Poesie di Lucius F. Schlinger


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Lucius F. Schlinger

Lucius F. Schlinger al secolo Luciano Fabi, classe 1941, dopo la laurea  ad Urbino sulle teorie musicali dei romantici tedeschi, collabora al periodico Svolta  e dirige la rivista  Ad libitum. Negli anni '70  scrive per  il quotidiano l'Unità, pubblica racconti presso  Regione Letteraria di Bologna e le Edizioni Posterula di Urbino, interviene su Interstampa e cura trasmissioni radiofoniche e televisive contro la superstizione. Spesso segnalato o vincitore nelle Competizioni della rivista Il Racconto (Crocetti), ha pubblicato racconti su Achab (Bariletti) e molte brevi note  su "Avvenimenti in gioco", con E. Peres e S. Serafini. Alcuni versi   sono usciti su DP Marche, presso l'ENTeL MCL, Il Grillo), Storie di fantascienza sono state pubblicate Su Futuro Europa della Perseo Libri. Dacia Maraini ha letto per la RAI TV versi dell'opus 18, Dai balconi di Liebermor che la rivista musicale Capriccio  di Strauss ha poi pubblicato prima dei Canti di Wahltann opus 34. Opere di narrativa, di teatro e raccolte di versi sono presenti in varî siti internet,  tra i quali,  oltre a Poetare curato da L. De Ninis, quello della “Pro Urbino” che ha  anche stampato due  Nuovi dialoghi e composizioni in versi, mentre l’integrale dell’opera  si trova in www.luciusfabi.it a cura di M.Gianotti.  L’ Unione Astròfili Italiani. ha pubblicato nel 2006  sulla rivista ufficiale  Astronomia il suo studio Elementi astronomici nella Commedia di Dante. Un libretto di giochi è uscito presso La Meridiana  ed uno di racconti brevissimi a cura dell’ISA- Scuola del Libro di Urbino. Collabora  per la divulgazione scientifica a Punto d'incontro.  Entro qualche millennio, come il personaggio de L’elisir d’amore, diverrà anche lui noto e all’Universo e … in altri siti.

<Web M.Gianotti>  p. el: schlinger@libero.it  Nuovo sito internet  di Demòpolis: www.luciusfabi.it


Leggi i racconti e i testi di Lucius


 

A Praga

    canzone libera1 opus  41

   Sulla città che  sola innanzi tutto

mi ha rapito e stregato,

per caso inesorabile del Fato,

ho   detto  tante e tante cose al vento

e il vento le ha raccolte  come frutto

di un visionario pensiero smarrito

sempre per nostalgia, ed ora  quasi

penso di  scrivere una poesia.

Ma no: la Morte  è mille volte meglio

e Morte ho preferito, estremo evento,

che  con semplici fasi calmo arrivi

e rapido mi privi

di ogni  dubbio, rimpianto e  sentimento.

Ma presso la Čertovka, o verso Tyn

sarebbe  dolce  Morte e sarei sveglio,

ascoltando Die schöne Müllerin

per rimanere in tema,2 ed anche presto

sarebbe sempre benvenuta a Praga,

anzi leggera e vaga,

senza trovarmi mesto e  insofferente

come oggi, lontano,

quanto ancora non so, da tutto questo 

e  ricordare  è vano

la città che fra tutte ha la mia mente.

 

   Ma proprio  in poesia  che, non costretto

da gravi e insuperabili motivi

io  componga tra i vivi

è  certamente una laica eresia.

Posso comporre in versi per l’ invito,

dalla Čertovka, di quel Diavoletto

di casa lì, ché non si arrabbi troppo

temendo che un dispetto

- che certo lui si legherebbe al dito -

io possa fargli e che per negligenza

sia  già  anch’io nel malloppo

di quelli che vanno a capo ogni tanto

facendo  righe un po’ lunghe  e un po’ corte,

tacite, goffe, smorte, ottuse e grette

pregando sempre invano il loro santo                                                              

che senza un ritmo dia la differenza

tra i versi ed i sermoni,

le rubriche, i programmi, le  ricette

o le accademiche disquisizioni. 

Poi, coi  tempi che corrono ...

E chi  mai non accusa i tempi avversi?

Ma così  oggi tanti

buttano giù le loro litanie

chiamando poesie,  miseri infanti,

cose che litanisti serî e arguti

gettano tra i rifiuti.

Meglio comunque i versi che ben scorrono

e se qualcuno dice:  È poesia,

Grazie, diremo. Amen. Così sia.

 

   Praga è  bella  nel Sole a Primavera,

con la pioggia e la nebbia, nella neve,

quando  viene la sera

e con un soffio ci sfiora  la fronte,

nelle notti d’Estate,

come sono le fate ogni momento

quando una brezza lieve

si solleva sul Ponte e dalle sponde

della Vltava  poi si sveglia il vento 

a muovere  le fronde,    

quando viene la notte,

quando chiudiamo gli occhi e la sentiamo

e in sogno la vediamo  ad occhi aperti

con tutti i suoi colori,

o in una stanza al buio a volte a frotte

giungono immagini che siamo certi

di ritrovare a pochi passi fuori,

 

   E qui l’Elba  ricava

l’ inizio del bel fiume che, dal cuore

di questa vecchia Europa, quindi passa

deciso a nord, e sfocia e si rilassa,

dove Johannes3der Romantisch  nacque.

Da cielo e mare  poi prende il colore

mentre  qui è Vltava, Moldau,  Moldava,

il suo ramo più lungo e ricco d’ acque.

 

   Non descrivere i tanti monumenti,

le torri ai limiti  del Ponte Carlo

con guglie articolate ben presenti,

sullo slancio  vitale delle cime

che con i tetti lunghi e acuti vale,

e proprio è norma darlo

a quanto di sublime sa far l’uomo,

sia  una casetta, una taverna o un duomo.

La Torre Polveriera

Prasna Brana e le altre vette acute

furono, come a Tyn, certo volute 

per coerenza precisa e severa.

Sul fiume  anche il più spoglio monumento,

forse la Torre della gran centrale

di Novotného Lávka ben palesi,

presso il famoso  museo nazionale 

ebbe nel corso del milleottocento

sull’alto vertice  guglie praghesi.

   Loreto, di altri tempi e d’altra scuola

con le due  San Nicola ben  risuona.

Anche il loro barocco a Praga vola.

Molto c’è che contrasta e nulla stona

per misteriose analogie  nascoste.

È così  con i  temi di  sonata,

spesso idee  contrapposte,   

unite  nel profondo in forma data4

in un concerto o in una sinfonia.

   ma Franz Kafka  ci mostra sempre  orribile

ciò che si pone contro ogni armonia,

e l’armonia come un sogno impossibile

dal quale l’uomo non vuol esser desto.

L’orologio con gli astri a Staré Mesto

fu costruito  in tempi in cui la via

della moderna visione  del cielo

restava sotto un velo per la scienza,

ma su rapide ali

correva il mito nella fantasia

Così i poemi antichi  e la Commedia

restano sempre attuali e non dispersi,

come in modi diversi

la fisica del millenovecento.

Per dare una diversa conoscenza

come un diverso evento,

l’arte in  scena s’insedia. 

Con  Leos, Bedrich, Antonin la gente 

di ogni  tempo, paese e condizione

resta sempre  presente,

nelle maniere più diverse e rare

e scrittori, architetti, musicisti

tra i più grandi nel tempo uditi e  visti

che nacquero  o che vollero restare

in questa  città unica fra tante,

dall’autore di  Swejk, il buon soldato ... 

Achtung! un solo dato

per ogni personaggio interessante

ci condurrebbe a scrivere un trattato5 ...

Non voglio questo ma ora vorrei

ritornare mentre  schermo  e tastiera

ritrovano  ogni sera

sue immagini  e parole mie per lei.

 

   Ancora,  lassù in vetta,

presso San Giorgio è sede dell’Impero

 il Castello di Hradchany e San Vito

vertiginoso Gotico romantico,

un fantastico cantico,

duomo in sei secoli quasi finito.

Sul lato a mezzogiorno,

andando senza fretta,  è proprio vero 

che si potrebbe  fare  un bel ritorno.

Si  potrà completare7. Non  è tale

da prender proprio come  oro colato

il  vecchio pregiudizio

mal nato in casa rinascimentale  

che fu esteso nei tempi e alle nazioni

superbo  e privo di significato,

che disse barbari gli artisti gotici 

 (rozzi, ignoranti, zotici?)

e  ancora qualche tizio

vede i suoi languidi come romantici.

Questi asfittici mantici,

in tanti casi orrendamente teneri,

con con trombe, con tamburi e con tromboni

al realismo ben  sano e robusto,

al classico equilibrio superiore,

sentenziando sui generi,

considerando scienza il loro gusto

portano grande amore.

Fuori di casa esportino quel credo!

in Europa e di là dai suoi confini.

Ridere  sento e vedo

già i critici, gli artisti ed i bambini.

 

   Equilibrio romantico  è tra opposti

dagli abissi alle stelle:

arte e scienza  diverse, ma sorelle,

miti6, azioni, pensieri contrapposti,

diavoli e dei  in fiabe  ed in leggende

che  il Popolo  riprende in ogni aspetto

e dissonanza  è un accordo perfetto.

 

   Prima dell’  uso di ferro e cemento

l’architettura gotica  è la sola

che in tanti secoli ci abbia donato,

col suo fine sapere,  

cosi audaci, leggére,

ma salde costruzioni su cui vola

sempre ammirando attento

col nostro sguardo  il pensiero incantato.

Più possente fu certo qualche un sito,

       ma nulla mai  così lieve ed ardito.

 

   A Praga l’quilibrio è tra gli opposti

dagli abissi alle stelle,

arte e scienza  diverse, ma sorelle

anche se ognuna avanza

per la sua propria via,

miti, azioni, pensieri contrapposti,

con il fascino della dissonanza

che fa completa e viva l’armonia.

   Molto c’è che contrasta e nulla stona:

diavoli e santi tra fiabe e leggende

che  sempre il Popolo varia  e  riprende

e al Popolo le dona.

   E’ così  con i  temi di  sonata,

 contrarie idee  che la forma incorona,    

chiara, determinata,

in un concerto o in una sinfonia.

 

   E l’elenco non serve, per fortuna:

Magica  è tutta  Praga.

come ogni fiaba, ogni leggenda o saga.

 Già lo si afferma in tanti libri dotti,

nei più celebri motti

come tra noi  genti non troppo colte.

Ed è vero che in prosa e in poesia

un miliardo di volte è stato detto.

Con questi   versi  ora un miliardo e  una!

E Praga mostra in armonioso assetto

il Classico con  il  Rinascimento,

barocca è in più di un grande monumento,

modernissima  in qualche galleria,

vicina al  genio  superfuturista.

Ma l’aria singolare

che ci prende e  conquista  

non deriva da alcun particolare.

 Per quest’aria vorrei

        ritornare mentre  schermo  e tastiera

 ritrovano  ogni sera

sue immagini  e parole mie per lei.

 

   Se si afferma e dichiara

anche  una realtà semplice e chiara

non misurata, dosata, garbata,

né, come si usa dire, moderata,

In medio stat mediocritas,  esempio,

che a molti sembra empio,

dovremmo forse cercar di sapere

se l’autentica veritas

sia stata detta da diversa gente?

Non questo ma ben altro abbiamo  in mente.

 

   E bella Praga al Sole in Primavera

       con la pioggia e la nebbia, nella neve,

       quando  viene la sera

e con un soffio ci sfiora  la fronte,

nelle notti d’Estate,

come sono le fate ogni momento,

quando una brezza lieve

si solleva sul Ponte e dalle sponde

della Vltava  poi si sveglia il vento 

 a muovere  le fronde,

se la tempesta in un altro momento

sferza gli argini e l’onda è sulle rive

o quando ad occhi chiusi la guardiamo

in gara con le stelle tra cui vive.

Ma qui Madonna Luna

si contenti di esser solo una,

non brilli in in modo tanto prepotente

da toglierci la vista anche  di quelle

luci lontane di mille colori, 

che negli inverni  lunghi  ritroviamo

con la città  che anche in questo presente

prende alla Terra e alla Terra  dà luce

e se una sera diversa conduce

ad una bella fresca e breve notte

d’Estate, allora  a frotte

ci manda  immagini che siamo certi

di ritrovare a pochi passi fuori.
 

   Magica  è tutta Praga,

come ogni fiaba, ogni leggenda o saga.

   Senza saperne dare descrizione

 termina qui la povera canzone.

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Note

1) Primavera -  Autunno 2009.  Libera solo  per la disposizione delle strofe e delle rime dato che qui  si sceglie spesso anche l’ulteriore legame della rima interna dopo il primo settenario degli endecasillabi e sempre la rima finale che può anche  legarsi ad una interna, mentre a volte  le rime analoghe possono essere più di due per evitare un’eccessiva distanza. Le riprese di versi con passi non identici sono necessarie per l’ unità della composizione come i temi  in musica. Spero anche di aver mostrato come il rigore, pur unito ad aspetti liberi, nella forma non significhi rigidità e linguaggio accademico.

2) Sulla Čertovka (Teufelsbach, ruscello del Diavolo) funzionava un mulino del quale il fiume fa ancora girare la ruota. Di qui l’allusione al celeberrimo ciclo di Lieder (La bella Molinara) di Franz Schubert.

3) L’Elba sfocia con un grande estuario che  inizia ad allargarsi un po’ a NW di Amburgo (Hamburg) patria di  Johannes Brahms.

4) Ci si riferiferisce alla forma-sonata classica e romantica che ha disposizione formale analoga nel concerto e nella sinfonia.

5) Sarebbe estremamente difficile citare anche solo i grandissimi che passarono per Praga o che nella città soggiornarono più o meno a lungo. Si dovrebbero ricordare, magari  un po’ alla rinfusa - oltre a quelli  che a Praga o non   molto lontano nacquero, come Franz Kafka, Anton(in)Dvorak, Bedrich Smetana, Leos Janacek, R.M.Rilke e tanti altri- Keplero, Ticho, Haydn Mozart, Beethoven, Weber, Goethe, Schiller, Brecht, Einstein, Kokoschka, Apollinaire, quasi certamente Franz Schubert e Forse J.S. Bach ... ma adesso non vorrei  maldestramente iniziare da perfetto ignorante quel trattato che ho detto di voler evitare nel testo.

6) Tutti i miti, le fiabe,  le leggende sono a mio avviso da ricercare e studiare con grande attenzione come  affascinanti aspetti della ricchezza culturale dei popoli, mentre tutte le superstizioni, comprese quelle che si  vorrebbe goffamente imparentare con la scienza, un tempo  per certi aspetti interessanti e molto diffuse  anche a Praga, meritano da secoli  solo disprezzo, poiché non hanno più alcuna giustificazione storica e vengono  utilizzate dai ciarlatani reclamizzati da tanta stampa ufficiale  come da tanti canali radio e tv per criminali e lucrosissimi affari.

7) San Vito, dopo un periodo di lavori importanti  che, continuando  quelli del Medio Evo,  si svolsero proprio in età romantica e tardoromantica, fu completato nel 1929, ma non del tutto, visto che la parte sud con la torre più elevata che doveva raggiungere  un’altezza superiore, presumibilmente nello stesso stile delle altre, si può considerare ancora incompiuta.   O forse la mia idea della perfezione gotica mi sta giocando un brutto scherzo. Alcuni pensano di lasciare incompiute le incompiute. Ma questo, dato che alcune di esse sono tali solo perché ad un certo punto sono finiti i soldi, mentre  c’erano tutte le indicazioni necessarie per terminarle, non è un atteggiamento interessante e a suo modo romantico, ma è secondo me  assurdo.  Anche il duomo di Köln (Colonia)  che fu completato nel secolo XIX è un’altra magnifica testimonianza del legame tra Gotico e Romanticismo. Un esempio perfetto ed estremo di architettura gotica (nata e compiuta veramente in periodo gotico) è la Sainte Chapelle nell’Île de la Cité della Senna, benché si tratti appunto di una cappella, una sola navata che  non può presentare  ovviamente alcuni caratteristici elementi di fondo delle grandi chiese ad essa contemporanee, quali i  sistemi di archi rampanti e tutte  le strutture,  essenze  della straordinaria bellezza di queste costruzioni che  proprio in Francia ebbero inizio con alcuni magnifici  monumenti.  Quanto al termine gotico in senso spregiativo esso risale ad alcuni storici tra i quali il Vasari e non fa  di sicuro parte dei loro meriti. La storia ne ha fatto giustizia, visto il sommo entusiasmo che tanti monumenti gotici  hanno suscitato dalla loro origine  e suscitano ancora oggi negli uomini di cultura privi di pregiudizî.

L’opus 41  continuerà con
Sonetti leggeri an die schönste Stadt der ganzen Welt. parlando di altre città con valore artistico e numero di monumenti senz’altro  non minore, per gli dei,  o anche per qualche aspetto superiore ma infine ...


Inno alla Gioia
Inno alla Gioia di Friedrich Schiller musicato da Ludwig van Beethoven nel IV tempo della IX sinfonia in re minore, con un collegamento in prosa (recitativo) evidentemente riferito ai tempi precedenti.


O Freunde, nicht diese Töne! sondern lasst uns
O amici, non questo suono, ma lasciate
angenehmere anstimmen, und freundenvollere.
che ne intoniamo uno più gradevole e più pieno di gioia.

Freude, Freude,
Gioia, Gioia,

Freude schöner Götterfunken,
Gioia, bella scintilla divina,
Tochter aus Elysium,
figlia dell'Elisio
wir betreten feuertrunken,
noi giungiamo ardenti di entusiasmo
Himmlische, dein Heiligtum!
Celeste al tuo santuario!
Deine Zauber binden wieder
I tuoi incanti legano ancora
was die Mode streng geteilt;
ciò che la Moda¹ rigidamente divide;
alle Menschen werden Brüder
tutti gli uomini divengono fratelli
wo dein sanfter Flügel weilt.
dove la tua lieve ala si posa.

Wem der grosse wurf gelungen
Con chi ha avuto la gran fortuna
eines Freundes Freund zu sein
di essere amico di un amico
Wer ein holdes Weib errungen
chi ha conquistato una gentile donna
mische seine Jubel ein!
unisca il suo giubilo!
Ja, wer auch nur eine Seele
Sì, chi anche una sola anima
sein nennt au dem Erdenrund!
dice sua su tutta la Terra!
Und wer's nie gekonnt der stehle
E chi ciò non ha mai conosciuto si allontani
weinend sich aus diesem Bund.
piangendo da questa Unione.

Freude trinken alle Wesen
Gioia bevono tutti gli esseri
an den Brüsten der Natur;
in seno alla Natura;
Alle Guten, alle Bösen
Tutti i buoni, tutti i malvagi
Folgen ihrer Rosenspur.
seguono la sua via di rose.
Küssen gab sie uns und Reben,
Essa ci ha dato baci e grappoli,
einen freund geprüft im Tod;
un amico provato fino alla morte;
Wollust ward dem Wurm gegeben,
piacere anche al verme è stato donato,
und der Cherub steht vor Gott.
E il Cherubino sta davanti a Dio.

Froh, wie seine Sonnen fliegen
Lieti, come i suoi Soli volano
durch des Himmels prächt'gen Plan,
attraverso la splendida volta del cielo,
laufet, Brüder eure Bahn
correte, fratelli la vostra strada
freudig, wie ein Held zum Siegen.
lietamente, come un eroe nella vittoria.

Seid umschlungen, Millionen!
Siate unite o moltitudini!
Diesen Kuss der ganzen Welt!
Questo bacio a tutto il mondo!

Brüder! Überm Sternenzelt
Fratelli! Sopra la volta celeste
Muss ein lieber Vater vohnen
Deve abitare un caro padre
Ihr stürtzt nieder, millionen?
Non vi inginocchiate, moltitudini?
Ahnest du den Schöpfer, Welt?
Intuisci tu il Creatore, o Mondo?
Such' ihn über'm Sternenzelt!
Cercalo sopra la volta celeste!
Über Sternen muss er wohnen.
Sopra le stelle egli deve abitare.
__________________________________________
¹ Ovvero l'insieme delle convenzioni, il tradizionalismo.


 

= Versi pubblicati nel 2006  a cura della Pro-Urbinodalla Casa editrice Montefeltro =

 

SUL FURTO DEL  1975 AD URBINO, opus 10

 

Febbraio 1980

  

Mi colpì la mente, Auretta[1],              Ma soltanto in versi e rime,

la tua idea molto brillante,.                  senza macchina da presa.

tanto che, seduta stante,                      Ciò sarebbe grave impresa.

la realizzo in tutta fretta.                       e il lavoro mi deprime

 

 

I  CANTO

 

  Sta sopra i colli tra Metauro e Foglia

Urbino, la città che dà materia

a questi versi che, di mala voglia,

ne narrano la gloria e la miseria.

La fece gente antica, sulla soglia

dell'Appennino, questa gente seria.

E sui colli ventosi a lungo stia,

se il malgoverno non la porta via.

 

  Per esser chiaro in modo universale,

quarantaquattro a nord son quasi esatti.

tredici ad est: il Palazzo Ducale

si trova qui, ma lo sanno anche i gatti.

Qui si è svolto un delitto senza eguale.

Di questo parlerò, veniamo ai fatti.

Dirò come si strazia e si delinque

verso il principio del settantacinque.

 

  Tra il cinque e il sei febbraio, nella notte,

un'ombra nera coprì la città,

si spalancarono le cupe grotte

e vomitarono, dall'aldilà,

fetidi miasmi, spettri neri a frotte:

fu un colpo al cuore della civiltà.

Il disegno di un perfido cervello

ci tolse ben due Piero e un Raffaello.

 

  Piangeva il mondo intero per l'affronto,

la radio, la tivù ed i giornali

facevano il commosso resoconto

delle gesta dei pazzi criminali

che presto avrebbero mandato il conto

al Ministro dei Beni Culturali

che appena seppe del fatto assassino

in elicottero piombò ad Urbino [2]

 

  Giunse qui con il volto paonazzo

e constatò, molto malvolentieri,

che qualche criminale o qualche pazzo

aveva fatto dei guai molto serî.

"Questa città in forma di Palazzo

fu offesa - disse -, a me, carabinieri !

Questo palazzo in forma di città

un impianto d'allarme non ce l'ha?"

 

  " Signor Ministro, le buone intenzioni

sono abbondanti nel nostro Paese

- rispose il dottor Faldi -, queste spese

sembrano enormi, in queste condizioni,

sembrano lussi, pazzesche pretese.

E soprattutto sembran molto futili

ai gran burocrati degli Enti Inutili.

 

  Pensi, Signor Ministro, a quel pezzente

che solo centoquarantun milioni [3]

prende in un anno intero e non fa niente,

a chi organizza grandi esportazioni

di lire nostre in ogni continente

per darci fama in tutte le nazioni !

Che paghino le tasse? idea infame.

Vogliamo farli morire di fame?

 

  Con qualche centinaio di miliardi

noi salveremmo tanti monumenti

che rischiano la morte (Dio ne guardi !)

che sono abbandonati e fatiscenti

dalle Alpi alla Sicilia, ed è già tardi !)

Governo ladro, i tuoi provvedimenti

hanno fatto più male ai cittadini

che tutti i barbari ed i Barberini!"

 

  La gente approva il suo parlar discreto

dicendo: "Chi ha il potere ci assassina:

bombarderebbe i musei a tappeto

come gli Americani l'Indocina.

Questi signori, con animo lieto,

porterebbero il caos e la rovina

come in Cambogia, in Laos, nel Vietnam,

questi che sanno solo far "gnam gnam!"

 

  Lo storico [4] ricorda: " Vi rammento

che il Ducato del grande Federico

dalla Romagna, verso il quattrocento,

giungeva fino a Gubbio, al tempo antico,

ed era il cuore del Rinascimento.

Su questo non c'è dubbio, ma vi dico:

Se continua così, ne sono certo,

troveremo al suo posto un gran deserto.

 

  "Per dare a Urbino - aggiunge - la Madonna

di Piero, la rubò con attenzione

il dottor Serra, ma la Gentildonna

ci giunse da Firenze, una frazione

d'Urbino, ai tempi della mia bisnonna.

la tavola della Flagellazione

era un tempo nel Duomo e siamo lieti

di dire che l'abbiam rubata ai preti".

 

  Altri ricordano quei grandi Genî

che qui vennero a dar prova di sé

quando brillava, in tempi più sereni,

l'astro di Federico che fu il Re

dei mecenati (ma non c'era l'ENI,

per fortuna) e si chiedono: "Perché

ciò che nei secoli si costruì

ce lo distrugge tutto la Dicì?"

 

  Ma c'è chi non trascura il suo dovere,

chi vuol far chiaro in questa confusione:

per ogni sasso c'è un carabiniere,

un poliziotto per ogni mattone,

e presto giungon divisioni intere

di Esercito, Marina ed Aviazione.

E in una pozza (sembrerà impossibile)

già incrocia, ben armato, un sommergibile.

 

  Il Magistrato conduce l'indagine

dall'Italia fin oltre il Canadà

da San Polo alla porta di Lavagine*

e annusa circospetto, qua e là

- potrei parlarne per quaranta pagine! -

per giungere a scoprir la verità,

mentre è riunito il Civico Consesso

ed al Regime fa un duro processo.

 

  Chi può, si dice intanto nella Piazza,

pensar di vendere un tal patrimonio,

di commerciare in quadri di tal razza,

merce che scotta perfino al Demonio?

Poteva prendere, la zucca pazza,

se avesse avuto un po' di comprendonio,

cose men note, con le mani leste,

schivando Piero e il Raffa come peste.

 

Concludo il primo canto (era il momento!)

con uno sguardo, tra Rimini e Fano,

in un borgo ove trovo tutto intento

al suo lavoro un valido artigiano:

lo vedo rinnovar l'arredamento

con tre tavole ben dipinte a mano.

Vorrà mostrarle a certi suoi amici.

Ma perché son così, senza cornici?

 

 

II  CANTO

 

Il secondo canto narra      

altri fatti in altro metro       

rigirando avanti e indietro  

nella sordida gazzarra.      

 

  Superate le scosse tremende,

si riflette sul gran fatto lercio,

mentre già tutto il mondo si attende

di scoprire chi i quadri rubò.

Queste tavole, messe in commercio

valgon meno di un soldo bucato.

Già si mormora in tutto il Ducato

che per questo sperare si può.

 

  Dice il primo che, se non è scemo,

vedrà il ladro che l'ha fatta grossa,

dice l'altro che presto riavremo

i tre quadri di grande valor.

  "Criminale, tu hai fatto una mossa

- dice il terzo - da gran deficiente

e di questa patata bollente

non potrai sopportare il calor !"

 

  Ma ben presto s'insinua il serpente

di un gran dubbio: l'idea di un ricatto

già raggela e sconvolge la mente

di chi un attimo prima sperò.

  Ecco dunque spiegato il misfatto!

Attendiamo con cuore ben saldo

che ci dica quel vile ribaldo

"Date i soldi ed i quadri vi dò".

 

  Notte e giorno si attende e s'indaga.

In Comune, in Caserma in Pretura,

c'è al telefono, pur senza paga,

chi sta pronto a sentir come va.

  E l'attesa diventa più dura,

poiché sempre c'è chi ne approfitta,

c'è il cretino che vende aria fritta,

ma non sa raccontar novità.

 

  Roma Vienna, Parigi, Berlino

son percorse da un brivido lungo:

tutte queste frazioni di Urbino

guardan fissa la lor Capital.

  Chi credeva che, come un bel fungo,

rispuntasse il tesoro improvviso

è deluso, è già muto ogni viso:

lo incatena un silenzio mortal.

 

  Solo quando il fatidico trillo

rompe il cupo silenzio di tomba

dal sedil salta su come un grillo

l'impiegato di turno al Comun.

  Ma purtroppo non è una gran bomba

la notizia: egli ha fatto già il callo

alle balle del verme sciacallo

a cui già più non crede nessun.

 

  Però al cruccio si aggiunge la rabbia:

" Non c'è razza più vile e più sozza,

che ti venga la tigna e la scabbia!"

gli risponde e già pensa tra sé

che, se un giorno lo prende, lo strozza,

e riattacca, con mossa assai secca,

la cornetta, poi tira una stecca,

soffia il naso e si beve un caffè.

 

  E su ciò le parole già spese

sono assai: Non diremo poi nulla

sui bambocci che l'arte "borghese"

vanno a stramaledir qua e là.

  Questi vecchi che stan nella culla,

che si tratti di Piero o di Dante

ne discorrono come l'infante

che col ciuccio sta in braccio al papà.

 

  Ma tornando con rapida rima

a quei giorni di ansie e tormenti,

ci accorgiamo che cambia già il clima,

Passa il tempo, c'è meno tension.

  Le questioni, che come serpenti

s'insinuavano in tutti i cervelli,

lascian posto a ben altri bordelli,

mentre a nulla si dà soluzion.

 

Certo nessuno dimentica il danno subìto e l’affronto

ma se ne frega soltanto il Governo, lo Stato ch'è tonto.

 Continua intanto il grande scempio,

non c'è museo, non c'è più tempio

che il ladro vil non tocchi

anche sotto i begli occhi

della nostra tivù

che già non parla più.

Anche la radio,

come un armadio

in un muro

molto duro,

sta zitta,

è fritta,

tace.

Pace

c'è,

eh?

Ssssst !

 

  Ma cos'è quel confuso fracasso,

quello strepito sempre crescente?

A migliaia qui vengono a spasso

a veder quel che qui non c'è più.

  La Città quasi scoppia di gente:

qui di Piero non c'è più un frammento,

ma c'è il chiodo (e il turista è contento)

che una tavola tenne già su.

 

  Che ci rùbino dunque in un mazzo

il Melozzo, Verrocchio ed Uccello,

che li portino via con un razzo

ben lontani dai nostri torrion.

  Che rapiscan Volponi, e con quello

il gran Bo, ché più gente alla tana

verrà qui, dove visse Laurana,

a sganciar da turista i milion!

 

" Via, coraggio, il Ministro Siviero

- dice il saggio - le trame più losche

ben conosce: è capace davvero

di scovare dal buco i birbon".

  Gli risponde il maligno: "Alle cosche

è lui stesso che chiede l'aiuto.

Dice ai ladri 'Rubate!' e il suo fiuto

nel cercare è soltanto un bidon."

 

  Ma a coloro che ancora, per caso,

ricercassero sciocchi espedienti

per poterci pigliar per il naso

noi diciamo: ne abbiamo fin qui.

  Prenderanno una botta sui denti,

salteran dalle loro poltrone

poiché tutta la popolazione

i lor sordidi trucchi scoprì.

 

 

III  CANTO

 

 

Cambio ritmo, e già su ciò               Se il tremendo parapiglia

che ai miei versi dà sostanza            ispirò teste più grosse

qualcun altro, con creanza,               a far versi con la tosse

in dialetto scribacchiò,                      questo non mi meraviglia[5]

             

                   

  Un anno di ansie e timori è trascorso,

quando ecco dai vicoli stretti, dal Corso,

da tutte le strade di questa città,

  un popolo accorre ed invade la Piazza.

La gente è già in preda alla gioia più pazza:

sconvolge le teste la gran novità.

 

  Allora m'intrufolo in un'osteria:

"Che cosa è successo, che c'è, gente mia?

E' forse caduto il governo?". "Ma va'!

  La testa - mi dicono - l'hai come un sasso!

Ma come potrebbe cadere più in basso

se andò sotto terra ventotto anni fa?

 

  Le tavole belle di Raffa e Pierino

son state trovate lassù nel Ticino,

in buona salute, son tutte e tre lì".

  Si sentono intanto rintocchi lontani:

il Sindaco suona, si spella le mani,

l'annuncio si  sparge da Roma a  Forlì.

 

  E quindi in due ore fa il giro del mondo.

Le indagini, rapide, arrivano al fondo:

il cerchio ad ogni ora più stretto sarà.

  Le forze dell'ordine stringono i denti,

son pronte a balzare su quei delinquenti

se non s'intromette nessun baccalà.

 

 

  Speranza delusa: L'annuncio del fatto

fu dato in anticipo, e già come un gatto

sul topo incombeva il valente ufficial!

  Ma questo non guasta la festa a noi tutti,

avremo la testa di quei farabutti:

li attende la porta del bagno penal!

 

  E giungono infine , lo vuole il destino,

(in quel pomeriggio fa un freddo assassino!)

gli oggetti per cui tutto il mondo tremò.

La gente è in delirio. Con sguardo beato

ognuno accarezza un furgone blindato

e dice: "Son tutti lì dentro, lo so".

 

  E chi non vorrebbe, anche solo un istante

veder finalmente col volto raggiante

il buon magistrato che tutto scoprì? 6

  E intanto si applaudono i carabinieri,

mai come in quel giorno quei mìliti fieri

son stati vicini alla gente di qui.

 

  E han detto che il loro dovere - per Bacco! -

è proprio cacciare i furfanti nel sacco,

che questo lo fanno con gusto e passion

  e che sono stanchi di chi vuol far uso

dei loro reparti per rompere il muso

a gente civile e cacciarla in prigion.

 

  Prosegue serrata l'indagine acuta:

si fruga, si ascolta, si tasta, si fiuta

in ogni credenza ed in ogni comò,

  finché si conclude la dura battaglia.

Scoperto il colpevole, un certo Pazzaglia,

al giudice questa canzone cantò:

 

 "Vidi un giorno il ritratto

della fatal Signora.

Di quel volto mi vinse la malìa.

Ero già quasi matto,

non vedevo più l'ora

di rapirla, per farla tutta mia.

Avevo carestia

di quel vile elemento

ch'è prezioso ma raro,

mi mancava il denaro.

Necessità ed amore in un momento,

fusi nella mia testa,

dissero al cuor: "Devi farle la festa!"

 

  Ritornai qui nel centro,

rigirai quelle mura

giorno e notte con l'anima stravolta,

vidi presto che dentro

i guardiani, con cura,

in due ore passavano una volta.

Ora, giudice, ascolta:

Sulla leggera scala,

col piccolo sgabello

mi arrampicai bel bello

e rapido passai di sala in sala,

arraffai la mia bella

e due cosette ch'eran presso quella.

 

  Per lasciarvi un ricordo

distaccai le cornici

con la finezza di chi sa il mestiere.

Già le dita mi mordo!

Quanti giorni felici

avrei goduto dando a un rigattiere

cose vecchiotte e vere,

meno esposte agli sguardi

delle tre tavolette

splendide e maledette?

Seppi solo per radio, un po' più tardi,

dentro la mia bottega

che non vende tal roba chi la frega".

 

Tronchiamo il lamento, ma il resto è ben noto:

c'è stato un successo, ma c'è sempre il vuoto

in testa a coloro che stanno lassù.

  Per l'arte e la scienza, per il "culturame"

non han tempo e soldi, son altre le trame

che vanno tessendo da trent'anni in giù.

 

  Trent'anni nei quali il governo di Roma

tentò di trattarci da bestie da soma,

a calci e promesse, carota e baston.

  E questa barcaccia, già piena di falle,

ci pesa, ci opprime, ci sta sulle spalle:

gettiamo nel mare chi regge il timon!


[1] Ispiratrice che proponeva un film

[2] Ovviamente il dialogo che segue non è certo da prendere  banalmente alla lettera come una  cronaca. Il Dottor Faldi era ottimo Sovrintendente ad Urbino nel 1975 (N.d.A. 1997).

[3]  Si parla ovviamente di milioni del 1975 (N.d. A.,1997)

[4] Senza riferimento preciso ad alcuno storico reale (N.d.A.,1997).

[5] Malignità evidente. C'era anche qualche verso ben fatto.

[6] Si tratta dell’illustre urbinate Dottor Gaetano Savoldelli Pedrocchi.

* Due punti all’interno delle  mura di Urbino



Versi in breve

Limericks¹

Una graziosa bimba di Bohemia
fino a sei anni era rimasta astemia,
ma quando giunse ai sette o poco più
bevve vino e Sliwowitza: glu-glu,
simpatica fanciulla di Bohemia.

Dissero ad un ragazzo di Palermo
che non riusciva mai a stare fermo:
"Ma non ti stanchi mai?
Calmati o morirai.
e non potrai girar più per Palermo".

Una gentile ragazza di Praga
di suonare il violino era assai vaga
e mai sbagliava una nota o un crescendo.
"Di musica un pochino io m'intendo"
diceva, ma in realtà era una maga.
(diceva la bellissima di Praga).

Un monellaccio che stava in Italia
scappava spesso di mano alla balia.
Se lei lo riacciuffava
lui le diceva: "Brutta anima prava,
baldracca, zòccola: fuori d'Italia!"

Un gentiluomo che stava in Sicilia
stimava assai la Gens Cornelia-Aemilia.
Chiamò i figli Cornelio,
Lucia, Tiberio, Lelio,
Publio, Sempronio, Cornelia et similia.

Quando Annibale venne da Cartagine
dopo tanti trionfi una voragine
si aprì sul suo destino:
senza il suo fratellino
fu sconfitto, ma grande è la sua immagine.

Un curioso signore in Scandinavia
si distingueva per cotanta ignavia
che, se qualcuno gli pestava un callo,
non gli faceva mai notare il fallo,
restando mogio mogio in Scandinavia.

Francesca, gran signora, qui a Gradara,
era davvero una bellezza rara.
S'innamorò di Paolo Malatesta,
ma il marito crudel fece la festa
a lui ed alla bella di Gradara.

Un Uomo che abitava lo Zaìre
di brutti ceffi provocò le ire
anziché bla bla bla
voleva libertà,
ma i gaglioffi lo fecero morire.

C'era una volta un tale di Salò
che un giorno ad un gran pranzo se ne andò
pensando di essere a un ricevimento
per il Governo giusto in quel momento.
Ma venne cucinato in fricandò.
(Ma venne cotto il Signor di Salò).

C'è un Serpente nei pressi di Milano
Truffa è a lui Bibbia, Vangelo e Corano
"Hai già i tuoi soci al fresco".
"Se ci vo anch'io, poi esco".
Ci andrà, ma di scappar tenterà invano.

Un tànghero, dei pressi di Legnano
vuol dividere il Popolo italiano,
si affanna a dimostrare
che questo è il buon affare:
far come in Bosnia, tangheraccio insano.

Un tipaccio che stava a Busto Arsizio
era dedito al vizio
di non pagar le tasse,
benché di mezzi e denari abbondasse.
ma in galera gli misero giudizio.

C'era un tiranno che stava a L'Avana,
circondato da gente assai ruffiana.
Quando gli dissero "Qui arriva Castro"
lui mormorò: "Che impiastro!"
E scappò zitto come una puttana.
(quel retrogrado che stava a L'Avana).

Tanta gente curiosa andò ad  Atlanta.
La police era lì davvero tanta,
perquisiva i turisti
e non i terroristi,
quell'olimpica polizia di Atlanta.

Il 30 agosto 1996 inviavo a Gradara Ludens alcuni nuovi limericks, dicendo che dovrebbero essere proponibili nel primo verso anche località non facilmente rintracciabili in una carta geografica, quali Barbialla di burchielliana memoria.

Un pellegrino di Vattelappesca
crede agli oroscopi e par che non esca
di casa se di segni ed ascendenti
non "sa" i varî accidenti,
il sapientone che ha in testa aria fresca.
(il sapientone di Vattelappesca)

Un sedicente mago di Barbialla
sapeva l'arte di restare a galla.
Fu denunciato un dì dalle sue prede
Strillò forte: "Ma qui nessuno ha fede!"
e la sua barca mostrò una gran falla.

Un vecchio ufologo del Citrullese
disse: "Son più di millanta in un mese,
i messaggi degli UFO,
ma io non me ne stufo".
E li diffonde in tutto il Citrullese.

Civile e saggio abita in quel d' Urbino
un personaggio che ha questo pallino:
spegnere il Sole e mettere ben tosto
un lume regolabile al suo posto
per le esigenze di ogni cittadino.

Una soave fanciulla di Linz
era invaghita di Fritz, il bel Prinz.
Quando la vide Fritz
per lui fu come un Blitz
e chiese in sposa la bella di Linz.

Novanta gradi sud di latitudine:
ci andrà un balordo che, per consuetudine,
sprezza i meridionali
con insulti bestiali.
Ma sarà surgelato in solitudine.

Un sapientone di San Geremia
ha scoperto la pranoterapia.
Si fa imporre le mani
da vecchi ciarlatani.
Ma creperà se non va in farmacia.

Un grosso intenditùr andò all'Arena
per sentir nel Nabucco sulla scena
il coro dei Lombardi.
Gli dissero: "Più tardi,
ma per stasera gli Ebrei sono in vena".

Inviai inoltre alcuni Limericks di cui ancora uno ispirato a Gradara.
e nuovi testi per il Giro d'Europa in limerick.

Francesca di Ravenna Da Polenta,
senza amore (la storia qui non menta!)
fu sposata a Gianciotto in quel d'Arimino
e quel mostro le disse: "Ora ti elimino
col tuo caro cognato. Sei contenta?"

Quando i Vichinghi giunsero in Islanda
dissero loro: "Chi è che vi manda
qui tra ghiacci e vulcani?
Chi tocca con le mani
o siede gela o brucia ogni mutanda".

Un magro vecchiettino dell'Irlanda
per sbaglio un dì mise in bocca una ghianda.
"La vista ho un poco guercia:
Noci o frutti di quercia?
Farò una cura oculistica blanda".

Un tale spiritoso di Lisbona
prende ogni giorno in giro ogni persona.
Chiedi: "Perché lo fa?"
E lui: "Perché mi va".
E continua a scocciar tutta Lisbona.

Una bizzarra Lady in Gran Bretagna
pensava "La mia vita è una cuccagna:
ogni dì feste, e balli,
ma mi pestano i calli
e Sua Altezza mi pare un po' taccagna".

Quando i Francesi arrivarono in Corsica
dissero i Corsi: "Attenti, qui si morsica.
I piedi sulla pancia
codesta vostra Francia
non ci metta e rispetti ognor la Corsica!"

Dice un amico mio del Benelux
a chi gli parla di Führer e Dux;
"Suini quei due tali!
(e mi scusino i porci ed i maiali)",
quel democratico del Benelux.

Un bravo cittadino di Stoccolma
un giorno disse: "La misura è colma!"
Come si fa col Sole così basso?
Se non si alza, se ne vada a spasso
e non rompa le scatole a Stoccolma!"

C'era un gentile Hans in Danimarca
che anzichè sottomettersi alla Parca
scrisse fiabe e novelle,
belle, sì, con due elle!
e la sua fama i secoli ormai varca.

Un famoso cantante di Lubecca
su un si bemolle un dì prese una stecca
Dicono: "Non è un dramma"
Lui strilla: "Oddio, mamma!",
poi si consola con un lecca-lecca.

Un Parigino sbronzatosi a Vienna
si voleva affogare nella Senna.
Un Wiener disse: "Sine ullo dubio,
wenn so Du willst, aber quello è il Danubio".
E il Parigino disse "Danke" a Vienna.

I cittadini allegri a San Marino
non disdegnano birra, grappa e vino
ma bevono da saggi
all'ombra d'elci e faggi
senza romper le scatole al vicino.

Un cittadino eminente di Berna
si chiese un giorno: "Se la vita è eterna
con che cronometri nell'aldilà
noi la misureremo: chi lo sa?"
ed andò a chiedere lumi a Lucerna.

C'era una brava signora di Roma
per cui la vita era una grave soma.
Le dissero: "Prendila alla leggera!"
Rispose: "Lo farò da questa sera:
volerò come lucciola su Roma".

Una bella fanciulla in Jugoslavia
era gentile, buona e tanto savia.
"Se spezzate il Paese
ne farete le spese
- diceva - e il Popolo farà da cavia.

C'era un vecchio noioso in Albania
che dava brutte grane a chicchessia.
Dissero:" Chi ti appoggia?"
vattene, fila, sloggia!
Oppure muori in pace e così sia!"

C'era un bravo operaio che in Polonia
si fece prete con la cerimonia
Ora è un papa giocondo
Gian Paolo Secondo
che nuovi preti e cardinali cònia.

C'è un timido vecchietto a Bratislava
che proprio per principio mai si lava,
col Danubio a due passi
E dice:" Se affogassi?"
Lo biasima l'intera Bratislava.

Una bella fanciulla in Ungheria
era verso la madre tanto pia.
Piccoli e grandi guai
risolse col tocai.
E la mamma non la mandò mai via.

C'era una giovinetta in Bulgaria
che tra i suoi nomi aveva anche Maria
Un giovane l'amava.
Le sussurrò: "Sii brava
e sposami! Mi fai la cortesia?"

C'era un bel giovanotto in Romania
che disse alla sua bella: "Sei tu mia?"
Là nella vecchia Dacia
la coppia ora si bacia
e se non parte resta in Romania.

Un cittadino rosso a Leningrado
disse un giorno: "Di qui io me ne vado:
Ancora Pietroburgo!
Lo Zar era un demiurgo?"
e se ne andò davvero di buon grado.

Dissero a un vecchio nobile di Atene
che un dì voleva tagliarsi le vene:
" Perderai sangue blu".
"Già. Non le taglio più",
concluse il saggio nobile di Atene.

C'è una combriccola di saggi a Mosca
che detesta ogni cricca ed ogni cosca
e ha sempre nel cervello
con la falce e il martello,
bandiera rossa e stella, oggi, a Mosca.

Ed eccone altri di quello stesso periodo:

Il bellimbusto della Casa bianca
detta le regole, poi se ne stanca
e se qualcuno mostra le pretese
di indipendenza nel proprio paese
gli spara addosso dalla Casa bianca.

Qualcuno lì presso Salsomaggiore
non gradisce bellezze di colore
non tipiche dell'itala nazione.
invece i seni gonfi al silicone
lo sono? … Forse … lì a Salsomaggiore!

¹ Qui in alcuni casi ho adottato per il quinto verso un procedimento dello stesso Lear (il famoso autore di tanti componimenti del genere) che spesso ripete nel finale la parola con cui termina il primo verso. Ho messo comunque in corsivo e tra parentesi il verso che può talvolta essere sostituito (non aggiunto, per evitare di averne sei) al quinto. Uso la forma di Lear in modo non scolastico. In questa raccolta presento anche alcuni limericks già inviati a Gradara Ludens
Alcuni temi sono evidentemente demenziali, altri, forse, un po' meno. Quanto ai metri, sempre endecasillabi e settenarî, ma non sempre i due versi centrali a rima baciata sono ambedue settenarî. A volte nel quinto verso ho fatto una diversa rima con il primo, anziché ripeterne semplicemente l'ultima parola.

Epigrammi haiku agosto 1993
-In queste composizioni telegrafiche viene quasi sempre usata una rima interna.-

Uomo civile & c.
Con il cibo e le cure che ai tuoi cani
a caro prezzo tu paghi in contanti
tu salveresti tanti esseri umani.

Dopo la legge truffa
Qualcuno vuole i giudici elettivi
possibilmente privi
di nozioni di legge e poco vivi.

Medicina di base
Uno: la paghi, trattenute a vista
sul salario. Due: con la nuova tassa
quindi, tre: pronto cassa al farmacista

- 56.000
Più agile con tante meno classi
è ormai la nostra scuola ed ogni stanza
per cento allievi grassi basta e avanza.

Impromptu
Esci dalla tua casa in mattinata
torni alle dieci: la porta è sbarrata
per una nuova Tassa sull'Entrata.

Beati gli operai
Aerei, ville, titoli, contanti
e nei porti natanti e nei canali:
miseranda esistenza d'industriali!

Pax rei nostrae
Don Bush all'ONU padrino e padrone,
se una qualche Nazione non gli piace
per fare la sua pace usa il cannone.

All'Italia di memoria corta
Esiliavi i tuoi figli fino a ieri.
Oggi perseguiti i fratelli neri,
ritratti veri di ciò che tu eri.

Per tutta la Galassia?
Il preteso interesse nazionale
del "nuovo" Cowboy-Duce, forse vale
centomila anni-luce?

Il vero razzismo
Non è per il colore della pelle
che oggigiorno si espelle il derelitto
ma perché l'esser poveri è un delitto.

E, dulcis in fundo, per i giovani amanti della riflessione,

Dilemma
Ove il vile tamburo non rimbomba
dal Rock avremo finalmente tregua
o avverrà che ci insegua oltre la tomba?

Versi su temi dati  nella rubrica Avvenimenti (in gioco) di Ennio Peres & Susanna Serafini;
inediti o pubblicati da "Avvenimenti" a partire dal 1994, in pieno governo di centrodestra.
In certi casi sono presenti riferimenti ad illustrazioni che qui non si possono agevolmente descrivere, ma che comunque sono state considerate nelle composizioni.

Tema: quartine in rima contenenti le parole puntate, libertà, futuro.

Il Cavalier Balilla Celoduro
dice, pensando sempre al suo futuro:
"Dritto alla libertà puntate un poco,
mirate bene e quindi fate fuoco!"

Se, compagni, puntate troppo in basso,
a un futuro di stampo clintoniano,
avrà davvero il popolo italiano
libertà di piantarvi tutti in asso.

Libertà, per le reti e le testate,
subito, non nel futuro, a puntate!
La metà sia di Silvio Padreterno,
l'altra metà del Capo del Governo.

Tema: Immagine (della Terra) riprodotta e parole umanità, forza, ragione.
 Per Avvenimenti (in gioco) n. 23 - 15 giugno 1994

Quartine di endecasillabi

Se appartiene a chi ha più forza il mondo,
non permettiamo mai che una prigione
esso diventi per mandare a fondo
l'Umanità che usa la ragione.

La rima più banale della terra
l'Umanità troverà nel finale.
Forza senza ragione: questo è il male
che spinge i prepotenti a far la guerra.

Chi oggi a suo talento eccita e smorza
industrie, banche, stampa ed emittenti
ha umanità quanto certi serpenti
devoti alla ragione della forza.

L'Untuoso-Brillantina-Doppio petto
(umanità di una definizione!)
Viscido-Cròtalo ha proprio l'aspetto
di chi ha la forza ma non la ragione.

Contro quei soliti brutti animali
che più degli altri si dicono eguali
fraternità, uguaglianza, libertà
forza e ragione dell'Umanità.

Guerra e miseria, oggi come ieri,
vecchio Mondo, fanno di te un pallone?
L'Umanità ricerchi altri sentieri:
Ragione e forza alla Rivoluzione!

Pace, ma con ragione, o sarà vero
che, regnando la forza senza legge,
l'Umanità, trattata come un gregge,
troverà pace solo al cimitero.

Guerra, miseria, malattie, tasse
rubate ai poveri per darle ai ricchi:
sarà ragione la forza di classe
vietando che l'Umanità s'impicchi.

Guerra, miseria, tasse, malattie...
L'Umanità ricerca nuove vie.
Ed ha ragione: è ora di finirla
di obbedire per forza a certi pirla.

Tasse, miseria, malattie, guerra
invece di ragione e umanità.
Cerca la forza il Mondo - e qui non erra -
che dall'incubo lo libererà.

Guerra, tasse su malattie e miseria:
L'Umanità ne ha fin sopra i capelli.
Con ragione fa certi gesti, seria,
a chi cerca per forza il casus belli.

Quartine con endecasillabi e settenari

Da tanto tempo, sulla dura scorza
di questa Terra, questa Umanità
fu schiava della forza.
Ma la ragione la riscatterà.

Se non ragione ma forza selvaggia
rese già il mondo tragico e funesto,
dice l'Umanità civile e saggia:
"Finiàmola al più presto".

N. 38(1994): quartine con le parole accordo, fiducia, governo e riferimenti ad un quadro di Boullogne su una partita a dadi.

Per quale accordo mandate all'Inferno,
compagni, il Cavoliere e il suo governo?
Perchè, senza fiducia, disgustati,
scàppino in terra i diavoli e i dannati?

Somma fiducia noi possiamo avere
nel governo del Serpe Cavoliere,
andar d'accordo, star tutti ad un tavolo,
se siamo appunto dei testa di cavolo.

Fiducia e accordo col Serpe governo?
No: governo, fiducia e accordo interno
tra i cittadini inauguri e ricucia
l'accordo su un governo di fiducia!

Alle dieci il governo fa un discorso
che a mezzogiorno va già fuori corso.
Che fiducia vorrà chi tanto spesso
non trova accordo nemmeno in se stesso?

Sgorbiettin di governo trivialmente
insulta chi è di lui più intelligente.
Fiducia e accordo merita quest'uso:
da tali insulti nessuno sia escluso.

Giocano a dadi la fiducia e i voti
che il Popolo ripone su di loro
i mercenari al governo devoti,
per vendersi in accordo a peso d'oro.

Fiducia, Monsieur de Boullogne, coraggio!
si giocava una birra, un tempo, ai dadi.
Ora un accordo di governo (badi!)
tra il trenta aprile e l'inizio di maggio.

Occorre aver fiducia nella sorte
per affidarci ai dadi, cittadini.
Ma per fare un accordo col governo
occorrerebbe proprio esser cretini.

Chi può essere tanto ottuso e tardo
da dar fiducia a un governo in accordo
con i corrotti e i corruttori, sordo
ai diritti, pronto a giocar d'azzardo?

Fiducia al gioco dei dadi fatali
hanno certi "ministri" e "intellettuali"
del governo di certi "tecnicali"
con l'accordo dei radiclericali.

Fiducia a chi? al Cròtalo Pidue?
ai pupilli di Craxi il Galantuomo?
al governo del Serpe con il pomo?
Questo è un accordo da proporre a un bue!

Tutti i mezzi di comunicazione
con l'accordo di questa nostra gente
siano dati in fiducia alla nazione,
e via dai giochi il governo Serpente!

Tradita la fiducia, per denarî
offerti dai signori dignitarî,
boia in accordo col governo, lesti,
del Galileo si giocano le vesti.

Poiché a un governo tale
dar fiducia fu male,
ecco un accordo: Che cosa ci cale
se va in malora prima di Natale?

23 novembre 1994: Quartine con Italia, sciagura, natura

L'Italia affonda! non facciamo i grulli!
diamo l'allarme, alla sciagura estrema
si scampa oppure, per natura, rema
con l'onda, Lei, Fumagalli Carulli?

Sciagura per l'Italia è la natura?
non il Biscione craxipiduista
ultimo anello della lunga lista
di affaristi arricchiti dall'usura?

Siamo in Italia avvezzi da tanti anni,
alla natura di queste alluvioni
che l'allarme contro sciagura e danni
non si usa più, con Silvio Berlusconi.

Che sciagura se l'Italia
non fa secca questa balia
che (natura della biscia!)
le ripete sempre: "Striscia!"

Qualsivoglia sciagura più tremenda
la natura all'Italia poi riservi
non è nulla: l'accetti, se la prenda
se sfugge al Serpe ed ai suoi sciocchi servi.

E' legge di natura: stanno a galla
per sciagura i più squallidi escrementi.
E in Italia di cosa ti lamenti
se ci sta il porcellone Barbapalla?

Sciagura! Italia già semidistrutta
dalle alluvioni, ridotta un pantano.
Per riuscire a distruggerla tutta
a natura il Governo dà una mano.

Con il governo clericocraxiano,
sciagura dell'Italia, ladro, insano,
nulla si fece per natura e ambiente.
Adesso invece non si fa mai niente.

E' per natura che gli arruffapòpoli
scandalizzati assai da Tangentòpoli,
se in Italia si tocca Berlusconi
"Sciagura! - strillano - Persecuzioni!?"

Per il n. del 26 aprile 1995: quartine con verità, vita, gioco.

Leonardo, con gioco assai corretto,
all'anima il cervello dà per sede.
Ma verità di vita è per chi ha Fede
ch'ella sia in fondo all'intestino retto.

vita il Polo a un gioco da due soldi,
verità che il Popolo è già stanco!)
ma acquista un'elle presa ai manigoldi
per diventare il Pollo di Gianfranco.

I Batracòfili, grandi accademici,
appresa la tremenda verità,
con il gioco del Polo son polemici:
"In vita quanti rospi ingoierà?"

Per il n. del 28 giugno 1995 con potere, pensiero, televisione

Il potere del viscido Biscione
ci toglierebbe il pensiero e la vita,
con la televisione scimunita.
Ma la sua spira è solo un'illusione.

2
Il potere della televisione,
non servirà alle spire del Serpente
se avranno i magistrati finalmente
il pensiero di sbatterlo in prigione.

3
Se la televisione va al potere,
c'è una spirale che tutti minaccia,
ma va il pensiero alla Rivoluzione
per non vedere quella brutta faccia.

4
La foto a spire del Telefellone
ha potere sui fogli progressisti?
Non vi basta la sua televisione?
o il pensiero vi rende masochisti?

5
Alla televisione puoi vedere
di quel Serpe il potere più perverso,
ma il suo pensiero è qui, nel quarto verso:
(-----------------------------).

6
Spirali? No, sono cerchi, compagni
con un pensiero un po' di ragnatele-
visione: ma, se sciogliamo le vele,
noi non cadremo in potere dei ragni.

7
Tra le spirali del Cròtalo untuoso
va chi rinuncia al libero pensiero
per ossequiare il potere mafioso
della televisione in nero & nero.

8
Dov'è il pensiero, dove il suo potere?
Ce lo dirà il non raro porcellone
cefalopigio alla televisione:
nel cerchio proprio al centro del sedere!

9
Se il pensiero rivolgi a imprese vere,
perché cadi in volgare tentazione,
nel potere della televisione,
tra le spire del vecchio Somariere?

Ottobre 1995: quartine con le parole gara, normale, regole e qualche riferimento ad un quadro di Magritte

Il quattordici ottobre sul Serpente
che carta bianca e gara senza regole
vorrebbe, caddero pesanti tegole:
normale sorte di un prepofetente.

Le regole di gara al "Cavoliere"
coi suoi clerico-fascistoidi sudici
sono state sconvolte da quei giudici
che fanno il loro normale mestiere.

E' normale che la Bisciativù
faccia a gara a dar carta bianca ai lai
del serventi del Serpe, ma anche tu
hai regole da serva, vecchia RAI?

"Corruzione? l'accusa è surrealista!
Non è normale questa gara adesso
senza regole ormai per farmi lesso!
Hammamet, per favore, quanto dista?"

dic '95-gen '96: quartine con felicità, mondo, adulti

Per via di giudici saggi ed adulti
per il Serpe non c'è felicità.
Sta il mondo dei suoi degradanti culti
alle periferie delle città.

Bambini ormai degradati a strumenti
per adulti di un vecchio mondo osceno.
Quale felicità, vecchi serpenti?
Profitto è legge, qui, né più né meno.

Felicità o Paese dei balocchi
da cui si esce adulti ma somari?
Il mondo dà ormai solo frutti amari
se un giudice a Tonino volge gli occhi?

Il consociativismo fu pastrocchio
di un mondo di bambinoni corrotti?
Ora che sono adulti, coi cerotti
stan tutti (che felicità!) in un crocchio.

Nel mondo degli adulti, con la Biscia,
felicità il marmocchio Pidiesse
trova ormai con il Polo in un calesse
senza ruote e timone: infatti striscia.

Silvio e Paolo: puri e santi tali
bambini in cerca di felicità ?
Oppure adulti di un mondo di squali
che la Magistratura arpionerà?

Marzo 1996: quartine con riforme, compromessi, pànico e rif ad un'opera del pittore Larmessin.

Quali programmi di grandi riforme?
Qui si vuole, per evitare il pànico,
un intarsio di compromessi: norme
per un centrodenistra con Maccanico?

Monsieur De Larmessin, quali riforme,
in questa situazione affatto abnorme
di pànico e di torbidi complessi
che conducono a vili compromessi?

Soffrono pànico i vostri interessi
difesi con dolciastri compromessi,
sempre intarsiati di false riforme,
poiché la classe operaia non dorme.

Intarsia goffe figure di pànico
anche per le più tenere riforme,
ma cerca i compromessi in modo organico
il Biscione, quali che sian le forme.

Delle riforme s'intarsia la lista
Centrodenistra-presidenzialista:
Perchè aver pànico dei compromessi?
Uniamoci così, senza complessi!

L'intarsio di alleanze è un ben grottesco
sistema di balordi compromessi
proveniente dal panico pazzesco
delle riforme, fonti di complessi.

A che servono certi compromessi
in questa società vecchia e deforme?
Per evitare di buone riforme
il panico e salvar vecchi interessi.

1 maggio 1996: quartine con sondaggi, risultati, prospettive

Prima della cura 21 aprile

Sondaggi incerti oggi quanto mai,
ma prospettive in mente molto nere
se i risultati al Serpe Cavoliere
e ai suoi balilla non daranno guai.

E' tempo ormai di cifre per sondaggi:
il Serpente con servi e camerati
non avrà prospettive e risultati
se gli Italiani agiranno da saggi.

Anche senza sondaggi è molto chiaro:
le prospettive non saranno tante
coi risultati di sapore amaro
che hanno in mente i pupilli di Almirante.

Rocco dà i numeri in sondaggi in piazza:
Antifascismo con Silvio e Gianfranco?
Prospettive del popolare stanco:
i risultati della mucca pazza.

Dopo la cura 21 aprile

Calcoli almanaccati, cifre in testa
di sondaggi per prospettive nere
ma i risultati di elezioni vere
sono diversi. Facciamo un po' festa!

Sondaggi, cifre: assillo per Emilio
che prospettive utili ai Biscioni
prende per risultati e, in visibilio,
non si accorge che ha perso le elezioni.

Per Silvio i risultati sono oltraggi
e li contesta, con le prospettive
che danno cifre a nuove forze vive,
perchè contrari a certi suoi sondaggi

Per prospettive di certi sondaggi
la mente al malaugurio dava avallo,
ma i risultati dissero: miraggi!
e il Cavaliere cadde da cavallo.

La mente umana è un bel calcolatore:
sondaggi, prospettive e risultati
può immaginare, ma i reali dati
li fornisce comunque l'elettore.

Risultati: Sconfitto il Serpe, i motti
e i sondaggi non hanno più valore.
Che prospettive ora senza il colore
e i numeri di Armando & Bertinotti?

Voi vorreste, dopo i bei risultati,
solo le prospettive dell'Ulivo?
Dai sondaggi non pare che sia privo
di testa chi lealmente vi ha appoggiati!

(Come ben sappiamo, però, la festa non è durata molto).

Stornelli sull'ultimo tema dato nel n.28 1996: E. Peres e S. Serafini hanno suggerito tre versi quinari iniziali

Fior di giacinto,
Compagno rosso statti molto attento
a non prender colore rosa stinto.

Fior di giacinto,
tu devi essere proprio tutto tonto
se il sibilo del Serpe ti ha convinto.

Fior di giacinto,
lo sgorbiettino rastrellato ed unto
somiglia ad una macchia su un dipinto.

Fior di giacinto,
se si rinchiude Priebke in un "convento"
con salde sbarre, la giustizia ha vinto.

Fiorin di prato,
come puoi vivere in un mondo lieto
se tuo fratello è misero e affamato?

Fiorin di prato,
contro i cubani Clinton fa il forzuto
mentre dei boia turchi è l'alleato.

Fiorin di prato,
se il terrorismo Clinton vuol finito
smantelli intanto il suo, quello di stato.

Fiorin di prato,
ora l'affare olimpico è esaurito
ma il mondo non è molto migliorato.

Fiorin di prato,
Bill il cowboy vorrebbe, per decreto,
da servo genuflesso ogni alleato.

(Che poi Clinton abbia dato qualche segno di minor arroganza nulla toglie al nostro discorso di questi anni).

Fiore diverso,
contro i terùn il Boss fa il suo "discorso":
facciamoglielo andare di traverso!

Fiore diverso,
mostri di aver cervello molto scarso
se nella fogna-lega sei immerso.

Fiore diverso,
è delicato quanto un vecchio orso
il Senatùr e chi ne segue il verso.

Fiore diverso,
chi del biscione ha già provato il morso
se gli dà ancora il voto è ben perverso.

agosto 1996: acrostici su Fausto Bertinotti.
In versi: un distico per il nome ed uno per il cognome.


Favorendo accordi unificatori
sdegnando tramare omologazioni,
batti e ribatti tra i nuovi obiettori
tenacemente tante indicazioni.

Facendo agitare unitariamente
sempre tartassatissimi operai
bene e rispetto tu invariabilmente
nell'opera tua tanto incontrerai.

0ttobre 1996 : quartine su confronto, strategia, tattica

Dice il Serpente: "La tattica mia
nel confronto con i briganti rossi
è la menzogna e la mia strategia
sta in un disegno che comprende Bossi.

Come tra gli Ateniesi ed Persiani
che si apprestavano ad invader l' Attica,
col Cavoliere e tutti i suoi ruffiani
niente confronto in strategia né in tattica.

Il confronto non negherebbe mai,
se fosse buona tattica, ma è dura:
Può condurre la Biscia ad ad aver guai
la strategia della Magistratura.

Che tattica i leghisti di Pavia,
che bel confronto con il Presidente
lo straccio di "Padania indipendente"!
Cacciarli è la migliore strategia.

Fine 1996: quartine su metodi, materie, programmi.

Maestro Silvio i metodi e i programmi
detta all'allievo che già tutto trema:
"Le materie son queste, niente drammi,
o ti punisco, scolaro D'Alema!"

Materie, metodi, programmi e ruoli
dice Gianfranco, sono una costante:
i maestri, per noi bravi figliuoli,
sono il Fürer, il Duce ed Almirante.

Tre vecchi gatti han per "maestro" Segni:
si vede che ne sono proprio degni,
ché i metodi, i programmi e le materie
sono frutto del suo cervello in ferie.

Per diverse materie il bravo Massimo
vorrebbe che di Silvio ci fidassimo?
Di metodi e programmi del Serpente
chi non vuol morsi è alquanto diffidente.

Alcuni limericks
(ottobre-dicembre 1996 e successivi)

Vuole il suo stato a cavallo del Po
il senatùr: ce lo dice da un po'.
Vuole appestare fiume
con il suo sudiciume:
può fare al massimo due volte PO.

Qualche balilla, indegno di Bologna,
mette il "regime" di Prodi alla gogna
mentre cuce e ricuce
vecchie trame del duce
e di Almirante si gratta la rogna.

Ventimila imbroglioni in tutta Italia
smerciano squallida"magìa" che ammalia,
cialtroni guru, astrologi, veggenti
ingannano nei modi più indecenti.
Ma chi li reclamizza in tutta Italia?

Risulta a alle Finanze in quel di Roma
che il sistema fiscale è quasi in coma,
ma se si sfiorano i redditi ricchi
dice il Serpente: "Il governo s'impicchi,
che ci fa sopportar la dura soma!"

Una dama elegante di Madrid
era perfetta, salvo per un quid:
non portava mantiglia:
poi l'ebbed dalla figlia
con una bella edizione del Cid.
(la saggia dama che stava a Madrid).

Un Signore di verso Castelvecchio
diceva: "Tutti voi, datemi orecchio:
nel mondo hanno da star padroni e servi
anche se ciò potrebbe non piacervi"
Ma fu cacciato e buonanotte al secchio!

Andando ad una prima del Nabucco,
un senatùr rimase un po' di stucco
perchè O Signore, dal tetto natio
con i Lombardi non c'era, perdio!
E sbottò: "Ma, belin, che strano trucco!"

Stornelli
Di questi stornelli alcuni sono stati già pubblicati da Avvenimenti (in gioco) che poi con Ennio Peres, come vedremo, ha invitato a comporne altri. Speriamo di aver eliminato i doppioni. Si tratta di un'altra forma semplice e popolare che è anche ben precisa e rigorosa.
Come ricorda Alberto Del Monte in Retorica Stilistica, versificazione (Loescher editore), "Lo stornello è tradizionalmente formato da un quinario e due endecasillabi, dei quali il primo deve essere consonante e l'altro rimato col quinario". Sono possibili aggiunte con versi rimati o consonanti. L'essenziale è sempre, anche qui, non presentare eccezioni di cui non si conoscono le regole, secondo il Vangelo di Robert Schumann.

Fiorin dell'aglio,
staremmo certamente molto meglio
senza sentir d'Emilio sempre il raglio

Fiorin di bacca,
la tu' lingua ch' ai boss i huli lecca
'un ti maraviglia' se sa di hacca.

Fior di baldracca,
se l'antihomunismo hai sempre in bocca
tu fai la hura orale della hacca.

Fior di banana,
tu cacci via la gente marocchina
ma tolleri la mafia ch'è italiana.

Fior di camelia,
Sibila Fedemilio "Forza Italia!"
ma più nessuno crede a questa celia.

Fiorin di crema,
ti sei convinto che un pochino t'ama
il Cavoliere, Massimo D'Alema?

Fior de' giardini
Han da sapere tutti gli Italiani
ch'è democratico Gianfranco Fini.
(Parola di Alessandra Mussolini).

Fiorin di giglio,
non cader come un pollo nell'imbroglio!
Sai chi allevò Gianfranco come un figlio?

Fiorin di giglio,
Io governo il bilancio senza sbaglio:
quel che dò ai ricchi ai poveri lo piglio.

Fiorin di grano,
I camerati perderanno il treno
se non è scemo il Popolo italiano.

Fior di lattuga,
I magistrati scoprono chi frega
e il Cavoliere già prende la fuga.

Fior di majale,
nessuno è tanto opportunista e vile
quanto un referendario cledicale.

Fiorin del mazzo,
ma perché non ti butti dentro un pozzo?
Se hai fede in Buttiglione tu sei pazzo.

Fiorin di mela,
il cledicale l'ha imparato a scuola:
bacia le zampe al suo padrone e bela.

Fiorin di melo
perché dividerci e far tanto scialo
se uniti vinceremmo per un pelo?

Fior di melone,
son certo i figli di un gran porco cane
che vogliono spaccare la nazione.

Fiorin di menta,
alla gente più opportunista e tonta
il Rettile ripete: Mi consenta.

Fiorin di noce,
Fare commenti a ciò che il Marcio dice?
Coi cledicali non sprecar la voce!

Fior Passiflora,
se il Cavoliere se ne andrà in galera
molti diranno proprio che era ora.

Fiorin di pera,
non aver di Gianfranco più paura:
è in un cassetto la camicia nera!

Fiorin di pero,
è stato certamente un giorno amaro
che ha posto in sella il Cavoliere nero

Fiorin di pesco,
poiché sempre di frottole mi pasco
divoro le tivù del Serpe losco.

Fior di spinacio,
d'amor per il Serpente tutto brucio:
ai picciotti perciò le mani bacio.

Fiorin di tiglio,
sei proprio senza dignità ed orgoglio:
Ti piace la coppietta Sgarbi-Miglio.

Fiovin dell'uva,
con gvandi sacvifici noi, mia cava,
degli opevai mostviamo tvoppa cuva.
E' una sevie di evvovi pvopvio vava,
e in quest'ova davvevo fa pauva!

Fiorin di zucca,
sotto Mariotto, sta, come una zecca,
nascosta la Dicì, vecchia bacucca.

Fior d'accidente,
Mariotto è il personaggio più importante
e i Comunisti non contano niente:
Si può fare un discorso più demente?

Fior di bronchite,
le elezioni saran tosto perdute
con le sinistre ancora e sempre in lite.

Fior dei bubboni,
se i comunisti mangiano i bambini,
vuol dire che li trovano assai buoni.

Fiorin di scabbia,
contro i corrotti strilla a mo' di Bibbia
il Cavoliere e infine tutto insabbia.

Fior di vaiolo,
il presidenzialismo è un bel regalo,
per chi ha voglia di sgovernar da solo.

Fior di banano,
gli immigrati ti piaccion sempre meno,
ma se a chi ruba vuoi tagliar la mano,
povero un tal Cavoliere italiano!

Fior Calicanto,
l'extracomunitario, vivo o spento,
si potrà utilizzar per un trapianto.

Fior di calesse,
che tutti i ricchi paghino le tasse
lo crede ormai soltanto il Pidiesse.

Fior crisantemo,
se tu del Polo abbocchi ancora all'amo
assomigli ad un pollo nato scemo.

Fiorin di fungo,
vattene, Cavolier, non ti trattengo
e resta in quel paese tanto a lungo.

Fiorin di giglio,
non cader come un pollo nell'imbroglio!
Sai chi allevò Gianfranco come un figlio?

Fiorin di giglio,
Io governo il bilancio senza sbaglio:
quel che dò ai ricchi ai poveri lo piglio.

Fiorin di grano,
I camerati perderanno il treno
se non è scemo il Popolo italiano.

Fior di lattuga,
I magistrati scoprono chi frega
e il Cavoliere già prende la fuga.

Fiorin di loglio,
il Senatùr farebbe il grosso taglio
se nel suo orto avesse l'erba voglio.

Fiorin di noce,
Fare commenti a ciò che il Marcio dice?
Coi cledicali non sprecar la voce!

Fior d'orinale,
mentre sui magistrati sputa fiele,
il Cavoliere radi-clericale
sui referendum, tutto latte e miele,
mobilita ogni sua fogna-canale.

Fior di palmizio
di extracomunitari tu sei sazio.
Il razzismo coi poveri è un gran vizio.

Fiorin di quercia,
il Polo contro i magistrati marcia:
quest'è una vecchia storia molto lercia.

Fiorin di selva,
tu vuoi che Silvio ormai tutto risolva,
come fa con le pecore la belva?

Fior di spinacio,
d'amor per il Serpente tutto brucio:
ai picciotti perciò le mani bacio.

Fior d'anemia,
un doppio ingombro è la presenza tua.
Ferrara, almeno per metà va' via!

Fior di bronchite,
le elezioni saran tosto perdute
con le sinistre ancora e sempre in lite.

Fior di colera,
se il Serpe contro i magistrati spara
sarà ben fatto sbatterlo in galera.

Fiorin di tètano,
è meglio avvelenarsi con lo scòtano
che i referendum scemi si ripètano.

Fior varicella,
quando la verità vien tutta a galla
il Cavoliere va a finire in cella.

Fiorin d'anguria,
coi soldi che hai rubato e la tua boria
a tutti i cittadini hai fatto ingiuria.

Fiorin del cieco,
né Tramontama né Scirocco in loco:
oggi per il Biscione è vento Greco.

Fior di farina,
Se onesto è il Cavolier come "persona"
Cade in Zaire a Luglio neve e brina.

Fiorin di palma,
con gli immigrati la misura è colma:
li vorreste solo in forma di salma?

Clerihews

Il Clerihew è un breve componimento il cui primo verso è sempre costituito da un nome, senza riguardo al numero delle sillabe. Io ho talvolta fatto in modo di dargli un ritmo preciso ed ho usato le rime con il semplice schema AABB
I nomi sono di personaggi comunque celebri, anche se non sempre propriamente di artisti o uomini di cultura come indicato nel bando della Competizione della rivista "Il racconto" per cui ne ho fatti alcuni, mentre qui presento una lista molto più ampia.

Bartòk Bela
si mise un giorno le brache di tela,
con Zoltan si aggirò per l'Ungheria
a raccogliere ogni melodia.

Boccaccio
si chiese: "Sarà giusto quel che faccio?"
Si confessò quando era già un po' vecchio,
morì pentito e buonanotte al secchio.

Brecht
agli impresari fa: "Ihr habt nicht Recht!
scucitemi più marchi, manigoldi
o vi darò L'Opera da tre soldi!"

Byron
poeta e combattente di vero iron,
era duro anche più di un baccalà,
ma cadde in Grecia per la libertà.

Cagliostro
aveva il cuore nero come inchiostro.
Ma non fu ancor più reo
chi lo rinchiuse in carcere a San Leo?

Catullo
quando l'amata un dì lo piantò in asso
vide la morte ormai a un solo passo
e sospirò: "Addio, mondo fasullo!"

Guido di Cavalcante Cavalcanti
non indossava per principio i guanti,
ma quando fu cacciato da Fiorenza
tremava tutto e non poté star senza.

Muzio Clementi
fabbricava degli ottimi strumenti,
per capire quanto eran resistenti
pestava i tasti senza complimenti.

Umberto Eco
a chi chiedeva tra la "Rosa" e il "Pendolo"
la differenza, disse, deridendolo:
"Amico mio, sei cieco?"

Francesco
per la condotta troppo licenziosa
rischiava quasi di finire al fresco
finché la Chiesa non fece sua sposa.

Giuseppe
rimase un po' sorpreso quando seppe
che da Maria un bimbo era in arrivo
poi disse : "Farò il padre putativo".

Goethe
amava i vasti spazi e la gran quiete
per meditare su Faust e su Werther
e sulle rocce. Davvero ein Gelehrter!

Ionesco
disse a un critico un giorno: "Se ti pesco
sconterai le tue onte
trasformandoti in un rinoceronte.

Leopardi
aveva pronti all'arco molti dardi.
Per scagliarli contro il destino invitto
rinunciò tante volte al sonno e al vitto.

Liszt
dopo le glorie e gli onori del mondo,
stancatosi di fare il vagabondo
si dedicò a servir Herr Jesus Christ.

Lucrezio
con qualcuno dal cranio molto duro
ebbe per Epicuro qualche screzio
ma disse: "Degli sciocchi non mi curo".

Marco Valerio Marziale
era un cultore speciale
dell'epigramma mordace:
nessuno mai lasciò in pace.

Alberto Moravia
non era una cavia,
dei romanzi non visse i casi strani
nè i molti guai dei Racconti romani.

Noè
aveva - è fuor di dubbio - una gran fe'.
Nessun l'ebbe a tal segno
da sfidare il diluvio con un legno.

Novalis
gli Inni alla Notte fa cum grano salis
in versi e, quando lo stanca tal cosa,
compone in prosa.

Omero
era incerto se esistere davvero
"Ma posto - disse - che io proprio esista,
son solo o parte di una lunga lista?

Orazio
ebbe a Roma, da Augusto un grande spazio
e la sua gaia Musa
per Mecenate faceva le fusa.

Ovidio
esiliato pensava al suicidio.
Ma si chiese: "Sarà meglio il severo
durissimo soggiorno sul Mar Nero?"

Pergolesi
poco più visse di trecento mesi
prima che lo rapisse il Casus ater.
Ma almeno c'era già lo Stabat Mater.

Petrarca
andava, è vero, qualche volta in barca.
Ma dal giorno in cui nacque
preferì chiare, fresche e dolci acque.

Plauto
avrebbe forse strimpellato il flauto,
ma diventò topo di biblioteca
e tradusse qualche commedia greca.

Antonio Salieri
non ebbe certo quei brutti pensieri
dato che aveva ancora più successo
del grande Wolfgang stesso.

Schiller
dopo aver scritto la Luisa Miller
disse : "Aspettiamo che nasca a Busseto
chi un melodramma di farne sia lieto.

Schubert, il mite Franz
non fu solo nel Lied, fu in tutto (ganz!)
divino: ma ci basta solo Lied
per metterlo, tra i genî, gran Mitglied.

Shakespeare
volle salire un giorno su di un Big pear
per vedere del mondo la gran pena,
studiarla a fondo e poi metterla in scena.

Socrate
rispose a quel burocrate
che l'accusava di violar le leggi
"Non sbaglio, quindi tu non mi correggi".

Tasso
credeva di volare troppo basso
ma toccò invece una quota elevata
con la Gerusalemme liberata.

Tommaso di Ser Giovanni di Mone
di linee e di colori fu il padrone
ma, destino crudel, ventisei anni
visse il gran figlio del buon Ser Giovanni.

Virgilio
Mandò Cesare Augusto in visibilio
sussurrandogli dentro il vecchio cranio:
"Tu discendi da Enea, Venere e Ascanio".

Carl Maria von Weber
con il Freischütz dimostrò un grande Leber:
senza neppure avvertire per fax
presentò nei teatri Agathe e Max.

Wolfgang
dovette a un certo punto prender l'Ausgang.
Colloredo gli dava infatti ai nervi
trattandolo come uno dei suoi servi.

Federico Zardi,
quando impresari, critici, editori
riscopriranno i tuoi capolavori
sarà sempre un po' tardi.

Federico Zeri
è un signore dai modi un po' severi,
ma l'arte di ogni tempo in tutto il mondo
nessuno più di lui conosce a fondo.

Acrostici
Nel settembre 1996 inviai acrostici di Gradara Ludens
Prima in volgare italiano:
GIOCANDO RIFLETTE ANIMANDO DISCUTE ACCENDENDO RIVELAZIONI ARCANE;

Poi in latino( e questo fu segnalato):
GENTIBUS RATIONEM ADDUCIT DUM AMABILEM RISUM ANIMAT.
LUDIS UTITUR DUM EXPLICAT NOVAM SCIENTIAM.

Gradarae ludenti salutem dicit LFS
-Da Versi in breve-



Dai Balconi di Liebermor
                         opus 18

A Valeria

Sola,
oggi nei palazzi di cristallo di Mohrin-Sal¹,
dove l'anello bianco solca la notte
dal cielo del tramonto della mia Liebermor,
con una domanda sempre nella mente
ricordo le strade percorse:
Ieri alla testa delle navi di Linten,
contro le flotte dei Re-tiranni,
per trentamila anni-luce.
E più lontano, verso i Fuochi centrali,
e tra le sperdute Zone dei Primitivi,
sulla rotta dell'incontro con i Fernlast,
e più lontano dovunque potessero
condurmi la Forze Unificate.


E prima, quando ancora non sapevo
e non vedevo ancora né sentivo
le particelle della mia figura
confuse dentro centomila stelle,
e prima ancora, quando nell'abisso
di un solo punto, un solo fuoco nero,
miliardi di galassie erano strette,
una domanda doveva aver voce.


Ho visto le nebbie di piombo di Gavend,
ho visto la luce di Lorintal d'oro,
le furie di guerra dei mille Sistemi
e cento battaglie su ognuno di essi.
E quando squillò la vittoria del Wahltann
le navi d'argento portarono a Linten
l'annuncio di pace di tutti gli Uguali
con seimila navi ricolme di ostaggi.

Ho visto attraverso le onde
rapide come il pensiero
i popoli di tutti i pianeti
celebrare la mia giustizia
per avere voluto per tutti
la libertà di vivere sempre
secondo le libere leggi
votate da tutti gli Uguali.


Contro la prepotenza dei Signori dei Mondi
che ora lavorano su quei territori
che un giorno sognarono di dominare per sempre,
dopo avere provato, per il tempo necessario,
le centododici prigioni del Nebental
sorvegliati da coloro che volevano far schiavi.


Come caddero, allora, le loro insegne luminose!
Come si spensero le luci abbaglianti sulle loro teste!
Come rovinarono le torri superbe, guardiane di popoli!


Dalla nube nera
degli " Straccioni del Wahltann"
(così ci chiamavano)
fulmini di guerra!
fulmini di guerra!
guerra alla Disuguaglianza,
guerra contro la Violenza,
guerra contro l'Inganno,
guerra all'Umiliazione,
guerra contro la Guerra,
contro i Signori dei Mondi.


" Che volete, dunque, cittadini?
- ci dissero i Grandi Signori,
bianchi di paura e di collera
scendendo dai loro veicoli
paralizzati dalla Sconfitta -
che volete, cittadini di Linten,
confederati del Wahltann,
la fine della Potenza?"


" Che volete, cittadini di Linten,
confederati del Wahltann,
- gridarono le loro donne altezzose -
volete che rovini per sempre
l'Edificio dei nostri Padri,
Tempio di Fede e Certezza,
fulcro della Potenza?


" Di quella potenza che esiste
- rispondemmo - perché è solo di pochi
ci accusate di volere la fine:
della vostra potenza la fine.
E' vero: è questo che vogliamo".


Come caddero, allora, le loro insegne luminose!
Come si spensero le luci abbaglianti sulle loro teste!
Come rovinarono le torri superbe, guardiane di popoli!


Ho incontrato la paura e la morte
sui tanti sentieri sperduti
che in ogni regione s'intrecciano
moltiplicati in ansiosi grovigli;
o davanti alle città orgogliose
elevate sopra i vasti fiumi
che trascinano la polvere del Tempo;
nei villaggi desolati senza voci,
tra le boscaglie senza orizzonte,
negli oceani senza viandanti
dei pianeti senza memorie,
oltre l'anello della Solitudine.


Non è una scelta, Wahltann, la mia sorte:
Il Caso è Legge, Sorte, Destino.


Ho vegliato per centomila notti
fissando l'orizzonte orientale
in attesa che l'ultima luce
già perduta nell'ultima sera
ritornasse, dopo il cerchio descritto,
accanto alla mia arpa di Linten
sui balconi azzurri sospesi
tra le guglie della reggia di Liebermor.


Ho vegliato
sui monti di Mytzin e Rubendahl
in mezzo al gran cerchio schierato
dei rettili ciclopici Drawensal
a mia difesa con artigli di fiamma
fieri di offrirmi la saggezza di una stirpe
più antica delle vette che ci accolsero.


Ho vegliato
sulle navi silenziose del Grande Balzo
in gara con i raggi di luce
oltre l'ammasso di galassie del Wahr
incontro ai mondi disposti
sull'Ansa della Curva maggiore
nelle Dimensioni Unite


Mi è amico il vento che danza tra le querce
presso l'antro vicino alle rocce brune
di Siegland di cui conosco i cento segreti;
Le lune di Rabenwald mi salutano
nelle notti brevi dell'ultima primavera
sopra le nevi dell'Harawahl;
le aquile nere delle Sette Catene
mi recano corone di viole e di anemoni
dell'azzurro più intenso dicendomi:
"... Risaltano bene tra i tuoi capelli!..."
S'inchinano i superbi leoni Shan
e i serpenti Flador ed i mostri Moltkan
si arrestano rispettosi al mio passaggio
cui nessun essere vivente può opporsi
- lo so bene -
tra tutti quelli che in tutte le forme
in ogni dimensione ed in ogni natura
popolano il Grande Sistema Illimitato
animato dal Grande Meccanismo.


La scienza integrata
di tutta la Schiera del Wahltann
ha dettato legge in mio nome,
diecimila federazioni di popoli,
nei loro canti millenarî,
mi chiamano Principessa, figlia del Cielo,
il mio nome è per essi l'Idea
scolpita sulle pietre e nei pensieri.


Ma i messaggeri dalle ali di luce
che io ho lanciato in tutti i paesi
ricordano a tutti che io sono
come ognuno di loro e come tutti.
Unica, sì, ma non superiore
anche se il mio destino mi conduce
sempre a vivere come mai nessuno,
mai nessuno fra tutti ha potuto.


Non è una scelta, Wahltann, la mia sorte:
il Caso è Legge, Sorte, Destino.


Sono sola di fronte alla domanda
che si rinnova sempre, sempre uguale,
onda che batte sulla stessa riva,
ostinato rintocco di campana,
freccia che torna sempre sul bersaglio,
fuoco nel seno, affanno senza pausa.


Conosco
il numero delle stelle, il cammino dei pianeti,
le rocce, i frammenti, i granelli di polvere,
le forze che li legano e quelle che li separano.


Conosco
i raggi di luce ed i raggi invisibili,
le forze che li producono e quelle che li dissolvono,
le particelle dei corpi ed i corpi che le compongono.


Conosco il respiro dello spazio e del tempo,
le dimemsioni dilatate e contratte,
dal gelo dell'estrema solitudine,
vicina al vuoto del nulla,
al ritorno dello spazio su se stesso
in un punto senza più spazio.


Tutte le leggi di questo ritmo
conosco, e le strade ed i ponti,
le gallerie e i sentieri che portano
da un luogo e un tempo ad altri luoghi e tempi,
quali che siano partenze ed approdi.
Né un punto né un solo passaggio mi sfugge,
non un ricordo di un pensiero lontano,
non l'ombra più tenue di un sogno.


Conosco la mente di tutti i viventi,
le idee di tutti i Saggi e l'ira antica
degli eserciti dissolti nella pace.
Conosco ogni dettaglio dei progetti
del Grande Wahltann, come di ogni insetto
le sensazioni, in qualunque frazione
di un infinitesimo del tempo di ciascuno.
Del Grande Sistema Illimitato
animato dal Grande Meccanismo
conosco il Tutto, l'Intero e le Parti
in ogni relazione, in ogni senso.


Io ti conosco, Grande Meccanismo.
Ma del tuo ciclo chiuso su se stesso
non conosco l'origine e la causa.


Ti ho chiamato perché tu mi ascoltassi
tu che dai più minuscoli frammenti
formi le nubi di plasma e di polvere
e le condensi finché siano stelle
e corpi multiformi di ogni specie,
e sei il Tutto di cui sono figlia,
Universo,
tu, Padre, - ho detto - ascoltami e rispondi!
Scosta il velo che offusca la mia mente,
apri il sipario perché si rivelino
le figure reali dentro il dramma!
tu, Ragione del Grande Meccanismo,
tu solo Grande e Vero, tu che puoi,
calma tu il turbine che sferza il mio cuore,
spezza tu la corona della mia gloria,
il cerchio d'ansia che mi stringe la fronte!
E, nella febbre della mia follia,
dammi la pace - ho detto - rispondi,
rispondi alla mia domanda!


Ma io non ho padre, né madre, né fratelli,
in nessun luogo, mai,
né uno sposo cui donarmi per sempre.
Nessuno, mai, risponde alla domanda:
Come l'Universo - come io e chiunque,
ed ogni cosa, ovunque, in ogni modo -
possa ESISTERE.


Riposerà la cenere della vita
nel suo sonno senza sogni,
torneranno le cime dei monti
agli oceani ed ai magmi da cui nacquero,
le remote galassie, forse, a un punto.
Ma io non troverò mai la pace,
né sarà pace il Nulla,
se questa è la meta della mia Sapienza:
un guscio vano che non posso infrangere,
sogno, ossessione, miraggio e delirio.


Crollino , allora, le volte di cristallo di Mohrin-Sal,
vadano in polvere i castelli celesti del Grande Wahltann,
le flotte, le città ed i popoli
e i vasti fiumi del Tempo,
polvere della polvere senza più tempo
in cui forse ho vissuto mille volte.
E' questo, forse, il cerchio che non si può spezzare.


Forse, tra novanta miliardi di anni,
io sarò ancora dentro un altro cielo
uguale a questo e, come questo, falso,
come il Grande Sistema Illimitato
animato dal Grande Meccanismo
e tutto ciò che si dice reale:
un guscio vano che non posso infrangere,
sogno, ossessione, miraggio e delirio.


Crollino, allora, le cupole d'oro di Lorintal,
vadano in polvere i castelli celesti del Grande Wahltann,
le flotte, le città ed i popoli
di tutta la schiera degli Uguali,
di tutti i vecchi nemici,
e i vasti fiumi del Tempo,
polvere della polvere senza più tempo
in cui forse ho vissuto mille volte
per dichiararli mille volte falsi.
E' questo, forse, il cerchio che non si può spezzare.


Sola,
tra novanta miliardi di anni
e forse ancora per infinite volte
percorrerò gli stessi sentieri
ed ancora per mille e mille volte
veglierò per centomila notti
e tra tante vane canzoni
canterò sull'arpa anche questa
dagli alti balconi sospesi
tra le guglie della reggia di Liebermor
aspettando la luce dell'alba.

10 febbraio - 28 aprile 1987
¹ In tutta la composizione la pronuncia delle parole non in italiano è da considerarsi indicativamente corrispondente alle regole della fonetica tedesca.



Canti di wahltann opus 32

ad Auretta
 figlia di Veris Giovannini
il primo Sindaco di Urbino libera

                                                 "........... e ben fu dritto
                                                se Cortez e Pizzarro umano sangue
                                                non istimâr quel ch'oltre l'oceàno
                                                 scorrea le umane membra (........)
                                                poichè nuove così venner delizie,
                                                o gemma  degli eroi, al tuo palato."
                                                (Parini, Il giorno, vv 149...157).

          Si è dato ai popoli di ogni Paese
        l'Annuncio:
        Sono finite le ideologie.
        Ma diteci:
        Come vanno le gonne  e i calzoni oggidì?
        E le scarpe, di nuovo a punta?
         E la stampa vi piace indipendente
        dai suoi padroni (strano controsenso!)
        o un tantino francamente ruffiana?
        Il Buddhismo tira sempre,
        ma i cristiani rimangono arzilli?
        La giornata lavorativa, dioneguardi,
        le T Shirt, il Pornoshop, i sensitivi?
        Perbacco: i sensitivi, i guaritori,
        come dimostrano che i loro intrugli
        sono efficaci e non nocivi o inutili?
         O quanto è obbligatorio,
        per farmaci, alimenti, stoffe et cetera
        diventa in questo caso trascurabile?
        E gli astrufotruffisti
         che spazio ottengono nelle tivù,
        in confronto - intendiamo - agli scienziati?
        E gli sballi delle discotekno,
        quale spazio in confronto alla cultura?
        e la tortura, la pena di morte?
        (ah, la brava vecchia forca!...)
        o un sano e schietto morir di fame
        o dicasi di omincidenticidio?
        Divaghiamo? Si puo dire?
        Ci si ammazza anche senza ideologia
        seguendo con mente leggera
        la vera ideologia
        santa, feconda, benefica,
        unica, semplice, mai messa in dubbio:
        Mors tua, pezzo d'idiota, vita mea.
        Quindi si andrà, Signori, a dar la prova
        di questa verità che non è nuova.

          Che c'entra?

          Un momento, genti.
        Ma i versi come diavolo si fanno?
        Vogliamo i versi liberi,
        o di nuovo la rima e il verseggiare
        con un poco di ritmo regolare?
        Vogliamo le eccezioni?
        O siamo ligi alle regole?
        Le eccezioni di ieri
        sono spesso le regole di oggi.
        Ma (ricordatevi, prego, di Schumann)
        non si parli, di grazia, di eccezioni
        di cui non si conoscono le regole.

          Forse Dante o Burchiello
        - dimmi un po', garzoncello -
        erano schiavizzati dalla metrica?
        l'apprendevano forse dall'ostetrica?
        E chi si sente un'anima smarrita
        se non sillaba e conta con le dita?
         
          E infine, fatta l'opera,
          in che modo si adopera?
 
          Vogliamo esecuzioni rigorose,
        di musiche, di drammi, versi e prose,
        diverse,  ma al servizio tuttavia,
        delle idee di chi un giorno le  compose?
         o seguiamo la vecchia brutta via
        di chi tutto concede,
        per cortigiana fede
        nel paleopseudomodernastro credo,
        a qualche rozzo e sgangherato aedo?
        Faust in motocicletta, Amleto in auto,  
        Bach rockizzato e il buon  Omero incauto
        che insegue la graziosa ninfa Eco,
        si becca l'Aidiesse e  resta cieco,
        o Rossini che fa gli spogliarelli
        per deboli cervelli?
        Vi ricordate Dante e il Calzolaio?
        Nel fabbricare scarpe l'Alighieri,
        come in altri mestieri,
        non fu mai tanto abile.
         Ma lui scriveva versi sulle carte
        e certo è incontestabile
        che guastarli poteva essere un guaio,
        sebbene in stato di pura innocenza,
        da non sperar clemenza.
        Ma il plagio, vecchio quanto è antica l'arte,
        non è innocente, non è sbaglio o svista,
        ma misero mezzuccio opportunista.

          Le eccezioni di ieri
        sono spesso le regole di oggi
        e non solo nell'arte di far versi.
        Ma (ricordatevi di Robert Schumann)
        non si parli, di grazia, di eccezioni
        di cui non si conoscono le regole.
        Ciò spaventa qualcuno?
        Ci si ammazza anche senza alcuna regola
        seguendo con mente leggera
        la vera regola
        santa, feconda, benefica,
        sperimentata già dal Paleolitico,
        unica, semplice, mai messa in dubbio:
        Mors tua, pezzo d'idiota, vita mea.

         Ora si andrà, Signori, a dar la prova
        di questa verità che non è nuova.
                                
        A: Nostro fratello sta per morire;
        B: Possediamo i mezzi per salvarlo;
        C: Lo lasciamo perdere.
        Domanda: Siamo forse un po' assassini?

         Ahinoi, ma quali drastici dilemmi,
        come "essere o non essere".
        Esagerati
- si dirà - perbacco!
        noi non faremmo male ad una mosca.

        Nostro fratello, dunque, conta meno?

          Capita di trovare un poveraccio
        che ci chiede soccorso?
        Non ci tiriamo indietro di sicuro!

          Ma, Signori cortesi,
        Vi occorrono richieste personali?
        non leggete i giornali?
        e per radio e TV quanti canali,
        Signori, ricevete?
        Non sono sulla Luna quei Paesi
        in cui non è uno scherzo del linguaggio
        morir di fame e sete.
        E come può raggiungervi il messaggio
        di chi non ha più voce?
        Vi occorrono richieste personali?
        Certo c'è qualche situazione atroce
        genti -
dite - che vivono da cani...
        Certo, quando va bene.
        Queste genti, a milioni, anche domani,
        senza far tante scene,
        potrebbero firmare un bel contratto
        per dimore e pietanze raffinate
        quali quelle, Signori, che voi date
        al cagnolino, al  gatto,
        oppure a certe esotiche e curiose
        bestie tolte all' ambiente naturale,
        rinchiuse, quando è il caso ben castrate,
        delle vostre esigenze rispettose,
        protette e vaccinate da ogni male.
        In un modo cotale cresce in media
        la vita dei simpatici animali:
        in qualità più bella,
        e per durata ormai vicina a quella
        di genti e popoli intertropicali
        che muoiono d'inedia  
        per le guerre volute dai signori.
        Mentre, invero, nel mondo sviluppato
        la mancanza di mezzi è pur reato
        che può condurre ad  esito letale,
        id est può farci fuori
        sul lavoro, per strada, all'ospedale,
        in spiaggia, a scuola, all'asilo, all'ospizio.  
        La mancanza di mezzi è sempre un vizio.

          Secondo dati abbastanza recenti
         certi paesi hanno un reddito medio
        valutato pro capite
        centocinquanta dollari o un po'meno:
        tre giorni in un albergo non di lusso
        di certi altri paesi,
        paesi - beninteso - democratici
        Diciamo - è ovvio - il reddito di un anno:
        il prezzo di una mezza mountain bike,
        ed in un mese quanto due o tre pizze
        o come mezza scarpa o un libro o un disco.
        Diciamo -  ma si sa - reddito medio.
        Per farsi dunque una casa discreta
        questa gente dovrebbe
        lavorare per mille anni all'incirca,
        senza mangiare o leggere un giornale,
        ammesso che non sia sotto la media.
        Molti altri con sei o sette secoli
        potrebbero cavarsela
        o in cent'anni comprare un'automobile,
        vivendo, dunque, d'aria.
        Per un fucile basta molto meno,
        anche perché si trovano
        anime buone che offrono l'articolo,
        a prezzo di favore.
        Si devono pur vendere i prodotti
        della tecnologia più sviluppata.

          Ma che noia, per voi quest'abbondanza!
        tanto che, per vivacizzare il gioco,
        vi diletta alcun poco
        il suicidio in qualche circostanza
        con le armi più varie, o con motori
        da un alto ponte saltando al di fuori;
        o il brivido dell'assassinio casual
        contro il fastidio e la malinconia
        exempli gratia, da un cavalcavia
        scaricando a man bassa, un poco manual  
        macigni su chi passa.

          Intanto questi popoli prolìfici
        (già sui tre quarti del genere "umano"
        senza contare i meno provveduti
        viventi nei paesi più dotati)
        ricrescono alla svelta.
        E il vecchio mondo è fatto a scale, dicono.
        Chi è già salito calpestando gli altri
        sale ancora di più,
        chi ha cominciato a scendere
        arriva al piano terra o un po' più in basso.
        Forse perché non sa fare il suo offizio?
        La mancanza di mezzi è sempre un vizio.
                        
          Ma che noia, per voi  quest'abbondanza!
        tanto che, per vivacizzare il gioco,
        vi diletta alcun poco
        per vincere del vivere il fastidio
        in qualche circostanza il suicidio.
        Prego, dunque, Signori,
        con gli auguri migliori.

          Molti di noi amano la cultura
        e l'arte, la natura,
        gli sports, i giochi estivi ed invernali,
        le musiche, i colori.  
        Chissà per quali motivi banali
        vedono raramente tra gli allori
        con quelli di USA, Russia, Francia, Italia,
        i fratelli di Rwanda e di Somalia?
         Loro, forse, non hanno questo sfizio?    
        La mancanza di mezzi è sempre un vizio.

        Credevamo di non vedere più
        le stragi in massa, i corpi accumulati,
        in immense discariche,
        rifiuti
          da smaltire, per completare l'opera,
          oggi tra  calce e roghi di benzina,
          tra Asia e Africa, tra Europa e America,
          (in Oceania ancora c'è più spazio),
          come ieri nei forni crematorî,
          nella nuova guerra mondiale
          iniziata da mezzo secolo,
          rifiuti,
          quali che siano state
          le meraviglie del loro spirito
          che essi non poterono descrivere,
          perdute per sempre.
         Credevamo, illusi.

          Ma nessuno si rallegri
       del genocidio alzando le spalle.
       Di questi roghi, Signori, voi, colpevoli,
      senza eccezione alcuna,
       siete già parte
       con le vostre anime-cadaveri.
        Voi, tra i più provveduti,
         abitanti i paesi più dotati,
        assassini capaci di risparmio
      e allevamento di qualche essere umano
      che al momento opportuno
   macellerete per sottrargli gli organi,
   voi che avete già scelto
   il prezzo di milioni di omicidî
   per una vita di vampiri,
   voi siete tutti condannati a morte
   dalla vostra pazzia
   e dell'esecuzione inevitabile
   altri faranno la cronaca
   o, come anche si dice, canteranno.
   E, come di altri morti, forse
         avrà qualcuno anche pietà di voi.

       Prego, dunque, Signori,
      con gli auguri migliori.

                       II
          Pare non dubitabile
         che certa gente stia piuttosto male:
         c'è chi nasce già in modo molto labile
         e c'è perfino chi proprio non sta,
         id est arriva passa e se ne va
        anche in modo banale.
        Ma per fortuna siamo tutti ormai
        contrari a certi guai:
        gli antirazzisti sono in maggioranza
        sorride a tutti una stessa speranza,
        una strada fiorita di promesse.
        Tutti ormai sono uguali,
        anche (sarà follia?) le donne stesse,
        almeno nei paesi occidentali,
        a parte certi casi eccezionali
        di autorevoli stati illuminati
        che per motivi altamente morali
        cacciano via i clandestini immigrati
        si capisce, poiché privi di censo,
        e non danno, in compenso,
        permessi regolari;
        a parte i casi rari o non frequenti
        (tutt'al più centinaia di milioni,
        o giusto qualche piccolo miliardo)
        nei quali certe genti, per riguardo
        alla santa governabilità,
        id est alle pretese degli abbienti
        godono di un suffragio alle elezioni
        che mantiene la sacra potestà
        in mano ai già potenti   
        dal momento che un voto
        può valere, uno, tre, dieci, duecento
        con la maggioritaria, come è noto,
        e forse a volte è vero    
        che il signore è contento
        se un voto un po' sgradito vale zero.

                Come si spiega?
        
          Ancora prima della vecchia  Atene
        si tuonava già contro le fazioni
        portatrici di lacci e di catene,
        di disordini, arbìtrî, prepotenza
        per la cieca obbedienza
        che richiedono ai cittadini buoni.
        Ecco il nemico: Partitocrazia!
        causa di sprechi, errori, corruzione,
        sismi, eruzioni, inondazioni e peste
        infarti, raffreddori... e così via
        Finanzieri e industriali
        avvolti nelle loro aure sacrali
        sono invece persone sempre oneste
        (lo dicono anche per televisione!...)
        Contro lo strapotere dei partiti
        furono sempre tutti i benpensanti,
        per i diritti santi già acquisiti
        dai maschi, dai Quiriti, dagli Elleni,
        dai bianchi, esclusi i cattivi Semiti
        gli schiavi ladri, le genti pitocche,
        le femmine così deboli e sciocche,
        il popolaccio prepotente e ozioso
        ignorante, vizioso, empio, vorace
        nemico della pace, sedizioso
        servo idiota, seguace   
        di vecchie idee di uguaglianza sociale
        già causa di ogni male,
        oggi morte e sepolte
        da dottrine assai più moderne e colte:
        proprietà sacra, libertà d'impresa,
        di accumulo, dominio dei più abili.
        Basta con i buffoni e  i miserabili,
        emendiamo per sempre la politica,
        viva la società neopaleolitica!
                
          E si dia a tutti la consolazione
        della superstizione,
        cento coprosoapoperas al giorno,
        per più di millant'anni,
        vip in cronachevere, e per contorno
        vecchi ludi circensi che agli affanni
        danno rimedio o  soluzione degna
        o conforto a chi ad essi si rassegna.
        Secondo i piani dei più giusti e saggi
        protegga ogni signore  ed incoraggi
        il fanatismo che in certi momenti
        dà vigore al mercato,
        permette di smaltire gli armamenti;
         promuova ed incrementi
        tra i più poveri lotte senza tregua
        tra i più stupidi guerre in ogni stadio;
        mantenga sotto controllo privato
        scuole, poste, tivù, giornali, radio.
        Da tutto ciò consegua
        un tranquillo dominio al ceto eletto.
        Basta dunque con i politicanti,
        con i partiti, covi di furfanti!
        
                Come può essere?
        
                 E' ancora un tempo vecchio
        il nostro che diffida dei partiti
        preferendo affidare le sue sorti
        ai personaggi che  scendono in campo
        cercando in un cassetto
        la corona per mettersela in tasca.
          Ma siamo tutti uguali
        a parte qualche piccolo miliardo
        di falliti bifolchi,  
        facchini, sfaccendati o mezzemaniche
        ignoranti selvaggi ed altri ancora.
        Non c'è una legge che valga per tutti
        se, giusto per avere in certe cause,
        possibilità uguali al suo avversario
        qualcuno oggi dovrebbe
        impiegare risorse
        superiori al salario di tre secoli
        ed in certi paesi,
        strapotenti modelli
        di libera sfrenata iniziativa,
        solo per veder gli atti di un processo
        dovrebbe rinunciare al nutrimento
        per qualche  mese almeno o qualche annetto.

          Ma diamo a tutti la consolazione
        della superstizione che incoraggi
        l'obbedienza ai signori giusti e saggi.
        
          Sarà uguale per tutti,
         dunque solo la Morte?

                No: la Signora giunge in certi luoghi
        in media dopo trenta o quarant'anni
        di stenti mentre in altri luoghi indugia
        finché i signori, dioliguardi, arrivino
        sempre in media, s'intende,
        a ottanta ed oltre, a parte qualche caso,
        in cui tra gravi affanni spirituali,
        benché "tra gli agi e le  ricchezze vane"  
                giungono a un secoletto  o giù di lì.

          Come si spiega?
        
     Forse la libertà d'impresa,
        - così, diciamo, senza misura -
        per comperare calciatori,
         barche di lusso, gruppi di palazzi,
         reti di comunicazioni,
        bestie,
         o tutto ciò che sia comprabile
         permette di bruciare in un istante
         tutti gli anni di vita che mancano a qualcuno.

                        A tale prezzo, avete,
         signori,
        fango del vostro a non finire.
        Mors nostra, vita vestra.
        Per quanto tempo ancora?
        Achtung!

        Con garbo e con misura,
        ora torniamo a un tema di cultura
        - cui accennammo già -
        tanto di moda in questa società.

                       III
A - Prospettive dei Sacri Misteri
(canzone libera)

E' giunta un'era di grandi promesse.
Qualcuno vi dirà: "Sempre le stesse".
Ma non curatevi di questi scettici
che in certi modi asettici
di amuleti, santoni, chirofanti,
astruffòlogi, spiritisti, incanti
negano contro la Santa Evidenza
efficacia e potenza!
I moti delle stelle e dei pianeti
di mille firmamenti
e centomila altri strani segreti
sono stati scoperti dai veggenti;
c'è rimedio a qualunque malattia
per chi segue la pranoterapia
o si fa visitare ogni trimestre
da un uomo-medicina extraterrestre.
Chi vuole ormai questo esame scientifico
del prodotto specifico
prima che venga immesso sul mercato?
Tutto tempo sprecato!
Non vi sembra un po' troppo
che si trattino i filtri e le fatture,
miracolose cure,
alla stregua di un misero sciroppo?
Qualcuno, dite, ci lascia la pelle?
Certe ragazze più o meno belle
subiscono attenzioni non gradite
dai signori santoni? Ma che dite?
Queste sono rarissime eccezioni:
nel complesso pochissimi milioni.


B - Empietà sui Sacri Misteri
(ritmi varî)

Urano fu scoperto nel secolo dei lumi,
Nettuno nel romantico, Plutone nel ventesimo.
Prima non influivano?
e gli altri noti da pochi millenni,
nati cinque miliardi di anni or sono,
prima non influivano? E Plutone, a proposito:
si sa adesso che è piccolo. Influisce di meno?
forse meno di Europa, Ganimede e Callisto?
e le costellazioni lanciano i loro influssi
a seconda dei nomi che qua e là ricevono?
o, date le distanze diversissime
tra le stelle, per "energia prospettica"?
Chi poteva pensare possibili altre vite
in altri mondi senza gli astronomi maniaci
di osservazioni esatte di masse e traiettorie?
Sappiamo chi scoprì cause e rimedî
di migliaia di mali, mentre ancora qualcuno
parlava della peste figlia degli astri infausti.
E chi dice che neghino gli astronomi
per principio i verdognoli extraomìnidi,
(se sono i primi a dire: "Li cerchiamo, ben vengano!")
che gli scienziati neghino quei mirabili farmaci
e sensi ultrasensibili, e prodigi a miriadi?
Quali interessi avrebbero, testardi impenitenti?
Ma chi darà le prove, controllabili
come per l'aspirina?
Folletti e maghi, invece, e streghe e draghi alati
e castelli di fate già da millenni esistono
in un'infinità di racconti fantastici.
E' questa la magia in cui possiamo credere.


C - Il Fine dei Sacri Misteri
(canzone libera)

Ancora un poco di misura, prego:
Secondo il nostro avviso
un fine c'è, preciso,
per tanto chiasso sui Sacri Misteri.
Oltre al vecchio commercio di illusioni,
oggi anche più di ieri si permette
a chi regge le comunicazioni
l'uso di molte variopinte sette
per far perdere tempo ed energie,
agli avversarî dello stato attuale
politico e sociale,
per tagliare le vie di riflessione
a chi non sia d'accordo
in ogni situazione con l'assetto
e il rigido rispetto dei diritti
dei più forti, dei dritti, dei più furbi,
perché ognuno sia sordo
a qualunque progetto che disturbi
i buoni sentimenti
tra tante genti tanti enti tangenti.
Sia concesso spezzare ogni spettacolo,
dramma o quel che si sia,
versi o prosa, sonata o sinfonia,
inchiesta, telefilm, documentario,
con un interminabile rosario
sui prodotti-miracolo
dei quali chi vuol vivere sereno
non potrà fare a meno.
Lo volle il popoluccio sovraffiano.
O no?

Ai cittadini bravi, al tempo stesso,
si accorderà il permesso
di entrare in diskotekno con l'aereo,
e cantar questo canto
da qualche teleradiostercostereo:
" Lavorando così (talmente) tanto
per il Padrone Santo, ogni momento
mi sento un attimino più contento!",
bruciando, perché sia l'effetto certo,
libri, teatri, sale da concerto
musei, laboratorî, monumenti,
vegliando, sempre attenti, in tutti i sensi
perché comunque mai nessuno pensi.

                     IV
Si diceva dei meno provveduti
viventi nei paesi più dotati
.
Su questi sventurati
perché non si riflette quasi mai?
Si pensa agli operai, si danno aiuti
a piccoli artigiani da due soldi
ai maestrucoli, ai nullafacenti,
ad altri manigoldi impenitenti.
Ma chi ricorda i tanti imprenditori
i commercianti ed i professionisti
che fanno orari da stakanovisti
producendo tesori,
ricavando profitti miserabili,
un decimo dei loro dipendenti
o delle dattilografe più inabili
o addirittura hanno profitto zero
o più basso e con animo sincero
essi invidiano il buon agricoltore
che non porta nel cuore alcuna cura
libero sempre in mezzo alla natura?
Non scherza la statistica ufficiale:
dichiarazioni di guadagni e spese
mostrano che i padroni delle imprese,
per reddito reale,
tanto spesso risultano indigenti.

In questa situazione
Nulla da fare: sono troppo forti,
i bravi democratici,
difensori dei liberi mercati.
Certe ideologie, agli atti pratici,
sono un gran fallimento.
La vera soluzione,
a parte i sogni di liberazione,
sta dunque nella presa di coscienza
che in qualunque momento
stabilire i diritti come i torti
è competenza degli onesti agiati,
non di colpevoli diseredati.

La verità non è ipotesi o indizio:
La mancanza di mezzi è sempre un vizio!

Ma la cosa è sicura?

Diciamo un po' così,senza misura:
In realtà non esiste altra scelta
se non diventare nei fatti
proprio noi i più forti.
Noi tutti, piaccia o non piaccia
ai signori più uguali degli altri.

Dell'albero dai molti rami,
Wahltann, dalle molte radici,
dal passato al futuro
a noi occorre scegliere,
prevedere e seguire i percorsi,
non con ridicoli riti esoterici
ma con riflessioni ed azioni di uomini.

Ora è chiaro da un tempo assai lontano
qui sulla vecchia Terra e forse ancora prima,
in qualche luogo intorno a qualche stella
di prima generazione,
che nell'ambiente esistono conflitti
mortali se non vengono risolti.
E, che si sappia, esseri "intelligenti"
hanno sempre lottato,
si sono sempre uccisi
per il controllo delle risorse
ovvero del potere.

Non c'è, diciamo, nel mondo reale,
altra via da seguire con costanza
per arrestare la corsa mortale:
eliminare la disuguaglianza

Non è vero che noi vogliamo la guerra,
non ci diverte affatto.
Se Roma e Cartagine, già vecchie alleate,
si fossero accordate per vivere in pace
si sarebbero evitate stragi immense,
ma a parte questo dettaglio
la situazione infine
per i popoli
sarebbe rimasta la stessa.
Se Roma avesse dato presto a tutti
il tanto sospirato diritto
di cittadinanza,
se i giochi dei gladiatori
fossero stati aboliti per tempo,
se la schiavitù...
Come? La storia non si fa coi se?
Signori, rallegramenti vivissimi:
questo sì che è realismo!
Allora?
Allora noi diciamo che la storia
non insegna mai nulla.
Infatti voi continuate ad applicare
la vera vostra regola,
sperimentata già dal Paleolitico,
unica, semplice, mai messa in dubbio:
Mors tua, pezzo d'idiota, vita mea.
Siete voi, dunque, a volere la guerra.
Siete voi che fate la guerra.

Ed ammettiamo che la fate bene.
Quando avete qualcosa o qualcuno
(in pratica c'est la même chose )
da sacrificare,
boschi, ruscelli, piani, monti, mare,
specie animali o reverendi pugili
o piloti di bolidi,
o ragazze e ragazzi drogabili,
e/o prostituibili
& massacrabili
per svariati diletti
di un adeguato numero di eletti
& loro scalcagnati complici
voi, Signori, celebrate
questi riti di lusso.


Più spesso inoltre voi sacrificanti
non vi preoccupate delle forme
e per il volgo non usate i guanti.
Per il numero enorme
si fa come ai bei tempi degli Aztechi,
un sistema magnifico, perfetto:
sacrifici di massa,
la vita vista un po' come una tassa.
Il prossimo, quando è troppo prolìfico,
invadente, in balìa d'istinti ciechi,
paga con fame, come già si è detto,
con guerra e peste i suoi peccati empî,
come ai bei tempi.
Ieri ed oggi e domani, anche, in sostanza,
se non troviamo il metodo reale
per arrestare la corsa mortale:
eliminare la disuguaglianza.

Dell'albero dai molti rami,
Wahltann, dalle molte radici,
dal passato al futuro,
a noi occorre scegliere i percorsi.

Ricordatevi di Karl e Friedrich,
voi che ci rimproverate
di volere la fine dell'ordine
dal quale dipendono le nostre miserie.
La fine, certo, del vostro ordine.
E' vero: è questo che vogliamo.

Un appunto formale: questi versi
col ritornare di certi motivi,
seppur variati e dunque un po' diversi,
rischiano forse di essere ossessivi?
Ma se poi sopportate
quasi come rivelazioni rare
i prodigi di certi detersivi
cosmetici, pellicce, marmellate
e credete davvero
perfino a certe rate a "tasso zero",
che avete da obiettare?

Sappiamo bene che i dominatori
piuttosto che rinunciare al dominio,
sceglierebbero allegri lo sterminio,
sognando di riuscire "vincitori".

Per essi non è mai chiara abbastanza
la condizione sola ed essenziale
per arrestare la corsa mortale:
eliminare la disuguaglianza.

E così sia. Se proprio necessario,
dovremo ancora batterci, signori,
e, spiacenti, dovremo farvi fuori
se vi ostinate sul vecchio binario.

Democrazia sarà, senza mistero,
- se questa vostra cieca ostinazione
non porterà tutti alla distruzione -
proprio potere del popolo intero.

E così sia. Certo, se indispensabile,
dovremo ancora batterci, fratelli,
ma perché sempre questi ritornelli?
E' possibile dare una variabile.

Una diversa e nuova circostanza
sperimentiamo nel mondo reale,
per arrestare la corsa mortale:
eliminare la disuguaglianza.

Alcuni schemi metrici usati nei "Canti di Wahltann":
- Canzoni libere;
- Versi liberi con endecasillabi e settenari in rima;
- Strofe di endecasillabi e settenari sciolti o in rima;
- Strofe di versi liberi varî.


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