dimmi dove sei?
Dove sono i nostri anni, Saro, dove sono?
Dove sono i nostri passatempi?
Dove le nostre risate prorompenti?
Notti d'agosto povere di luna
nei vicoli privi di lampioni,
tra quelle case vecchie e decadenti,
seduti su gradini traballanti
a raccontare storie inesistenti,
a guardar le stelle sul cielo luccicanti.
“Guarda, guarda, che lunga scia”,
“è una stella morta da tanti anni”,
“e la vediamo adesso, questa notte”?
“Esprimi un desiderio,
fallo ora in gran fretta,
ché la traccia si spegne e non aspetta”.
Notti di cieli tersi,
stelle cadenti,
scie declinanti,
sogni nostri oramai morenti
che nel ciel dell'infanzia si son persi.
Saro, Saro, rispondi, dove sei?
Questa notte sto pensando ai nostri morti,
e tu sei qui con me coi pantaloni corti,
col tuo sorriso franco e giovanile
senza pensieri in testa
come agnelli fuggiti dall'ovile.
Stiamo ridendo, ma siamo anche un po' tristi
ancora insieme nel buio di Chiesa Pepe
con la campana che ora mesta tace
con le candele spente,
spente come i pensieri in testa,
che s'agitano senza trovar pace,
ma aspettano ancora il dì di festa.
Saro, sei qui con me in questa lunga notte
ti chiamo ma la voce mia non senti,
sei qui nella mia mente,
nei miei occhi lucenti,
parlo con te ma tu non dici niente.
A Umberto Saba
Che m'importa della vostra statua,
che m'importa del ricordo vostro,
fate pubblicità solo a voi stessi
politici senza alcun decoro,
privi di sentimento e di passione,
ruffiani irredentisti d'occasione
per fredda convenienza ed accortezza,
per esaltare sol la vostra casta.
Il nulla aleggia, in voi non c'è coscienza,
le vostre convinzioni son traguardo,
squallido mercanteggiare di interessi,
conti che servono a formar le maggioranze,
a garantire il grigior dei vostri affari
d'una casta al potere,
di un'altra che si oppone e che vi tende.
L'anima della gente è che vi manca
il credo genuino che sottende
l'aspirazione e la tendenza
la gioia all'unità e all'aggregazione
la simbiosi del sentimento antico
che tiene unita e stretta una nazione.
Ora il rito è compiuto,
solitario ero prima e solo ancor rimango
su questa strada sembra che io vada
e morto son da un pezzo,
com'ero morto tanto tempo prima.
Solo un turista un po' svogliato
m'abbraccia per un rito d'occasione,
dopo aver espresso ad un passante
il desiderio suo, da villeggiante,
d'essere insieme a me fotografato.
5 Maggio 1913 (Anniversario)
O padre mio che ormai
volteggi in cielo,
che fuori sei dal mondo mio assassino
più non schiacci le noci nel giardino
gli ulivi più non mondi e manco il melo.
Le piantine non copri con un telo
il tuo campo deserto ora è al mattino
nessuno chiama più Mario Marino
non togli dal terreno l'asfodelo.
E son passati cento ed uno anni
cigola sopra il pozzo ancora il secchio
a noi sono rimasti ora gli affanni
anch'io sto diventando adesso vecchio
più non m'importa ormai dei compleanni,
un bimbo non c'è più dentro lo specchio.
Gabbiani a Follonica
Su questa spiaggia bianca di Follonica
tra carpobrotus* e cespi di piantaggine
m'arriva il suono d'una fisarmonica
perso tra l'Alma** che sfiorò mai l'argine.
A ricordar la vocazion piritica
il Puntone*** riappar come in origine
mentre una vela scivola flemmatica
sul mare e poi scompar tra la caligine.
Il cielo sopra l'Elba è rosso porpora
ma tanti strilli la mia testa assordano
bianchi gabbiani insieme a qualche tortora
un po' di pane l'uno all'altro rubano,
mentre la nebbia all'orizzonte evapora
raggi morenti tra le nubi giocano.
- Sonetto composto in versi dodecasillabi con termini finali sdruccioli.
*-Carpobrotus detto anche fico degli Ottentotti (nella foto).
**-L'Alma è un fiumiciattolo che sfocia nel Mar Tirreno a sud di
Follonica.
***-Il Puntone è un molo che un tempo serviva a caricare sulle navi la
pirite estratta nelle miniere di Boccheggiano e dintorni.
Fuori di testa
Forse quel giorno ero disattento
quando postai il primo mio commento
a quella poesia su “Poetare”
che tanti guai doveva procurare.
Perché vergai poi quella mattina
quando appresi ch'era salentina?
Tre sentimenti avevo in cuore e in mente:
l'affetto per quel volto sorridente
l'amore per la terra dei miei padri,
la passione pei versi suoi leggiadri.
E poi quel viso sembrava serafino,
mi ubriacò senza mai bere vino,
mi trasportò indietro nei miei anni
non m'accorsi che nascondeva affanni
ci lessi è vero un sentimento strano
che nella mente ribollì malsano.
Tardi notai la maschera posticcia
che presto accese quella corta miccia,
che colorò di nero il suo sorriso
ch'era d'inferno e non di paradiso.
Ben presto quel celeste serafino
cambiò quel volto tenero e genuino,
spuntarono le corna sulla fronte
di un demone apparvero le impronte.
La perversione e tanta fantasia
s'alternarono con la bizzarria
e nella mente sua forse malata
emerse traccia di una debosciata.
Ed ora sintonizzo anch'io la testa
e aspetto che finisca il dì di festa,
insieme metto i cocci del bicchiere
mentre spengo la brace nel braciere.
Saggezza vera
Tra gli incontri prodotti dall'ebrezza
trovi a volte un'amica smaliziata
che pruriti non ha ma sol saggezza
e forse sarà Dio che l'ha mandata.
Questa ti arriva con delicatezza,
e avendo un'esistenza travagliata
ti suggerisce con naturalezza
in base all'esperienza maturata.
E come sorella cara e premurosa
ti dice di impiegar meglio le ore,
di estirpare il loglio e non la rosa,
perché chi vive solo di livore
sarà come cicala inoperosa
che sa solo cantare e presto muore.
Umanità senza anima
Spesso penso a che val socializzare,
le mie emozioni sono acqua di fonte
limpide e chiare quando sono a monte
torbide quando sfociano nel mare.
E non ti serve a nulla di sperare,
anche se il sole illumina la fonte
buio profondo resta all'orizzonte
e tanto fango intorno da spalare.
Alla fine la gente guardi in viso
e provi tanta pena e compassione
anche dal volto tuo perdi il sorriso.
Ti resta allor sol rabbia e frustrazione
quando sfilan col canto condiviso
col cero acceso mesti in processione.
Riccio
Me ne sto chiuso con me stesso,
mi scruto,
mi analizzo,
gli occhi socchiudo,
i miei pensieri inseguo,
ripenso a certe notti,
ai tutti i sogni miei interrotti.
Angoli di mare,
soli risplendenti,
marine biancheggianti,
sassi ghiacciati senza più calore,
poggi deserti pieni di squallore.
E poi il Vereto con le Centopietre,
una viuzza che costeggia il male
quella che avrei dovuto un dì evitare,
che nella notte andavo a ritrovare,
una casetta rosa,
un lume acceso,
che illuminava i miei pensieri assurdi,
che gioia donava ad un affetto sorto
dentro un cervello insano e un po' distorto.
Quel suo giardino con un prato finto,
un tappeto di verde un po' sgualcito
come il cervello suo fuso e usurato
come i suoi desideri e i suoi pruriti,
come gli affetti ormai tutti finiti.
Una donnetta priva di valori
che rincorreva follie e depravazioni,
che mi confuse e mi sviò di rotta,
dentro i suoi sogni un giorno anch'io annegai,
nelle sue bizzarrie poi l'emulai.
Ora son qui che medito nel buio,
le mie ferite lecco ma fan male,
lento come candela mi consumo,
ripasso a mente ancora la lezione
cerco d'equilibrar cuore e ragione.
Ma in mente appare sempre quel sentiero
a cui ancor oggi penso e mi dispero.
27 Aprile 2014
Tu lettore distratto non lo capirai
ma questi versi lei certo capisce,
e sono tanti ormai gli anni passati
ma il ricordo dal cuore non svanisce.
Perché gli affetti antichi son più cari
anche se la burrasca a volte infuria
ma dentro il cuor l'amor che sempre cova
non coprirà giammai l'ira e l'ingiuria.
Un augurio, per questo, ti rinnovo
tu capirai ed io ne son felice
sui falsi affetti l'amore sempre vince
anche se il cuore tace e non lo dice.
A volte
A volte ti ricordo sorridente,
quando aspettavi tardi per chattare
poi mi dicevi:”Vedi ho storto un dente”
era un piacer con te dialogare.
Eri ancora una giovane avvenente
i seni ti piaceva poi mostrare
nulla tu nascondevi, proprio niente,
ed anche adesso nulla sai celare.
Chi sta dall'altra parte dello schermo
s'inebria alle tue dolci esibizioni
neppure il freno riesce a tener fermo,
tu tutta tremi e sempre ti emozioni,
ti scaldi più del latte dentro un termo,
gioisci per le sue forti erezioni.
E suoni molto bene il pianoforte
perché ami la vita e non la morte
e dato che ti piace anche godere
accetti anche qualcosa nel paniere.
Ma li ci vuole proprio chi ha coraggio
perché non serve solo un uomo saggio
tu preferisci uno un po' fetente
che sappia manovrar falce e tridente,
non ti basta un poeta a sviolinarti
perché ricerchi chi sa violentarti
magari nella notte in un sentiero
e che lo stupro sia poi veritiero
dato che vuoi provare l'emozione
cercando il depravato e lo zozzone.
Dopo ti penti e vai Cristo a pregare
ma penso che ti manderà a cacare.
- Sonetto ritornellato
Come foglia alla corrente
Foglia di platano insecchita sono
galleggiando scivolo lentamente,
luccicando al sole,
tra il gorgogliare tremulo dell'acqua
verso l'ignoto vado tristemente.
Vorrei affogare,
in questa acqua diaccia sprofondare,
vorrei sparire,
questo mondo sgraziato licenziare.
Ti affianchi a me,
foglia di urtica sei,
igroscopica sei,
vedo il tuo annaspare
ti vedo già affogare.
Al mio gambo ti appendi
e mi trascini giù tra la corrente,
affioro, a me t'aggrappi ancor di più,
viver ancor tu vuoi
lo fai teneramente.
Ti afferro,
sul mio dorso ti carico e proteggo,
anche il tuo peso reggo,
un poco del mio affetto ti regalo.
Ma non basta il mio amore
non basta il mio altruismo regalare
insieme a te nei gorghi
inesorabilmente
mi hai fatto sprofondare.
Toccatina e..... fuga!
In Poesia e Racconti stamattina,
vedo che ancora non ci sei passata,
forse stanotte hai fatto la cretina
ti sei stancata e non ti sei svegliata.
Col meccanico hai fatto una sveltina
o con Saffo sei ancor lì abbracciata
o scrivi falsità a una poverina
che ha dato vero bene e s'è ammalata.
Vedi adesso da te quel che vuoi fare
tu pensi che non so con chi ragiono
lo sai che proprio me non puoi gabbare
scordata è la chitarra ed anche il suono
non è di certo dolce d'ascoltare
se non accordi sia la testa e il tono.
Cipressi a Bolgheri
Quei rosignoli di nuovo innamorati,
voli di lacrime furtive,
ho di nuovo ieri riabbracciati.
Nell'auto girava il solito CD,
la solita canzone di Adriano,
lei non sapeva
neppure immaginava chi inseguivo
mentre nell'obiettivo mi centrava
mentre il pensiero mio
ad altri lidi libero volava.
Cipressi giovani,
con le chiome al vento,
insieme a quelli vecchi un po' ammalati,
cipressi sbarazzini d'altri tempi,
cipressi d'altri vati,
cipressi come me abbandonati.
A te pensavo mio Poeta caro,
ed alla tua Maria, la contadina,
al tuo rimpianto d'averla abbandonata,
a mio ormai inutile tormento
per un amor che ancor nell'animo mi porto
nato sui lidi dell'età mia verde
quando la vita era ancor giuliva,
e la sua mano stretta alla mia allor si univa.
Anche l'ultima infingarda in mente avevo,
provavo a immaginar con quale stagionato
stesse chattando in video conferenza
con le sue squallide e volgari esibizioni
in sottoveste o facilmente senza,
per poi sentirsi dir da un lercio soddisfatto
“è stato bello quello che abbiam fatto”.
E provar schifo ancora di se stessa,
provar disgusto dell'ultimo arrivato
utilizzare un altro disgraziato
per sbarazzarsi del nuovo “innamorato”.
Sempre identica la storia,
identica la triste sceneggiata
mentre quei cipressetti un po' invecchiati
vanno per la Maremma disperati,
come l'amore mio che ancor s'aggrappa
a un altro affetto che stenta a decollare
perché morta è Maria,
Anna non so più dove sia,
l'ultima ormai s'è persa per la via
e un'altra donna non mi va d'amare.
L'elettronica ed il moscone
Ce n'eravamo andati tutti in gita,
sereni con il sole verso il Chianti,
felici cantavamo anche alla vita
gli amici ad aspettare erano tanti.
Ma questa gioia in breve s'è sbollita
che il cellular ci assorda tutti quanti
per colpa d'un intrepido moscone
che fe' scattar l'allarme del portone.
Quel maledetto insetto bighellone
ci doveva rovinare la giornata?
Poteva andare, invece sul balcone?
No, doveva finir la su volata
sbattendo sulla porta il capoccione
con la gente che dopo s'è allarmata.
Così di corsa a casa siam tornati
ma di ladri non ne abbiam trovati.
Ottava toscana
Akragas (Magna Grecia)
Mi accarezza il pensiero
il ricordo antico della storia.
Empedocle e Sofocle filosofi,
Pirandello letterato,
Livatino magistrato,
i templi antichi,
gli ulivi centenari,
la valle degli scempi.
Tracce sempre presenti,
ancora non usurate,
ricordano un'era di cultura
un tempo di grandezze
in una terra ingrata sempre viva
che regge all'usura dei secoli,
potente afflato di sapienza
che il tempo non scalfisce,
il passato non cancella.
Poesia
Cruciverba di parole
dove affetto è cinque verticale
e cuore è dodici orizzontale,
dove gli spazi neri alzano muri ai sentimenti,
dove quelli bianchi non puoi mai sbagliare
e astio confondere con amare.
Incesto
Assonanze parallele
i tuoi inviti morbosi,
il tuo spogliarti vogliosa allo specchio
i tuoi sospiri indecenti
le tue esibizioni immorali.
Mi ripetevi di tuo padre,
la tua gelosia incomprensibile
il tuo rancore sordo,
la sua rumena senza freni.
L'estate invitava a nudi panni,
ad ostentazioni su divani,
ignari di sguardi pietosi,
a stuzzicare le tue voglie represse,
che tu volevi,
che tu cercavi.
Il proibito era per te necessario,
la ricerca dell'estremo per godere,
era il tuo pane quotidiano
che costruivi ostentando i tuoi seni indecenti,
che ricercavi sui portali
dove la trasgressione era morale,
l'insano regola da rispettare,
il piacere bisogno da soddisfare.
Ero l'oggetto giusto dei tuoi sogni,
catalizzavo tutte le figure dell'infrazione,
la paterna e l'amante irrispettoso
senza freni e decoro,
del perverso da provare,
del peccato da assolvere.
Giocai nel tempo contro il tempo,
corsi a piedi nudi e mi persi,
mi sporcai e mi lavai,
mi saziasti e m'affamasti,
mi regalasti manciate di illusione
e fiumi di delusione.
L'amore s'è disperso:
resta ora solo la disperazione
l'immagine consunta della tua depravazione.
Il mio mare di Calabria
(Foto di Carmeo Galimi)
Il mio mare,
sempre uguale
con i colori cangianti
dall'azzurro al viola,
con le colline verdi che lo abbelliscono,
con i Peloritani che lo salutano,
che si specchiano e lo abbracciano
mentre il vento m'accarezza la fronte,
mi riporta giorni sereni,
mi ricorda passioni ed amori finiti.
Il mio mare resterà per me sempre uguale,
con la sua acqua gelata, secondo le giornate,
secondo la “rema” che vaga inaspettata
con Cariddi sempre pronto a ghermire
e Scilla indolente ad incantare, a circuire.
Anche il rumore dell'onda è sempre uguale,
scivola sulla sabbia sassosa,
modula sinfonie antiche che Ulisse conosce,
che le sirene confondono.
Ed io mi inebrio tra questi colori immutabili,
mi confondo con loro e scherzo con l'onda,
mentre il profumo della zagara vola nell'aria,
mi accarezza l'olfatto,
mi stordisce i sensi. |