Poesie di Giuseppe Stracuzzi


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Giuseppe Stracuzzi è nato a Giardini Naxos (Messina) attualmente vive in Austria.
Ha pubblicato i seguenti volumi: la raccolta di poesie “Tempo di caccia” (Spinea VE 1992);
Un volume didattico “Corso di lingua italiana” (Torino 1998); La favola in versi “Tattolina” (Chieti 1998); La raccolta di poesie “Angoli di Silenzio” (Torino 2000); la raccolta di poesie “Riflessioni” (Garessio Cuneo); Il poemetto O dolce mia Sicilia (Pellegrino Me 2004); La favola per bambini “Una lacrima sul quaderno”(Patti ME 2008)
Ha stampato in proprio le seguenti raccolte di poesie: “La barca dell’amore” (2005); “I colori del tempo” (2006); “Sui gradini del tempo” (2007); “I confini del tempo” (2008).
Figura tra i premiati in oltre 100 concorsi letterari, è presente in molte riviste ed antologie, gli sono stati conferiti titoli onorifici e premi di riconoscimento da enti ed associazioni culturali.

Vai alle raccolte:
Poesie tratte dalla silloge 2 novembrePoesie che hanno per tema la natura | Poesie che hanno per tema l’amore |
Poesie che hanno per tema il mare | La strada dell'amore |

Leggi i racconti di Giuseppe

 

Pasqua festosa piange
La natura
apre la porta della primavera,
la campagna si anima di fiori,
uccellini volteggiano giulivi
spandono al vento
cantici d’amore.
Alberi spogli indossano vestiti
di foglioline e gemme,
vestono l’aria intorno di profumo.
Giubilo di campane.
Pasqua esplode.
fumi di prelibate ricorrenze,
bambini belli sfogliamo regali …
Pasqua festosa piange
sui lager della storia.
Ancora piange
lungo stragi gremite
di macabra follia
delle odierne guerre.
Pasqua festosa piange
Con gli occhi di bambini
nei vicoli affamati,
nei sentimenti di pietà e d’amore
che spirano col vento...
ancora sempre piange.
 

Arcobaleno
Divampa ansia
stormente
nel cuore di pensieri,
racconta alle parole
che seguono il diluvio
raccolto dentro l’onda
di un peccato
fiori recisi,
assillo si dirada
come assordanti voci
senza suono,
sono lampi di fuoco
in lontananza
che ostentano l’avviso
di tempesta
su dormiveglia
delle notti insonni,
ma l’alba delle nuvole
trascina
gocce di pioggia,
come un pianto lava
e vento amico
crea uno spiraglio,
fa capolino il sole,
arcobaleno.
 

Umanità provetta
Mostro batterio infido
si annida
nelle sembianze umane
orrido alberga
nella turbolenza
dona sentire gelido.
Sembra che il tempo
stia ruggendo afflitto
chiede udienza
all’infinito cielo.
Umanità provetta,
non lasciarti traviare
dai proventi
di bramosie di armi,
non trascinarti
a fonte degli strazi,
piuttosto inventa
un siero che vaccini
questo incombente male.
 

Vado sfogliando
Vado sfogliando il libro
che confina
con le pagine folte di un colore
che oscura questa valle
dove bazzica a tratti
un qualche infuso
di gioia e di dolore
scompigliato da un vento
che avvolge insinuando
raffiche di orrori
dappertutto
nei campi della gioia
e dell’amore
e si accanisce
crescendo a dismisura
fino all’ultima goccia di cammino.
Eretta scala della tracotanza
parte dal fondo buio di un mistero
che vegeta nel cuore
di un qualcuno,
poggiata sulle nuvole di vuoto
è diventata meta degli abusi.
Mi domando
se almeno offrisse un premio,
ma dona solo calci di tomenti
raggela il cuore
e dalla cima
sospesa al vuoto cade
macchiando il suolo di un fetore
grave
che non si scioglie,
supera l’avello
come un fiume che scorre
tra gli sterpi
insegue la memoria e non ha pace.
 

Angeli della notte
Angeli della notte camminando
sulle punte di piedi
per non svegliare il sonno
sfiorano un qualche senso
che sussurra
animato da frotte di pensieri
come musica dolce sulla pelle,
si posano sugli occhi addormentati
e piano piano accendono le luci
dove l’inconscio issa le sue vele
e naviga lontano,
vanno nei campi di perdute spoglie
dove la vita ha spento i suoi colori,
svegliano col soffio dell’amore
riveduto dalla lontananza
fiori appassiti della primavera,
a volte sono incubi cattivi
scalfiscono se fai brutti pensieri
ma l’alba li perdona,
volano al primo vento cancellando
il tutto che si sfiora.
ma se profondi
avviluppati al cuore
lasciano una lacrima e un sorriso.
 

Il tuo pianto
Stillano
gocce di pianto
le caduche stelle,
malinconia celata
nel cuore
di un pensiero.
L’amore splende
ancora,
le note sono tenere
come fiorite aiole
ma non hanno
il profumo
di un sorriso.
Sento tanta dolcezza
nei tuoi baci
piovono infiniti
sulla pelle,
li sento ancora vivi
dietro gli anni …
Esplode
in mille lacrime
nel cuore delle notti
la tua voce
come un silenzio antico,
che bagna
il mio cuscino
con gli occhi
del tuo pianto.
 

Dolce fruscio
Raggio di sole
splende
sugli innevati picchi
dove irrompe
l’ultima stagione,
un qualche fiore bello
trasporta
a questo inverno
di petali appassiti
i suoi colori,
magia di sogni
l’alba del cuscino
regala a rami spogli
dove confina il tempo
della vita che lotta
contro l’onde.
 

La fantasia del tempo
La fantasia del tempo
trasporta
gli occhi stanchi
in cima al monte
dove il peso degli anni
volge al bivio.
Il pensamento oscilla,
ma non c’è senso
di seguire il fiume
dopo la foce,
il mare lo confonde
nel suo seno,
lo conduce a rivivere
nell’onda
dove alita un vento
soffia ingordigie
desideri, brame …
il sole lo solleva
goccia a goccia
prima di ritornare
a questo mare.
 

La fantasia ragiona come il vento
La fantasia ragiona come il vento
soffia pensieri all’una e l’altra sponda,
conduce sogni nelle notti belle,
alle notti agitate dà tormenti,
sulle rive del sole vola in alto
per conquistare il cielo agita nubi
che sono brame desideri
ed altro …
tra sprazzi di sereno e temporali
una percezione invita i sensi
a moderare l’urlo degli inganni,
dipinge il buio di colori nuovi
e dona un senso alle parole mute.
 

Perdono
Perdono per attimi dolci
del tempo che soffre
le pene lasciate marcire
nell’angolo bello del cuore,
per baci sospesi a bugie
ancora in attesa …
perdono non libera il peso
ritorna le notti
infitto nel cuore del sonno,
accende di grida il silenzio
che urla impazzito
alle orecchie
del vuoto che incombe,
esplode negli occhi
di lacrime vere.
O questo stormire di colpe
col vento che ostenta peccati
a tutte le rime del cuore.
Vaneggia una cima legata
al filo di un cielo lontano.
 

Cori di luce
Cori di luce splendono
l’Avvento è già
sbocciato
ma dietro i vetri
oggi
Natale
inciampa
travisando il colore
della pietà e l'amore.
Il bambino
più povero di tutti
percosso vilipeso
deportato
dalle scurrili fonti
di farisei moderni
scagliati sul dolore
sotto lo scettro
dell'indifferenza
non si festeggia
muore
e neve buona
fiocca fiocca fiocca
vuole coprire il male
col candore.
 

L’Anima è leggera
L’anima è leggera
sale in cielo
ma non appaga
i sensi
smodati del pensiero
che sobillando
con le promesse vane
acuiscono brame
e calpestando aiole
e distruggendo fiori
essa trascende
diventa pietra dura
e quando il tempo
trasporta a suo destino
l’altra sponda
essa non regge il peso
sprofonda
dentro
il buio del mistero.
 

Ausilio -Preghiera
La specie ingorda
agita le mani,
soffiano ovunque
guerre, dissapori …
rendi luce
o Signore
all’anima del mondo
che penetri nel buio
delle brame,
volgi lo sguardo
a figli tuoi soldati
di libertà e di amore,
l’esercito del male
ombre inonda
dona speranza ai vinti
dona pietà nel cuore
agli oppressori.
 

Fruscio di ali
Da quelle falde tenere fiorite
dove giocava il sole a fili d’oro
coi tuoi capelli
agli scoscesi anfratti del tramonto
gli occhi di pianto antico
ancora sempre accesi
come ceri
ardono nel cuore di ricordi …
Sento fruscio di ali che mi segue
sulla strada alberata di candele.
 

Gioia dolore amore
La strada della Fede
affievolisce l’urto
del nulla ignoto,
rende
gioia dolore amore
cardini della vita
come lo strazio immenso
della croce
risorge nella gioia
dell’amore.
Sui cigli della strada
fiorita di speranza
camminando
sembra sentire
passo dopo passo
che la meta dell’anima
è vicina.
La strada della Fede
raccoglie diligente
gli errori seminati
ad ogni passo
per offrirli al perdono
e rende grazie a Dio
di tanti doni
a partire dal parto
di un bambino
che dona alla sua mamma
gioia dolore amore.
 

Dolce amore
Dolce amore
di una notte sola
nel grembo di ricordi
torna vivo
come nodo che stringe
poi si scioglie
nella melodia
degli occhi tuoi.
Il tuo pudore nudo
mi conduce
agli occhi scintillanti
di una rosa
che lascia gocciolare
la rugiada
lungo le vertigini
del tempo
sulle sponde del cuore
fino agli occhi
dove sfocia il mio fiume
di rimpianti.
 

l’anniversario della primavera
Gli occhi del vuoto
fissano dolenti
pensieri assorti
dalla caducità
che stringe il cuore
sotto il peso degli anni,
ma sogni di ricordi
conducono a volare
presso sprazzi di cielo
dietro nubi
per adornare
ultimi rintocchi
con melodie vissute
d’altri tempi,
perciò rivivo
fiori di momenti
che tornano
col sole
insieme accesi
a festeggiare
l’anniversario della primavera.
 

Fede serena
La vita è troppo piccola
troppo si parte il vero
da quattro ossi, un scheletro,
i resti di un pensiero.
Forse il pensiero è l’anima
che si veste di corpo
e prende per un attimo il respiro?
Forse la vita è un sogno
e la morte il risveglio?
Forse ciascuno è solo
e mentre dorme sogna d’esser io
pieno di mille simili d’accanto,
sogna vita ed affanni
e sogna il tempo e gli anni?
Oppure alto Fattore
arrovelli di stelle e di mistero
troppo piccole menti
e spandi il vero:
Fede serena!
Basta una preghiera,
apre il mattino con le mani giunte
come appare negli occhi
di un bambino.
 

Ego sum
Ego sum arrogante privilegio,
ego sum conduce rovistare
nelle non pertinenze
con l’animo propenso a prevalere
senza ascoltare il cuore,
emolumenti accendono gli istinti
animati da brogli di ragione
conducono alleanze di progetti,
morbo copioso di pensieri avanza
connesso a privilegi di statura,
manovalanza irrompe
invita il senso ingordo a prevalere,
la massa informe dell’indifferenza
prodiga di parole non indossa
la pelle del meschino,
sobilla la coscienza con le ombre.
 

Il colore dei sogni
Passi felpati
nella stanza vuota,
parole dolci
di silenzio muto
accendono le notti
come fruscio dell’onda
sulla riva,
qualche sprazzo
di cielo
e qualche stella
ancora brilla,
un canto dolce appare
che trascina
le note belle
della traversata
impigliate nel cuore
di pensieri
come musica dolce
da ascoltare
senza patire l’ombre
della coltre di nubi
che sostiene
il volto ingrato
della consistenza.
 

Dona ragione al cuore
Sentire quella voce
che non parla
implora come lacrima
nel cuore
fa respirare aliti di gioia
come premio assegnato
a vincitori lumi
contro grumi
che assalgono in agguato
nella latebra
delle ostruzioni.
S'acquetino le acque
renitenti,
Si scongiuri la lotta
della crudeltà
contro il dolore.
Diamo ragione al senso
che declama
Il credo della pace
e dell’amore.
Non vestirti d’immenso
essere umano
dona ragione al cuore.
 

Il senso della giostra
Il sentiero che corre
all’infinito
verso orizzonti nuovi
stropiccia sul cuscino
i dormiveglia,
gli occhi
si riducono a spiare
nella sonnolenza le stagioni
per abbinare
al senso della giostra
il processo del vivere
e tornare,
toccando con le mani
dei pensieri
la campagna fiorita
a primavera
rigenerata
dal polline che cerca
il suo gamete amore
segue l’inverno
coi capelli freddi
abbraccia il tempo
folto di speranze
e spande oltre le nubi
il suo pensiero.
 

I comandamenti
Signore immenso brilla
come la moltitudine di stelle.
Non importa seguire
le scritture
perforate dal tempo.
Egli non è passato
Egli non è futuro
Egli è fuori dal tempo
Egli ha postato
suoi comandamenti
nel silenzio dell’anima
che sente
più forte del pensiero
dove anche il cuore
per non turbare incanto
del silenzio
quando raggiunge il cielo
entra furtivo
senza palpitare.
 

Vecchiezza
Dove dirupi intensi
assaltano confini
delle incessanti voci
folate di ricordi
soffiano come vento
sulle scarnite aiole
dormono sottoterra
bulbi di fiori belli
col vestito di velo
che sognano le notti
di sbocciare
e lasciano profumo
che si spande
sulle foci dell’alba
dolce amaro
come lacrime mute
dove il tempo
spinge come pensieri
cumuli di nubi
sugli scabrosi anfratti
e passi renitenti
contro il sole
sul cammino
che tende al capolinea.
 

Come fiorite aiole
Sono agli ultimi passi
di cammino,
sento sfiorire il tempo
sospeso all’infinito
che sommerge,
dove bazzica povero
il pensiero.
Conto il senso invisibile
che sente oltre la vita
un qualche credo.
Ora papà mi suona
dolcemente
e la mia mamma,
soffro bugie, impertinenze
ed altro,
corre il verso
di chiedere perdono
come la fantasia
di poterli presto rivedere.
Il mio pensiero vola
agli anni dolci
dove ho trascorso amori,
tornano fiori belli
rimasti sempre verdi
nel cestino di sogni,
salgono verso il cielo
come fiorite aiole.
 

La preghiera
La fantasia del tempo
conduce gli occhi stanchi
in cima al monte,
pungono insonni vertici
come un senso
che supera il cammino.
Il pensamento oscilla,
ma non c’è verso di seguire
il fiume,
il mare lo confonde
nel suo seno
lo riconduce a vivere nell’onda.
Altri versi vagano sospesi,
seguono il punto
della consistenza
di ciò che resta.
La ragione reclina il capo stanco,
dona valore a tutti e a nessuno.
Dogma abbraccia il canto
dell’incontenibile sospeso
agli occhi del mistero
dove la speranza acquista il tono
di una poesia d’amore come meta
che sappia tutelare
la sazietà del fine,
ma in essa soffia un vento
che orbita nel buio
ed agita le foglie del pensiero.
Soltanto la preghiera
fede serena dona pace al cuore.
 

Dolce incanto
Sento sorriso acceso
negli occhi trasparenti
di gioia, quando incontro
il tuo cammino,
sai spalmare
l’incanto del sorriso
su volto raggrinzito
del tramonto,
amore effervescente sei,
come colore fresco
di rugiada
che zampilla
su palpito di fiori,
sei alba della vita che colora
col tuo candido rosa
e fili d’oro
questo orizzonte opaco
della sera,
sei dolce incanto
con le braccia aperte
se corri incontro
ad abbracciare il nonno.
 

Alba giocosa indora
Alba giocosa indora
gli occhi fioriti
della primavera
su guizzanti sentieri
di rugiada,
mentre sospeso ascolto
magie della natura,
guardo la gioia stretta
di una mamma
al nido di uccellini,
un qualche verso
gorgoglia sulla fronte
di un pensiero,
altalenante imbocca
i disumani accenti
dove potere infido
ostenta pregiudizi
e dove mostri
di supremazie
tra flagelli di guerre
colmano di dolore immenso
il cielo.
 

Aci e Galatea
Tratta dal libro Pennellate di Sicilia

II canto antico delle verdi alture
popolate di miti e di ciclopi
parte dalle vertigini del tempo.
La dolce ninfa e il pastorello Aci
vagavano felici per i monti
nella terra selvaggia di ciclopi.
Sulle alture viveva Polifemo
mostruoso gigante con un occhio
anch’esso attratto
dalla bellezza della giovinetta.
La gelosia che irrita e sconvolge
rapì l’animo crudo del ciclope
che insorse contro l’uomo innamorato.
Aci venne travolto da un macigno
lanciato dal gigante
e Galatea trafitta dal dolore
piangente proferì contro il ciclope
un anatema forte di sventura.
Inginocchiata sulle amate spoglie
dove pietoso il cielo
che fabbrica l’amore ma non tiene
mezzi capaci di salvaguardarlo,
lo protrae piuttosto oltre la morte,
mutò l’amato in fiume
rendendolo immortale.
Ancora scorre
sotto strati di lava il fiume Aci
e Galatea lo veglia, sconsolata
accarezza le acque dell’amore.
L’anatema scagliato dalla ninfa
contro il ciclope
condusse Polifemo a suo destino.
Il mare antico dove Acicastello
oggi si staglia,
culla nella sua baia massi enormi
che il ciclope lanciò contro Nessuno.
La leggenda di Polifemo e Ulisse
copre i millenni,
affascina ancor oggi passeggeri
che guardano entusiasti faraglioni
incastonati dentro il mare azzurro.
 

Fruscio del web
Fruscio del web
ferma le stagioni,
primavera rimbocca
questo inverno
come un fiore di carta
che trascina
bellezze contraffatte
lungo gli argini vuoti
di profumo
sulla magia del web
che traduce fisionomie
sfocate
dai colori del tempo
capovolto,
scorrono gli anni
adorni di passato.
La realtà degli occhi
affacciata allo specchio
recondito sostiene
la melodia di gusti,
il tuo fruscio
abbevera le notti
e cuore abbraccia
sogni sempre verdi
rimasti fermi
a dolce di parole.
 

Il primo amore
la sera coglie
un qualche sentimento
sciolto nei versi belli
di una poesie d’amore,
fabbrica un sogno,
sveglia
ricordi addormentati
tra fantasie del buio,
un qualche senso
coi vestiti di velo
si sposa
coi pensieri del cuore,
incontra
il primo amore
nascosto dietro gli anni
in riva al mare,
il sentimento vero
abbraccia il sogno,
con la pelle di brividi
dirotta
sulle sponde dell’alba
come un pianto.
 

Stipiti del male
Aleggia Pasqua
intorno,
pensieri come rondini
di ali
nel cinguettio del cielo,
dolce tripudio
della primavera
la natura divina
rende omaggio
di pace
a questo inferno
di bombe fratricida
che scorrazza
nel coro umano,
artefici ribelli
per tornaconto
dell’egemonia
abusano di orrori
fino tra fiori belli
di bambini.

O sonno eterno!
Chiudilo nell’Ade
quel sentimento ostile
che rimbalza
dall’uno all’altro
stipite del male.
 

Il Cambio di stagione
Prelevo
dalla magia del sole
che rifocilla
luce di germogli
il gran mistero
diffuso tra parentesi
del tempo.
Questo impero
d’infinito sentire
che profonda
in melodia di versi
equilibri pensosi
di spettanze di gioia
e disappunti
che sentono il dolore
nelle contrazioni
del pensiero,
naviga le sponde
diluendo
nell’infinito amore
che suggella
il flusso della gioia
e del dolore,
un qualche verso
del divino assenso
che vada oltre
il cambio di stagione.
 

Una lacrima muta
Quella lacrima muta
rimasta nel profondo
sonnoveglia
segue la nave
sulla scia del tempo,
mi raggiunge
il tuo sapore limpido
di mare
e nelle notti sento
il verso dolce
sepolto sempre vivo
nel reliquario
delle opzioni
dove puntuale accedi
al mio pensiero.
Ora lontano naviga
la nave
tra cielo e mare
di una notte sola.
Sei lumicino acceso
sempre brilli
dove il cuore rimasto
prigioniero
sulla nave incagliata
nella sabbia
della monotonia
tra brividi di tempo
ancora vola.
 

Senso di buio
Senso di buio
incombe
dietro spiragli
piccoli di luce
come un avviso
al ravvedimento,
ma soffia solo
un alito di vento
contro blocchi
massicci
di cemento.
Un qualche senso
conduce trasferire
oltre fuggiasche nubi
contrassegni
delle incontinenze,
condanna coi rimorsi
nel silenzio dell’anima
che sente
la supremazia
di prominenze
che sobillano il verso
più marcato
dell’egemonia
del non vedere.
 

Il tuo sapore nudo
Il tempo passa
non cancella il segno
dove ricordo
di una fiamma viva
rimasta accesa
brucia più forte
dentro il fuoco spento.
L’amore è dono
che trafigge il petto,
la sua dolcezza amara
non guarisce,
basta sfogliarla
sanguina più forte
la mano del pensiero,
ora la vita
ha corso il suo cammino,
sulla soglia del cielo
agli anni vecchi
compare ancora
il tuo sapore nudo,
il tuo perdono
non ha perdonato
con la forza di baci
abbraccia il pianto.
 

Ma tu ci sei
l’acquerugiola dolce del mattino
che apre il giorno ad altri itinerari
tinge di riflessi
gli attimi appiccicati
all’onde delle notti insonnolite,
il sole non traspare all’orizzonte,
sembra confuso
si posa piano sulle note escluse,
il cuore redarguito si è nascosto,
ora è tornato fioco e scolorito
come un bimbo in castigo
dona al silenzio
un qualche pianto muto.
Siamo al punto che l’alba
sgrida il sole,
le siepi desolate dell’inverno
ed il pensiero carico di spine
costruiscono i versi dell’addio …
ma tu ci sei,
sento i tuoi passi
dietro i miei pensieri,
l’amore disilluso
a lume delle ombre serotine
stacca dal cielo fiori di parole.
 

A città du liotru
Siamo a Catania
tra cielo sole mare
e frotte verdi di agrumeti in fila.
Siamo a Catania nella turbolenza
di traffico, di gente di negozi
dove respiro antico che si perde
tra vetrine affollate di colori
torna presente lungo le traverse
che moleste si affacciano sul corso.
Il Monte Bello
con la faccia di neve scintillante
guarda la sua città,
carezza i suoi confini
con ondate di sciare
intorno al monte
e gli odorosi arbusti di ginestra.

Ora siamo al centro di Catania,
l’Amenano che scorre sotto terra,
seppellito dal fuoco della lava
con la testa di toro e corpo umano
ancora copre le leggende antiche,
guarda la sua cascata
come un velo
che sgronda dalla vasca
e mormora pensoso mutamenti
della città che regge sulle spalle,
guarda gli occhi affacciati di turisti,
ascolta lampi di telefonini,
le sferzate di flash sulla faccia
e fuggitivo segue il suo cammino.

U liotru risiede in piazza duomo,
ora è passato il tempo
delle scorribande di Eliodoro
che a cavallo del mitico elefante
trottava il tempo antico,
il taumaturgo vescovo Leone
incolume protetto dalla fede
non tollerò le gesta del maligno,
gli diede fuoco con la fiamma viva
del suo potere sacro esorcizzante
sciogliendo l’elefante dalle grinfie
del negromante.
Ora u liotru guarda con affetto
La cattedrale che gli sta di fronte,
l’elefante idolo pagano
sembra quasi voglia percepire
sacro sentore delle vie del cielo.
Mostra sui fianchi drappi marmo incisi
di Agata patrona di Catania
e sulle spalle l’obelisco egizio
che sostiene la Terra
come un globo,
una foglia di palma raffigura
desolante martirio della Santa
ed un ramo di giglio la purezza.
Sotto la croce in cima all’obelisco
iniziali osannano l’avvento
che liberò Catania dalla peste
ed acclamano Agata Patrona.

Nei giorni eletti della grande festa
esplode un grazie immenso della folla,
Balconi straripanti, luci, addobbi,
tappeti, fiori, fazzoletti bianchi
come morbide ali sventolanti
dove perdura ancora il rito antico
della corsa nei sacchi che ricorda
la dea adorata dell’antico Egitto
Iside regge flusso di millenni
percepisce la miseria umana
e l'affidarsi al senso del divino.
L’acqua del mito, l’obelisco egizio
l’elefante idolo pagano,
scoprono il cristianesimo
con le immagini sacre della Santa.
A città du liotru dona esempi
di fratellanza delle religioni
come figlie
di un sentimento forte naufragato
nel mare della vita tende al cielo
la mano, buio incombe,
la fantasia che corre tra le stelle
sente il senso divino e si commuove,
ma l’incertezza irrompe,
La Fede unico faro apre la porta
al senso del mistero
che il martirio di Agata e dei santi
effonde dentro l’anima del mondo.
 

Questo povero anno
Vento soprusi gelo
fuochi mortali brilla
il cielo, pilotati
da frenesie di brame
per conquistare odio,
fiume del tempo
incongruente scorre
lungo le vertigini del male.

Si atteggia immenso
l’essere meschino
straripante di bolle
che sconfessa
respiro incommutabile
del credo.

Crogiolo di speranza
non si scioglie
dolore arroventato
sulle spalle
questo povero anno
partorito
da seme sventurato
sulla soglia
convogli saldo
alito di bene
che invogli luce
di pietà e d’amore.
 

Natale oggi
Natale è un pensiero che vola
sull’onda del Web,
si ferma su schermi di tempo
che corrono arditi a spiare
e scoprono
oltraggi condotti a negare
le leggi del cuore,
catene di lutti
guidate
dal fumo che ingombra
sentieri assettati di fame,
ossuti bambini
dagli occhi brillanti
che allagano
plaghe di terra sgualcita,
e sfarzi di mense sontuose
che invadono
vaste distese di brame.
Natale è un pensiero
che grida
con tutta la voce del cuore,
Natale è un fiore che sboccia
su terra trafitta dal gelo,
Natale è un bambino che nasce
necessita cure ed amore,
Natale è una stella del cielo
che insegna la via da seguire.
 

Il nocciolo del male
Preludio sfiora
con le prime luci
il velo delle nuvole
che copre
l’esercito di corpi
dietro i sipari della carità.
Raggi buoni
come pensieri
partono da lontano,
il mondo ascolta.
Ora siamo nel tempo
dell’amore
dove si rende all’umiltà
un tributo,
ma senza cielo
limpido di stelle
con la tendenza
di retaggi stretti
l’animo sente forte
spalancare
le porte della soglia
al bimbo eletto
che si prepara
a nascere
nell’umile capanna
per scacciare
come una preghiera
il nocciolo del male
che divampa
nella pietà del cuore.


Siamo a dicembre
Siamo a dicembre,
l'aria di Natale
trascina rami spogli
senza luce
con lacrime sospese
come fiocchi di ghiaccio
a questo freddo
che gela il cuore affranto
dai soprusi
del veleno che affligge
prominenti
a vertice di monti
e gente inerme.
Bimbi intirizziti
coi sogni congelati
dall’algore
aspettano le briciole
di stelle,
aspettano
che si proclami l’alba,
per non lasciarsi
prendere dal gelo
conservano nel cuore
bulbi dolci
sotto la terra dura
che vince nella stalla
dove re buoni approdano
a osannare
il bambino
più povero di tutti.
 

Non venderò il mio cuore
Le acque rimosse dal maltempo
sono tornate calme
è rimasto un alito diffuso
nelle note che il vento aveva posto
accanto ai versi dolci,
la pioggia ha tolto il polline
alle ali dell’amore,
l’arcobaleno ha spartito il cielo,
la mia metà è rimasta
orfana di colori ed il mio cuore
è dovuto scendere dal palco,
ha preso posto tra gli spettatori,
ora sento i tuoi palpiti vibrare
al vento fresco di nuove stagioni.
È venuto a trovarmi il tuo silenzio
mi ha sgridato fino a farmi male,
così ho guardato dentro la tua stanza
dal chiavistello …
perciò non scriverò versi d’amore
da affidare al vento che sparpaglia
i fogli pieni di malinconia.
Ora che il sereno è ritornato
non venderò il mio cuore alla magia
a costo di picchiarlo
oppure di tenerlo imprigionato.
 

Perché
I miei sogni rincorrono
raggi di sole
perciò le notti vuote
di profumo
scorrono insieme
a frotte di perché,
gli affluenti amici
spingono l’avanzata,
più lontano
danzano le carole
di tramonto
come ad offrire un varco
per piantare
dentro ciascun granello
prospettive.
Vorrei postare il cuore
nel tuo cuore
ma tornano imperterriti
i nemici,
se chiudo gli occhi
guizzi di perché
balenano
più forte di pensieri,
misurano con gli occhi
l’orizzonte,
tendo la mano vuota
in lontananza.
 

L’Autunno
L’autunno
che strazia
pensieri
di foglie cadenti
convoglia
su bianchi capelli
il soffio dl vento
che gioca
col pianto
degli alberi spogli.
 

Il vecchio sole
Siamo al tramonto
Il sole sta calando,
ha trascorso le nuvole
e il sereno,
mancano pochi passi
a suo declino
ma esso non si duole,
regala all’ombra
magici sussurri,
come un bambino
gioca coi colori.
somiglia ai primi passi
della vita,
cala senza timori,
sembra che sappia,
tornerà domani
tenero di colori
vestito con i raggi
del mattino.
 

Genesi del male
Nel giardino di fiori
che palpitante
anela di sbocciare,
quella metà di cielo
che luminosa
accende
il filo dell’amore,
divelta da soprusi,
che contesta
l’egemonia covata
nella latebra umana
del sistema,
offesa perseguita
fustigata
perfino uccisa,
confonde
l’ipocrisia celata
tra le righe
del sedicente credo
di chi creando un dio
simile all’uomo
offende
tutto il Cielo.
 

Il segno della croce
Luci di silenzio
nel campo
dell’amore
accendono barlumi
come stelle
nelle notti serene,
percepiscono
il segno della croce
che santifica
il cielo del dolore
contro le avversità
lungo il cammino,
la vita sboccia
dove il parto amore
conduce l’onda viva
del dolore
nell’etere divino.
 

Amo la notte
Tengo nel cuore
note sempre vive,
sono fasci di luce
in lontananza,
splendono confuse
nei colori del giorno
dove il sentimento
non respira
in mezzo ai gorghi
delle inappetenze.
Amo la notte,
fiori di ricordi
sfiorano,
sono come puntini
luccicanti
salgono dalla cuna
in superficie …
regala il cielo stelle
al cuore buio
delle notti insonni.
 

Dolce profumo amico
Dolce profumo amico
nell’alito di vento
in lontananza,
come uno specchio
agglomera riflette
giochi di muri antichi
piantati in mezzo al verde,
e l’aria intorno
grida un silenzio
forte
che si sente
sulla pelle di brividi,
rimbomba
nella valle assolata
tra gi ulivi
dove risiede
l’anima del tempo
rimasto acceso
al cuore pellegrino
nel seno delle notti
trafugate
a questo inverno
trepido che sente
la parentesi chiusa
della vita.
 

Fiore del buio
Amore
nel silenzio delle notti
sospeso al suono
delle tue parole
lasci nel cuore
quel profumo amaro
che si ridesta
e scivola
nei versi del pensiero.
l’eco diventa voce
che rimbomba
contro le pareti del cuscino,
e notti insonni
a morsicare sbagli.
Un senso dolce invita
a riesumare …
Fiore del buio
pudica si scioglie
gocciola come un pianto
acme del momento
soffocato
da grigio di singhiozzi
col vento teso verso
la battigia
che assorbe l’onda amara
di rimpianti.
 

Torna l’estate
Torna l’estate
Informa sentimenti
con la forza del sole
che rintocca
come la nostalgia
degli anni verdi,
esuli nodi
della lontananza
scalfiscono le pagine
del cuore
e l’alchimia trasfonde
il suo mistero
nei sogni,
porge domande
alla poesia d’amore
dove è rimasto
impresso
dietro il velo
contro il parere
della lontananza
un alito di cielo.
 

Alito divino
Il tempo che percorre
le stagioni
sulla soglia del buio
di confine
si insinua
alla ricerca di una luce,
nei sonnoveglia avvolti
il ciel conduce
sussulti di spiragli
sulla pelle
come gli occhi del sole
sulle fronde
dentro un lago
iridato di magia
dove si specchia
un albero profondo.
Cose grandi vanno
oltre i pensieri …
Il senso che conduce
a scegliere le stelle
più lucenti
raccoglie nelle notti
come sorriso
o pianto
ogni singolo petalo
 

A questa età
A questa età
degli ultimi gradini
posso contare i torti
e le ragioni,
entro nella memoria
a rimirare
quadri di sogni affissi
alle pareti stanche
della vita.
Trovo dappertutto
molti errori
torno con gli acquarelli
a recitare
le melodie sospese
al filo di un contesto
che risale
agli anni dolci
della primavera.
Le stanze trascorrendo
colgo fiori,
sono lacrime
dolci, amare, chiuse
che non hanno
il permesso di scoppiare
e allagare di pianto
il cuore muto.
 

Armonia vivente
Lungo il sentiero acceso
di ricordi
trovo pennellate di poesia
che la natura ha scritto,
leggo rileggo
sfoglio ancora il libro
sempre aperto
di fronde
che si abbracciano
tra loro
col sole, guizzi d’oro
filtrano col vento
che trascina i versi
sulle righe rosate
del tramonto,
e su declivio
arrampicato al colle
fondono gli acquerelli
la melodia di trilli
coi colori,
lungo il sentiero
grilli cantautori
spandono il verso lungo
che si ferma
all’avviso di passi
in mezzo ai cigli
come un quadro
che tiene incastonata
la melodia vivente.
 

Il senso della vita
Guardo la scia
che corre
dietro il tempo
come lo sguardo aperto
al finestrino
di un treno in corsa,
sono trascorse
tutte le stagioni,
trovo campi di fiori
lungo sentieri dolci,
chilometri di tempo
rivedo nello spazio
come miraggi,
filari di ricordi
abbarbicati al cuore
giocano a rinvenire,
e scandagliando
più profondamente
valuto le ingerenze
di intemperie
e raffiche di vento
contro il fortilizio di mattoni
stabilizzati
l’uno sopra l’altro
dalla capacità
del Gran Fattore
che ha spalmato
strati di cemento
ed ha inventato
figli e nipotini,
angeli della vita
a riformare
le ritrosie del cuore.
 

Turpi imprese
Uomo gigante
sterile
al senso della luce
dona lo sguardo
al fine
legato dal destino
a questi tempi
indicizzati
agli insulti incessanti
del tuo genio.
Il tuo colore
unto
di sangue degli abusi,
ed innocenti bimbi
cui silenzio
condanna la memoria
più forte del silenzio,
punge
a cospetto del tempo
che cammina
votato a immortalare
turpi imprese
per anatemi
di pensieri ostili.
 

La fantasia
La fantasia
ragiona con le ali,
si presenta
vestita di colori,
apre tutte le porte
col dominio
di chiavi universali,
segue veto di sogni
dove il filo
scivola dalle mani
del pensiero,
si posa
sopra l’isola
incantata
e galoppando
inventa altri colori.
 

Il tempo
Nei labirinti
delle notti insonni
gli occhi del nulla
temono domani,
la luce spenta
soffoca il pensiero
che si scioglie
come lacrime mute,
tinge di pianto
il fondo del declino,
Un senso
trova gocce di mistero
dentro
l’impercettibile sospeso,
allunga le sue mani
a dismisura,
segue il filo
che scorre sula ruota
fino a toccare il punto
dove principio fine
sono lo stesso punto,
come il senso infinito
delle ore.
 

Il senso del male
Diversità soccorrono
il cammino
di questo intenso affanno
dove l’egemonia
delle stagioni
conduce l’armonia
degli equilibri.
L’irruenza scompiglia,
raffiche di vento
devastanti
nel mare della vita
dove la ragione
perde il senno
sono connessi al senso
che declama poteri.
la Santa Pasqua scorre,
sembra proprio condurre
questi giorni
di farisei scagliati
sul dolore,
suonano morte
crudeltà
massacri d’innocenti …
represso impulso
a quieto almo si scioglie
nel mare e dolore.
 

Un qualche cielo
Intelligenza liquida
si scioglie
nella fantasia
dell’infinito
come
un cielo di stelle
che si sente
avvolto dentro l’onda
di un pensiero,
Il senso che conduce
traccia la rotta
sull’itinerario
diretto verso il guscio
del mistero,
sullo scorcio di vita
che prorompe
incontra un’alba
accesa su sentiero
di petali di fiori,
si ferma e inventa
il verso
di una poesia
d’amore
come un velo
spalmato sulle onde
di questo mare,
che lascia intravedere
oltre profondo buio
un qualche cielo.
 

Il senso dell’amore
A questi ultimi passi
di cammino
valuto le altitudini,
il pensiero
aggrovigliato
a fili competenti
che sfogliano
le pagine del tempo,
affastella convogli
di memorie
nei sonnoveglia assorti
delle notti
dove il silenzio
acquista competenze
per parlare
gridare
contestare,
perfino di picchiare
contendenti
che salgono
nello spazio infinito
che si perde
come un impulso
di precipitare …
a questo punto
dono ragione al senso
dell’amore
mentre sfoglio
preghiere
che conosco
come un velo di ali
per volare.
 

Il dolore di un pensiero
Oggi piange il dolore
di un pensiero
che naviga
sull’onda di regimi,
dolenti spine aguzza
a sanguinanti piaghe,
farisei
la croce del dolore
stringono
in cima al monte,
perciò vorrei crudeli
ingorde menti
che hanno chiuso
dalle radici
con il pianto buono
per la mania
di nuvole i fumo
precipitare
in quel dolore grande
dietro la porta
del silenzio muto,
quello che insorge
redarguisce il buio
fino al punto
di farlo scoppiare
in lacrime di pianto.
 

Esule espulso
Naufrago scalzato dal barcone,
esule espulso sulla sabbia dove
pietose l’onde
consegnarono al sole
il suo destino.
Incogniti soprusi
lo strinsero nel buio dell’attesa
tra muri di parole,
annichilito
da cupo buio della stanza muta
prese la fuga,
si sentì braccato,
trovò nell’aria libera rifugio
lungo scalcinati gelsomini
di muri colmi …
vento leggero infonde
flagranza dolce
agli occhi addormentati sulla sera
ebbra di stelle, e di sapore muto
come le vertigini affamate
dell’erboso sentiero, il pellegrino
gonfio di piedi pervenuto a stenti
lasciò ai pensili fiori
il suo tormento
che impietositi
coprono una croce.

Dolce amaro
il tuo sapore
conduce dolce amaro
che si scioglie
nel cuore delle notti,
la nostalgia lontana
abbraccia col pensiero
un sogno infranto
che custodisce il tempo
come un volo
nell’immensità
di suoi momenti,
ancora sento
l’anima del senso
che ha sorpassato
il tempo
rimasto impresso
fino agli ultimi passi
di cammino.
Questo cielo
che incolla sentimenti
con la forza di lacrime,
congloba
sogni desideri nelle stanze
come i colori della fantasia,
vorrei
non si fermasse
alla frontiera.

Diamo ragione al senso
Diamo ragione al senso
che conduce
oltre la realtà
nuovi sentieri,
la carne guasta
gli ultimi gradini,
si rialza lo spirito
stravolto
dalle acrobazie
del controsenso,
aleggiano pensieri
fluttuanti
sulla battigia buia
del mistero,
Il verso pellegrino
che tende ravvisare
l’altra sponda,
contiene fili dove
l’atomo d’infinito
che dentro noi alberga
destinato a rivivere
in eterno,
dona ragione al senso
che propone
oltre il pentimento
una preghiera.

Ave Maria
Ave Maria
preghiera
dolce approdo
annodi terra e cielo,
il tuo dolore
piange sempre vivo,
hai graziato tutti,
anche la croce
redenta dal perdono
benedetta,
la luce delle notti
ora scintilla
illumina la soglia
del mistero.

Coagulo di buio
dominante
dietro profonda luce
fonti oppresse
dagli spiragli fuori
di burca accesi
come silenzi
impugnano le ombre.

Ipocrisia del muro
Negli angoli del mondo
che ho trascorso
cerco nei rimasugli di momenti
un sentimento libero di amare
nelle profondità dell’infinito.
Vola pensiero sui bambini immersi
nel bagno di una vita dissacrata
venduta in mezzo agli occhi balbettanti
di civiltà avanzate che non sanno
itinerari curvi sulle spalle
di esuli migranti pellegrini
dove soprusi
di demoni farciti di criteri
di una ragione imposta
a beneficio di supremazie
stringono l’uomo a digrignare i denti,
egemonia diffusa di potenti
accende scosse martellanti il cuore,
ipocrisia del clero che si avvale
della facoltà di prevalere
si elegge santo, predica l’amore,
condanna muri, tiene eretto il muro …
ipocrisia del muro
che nega mezzo cielo.
 

Buon Anno
Buon anno a naviganti
di questo mare
sulla nave
che corre contro il tempo
con l'augurio
che raggiunga un porto
dove sogni
si possono toccare.
Buon anno
a progetti di avvenire,
l'anno nuovo
accenda una carezza
al cuore di ciascuno
che dissolva la nebbia
di pensieri.
Buon anno in cima al monte
dove gli anni
han tinto di candore
anche i capelli,
con l'augurio
di un camino acceso
che sopperisca,
il sole dolce
della primavera.
Buon anno a tutti voi
e un grande abbraccio
dato col cuore all’onde
di questo mare immenso
di parole.

Caro Natale
Natale si veste
di banchi scuola,
di bimbi fioriti
che accendono
il cuore
di attesa
del bimbo divino
che porta i regali.
nei campi
di fasce di gelo
acquista un colore
il verso degli alberi spogli,
le candeline accese
dell’avvento
parlano forte
dolcemente piano,
sembrano fiori
sulle dure zolle,
ed anche qualche spina
tra gli arbusti
sente di avere
un cuore.

Andiamo a Betlemme
Andiamo a Betlemme,
è nato Gesù.
Uniamoci al coro
ciascuno portando una luce.
La voce di occhi di bimbi
traduce un silenzio
che parla alle attese
come un suggerimento.
Andiamo a Betlemme
la stella ci guida,
dal tempo che cresce
ogni anno un gradino
la grotta rimasta confitta
nel vuoto del tempo
possiamo raggiungerla
senza tragitto.
La grotta del povero bimbo
che nasce ogni giorno
a mille più mille
aspetta soltanto …
uniamoci al coro
ciascuno portando
una luce,
la voce di occhi di bimbi
traduce un silenzio
che parla alle attese.

Abeti buoni
Siamo Natale,
in questo mondo
festoso
frettoloso,
un po’ corroso
dalla pandemia,
tornano a galla
amici rituali
e commentari
di parole vuote.
Anche la gioia
occlusa
dal contagio,
quota con gli occhi
il peso di regali,
sotto
gli scalpi verdi
abeti buoni
spendono l’agonia
per dare un senso
porgono i doni
con le mani giunte
che odorano
di lacrime di incenso.

Col libro aperto
Dove zampillante
acqua si fonde
precipitando a valle
sulle bancarelle di memorie
alleggerisco nuvole di cielo
pesanti nella stanza,
e le erosioni vedono già
con occhi desideri,
la fiamma
vuota di luce
giace su cuscino,
più non soffre fatica di respiro,
la soglia oltre distratta
dalla vista
ascolta già dall'uscio
ancora chiuso
il borbottare delle sentinelle …
ma forse non siamo perduti
per sempre
e sentirai brividi di pelle
di un qualche vento
che verrà a sfiorarti.

Sento il fruscio dell’onda
Nella penombra dolce della sera
carezza il sole l’ultimo tributo
al giorno stanco,
la pace d’oro
intenerisce l’onda di pensieri,
Il cuore prigioniero
stanco di annoverare
le pagine sgualcite
si libera dal peso e fa ritorno
alla melodia della stagione:
dolce fruscio dell’onda
fendeva il mare
l’alito di remi …
ma giunge il
sogno delle notti al bivio
dove intrapresi l’altro itinerario …
vorrei tornare indietro
a quei frammenti
ed aiutare il cuore
a sollevare l’attimo indeciso,
dentro quel pianto c’era il tuo dolore,
l’alba delusa scioglie sulla sabbia
la fantasia che fabbrica castelli,
sento il fruscio dell’onda
nel mio cuore.

Il colore dell’illusione
Foglie secche
a ceppo
delle querce
agita il vento,
canto mesto
intona,
un qualche
palpitare
apre finestre,
il sole
coi raggi
del tramonto
le carole
semina, si veste
ovunque
la campagna
di fili d’oro,
questo anelito
forte
di indossare
abiti eleganti
sono il colore
dell’illusione.

Sapore di germogli
Nell’aria
c’è sapore di germogli
sbocciano come sogni,
anche cespugli antichi
si vestono di fiori.
Ora il tramonto
intenerisce, il sole
si spoglia nudo
lascia guardarsi
lineamenti d’oro …
si fa notte
scusami ti aspetto
non ce la faccio
a contenere versi
che piovono dal cielo,
ha spalancato
le finestre il cuore
forse che entri
un qualche ardor di stelle
catturato dal sogno
d’un amore.

Sei un amore
Sei fonte
sempre prodiga di amore,
sei luce che colora di poesia
anche foglie ingiallite
dell’autunno,
sai scavare
nel profondo dell’anima,
mi perdo
in mezzo a fiori di parole,
ti cerco nel colore di pensieri
che sfoglio
quando accendi un lumicino,
domando a qualche scia
che squarcia il cielo
immersa dentro
melodie notturne
che sgridano
il mio cuore carcerato
dentro le follie di una prigione.

Sei una poesia
Lo sguardo preso dalle tue parole
informa il pensiero che accarezza
i lineamenti, trasparisce il cielo
la poesia degli occhi, sulla pelle
la melodia che corre oltre i vestiti
rompe lo squallore dell’autunno,
il sole imprigionato
di velata agonia dietro nubi
libera col sorriso raggi d’oro.
Foglie cadenti sembrano gioire
filtrano pennellate di colori,
mentre le fronde melodie di trilli
spalmano intorno. Il tempo si ridesta
scopre il sapore magico di stelle
che dura dietro gli anni, l’orizzonte
prepara l’alba, nella stanza vuota
brulicante di sogni
salgono a galla bollicine d’oro,
nuotano tra pensieri delle rughe
e sfociano nei solchi delle ciglia.

Grazie perdono
Inginocchiato ai piedi
di un pensiero
che lentamente sale,
sospeso sulla via
che guarda il cielo
ascolto il senso immenso
che circonda
l’orizzonte del tempo
che si perde
in prossimità dell’infinito.
Trascorro coi colori della vita
campi fioriti, sole, primavera …
lo sguardo aprico
spalanca i sensi
al cielo delle notti,
tutta la fantasia della natura
mi illumina di stelle fino al cuore,
faccio ricorso al senso
che esula dai sensi
come un pensiero
vagola sperduto
dentro la fantasia dell’universo
ed incontro nell’anima
che sente
l’infinito sospeso a due parole,
grazie, perdono.

Ascolto il mare
Su sentiero che porta
in cima al monte
seguo sfogliando libri di pensieri,
dove rileggo versi
macerati dall’onda
in riva al mare.
Per allentare il peso del silenzio
ritorno alle carezze
di dormiveglia,
l’onda di rimpianti
stringe sulla battigia malumori.
Vorrei retrorso confidare i passi,
ma è vano di pensieri,
foglie verdi
non si svegliano
all’alba dell’autunno,
ti prego
non lasciare la mia mano
forse potrei giocare con l’amore
soltanto nello spazio delle stelle
senza toccare il sole …
mentre rincorro ancora
il tuo sorriso
ruotando intorno a un pianto
ascolto il mare,
sono annegati nella traversata
senza potersi spolverare al vento
versi d’amore.

Bimbi sfruttati nel mondo
Sono come un sorriso
in mezzo al pianto
dove traspare
la dolcezza nuda,
sono un pensiero grande
in mezzo al gelo
come un eco lontano
si ripete,
sono vento che sfiora
fili d’oro
di una musica dolce
che scintilla
sulle corde del cuore,
sono fiori sbocciati
sulle pietre,
sono stelle tra nuvole
profonde,
Sono bimbi innocenti
in mezzo al pianto
nuotano nelle lacrime
del cuore
come gelo negli occhi
di parole,
e cuore chiuso
dall’indifferenza
come pioggia incapace
a dissetare
si smarrisce,
dietro un pensiero
grande
in mezzo al cielo.

Il cielo ha colore di perle
scintilla di luce dell’alba,
lo sguardo pietoso diffonde
scolpito dai segni del gelo
la donna accostata ai carrelli,
Silenzio tra verde di fronde
di pini sul grande parcheggio.
Si sfalda nell’aria la neve,
ondeggiano fiocchi smarriti,
carezzano il viso e i capelli
intrisi di lividi e ghiaccio,
la donna accostata ai carrelli
coperta da stracci di panni
le mani imbottite di guanti
ha voce pietosa che insiste,
la gente che passa non vede
le lacrime sotto la fronte.
La gente che esce non sente
la donna che parla un silenzio
più forte del freddo che incombe

Brividi d’amore
Cuore voglioso
che mi vegli accanto
nei sogni
fino all’alba di domani
le tue parole mute
onde velate
dal pudore dolce
mettono in chiaro
vincoli assetati
di quelle notti
dove gli ultimi raggi
sono affogate
nel profondo mare,
la tua poesia nuda
della vita
trova facile ascolto
nei ricorsi di stelle
dietro nubi,
si presta all’uso anonimo
elargisce brividi d’amore
mostrandosi assenziente
dietro i lumi.

Il fiore della Fede
Il fiore della fede
profuma di bambini
come una primavera
al sole del mattino
col fascino di trilli
sulle fiorite aiole,
sa descrivere il senso
più forte di parole,
così splende negli occhi
dell’anima che sente
dolce incanto
senza patire il peso
del tramonto.

Il senso del senso
Il colore di passi
custodisce
l'itinerario incerto sulla cima,
come un afflato
lega memorie
all’attimo che passa,
ansie timori angosce
stringono forte
gli ultimi gradini
al futuro
che invita penetrare
col pensiero
nel fondo dell’oblio,
si prende cura ancora
oltre lontano.
O questo immenso
infinito che accoglie l’infinito!
Ha un senso questo senso
di tutelare il senso
dove non entra
un piccolo pensiero?
Forse è postato
un atomo divino
nel silenzio dell’anima
che sente
come un amore
conglobare il tutto
nello spazio infinito
di un momento.

Appartenenze
Pullula di anafore
il discorso
dell’orizzonte
come una manovra:
bacia la moglie
parte la mattina
compra il giornale
guarda i titoli grandi
prende il treno
sempre lo stesso
stessi passeggeri,
il posto riservato
dall’amico
compagno di lavoro,
una ragazza
seduta all’altro lato
Incontra gli occhi
gli regala un sorriso,
ma il cuore di pensieri
riluttante
rinnega competenze,
batte nel petto
delle appartenenze
non segue i sensi
e spesso si ritrova
nei labirinti oscuri
come Ulisse
che si lasciò legare
quando raggiunse
l’isola proibita.

Ascolto i pensieri del mare
Il sole alza la voce
accende di nuova stagione
l’azzurro del cielo,
allaga l’orizzonte
fino alle dolci
melodie lontane,
aleggia nell’aria
un invito
che odora di sabbia
di gioia di bimbi che scotta
e corre a riparo
nei circoli d’ombra diffusi
di spruzzi di onda
e nudi assopiti colori
che coprono appena
gli spazi più arditi,
valuto contesti e malumori
e ascolto i pensieri
del mare.

Amore reciso
conduco ore insonni oltre lontano
fino alla permanenza di un pensiero
che agita il mio cuore
e ripercorre dolce di momenti,
ora ho trascorso miglia di cammino,
ho superato il tempo
rimasto fermo all’ultimo traguardo
dove lacrime e baci
salparono sospesi alla promessa
d’amore sempre viva
imbalsamata,
quando sfoglio le pagine del cuore
nella penombra dolce del sorriso
che piange in fondo al cuore,
respiro ancora
a questo freddo inverno
tutto il profumo della primavera
come un filo di fumo all’orizzonte
che redarguisce il mio sentire muto.

Innamoramento
Errare del pensiero
si inabissa
ruota intorno
dentro un cielo ignoto
parla più forte
resta sempre muto,
formula teorie,
stratagemmi,
con la mente incapace
a tutelare
i consigli di un senso
dell’anima che sorge
dall’infinito Senno,
forse sono soltanto
invisibili cocci
di pupille
che percepisce il cuore
artefici del senso
che conduce
due corpi ad inventare
una ragione.

Ascolto il cuore
Corre la vita sui binari lenti
ora sono passate le stagioni
siamo in inverno
cadono le foglie
sono poche rimaste
a questo ceppo
che tende al cielo i rami,
alle porte di un qualche
intenso grigio
mi conduco passo dopo passo
spinto dal vento,
nella nebbia intorno
non percepisco segni di confine,
vorrei un orizzonte più lontano,
ma stringe il tempo,
suona l’impellenza,
mentre cerco nel cielo
una preghiera
mi domando se sia
l’ultimo avviso
di una pietà divina
e ascolto il cuore.

Amore falso
Sogni sbocciati al suono della luna
Indossarono l’abito di festa,
spansero profumo come fiori
e dipinsero zolle di colori,
soffocati dal canto del mattino
si fecero sfogliare dalle mani
della stordente melodia del sole,
l'amore ammanettato dai pensieri
liberò il sacco delle illusioni
e gli ori luccicanti di parole
che sembrava fossero diamanti
si svelarono cocci di bottiglia.

Navigando
su mare di memorie
si sente a volte l’urlo di mastini...
cani del passato
che inseguono le notti
come morsi vecchi
che non hanno smesso
di abbaiare.

Ora presso il varco
di frontiera
dove il buio non consente
lo spoglio di notizie
ogni peso staccato
al calendario si accanisce
cercando un appiglio
per sfuggire l’impatto dell’assito.

Inciamperanno i cani
contro presupposti d’incombenze?
Non sappiamo se c’è verso
di sfuggirli
facendogli perdere le tracce
oppure
se ci accompagneranno
permanentemente.

Profumo di sogni
Il mio cuore
ha un angolo segreto
dove un qualche sogno
che non è proprio sogno
fa sbocciare sogni
nella stanza di fiori
dove profumo dolce
mi commuove.
salgo nel cielo
a fabbricare stelle,
cadono scintille
ci si illude
di poterle afferrare.
Questa magia del cuore
che gioca con i versi
toccando con le dita
attimi di parole
abbraccia la dolcezza
con gli occhi chiusi,
per paura
del buio della luce,
lascia fumo di sogni
nella stanza.

Intimo celato
timida
palpitante
dolci sponde
custodiscono
l’intimo celato
tra sinuose
melodie
si sfiora
con gli occhi
delle mani
e naufragare
nel vago incontenibile del cielo.

Dolce sentire
Dolce sentire
germogliare un fiore
nei vicoli assetati,
dolce sentire il senso
di brividi d’amore
accesi sulla pelle,
dolce ascoltare il volo
di una stella
che si lancia
nell’infinito spazio
e infiamma il cielo
per appagare un sogno,
dolce sentire immerso
nel bagno di un cuscino
un sentimento grande
che si muove
negli occhi di un pensiero.

Ardore di stelle
il cuscino s’infiamma di pensieri
che accompagnano fiori di ricordi,
provo a trattenere
una parola dolce sulla lingua
che il prodigio di sogni ha ricamato
alle soglie dell’alba,
il sole che acceca
la melodia di stelle
lascia inghiottire effluvio della notte
a voraci mandibole del giorno,
perciò ti amo dolce ardor di stelle
che mi conduci a riva delle rupi
col concerto dell’onda che rideva
e carezzava i nostri piedi scalzi.

Amore caparbio
Diceva sempre amore,
sulle sere trascorse
in riva al mare,
la rincuorava il cielo
con le stelle cadenti
e un po’ di luna.
Ora è passato il tempo,
il cuore disilluso
non si arrende,
prende avanzi di dolci
di banchetti
e ancora dice amore.
Oggi la donna vive
l’abbandono
ma gli è rimasto il miele
negli occhi di pensieri,
e sonnoveglia intriso
di momenti
lungo le vertigini del letto …
è caparbio l‘amore,
si stringe al cuore
del cuscino, piange
ma non desiste.

Albero abbattuto
decubito negletto
su declivio
ha chiuso gli occhi
al cielo,
anche le stelle
sentono la mancanza
degli occhi delle foglie
e le parole
sussurrate dal vento
sono rimaste mute,
rami recisi spogli
han superato
il freddo dell’inverno
incalza l’agonia
la primavera
cola dal ceppo
linfa di pensieri
fiorisce di germogli
con la morte nel cuore
ancora in boccia.

Vorrei rivivere ricordi
A questa età
dell’eco di rintocchi
bussa insistente
nelle notti insonni
un senso cui fa capo
profondo perforare
del mistero,
amalgamando
il peso di peccati
col profumo di sogni
si spezzetta in brandelli
il mio pensiero,
il mio cuore
voglioso di carezze
non è rimasto
al cielo di un momento,
sulla battigia amara
di rimpianti
tremolio di palpiti
scintilla,
ciascun pezzetto
piange,
ondate di ricordi
vanno da un ramo
all’altro,
perciò vorrei
lontano dagli intrighi
ricompattare il cuore
assemblando i pezzetti
a un solo grido
di gioia e di dolore
confuso tra le lacrime
e il sorriso.

Vedo sbocciare stelle
La melodia di sogni
fabbrica fili d’oro
ed occhi verdi
vissuti nelle immagini
senza ascoltare il tempo
che declama
la realtà effimera di rughe,
lascia alla gioia
spazi di volare
dove preso per mano
dal tuo nome
abbraccio forte
fiori di parole
nude sul cuscino,
con la gioia dell’anima
giocando
scioglie il pudore
un vento di pensieri
ingrossa l’onda
rompe sulla riva
e dolcemente copre
come un lago di sogni
la battigia.

Vorrei incontrarti
Vorrei poter scoprire
l’impatto di dolcezza
di un pensiero,
vorrei poter posare
la realtà pesante
sulla ali del sogno
per valutare il peso
che ostacola il cammino,
vorrei poter scavare
le parole
che trovano sentieri
per condurre
le dolcezze incognite
del cuore
nel labirinto delle illusioni.
La realtà che cova
non consente
al cielo di lasciare
le porte del dominio
sempre aperte,
sole e stelle
si odiano tra loro
perciò vorrei toccare
con le mani
il volto dell’amore
senza velo.

Basta una preghiera
Il tempo
conduce gli anni vecchi
nel baratro profondo
di misteri
dove si perde,
la sonda della trama
madre terra
che percepisce il tocco
non esaudisce appieno,
brancolando
faccio ricorso ai sensi,
l’onda ammansita
redarguisce i flutti
e mi trasporta
dove il buio fitto
stringe forte la mano
dei pensieri,
d’improvviso
mi sveglia il sole e dice
non serve affanno
basta una preghiera.

Buon compleanno
Onde scalze
ai piedi
spruzzano ancora
gocce di passato
sulle pieghe del viso,
lasciandoci le valli
dalle cime
vorremmo riproporre
questo giorno
come un’occasione,
ma non possiamo
tenderci la mano
sporgendoci
nel vuoto,
perché noi siamo
alberi,
ondeggia fronde
il vento
vertici di pensieri,
incollati dal peso
non trovano il coraggio
di pensare.

Il cammino dell’odio
La siccità incombe
nelle plaghe
brulicanti di sterpi
e di abituri
la zolla stringe i denti,
la terra dura
dall’umbrofilo trebbio
trapassata
spazza gli argini urlando,
esplode il parto,
cuspide incide stremi
dirotta travisando
accozza essenze e riti
votando al sacrificio
della vita per l’odio,
incolpevole sangue
insegue il tempo
piangono terre offese,
vittime penitenti
dal folto della gioia
ai pozzi di dolore,
da brandelli di carne
di grattacieli offesi
ancora sempre oggi
Iran piange i morti …
l’odio represso scorre
dentro il fiume del tempo
come un ammonimento.

Amore imprescindibile
Sapessi come è dolce
per il cuore
dopo l’assenza
risentirti accanto
come acqua buona
a sete di un’arsura
gioca un invisibile sospeso
conduce un’onda luce
come prefabbricata
da un mistero,
neppure io ci credo
ma ci sei
infiltrata
nel seno delle notti
forzi l’egemonia
della ragione
gestisci incursioni …
e mi domando come
la forza di un colore
possa soltanto
incorniciare il cielo.

Bacillo impercettibile
sbotta incessante
cova
negli incubi notturni
prende piede
nelle stanze del cuore
sospeso
alle infinite
rotte del pensiero
affonda i denti
sfugge
agli occhi schiusi
che gli girano intorno
senza capacità
di penetrarlo
sgrida beffardo
gli avanzati lumi
troppo spinti
a giocare
coi momenti,
l’amore impallidisce
il sole intanto
della primavera
sulla pace dell’erba
non si duole.

Buon Natale
Buon Natale dolcemente piano
dietro le vetrine illuminate
dove splendono fiori coltivati
che ostentano superbia di colori
col verso degli alberi spogli.
e candeline accese
a questo inverno gelido di cuori
intirizziti sulle dure zolle
sopraffatti dal persecutore.
Sogni postati al seno delle notti
coinvolti dalla sorte di momenti
scintillano più fortemente amari
sciogliendo al cielo fiamme
di preghiere
dentro il buio funesto delle ore.
Mentre il vuoto fitto che si annida
tra le maglie dell’insofferenza
dopo la pioggia fitta di divieti
lascia aperte pozzanghere ribelli,
la stella di Natale ancora brilla
dietro il tunnel profondo dell’attesa
come un arcobaleno.

Buon Natale! A tutti
Con la speranza che il vaccino che si profila
Annunci l'avvento di tempi migliori.

Un fiore bello
Stando seduto
a questo punto di presente
galleggia impigliato tra spine
un fiore bello,
di quei fiori che nascono inattesi
nei posti impensati
tra rovine
e germogli avvizziti dal gelo
della indifferenza
di questa grande madre
senza cuore
e l’ingordigia
dei suoi figli bramosi.
Il verso non insiste
nelle pieghe del calice
incantato giglio
che offre nettare ed ambrosia…
senza ricorsi a fantasie di note
tra le pareti della stanza inferma
sotto l’uscio del tempo
arrampicato alla scarpata impervia
tende alla vetta,
illumina
con la piccola face che dispone
e un grande cuore
i campi senza luce.

Caro cuscino
La sera stanca affonda
nel tuo cuore
morbido
di piume e di speranze,
isoletta incantata
in mezzo al mar d’affanni
dove l’onde si placano,
i sospiri del fondo
vengono a galla
come bollicine,
si condensano in gocce
di silenzio.

Cuore ferito
Le frecce di parole
lanciate a tradimento
pungono a squarciagola,
piangono le ferite
rimaste conficcate
nel cuore della pelle,
i versi renitenti
svuotano i giorni belli
nel sacco delle ore,
il sogno li raccoglie
li stringe forte al cuore,
ma pungono le frecce
più forte del dolore.

Fisicità
Il mostro impercettibile
contaminando assilla
il senso che vacilla
come un peso
su palpitanti aneliti
del cuore
ostenta l’impellenza
di un abbraccio
e redarguisce l’anima
trafitta.
L’effluvio si dirada
non si arrende,
all’occorrenza di lenire il male
con le mani amputate parla
agli occhi
dove una carezza
copre l‘assillo
di un dolore muto,
ma non fa sconti,
al pianto
non colma lo squilibrio
di questa intesa folle
del male e la ragione
di un bambino
che necessita
di essere abbracciato
e non intende resa di parole.

In mezzo al gelo
dietro nubi gremite
di terrore
gli evasori
senza passaporto
vegliano all’erta
seminando orrori,
sulle forbite sponde
in riva al mare
sembra che dia
una pausa
il tormento,
la fantasia del cuore
sfida gli alieni
seminando baci …
in mezzo al gelo
delle ardite zolle
splende più forte
un fiore.

Autunno
Ali di giorno pallido
sulle sbiadite aiole
vegliano appassimento,
sembra che la natura
voglia addolcire ancora
impreziosendo
la melodia di foglie
coi colori.
Il sole buono
ancora intenerisce,
filtra raggi velati
dando luogo
a fantastici tramonti,
regala guizzi ancora
come baci
ed abbracciando l’acqua
del ruscello
che scorre lungo i bordi
rende radiose lacrime
che indossano la gioia
di colori,
e scintillanti scorrono
sui passi del sentiero.
 

 

 


Si tratta di una favola in versi che ho composto nel 1994.
Nel 1995 la favola ha partecipato al concorso internazionale di poesia "La Felce d'oro",organizzato dalla città di Bologna aggiudicandosi il secondo premio sezione esteri "Felce d'argento 1995".
Nel 1998 il libro è stato pubblicato dalla casa editrice "Tabula Fati" (Chieti).
Successivamente a seguito di qualche suggerimento ho adattato il testo, a bambini delle scuole elementari, e nel 2008 esso è stato pubblicato dalla casa editrice Runde Taarn in formato Progetto scuola.
Successivamente ho ricuperato tutti i diritti di entrambe le case editrici.
Attualmente Tattolina libero di diritti esclusivi si trova in vendita presso Amazon, e libreria Feltrinelli, vuoi edizione cartacea vuoi e.book, ma purtroppo senza illustrazioni

Giuseppe Stracuzzi

TATTOLINA

Favola in versi di Giuseppe Stracuzzi
Presentazione di Nino Pala

PRESENTAZIONE
Originale e insolita la veste in cui si presenta questa favola dove l'autore sgomitola il filo aureo della trama, lungo tornanti delle vicende canoniche del genere, riuscendo a trasfondere la sua viva sensibilità, stemperandola in immagini di palpabile umanità.
L'amore vince sempre. Questa breve frase può farci cogliere l'essenza di Tattolina, la sua vittoria salda in una sorta di significativa ring-composition lo snodarsi delle vicende, scandita da vari momenti in una struttura lineare, ravvivata dal tocco della fantasia creativa e dal fluire della poesia che nella sua onda sonora avvolge la magica atmosfera evocata dal piglio descrittivo e dall'efficacia coloristica dell'autore.
Le alterne vicende in cui si dibattono i protagonisti trovano una natura sempre attenta e partecipe dagli echi teocritei, radiosa e triste secondo gli stati d'animo essa fa da sfondo, a delineare le atmosfere entro cui si situano i vari momenti della favola, e la tavolozza dell'autore conosce tutta la varietà di toni che zampillano come acqua fresca di fonte in una vena coloristica nativa e sempre aperta ad un autentico caleidoscopio di immagini.
Abile il trapasso dal ritmo narrativo ai dialoghi diretti che punteggiano i canti in cui spesso appare il gusto dell'onomatopea, attraverso l'uso sapiente dell'allitterazione: "cavallo galoppa galoppa" che riecheggia il rumore degli zoccoli del quadrupede o "batte batte, in fretta in fretta" che ripropone l'accelerazione del ritmo di un cuore gonfio d'invidia.
Figure di parola come la reduplicatio o la triplicatio dei termini sono perfettamente funzionali al dinamismo del racconto "allora allor che fu svegliata" per non parlare delle efficaci riprese "cara nonnina" che chiude il verso e "cara nonnina" che riapre quello successivo.
L'eco delle ottime frequentazioni letterarie dell'autore si riverbera nelle similitudini così ben conserte ai personaggi e agli stati d'animo: "Come una nube densa e scura…" o "e si fermò come il respiro /ch'esulta dopo un giro /della mente..." e nei chiasmi perfettamente funzionali al testo: "col bel tempo e col tempo brutto" o "corse il monte correva il prato".
Echeggiano tra le pagine di Tattolina gocce di sapienza, quartine / ariette dal sapore metastasiano sempre ben conteste, autentico cantuccio lirico dell'autore che riesce, talora, a tradurre proverbi di consolidata tradizione come: "una rondine non fa primavera" in movenze poetiche più ampie, ma non per questo meno efficaci:
"Ma spesso inganna tuttavia/il primo sole sulla via,/ e confidare non è saggio non fa bel tempo un solo raggio".
Non meno belli i distici dal sapore gnomico sentenzioso: "La gioia è un grande bene/ ma costa più di mille pene"
Sostanziato di respiro epico appare, peraltro, lo stile dell'autore che non disdegna l'uso di termini della tradizione del genere perfettamente funzionali alle scene del duello di Solimondo con il drago prima e con la scopa della strega dopo.
L'ossequio alla tradizione favolistica si traduce nelle filastrocche accortamente utilizzate: "…mille volte mille più piano/ mille volte fu sempre invano" o "vola vola scopa veloce/ sono la strega più feroce/ sono rimasta sola sola /vola scopa veloce vola/" in cui parallelismo e chiasmo appaiono sapientemente dosati in un gioco verbale di sicura efficacia.
"Poca favilla gran fiamma seconda"
Dante -Paradiso (Canto I) è l'icona dantesca con la quale mi piace sinteticamente cogliere l'arte di Giuseppe Stracuzzi.
La scintilla d'amore che da Tattolina promana ed innerva tutta la narrazione, è la medesima che scocca tra l'autore e la favola che, al limitare del bosco, davanti ad una casetta, si accende fioca e tremolante, divampando poi come fiamma d'incendio che tutto travolge, fino ad acquietarsi in un fuoco che tutto riscalda e rianima col suo calore che è in fondo il calore dell'amore.


CAPITOLO PRIMO
C'era una volta una vecchietta,
abitava in una casetta
vicino al bosco molto piccina,
si chiamava donna Peppina,
non possedeva quasi niente
ma era sempre sorridente.
Aveva un tavolo tarlato,
un vecchio letto screpolato,
quattro sedie, soltanto un poco
di legna secca per il fuoco,
per scaldare la sua casetta
umida e fredda. La vecchietta
col peso grave degli affanni
tornava al tempo dei begli anni,
accarezzava con il cuore
la primavera dell'amore …
Era l'inverno triste e lento,
fuori pioveva urlava il vento,
donna Peppina se ne stava
sull'uscio schiuso, rimirava
alberi spogli afflitti e soli,
l'aria nebbiosa senza voli,
il freddo intenso, neve, gelo,
la terra muta, il grigio cielo,
ma nel tempo dei bei colori
essa parlava con i fiori.
Partiva allor di buon mattino
ed incontrava sul cammino
il sol che spunta raggi d'oro
e trilli d'uccellini in coro.
Andava fra i tronchi fronzuti
di qua e di là, rami caduti
cercava brava e diligente,
e canticchiando dolcemente
lavorava fino al tramonto.
Poi, quando il carico era pronto
con il fardello sulla testa
s'incamminava, arzilla e lesta
si recava nel paesello
e lo vendeva a questo e a quello.
Tornava a casa con le stelle,
e stanche le sue gambe snelle
dopo il cammino di quel giorno
erano a sera al suo ritorno.
Un giorno nel bosco pian piano
essa si spinse più lontano
nel folto di pini frondosi
arbusti e rovi irti e spinosi.
Fu proprio là, donna Peppina
udì d'un tratto una vocina
e si fermò perciò sconvolta.
Quella vocina un'altra volta
si ripeté, dopo un momento
tremò fioca come un lamento
stanco, morente senza ardore,
una morsa che stringe il cuore,
dal cespuglio poco lontano
ora più forte ora più piano.


CAPITOLO SECONDO
La vecchietta tutta affannata
si chinò tremante e accorata,
guardò intorno le foglie morte
il suo cuore batté più forte.
Con le mani stanche scarnite
mosse quelle foglie ingiallite
e scoprì uno scialle dorato,
era gemente e abbandonato,
sotto le foglie era riposto,
qualcuno lo aveva nascosto.
Lo prese in braccio con amore,
lo guardò stringendolo al cuore
e svolse una dolce bambina.
D'amor pianse donna Peppina.
La strinse al cuore dolcemente,
le sussurrò teneramente:
"Sei la mia dolce Tattolina
infreddolita e piccolina".
Col cuore in gola la vecchietta
fece ritorno in grande fretta
correndo con i piedi stanchi
ed al vento i capelli bianchi,
stringendosi al cuore il tesoro
che vale ancora più dell'oro.
Il tesoro più grande che c'è
è la gioia, portava con sé
la gioia, sentiva nel cuore
quel che quando nasce l'amore
c'è, vince le pene e gli affanni
dura nel tempo e negli anni,
il dolce sentire trasporta
e giunge felice alla porta.
La porta della sua casetta
raggiunse la brava vecchietta.


CAPITOLO TERZO
Trepidante la vecchierella
con la sua cara trovatella
si sentì come una regina
nella sua reggia piccolina.
Baciò la dolce creatura
e la posò con paglia e cura
sul vecchio letto malandato.
Poi guardò lo scialle dorato,
esso era pieno di parole
e sfolgorava come un sole.
Lo svolse allora la vecchietta
e lesse con il cuore in fretta
attenta, timida, perplessa
parlando sola con se stessa:
"Sola soletta abbandonata
sono la figlia di una fata,
viene la notte il bosco tace,
la mia mamma non trova pace,
vittima della sorte atroce
gracida e piange senza voce.
La mia mamma ora è lontana
è trasformata in una rana,
trasfigurata dalla sorella
perché di lei era più bella,
la mia mamma mi vuole bene,
soffre per me tutte le pene
e prega il cielo ed il destino
che renda buono il mio cammino"
La vecchietta turbata dal detto
si chinò dolcemente sul letto,
la impietosì la sorte dura
ed interruppe la lettura.
Riprese in braccio Tattolina,
le sussurrò: cara bambina …
pensò alla fata, al triste incanto
e nei suoi occhi venne il pianto,
sei tanto dolce e tanto bella
disse alla cara trovatella
ti vorrò sempre tanto bene
saprò addolcire le tue pene,
vivrò per te bella fatina
mia dolce cara Tattolina,
sarai per me alba fiorita
io t'amerò tutta la vita
che mi rimane, sei un amore!"
la tenne forte stretta al cuore.
Poi seguitò con l'almo afflitto
la lettura di quello scritto.
In cima al monte pipistrello
vive la strega del castello,
opera il male oltremisura
ha denti aguzzi e fa paura.
L'invidia cambia i tratti e il viso,
toglie la gioia e il sorriso,
inaridisce anima e cuore,
triste è la vita senza amore;
perciò la strega venne brutta
perché dall'odio fu distrutta.
La mia mamma dopo l'incanto
non versò lacrima di pianto,
poté soltanto gracidare
e più soffrì senza parlare.
Essa mi vuole tanto bene,
soffre per me tutte le pene,
e chiede al cielo e al destino
che renda dolce il mio cammino.


CAPITOLO QUARTO
La gioia è il più gran bene
ma costa più di mille pene,
la vecchia pagò il suo tesoro
col prezzo alto più dell'oro:
con le sue mani un po' tremanti,
con i lavori più pesanti,
con la paura d'ogni giorno,
con l'ansia che correva intorno
per non poter fare abbastanza,
col sacrificio e la speranza.
Trascorse il tempo, Tattolina
divenne una bella bambina,
più buona, più brava, più bella,
così bella come una stella.
La vecchietta stava a guardare
quegli occhi colore di mare.
La vecchietta povera e bianca
con la mano rugosa e stanca
carezzava la Tattolina,
le diceva cara bambina.
L'accarezzava nei capelli,
fili d'oro riccioli belli
così biondi come la luna,
era bella come nessuna,
era vaga siccome un fiore,
era dolce come un amore.
Le sorrideva la bambina,
le diceva: "Cara nonnina"…
Il tempo va, trascorre, vola,
e porta i giorni della scuola.
Tattolina era diligente,
allegra, brava, sorridente,
le cinguettavano uccellini,
la circondavano i bambini,
non sapeva tristezza e noia
era un'amica della gioia.


CAPITOLO QUINTO
La cara infanzia al dì si desta,
come un bel sogno va, la festa
finisce, si scorge man mano
dietro i cespugli e più lontano.
Tattolina sempre più bella
crebbe, divenne grandicella,
il tempo dolce del sorriso
passò, le lacrime sul viso
vennero piene di tristezza
per la sua mamma. L'amarezza
fu trasparente, la nonnina
abbracciò la sua Tattolina.
La vecchietta grigia e pensosa
alla bimba svelò ogni cosa,
le mostrò lo scialle dorato
gelosamente conservato.
Tattolina si strinse al petto
forte forte quel fazzoletto,
forte forte come il dolore
che c'è nella fiamma d'amore.
Da quel giorno mutò la scena,
la bambina fu sempre in pena,
ella sentiva il cuore afflitto,
pareti strette ed il soffitto
e notti insonni, ella piangeva
e sconsolata la chiamava:
"Mamma mamma". Una mattina
disse così: "Cara nonnina,
cara nonnina io voglio andare
la mia mamma voglio cercare,
nel mio cuore arde una fiamma
voglio trovare la mia mamma.
Nonnina tu sei tanto buona,
la tua Tattolina perdona.
Tu m'hai raccolto e mi vuoi bene,
ma con la gioia sono pene
nell'amore, son le più care,
son le più dolci e le più amare.
Hai fatto sempre tanto per me,
ma più non posso stare con te.
Chi soffre tanto anche mi ama,
è dentro il cuore che mi chiama,
io devo andare, la mia mamma
sento nel cuore la sua fiamma".
Quel giorno fu votato al pianto
fino alla sera, pianse tanto
senza più dire la nonnina,
essa abbracciò la sua bambina
tutta la notte. L'alba mesta
accese l'uscio e trovò desta
la vecchia con il suo tesoro
su grembo di capelli d'oro.


CAPITOLO SESTO
Il sole pallido e rotondo
era avvilito, non giocondo.
Sostava appeso sul mattino,
egli sentiva il suo cammino
avverso, non voleva dare
nemmeno un raggio per scaldare
quel triste palpito di giorno.
Tattolina guardava intorno
dall'uscio schiuso, la sua mamma
pensava ora, quella fiamma
la fece correre sconvolta.
Ciondolò ancora un'altra volta
la sua manina un po' protesa,
e poi fu via nella distesa
campagna verde, corse tanto,
e si portò negli occhi il pianto
e dentro il cuore il suo tormento.
Come un fiore preso dal vento
sparì alla vista straziata
della vecchietta disperata.
Andò per vie senza una meta
coi capelli d'oro e di seta.
Passò il giorno, calò la sera,
la campagna divenne nera,
lei tremante con l'aria bruna
andò correndo sotto la luna,
nel suo cuore ardeva una fiamma,
nel suo cuore aveva la mamma,
Si fermò con le chiome belle
a dormire sotto le stelle.
Passò la notte e fu l'aurora,
Tattolina dormiva ancora
coi raggi di sole dorati
sui suoi capelli addormentati.


CAPITOLO SETTIMO
Su grembo verde raggi d'oro
e trilli d'uccellini in coro
si rincorrevano giulivi
di qua di là per i declivi.
Quello splendor della mattina
cullava il sonno a Tattolina.
Passò qualcun quella vallata,
vide la bella addormentata,
era un principe forte e bello
avvolto in un rosso mantello,
cavalcava un cavallo bianco,
portava una spada al fianco
e si fermò. La bestia fiera
scosse la testa e la criniera,
ruppe il silenzio col nitrito
e il dolce sonno fu rapito.
Tattolina dischiuse piano
gli occhi, nascose con la mano
il sol, nascose gli occhi belli,
voltò la testa ed i capelli.
Ma non appena fu svegliata
ancora un poco addormentata,
davanti a sol quell'ombra scura
le diede un nodo di paura,
accese gli occhi un po' velati
confusi, timidi, turbati,
ravvisò il principe li accanto,
non percepì se fosse incanto
e sollevò la bionda testa
per accertarsi ch'era desta.


CAPITOLO OTTAVO
"Ammiravo come sei bella
disse scendendo dalla sella
e sorridendo, più vicino
disse con un profondo inchino:
"Sono il principe Solimondo,
sono un principe vagabondo,
dal mio regno dal mio paese
son lontano da più di un mese,
il gallo canta ogni mattina
il re mi aspetta e la regina.
In ciel le stelle, il sol, la luna
son miei compagni e la fortuna
questo bel dì con la sua face
mi guidò a te, perciò non tace,
perché dai sogni in cor impressa
io porto la mia principessa,
sei come il sogno mio più bello
ti porterò nel mio castello.
I begli occhi schiudesti al sole
e lo sguardo alle mie parole.
Dimmi chi sei, bella svegliata,
sei principessa oppure fata?
Rispose: "Sono Tattolina"
dolcemente quella vocina.
"Fui piccolina, fui trovata,
vissi contenta e spensierata
con una povera vecchietta
in una casa tanto stretta.
Ora son triste e sconsolata,
cerco la mamma la mia fata.
E tu coi raggi del mattino
sei come un dono del destino.
Il prato brullo a sol s'infiora,
la notte scura l'alba indora,
nel buio ciel scintillan stelle
nel buio cuor parole belle."


CAPITOLO NONO
La bimba dagli occhi di cielo
soffusi un po' di vago velo
e sguardo timido e profondo
entrò nel cuor di Solimondo.
Essa celava nel suo petto
gelosamente un fazzoletto,
lo scialle d'oro della mamma
teneva ardente la sua fiamma,
perciò con sé lo custodiva
come un tesoro. Ella soffriva,
ma l'era caro quel dolore
e lo teneva accanto al cuore.
Con la manina un po' protesa,
un po' tremante, un po' sospesa,
lo porse al principe e col viso
preso dal pianto. Ma un sorriso
colorò l'onda di tristezza,
sfiorò i capelli una carezza.
"Bella tu sei cara fatina"
disse il principe a Tattolina.
"Bella ancor più nella sventura,
voglio di te prendermi cura,
verrò con te! Non mi consola
col tuo dolor lasciarti sola.
La tua mamma voglio trovare
insieme a te voglio cercare,
la tua tristezza è anche la mia
seguiamo insieme la stessa via".
Tattolina e il principe in groppa,
cavallo galoppa galoppa.
Sotto il cielo d'oro e d'argento
così veloci come il vento
andarono nelle vallate,
nelle campagne sconfinate,
per mille e più rive lontane
alla ricerca delle rane.
Cerca ricerca dappertutto
col bel tempo, col tempo brutto,
mille rane dentro i fossati,
mille rane tra l'erba e i prati,
mille rane tra l'acque morte.
C'era un cuore, batté più forte
mille volte, mille più piano,
mille volte fu sempre invano.


CAPITOLO DECIMO
Quella mattina era coperta
di bruma opaca, l'aria incerta
si spandeva come un pensiero
che vaga in cerca d'un sentiero,
come un pensier che cerca dove
mentre è smarrito e vaga altrove.
La dolce bimba era sperduta,
cercava invano triste e muta,
la mente aveva afflitta e schiva
la fiamma invece sempre viva.
Forse un celato "che" nel cuore
fu, la chiamò con un tremore
all'improvviso, prese i passi
e li condusse tra quei sassi.
Scorreva dolce lentamente
un calmo placido torrente
turbato un po' di grigio velo
come lassù il color del cielo.
Ora rapiva bruma il giorno
e si schiariva tutt'intorno,
lei si chinò sopra quel sasso
e prese a sé quel corpo lasso.
Tattolina rimase immota
senza pensiero, fredda e vuota.
Rimase immobile e smarrita
con la mamma tra le sue dita.
Lo sguardo fisso al corpo immondo
le diede un brivido profondo,
uno sconforto ed un tremore
nella manina e dentro cuore.
Quegli occhi dolci trasparenti
vennero in un istante assenti.

CAPITOLO UNDICESIMO
Frusciava l'acqua del torrente
e gorgogliava dolcemente,
giocava limpida e giuliva
con le pietruzze della riva,
essa il dolor non lo sapeva
andava libera e scorreva.
La rana gemé senza posa
cercando di dire qualcosa,
ma seppe solo gracidare,
fece "gre … gre" senza parlare.
Sentì la triste sua figura
viscida e molle di bruttura,
al suo dolore diede spazio
e fu la gioia ancor più strazio.
Strinse perciò gli occhi soltanto
sperando di trovare il pianto
dove si scioglie l'amarezza,
non fu così, la sua tristezza
non trovò goccia che consola.
Nemmeno una lacrima sola
rese più lieve il turbamento,
con dentro l'almo il suo tormento
essa lasciò la mano schiva,
tornò a saltare sulla riva
portando il peso del dolore
come una pietra sopra il cuore.


CAPITOLO DODICESIMO
Ha gambe lunghe e vista corta
corre lontano senza scorta,
se degli occhiali vuol far senza
rimane dentro l'apparenza.
Spesso così vaga il pensiero
e si smarrisce contro il vero,
il cuor lo sente e non si trova,
l'amor però non teme prova
ed un sol attimo trascorso
contiene un mare di rimorso,
arde la fiamma mai non tace,
e brucia brucia non dà pace,
così bruciava il triste cuore
per non aver sentito amore.
Quando non vide più la mamma
sfociò nel pianto la sua fiamma,
ma riaccese il raggio spento
nel cuore preso dal tormento
Chi di lassù vede e perdona
chi soffre e mai non l'abbandona.
Così riapparve al cuore infranto
che s'asciugava gli occhi e il pianto
la mamma rana, essa un foglietto
che con cura teneva stretto
posò accanto alla sua bambina
col cuore in gola, la meschina
poi scomparve velocemente
nell'acqua chiara del torrente.
Parole impresse un po' sfocate
dal tempo e lacrime solcate
sul foglio di carta sgualcito
gelosamente custodito
c'erano scritte: "Nel castello
vive la strega Pipistrello,
la custodisce un mostro enorme
che sempre veglia mai non dorme,
ha cinque colli e cinque teste,
pelle squamosa lo riveste,
la coda è fatta di serpenti,
gli occhi son fragili ma ardenti,
essi a guardarli fanno male
ma sono il suo punto vitale.
Sul monte erto andare è duro,
non passa chi, ma il cuor sicuro
troverà i doni del destino
per superare il suo cammino".


CAPITOLO TREDICESIMO
Tattolina restò smarrita
col foglietto tra le sue dita
e senza mamma, Solimondo
le accarezzò il capo biondo.
Lessero allora insieme intenti,
lessero ancor taciti e attenti
e poi montarono in groppa,
cavallo galoppa galoppa...
e galoppò il cavallo bianco
per sette giorni ansante e stanco,
nelle campagne, nelle alture,
per aspre vie pietrose e dure,
lungo sentieri, nelle valli,
strade deserte, stretti calli,
galoppò di giorno e di notte
lungo le ore ininterrotte,
ora più forte ora più piano
galoppò lontano lontano.
Verso il tramonto di quel giorno
divenne impervio tutto intorno,
nell'ascesa senza sentiero
perciò lasciarono il destriero
e s'inoltrarono sull'altura
buia ed incerta, l'avventura
senza cavallo fu più triste,
tutta la notte il piede insiste
per tratti irti e per dirupi
arrampicato all'aspre rupi.
Il dì spuntò placido e bello
scoprì le mura del castello,
esse guardarono il mattino
e il sole vergine e divino
torve e gremite di rancore,
ma s'ammansirono all'ardore
che si posò sui merli arcigni
e colorò quei cupi ghigni.
Mentre saliva lentamente
nell'aria quieta il sole ardente,
i due compagni avventurosi
stavano sugli spalti erosi
arrampicati alla parete
di rocce ripide ed inquiete.
Ore lunghe senza momento
passarono, senza un lamento,
con la mano aggrappata e stanca,
con la forza di più che manca,
sospesi al vuoto da quel rampo
terribilmente senza scampo,
solo il voler spingeva avanti
le mani, i piedi e i cor tremanti ...
Ma il sol del ciel lungo il cammino
non li lasciò a lor destino,
andò salendo insieme a loro,
li accompagnò coi raggi d'oro.


CAPITOLO QUATTORDICESIMO
Egli era là dove abbracciava
meglio coi raggi e osservava.
Egli era là giocondo e bello,
piegava l'ombre del castello
verso le ore già percorse
e andava a quelle non trascorse.
Sotto quel sol di mezzogiorno
gli avventurosi erano intorno
all'alte mura, i pizzi arditi
miravan cauti e smarriti
con fare incerto e sguardo teso
con passi lenti e cor proteso.
C'era un silenzio desolato,
tutto sembrava abbandonato,
né voli o aliti di vento,
ma calma fitta e sol d'argento,
calma pesante di sciagura
sentiva il cuor, tra quelle mura
non c'era alcuna via d'accesso,
porta, finestra o altro ingresso.
Le ore passarono lente
come i pensieri della mente,
come le stelle, piano piano
tutta la notte passò invano.
L'aria era fresca ancora scialba
per l'indugiare un po' dell'alba,
c'era quell'ansia silenziosa
che pensa, veglia e non riposa.
Ma la fortuna è un lumicino
schiara la via d'un gran cammino,
il biancheggiar della mattina
accese il cuor di Tattolina.
Lei prese il principe per mano,
scosse le spine piano piano
segnando lì, con la speranza
che più lontano vede, avanza
la mente, spesso la conduce
verso la strada della luce.


CAPITOLO QUINDICESIMO
A volte l'impeto del cuore
conduce troppo in là l'ardore.
Solimondo sul fondo scuro
scoprì un passaggio sotto il muro,
evviva!" disse l'imprudente,
e s'accostò col cuore ardente.
"Evviva!" disse, mosse i passi,
ma ruzzolò tra terra e sassi.
Spesso nel mal lo smarrimento
rompe di più del triste evento.
La Tattolina ora lo alzava,
era sconvolta, lo tirava
di qua di là col fiato stretto
con molto sforzo e poco effetto,
di qua di là, di ogni lato
finché il suo piè fu sull'agguato.
Lì c'era messa a bella posta
un'empia trappola nascosta,
essa scattò su Tattolina
che cadde con la testa china
nell'ampio fosso, ma sospesa
rimase su dai piedi appesa.
Sul bordo intanto del burrone
egli riprese la ragione,
ma rinvenuto, cosa trista
gli regalò la prima vista,
la sua fatina era piangente
e si agitava inutilmente.
Egli vedendola sconvolta,
preso da pena, un'altra volta
stava per dare confidenza
al suolo rio senza clemenza.
Ma la saggezza è l'arma bella
ed è la calma sua sorella,
insieme vanno assai lontano
sempre tenendosi per mano.
Dopo il momento tumultuoso
la calma prese il cor pietoso
ed allacciò quel triste impiglio
con la ragione e col consiglio.


CAPITOLO SEDICESIMO
C'era nel fosso un antro scuro
dove svoltava sotto il muro
un varco stretto. Tra quei massi
sospingendo la terra e i sassi
s'avventurarono i due arditi
coi passi cauti ma smarriti.
Cedette al fin sospinta e smossa
sopra di lor la terra scossa.
Come un miraggio il sole bello
dentro il giardino del castello
apparve, dopo pene e strazio
venne alla vista dolce spazio.
Tattolina col capo biondo
e i piedi stanchi, Solimondo
con il sapor della conquista,
corsero alla leggiadra vista.
Ma spesso inganna tuttavia
il primo sole sulla via,
che confidare non è saggio
non fa bel tempo un solo raggio.
C'erano molti calabroni
ronzanti, vespe pungiglioni
e ancor di più mille serpenti
tra i piedi lor lesti e fuggenti.
Ora tremanti ed atterriti,
temerari fin troppo arditi
vennero fuori dalle mura
per l'antro stretto e la paura,
ma quei bruciori così ardenti
fecero sagge quelle menti
che non avevano capito
l'empio disegno prima ordito,
e dalla trappola fatale
eran cascati in altro male,
dell'imprudenza passò il vizio
ed operaron con giudizio.
Fecero sull'altura incolta
d'arbusti secchi una raccolta,
ciascun coprì le gambe e il viso
l'uno dell'altro, col sorriso
che ovunque vien se vien l'amore
anche nei guai e nel dolore.


CAPITOLO DICIASSETTESIMO
I due tenendosi per mano
mossero i piedi piano piano
e ritornarono al periglio
con meno foga e più consiglio.
C'erano intorno mille fiori,
l'erba era piena di colori
e di profumo dolce e vago
che mai non fu l'animo pago.
Quell'attraente meraviglia
piegò il pensier l'almo e la voglia,
ma questa volta il senno saggio
non fu travolto dal miraggio
di quel giardino orrido e bello.
Corsero agli archi del castello:
c'era una grossa porta incerta
sembrava chiusa ed era aperta,
si scosse l'uscio appena spinto
si tenne cauto il piè sospinto,
un antro cupo e terra spoglia
c'era di là dopo la soglia.
Loro avanzarono pian piano
tastando intorno con la mano
perché lo sguardo ancora acceso
dall'ombra cupa fu sorpreso,
ma i primi passi seppur lenti
al buio furon disattenti,
scossero un che andando avanti
s'udì fragor di vetri infranti.


CAPITOLO DICIOTTESIMO
Un pipistrello addormentato
da quel frastuono fu svegliato
esso stridette un grido acuto:
Ci sono i ladri, aiuto aiuto!
Ciò che successe non si spiega,
dal pipistrello uscì la streg:
era una vecchia assai scarnita,
aveva unghie senza dita,
il mento aguzzo ed allungato,
sottile il naso ed incurvato,
i suoi capelli sulla testa
eran cespugli di foresta.
Con gli occhi piccoli socchiusi
essa fissò gli strani intrusi.
Orrenda e rauca la sua voce
disse col ghigno più feroce:
Ma cosa vedo! Uccel di bosco,
dimmi chi sei che ti conosco,
la tua sembianza mi sfavilla
se non m'inganna la pupilla.
Per tanto tempo sono andata
cercando te, figlia di fata,
e osi tu sfidarmi ancora
proprio dentro la mia dimora!
La madre tua fu tale e quale
come sei tu, simile uguale,
ora essa gracida e saltella
pensando alla sua figlia bella.
Dalla sua bocca spalancata
suonò nell'antro una risata
fatta di denti gialli e aguzzi
e baveggiante verdi spruzzi.
Tattolina sbiancò nel viso,
socchiuse gli occhi al bieco riso,
venne travolta da spavento,
cadde supina in svenimento.
La strega poi ferocemente
si volse contro l'imprudente.
Disse così: "Tu cane immondo"
disse al principe Solimondo.
"Misero cane crepa e muori.
delle streghe senza timori!"
Poi allargò le scarne braccia,
le tese in segno di minaccia
e le ripose al petto giunte
alzando i piedi sulle punte.


CAPITOLO DICIANNOVESIMO
Da un guado cupo un'ombra scura
sollevò un'onda di paura.
Un mostro indomito e rabbioso
apparve orrido e squamoso,
drizzò sui colli cinque teste
accese luci assai funeste,
erano come braci ardenti
le sue pupille incandescenti.
Esso balzò lesto ad un tratto
come una molla vispo ratto
ed ondeggiante, era deforme,
su corte zampe il corpo enorme
traeva urlando ogni momento
mordeva l'aria e il pavimento,
era assordante l'ululato
e si spandeva d'ogni lato,
nell'antro macabro ed oscuro
rimbombava di muro in muro.
A quella vista il Solimondo
avventuroso e vagabondo
si sentì piccolo e avvilito,
inerme, fragile e smarrito,
ma non cedette allo sgomento,
non venne meno l'ardimento,
egli strinse la mano aperta
e impugnò la spada all'erta.
Il ferro sibila e colpisce,
Incalza sì ma non ferisce
la pelle è come una corazza
nemmeno un poco la strapazza,
l'ardore suo contro le squame
soltanto fu rumor di lame.
Come una nube densa e scura
calò nel cuore la paura
e nell'orecchie la risata
di quella strega scellerata.


CAPITOLO VENTESIMO
Quando si perde la speranza
rimane il vuoto nella stanza
del'uomo vinto, lo sconforto
conduce ad accettare il torto,
ma l'ardimento al buio brilla
se trova solo una scintilla.
Bastò lo spazio d'un barlume
accese in cor lo spento lume,
Solimondo negli occhi offesi
sentì del mostro i lumi accesi,
al suo pensiero venne un lampo
gli balenò la via di scampo.
Solimondo pensò al biglietto
della rana, che aveva letto
con Tattolina lungo il torrente,
fu come un lampo nella mente:
"Gli occhi a guardarli fanno male
ma sono il suo punto vitale".
D'improvviso queste parole
splensero in petto come un sole,
sciolsero il gelo della paura,
lo lanciarono all'avventura.
Il guizzo ratto della mente
diede all'ardor rabbia furente
ed alla spada il fiero impegno,
ai colpi suoi diede l'ingegno.
Egli avanzò contro le spire
furono gli occhi le sue mire,
e contro il mostro orrido e bieco
fu ogni colpo un occhio cieco.
Ferito il tristo urlò schiumante,
orbo meschino ed ondeggiante,
annaspicò nel buio muto,
che dieci occhi avea perduto.
Poi rantolò sul pavimento
e s'acquetò senza un lamento.


CAPITOLO VENTUNESIMO
Mirò la strega la sciagura,
tremò di rabbia e di paura
e profetò con l'empia bocca
una funesta filastrocca.
Essa soffiava come il vento,
la sua voce era un lamento
di smorfie e sbuffi accompagnato
rumori e spasimi di fiato.
Poi s'avventò rabbiosa e lesta
dimenando la scopa in resta.
S'incontrano l'armi spianate,
la scopa e la spada incrociate,
s'accendono colpi violenti,
si scaldano i cuori frementi.
Il Solimondo bello e invitto
combatté sì l'aspro conflitto
con molto ardore, tuttavia
contro il potere della magia
esso non fu pari abbastanza,
e fu ogni colpo una mancanza.
Sempre di più la spada incalza
contro la scopa essa rimbalza,
ed al soffiar della destrezza
essa si fulmina e si spezza.
Cantò la strega a quella vista
bella vittoria di conquista.
Ma troppo presto fu quel ghigno,
e tradì l'animo maligno.
Quando il successo ha troppa fretta
e troppo presto il cuore alletta
a divagar spesso conduce
e ciò che è fatto poi si scuce.
Rotto il ferro non il coraggio,
senza la spada all'arrembaggio
tornò il principe, nel suo cuore
si risvegliò tutto l'ardore,
si riversò con furia ardente
contro la strega ancor ridente
e le strappò la scopa a un tratto
dentro il suo ridere distratto.
La strega pianse triste e muta
la scopa magica perduta,
senza più l'arma dell'ardire
rimase inerme e senza dire.
Quando travaglia il cor l'asprezza
s'appiglia al senno la saggezza,
se nell'ardire c'è coscienza
prima di tutto la prudenza.
Dopo la lotta aspra e dura,
non fu superflua la misura
di Solimondo, che fra stracci
vide e raccolse alcuni lacci.
Per due volte la strega cinse
piedi e mani due volte strinse,
essa perciò legata e tesa
fu una vecchia senza difesa.


CAPITOLO VENTIDUESIMO
Con le dorate chiome stanche
posate sulle gote bianche
il dolce viso abbandonato
giaceva languido e sfocato.
Si chinò il principe con cura
su Tattolina, la premura
non gli portò lume, soltanto
seppe guardarla e soffrir tanto;
soffrì più forte ché circonda
pena maggior se buio inonda.
Lui non sapeva aprire il velo
che rattristava occhi di cielo,
seppe però l'amor, che è luce
anche nel buio e ognor conduce.
Lui le sfiorò biondi capelli,
le toccò il viso, gli occhi belli
non più sereni e illuminati
ma scialbi come abbandonati
indolenzirono il suo cuore,
baciò le labbra con amore,
cadde una lacrima velata
sulla fatina addormentata.
Tattolina sentì soltanto
il flusso dolce dell'incanto,
s'illuminò lo sguardo e il viso
di un'onda vaga di sorriso.
Pian si ritinse di colore
e di sospiri il suo pallore,
si risvegliò la vista ansiosa
e rifiorì la bocca rosa.
Lo sguardo fievole e assente
schiuse le ciglia lentamente,
la realtà toccò pian piano,
come un bel sogno fu, la mano
protese al principe lì accanto
e rinvenuta venne in pianto.


CAPITOLO VENTITREESIMO
Quando rinvenne Tattolina
crebbe di furia la meschina,
essa gemette senza posa
fu lagnosissima ed afosa,
di urla fece grande spreco,
non le rispose neanche l'eco.
Il male è una doppia spina
che punge tutto e che rovina,
da un lato punge col misfatto
dall'altro punge chi l'ha fatto.
Quella funesta ora sconfitta,
era sconvolta, inerme, afflitta,
soffriva di dentro e di fuori
per colpa di suoi stessi errori.
Disse alla strega il Solimondo
col tono acceso, ma profondo,
disse così: "L'animo stolto
ha raggrinzito anche il tuo volto.
Misero è l'odio che ti campa,
misera è furia che ti vampa,
misero è cuore senza luce,
misera tu con l'almo truce.
Dimmi qual è quella mistura
che ti servì per l'opra scura?
Sciogli l'incanto della fata
e libertà ti sarà data,
o brucerai nel tuo castello
funesta strega pipistrello,
e sarà il fuoco del furore
a incenerire questo orrore".
Gli rispose l'urlo feroce
della strega, fu la sua voce
terribile e piena di rabbia
come una tigre nella gabbia …
ma dopo l'urlo stette zitta
e meditò la sua sconfitta,
senza difesa e senza scampo
alla ragione diede campo
e balbettando svelò il posto
dove il segreto era nascosto.
Tattolina trovò l'unguento,
negli occhi belli quel momento
rimase impresso, colmò il viso
e trasparì nel suo sorriso.
Turbò la scena quell'ombrosa
con la sua bocca lamentosa
ansante e rauca, la sua gola
disse: "Tieni la tua parola!"
Rispose il principe alla strega:
"A tuo voler niente si piega,
la mia promessa non ha fretta,
prima la fata e ora aspetta".


CAPITOLO VENTIQUATTRESIMO
Fuori nell'aria il sole ardeva
ma non osava entrar, sfiorava
le ombre cupide e lascive
con ciglia attonite e furtive
dall'uscio schiuso. Al ritorno
pensava il principe quel giorno,
egli pensava ora al cammino
che l'aspettava al varco chino
ancor più rio, ché la discesa
è più gravosa dell'ascesa.
Il suo vagare all'improvviso
gl'illuminò di gioia il viso
e si fermò come il respiro
ch'esulta dopo un lungo giro
della mente. La sua trovata
coinvolse ancor l'arma fatata.
Disse così: "Andiamo tosto
sopra la scopa a prender posto".
Egli salì con Tattolina,
la strega fu loro vicina,
che pur legata e col lamento
faceva ancora un po' spavento.
La scopa intese quel pensiero
e si drizzò come un destriero,
essa frusciò nell'aria smorta
e volteggiò fino alla porta,
la porta pur subì il messaggio,
si spalancò al suo passaggio,
di là partì come un baleno
prese le vie del ciel sereno.
Sotto la scopa difilato
corse il monte correva il prato,
corre lo sguardo e più si perde
un cavallo tra l'erba verde
scorse il principe da lontano,
pascolava laggiù nel piano.
Egli gridò: "Una fermata!"
Fu come l'aquila in picchiata
la scopa, scese silenziosa
sopra la bestia insospettosa.
Poi ripartì... O meraviglia!
Anche il cavallo a sciolta briglia
si sollevò, era atterrito
quell'animale, col nitrito
protestò contro il ratto ignoto
scalciando con i piedi il vuoto.
Vola il cavallo ora non trotta,
vola la scopa con la rotta
verso la rana, sempre più su
fra le nuvole, vola lassù
nel cielo fulgido e dorato.
Nel ciel trapunto e costellato
ancor volò, giunse il mattino,
si risvegliò il sol divino,
si lavò i raggi addormentati
nei flussi limpidi e rosati.
La scopa allora dolcemente
sfiorò le acque del torrente,
tra i sassi della riva erbosa
saltellava una rana ansiosa,
aspettava, aspettava ancora,
aspettava sempre d'allora.


CAPITOLO VENTICINQUESIMO
Tattolina la sua boccetta
per la gioia col cuore in fretta,
col cuore ardente come fiamma
versò tutta sulla sua mamma.
La rana intese un gran calore
si sciolse e diventò vapore,
crebbe di forma e di misura
dimensionò la sua statura
armonizzando il corpo e il cuore
come il pennello di un pittore,
poi sfumature bianco rosa
vennero ancor di cosa in cosa
sopra la pelle, sulle braccia
sopra le gambe e nella faccia,
di rose rosse allor sbocciate
furon le labbra colorate,
al sole l'oro i raggi belli
presero i biondi suoi capelli.
Come chiamato da un sussurro
venne negli occhi il cielo azzurro.
La veste il prato offrì alla fata,
verde e di fiori ricamata.
Essa spuntò bella com'era
intorno a lei la primavera.
La sua mamma le stava accanto,
baci, carezze, abbracci, pianto,
lacrime dolci lungo il viso
vennero insieme ad un sorriso.
"Mamma mamma" di contentezza,
"Mamma mamma" tanta dolcezza,
"Mamma mamma" gioia nel cuore,
"Mamma mamma" piena d'amore.
Il principe poco lontano
nascondeva dietro la mano
le sue lacrime, era commosso,
le asciugava col manto rosso.


CAPITOLO VENTISEIESIMO
Un cuor che sente invidia e brame
non trova gioia, ha sempre fame
e batte batte in fretta in fretta
non per amor ma per disdetta.
Fu per quegli occhi vista atroce,
fu rabbia e fremito feroce,
fu per quel cuore acerbo pena
veder d'amore l'aria piena.
La strega misera ed oppressa
si dimenava come ossessa,
stretta di lacci e di tormento
mandava un gelido lamento.
Il principe slegò la trista
che dolce libertà racquista.
"Vola vola scopa veloce
sono la strega più feroce,
sono rimasta sola sola
vola scopa veloce vola,
sono la strega pipistrello
vola ritorna nel castello."
Tremò la scopa a quella voce,
intese quel ghigno feroce,
si sollevò nell'aria vuota
e girando come una ruota
così stormente come il vento
prese le vie del firmamento
finché un puntino fu soltanto
e scomparì. Come d'incanto
sbocciaron trepide e fiorite
primule, rose, margherite,
si tinse il prato di colori,
farfalle e petali di fiori,
e nel torrente coi capini
i variopinti pesciolini
vennero fuor vispi e curiosi,
saltando liberi e festosi.


CAPITOLO VENTISETTESIMO
L'aria odorava di contento,
andava un alito di vento
per le vallate e pei declivi
di fiore in fior, trilli giulivi
spandeva ognor l'ugola d'oro
degli uccellini tutti in coro.
L'aria era piena di magia,
di qua di là era armonia
di pace, musica ed amore.
In fretta passarono l'ore,
ciascuno col trepido pianto
di gioia nel cuore soltanto
di luce negli occhi, nel viso
un vago diffuso sorriso.
Era felice Tattolina,
carezzava la sua mammina,
le parlava sempre, parlava,
l'accarezzava e l'adorava.
Ora il sole andava al declino,
lieto era stato il suo cammino,
era contento ed il bel giorno
lasciava e le carole intorno,
coi raggi suoi non pien d'ardori
ma scialbi d'oro e di colori
rideva ancor calando piano
nel roseo suo letto lontano.
Sotto il cielo bruno rosato
del tramonto tutto incantato
partiron, fu lunga la via,
ma trascorse con allegria,
ora in groppa al cavallo bianco,
ora in sosta o col piede stanco.
Diresse il principe il destriero
verso le mura del maniero.
Giunse la reggia a notte fonda
quando dormiva anche la ronda,
sotto un cielo di luna e di stelle
lo sorpresero le sentinelle
e gridarono con tutto il fiato:
"Evviva, il principe è tornato!"


CAPITOLO VENTOTTESIMO
Si spanse alle vie la novella
come quando una storia bella
si spande. Nel regno l'evento
portò tanta gioia, il contento
raggiunse il re nella sua stanza
che impensierito dall'assenza
teneva l'animo sospeso,
accolse il figlio tanto atteso
e chiamò anche la sua sposa
che corse lesta senza posa
ed abbracciò piena di pianto
il figlio che le stava accanto.
Restò incantata Tattolina
da quell' incedere profondo
della regina e Solimondo.
Quella regina appassionata
baciò la bimba e la sua fata.
Offrì loro una stanza speciale
arredata a prestigio regale,
la fata bella e Tattolina
dissero grazie alla regina
con il sorriso e con il cuore
sbocciato in petto come un fiore …
Or dopo l'estasi la quiete
rese più dolci l'ore liete,
ma sciolse un nodo d'amarezza
di nostalgia e di tristezza
dove una fiamma sempre accesa
scaldava un'ansia un po' sospesa.
C'era qualcosa come un velo
negli occhi profondi di cielo,
era una lacrima pensosa
un po' affacciata e un po' nascosa.
C'era lontano una casetta,
e dolcemente una vecchietta
le accarezzava il capo e il viso,
ella sentiva il suo sorriso
e la vedeva sempre ancora
bella così com'era allora,
piena di pianto e disperata
come l'aveva un dì lasciata.
Nel troppo lusso della stanza
ella sentiva lontananza
fatta di tavole e di stenti,
capelli bianchi e passi lenti,
ed una voce dentro il cuore
che la chiamava con amore.
Dopo la gioia e l'allegrezza
le invase il cuore l'amarezza,
il viso dolce non più lieto
si scolorì, divenne inquieto,
le venne il pianto, ma la fata
accarezzò la figlia amata,
sapeva sì la sua tristezza
e l'abbracciò con tenerezza,
fino al mattino essa fu desta,
il sole entrò dalla finestra
e splense lacrime dorate
su gote tristi e sconsolate …
Vennero il re e la regina,
s'asciugò gli occhi Tattolina
e raccontò la storia bella
della vecchietta poverella.
Semplicità forza leggera
freschezza d'almo primavera
vale di più dell'arte appresa
sa fare dolcemente presa,
prese così col dolce viso
il re commosso e il suo sorriso.


CAPITOLO VENTINOVESIMO
La carrozza a quattro cavalli
viaggiò per monti e per valli,
andò per calli irti e scoscesi,
passò sentieri e campi estesi,
raggiunse all'alba la casetta
dove viveva la vecchietta.
Quel mattino donna Peppina
stava aspettando Tattolina,
batteva forte il cuor contento
sentiva un gran presentimento
e guardava sempre lontano,
sapeva che non era invano,
il cuor le diceva, quel giorno
aspettava un dolce ritorno.
La scorse a un tratto Tattolina
scorse la sua donna Peppina
tinta di gioia, il suo bel viso
si colorò di un bel sorriso.
Dalla carrozza allor fermata
scesero il principe, la fata,
la Tattolina corse in fretta
ad abbracciare la vecchietta.
Fu tanto buona la regina
parlò col cuore alla nonnina.
S'avvicinò la fata bella
e abbracciò la vecchierella
piena di pianto, ma il sorriso
sbocciato sullo scarno viso
più forte fu delle parole
fiorite coi raggi del sole
fino al tramonto. Verso sera
la vecchia felice non era
ma per amor di Tattolina
lasciò la povera cantina
e le piccole cose belle.
Partirono sotto le stelle.
Ritornò la strada percorsa
dei cavalli, tutta la corsa
andò di notte, andò di giorno,
e fu lieta fino al ritorno.


CAPITOLO TRENTESIMO
La vecchierella silenziosa
guardò la reggia maestosa,
la ricevette il re in persona
col manto d'oro e la corona.
Lei si sentì tanto piccina,
rimase lì modesta e china,
giunse le mani per pregare,
fu tutto ciò che seppe fare.
Il monarca sentì qualcosa
per l'umiltà, ch'è preziosa
più delle vesti sfolgoranti
e copre un cuore di brillanti.
Egli abbracciò donna Peppina
come se fosse una regina.
Quel gesto insolito regale
sciolse l'applauso generale.
Il re decise in quel momento
di festeggiare lieto evento.
Il banditore col messaggio
andò villaggio per villaggio
anche il più piccolo e sperduto,
e lesse il bando e il saluto
del re. Ovunque fu gradito
il prezioso e caldo invito.
Ciascuno venne prese parte
alla gioia non fu in disparte.
Vennero ricchi e poverelli,
c'erano tutti brutti e belli …
Poi verso l'ora del tramonto
tutti ascoltarono il racconto
della fata, di donna Peppina,
dell'amore di Tattolina,
dell'amore come una fiamma
di una bimba per la sua mamma.
Il monarca amato e saggio
vantò la forza del coraggio
che affronta l'impari tenzone
dove il dono della ragione
non si ferma contro il potente.
Il suo discorso trasparente
scoppiò in applausi di mano
all'indirizzo del sovrano.

Il mondo è fatto di soprusi,
di streghe mostri ed altri abusi,
ma pur ci sono sogni e stelle
fatine dolci e cose belle.
Lottano sempre odio e amore,
la gioia è amica del dolore
perché la favola infinita
dipinge il senso della vita.

Tattolina con la sua mamma
Tattolina con la sua fiamma,
una fiamma che cuori lega,
vince il mostro, vince la strega.
Una fiamma come l'amore,
che vince il mondo e mai non muore.
 


 

Amore virtuale
La sera allatta piccoli pensieri
che diventano grandi sul cuscino,
la tua voce invisibile traspare
di cui non posso percepire il tono.
Vorrei trovare impressa per magia
tutta la melodia di tuoi pensieri,
della luce degli occhi, del sorriso,
di lineamenti della pelle nuda
per poterti toccare, mi domando
se può essere certo un sentimento
che va da una tastiera dritto al cuore.
Ma forse il cuore ha un senso
che elegge la sostanza delle fonti
e conduce rintocchi sulla pelle
di una immagine muta assente dolce
che nasce da orizzonti e più lontano.

Amore defraudato
Il mio cuore cercava
sprazzi di cielo sereno
nel tuo sorriso il sole.
Ho versato barattoli di miele
per potere addolcire
i tuoi pensieri,
ma una piega
nascondeva l’azzurro
dei tuoi occhi,
perciò condividesti
le lusinghe
dove l’altezza culmina
su piedistallo delle opzioni …
Ora delusa dalla tua finestra
cerchi laggiù nei vicoli
l’amore
defraudato dalle congetture
sullo specchio esoterico
che guarda,
e piangi assorta
i suoi riflessi muti.

Amo la neve
Il sole del tramonto
rannicchiato
lungo gli itinerari
scrive poesie di monti,
l’onda bianca
presa da solchi nitidi
scintilla
sulle pendici
maestosi silenzi
abbraccia il cielo,
laggiù brilla un laghetto
blu cobalto
specchia cime
di alberi sommerse,
ora la luna tenera
compare
confonde col silenzio
lo sciabordio velato
delle fronde …
amo la neve,
sfiora il sentimento
altitudini immense
come un quadro
dove ti trovi dentro
coi colori
dell’estasi divina.

La dolcezza amara.
Malinconia che sale
dai riflessi del tempo
e muove passi lenti,
l’orizzonte
ha consumato
le stagioni belle,
consolano carezze
del sol che dona
alle sbiadite foglie
dolci colori, incanta
un qualche fiore
con i petali ardenti
come baci
appassionati
di struggenti amori,
ma il cuor che sente
ascolta
malinconia di ottobre
il vento ordisce inganni
lascia le rose stanche
sui giacigli di spine
e tende a illuminare
dove il tempo
sente più forte
la dolcezza amara.

Il progetto dell’amore
Vento gentile sfiora sulla pelle
si rattoppano sogni frantumati
sulle rive del tempo un verso dolce
mi conduce la mente a colmare
l'infinito vuoto, nei tuoi occhi
cadono a fiocchi stelle ...
le scie di luci posso accarezzare,
sfiora le mani il verso
sulla sabbia fiorita di parole
come un eco lontano si ripete
che scalza pregiudizi della luna
e pare un discorso vestito
di tela di buio
che copre il pudore
e tocca col cuore accenti di miele,
estasi del picciolo si corona
di melodia di fiori
nella lampante egemonia del verso
che illumina il progetto dell’amore.

Effusioni
azzurro cielo inonda
la quiete che scintilla,
colano raggi accesi
su palpiti di foglie,
grappoli rossi
achenii
guizzano dai cespugli
fioriscono di trilli,
alberi danno al sole
le cime brizzolate,
filari di granturco
dorati come i raggi
campi estesi
guardano il letto vuoto
di spoglie affastellate
e ascoltano i pensieri
dell’autunno
che inganna il tempo
con le effusioni

A lungo andare
A lungo andare il campo di sentieri
è diventato impervio,
ora sono cambiate le stagioni,
vago nel mare mosso di pensieri
tratteggiati di foglie secche e spine,
il cuore fa la parte di nocchiero
con la ruota a caviglie
in mezzo al vento
e le vele spiegate tra gli scogli
traccia la rotta sulle illusioni,
un qualche fiore bello mi conduce
sbocciato nel giardino di parole,
passa attraverso isole di baci
per sogni che si accendono la notte.

Dove andiamo
Questa notte il cuore parla piano
per non svegliare il flusso di momenti
perciò se chiudo gli occhi
e le stelle si lasciano contare
lo sguardo corre verso l'infinito,
dove andiamo
mano nella mano
lungo le soste cariche di baci,
sento il tuo respiro nella bocca
aleggia il sogno
muove i tuoi capelli
come vento leggero sulle onde
che trasparisce ancora
dietro il tempo,
cosi possiamo insieme navigare
fino alle vertigini del mondo,
non servono finestre da approdare,
al sol che mostra lineamenti nudi
le stelle fioriranno più lontano.

All’alba il sole
All’alba il sole
ha voce di un bambino
tenero nudo
lascia accarezzarsi
dalle mani
delle poesie tenere d’amore,
coi versi d’oro ride
al mondo che lo aspetta,
tende i suoi raggi al ciel
che lo solleva
con la voce di mamma
che prende dalla culla
il suo bambino,
cresce d'ardore splende
abbaglia il cuore,
incorre in qualche nuvola
che passa,
si cela dietro cumuli
di pioggia,
eletto contestato benedetto
cala verso il tramonto,
raccolgono le stelle le scintille
ciascuna è un sogno
che parla d'amore.

Dalle ataviche fonti
Dalle ataviche fonti
il contesto del vivere
illuminato da abbaglianti luci
ori poteri allori,
acumina gli artigli,
ed i pensieri affogano
nei labirinti dove
si perde il lume tenero
del cuore
La ragione che sente privilegi
di stimoli aberranti
non attutisce i morsi
ma l’anima accarezza
il bene grande
con gli occhi verso
oasi di cielo
dove sogni si possono cullare.

Caro papà
l’anima liberata di catene
lava col pianto il peso di peccati
e profumo di rose
nell’acqua chiara dell’abluzione
e labbra sussurranti Ave Maria
sciolgono ali al cielo,
il tuo silenzio valica le sponde
più forte del martello
di colpi di campana,
tutte le stelle sembrano vicine
dietro il buio l’incanto della luce
sommerso che accarezzo
nel profondo degli occhi di pensieri
vibra d’immenso, il canto dell’amore
è rimasto sospeso come un grido
che non vuole lasciarti scomparire
e stride con la nebbia che ti avvolge
e ti prende per mano verso il vuoto …
Dietro la porta chiusa il tuo profumo
sorseggio con il giusto del silenzio che
scoppia in pianto
dentro il cuore muto.

Logorrea
Parte da fondi neri
dell'anima scintilla
raffica di parole,
le onde in superficie
gridano tra gli scogli,
le parole di vento
hanno perduto il cuore,
le stridenti lune
stringono alla deriva
senza vele propizie
la barca di pensieri
negli spazi aberranti,
trovano ausilio
in culti di parole ...
e logorrea insiste
come unica arma
nel folto della scena
dove non splende il sole.

Un ardore
forse dettato dal travaglio
di cercare una luna al buio mare
mi conduce a forzare
le finestre serrate della stanza,
coi sogni avvolti in carta da regalo
isso le vele… il vento trovo muto
come passando tra muri di gente
e bocche aperte dell'indifferenza.
I singhiozzi dell'orologio
ad intervalli lenti intervengono
ogni colpo conta,
il ruggito di un treno in lontananza
illumina lo scorcio
non soccorre
l'anima sconfitta si rifugia
nella vita di un cane randagio
cercando oblique rotte col barbone
che offre al pasto vecchio
il giorno nuovo
e s'addormenta sopra un sasso duro.

Una ragazza madre
Una ragazza
raccoglieva alberi e illusioni
con gli acquerelli,
trasportava il mare
sulla tavolozza, dipingeva
le onde e i gabbiani,
venne un assassino dell'amore
e le strappò il sorriso
presso un tramonto d'oro ...
spende le notti lacrime la luna
a percepire passi nella nebbia
che contano man mano
il sole che dirada
le ore in fila dietro l’orizzonte.
Ora il grembo è cresciuto,
giocoforza creare un appiglio
per disincagliare il mutamento,
la forza della vita
dove risuona un palpito più forte
disimpegna
l’amore frastornato,
apre la porta
al figlio del dolore
contro il peso che l’ha generato.

Aforisma:
Metti sempre metti sempre nei piedi un po' di cuore,
ma non lasciargli mai
libero arbitrio.

Aforisma:
La ricchezza
non é fatta d'oro ma di gioia,
non si acquista coi soldi, si paga col dolore.

West Africa
La schiuma tra palmeti
gioca a sollevare qualche tronco
caduto, ceppi morti
nuotano, scolpite due ragazze
coltivano nei passi l’eleganza
e bambini mostrano sorriso
di denti bianchi sullo sfondo nero
e gli occhi che rimangono nel cuore
a custodire nostalgie del tempo,
lavandaie stanche di lavoro
sopra gusci di barche cantano,
le case del villaggio
come nidi in placido tripudio
fondono il tramonto
a verde incanto …
Al centro dello spiazzo la magione
dell’anziano capo accende l’aria
di disegni scolpiti, sulla soglia
suona tam tam di rulli
si ravviva il villaggio,
si illumina di danza, canti, giochi …
corpi scolpiti nudi di ragazze
donano l’acquarello del pittore
al pennello degli occhi che conserva
preziosi quadri nel suo cuore.
Africa selvaggia sole pioggia
dove scorrazza ancora la natura,
cascano l’acque di imponenti rivi
estasi di fragore,
qualche automobile s’affaccia
rompe l’incanto …
Africa ammutolisce,
suona lugubre il verso del giudizio
che ha condannato a morte
versi antichi
come un perduto amore
che rimane nei sogni della notte
e trascina le lacrime al mattino.

Stelline dolci
Quando l’alba schiude gli spiragli
la notte che ha cullato il sogno
si sostanzia dell’ultima ombra
per conservarlo intatto.
Il filo di luce che appare
non spegne le sinfonie del cuore,
rimangono lampi
che avvolgono il tempo
fino a barbagli della lontananza
dov’é vissuto dolce di sospiri.
Ora l'onda che ha cullato i sogni
nel senso delle immagini
che sfiorano le dita del pensiero
porta stelline dolci di memorie
dove non entro con la mia statura.

Il Ponte dei saraceni
Leggende, miti, arte,
fantasia
vestono la Sicilia.
Tutta l’isola è terra di colori,
si fonde col sapore delle genti
la ginestra
dolce di profumo
e le rupi scoscese delle sciare.
Perle di siti poco conosciuti
dai manuali dei visitatori
fuori da itinerari delle guide,
ruderi, resti antichi
giacciono negletti,
dormono spesso in campi devastati.
Presso Adrano
sulla strada che porta a Centuripe.
la fantasia dell’arte loda il genio
che ha risposto all’incanto
che la natura ha scritto
col progetto vistoso che armonizza
le doti umane a dolci melodie,
e rinnovella i tempi
del millenario ponte, nominato
Ponte dei Saraceni
vittima d`incurie e di abbandono
sul privilegio di una bella vista
che dà sensazioni mozzafiato.
La natura benigna dona incanto,
s’infittisce di fiori e verde intorno,
diventa avventurosa tra le rupi.
Il fascinoso ponte
che ha percorso il tempo,
ancora brilla
ed elargisce all’anima emozioni,
Ma circoscrive l’uomo
dalla sommità delle pendici
ai livelli più bassi
come genio elevato
fino a gregge incapace di pensare.
Noncuranza immondizie,
strade inferme
sono i contorni della gioia d’arte
lasciata tra rifiuti nelle mani
di gente impreparata
che non entra nel cuore
delle cose.
Solo natura amica
corona il ponte antico
di estasi di gloria
gratificando gli occhi ed il pensiero

Abbi Fede
Errare del pensiero
ruota intorno
dentro un cielo ignoto
parla più forte
e resta sempre muto,
formula teorie, stratagemmi
con la mente incapace a tutelare
i consigli di un senso,
dell’anima che sorge
dall’infinito Senno
come una forza immensa
che colora la luce di magia
più forte del pensiero.
Piccolo uomo esplora,
naviga dentro, scendi
nel tuo profondo intimo
accendi il primo passo,
forse sono soltanto
sogni desideri
invisibili cocci
gli artefici del senso
che conduce
come un senso dell’anima
due corpi ad inventare
una ragione,
sperduto in mezzo ai forse
ti confondi,
risali l’imo ascolta il Creatore
così infinito immenso
più grande del pensiero
ed abbi Fede.

Senza fine
Quando il cuore
chiude le finestre
nei reconditi spazi
la speranza
segue la salita
del Calvario,
pettirossi
come la leggenda
con la goccia di sangue
sul petto
tolgono le spine
dalla fronte
e altre pene infitte
senza fine.

Il pensiero ha una mano
che entra nel tempo,
ha un occhio che vede
la salita del Calvario,
un cuore
che s’indigna
contro i mostri
e si domanda
perché della ragione.
Oggi s’aspetta un segno
che ricompone il senso
che ogni giorno vacilla
e suona come
vuoto di campane.
Oggi risponde
il peccatore uomo
col cuore inginocchiato
davanti al tempo
a chiedere perdono
al peso
contro cui calcò la mano
che a luci piene agita
la croce.

Pasqua ritorna
È primavera,
alberi sommersi
in questo mare
di pellegrini spogli
riprendono le foglie,
profuma la campagna,
splende il sole …
Le campane si fermano
un momento,
ora son deste
spandono la gloria,
ma il pensiero
che ha toccato
le piaghe della Croce
incontra ancora il sangue
che scorre sempre a fiotti …
non si lava le mani
lascia i peccati all’onda
di questo tempestoso
andirivieni.

Una piccola porta
Un uomo
nasce
cresce
soffre
fabbrica pensieri,
amalgama peccati
e scioglie amore,
sosta in equilibrio
tra santo e assassino…

Un vento spinge
l’acqua imputridita
di questo mare
sulla grande riva,
il verso insegue
fino all’ultimo punto
e poi scompare...

Basta guardare il Senso
dietro il velo
che ha disegnato il tutto
mettendo nel profondo
del suo ribelle amore
una piccola porta che si apre
quando la stanza è buia
per fare entrare il sole.

Mio mio mio
Larve di pensieri
residenti
nelle stanze del cuore
non hanno ali
per volare
il cielo immenso
di sorrisi e stelle
chiudono a chiave,
le ombre
sono piene di parole
dicono sempre
mio mio mio.
il verso echeggia
dentro la fortezza
senza coraggio
a superare il muro,
scorre
come un fiume
prende sempre tutto
oltre la riva
non si ferma
davanti a sentimenti
a elargire petali
d‘amore.

Erano altri tempi
vivo sospeso a filo di ricordi
degli anni belli
il mio pensiero volge
quando la spuma l'orme
cancellava correndo
sotto i piedi,
erano belle tutte le stagioni,
bussava audace
l'onda l'uscio il verno
sgridando il pescatore,
fioriva nell’estate un cielo pieno
giungevano bikini a frotte bionde
solari aperte,
e le native timide e le mamme
nutrivano invettive
contro l’esordiente malcostume.
Oggi sono altri tempi
la gioventù si agita, gestisce
la propria vita in preda alla corrente.
Oggi la ragazza
non si chiama fanciulla,
il suo cammino
antico suona troppo
non si adatta
al pudore che era una corazza,
l’onda che proteggeva
allunga i passi e apre con la forza
gli occhi di bambini ancora chiusi.

Siamo noi
Navigando tra secche
e pregiudizi
nel mare della storia
siamo noi
che ci hai donato competenze,
siamo noi
che hai plasmato addendi
per coronare il mondo
del tuo Io
venuti meno, voltati
fino al punto
di venderti col bacio all'aguzzino.
Siamo noi diversità di siti,
deserti di sabbia
oasi di pace
e sogni con le ali dell'amore.
Siamo noi onesti promontori
dove un fanale indica la rotta,
e correnti aberranti
che stringono le navi alla deriva.
Siamo noi le isole del male
spalmate sulle tavole del tempo ...
Ora tutto l’ammasso tramandato
stendiamo nelle mani col talento
crivellato dai colpi
oltre che dagli uni contro gli altri
dagli impercettibili elementi
fino a non poterlo contenere,
perciò necessitiamo
il tuo intervento.

Magia delle parole
Note silenti abbracciano
come un cielo di stelle
il sito dove posti
versi dolci,
Io non so il tuo viso,
ma le parole hanno
lineamenti,
mi stupiscono gli occhi,
il cuore
colorano di riflessi.
Magia veicolante
nella simmetria
di corpi opachi
come una tastiera,
non necessita il suono
per volare,
sono gocce di anima
sfiorano la pelle coi rintocchi
come fiori di campo
che spandono profumo
sul sentiero,
il viandante che passa
ne coglie una boccata
e si ristora.

Poesia
L’onda
di questo grande mare
coglie rifiuti,
abbraccia
avvisi ai naviganti
dolcezze e altro,
tocca lontani lidi
dove tutti possono
approdare,
colgo certe parole
lasciate alla deriva,
mi accarezzano
l’anima e i pensieri,
cara amica nascosta
dietro una moltitudine
di versi,
il mio cuore ha sentito
lo sguardo
di un nome,
soltanto un nome
senza contare il viso
per ritenerti cara
impressa
sempre.

Licenza di uccidere
La natura ha un cavillo
che sopporta
il peso di un vitello
che passa al guado il fiume,
Non ascolta il muggito
che parla,
non guarda nella profondità
degli occhi,
non si conturba,
ride al coccodrillo
come uno scoglio al varco …
lo sprovveduto inciampa
contro la scorza dura,
diventa divorato.
Il coccodrillo uccide
senza fare peccato
poiché appartiene
alla specie protetta.

Flutti
nel gorgogliante mare
dilatano la nebbia…
veglie
di colori recisi alla campagna
per adulare il cielo,
sussurri di candele
spazzano
polvere di tempo dalle righe
a questa età di occhiali
che si affaccia
sulla piazzola invasa
dalla marea di volti…
questo sereno incontro
che addolcisce
porge la mano tesa
sulla soglia
per consentirci
di accarezzarla.

Dalla silloge 2 Novembre
 

Siamo ai primi passi
Il tempo di gattonare
é finito,
l'orizzonte si allarga
sospeso tra due sedie,
hai vinto i primi passi,
illumina la stanza
il tuo sorriso,
spande la conquista
una gioia leggera,
intenerisce
come il sole dell'alba,
un uccellino
a brevi tratti vola ...
hanno preso la strada
i tuoi piedini
incerti traboccanti
che odorano ancora di poesia...
Dove ti condurranno
lungo il viaggio grande
della vita?

Il fiore bello
Stando seduto
a questo punto di presente
galleggia impigliato tra spine
un fiore bello,
di quei fiori che nascono inattesi
nei posti impensati
tra rovine
e germogli avvizziti
dal gelo della indifferenza
di questa grande madre
che dona tutto
e prende senza cuore.
Il verso non insiste
tra le pieghe del calice
del giglio
che dona dolce ai sensi,
si nasconde
tra le pareti della stanza inferma,
sotto l’uscio del tempo,
arrampicato alla scarpata impervia
illumina
con la piccola face che dispone
i campi senza luce.

M’ama, non m’ama
Erano gli anni dell’amore bambino
quello che maturava
su segreto cuscino insieme ai sogni …
navigavamo nella classe mista
con l’alone confuso di pensieri
e lo sguardo nascosto
senza coraggio di scoprire il fuoco
che ardeva dentro, si prendeva il viso
che avvampava di rosso e di disagio,
ma acquistava coraggio
nella solitudine del letto
quando sfidavo i sogni
con i pensieri arditi, ed estraevo
la dolcezza di baci fino al sonno.
Fuori dai sogni un bacio
era un delitto,
si rubava nascosti dietro un muro
e restava sospeso all’intervallo
di rumori di passi.
Mettevo i sogni in carta da regalo
e li affidavo al vento,
sfogliando margherite domandavo
al criterio dei fiori il mio destino,
m’ama, non m’ama …

Dove mi porta il cuore
Nei dormiveglia tornano momenti
dove il sonno si lascia carezzare
ed io lo cullo dolcemente, il cuore
si accosta alla piazzola
che mi conosce da lontani tempi
dove una Niki abbraccia con la vista
la scala delle note musicali,
paesini accesi sulla costa incontro,
si perde l’occhio nell’inseguimento…
dirimpetto sul mare la Calabria
appare, l’orizzonte, il faro
confuso fra stelle e le lampare…
Calliope porta gli occhi
alle poesie esposte
che si adagiano dolci su pendio
coricato su mare,
mentre leggo l’urlo che scorrazza
sullo scoglio
che gioca con la schiuma
qualche spruzzo
mi conduce sul viso
l’onda di ricordi
apro gli occhi
con la lacrima vera accanto ai sogni.

Malinconia
Malinconia che sale
dai ricordi
su lastrico degli anni
dove tendo la mano,
malinconia del sole
che si tinge
di colori dell’alba
e si commuove
sul cuscino vuoto
della sera.
Malinconia del fiume
che scorre tra cespugli
di vita, ascolta il canto
che odora di profumo
e di rimpianti
dove splendono fiori
sulle sponde,
malinconia seduta sulla foce
ascolta il tempo
che si versa nel mare
e si confonde,
malinconia del mare.


La prima candelina sulla torta
Sfoglia la prima pagina
la tua valigia di progetti
che già contiene sogni

che assapori
nelle labbra che schiudi
mentre dormi
e due dentini splendono
di bucaneve di riflessi rosa
ridi
quando carezzi tenera
o mi imbocchi
con le molliche piene di saliva
incredibile soffio rifocilla
di tenerezza, briciole di cuore
rendi a ciascuno,
se ti prende il pianto
con la forza di lacrime
vinci le sentinelle
e prendi tutto il regno

in tuo potere.
Ora mentre sospesa

in equilibrio
e gattonare intenta

mi confondi,

tingi il tramonto, tenera

con l’alba
mi fai sentire dolce di rugiada.

Com'era bello!
Com'era bello un dì quel paesello
“cca sicca, i petri niuri,                                    le pietre nere
u scoppu i ll'acqua,                                         lo zampillo dell’acqua
ccu la marina china di bbastasi ...                     la spiaggia piena di scapestrati
e menzulitru                                                  (soprannome di un pescatore)
bbanniava: pisci gridava:                                 pesci
frischi du nostru mari,                                     freschi del nostro mare,
n’piattu i masculini centu liri”.                          un piattto di acciughe 100 lire
Nelle traverse nidi di bambini
pativano la fame
spesso non c’era acqua nelle case,
“annaunu a funtana cca quartara                      (le donne andavano a prendere acqua
i fimmini cca truscia supra a testa”                   portando la brocca sulla testa”)
Germogliavano allora le fanciulle
coi petali odorosi e gli occhi chiusi,
crescevano inzuppate di discorsi
di casa, chiesa, scuola, genitori,
grondavano pudore dai capelli.
Giovanotti appostati sulla strada,
spendevano l’attesa
per supplemento di una “taliata”                      uno sguardo
Com'era bello!

Il vecchietto
Al povero vecchio
che ascolta
gli vengono contestati
torti e errori.
Si festeggia
la sua dipartita
coi pranzi speciali
e col cenone
soltanto qualcuno
sente per esso lacrime,
vorrebbe trattenerlo
ma l’anno nuovo
arriva
e non fa sconti …
ora il vecchietto é morto,
fuochi d'artificio
esplodono
nel mezzo della notte,
sono festeggiamenti
in onore all'erede
che brilla
tra progetti di avvenire.
Ma il peso del tempo
che grava
sull'anno che nasce
sono le colpe impresse
nel cuore di coloro
che hanno condannato
l'anno vecchio,
perciò tutti i progetti
sono invano.

Buon Natale
Lo strascico
di tempo
nello spazio
seminato di stelle
a questo lasso
incontra la cometa
di dicembre
che illumina la stalla,
la luce si dirada
come il suono
di un campanile
spento di campane
cui l’eco
si trascina
di peccati
delle città ridenti
dove soffia
vento di palazzi
sui muri franti
di periferie.

Candeline di Natale
Così è Natale
Un coro di bambini
felici a squarciagola,
la neve bianca
gioca con le luci
e pensieri del cuore
tanto forti
da spartire coi poveri
i regali
e tanto veri
da strappare il pianto.
Ogni bambino è un ramo
e poi man mano
sempre più sottile
l’ultimo bambinello
a mezzanotte
arriva in mezzo al cielo
e tocca la cometa
dell’amore
di candeline accese
cui la fiamma
che sfodera gli avanzi
di chi gestisce il cuore
coi denari
e aliena palcoscenici
d’amore
ha qualcosa da dire
a chi non vede.

Angeli spogli
Siamo giunti nell’aria
di Natale,
intenso accartocciarsi
foglie verdi
a questo clima freddo
di pensieri
del cuor
che non incrocia
una parola dolce
ed un sorriso.
Vagano a frotte
fiori intirizziti
angeli spogli
sostano appostati
dietro una finestra
illuminata
di un qualche odore,
aneliti di fame
raccolgono
gli abbagli di tepore
dietro vetrine
di camini accesi
sull’asfalto.

Le stelle cadenti
Il dono di stelle cadenti
alle notti
è un pensiero che vola
nei campi assetati
d’amore,
incontra parole
che anelano il cielo,
nel gelo degli occhi
tengono lacrime accese
e portano bolle
di cuore annegato
che salgono all’ansia
vissuta dai sogni,
la smania di accedere
al cielo proibito
dove gocciola sempre
un filo di cuore
sobilla le notti serene
ed agita palpiti ardenti
che sbottano
e squarciano il cielo.

I grandi amori
L’amore nasce grande
crescendo diventa piccolo,
richiede sempre cure
e compromessi,
grandi amori
esistono immortali
sulla strada interrotta
dove il tempo
non dona assaporare
il fondo amaro,
come fiori appassiti
nella stanza,
oppure sono mere illusioni
soltanto
dentro il cuore del pensiero.

Fiori di carta
non appassiranno
basta innaffiarli
con parole belle
sbocciano all’ombra
delle notti insonni
vagano in mezzo
vaporose nubi
alla ricerca ardita
di un rifugio
che faccia scivolare
il dolce
di un pensiero
dentro l’ali di un sogno
per volare.

Preludio
Stando affacciato al canto dell’estate
sulle rive affollate di bagnanti
trovai un fiore bello,
di quei fiori che sbocciano inattesi
nelle rapprese terre di Sicilia
tra mandorli, gli olivi,
nelle sciare
pervenuto per caso
nei sussurri di luglio
sulla baia
dove solevo accarezzare il mare.
Un gesto amico venne
dai tuoi occhi
regalandomi il cielo, l’ombrellone
stupito d’esser solo
l’ombra amena
trattenne nel suo grembo,
la tua mano
trattenni, dolce invase
la melodia che sento
a mio pensiero …
remigando
inciampavano gli spruzzi
i sorrisi, la gioia sulla pelle
mentre le labbra
ornavano pretesti
la pagina del cuore più sincera
svolgeva un coro
di brusio di stelle
sulle sfaccettature di pispigli,
scopriva il mondo
le colonne azzurre
dove si staglia il cielo,
Il sentimento grande traspariva
come il sole dell’alba
che ancora nascosto già spande
le prime celate parole.

Amo la sera
Il cielo spiega l’ombre
rappigliano le ore invigorite
da buio illune,
la navicella stanca di remare
lascia il timone
vaga alla deriva …
il vento che conduce gli anni belli
soffia dolce, è bello navigare
quando la notte il cielo
piove come una pioggia di lampare
e accende il mare di ricami …
è bello ritornare con la mente
quando l'alba solerte il pescatore
(vedo il mutare intatto del suo volto)
coi serpeggianti versi prende il mare
e tocca ancora il vento,
e il sole fecondo parla forte
alla sua pelle adusta …
prendo per mano il tempo
mentre corre
finitimi compagni accarezzando
con i capelli grigi
che vendono pensieri,
e io li compro nella capezzagna
come filo nodoso mentre aspetto
che lascia la risega sulla gamba.
Non mi assomiglio a quando
giocavo scalzo
tirando sassi al coro degli spruzzi,
ora mi sgrida il mare
con la voce salata
e la luna nittalope mi guarda.

Fiori di ricordi
Sembra bonaccia,
ma lo specchio del tempo
dietro filtri di sole rami spogli
riflette, cascano a dirotto
i sogni, nel botro colmo
si radunano, portano il peso
delle foglie ingiallite.
Il ritmo dell'orologio
scandisce come passi nella nebbia
le anafore del tempo,
le screpolature del cuscino
girano
sulle dentellature di ricordi,
scricchiola note stanche il mio mulino
con le pale rivolte contro il sole
come un silenzio imprigionato
che non esplode …
le foglie vecchie cadono dai rami
aderiscono al cambio di stagione.
Si muovono pensieri a passi lenti
con le orecchie accostate a origliare
quello che succede all’altro lato.
A questa età di foce
dove l’acqua del fiume vede il mare
il presente non trova spazi,
prende gioia da spunti di passato,
come sentirsi a capo di un sorriso
che si versa nei campi
e fa sbocciare zolle inaridite.
Fiori di ricordi sono belli,
si sciolgono in bocca dolcemente,
tingono di colori i giorni lenti
come raggi rosati del tramonto
che assomigliano all’alba.

Fedeltà in amore
bloccare con le dighe
flusso di sentimenti
che scorre verso il mare.

Mal d’amore
L’amore
ha occhi per vedere
più a fondo
di apparenze
ma manca di pensieri,
dona il controllo al cuore
coi palpiti, Il processo
penetra il mare,
non si ferma a guardare
le stelle marine e coralli,
tra posidonia ed alghe
tasta con mani nude
specie celate incognite
col rischio di morsi
e di spine.
Si lascia toccare
da spunti sottili
goccia a goccia
stillando dolcezze …
Un qualche sole acceso
tende a svegliare palpiti corrosi
come pensieri alieni
conduce mal d’amore.

Novembre
Novembre scorre grigio
come la cantilena
di camini,
il cielo abbraccia i campi
dove giganti nudi
accolgono gli stormi
stanchi di uccelli neri,
dà spettacoli il sole,
un qualche raggio
tenta,
la tenerezza d’oro
si congiunge
ai colori pacati del tramonto
ed accarezza
coi capelli bianchi
la fronte di un bambino
come l’alba
che tinge il sole
di capelli d’oro,
agita il vento giochi
dei nipotini allegri
al vecchio stanco
tra sfolgorio di foglie
come sogni
caduti dalle mani.

Il Duomo e il campanile di Messina
Il turista che lascia il continente
varca la soglia dello stretto
e incontra Zancle dal sapore greco
che lo prende per mano e lo conduce
tra le pagine nuove ricomposte
dalle ferite infitte
a suo splendor, sciagure
di guerre invasioni terremoti
fino a sfiorare più recenti lutti
del sisma e della guerra.
Il Duomo parte da lontani tempi
di bizantini, affronta
secoli di storia e smarrimenti,
omaggiato, ferito poi risorto
aprì le porte agli arabi invasori,
subì la metamorfosi di culto
fino che fu redento dai Normanni
e arricchito di pregi e di strutture.
Oggi il tempio risorge colorato
di tesori sottratti alle rovine.
Gli occhi posati sull’Acquasantiera
invitano il turista a sorseggiare
un passo dopo passo
le tre navate cariche di nicchie,
l’organo che è vanto di Messina
rende spartita l’armonia di toni.
Reggono i leoni le colonne
con le statue di Angeli e di Santi
ed i portali carichi di scene,
il baldacchino ricco di ornamenti,
l'avvenente mosaico bizantino
e la Patrona cesellata d’oro.
Fuori dal tempio il campanile dona
allo scoccare
mezzogiorno in punto
la sua quotidiana meraviglia
agli occhi attenti di visitatori
che abbracciano le note musicali
che dalle logge intonano
una musica sacra in sottofondo.
Apre lo sfondo il segno del leone,
lancia il ruggito agli occhi
di cellulari accesi
e delle telecamere, le scene
scorrono lungo i fili dell’attesa.
Passa il gallo dorato getta il grido
che si perde lontano sulle strade,
ricordano le scene di coraggio
Dina e Clarenza,
nell’altra loggia
la Madonna accoglie
i quattro ambasciatori
e consegna loro la missiva
legata da una ciocca di capelli,
le quattro grandi feste religiose
girano nelle nicchie,
Gesù risorge e s'alza dalla tomba.
Da riquadro storico si affaccia
il ricordo dei Vespri, suona ancora
l’Avemaria, una colomba vola
intorno al suono
e dalla roccia appare
la chiesa di Montalto.
Segue il susseguirsi della vita
disposta in cerchio come le stagioni,
parte dall'alba fino alla vecchiaia.
Il corso di una bica
trasporta i giorni della settimana.
Lo scheletro che miete con la falce
chiude il disegno.
Il canto delle immagini
brulica di fervore religioso,
intenerisce il cuore di turisti
che leggono nei versi delle logge
tutta la straripante fantasia
che già dai primi passi
avvolge questa isola incantata.

La chiave
Sulla salita impervia
dove la vita andando
a passi lenti
sugli scabrosi anfratti
si sostiene agli arbusti
per non precipitare
prendo per mano
scarti di pensieri
e mi avventuro
nei labirinti
delle notti insonni
dove forse il silenzio
può aiutare
a trovare nascosta
in qualche senso
la chiave per aprire
la porta del mistero,
Il buio non aiuta
ma gli occhi delle stelle
lasciano intravedere
dietro riflessi muti
ciascuno nella stanza
piena di luce
chi ha dipinto amore,
Nell’altra stanza
chi ha venduto il cuore.

A mare aperto
La nave della vita
fu sorpresa
da vento teso
che matura l’onda,
perciò sciolse gli ormeggi
e prese il largo
per affrontare i torti
a mare aperto,
combattuta dal vento
alla deriva
offrì il mascone all’onda
nell’attesa …
e l’indomani il sole
entrò nel cielo azzurro
a illuminare
i torti e le ragioni,
tutte le navi in rada
andate a fondo
scoprì, la nave reduce
soltanto
riprese la sua rotta
verso il porto.

Il canto di un pastore
Navigare sull’orme
di aliti contesti
fino al cuore,
incorniciare amore
sulla tenerezza di boccioli,
dare spazio al profumo
come sogni
di fiori che ridesta
il sole dolce della primavera
col suo tepore
e carezzare candidi boccioli
infondendo sorrisi
dentro i piccoli cuori …
così l’amore tenero
interdetto
da gocce di veleno
valse a perseguire
fino alla croce il canto
di un pastore.

Attutisce settembre
Il tempo si colora
come l’aria
di chi ha cresciuto i frutti,
il contadino
postato sulla soglia
s’inonda di gioia
leggera,
attutisce settembre
il canto dell’estate,
gode verde pacato
la campagna
e tiene fiori accesi.
Settembre al mare
l’ultimo tepore
un qualche vento
anima le onde,
rigetta dalla baia
i tripudi loquaci,
l’acqua che odorava
di abbronzanti
ritrova la salsedine
del gusto,
la sabbia frastornata
dalle cicche
di questa civiltà,
l’insulto di rifiuti
che seppellisce odori
lascito di agosto
attutisce settembre
con qualche pioggia
è l’armonia del sole.

Selinunte
Selinunte abbraccia
l’incantevole mare che lambisce
i reliquari delle voci antiche
come un canto lontano di sirena.
Nell'ampio spazio resti di colonne
riposte in piedi sembrano custodi
di un vecchio cimitero di giganti.
Il passeggio tra ruderi conduce
un silenzio che invita a soffermarsi
su stive piene trapelanti genio.
L’invasione punica del sito
mortificò la luce del sapere
tramutandolo in centro commerciale.
Allora come oggi ai nostri tempi
vince il senso grezzo del denaro
di barbari invasori contro l’arte.
Il progresso avanzato ha denti aguzzi
e si spartisce complice il bottino.
Ma il grande centro antico sottomesso
all’incuria ad oltranza delle genti
a distanza di secoli e millenni
è sempre in piedi pronto a sbalordire.
Superstiti che sembrano immortali
della guerra eterna contro il tempo
sfidano i passeggeri del futuro
con i moderni di gitali accesi
fra le file di resti incolonnati
lasciando loro un qualche sentimento.

Aria di vacanze
Questo sole di maggio
rende gemme di fiori,
nei miei pensieri accende
un sole che conosco
e sembra mi conduca
dove toccavo
l’avvenire incerto
con le mani dei sogni,
mi copriva di raggi
per scaldarmi
quando il mare
mi tratteneva a lungo
con le sue braccia fredde,
cui però non sapevo
rinunciare.
Il cuore più veloce dei pensieri
deforma il tempo
tocca preludio aria di vacanze,
la spiaggia gremita di ombrelloni,
fruscio dell’onda
dolcemente culla
a questa età che sale
lungo le vertigini del tempo.
accarezzo la sfera di cristallo,
si muovono dolcezze
dentro il vetro
e brividi di freddo sulle spalle.

La Fede
Carezza il mondo
con le mani giunte,
vacilla nei deserti
della vita
dove non cresce
oasi d’amore,
si leva lungo vicoli
scoscesi,
nei dirupi profondi
come un canto
più forte degli abusi.
La fede apre la porta
a spazi immensi
nella stanza chiusa,
consente a rami nudi
di sognare
che aspettano tremanti
in mezzo al gelo
il verso dolce
della primavera.

Sei dolce mamma
Oggi è giorno un speciale
si festeggia il bisillabo dolce
dove l’amore abbraccia
il sogno di un bambino.
Arrampicato agli anni
apro più forte
gli occhi del pensiero
e spolvero la nebbia della cima,
con l’orecchio accostato agli spiragli
seguo il tempo che corre,
l’attesa mi trasporta ad origliare
dietro l’uscio socchiuso
c’è qualcuno
che agita la pelle
cresciuta oltre misura
che si tocca
con le mani del cuore.
Sei dolce mamma!

Scendo gli scalini
e mi conduco agli anni
delle prime parole
con gli occhi presi
ad ascoltare fiori di ricordi
sbocciati sempre vivi.
Sei dolce mamma
guardo la tua foto
accostata ad un lume di candela,
c’è un silenzio affollato di campane,
dalla finestra chiusa guardo il cielo.

Caro monte
nei cari luoghi
dove giocavamo tra pendici
a bisbigli di bosco col silenzio
ti trovo con la schiena scorticata…
e sangue di terriccio
cola a valle.
La neve si adagiava
fino alla verticale barricata
dell’imponente picco,
ora si ferma
sulla piaga mozza.
A basso,
tra le macerie della tua sconfitta
si ergono gli ammassi
di tritato…
e il sole piange
come un poeta malato
che più non trova
fantasia di versi.
Il tramonto sanguigno tra le nubi
pare che covi fumo di vendetta…
amaro paesino nella valle!

Il buco nero
Il pensiero ha occhi
per vedere
e gambe lunghe,
non risiede assorto,
lascia il tutto sospeso,
s’allontana
di questo sito
come rami spogli
dell’autunno
dove imperversa
l’avvenire freddo,
ripercorrendo vicoli
dove ho lasciato sogni
il sole inciampa
in qualche buco nero
perciò abbraccio la Fede
unica speme
in questo campo di peccati
intenso
dove il pentimento
sembra che sia
l’ultima ragione.

Corre la vita
Corre l’inverno saturo di anni
rappreso da fuliggini del tempo
coi ricorsi al silenzio del dolore
lo strazio acceso delle notti insonni
ad ogni passo che diventa luce
a meditare grumi di memorie
si affastellano onde di ricordi
racimolate lungo le pendici
dell’ascesa degli occhi verso il cielo.

Resurrezione
L’agnello condannato
a furore di popolo
a diventare vittima
delega gli occhi
a piangere sul male,
sangue innocente
interagisce a pianto,
riflette, insiste, replica
lo specchio
oltrepassando artigli,
a misura di tempo
si ravvede
la sorella in disparte
che non tocca
l'ebbrezza della giostra,
nell'isolamento del rifugio
indossa un vestito di pace,
e il lupo si può accarezzare
con le mani di San Francesco,
perciò la Resurrezione
consente al mondo di durare.

Passa Aprile
Alba su mare affiora
guizzano raggi d’oro
il prato si fa bello
scintilla di rugiada
passa aprile
vola sulla campagna
vestita di germogli
e foglioline tenere
accarezza
coi versi come un bacio
accende fiori
copre l’erbetta tenera
di trapunte vivaci,
intenerisce l’ugole
di rami
di concerti e pagliuzze,
abbraccia i campi
dona a tutti fiori,
fiori fiori fiori
passa aprile.

Via Crucis
Questo freddo
silenzio di campane
conduce a rivedere
la salita a monte
del Calvario,
il sentiero
che accosta altri contesti
seminati nei Lager
della storia
dove la penna
scardina il foglio
delle efferatezze,
trascorsa l’onda anomala
ogni abuso
conduce al pentimento
come una resurrezione …
Pentito il passeggero
si ravvisa,
resta solo il colore
della Croce
che illumina il dolore.
Perciò il dolore vince
contro il male.

Etna
Figlia di Gea e Uranio
immortalata
da Pindaro, Callimaco
e altri allori
affascinati della sua natura
bella selvaggia, fece da paciera
nella grande contesa di giganti
quando al tempo di miti
si spartirono il mondo.
La benigna Ninfa
seppe attutire tutte le discordie
consigliando un ufficio
grato a ciascuno degli irosi numi.
Demetra amava i frutti e la natura
essa acquisì la terra in suo potere,
Eolo prese Lipari
perciò poté soffiare sulle onde
nello spazioso mare,
come la fantasia del gran poeta
che regalò a Ulisse tutti i venti
rinchiusi dentro l’otre,
Efesto fu sovrano del cratere
dove urla rinchiuso
il gran Tifeo
che scuote il mondo,
grida coi boati
e rutta fumo, lava, pietre nere
ancra oggi
Mungibeddu Etna si affaccia
su piedistallo, abbraccia l’orizzonte
con la veste di neve che scintilla,
e porta il vento un alito lontano
che odora di ginestra.
Sogni di fumo soffoca il respiro,
si sveglia ed accarezza
con le mani di fuoco le pendici,
villeggianti si mettono in cammino
di fianchi impervi. L’Etna regala
tra sterpaglie spinose precipizi
macchie di fiori belli.
Il cuore di Vulcano pulsa forte,
incute sensazioni
all’infima statura di passanti
sotto il freddo che sferza
e cascate di fuoco mozzafiato
davanti ai flash increduli
dei digitali della meraviglia.
Magma incalza,
scorre lungo i fianchi,
si incanala, irrompe nelle valli
un fiume in piena,
assale borghi sparsi
Sotto il disegno d’oro delle stelle.
Non si finisce mai annoverare
tutte le acrobazie di Monte Bello.
Suggestioni restano filmate
nelle memorie di telefonini
e sostano immortali dentro il cuore.

Dove vai uomo?
Uomo
estratto di pensieri e di parole
che acquistano dirupi e incombenze
intento a travasare luci ed ombre.
Uomo incontenibile predone
cane infedele
a mantenere il patto
che ti ha preso per mano
nonostante Giuda abbia tradito,
uomo che calpesta
le briciole affamate,
naufrago aggrappato alla carena
della nave sul mare della vita,
ancora uomo
arrampicato al cuore del talento
sui gradini avanzati
capace di toccare la pelle delle note
dell’intricata rete
con la mania selvaggia di profitti
sordo accostato a voci del mistero
stai strappando le foglie alla natura,
oggi è pensoso il mare
rigetta sulla riva le tue incurie
l’ozono intasa il cielo
fermati e rifletti,
dove vai?
non aspettar che chiuda gli occhi il sole.

Fumo di sogni
Il mio cuore
ha un angolo segreto
dove un qualche sogno
che non è proprio sogno
fa sbocciare sogni
nella stanza di fiori
dove profumo dolce
mi commuove.
salgo nel cielo
a fabbricare stelle,
cadono scintille
ci si illude
di poterle afferrare.
Questa magia del cuore
che gioca con i versi
toccando con le dita
attimi di parole
abbraccia la dolcezza
con gli occhi chiusi,
per paura
del buio della luce
che cancella,
lascia fumo di sogni nella stanza.

Dafni
Seguendo il verso della carreggiata
che parte da Messina per Palermo,
il pensiero affacciato al finestrino
incontra il pastorello
vagante in mezzo al verde con le note
della poesia campestre, e la zampogna
e accompagna il canto. L’armonia
alle fanciulle tenere di baci
conduceva dolcezza, Echemeide
non resistette al canto,
corrisposto l‘amor nacque l’idillio
che defluì al solenne giuramento.
Ma l’arte del cantore ancor si spanse
lungo strade fiorite a suo passaggio
ad invaghire cuori e sentimenti,
così raggiunse il regno di re Zeno.
Alla corte fastosa del sovrano
destino addusse il dolce pastorello
già legato dai lacci dell’amore
ad invaghirsi anche di Climene,
incantevole moglie del sovrano.
Nuovo raggio confuse raggio antico
più forte il cuore contro la ragione
illuminò la stanza illuminata …
l’amore è la magia di una mistura
l’uomo che la beve segue il cuore,
l’amore forte supera il peccato,
tra Dafni e Climene nacque amore
e l’aria dolce accompagnava canto.
Ma l’intrigo dischiuse lo spiraglio
entrò la luce nel segreto idillio,
La dea furente madre della sposa,
la potente Giunone il pastorello
pagò il peccato gelosia d’amore.
Povero pastorello senza luce
vagò nei campi Dafni cantando,
e dalle note amare scaturiva
la natura bagnata del suo pianto.
Egli sentiva verde intenso e cielo
solo nel buio muto,
senza luce negli occhi
più non contenne la malinconia
di seguitare la dolente vita.
Povero pastorello disperato,
il mare blu accolse il suo tormento
e lo inghiottì con l’onde.
Pianse Mercurio il suo diletto figlio,
immortalò sul mare la sua sorte
trasformandolo in pietra.
Accarezza il pensiero quella rupe
del turista che guarda ed intravede
nel blu marino che scolpisce l’onda
il cefalo di Dafni che piange
e convertito in roccia ascolta il vento
che si protende sull’azzurro mare.

Erice
Quando il treno del tempo
che conduce
dove gli occhi dietro finestrini
scorgono il borgo
arrampicato al monte
di minute stradine acciottolato
non si può negare una fermata
alle stazioni
che aspettano l’arrivo da millenni.
La grande Ilio distrutta
risorge in questo sito
pitturando l’ardire del gigante
eponimo del monte
che osò sfidare Ercole.
Erice immersa di silenzio antico
esce dalle voragini del tempo
abbraccia i bordi della fantasia
coi versi belli del esimio vate
che corrono sul tempo come luci
colorate di fascino e di attesa.
Erice venne ucciso ed il suo regno
aprì le porte a reduci di Troia
Enea pianse immortalò Virgilio
il vecchio padre Anchise
che giace qui sepolto dai millenni,
e locò un tempio alla divina madre
consacrando il monte alla bellezza.
Il pozzo antico
usato dalla dea per i suoi bagni
è immerso nella nebbia rosadolce
fino dalle vertigini del tempo
e conduce fortuna nell’amore
gettando dentro il pozzo una moneta,
ora giace negletto abbandonato
di questi tempi
dove la vita ha perso oltre l’amore
la dolce fantasia dell’imprevisto.

Battesimo
Da sul quaderno bianco
della vita
quando abbracciai
la pietra miliare
mi tenne in braccio
e piansi
l’uomo nero
eresse le torture,
ma l’angelo che prese
i primi passi
mi segue ancora
su scoscesi anfratti
dove il sole
anima di colori
il suo declino,
sento il fruscio dell’ali
una strada alberata
di candele
illumina il cammino
la Fede bianca
che prende per mano.

Estasi d’amore
Il senso della gioia
si sublima
nel miracolo vivo
che nasce dal dolore,
si trasmuta in essere
il sentimento amore
con l’armonia del cielo
che corregge
il corpo di una donna
per cura di vagiti
ottemperando
nessuna metamorfosi
della parola amore
dove inizia l’idillio
col bisillabo dolce
che compare
sospeso nella bocca
di un bambino.

Libertà
Ho ravvisato la tua immagine
arroccata da un muro di vetro,
ho martellato coi pugni di rabbia
le bitte, il timone, gli ormeggi,
per poterti afferrare,
ho strappato la pelle alla terra
inzuppata di cocci di vetro,
ho inalveato il mio fiume
verso il tuo letto
per confondere le nostre acque,
ho bruschinato le ingiurie del peso
come crespe sulla mia fronte
con la spazzola delle illusioni
per condurti alla quintessenza,
ho cecato gli occhi del giorno
per nascondere il buio del cuore,
ho coltivato nel libro dei sogni
cristalli di stelle
per regalarli ai tuoi occhi,
ho investito le suole dei piedi
per deserti, per nuvole e mari,
ho contato gli occhi, buttati
come sassi sulla mia pelle,
ho consumato tutti i pensieri...
ma sono arrivato troppo presto
quando non eri ancora nata
perciò non ho potuto abbracciarti.

Un pensiero povero
Coi versi come paglia
per sfamarsi
si posava col capo
sul cuscino,
travestito di piaghe
accattonava briciole
di cuore,
si plasmava le pene
degli insulti del tempo
come l’illusione dell’amore.
Il pensiero povero
col cuore come un cielo
dileggiato da nubi
grandine echeggiava
come scroscio di risa
sull’asfalto
tortuoso della vita
senza pioggia di lacrime,
offrendo agli occhi sogni
e castigava il cuore
stressato da macerie
versandosi nudo
in un bagno di cenere.

La tua mano
Un pensiero
nascosto dietro il tempo
ha aperto una voragine,
ora che il peso incombe
sulla notte
si dilania il velo
che protegge
dalle intemperie,
dovrei sentire
il buio fino al cielo,
ma c'é un silenzio,
accende una candela.
Sei come il mare,
l'onda che accarezza
la solitudine
della sabbia affollata
di ombrelloni
ha cancellato
anche
le orme di parole,
è rimasto il sorriso
dolce soltanto
e la tua mano
col brivido che sento
fino al cuore.

Segesta
Nella terra magica che dorme
accovacciata sopra le pendici
il libro di programmi va lontano
dove il tempo carezza suoi tesori,
guarda la vista
arrampicata al monte
sulla pace dell’erba l’orizzonte,
il teatro greco di Segesta
di scalini scavati nella roccia
s’inerpica sul monte, dal castello
scorre lo sguardo
allaga il panorama che si spinge
sulle campagne verdi fino al mare
e si confonde con l’azzurro cielo.
Dietro la solitudine di colli
coperta dalla sabbia di millenni
la città degli Elimi scopre il tempo
sotto il tetto profondo della storia
e mostra ancora avanzi
della mitica guerra dei troiani.
Segesta dorme con le antiche genti
dei primi albori.
vide fiorire primi insediamenti,
guarda fuori con gli occhi sconcertati
dai flash delle foto, e segue i passi
di ogni nuovo secolo che avanza.
Qui si respira immersi nel silenzio
tutta la solitudine selvaggia
che accompagna la storia.
Il pensiero che tocca con le mani
i ruderi del tempio tra le valli
si stupisce vedere sempre in piedi
le colonne lanciate contro il tempo
che gli spolvera secoli di vento,
e continua a volare nella valle
con l’ali aperte tra colonne antiche
dove lo stile dorico prorompe,
a respirare i secoli di storia
scagliati dal silenzio sul presente.

Stupro
Un fiore
sbocciato appena
col sorriso dolce
di primi raggi
della primavera
preso dal vento
gelido
vide appassire
petali, soltanto
restò una nube
che nascose il sole,
ma era bella,
visse come un fiore
imbalsamato
con gli occhi vuoti
e petali smarriti
tra le pagine chiuse
di un libro
senza storia.

Lontananza
Nel cielo del tempo
brilli sotto le ceneri
diamantina intatta
dietro gli anni,
un qualche filo
ancora
allunga il tempo
fino alla penombra
che si staglia
su questo rimanente
rettilineo,
s’affaccia
dai banchi di scuola
dietro un sorriso,
tende del teatro
sono sospese
agli ultimi rintocchi,
il pubblico annoiato
lascia il posto
ed io su palco incorro
contro la solitudine delusa,
unica tu fedele
stella dolce scolpita
senza ombre
splendi di luce
della lontananza.

Siamo noi
nelle curve di cielo
oltre i mondi
dove nuota il pensiero
alla ricerca
di un alito di luce
che si perde
trafitto dal mistero,
siamo noi
che disponiamo
il carico di bene
inalveando
somma di proventi
dalle origini antiche
ai giorni nostri.
Ora tutto l’ammasso
tramandato
stentiamo nelle mani
col talento
crivellato degli uni
contro gli altri
fino a squallido buio
degli orrori,
perenne disgregarsi
siamo noi.

Piuttosto che
Piuttosto che
accecarsi
contro luce
abbagliante
della Fonte
meglio spiare
effetti del mistero
dentro gli occhi
di un fiore
nel giardino.

Introspezione
L’anno nuovo
mi ha portato occhiali ed uno specchio
perciò oltrepasso nuvole di tempo,
mi fermo a carezzare qualche foto,
mi intrattengono gli occhi di un bambino
che non conosco. Non so chi era
che intraprese la strada che percorro,
vederlo scorrazzare
su filo di pensieri non mi aiuta.
Allora mi domando io chi sono?
Domani non si vede
nascosto dalla nebbia
conta ieri partito da lontano,
ma è troppo lungo.
Dividiamolo in tratti di cammino
a partire dai banchi come biada
che guidano la vita
al meccanismo degli itinerari.
Progettavo intese con il mare,
la scia abbandonata di gabbiani
conduceva i miei giorni
cielo e mare
con le partenze accese e la valigia
pronta a ricorsi dello scalandrone …
ma il tempo non transige,
e lo specchio di guardia che riflette
affolla di candele la mia torta,
allora spengo un altro compleanno,
nascondo gli anni dietro i miei pensieri
e domando allo specchio, io chi sono?
Sono soltanto un nome,
un lume acceso a corto di petrolio,
una data contesa da due cifre …
ancora mi domando io chi sono.

Certo che esiste!
Un fiume fugge
altezze dove nasce
da un pianto di nevi
si versa nelle valli
a precipizio corre
finché non si congiunge
al mare.

La vita fugge
a precipizio
sale
gli scalini degli anni,
lo sciabordio fugace
della foce
rende l’ultimo tratto
che si congiunge
al mare.

Ma il fiume esiste ancora
in mezzo al mare?
Certo che esiste!
Il sole e il mare
Sono artefici pronti a tutelare
il gran disegno
o Padre!
Mentre beviamo ingrati
il tuo sapore.

Le vele del pensiero
Vele del pensiero
navigando
nell’infinito mare
che congiunge
palpiti momenti
come un filo sottile
fino al cuore.
Note di Natale
suonano ancora oggi
illuminati
dal profumo
di un sogno
che ha percorso
lacrime sentieri
incarnando
l’essere divino
nelle vesti mortali
per tastare i peccati
con le mani.

Il presepio
Candeline accese
nell’aria di ricordi
ardono, il presepio
di figure di argilla
fatte a mano
e l’erbaspina
delle campagne folte
di cespugli
cantano dolcezze
delle serate insieme,
e l’armonia
dello zampognaro
scintilla sulle note
delle cantilene di bambini.
I doni erano arance,
fichi secchi
e qualche mela …
Oggi sguazza il progresso
coi suoi toni
senza forza di cielo
che conduce
scandisce solo frenesie di doni.

Messaggio di Natale
Stupore una stalla
in mezzo al cielo
un posto grande
all’umiltà derisa
e suntuosi artigli
giocando col dolore
non incontrano
fiamma dolce antica
ma freddo
e luci spente
dentro il cuore.

Danza
Spande giocose trecce
una bambina
sospesa dalle dande
i primi passi
tentenna l'alba aspetta
la festa dell'amore
primavera
i messiticci rompono le zolle...

corre la vita
inciampa contro i sassi
sonde
mirini
attese
allunga i passi
per arrivare prima al suo solstizio…

cala la sera
l'ultima stagione
mutolo spleen di spogli
piange foglie l'autunno
il pianto copre
la terra intirizzita
e l'anno muore…

dietro il cancello sugli avelli bassi
suonano i sepolcri decorati
le pietre morte
lisce
riflettono
nel campo di silenzi
l'eco insciente
dell'ego trapassato.

Non credere
I tuoi versi
giocavano a scalare
le pareti ripide
del tempo
ora giacciono
in campi di candele
respirando
l’anima dei monti...
non credere
alle bugie del sole
che splende
sulle nevi gelate,
le pagine impresse
di memorie
contano soprusi,
l’urlo di valanghe,
e sacre imprese
di angeli provetti
come il fiuto
di cani buoni
parlano più forte
delle sfide,
la montagna
sa essere crudele.

Il privilegio
Animosi cavalieri
in cima al monte
percepiscono le ingiustizie sociali,
ritengono sia necessario
dare alle famiglie povere
un sorso di sussistenza,
tutti riconoscono l’errore,
ma nessuno vuole correggerlo
poiché la correzione
abbassa il livello del monte...
Chi detiene fondi nelle mani,
non è disposto a cederli
perché all’uomo
non basta essere sazio,
vuole investire a fondo di favori
che rende luce di riconoscenza
per soggiogare adepti fedeli
come il benefattore
che si guadagna il posto che detiene
politicante o altro che conquista
con la spesa irrisoria il privilegio.

Sirene di pensieri
Sento scintillare
il rosso di un dolore
su una lacrima tenera
cadente
coi piedi intirizziti
su lastrico gelato
di questo inverno,
non lascerò il tuo cuore
nel deserto
di sabbia di parole,
l’oasi d’amore
è un giardino fiorito
che ti accoglie,
volteggiano
sirene di pensieri
con ali di farfalla,
luci fantasmagoriche
di stelle,
un vento amico
spalma onde di miele
coi versi come petali
di una poesia di fiori,
perciò rifioriranno
le ferite
che hanno attraversato
il tuo cammino.

Rimani un sogno
Non scendere dall’alto
di un pensiero
che agita la mano,
non piantare un fiore
per colpa di un sol raggio
nel cuore dell’autunno
sulla strada del sole
chiedendomi un passaggio,
non andare
con gli abiti pesanti
a sminuire
la differenza
con la primavera,
in amore dare e prendere
sono confusi
dalla stessa sensazione di luce,
io sono a tre quarti di cammino
smettila di aggredirmi
tu che sorgi
è troppo azzardo
percepire il sole.

Nella traversata
di questo impervio monte
cui fa capo
lo scivolo del tempo
il proseguire incerto
cerca l’ausilio d’ali
per seguire l’ascesa sulla cima.
Il condannato
dietro le grate della cella
che aspetta la sentenza
del tramonto
preso dal senso antalgico di toni
che svolge il sole
quando radia di rosa
l’orizzonte,
trova l’illusione dell’istante
in qualche sguardo dolce
che carezza
come l’autunno
l’oro delle foglie
prima di scomparire
nel frammento analitico
del quando.

Novembre
entra coi piedi scalzi
e coi pensieri fermi
sui filamenti d’oro
della soglia
con le mani del sole
che accarezza
le foglie dipartite
che presso ceppi
aleggiano col vento
e folto di pensieri
presi dai rami spogli
come fruscio loquace
senza voce
accostano
pacate sintonie
come la vita
dentro il cuore tenero
del mondo
che l’amore protrae
oltre la sorte.

Il canto dell'autunno
Senti nell'aria
il canto dell'autunno…
scorre malinconia
del tempo bello
dei germogli bambini
e primi fiori …
il vento porta lacrime di foglie
traspare un qualche sole
carezza coi palpiti d'oro
la noia di campi tosati
che sognano l'onde di grano,
la vigna si sveste spogliata
dal peso dell'uva nei tini
risponde una rosa matura
con gli occhi
che implorano il cielo
e petali rossi d'amore.

Lutto

Sotto il tetto di un giorno profondo
il freddo scorre all’infinito mare
non affonda tra gorghi ma depone
detriti sulle sponde
come un qualche dolore devoluto
al vuoto del cammino
torna portando in braccio nelle notti
gelido sinibbio di memorie…
lenisce il tempo vista di confini
che l'orizzonte trepido profeta.

L’illusione dell’amore
Il tempo ha scritto
una poesia che sfocia
nella pallida gioia di colori
che l’autunno semina nei campi,
i versi che escono
dalle grate della realtà
tornano nei ricordi ad ascoltare
sprazzi di cielo limpido
quando la primavera
carezzava i sogni con le mani.
Ora s'affaccia inverno
col rigore,
il carico di sole maturato
con la spesa degli anni
è un prezzo troppo alto,
non è gratificato dalla merce
quando i piedi
che hanno imparato a correre
ora hanno bisogno di stampelle
per reggersi soltanto,
le dolcezze di oasi d’amore
che tornano le notti
morbide come i raggi della luna
sono le illusioni dell’amore.

L’amore non si cancella
Pioggia dirotta cola
dietro il vetro degli anni,
un arcobaleno
rimasto vivo a un pianto
sospeso a una dolcezza
negli occhi delle notti ora scintilla,
amaro é mutamento
che denuda
il senso dello stelo
quando non regge il fiore …
i passi leggeri
dell’ispettrice
con la candela accesa
che contesta,
non intralciano
tinte acquisite
nella stanza vuota
come un caleidoscopio
che rende vivi
cocci di cristallo …
l’amore non si cancella,
oltrepassa gli avelli fino al cielo
trova riscontro
oltre l’altro sito
come brividi dolci sulla pelle.

La Fede
Quando il giorno odora
di carta bruciata
fino all’ultima lettera
colano precipizi di memorie
negli occhi di coloro
che acquistano le notti
renitenti,
nei dormiveglia
tingono l’ombre
raffiche più intense
come un vento sull’onda
che conduce il cuore
ad arenare nel deserto
dove non si trova
un qualche sorso
per disincagliare
allora abbraccio
il lume della Fede
che vede sempre
dove non si vede,
ma non si scioglie
il nodo
che lega le radici
del mistero
perciò prego Qualcuno
di aiutarmi a sollevare il peso.

Riflessione
Sul cuscino invaso di congerie
mi affanno a cercare la chiave
del nulla senza porta
a concetto di tempo
che nega l’eternità
perché non é mai iniziata.
A richiamo di nomi senza volto
il nimbo di un fanale suggerisce
frequentare la scuola di tendenze
per superare gli esami.
In nome del Padre,
del Figlio,
dello Spirito Santo,
ovvero in nome di Dio dell’uomo e dell’amore
(suona più verosimile la rete).
Ma se l’amore non fosse amore?
contesta il senso un coro di candele,
ma baluginare di provette
nel grembo sgombro di colori,
ovvero nel cerchio di ghiaccio
dove non si posano gli uccelli
accentuano il corso
di certe deluse domande.

La partita
Nel campo della vita
giocano le stagioni,
il sole soffia raggi
fa l’arbitro venduto
non fischia i falli all’ombra
nell’aria di rigore,
vigila solo
il lato del tripudio
dove la primavera
accende fiori,
cresce smodato accende
il cielo che matura
il destino di sogni,
e scivola man mano
verso il mare…
entra l’autunno spoglio
impallidisce il cuore
qualche sorriso
inganna la campagna
come per consolarla
di pensieri
di qualche amor che sbatte
contro il vetro del tempo
e si fa male,
conduce il vento
acciacchi, pioggia, gelo…
e la neve fantastica
ricopre
come un lenzuolo bianco
la partita.

Lacrime di stelle
notte acquamarina
di cristallo
brividi di mare
nel silenzio
pellegrini esuli sfrattati
alla ricerca
di un mondo buono.
Fiori di stelle tremano,
sono pietà del cielo
su respiro del mare
che culla
raccapriccianti scene
sul chiaro della luna,
guizzi sognano ardenti
su tremore
che gioca col fruscio
dell’onda nuda
che scivolando copre
con le mani pietose
la speranza.

La condanna
Il pensiero ha una mano
ardisce fuori
l’orbita assegnata
di questo striminzito rettilineo,
é stato un sorriso
a incanalare accenti
nel fiume calmo
e farlo straripare
fino al cuore,
lo spazio che accarezzo
é fuori la portata
del tragitto tracciato
dalle inconfutabili armonie,
perciò la sentenza
del giudice di pace
stretto dal tempo
verte contro il cuore
e lo condanna
in dolce di pensieri
verso l’ultima curva
a naufragare.

Il nonno
Dove riluttante
acqua si versa
nei pensieri profondi
del mare
non attenua la luna
pregiudizi
e gli acciacchi
corrodono
la vita,
ma c’è un sereno,
tinge l’orizzonte
edulcora il tramonto
di colori rosati
come l’alba
nella gioia di piccoli fiori
con la manina tenera
sbocciando
che copre appena un dito
regalano
prime parole.

Autunno
La volta distesa
é percorsa
di grigi fluttuanti frammenti
che coprono scoprono
chiazze d’azzurro,
s’addensano
a bordi più spesse catene
di nubi forate dal sole
che filtra calando
e cingono un lago
di cielo
che s’apre sprofonda
nel senso sperduto del cuore,
l’abete maestoso
non teme l’autunno
rimira la sorte
del melo vicino
piegato dai frutti maturi
col vento che tinge le foglie
e lascia pensieri sospesi
al tempo votato al declino.

Settembre
Settembre attutisce
la voce di agosto che urla
e straripa spesso
sfollando emozioni
con qualche diluvio
la sabbia affollata.
Consegnano gli alberi buoni
il frutto maturo
al vento che sfiora le fronde,
affretta roseto selvaggio
la gioia degli ultimi fiori,
la vite pensosa raccoglie
il genio dell’uva nei tini,
I raggi gentili
attenti a scolpire le strisce
di cielo sospese
tra nubi leggere dagli orli
impregnati di luce
fendono tinte vivaci
su verde di campi che accoglie
confuso di aloni
il canto del sole che cala,
Lo stagno che gracida all’ombra
raccoglie le foglie dorate
col vento che fluttua
vermiglie canzoni
nel verde che brulica piano
si stempera il sogno man mano
nel folto di nuove visioni.

Nel parcheggio
del supermercato alimentare
il carrello inciampa
nello sguardo
di bambini
sudici
che sostano
sull’uscio
come una legge del cuore
cui si dona senza domandare...
il passeggero
col peso degli acquisti
colma l'indifferenza
versando
sulla questua che insiste
investita dall'onda della spesa
il sugo dei pensieri.

L’amore della pelle
Nei pascoli del cuore
escono da propositi
gli agnelli
l’erba si rinnova
al gioco della pioggia
che sostanzia
di miele i versi belli,
ma tingere di cielo
le parole
per coronare
voluttà di sensi
assetato di calice
l’amore
preso come progetto
per coprire
uno spazio di voglie
beve il veleno
nella coppa d’oro
e s’addormenta
o muore.

Il giardino del cuore
quando il freddo
assale la montagna
e lacrime raggela
sulla cima
coi pensieri rivolti
al precipizio,
come un bambino
canta una canzone
per trovare coraggio
contro l’ombre
mi rifugio,
sfogliando i fogli
della primavera
nel giardino del cuore
dove fiori cantano
il profumo
e colma l’aria
gorgoglio di cori,
ma l’orizzonte incredulo
che passa
accende luci all’alba,
sugli alberi
che indossano il vestito
nuovo di festa
leggo soltanto foglie inaridite.

Gocce di luna
Notte da capogiro,
gocce di luna
accese sulla pelle
di un ricordo fantastico,
guizzi sognano ardenti
sul tremore
che gioca sulla ghiaia
con il fruscio dell’onda
che copre nuda
folto intenso scopre
magico che si dona
carezze scivolando
tre le siepi
dolci di miele,
guizzi di luna
dorata di riflessi
come un sogno
vivo di un momento
che ritorna,
e tuttavia si rompe
contro i vetri dell’alba.

Lune di sogni spenti
di esuli migranti
repressi, vinti, espunti...
fantasie del male
imboccano sentieri
più forti

di propositi spinti

a non vedere
mare mare mare
soffocato
di gemiti e agonie,
l’onda che spuma batte
non arriva

sulla riva del cuore

di voci alla rinfusa

che eleggono il potere,

si spengono man mano
le campane
mentre là sulle onde
in superficie
non si lacera il velo
che abbevera i convogli
dell’orrore.

La ristrutturazione
Un segnale arreda il palcoscenico,
coordina equilibri,
indice premi,
e pone ostacoli
per rendere più idonea la vittoria
dei concorrenti,
toglie persiane alle finestre
perché entri luce nella stanza,
e tocca gli inquilini
nonostante il vestito
che genitori indossano al bambino
proponga la vista dietro un velo
che copre notizie riposte
nella valigia vecchia
deformata
dagli urti contro il tempo.
O Signore
nell’officina dove ci hai impiantato
rendici il colore
di tuoi intenti
perché possiamo porre

ciascuno un sassolino
accanto ai tuoi
per la ristrutturazione del tempio.

Ascolta Maggio
La natura si addobba di colori,
il germoglio contagia sentimenti
con le manine tenere, le zolle
tocca il sole coi raggi del sorriso,
fruscio leggero anima le foglie,
incolte siepi donano
gli angoli felici alla natura
selvaggia, albe forbite
su festose aiole
sfoggiano al cielo petali di rose,
cori coi primi raggi accende il sole
si specchia sullo stagno impreziosito
dal tramonto che cala
si addormenta
col concerto di rane che si fonde
nell’etere sereno,
sfoglia la sera una poesia di stelle,
tutti vogliono vincere il concorso
della bella stagione, la natura
declama vincitori, ma fibrilla
di questi tempi
un qualche malumore
di pensatori ombrosi sui fioriti
rami del tempo…
è la mosca noiosa
che si posa insistente sul tripudio.

Indifferenza
Respiro l'odore dell'erba
che si piega alla prepotenza
del mio peso,
stendo la stuoia sulla riva
del lago affollato
dove il sole soltanto
non dimentica il mio corpo,
un vento leggero assorbe
l'armonia dell'indifferenza.
Il discorso dell'amore non parla,
si accosta a vociare contento
di bimbi che si tuffano
con lancio di spruzzi,
malizia trascorre
di nude ragazze allo sguardo
che inventa canzoni sul corpo…
ora il giorno è passato,
nell'acqua
si specchiano i sogni,
il tramonto
comincia a rubare qualcosa…
un volo di anatra sguazza
con palpito d'ali.

La ragnatela
La ragazza vestita di velo
addolciva le corde del cuore
con l’incanto delle parole
sottili diffuse dal vento
negli occhi che anelano amore.
Scorrazzava su web col flusso
di parole mielate, lambiva
torrenti assopiti dal gelo
colorando di luci il deserto
con le stelle dell’illusione,
ma fili celati dall’ombra
all’alba del giorno che muore
scoprirono raggi di sole
come una ragnatela alle pareti
d’insetti imprigionati da parole.

La bolla di sapone
Non scriverò più poesie d’amore,
le immagini di miele
sono un veleno dolce
che annebbia la ragione,
i versi che si addensano
nel cuore di pensieri
sono fiori di carta
sono soltanto bolle di sapone
ed io bambino
che le rincorre
per poterle toccare con le mani.
Non lascerò mai più le tue parole
giocare col mio cuore
come riflessi giocano col vento …
ma una bolla più grande
colorata
dal soffio di pensieri
presa dal vento tenero
venne a posarsi
proprio sul mio cuore.

Il tuo costato
Le parole di miele che percorro
sulla rotta tracciata da un pensiero
mi conducono
tra stelle cadenti
dove sogni si possono avverare,
ma le onde dell’alba
che la sveglia declama
sciolgono le note del cuscino
nella bruma velata.
Ora che incombe il peso
delle ombre
per rimuovere il velo
e scoprire tra sussurri di fronde
il vento dolce
che spinge verso nuove primavere
ho bisogno toccare
il tuo costato.

Amore
Le parole
non colgono il messaggio
si agitano
alla ricerca di un suono
più dolce,
non toccano
la tenerezza, i palpiti, il delirio
confusi dentro un brivido.
Gli occhi si colmano di luce,
si fondono le labbra,
volano accenti
sulla tastiera soffice di toni,
le mani messaggere
nei reconditi spazi
sfiorano le altitudini...
il pudore si spoglia
dei cancelli
e mi lascia entrare nella stanza
dove risiede il dono
di te stessa.

Glauco e Scilla
Amore é fiamma libera che arde,
amor corregge il mondo, per amore
lo sfida e teme mai l’avversa sorte,
ma la sorte condusse il pescatore
figlio del dio del mare Poseidone
a innamorarsi di fulgente ninfa
che bagnò di sciagura la sua sorte.
Glauco trascorreva il tempo dolce,
sulla sua barca trastullava l’onde
ed esultava alla guizzante preda.
Un giorno ritornando dalla pesca
pago del suo tramaglio
svuotò la rete sulla chiazza verde
di un’erba misteriosa,
il pesce moribondo a quel contatto
diventò serpeggiante
si ricongiunse allo spumoso mare
della battigia,
Glauco a quella vista venne invaso
da sentimento atavico,
rimasticando l’erba della riva
le squame gli coprirono la pelle
una membrana gli legò le gambe,
poté nuotare a lungo
negli oscuri misteri di fondali
senza subire il peso del respiro.
Il mutamento in essere marino
attrasse Ovidio
che diede al mondo versi dell’incanto…
Guizzante lesto nell’azzurro mare
scoprì il tritone l’avvenente Scilla
mentre sguazzava nuda
scintillante di sole e di poesia,
la bellezza gli prese gli occhi e il cuore,
di lei s’innamorò perdutamente
e la seguì sull’onde e sulla riva.
Per conquistare la sfuggente ninfa
fece ricorso alla divina Circe
regina degli inganni e sortilegi,
confidando alla maga le sue cure
la supplicò di sopperire incanti.
La maliarda che Odisseo condusse
tramite i versi dell’inclito Omero
ai nostri giorni, si invaghì se stessa
dell’uomo pesce
sentì sì forte bramosia d’amore
ed attuò le arti per sedurlo,
contro le pietre dure
divenne incommestibile l’afflato
e Glauco rifiutò il trattenimento
presso l’estasio della sua dimora.
La gelosia crudele, amara prese
fortemente le redini del cuore
della perfida dea scaglio l’invidia
sull’avvenente ninfa senza colpe
trasfigurando la leggiadra forma
in un mostro marino spaventoso,
e Glauco triste sconsolato accanto
come l’amore libero si dona
contro i veti che stringono il cammino.

Tratto dal libro “Pennellate di Sicila”(Kindle Edition)

Scilla e Cariddi
Lungo la via del mare che separa
l’isola al continente, tra le sponde
alberga nel profondo degli abissi
la Cariddi famelica che inghiotte
le navi di passaggio. Il senno antico
non trovando nel buio una candela
vide mostri tra i gorghi, ancora oggi
tormentano le acque dello stretto.
Presso la costa sicula Cariddi
sguscia dal fondo assalta i naviganti
rovesciando coi vortici le navi,
le risucchia dal fondo e le divora.
La fantasia che stringe l’ingordigia
col nodo insaziabile, condanna
la bella ninfa trasformata in mostro
figlia di Poseidone e della Terra
in fondo al mare mai sazia di fame,
accomuna la sorte dei peccati
al divino poeta dell’inferno
che condanna a scontare nell’eccesso,
come pena più grande
l’appagamento eterno delle brame.
All’altro lato dello stretto, Scilla
succhia con i suoi vortici le acque.
Amara sorte colpa dell’amore
pilastro immenso di tutte le trame,
pena infinita avvolge amanti e crea
guerre, tormenti, lutti, dissapori
sconvolge sia gli dei che i mortali.

Tratto dal libro “Pennellate di Sicila”(Kindle Edition)

Brulica dolce amaro
Brulica dolce amaro
questo tramonto intenso
magico che colora
il mio cammino,
lascia dagli spiragli della notte
trasparire brividi di luce
che allacciano carole
a sorrisi di sole all’orizzonte
quando l’alba accendeva
le note degli incontri
in riva al mare.
Ti ricordi i nostri appuntamenti
quando il fruscio dell’onda
carezzava progetti seminati
di mille coriandoli d’amore?
Ora il mare ha sommerso
tutti i sogni,
é rimasto nell’acqua
il tuo profumo
e la malinconia impressa al sole
che lentamente cala
all’orizzonte
come un ultimo bacio
prima di scomparire
in fondo al mare.

Traghettando
Il forestiero che traghetta il mare,
s’avvicina all’isola feconda
di cultura, di miti, di leggende,
muove pensieri nei remoti antri
vissuti dai ciclopi
in profonde voragini del tempo,
segue il passo di primi esploratori:
sicani, siculi, fenici
che conobbero l'arte della stella
che insegnò la rotta ai naviganti
e diedero principio
alla trafila degli andirivieni.
Mozia, Solunto, Lilibeo, Palermo,
Monte Adranone, Erice, Mazara…
sono pietre miliari sui sentieri
percorsi dai cavalli degli albori
di cui trascina l’eco la corrente
del fiume che percorre
la palude oscura di millenni.
Il tempo non invecchia,
diventa sempre nuovo,
nel suo fluir trasporta sulla cresta
ondate di ricordi
a spettatori attenti sulla riva.
Sicilia è agglomerato di sapere
sepolto sotto ammassi di cultura,
fa sentire nel cuore la sua storia
ed invoglia a scavare nel suo grembo.
Dal petto scarno di cattivi figli
che esportano soprusi
la sua mafia dirocca le frontiere,
ma le virtù coronano il suo corpo
di madre pia, le dilette figlie
Agata, Lucia, Rosalia
hanno spanso dell'isola il vapore,
e vento teso che sopporta il peso
del suo dolore scuote col martirio
i cardini del male.
Cara Sicilia la tua veste è adorna
di cielo stelle sole monti mare
e cosparsa di fiori di pensieri,
sei convoglio gigante, la tua nave
confonde il passeggero
e lo conduce negli oscuri siti
popolati di mostri e di sirene.
Sfogliando i covoni una ad una
raccontano le spighe il tuo sapore,
ogni granello rende un libro pieno.

Tratto dal libro “Pennellate di Sicilia”(Kindle Edition)

Certe parole
Certe parole
sono una poesia
che si scioglie nel web
dove qualcuno attinge
un qualche cuore.
Gocciola dai pensieri
un sentimento,
l’estasi dipinge
lineamenti
che non mostrano rughe
sulla pelle.
La fisicità incontaminata
diventa bella
nella lontananza
senza ricorsi
a trame di castelli.
Certe parole
si svegliano al mattino
sotto cumuli lievi
di pensieri
dove scavando
nella palude incerta
forse si raccoglie
un qualche fiore.

Aiutami a esplodere
Mi sfiora amore
palpita la pelle
corre veloce
nel silenzio forte
asserragliato
dalle congetture.
Scopri la pelle
più che dare al sole
sulla spiaggia piena di parole
provocanti
mentre passo con gli occhi
nei sentieri
che trascorrono il corpo
mi soffermo
un po’ nel tuo sorriso,
l’amore giace sterile
compresso
nella gabbia di vetro
contro il sole
penetra nel pensiero…
non ce la faccio
a contenere
il tutto.
Aiutami a esplodere!

Alba sul mare

Alba sul mare
timida si desta
e scintillante copre
la pagina di flutti
col sorriso
tra i guizzi d’acqua
azzurra
essa s’indora
spande coi pennelli
tutta la tavolozza
dell’orizzonte
poi si prende il cielo
indossa una corazza
di splendore.

C’è la parola amore
Dove mondi si allacciano tra loro
nell’armonia del cielo
c’è la parola amore,
insorge l’acqua limpida azzurrina
un venticello ameno abbraccia il mare
genera onde dolci come baci
danzano guizzi d’oro della luna
c’è la parola amore,
nei colori della primavera
arida pianta che ha trascorso il gelo
abbraccia i suoi germogli
sbocciano come fiori i sentimenti
c’è la parola amore,
nel tono umano coi capelli immersi
nella fantasia dell’universo
sogni sbocciati al suono della luna
indossano il vestito della festa
soffocati dal canto del mattino
si lasciano sfogliare dalle mani
della stordente melodia del sole,
brillano all’alba gocce di rugiada
dentro gli occhi del cuore…

La voce del tempo
mi sussurra un nome
caduto da un qualche cielo
che ho raccolto
navigando nel web
poi scomparso
nel profondo mare
dove però la mano delle notti
s’immerge a rinvenire
barattoli di miele
rimasti ancora intatti
nelle stive…
dolce cullare
nube di profumo
sorpassare le insidie,
le barriere,
rotolare nei prati di parole,
volteggiare di angeli
e di fate
coi vestiti di velo…
ritorna se mi ascolti
mio pensiero
il letto vuoto ascolta
nell’attesa
il tono dolce delle melodie.

Arcobaleno
L’inverno avvolge
gli ultimi gradini
la pioggia ingrossa il fiume,
le corde della vita sono tese
contro la corrente
che vuole trascinarmi
alla cascata.
Ora l’acqua è piena di detriti
accumulati
dal tempo della polla
e ricorsi diventano frequenti
a rattoppare pezzi sfilacciati,
sembra che il cielo
abbia chiuso i ponti
e vento freddo intirizzisca,
ma ecco d’improvviso
appare dolce
un arcobaleno di vagiti,
allenta i fili veste l’orizzonte
di colori dell’alba,
e mi accompagna
coi riflessi rosa.

È tutto amore
Marzo è preludio
della primavera,
il sole accende
palpiti di trilli,
contagia la natura
di brividi di miele
col magico sole
che soffia
sugli alberi spogli
la primavera sogna
prepara ai rami
l’abito da sposa,
é tutto amore
ma c’è sempre qualcosa
che dileggia
la musica del cuore
come la galaverna
sui boccioli
che tende a incorniciare
merce interdetta
e si trascina il peso
lungo gli anni
pesanti di cammino
come una follia
che strappa ai fiori
la dolcezza.

Scheletri d'amore
Una parola estiva in riva al mare
ritorna a questi tempi senza sole
troppo scollata per sembrare vera,
il verso irresistibile
che scaturì dagli occhi di un sorriso
della pelle nuda in pasto al sole
l’inverno ha rattrappito
lasciando il senso vuoto che fa male
degli arbusti di spine senza rose
nella solitudine del cuore.

La navicella
Guardo nel cielo
le stelle d’oro
sono diamanti
brillano in coro,

passa la luna
giuliva e bionda
guizzano i raggi
gioca con l’onda,

la prora scivola
a navigare
la navicella
in mezzo al mare.

Così è la vita
nel suo cammino
acqua lucente
sorge il mattino,

sul mare placido
la navicella
col sole tenero
naviga snella,

si sveglia un sogno
guarda lontano
la navicella
vola un gabbiano.

Così è la vita
la navicella
corre una nuvola
copre una stella,

frange la schiuma
il cuor scontento
s’increspa l’onda
e soffia il vento,

i flutti ingrossano
si sbianca il mare
la vita è fragile
può naufragare…

e sempre avanza
vuole arrivare
la navicella
in mezzo al mare.

Così è la vita
scivola piano
all’orizzonte
tende la mano,

naviga naviga
la navicella
in mezzo al mare
con la sua stella.

Naviga naviga
tocca la sponda
la navicella…
e tace l’onda.

Un brivido di sole
Le parole non colgono
il messaggio,
si disperdono fragili
naufraghe
nel mare di tuoi occhi
come una plaga incredula
che specchia
nuvole grigie
ordisce il vento intrighi,
agitarsi confuso alla ricerca
che un suono dolce tocchi
la tenerezza
i palpiti
il delirio…
poi finalmente
un brivido di sole
illumina di luce
i tuoi pensieri.
Si fondono le labbra,
volano accenti dolci
sulla tastiera soffice di toni,
le mani messaggere
nei reconditi spazi
sfiorano le altitudini…
il pudore si spoglia
dei cancelli
e mi lascia entrare nella stanza
dove risiede il dono
di te stessa.

Le coccinelle
Quando cala il sipario
sugli attori,
silenziose gocce
di lune innamorate
varcano gli abissi
del tempo
e delle miglia,
fanno capolino
sulle labbra corrose.
Posate sullo specchio
dove il sole nascosto
pesa l’ombre
che tutelano quadri di valore,
lambendo miele
di dolcezze antiche
destano un pianto dolce di memorie,
cercano dietro il velo
un qualche verso nuovo
accanto a quelli vecchi custoditi,
una pagina trovo sospesa
non contaminata
come un vuoto,
rimasta sempre bianca nell’attesa,
ma non è tempo di attizzare lumi…
le coccinelle sostano indecise
sfogliando l'ali prima di partire.

Lo misero in croce
Andava per i vicoli tortuosi
visitava gli infermi
e i detenuti
coi piedi scalzi
tra coltelli e chiodi
cuciva i bordi
e i frantumi franti,
parlava
con il cuore
sulla mano,
diceva ai ricchi fate carità...
Lo misero in croce.

Il mutamento
Stordisce vagliare il mutamento
di passi leggeri
in giravolte impazzite
di ali nella stanza
ingombra di cristalli
dell’ispettrice
con la candela accesa
che contesta le tinte acquisite.
Il verso che srotola i fili
con mani nervose subissa
il senso dello stelo
quando non regge il fiore.
Gabbiani stecchiti sulla riva
svela la luna, vacilla
di morsi e di sogni l’amore,
deforma il cuscino
ma non tace,
resta sempre aggrappato
a un pianto dolce
oppure a un pianto amaro.

Il marinaio
Vira lo scalandrone…
la nave prende il mare,
il marinaio
lascia sulla banchina
il cuore pieno,
i frantumi di ieri
si sciolgono nel sale.
Il tempo corre lento
a poppavia
la scia insegue il tonfo delle pale…
manca un quarto solenne,
all’orizzonte
si accende un faro…
il marinaio
beve un sorso d’amore
al primo porto,
gli scappa il cuore…
Come nel ciel la luna
la sua strada
trova giocando
a nuvola col vento
ha binocoli grandi
per guardare
dietro i pensieri,
vede la sua sponda
e smarca i giorni all’alba…
alla deriva sugli asfalti secchi
ancora rolla anche senza mare.

Effusione
Non intravede essenze
la tua effusione di sorrisi,
sorpassa il muro,
offre luce di sguardi
e di speranze
fino a dilagare oltre confini
della naturale competenza,
il tuo sole
abbaglia il vicinato
schiude l’uscio al tepore…
ma non avverte il senso
nel bagliore
di braccia levate
che aspettano un raggio più forte
per potere passare in prima fila…
perciò il tuo amore
che passa dalla stanza affollata
dei tuoi versi
alla mia stanza vuota
non mi consente di trovare il punto
per sentirmi estremamente tuo.

Caro maestro
Tra le intercapedini di certe domande
percorro il tunnel
che conduce all'altra riva
dove per approdare
occorre togliersi i vestiti.
A me non succede
come chi fu lasciato passare
portando la voce e l'inchiostro,
così rimango fuori
con l'occhio dietro l'uscio
ad origliare
sulla sonnolenza del cuscino,
il senso che accede al traguardo
solleva lo sfiorare con le dita
di versi che si imparano a memoria,
rifocillato da pietosi lumi
hai voluto abbracciarmi
avanti le mani incrociate…
la luce del vuoto cancella
il pullulare degli avanzi
e cerca volti amici
per colmare valigie di calore
in vista del freddo che incombe.
Riposa in pace caro maestro.

Brividi blu
Col vento in poppa dolce navigare,
l’orizzonte si dona al dominio
di binocoli grandi
che vedono ad oltranza dalla cima
degli anni tutto il mare,
la fantasia rimuove
i gorghi del passato,
affiorano dal fondo
disilluse oasi d’amore
che la corrente strappa dalle mani,
ma pagine affollate di dolcezze
zampillano sull’onde,
spiego le vele al vento
mi porto presso i bordi del confine
dove il sole ha nascosto raggi d’oro,
ma una pioggia di stelle
mi sorprende,
brividi blu dirottano la nave
oltre confini della fantasia.

Il progetto
la sorella che aspetta
all'altra sponda
incide sulla statura
col processo che informa
la realtà lampante,
non sunteggia
l'essenza di un pensiero,
il peso di un rimorso,
un sentimento…
nasconde i suoi programmi
dietro un velo
con la complicità
degli altri passeggeri
al capolinea.
Il forestiero
passa inosservato
compie il ciclo
sotto gli occhi sereni
della folla,
il chicco seppellito nella zolla
spunta la testa
culmina man mano
nelle proficue spighe,
patisce il verso della molitura
compie la metamorfosi
e profuma
su desco apparecchiato
del progetto.

Illusione
L'impero di soprusi
sta crollando,
sogni
voltano verso l'alba,
guardano
sotto zolle di sdegno
l'onda che si scioglie
dal patrio opportunismo
dei predoni.
Le gocce di grano
sono forti di cielo,
domani forse fiori
nasceranno
sull'orma di radici
profumo amalgamando
sulle sponde.
Ora nel silenzio della sera
Mentre il sangue
scorre nelle strade
stelle si radunano nel cielo
dove rapaci
lasciano il potere,
si sente più forte l'incontro
di sguardi abbracciati,
e l'urlo pacato dei morti
diventa un vento nuovo
come un inno
che scuote l'indolenza,
contro il tornado della dittatura.

Gli occhi del cuore
Il sole avvolge l'onda della vita
col tempo che naviga
a vele spiegate
e la rotta puntata sul silenzio.
Gli occhi del cuore
arrampicato alle colonne azzurre
leggono la pace nel sorriso
della natura,
sui monti allagati di neve
dove il sole infiamma
i saluti dorati del tramonto,
nel rifiorire gaio di germogli,
nel cielo delle stelle…
ma guardando il mare
dove affonda il flusso di sospiri
si spaventa scendere da solo,
perciò prende il tragitto
con le mani
ancorato al suo carico d'amore.

Anno nuovo
Luce di un'alba nata
più vecchia del tramonto
mette nel cuore l'onda
di seppellire il tutto
come un bambino
vecchio
coi capelli bianchi
il nuovo anno
curvo sulla culla
schiude gli occhi
prende all'anno vecchio
il fardello di sogni
che tendono a sfiorire
in mezzo al gelo ripido
che assale
della strada
che porta
in cima al colle.

Le quattro stagioni
Scioglie la primavera coi germogli
il canto delle primule,
cela l’estate crespe dell’autunno
dove mille pensieri senza penna
inginocchiati ai piedi dell’inverno
sfogliano tra le pagine illuse
le foglie imbalsamate.
O questo libro!
Questo romanzo sempre vecchio e nuovo
delle quattro stagioni.
O questo mare!
Tra selvagge scogliere, rive, spruzzi
incespica fruscio del mulinello
con l’onde cupe,
frastagliati contesti, canti, voci
spalma il navigatore sui marosi,
dalle creste azzurre come altezze
suonano i desideri
muse, corone, allori
sono sospesi luccicanti inganni
tentano come i pesci le lampare,
cadono i sogni nelle valli fonde,
schegge di fumo tra le righe insorte
sospinge il vento i fogli
verso l’ultimo punto...
butta il vestito logoro non serve
oltre il velo che incombe,
nudo, che cosa, niente…
vosco lettor sospeso
alla parola “Fine” dell’Autore.

Dicembre
Il treno della vita scorre piano,
senza grido di fronde
a questo inverno
soltanto scricchiolio
di rami secchi
a seguito di raffiche d vento.
L’anno vecchio sui binari morti
copre l’ultimo tratto.
Siamo a dicembre
di questi tempi brillano i regali
ciascuno si fa buono
incollando fiori di pensieri
agli angoli del mondo
e sui bambini poveri
dove converge folto di parole,
con la stella cometa
alla finestra,
la mangiatoia povera,
il presepe…
Sono discorsi grandi
si avvicinano al cielo di Natale
svaniscono a contatto delle mani
come bolle vistose di sapone.

AUGURO DI CUORE A TUTTI BUON NATALE!

Crepuscolo mattutino
Sai non voglio più parlare
di sogni, li ho abbracciati
tutti, ho dormito insieme
ad essi, ho accarezzato il
colore dei capelli, ho
assaporato le labbra rosa
dolce, ho sentito col gusto
del cuore vertigini di baci,
ho nascosto le mani dietro
il velo come brividi dolci
sulla pelle, perciò vorrei
toccare la tua mano, ma
siamo già al crepuscolo
dell’alba, ora le stelle
affogano nel cielo
non possono danzare con
le carole tenere del sole.

Come pioggia
scivola dietro il vetro
del sorriso degli occhi
il mio pensiero
dietro le note dolci
della pelle, carezza
con le mani del cuore
le pieghe del cuscino
rivoltate da palpiti…
Adoro i tuoi momenti
vorrei donarti il cielo
parlo col tuo silenzio
che mi ascolta,
non si addormenta,
valica la soglia del pensiero
scopre il velo che muove
i tuoi segreti…
ma lo sbarramento
chiude il cuore,
vieta al pianto di entrare
nella stanza serrata,
lo lascia congelare
dietro il vetro freddo
della vita.

Il temporale
Questo tramonto magico
versa barili d’oro all’orizzonte
sugli alberi scintillano le foglie,
tra le fiorite aiole
trovo fiori d’autunno
e qualche rosa,
voglio regalarti una collana
di gemme di parole.
Ora il sogno
ha bussato la tua porta,
sento dagli spiragli
la tua voce
dolce che incanta,
tutta la notte è facile sognare.
Il tempo passa in fretta.
Ora l’alba carezza le tendine
con un filo di voce,
spolvera la nebbia, mi sorprende
in equilibrio sopra un filo teso
tra la sveglia e il cuscino
cui mi aggrappo
per non precipitare
nelle mani del sole che riflette
dietro nuvole grigie
il temporale.

Davanti al caminetto
Quando il freddo
che piove tutto il giorno
si scioglie nelle ore della sera
racconta il fuoco gioia di memorie
al tepore raccolto, il caminetto
scoppietta,
accende versi dolci
sereni
d’altri tempi
a questo spazio disgregato
dove la televisione
che detiene lo spirito
e ruba il calore alla fiamma
favella
invece della nonna
che partiva dagli anni
a contare parole raccolte
dai rami del cuore,
colmava la stanza di luce.

Canzoni nuove
Viaggiando sull’onde della sera
gli occhi affacciati al mondo
incontrano raffiche di vento,
pensieri sommersi
la notte feconda,
portano temporali
le imperizie del buio.
l’alba splende,
danzano raggi dietro le tendine,
sento il sole che bussa,
mi lascio pregare un momento
prima di aprire,
guardo il gioco di luci
che scintilla,
spalanco la finestra,
un folto di coro di uccelli
affolla la stanza,
i raggi sospesi sui muri
colorano ombre
sorrido alle note dell’alba
e lascio che il sole
inventi canzoni nuove.

O Luna
Il tuo silenzio parla
agli occhi imprigionati
dal talento
di tuoi misteri,
scavi nei labirinti
di incertezze
che accendono pensieri
dolci, all’orizzonte
giochi coi sogni pallidi,
scrivi versi belli
di poesia,
copri tutta la pagina
del mare
col tripudio di guizzi
fino all’onda
che lambisce il mio cuore
sulla riva,
ma se ti chiedo
di abbracciarmi, schivi
la mia domanda e ti nascondi,
forse per incontrare Endimione.

Sussurri d'altri tempi
Tinge di tempo il sole quest’attesa
che lascia al monte l’ultimo saluto,
spalma malinconia,
cala come una nube sul tramonto.
Passi nella nebbia
s’infilano nel guscio di momenti
dolcezze a riesumare
sepolte sotto il peso di pensieri.
S’acqueta il borgo
ancora piano il sonno di cespugli
nelle notti che russano col vento
e melodie di voci di usignoli
ascolta il cuore.
Dalle tende strappate alla riloga
trasparisce la luna
sullo sfondo sbiadito dietro i vetri.

Poesia
Entri nella mia stanza
dipingi le pareti
coi pennelli impregnati
di acquerelli,
sembra alba
questo calar del sole
che si veste bambino
gioca coi versi teneri
e si lascia guardare
sul mare che scintilla,
ma è subito sera
l’orizzonte
accende il cuore di malinconia,
m’infittisco di te di tuoi colori,
il mio pensiero
ha occhi per vederti,
ha mani per sentire
magia di tuoi sussurri
sulla pelle,
sei poesia dolce del tramonto
magico che colora
di soffusa armonia,
spandi dolcezze come raggi d’oro
sulle vetuste zolle ancora fiori
tendono al cielo petali vogliosi
come le dita delle illusioni.

Nel mio cuore
c’è una confusione
un sentimento allaga
i miei pensieri
come questo tramonto
pacato intenerisce
rami spogli
scioglie il peso del gelo
nello stagno
coi riflessi dorati
sembra preludio
della primavera,
mi fai sentire voglia
di germogli
di gridare il tuo nome
immerso nel silenzio
trascinarlo fuori
fino al sole.
Non posso scriverlo
perché è un segreto,
non posso nemmeno
darti l’indizio
della prima lettera,
ma posso carezzarlo
fino al cuore
e condurlo nell’isola incantata
dove si scioglie il peso del pudore.

Grazie a te donna
Il mio pensiero
abbraccia
quel senso dolce
che nell’aria aleggia,
quell’impercettibile
sommerso
nello spazio caldo
di una parola,
di un soffio,
di un pensiero,
quella metà del cielo
dove carezza il sole
con i raggi gentili,
perciò biasima nembi
di furore…
grazie a te donna,
mi sfiori come un velo
ed è amore.

Nel fiume della vita
nostalgie
sono legate agli anni
delle pagine verdi
dove la primavera
vide sbocciare fiori
come sogni
che affiorano alle notti…
Ora che tutti i fogli
sono pieni
di scarabocchi e errori
non c’è spazio
per nuove emulsioni
spinti dalla corrente
di rimpianti
che agita le acque
il fiume della vita
conduce nostalgie
verso il mare.

La sera
Amo la sera quando l’orizzonte
si tinge di tramonto
il sole e l’ombra
si fondono in pacata sinfonia
diventano una musica
dove cuore e pensieri
danzano insieme
seguono il cammino
tenendosi per mano
per vivere ciascuno
un po’ dell’altro
guardando il cielo
carico di stelle
e la luna che spunta.
Odio la sera
quando ha fretta il giorno
di rifugiarsi negli spazi vuoti,
s’affollano profili di fantasmi
col viso camuffato di bugie
e l’anima rifatta di parole.
Si abbracciano, si baciano,
si sfiorano la mano
buia lontanissima nebbiosa,
corrono a perdifiato
fin sotto le pendici dell’amore
senza sapere gli occhi
e nemmeno il colore di un sorriso

Perdono
La notte sente il fremito del cuore
contro l’urlo stonato di pensieri
così che induco l’animo a scavare
nel folto di tormenti, trovo immersi
fiori non appassiti, intanto l’alba
spunta su palcoscenico dell’onda.
Il sol si sveglia coi capelli d’oro
infiamma il cielo brulica scintille
nel mare immenso, biasimo le colpe
delle supposte ipotesi, raccolgo
di dolcezze spalmate, i tuoi riflessi
spalancano le porte dello stagno
e conducono l’onde a divagare.
Ora questo silenzio dona al cuore
un qualche senso per alleggerire
il peso di pensieri.
Perciò chiedo perdono
se ho postato nuvole di pioggia
dentro un raggio di sole.

Ti regalo una rosa
Ti regalo una rosa
in cambio del tuo canto
nei sogni l’acqua scorre
copre lo specchio
il velo delle notti,
sento forte
una qualche primavera
negli spazi fioriti
del mio cuore,
perciò parto la sera
coi raggi dolci
della falba luna,
seguo il tuo profumo
che mi prende la mano,
mi trascina
tra le tue braccia
dove la terra nuda
stringerà tra vertigini
i miei baci
per tramutare
in estasi di gioia
tutta la solitudine del cuore.

Non appassire
Terra vergine
dura
rattrappita
un ammasso di polvere
e di ghiaccio
saresti senza sole.
Egli si affaccia
tenero
compare all’orizzonte
tu senti la dolcezza
e ti lasci toccare.
Egli carezza i monti
antri profondi amplessi
e lascia al grembo fiori,
perciò ti amo
piccola, smarrita
tra gorghi
di questo fiume in piena
che ti ha travolto,
sei rimasta chiusa
dentro le fortezze del pudore
non disdegnare
raggi dell’amore
lasciati sfiorare
dalla dolcezza,
non appassire
come la terra muta senza sole.

Vortici di silenzio
Caro amico,
Oggi nelle corsie del cimitero
son venuto a cercarti,
ho trovato soltanto una candela,
una foto ricordo,
un fiore già sfiorito
insieme al tempo
che vuole cancellare le memorie…
Ora sento il fruscio delle tue ali
dove sei?
Martellando la testa
dietro le pareti del mistero
l’eco di rintocchi si propaga
nel silenzio trafitto di pensieri…

Insieme fino al mare
L’affluente che dona l’acqua al fiume
é l’amore grande
che si spoglia dell’itinerario.
con l’intento di scorrere giulivo,
ma forse l’onda dolce
che ha pervaso i campi
non era un bacio vero,
le acque mescolate sono rimaste intrise
ciascuna della propria turbolenza,
nei campi dell’amore oltre la soglia,
gli amplessi sono calci,
vortici di silenzio
scandiscono il cammino, le cascate
sono frequenti,
è l’incombenza cresce
sui sussurri dell’anima,
il canto dell’amore
che vibra sulla pelle
arriva al punto
ma non abbraccia il cielo,
si rammarica, spesso affievolisce…
ma non possiamo districare i fili
troppo confusi,
o sciogliere i detriti
che abbiamo accumulato…
cammineremo insieme
sulla riva dell’onda,
fino al mare.

Muratori
Lungo l’attesa il tempo
ha scalcinato i muri
perciò rende accorpare
più mansueti toni
alle scabrose lune...
muratori
suadenti competenti
col preventivo pronto
entrano a frotte
intesi a scardinare
le cose del cuore
testimoni del tempo
che hanno vinto la vita,
muratori
lasciano le impronte
sulle righe sbagliate delle fughe,
Muratori sono medicine
costose hanno effetti
collaterali e spesso
anche il danno
supera il guadagno,
muratori
molestano le orecchie
sono la fantasia del cambiamento,
tagliano le radici ai sentimenti
fomentano lo stress,
redarguiscono il cuore
aprono il rubinetto dei risparmi
per liberare il tempo
e ricondurlo all’ultima stagione.
Hanno mani pesanti incalliti,
maneggiano respiro di cemento
arrampicati a ponti traballanti
rischiano di cadere dai pontoni
per non venire meno al giuramento
d’essere muratori.

Sussurri di fiori
I giorni intrisi del tuo sapore
hanno dato al cuore
un qualche sprazzo
di azzurro che si leva
dietro i vetri appannati,
apro la finestra,
il sogno entra
illumina la stanza,
mi concede
una poesia dolce
come fiori
che hanno schiuso i petali
a questo inverno
di sterpi rattrappiti
e di pacciame,
scopre gli occhi del cuore
l’infinito
che si spinge
dal profondo dell’anima
fino alle vertigini di baci,
sfocia in lago sereno
dove l’acqua
trasparisce il cielo.

Settembre a mare
Settembre alleggerito da tumulti
di questo agosto
prende gli ultimi raggi
e si abbandona all’estasi dell’onda.
La sabbia rinfrancata
dalla recente fuga
gode pace di calma di rifiuti,
i vacanzieri hanno lasciato segni
di malcostume,
settembre
pulisce il mare con le prime onde
agguerrite dal cambio di stagione,
fruscio di ghiaia prende la battigia,
dal mormorio sopito cerco il sole
ma le nubi che giocano col vento
segnano sprazzi di malinconia,
scolorano i capelli dell’estate
come fili bianchi di pensieri
dietro la dolcezza di settembre.

Teniamoci per mano
Scorrono detriti e dissapori
parole senza fiori
pietre dure
s’infilano nel buio delle notti,
s’intorbidisce l’acqua
dell’ultima stagione.
Basta un piccolo vento
che prima sorrideva sulla riva
a scompigliare il mare
anche il silenzio
pesa sulle onde,
in superficie le parole mute
parlano con gli occhi delle pietre
dalle pendici piovono sul cuore,
dammi la mano, aspetta,
soffermati un momento,
ti ricordi
mi dicevi amore forte forte
ed ora andiamo
a perderci nel mare
ancor prima di giungere alla foce.

Rimpianti
Pensieri senza vestiti
spaziando
dove giocavo a crescere
stringono il cielo
sulla crepa a picco
coi balconi di file di bucato,
passano gli anni fermi
bagnano versi gonfi dalle lenti
balbettando parole
che murano il tempo,
stretto dall'orologio che titilla
mi concedo luce dai spiragli,
solo qualche boccata
prima di concludere il cammino,
col sapone del tempo strofinando
che ha maturato spighe
rotolo i covoni
che l'onda ha trascinato sulla riva,
l'uscio si spande
sugli scogli delle avventure,
ma il cielo che si staglia fino al cielo,
rami bacchiando secchi,
scopre
lo scricchiolamento di brividi
dove si rompe
il vetro dello specchio.

Una fanciulla
Nell’aria di carruggi
sorpresa dalla sabba
lasciò legarsi il cuore,
le vecchie
progettarono il cammino
per renderla accessibile
alle mire
del suo persecutore,
perciò venne stuprata
e progettata…
la rividi seduta sulla soglia,
con la bocca incapace
a redarguire,
la pelle nuda al freddo
sopperire
alle voglie passanti
di sollazzi.

La fabbrica di sogni
Il mio cuore possiede un’officina
dove fabbrica i sogni
con l’essenza delle tue parole.
Sei come primavera,
parli sempre di fiori,
fai sentire nell’anima il profumo
coi versi dolci, quando cala sera
affluiscono note sul cuscino,
puntualmente petali sbocciati
colgo, la notte accorre
declama qualche verso
sospeso dietro il tempo…
il desiderio di scoprire il senso
coperto dagli avanzi di pudore
scioglie il canto
trascorso dietro il vetro delle sere
rimasto nei sospiri della luna
e il vento infiamma il tratto di ricordi
dove la mano nuda dietro il velo
sfiorava appena il palpito di stelle.

La coltre di misteri
La ragione fabbrica
giudizi
impone contenuti
ma viene sabotata
da pensieri
che invadono
la coltre di misteri.
Forse la morte
che cova dietro l’angolo
e sobilla
il beneficio delle opinioni
potrebbe almeno
tenderci la mano,
ma essa si nasconde,
non lascia trapelare
uno spiraglio
al pensiero sottile
che la insegue
e quando apre la porta
turba il cuore
col sarcofago muto.

Un qualche sogno
Il mio pensiero ha una mano
prende sogni
che la riloga acceca
dietro i vetri,
quando muti
si slacciano dal sonno
infastidito
dalle aggressioni
e li rinviene,
li consegna all’alba
che li abbraccia
li conserva vestiti di riflessi
nel reliquario delle illusioni.
Quando sfoglio
le note di momenti
che invitano il cuore
a riesumare
antiche permanenze di sapori
rimaste soffocate,
dietro il tempo
scavando ripercorro
nelle vetuste oasi di cielo
le melodie perdute,
perciò da rami spogli
a questo inverno
spuntano ancora
fiori di germogli
e un qualche sogno
per non appassire.

Vorrei abbracciarti e piangere
Prendo per mano il vento di ricordi
e trascorro coi sogni
le melodie perdute,
affiora dai riflessi delle sere
il tuo sapore magico
sulla riva del mare mentre ascolto
lo sciabordio dell’onda che mi sfiora,
guizzi di luna bagnano la riva
attutiscono agli occhi la distanza
dell’effetto di baci che mi prende
e allungano il piede all’altro lato
come gocce mielate d’altri tempi,
il cellulare complice mi guarda
trovo un numero vecchio…
percepisco le corde della voce
la scintilla riaccende toni dolci
come ali volteggiano nel cielo
ed imprimono al cuore il desiderio
di rivedere il tempo,
il silenzio che osserva alza la voce
e spicca il volo contro versi antichi
suonano come un grido le parole
arrampicate al muro
”vorrei abbracciarti e piangere”
si buttano col pianto
tra foglie secche e fiori inariditi
dove sono cambiate le stagioni.

L’onda di rimpianti
Il volo di un momento
volteggia tra miei passi
quando corro
sospeso nei pensieri,
si posa la sera sul cuscino
mi ripete il suo verso,
se mi affanno a soccorrerlo
inventando una luce mi ritrovo
soffocato dal buio,
l'ultimo tentativo di soccorso
del momento sospeso alle parole
scandite da un filo di voce
rigata di pianto
forse anche per qualche malinteso
legato a un qualche dubbio
rimase muto
a lento naufragare dell’amore…
ora nei dormiveglia delle sere
sento più forte l’onda di rimpianti
perciò passo le notti
con te nel cuore
e labirinti incerti dietro i vetri
dove non posso prenderti la mano.

Giugno
S’affaccia l’alba,
accende l’orizzonte
scintillano le gocce di rugiada
tra l’erba nel giardino dove fiori
spandono profumo
e sentimenti dolci, la natura
sembra una festa sfoglia
la sua arte pittorica si perde
nella fantasia di suoi colori,
Il meriggio infocato infiamma il cielo
sente il desio del mare
che suona nei pensieri
intensamente,
scende dal cielo il sole verso i monti
li colora di giallo di splendore
che mano mano allungano le ombre
sui campi di grano diffusi
con l’onde che cullano un vento
che muove leggero i capelli,
Sussurrano gli alberi folti
di verde più intenso, le fronde
che filtrano guizzi di raggi
allagano il cielo di trilli
dagli alberi tenero il verso
del nido che aspetta traspare.

Non piove
Nel campo dove sbocciano fiori
qualcuno si è preso la briga
di togliere le spine
per poterle recidere
senza farsi male
fino all’estinzione del traguardo,
ed introdurre errori
dove nascono fiori di poesia
additando il cielo,
ma non piove.
Un batterio si diletta a toccare
con le mani sporche
le pareti fresche di pittura,
ma non piove.
Deserti col vento che invoglia
tempeste di sabbia
sostano sulla soglia
di campi coltivati,
le zolle corrotte dal gelo
diventano aride spoglie....
ma non piove
soltanto qualche goccia
alleggerisce il peso dell’arsura
di questi tempi arrampicati all’odio
dove vige lo spirito del male
che sguazza nel martirio delle genti,
anche degli incolpevoli bambini.

Terra
nella tua anima friabile
dove radici vedono la luce
e trovano lo spazio per spuntare
accogli in metamorfosi di carne
silenzi che spellano l'ombre
come il processo
di verminazione….
L'essenza della vita
si commuove
nei misteri segreti
del tuo grembo
che rifocilla il sole,
prende armonia di pieghe
esprime l'io
come guardando il viso
d'una rosa
sotto mattino fresco di fucina.

Estate a mare
Il sole splende
primi villeggianti
portano i colori dell’estate
la riva si colora
di ombrelloni
di giocosi bambini
grida spruzzi
il mare accende gioia
libera il peso
delle congetture
indossa trasparenze
sfoglia ronzio di ali
affiorano vogliose
fiori sbocciati
ostentano forzieri
agli occhi spinti
sulle sfumature
dove traspare il folto
che agita pensieri
sulla sabbia assolata
tra bichini
azzardati
ed acquiescente il sole
spalanca le risorse
alle audaci mire
sollazzando la schiuma
sulla riva
di vezzose adamitiche moine.

Gocce di dolore
Su percorso acclive
il cielo grigio
fa sentire l’eco di rintocchi
che nottetempo assale,
volto al passato abbraccio
mi conduce
ombre lontane
a raccattare i pezzi
con la solitudine
nel cuore,
il desiderio grande
di toccarti
agita le mie mani
del pensiero
ma la tua pelle
sembra non sentire,
l’onda del cuore
batte sugli scogli
non trova una spiaggia
dolce da accarezzare
e si frantuma
in gocce di dolore.

La corsa della vita
rispecchia le stagioni:
la primavera dolce
è una bambina
petali di boccioli
la sua pelle,
è una rosa sbocciata
nel giardino l’estate
dona profumo e amore,
l’autunno la sorprende
altera e rigogliosa,
e poi viene l’inverno
guarda lo specchio amico
complice
che ammansisce
coi trucchi
contro il lento
discorrere del tempo
che ripete il suo verso
fino all’ultimo
palpito di voce.

Goccia a goccia
La forza di un mistero
allaga il cuore,
dal cielo affiora
il sentimento amore
nella luce di un bacio,
una carezza
del fiore ad una foglia
come un filo di vento
e le radici abbracciano le zolle,
è la vita che nasce
goccia a goccia
dai lontani monti
incanala rigagnoli, ruscelli…
il fiume scorre
sfocia, si perde
nell’immenso mare
e ritorna bambino
goccia a goccia,
è la vita che segue le stagioni
da tremuli vagiti
come il soffio dell’alba
cresce il giorno,
dai muscoli del sole
alle note velate del tramonto
dove l’inverno rattrappisce i campi
sottoterra conservano le zolle
le note dolci della primavera.

Conosci la dolcezza?
Si presenta coi vestiti di velo,
perle di sorrisi ornano gli occhi
profondi fino al cielo.
Si può abbracciare,
tiene tutta la gamma di colori:
albe rosate,
oro di tramonti,
versi pacati
come la sera placida
conduce
ad abbracciare fiori di ricordi.
Raggi di luna, stelle
ammansiscono il buio della notte
così potrai volare fino all’alba
con le mani immerse nei riflessi
ed i segni di baci fino al cuore.
Ma non tradirla mai,
la realtà ti illude, e ti rinnega
se ti scopre coi capelli bianchi
e le rughe sul viso
esprime la sua collera coi pugni
ti lascia sofferente sul tappeto.
invece il sogno non ti lascia mai.

Non mi fido dei pensieri
mi conducono
sulla rotta di una nave
dove il maltempo
ha cancellato il sole
naviga senza rotta
alla deriva,
do retta al cuore
che accende fiori belli
a tutte le stagioni,
tra le foglie ingiallite
fa germogliare sogni
che vestono le ore
intirizzite
dal gelo dell’inverno,
l’alba si sveglia
stringe sul cuscino
il sogno addormentato…
non mi fido
dei pensieri del sole
che declama
la parte del sapiente
e allaga l’ore di intrighi
e pregiudizi…
torna la sera, stelle
prendono il vento
fanno vela al cuore.

Che succede!
Perché c’è tanto odio
che palpita nel cuore
Che succede?
C’è l’ombra di atavici geni
che affiora da pagine folte
di libri di orrore.
Un coro di culti imprigiona
il dolce sentire
e volge pensieri ad un cielo
che l’ombra di nubi stravolge.
Soffia un vento
che strappa le vele,
sfarfallio di ritagli di odio
ha svegliato la bestia
che dorme nel più misero
petto dell’uomo,
l’odio nel cuore
che conduce a immolare
se stesso
seminato di cocci di orrore
con l’intento di cancellare
un volto dal sorriso
e condannare
ad essere infelici
fa piangere le stelle
e la ragione.

Per trovare Dio
Le credenze dei padri
scivolano col tempo,
perciò versetti
delle cose antiche
che tengono le genti
inginocchiate
si inceppano a contatto
della cultura di moderni siti.
Per trovare Dio
quello vero,
non quello inventato
che aiuti il tornaconto
non servono scritture,
perché Dio
ci ha dato due finestre
per guardare in alto
fino al cielo
fuori del sommo ego
i suoi fratelli
e ha scritto di suo pugno
nel cuore di ciascuno
chiare e coincise
tutte le sue leggi.

Lapidazione
La ragazza
correva incontro al sole
dal gelo di soprusi
prese il suo sogno
si lasciò guidare
verso negate oasi d’amore,
perciò venne punita…
Il corpo sotterrato
la testa soltanto
che affiora
e gli occhi spalancati
al grido delle pietre
di mani che brandeggiano
il terrore
in primis del padre
e dei parenti…
poi scoccano gli insulti,
il sangue,
la fronte colpita,
la morte
che stenta a venire
a salvarla..
le grida del cielo
che implora
una pietra pietosa.

Così è la vita
Dalla finestra aperta all’infinito
la luna solitaria allaccia idilli
come un filo magico, l’amore
coi vestiti di velo
esce dalla conchiglia
in riva al mare
ed imbocca le strade del pianeta
trascinando i sospiri e le carezze
nel mulino magico del cuore
che macina le stelle
in versi scintillanti. Primavera
velata abbraccia il canto
coi sussurri di avvenenti fiori.
Fabbrica cattedrali il solleone,
coi versi superati
degli struggenti amori
lascia frammenti al prossimo domani.
L’antinomia del sole che consola
l’autunno di fantastici colori
lo dileggia
coi pensieri del vento,
la melodia sfocata delle fronde
brulica nel folto della mente
come il sole che cala sul tramonto.

Un vento antico
Un vento antico
soffia sugli oppressi,
stride più forte
su monopolio
delle dittature,
muove le vele
verso l’altra sponda,
lungo la rotta incontra l’infinito
di profumo di stelle,
la magia delle notti
accende idilli,
le note che rispecchiano la pelle
fanno sentire il verso dell’amore,
ma agita le mani alle stoltezze:
potere, strapotere
brame, ricchezze, onori…
stipano nell’anima zavorra,
il peso gli impedisce di volare.

Buona Pasqua
Dilagante onda di terrore
si abbatte sulla riva della pace…
non lasciamoci prendere dal panico,
vinceranno la gioia e il perdono.
Facciamoci spiegare
dagli occhi di bambini
che giocano nel fango
tra soprusi
della fame del freddo,
coi piedi scalzi
piangono il dolore
perché vogliono vivere
la gioia
e il calore dolce dell’amore.

La strada della Croce
La strada sente il peso
della croce
il canto dell’amore
ad ogni passo
è un coro di preghiere
e di lamenti,
la passione e morte di Gesù
suona come silenzio
di campane,
gli occhi del cielo sentono
la luce che si leva dal dolore
manomessa dall’odio,
emuli farisei
ancora oggi
con le mani cariche di orrore
flagellano innocenti.

La luna
seminava guizzi
fino all’onda
che batte sulla riva,
lo scintillio dorato
oggi si duole,
schiva di approdare
sull’incanto
romantico del cuore
che colorava gli occhi
frastornata
dalle alternative
di giganti
che offrono l’amore
sui monitor accesi
a domicilio
e coprono col genio sentimenti
senza lasciare impronte,
non muove passi
su solipsismo
di cuori innamorati
di fiumi di parole.

La supremazia
l'alba si sveglia
mentre aspetto l'ora
lambiccandomi
dietro i programmi.
Dalla finestra aperta
primavera
addensa di gorgheggi
l'isola del mio letto,
zampillanti
da un'ugola all'altra
come un patto senza dissensi,
spandono messaggi
moltiplicati fino in lontananza.
In mezzo all'arcipelago
le rive
si guardano negli occhi
coi dissensi
di correnti contrarie,
cercano spazio
per sopravvalere
scaturiranno le supremazie.

Ho paura del sole
Di tua dolcezza odorano le notti
Brillano sogni eletti
sulle sfaccettature di momenti.
Vivo di te, sei come primavera,
basta una parola si ravviva
il fiore intirizzito
dal gelo dell’inverno,
Vedo incise stelle scintillanti
nel profondo cielo,
ma ho paura del sole…
Mi lascio abbeverare dalle stelle
ma rischio di venire pugnalato
dalla lama di luna
che accarezza l’alba dietro il velo
se mi azzardo a sfiorarti con le mani.
Ho paura del sole che divora
la melodia di sogni
e pianta i suoi pensieri
sulla terra bagnata del lor pianto.

Ti adoro - Non ti adoro
Ti adoro
per ciò che trasparisce dai sussurri
della tua mano quando scrivi,
per i sentimenti che possiedi,
per come gestisci il tuo dolore,
per la bellezza
del tuo corpo ideale
immagini che posti come vanto
oppure come sfida
a pensieri nascosti che calpesti
oppure ancora trappola agli ingordi
che ammansisci
con la magia delle tue parole,
per la forza che ostenti
per la sicurezza che trapela…
Non ti adoro quando
diventi ombra che trascina
gli invalidi che stanno
sulla sedia a rotelle nel burrone,
se rompi con gli impulsi i sentimenti,
se ti fidi troppo dei pensieri
e conduci i tuoi piedi a camminare
sui binari stretti, non ti adoro
quando passi il guado
sulle frasi elette come pietre
per non bagnarti i piedi,
ti adoro invece quando sbagli e cadi.

Donne
L’altra metà di cielo
dove splende il sorriso
è coperta di nuvole,
soltanto qualche sprazzo di sereno
lascia spiragli al sole,
la dolcezza
mescola gli odori
col sapore rancido
oltre l’ultimo velo
diventa un grattacielo di parole
sconnesse,
di piercing banali…
Dove sono i tempi di fanciulle
vestite di pudore
con la forza negli occhi
e nel sorriso?
Povero mezzo cielo
illuso volto a parità coi mostri
pensando di scalare oltre le stelle
sta precipitando nel burrone.

Se pensi che c’è tempo per amare.
Ho incontrato il profumo di un sogno
nascosto dietro l’ombra di un pensiero
mi prese per mano mi condusse
a respirare una poesia d’amore
sospesa dietro gli anni
da una qualche lacrima velata
al mio cuore rimasto disattento
rinvenuta quando era troppo tardi.
Ora i sogni assaltano le notti
maturati dal gelo delle ore
I ricordi sono carte scoperte
ma non si possono cambiare
perciò vorrei tenderti la mano
ma ho perduto tutto,
solo capelli bianchi posso darti
se pensi che c’è spazio per amare.

Sei Bellissima
Sei fonte sempre prodiga di amore,
sei luce che colora di poesia
anche foglie ingiallite dell’autunno,
prendo piccone e vanga per scavare
nel profondo dell’anima,
mi perdo se mi affaccio
nel groviglio di fiori di parole,
ti cerco nel colore dei pensieri
che sfoglio
quando accendi un lumicino,
domando a qualche scia
che squarcia il cielo
nascosta dietro melodie notturne
che sgridano il mio cuore carcerato
dentro le follie di una prigione.

Prigioniero delle ombre
Si anima di dolce il desiderio
sulle rive del calice assetato,
basterebbe una goccia del tuo cuore
per ubriacarmi, resto muto
davanti al tuo silenzio, imprigionato
dentro un lume cadente di pensieri
nelle ombre che assalgono le vele
senza bava di vento in alto mare
nell’attesa di un sogno per volare
con le ali di un qualche gabbiano.

Posso morir d’amore
Nemmeno nei sogni
si può trovare amore
quando il progetto
è aggredito
da mutevoli note di poesia.
Navigando per isole incantate
mi son lasciato spingere
dal vento
nella foga di correre
ho postato
sulla cima del sogno
un solo grano
l’impatto con lo scoglio
è stato forte
perciò la barca illecebra
è affondata
così mi trovo muto
in mezzo al mare
l’isola è lontana
posso morir d’amore.

Questa notte
Questa notte il cuore parla piano
per non svegliare
il flusso di pensieri
perciò se chiudo gli occhi
e le stelle si lasciano contare
l’annovero si spande all'infinito
ricamato di fiori.
Dove andiamo?
Lungo le soste cariche di baci
sento il tuo respiro nella bocca,
aleggia il sogno
muove i tuoi capelli
come il vento leggero sulle onde
che trasparisce ancora
dietro il tempo,
cosi possiamo insieme navigare
fino alle vertigini del mondo
dove si sbianca il mare,
non servono finestre da approdare.
Se lasciamo pensieri fluttuare
fin sulle sponde soffici dell’alba
che agita ricorsi
alla stordente melodia del giorno
e fomenta programmi,
il sol che mostra lineamenti nudi
spaventerà le stelle
fino al punto di farle scomparire.

Quando cala la notte
Quando cala la notte
non temo che mi sfuggi
sei nei sogni
sento labbra di baci
sento perfino l’onda del respiro
che colma il desiderio
fino al cuore.
Sulla soglia del giorno
scorre aprile,
fiori sono sbocciati,
arrampicata a bordi del ruscello
tenera cresce l’erba
che gioca coi gradini
delle case,
banchi di biancospino
sulle soglie
hanno indossato
l’abito da sposa,
gli alberi hanno teneri germogli
uccellini tra i rami
festeggiano l’amore
col tripudio…
ma il tempo non è bello
all’alba il sole
col vento di pensieri
nuvole addormentate
corrono sul cuscino
contro la melodia della stagione.

Il mio sogno d’amore
Il mio sogno contiene due parole
due piccole grandi parole
che colorano il mondo di magia,
ma esula dai campi
di competenze oniriche
il mio sogno,
raggio di sole complice possiede
che valica la porta delle stelle
e illumina due piccole parole,
due piccole grandi parole
che colorano il mondo di magia,
vorrebbe pronunciare le parole,
scandirle forte,
il sogno non ha voce
vestito di un raggio di sole
si perde
dietro l’ombra di un pensiero.

Forse potrebbe
una carezza
sladinare un cuore
dove la bruma ha rattrappito
anche l'ultimo anelito
se una bocca amica
parlasse con la voce nelle mani.

Forse potrebbe
uno sguardo
splendere come un sole
nel vicolo buio
dove l'ombra ha rapito
anche l'ultimo spiraglio
se una lampada attenta
rifrangesse
nella spelonca cupa
i suoi barlumi.

Forse potrebbe
una lacrima
suonare come l'acqua
dove l'arsura
della sabbia infocata
ha flagellato
anche l'ultimo sorso
se una nuvola pia sul deserto
schiudesse gli occhi al pianto.

Da La strada dell'amore

Sull'ali della sera
partono l'ombre
come sospesi aliti
accappiati
dallo specchio icastico,
rotolano a valle
nell'egro mare...
quest'involucro opaco
dove con l'ego sommo
l'io dimora,
gamete impercettibile
abbrancato
alle ceneri dell'archetipo,
vuoto imperfetto
tra covile e cuna,
è un fiume pullulante
di piraña,
polpa avvizzita
masticata da vacuo sermone,
canti e contesti
tra celeste e pane.

Siam pronti alla morte
Nella corsia veloce di sorpassi
che spesso
è l'unica strada disponibile
succedono molti incidenti
tra cui pugnalate di memorie
da parte di parole senza occhi
e dona a miscuglio di voci
il tono di umani esplosivi…
"Siam pronti alla morte"
che si adatta
a tocco stipulato
di campane nostrane
che barattano allori
dove sottoterra la radice
come la nostra analisi dei conti
ora intesa a scollare giunture
legate dal sangue dei moti.

Auguri per il nuovo anno
L’anno in corso è passato
ha disilluso il tempo
lasciandogli problemi,
si applaude l’anno nuovo
coi fuochi d’artificio
sperando che sia buono.
L’orologio continua la sua corsa
col verso contro il peso di pensieri,
il tempo non confonde le parole
ripete con le foglie inaridite
gli stessi versi della primavera.
L’anno nuovo grava
sui strapiombi
sospesi alle vertigini del monte,
la fantasia del cuore
non si arrende,
illusa dagli sprazzi di sereno
abbraccia un qualche canto di sirena,
non si lascia legare come Ulisse
rivive incanto dolce di ricordi,
ma pensieri smarriti di dicembre
sono come il grigio delle nubi
ascoltano su ceppo delle querce
la danza delle foglie
contro il vento dell’ultima stagione.

È Natale!
Il cielo ha colore di perle
sugli alberi aghi di ghiaccio
scintillano luci dell’alba,
lo sguardo pietoso diffonde
scolpito dai segni del gelo
la donna accostata ai carrelli.
Silenziò tra fronde di abeti
nel pallido giorno che filtra
sul grande parcheggio,
si sfalda nell’aria la neve,
ondeggiano fiocchi smarriti,
carezzano il viso e i capelli
intrisi di lividi e neve,
la donna accostata ai carrelli
coperta di stracci
ha voce pietosa che insiste,
le mani imbottite di stracci,
la gente che passa non vede
le lacrime sotto la fronte.
La gente che esce non sente
la donna che dice: È Natale!

Amore silenzioso
Amore silenzioso
celato non sente
le grida del cuore.
Chiudo gli occhi
prendo la tua mano
cercando di vederti
dietro il velo
che copre le incertezze,
il tuo volto al cuore
palpitante di pensieri
stringo. Vorrei trovare
perle di parole
più profonde di fiori
da regalarti, sfioro
le tue finestre nelle notti
stellate dove i sogni
possono volare, con le mani
piene di carezze
da coprire il tuo volto
entro nella tua stanza…
L’amore silenzioso
cresce nel silenzio delle notti
e si nutre di sogni
dove nessuno
gli può fare male.

Il mio pensiero
S’addensa muto
nello spazio vuoto
nelle lacune
della inconcludenza,
vaga smarrito
arrampicato al buio
per incognite vie
il mio pensiero,
rimasto solo
vede in lontananza
un bagliore fortissimo
che acceca.

Le tue parole
Le tue parole sono la corrente
di un fiume che trascina desideri.
Ora sono ridotto alle tue acque.
Navigare
mi conduce all’isola dei sogni,
Se potessi afferrarli con le mani
forse risplenderebbero col sole,
se parole potessero parlare
con la voce del cuore
forse potrei dirti col silenzio…
Ma il vento non dirotta
nuvole di pensieri
in una pioggia
che lavi questo cielo di soprusi
del tempo contro il cuore
e la poesia carica di versi
l’ha rapita l’inverno
fino al punto di farla congelare

L’albero dei sogni
Il mio giardino era un prato verde
profumo di violette e margherite
sbocciava in ogni angolo.
Ora sono trascorse le stagioni,
Il vento freddo ha intirizzito i rami
devoluti al tracciato delle nubi,
e tinto il cielo grigio di pensieri
come nebbia che sale.
Così ho piantato l’albero di sogni,
cresce rigoglioso
come se fosse sempre primavera,
non conosce limiti assegnati,
profuma già di fiori di parole,
fiorito anche d’inverno,
ma se tendo la mano per toccarlo
inaridisce e muore.

Gli specialisti
Specialisti vivono a ricerca
di un qualche punto
per disapprovare,
sfogliano il tempo
decurtando spazi coi toni alti,
cuciono l’ansia degli itinerari
adagiandosi sulla piattaforma
dove però non stanno in equilibrio
essendo l’ali scarse per volare…
ma li incoraggia l’aia
che diventa gremita di schiamazzi,
il candidato eletto
rimane a svolazzare razzolando
lungo tutto il perimetro assegnato
dalle scelte legittime
degli elettori.

Passeggiando le notti
Passeggiando le notti a passi lenti
Sento ora una qualche lontananza,
le note sono dolci nel recinto
ma lo spazio chiuso è troppo pieno
di fiori maturati.
Se posti un sentimento
lo abbraccio con ardore
ma non basta
lo striminzito tutto,
prima è fuoriuscito un qualche sorso
che mi ha condotto avvicinarmi al cuore,
sembra che sia ricambio di pensiero,
ti piace vedere volteggiare
rondini al tuo balcone
senza un filo di luce
per potersi fermare e riposare,
ti avvolge una coperta di parole
morbida ti riscalda non ti chiedi
se anche la coperta avesse un cuore.

Gli occhi del pensiero
portano a respirare
dolci emozioni
strappate al tempo,
trascinate dall’onda di momenti
che riflettono immagini
carezzate da fiori di parole.
Le prendo per mano
e le conduco al cuore.
Il mio cuore possiede un’officina
dove fabbrica sogni,
impasta sul cuscino
cielo, sentimenti, amori, stelle…
li converte in profumo per sognare.
Nella notte è facile viaggiare
a cavallo di palpiti sospesi
nei giardini di fantasie di fiori,
ma poi si sveglia il giorno
l’alba scopre nuvole,
copre il cielo una coltre di vapore
e tutta la dolcezza di pensieri
entra nella stanza del dolore…
Ora lo dico al vento
che faccia dirottare
pioggia che lavi
questo fruscio stressante d’incombenze
del tempo contro il cuore
per un qualche balugino di sole
del tramonto riflesso per sognare.

Le piccole cose
O tu che vai
coi sogni alla deriva,
che hai cliccato amore,
non votare
l'immagine corrosa
navigando
lo specchio contraffatto
dai vigenti numi,
non appendere al cielo
nel corpo di un giorno
gli occhi vagabondi
di un pensiero sconfitto
come un treno
invitato in lontananza
che non afferra
immagini accostate,
non trascurare
le piccole cose
dove hai posato
un po' di cuore…
ti mancheranno sempre.

Lo strofinaccio
Sfogliando il mondo
svolgo il panorama
che sbozza il filo attorto
da licenza di uccidere…
strofinaccio
col peso di lavare
aggrava lo scarto
estraendo
lamenti agli abissi
seppure la pietra
è un fratello,
insiste inzuppato
di sangue
avanti indietro
su lastrico bagnato
dove scivola il tempo
fino all'ultima stanza.

La baraonda
La vita è stuolo
di scolpite voci
parlano tutte insieme
come una baraonda,
nuotano alla deriva
tra remoli aberranti
nel deserto di sabbia di parole.
Una finestra aperta c'è
che accoglie
l'amore, la famiglia, le amicizie…
con gli occhi volti al cielo
vede Dio
ma non ha vetri
per fermare il vento.
Dalle vessanti ataviche cornici
artigli manovrati
da una litica mano
suonano sempre sui livelli bassi
dove il silenzio grida ma non nuoce…
e il sol si presta al gioco
come innocente placido fanciullo
dimentica le nubi
e ritorna sereno sui balocchi.

Passano gli anni
dilavati
del libro che ricetta
le immagini vive
trafugate ai dettami
nell'angolo che strappa
i nodi e annoda
dove la luce spenta
splende più forte
e smorza
i colori del tempo
come un attimo insegue
che sorpassa
ogni passaggio d'attimi che passa
nella cesellatura
dove un taglio
affonda e lascia il segno
sui trapianti.

Don Chisciotte
Discaro vagolare di fuggiaschi
rifiutati dall'onda e dalla riva…
sostano sul bagnasciuga
una mamma un bambino piangenti
come i sogni gremiti di pane
accarezzano ancora le notti...
guarda
dal suo cantuccio logoro dal tempo
affacciato allo specchio
don Chisciotte...
glissando strappato alle corde
fende l'aria
della piazza gremita di folla,
grida ai giganti
che girano
come le pale del mulino a vento.

Diatriba
I miei versi sono candele accese
al cuore dell’amore
ferito nella lotta coi pensieri.
La lotta, si è conclusa
con la sconfitta di entrambi.
I pensieri hanno smesso di pensare
Ora chiusi nell’onda delle notti
implorano con gli occhi spalancati
qualche sonno pietoso che li copra.
Il cuore ferito all’altra sponda
su pavimento freddo
coglie cocci di sogni frantumati
nel reliquario delle cose care.
Ora ciascuno guarda l’altro lato
senza più forza di ricominciare.
Perché mi ha fatto questo
dice il cuore,
chi ti ha dato il permesso
di entrare nella mia stanza?
hai rovinato i sogni,
hai staccato dal cielo le mie stelle?
Gli rispose il flusso di pensieri
con un filo di voce, è colpa tua.
Hai eluso le mie competenze
ti sei permesso di tagliare i fili…
e gli porse anatema di parole:
Confuso tra rigagnoli d’amore
senza riscontro di una tenerezza
senza manco il chiarore della luna
ora ti nuoce disegnare un cuore.

La memoria del silenzio
Un silenzio gigante al cimitero
guarda le lacrime degli occhi
a Lampedusa,
corpi morti scavati fra le onde
mordono...
Odora di silenzio il pianto muto
che accompagna i colori della vita
e scrive sulla pagina del cuore.
Gocce di silenzio
cristallizzate brillano negli occhi
della pietà e l’amore,
piove dal cielo palpiti di stelle
anche i morti parlano il silenzio.
Una pioggia agghiacciante
di silenzio piove sui pensieri
sulle file di salme….
il silenzio ha la voce del dolore,
il silenzio ha una memoria grande
non dimentica lacrime del cuore.

Non è peccato amare!
Ora vieni a trovarmi anche nei sogni
coi vestiti di velo nella stanza
le tue mani mi sfiorano
con il fruscio carico di vento
che spiega il velo sulla pelle nuda
nella solitudine del cuore.
Ti prego resta, accendi
col tuo sapore dolce
un po’ di sogni.
Non è peccato amare!
Che colpa ha l’amore
se vive le virtù di compromessi,
prolifica nei campi
tracciati dalla incompetenza
della ragione,
resiste anche nei lager
aggrappato soltanto
a una parola dolce o a un sorriso.
Cecato da aberranti meraviglie
che offrono lo sfarzo
riluttante si piega, ma non muore.
L’amore è magazzino di dolore.
Non senti come inzuppa
le pieghe del cuscino
con le lacrime mute?
Trova rifugio fuori
all’altezza di sogni
dove non arrivano i soprusi
perché non hanno ali per volare.

Sei nel mio cuore
Non pensare che la lontananza
o il silenzio possano influire
sulle sfaccettature dell’amore.
Sei nel mio cuore,
non so come sei entrata,
ma l’alito infinito
che ti ha rapito, il vento
non potrà mai fermare.
Nello spazio di sogni
il tempo colma
dell’effluvio di baci il tuo cuscino.
Sulla soglia dell’alba
fino al sole
il tempo vuoto stringe i miei pensieri…
Vorrei condurti
dove posso toccare la tua mano.

Per amore
Lo spumeggiare vivo della vita
diventa un torrente senza sbocco
se gli aliti distratti
nelle bancarelle di pensieri
si lasciano incantare,
i seminari delle competenze
rifugge per amore
l’acqua repressa dell’insofferenza
fuoriesce dalle commessure
informa un lago fino a straripare,
le briciole si versano nel cuore
vanno a colmare il botro
di libertà perduta, punge il prezzo
di aver lasciato scorrere il sentiero
senza frapporre dighe alla struttura,
le gambe indolenzite
dal tempo e dagli acciacchi
prendono il peso dell’inappetenza…
amaro rassegnarsi per amore
sotto il segno di morsi sulla pelle.

Guardano i monti
le città sommerse
dove non parla più
nemmeno al vento
come le foglie secche
calpestate
inzuppate di pioggia
la miseria...
le lampade
consumano petrolio
per gibigianne
e plauso belato
delle greggi lanose,
negano le gocce
a vacillanti lumi...
mille più mille
fiocamente
ancora...
e bisbiglianti lucciole
nel cielo.

Luci di colori
Su tappeto verde di declivi
carezza il sole gli ultimi ritocchi,
scintilla tra le foglie
di alberi fioriti
e diffonde nel cielo le carole.
Seguo il tempo che corre
nei labirinti dietro l'orizzonte,
supero le pareti del tramonto,
l'infinito spande
un silenzio che accoglie melodie
notturne delle fronde.
l'acqua scorre placida del fiume
passano le immagini del tempo
fiori recisi, foglie, altri pensieri…
gorgheggia un qualche canto
di usignolo,
sembra voglia fermare la corrente.
Mi lascio trascinare
dal convoglio di sogni e di ricordi
che scorre verso il mare.

Occhi di bambini
La vita scorre rancida
di farisei scagliati
contro colui
che predica l'amore
a questi tempi
dove l'orrore brulica
e attecchisce.
Nelle stive
vuote di luce
non si percepiscono
i bisbigli del sole
il buio non consente
di sentire
i sussurri della primavera
che non si stanca
di vestire i prati
di fiori belli,
occhi di bambini
abbarbicati all'ombra
conduce l'onda anomala
sulle rive del cuore.

Maggio
Maggio si addormenta
cercando sogni e stelle
agli occhi intenti
ad ascoltare musica
che sale dal vapore
di una voce.
Si sveglia l'alba,
è tempo di acquarelli
gli alberi sono in festa
hanno indossato
l'abito di fiori,
sale dai campi
un soffio di viole,
il sole d'oro è un bacio
conduce l'assonanza delle note
sulla riva del cuore,
vedo boccioli
intrisi nel giardino
di primi raggi
come una promessa,
e valico il silenzio
oltre la soglia
raggiungo le pareti
di un pensiero.

Due candeline
Due candeline per illuminare
il tempo che è trascorso
mentre ancora il cielo
abbraccia l'alba.
Siamo giunti alle prime parole
dolci accompagnate
dal sorriso che scocca di dentini
e mimica
per raccontare gli anni
coi ditini slegati
nella moltitudine di volte
e le manine aperte per contare
l'età grossa del nonno,
e la magia che spinge
quando trascini il cuore
tirando forte verso un desiderio.
L'alba s'infittisce di due fiori
come il profumo della gioia
che accompagna il tempo
trascorso in compagnia
di tuoi colori.
Due candeline accese sulla torta,
sfiorate dalla gioia del sorriso
che prende la rincorsa
per soffiare.

Tramonto primaverile
Il sole sdraiato sulle zolle
sta giocando con le margherite,
traccia filigrane di colori,
rutila il torrente
sotto raggi rosati del tramonto,
l'alito verde della primavera
muove sull'acqua
l'ombra degli arbusti,
oziano inginocchiati sulla sponda
acheni rossi secchi dell'autunno…
ora si è dipinto di vermiglio
sta scrivendo l'ultima poesia
prima di scomparire,
si avvale di tutta la sua arte
per farla diventare
un capolavoro,
perciò lascia la veste
di splendore,
si spoglia nudo
e mostra il suo sorriso.

Attesa
Avvolto dall'onda che si posa
sugli occhi sonnolenti,
mentre il treno diretto
conduce l'ore stanche alla fermata
dove il tempo offre alla gente
che arriva una poltrona,
passo le notti verniciando l'ombre
che l'alba diluisce su cuscino.
Lo specchio che cavalca le mie spalle
riflette la rivista degli assenti
come una moltitudine scortata
da fili di candele e dal silenzio
che oltrepassando gli agglomeramenti
ride al solletico
delle perseveranti lancette
mentre ascolto la pioggia
dietro il vetro dove le ore nude
passeggiando
coi passi sull'insonnia
colano
nel lavandino
dal rubinetto guasto
come gocce che il tempo ticchetta.

Libertà di amare
I discorsi dell’anima
raccolgo
estraggo da essi
i tuoi pensieri
e li presento al cuore
che li abbraccia
colora i lineamenti
che vedo disegnati
ed il sorriso
che sento se ti guardo,
tolgo le ali al velo
e stringo il sogno,
sei dolcezza infinita…
ma la pelle
vuole entrare
nei nostri appartamenti
condividere baci
le carezze
ascoltare i palpiti,
affondare
fino a toccare il cielo,
perciò ti chiedo amore,
ma lo specchio del sole
focalizza
nubi che travisano i riflessi
è ricusa libertà di amare.

Terra muta
Piedi scalzi fuggenti
masse in fuga
lungo interminabili sentieri
inseguono il colore di una meta
e la speranza soffia come un vento
che supera gli ostacoli del corso
lascia morti fratelli tra le file,
boccioli della vita terra muta
inzuppata di lacrime raccoglie
divelti dalla bestia che si annida
nella latebra delle congetture,
e gli occhi che non vedono il dolore.

Non ce la faccio
Non ce la faccio a contenere amore
vorrei braccia infinite
mi basta un qualche piccolo pretesto
ora sento il tuo abbraccio
che mi sfiora
come brividi dolci sulla pelle,
sei come l’invisibile concreto
che posso toccare coi pensieri,
ho postato nei sogni emozioni
perciò sono pesanti
e stentano a volare
ho paura che cadano dal cielo,
a mani nudi cocci di cristallo
mi toccherà raccogliere,
vorrei planare piano
per non ferirmi.
Sei cestino colmo di sapori
che rifocilli sempre,
il buio delle notti
che chiude gli occhi al sole
dovrà farsi dell’alba una ragione.

Non lasciarmi solo
Una nebbia sottile sta turbando
la melodia del cuore,
se vuoi negare ai sogni
un po’ di sole
lascia almeno le stelle
che brillano nel cielo delle notti.
Sento nell’aria un velo
che scaturisce da miraggi ignoti
la forza dell’amore
contro cui esplodono i pensieri
si difende come una corazza
perciò non si scalfisce…
Ora la luna ha acceso uno spiraglio
Ti prego, questa luce è troppo forte,
non lasciarmi solo con la nebbia
nella notte sfocata senza stelle.

Un raggio buono
il cuore defraudato
dal buio della solitudine
di questo freddo inverno
scopre versi dolci
che carezzano i vetri
dove gioca l’amore
col gravame
degli ultimi scalini
e indossa il canto antico.
Il vecchio
coi versi tumefatti
da logorio del tempo
apre la porta al sole,
un raggio buono
entra nella stanza
l’anima illusa
scioglie le ali
su percorso acclive
dove rintocchi della primavera
prendono per mano gli spiragli
prima di addormentarsi
tra le fiorite aiole.

Primavera
L’alba colora i monti.
L’alito delle zolle affaccendate
a fecondare trepidi germogli
carezza il sole,
tripudio spande l’ugola del merlo
tra i cespi sulla riva del torrente.
L’estasi accende un canto,
primavera
bagna di verde i campi,
l’aria è profumata di viole
e margherite cantano
coi capini lavati di rugiada,
gli alberi sono in fiore
e passeggeri ronzano tra i rami,
accende gioia di volteggi il cielo.
Passa il torrente,
l’acqua che scintilla
perde il sorriso
all’ombra delle fronde
velata dietro l’ombra
di un pensiero
esule alla deriva controvento.

Non mangiate la gioia
Non mangiate la gioia
che gioca
con le prime luci della vita,
il piccolo assapora
l’amore della mamma
e le sue cure.
Non prendete la Pasqua
come un segno
di crudeltà e di orrori
sgozzati insanguinati
appesa al gancio
della macelleria…
Russano accenti forti
di ingordigia,
ruotano accanto
a feste comandate
scendono a patti
col piacere avido che sale
da una qualche onda di sapori,
rimpasto che fluisce
per diletto di cuori sovvertiti,
e gli occhi non abbracciano
il peso del dolore
postumo che morde,
e della tenerezza
il gusto crudo.

Evoluisce l’uomo
Lungo gli itinerari già tracciati
dalla magia delle ultime stagioni
il nascituro affronta i primi sguardi,
esce dal grembo,
con le piccole mani tocca il mondo,
il suo pensiero corre sui colori,
scopre i bisbigli della meraviglia
senza stupirsi,
naviga immerso a dolci di lusinghe
postati dal progresso ad ogni passo,
Nella corsa ad ostacoli sorpassa
il vecchio genitore
che trascorre a fatica passi lenti.
Evoluisce l’uomo
si intriga nelle maglie, per nutrirsi
trova pascoli e squallidi deserti
dove perde se stesso nel groviglio
di immagini e parole.

Pagine di vergogna
Pagine di vergogna
scolpisce il tempo
intenso fluttuare
ancora sempre
dietro traspare l’eco
mamme bambini vecchi
marciano inermi contro
incontenibili chilometri
verso presunti siti
che si eleggono eletti
di civiltà e di pace
ma chiudono le porte
di confini
ed eleggono i muri.
Balugino si scorge
rompe il silenzio
schiude le finestre di pensieri
lascia intravedere lo spiraglio,
trova vasi di sogni intirizziti
l’anima delusa…
si spiazzano le insegne luminose
nei labirinti delle congetture.

Nostalgie
L’autunno ha progettato
un assortimento di colori,
il sole intona il giallo
al verde delle foglie,
acheni rossi
a frotte di cespugli
danno ardore,
con i petali aperti
prendono rose
l’ultimo tepore.
Scandisce l’ora
di consegna il tempo
ciascuno sfoggia
i compiti assegnati
pendon da rami
flessi da gravame.
Lungo la strada dei tini
prendo per mano
lo stridulo odore dei mosti,
rastrellando le foglie cadute
rivedo la voce del nonno
che mi accarezzava i capelli
mi fa ritornare bambino.

Così è l’amore
che non trova
l’asilo di una meta
Raggio di sole muto
nel silenzio del vuoto.

L’amore
L’amore è
un’immagine
un volto
una parola
o qualcosa capace
a formattare
un pensiero del cuore
per tradurlo in poesia,
ma non basta
pitturarlo
di note e di colori
circondarlo
di fiori e primavere
perciò ti ho cercata
nell’angolo di un sogno,
ti ho rinvenuta,
abbracciami!
Ora che il sole e l’alba
hanno forzato
la porta delle stelle
sono dentro il fruscio
delle tue onde.

Innocenti sorrisi
I monti alti
allungano le ombre,
gli scuri dalle valli
guardano i grattacieli
con gli occhi
violentati dalla luce,
la bestia insorge
morde
flagella
innocenti sorrisi.
Nel canto delle note
dove si scioglie il giorno
lo sdegno incide l’onda
colano a picco i lumi
nemesi esulta
sgozza
innocenti sorrisi.
E l’amore…
Che può fare l’amore?
li raccoglie
e li conta
come un pianto.

La strada dell'odio
Navigando per mari dove il sole
non visita le zolle
ed espugna le righe l'uragano
il letto dove la notte scorre
gorgoglia di riflussi...
nei ritagli fra colpe e coltelli
sui grattacieli squillano le trombe
del secondo millennio avanzato,
fratelli sfogliando le mani
hanno aperto una strada
asfaltata
dell'odio:
chilometri di orrori,
chilometri di pianto…
Sul tetto del giorno più basso
sventola una campana,
grida sospeso il battaglio...
l'eco sfonda i muri
percorre la strada dell'odio
fino a perdita d'occhio.

Un qualche raggio
Un qualche raggio ha tracciato sentieri
dove ha dipinto immagini,
a specie eletta libero arbitrio
una catena sciolta
una bilancia
ha impresso sulla tavola del cuore
un pulsante che duole
e la parola
per lasciare segni
e congiungere il tempo
dalle origini antiche ai giorni nostri
e l'ha imbarcato sulla navicella
nel mare della vita,
ora che il mondo brulica di orrori
e le stridenti lune
stringono alla deriva la mia nave
i progetti del cuore
aspettano
gridando tra gli scogli
senza vele propizie
un nuovo raggio per non naufragare.

Ali di fantasia
Ali di fantasia
prendono le notti per volare.
Le parole di miele che percorro
sulla rotta tracciata da un pensiero
mi conducono
tra stelle cadenti
dove sogni si possono avverare,
ma le onde dell'alba
che la sveglia declama
sciolgono le note del cuscino
nella bruma velata.
Ora che incombe il peso
delle ombre
per lacerare il velo
e scoprire tra sussurri di fronde
il vento dolce
che spinge verso nuove primavere
ho bisogno toccare la tua mano.

Poesia
Entri nella mia stanza
a tutte l'ore,
coi colori del tramonto
dipingi di vaghezza
le pareti,
coi colori dolci
arrivi fino al cuore,
quando la sera stanca
accende l'ora
m'infittisco di te.
Il mio pensiero
ha occhi per vederti,
ha mani per sentire
magia di tuoi sussurri
sulla pelle,
piovono su cuscino
i tuoi riflessi
quando spandi dolcezze,
sei campo di sentieri
dove posso correre,
sei terra da scavare
dove posso piantare versi belli,
ti adoro.

Dove sfocia l'orrore
Annoverando scheletri d'amore
sfiora il cielo la cima di pensieri
ma suona ancora sempre
contro il tempo
una qualche anima impostata
dagli atavici geni, modellata
dalla voce distorta che conduce
ad ancorare crediti di voglie
debilitando il cuore.
Una vita non basta a contenere
il peso di uccidere la gioia
negli occhi di bambini,
il conto del castigo si protrae
oltre la frontiera,
forse potrebbe il pentimento
scerbare il torto
lottando con i muscoli del cuore,
ma pagine di storia degli orrori
esultano ancora, il pentimento
rigettato da nuvole si perde
dentro un labirinto di parole.

Inverno
l'alito é intristito
dai brogli dell'inverno
fiori intirizziti
sono morti...
non lasciarti prendere
dal ghiaccio
di questo inverno
estremo
riproponi alla zolla
altri contesti
conserva i bulbi dolci
in fondo al cuore…
In questo clima opaco
di vento di furore
l'onde in superficie
gridano sbattute
tra gli scogli…
ma c'è rimasto un fiore
resiste alle intemperie
perché nel mondo
non c'é soltanto odio
c'è pure tanto amore…

Remigando
Remigando
tra onde azzurre e sole
mi conducesti all'isola
dove potrò incontrarti,
ma non voglio rischiare
che tu possa cambiare
i tuoi momenti,
perciò ho deciso
che gestirò da solo
le dolcezze
per non turbare
l'orientamento,
così verrò a trovarti
coi passi leggeri
senza lasciarmi scorgere
ti sfiorerò i capelli,
forse qualcosa in più
se condividi il sogno
potrò posarmi accanto
al tuo silenzio
e carezzare
i tuoi riflessi nudi.

Stelline scintillanti
Il sole coi raggi dolci
sussurra alla terra spoglia,
sentono amore le zolle
le parole toccanti
in superficie
disseminano i campi
di colori,
esulta l'aria
anche i trilli
sentono amore
parlano tra loro
di progetti di nidi,
un alito di vento
vuole partecipare
sfiora germogli
gli bisbiglia amore,
il fiume scorre
sembra brontolare
l'ascolta il sole
con i raggi d'oro,
manda guizzi
con l'acqua fa l'amore,
nascono stelline scintillanti.

Vago per sogni
Basta un nonnulla,
anche una parola
nei vicoli assetati
dove germoglia un fiore
per abbracciarlo
fino all'illusione
del traguardo.
Dolce sentire
parole sulla pelle
che conducono brividi,
dolce ascoltare il volo
di una stella
che si lancia
nell'infinito spazio
e infiamma il cielo
per appagare un sogno,
e dolce immerso
nel bagno di un cuscino
che conquista
un sentimento grande
che si muove
negli occhi di un pensiero.

Il canto della neve
si respira con gli occhi,
il suo sapore
alleggerisce il peso
di pensieri,
fiocca la neve
fiocca fiocca fiocca
copre i peccati
della terra spoglia,
l'acqua di un torrente
che segue il mio sentiero
sussurra con il sole
pallido dietro il velo,
il cuore degli alberi spogli
sente le gocce rapprese
di sfolgorii di luce
contratti con il sole
in estasi dolce, si leva
da fronde innevate
che corrono lungo la riva
un qualche bisbiglio
di uccelli,
si alzano anatre in volo.

Amore Amore
Non c'è sospeso a queste ombre un filo
dove tende alla luce l'altro capo...
cala la sera sonnolenta
senza pioggia di stelle,
le correnti contrarie e la deriva
schiacciano le ore fuggitive
come l'autunno gli occhi delle foglie,
racimolate lungo falde di un sospiro
affiorano canti sepolti
e fiocchi di capelli ammutoliti,
accorrono pensieri dentellati
come schiere di immagini allo specchio,
oscillano i velieri fra le onde
di questo mar che si dibatte offeso…

Oh questo decantato amore amore,
questo profumo che si spande e vola!
Inaridisce il verno le sue piume,
e la scolpita venere di neve
più non si scioglie
non versa le sue acque a questo fiume.

Nel calle brullo
dissestato
la speranza non ride
aspetta
dorme…
risi sfioriti
muti nei visi
pallidi,
gli oggi
i domani
fusi nelle mani
nervose,
aneli stinti
foschi dipinti
fiori senza tetto
batte nel petto
la vita
scolpita
su cocci di parole
frante
senza sole…
giochi?
Non ho carte
ho un corpo!

O vita
come un album di fotografie
disordinato
dove presenti e passati
dormono insieme
e si assomigliano.

Erano tempi cupi
Urlavano i lupi
dappertutto,
perfino il sole tiepido
abbaiava…
coi piedi scalzi
l’animo maldestro
arrampicato al buio
sul cuscino
si prendeva la mano…
pareva sogno
ma era pensiero.

Gerontocomio
Benemerite zolle
di feraci raccolti
grembi stasi
dove ancora gli uccelli
trovano qualche chicco
da beccare.
Vecchi
mutole cornici sfocate,
staccate
dal tepore
delle piccole luci,
rigettati
da stipiti contesti
all’ombra ingrata.
Vecchi
lo stanco costernato
proseguire
a passi uguali
sui binari lenti
dell’egro campo
come foglie secche
aspettano il vento
per volare.

Lucciole
contesti
canti
voci
suonano già
dalle campane ataviche
tra le grinzose pagine
del tempo,
dissidente brusio
nel frastuono
di campi intensi
di martelli e chiodi...
Oggi
concitate incertezze,
scalpi di silenzio,
rabbie latenti,
nuotano
davanti
alle macabre scene:
genesi scoguagliate
sull’altare
d’impalcature elette...
Va sempre più
tra arroventate siepi
questo profumo di selvaggi fiori.

Come una giostra
Il sol ridente
scrive sulle zolle
la prima fogliolina,
dice mamma
gioia degli anni...
figli
vanno riflessi
scorrazzanti padri
rinnovellati,
rincorrenti sempre
come una giostra
contro il tempo arido
che strappa,
per nuovi cieli
strade di speranze.

Un lupo
incognito e rapace
prendea l’albe digiune
in sul mattino
e seminava scempio,
andava tra le greggi
e nei covili,
non temeva nessuno
perchè faceva legge
e nelle mani
tenea pastori e cani...
e si copriva il bruto
gli occhi e il viso astuto
con gli occhiali…
non parea fosse male.

Vecchio ciliegio
siamo cresciuti insieme,
primavera
dipingeva di fiori le tue brocche,
ornava il davanzale di foglie verdi
e di vermigli avventi
la bicromia stagliata sul tuo viso,
ed io coi trilli
arrampicato ai rami
coglievo i tuoi colori
e li gustavo
col sapore degli anni zampillanti,
e mi ricordo
quando muto e spoglio
aspettavamo insieme i tuoi germogli.
Ora il tempo è passato,
quest'autunno
eziandio mie foglie ha rattrappito...
ma tu vecchio ciliegio
aspetti ancora
il canto che ti scioglie
dalla briga del verno,
mentr’io svolazzo
dentro una bottiglia
in questa stanza muta
dove la primavera non dissonna.

Pensieri notturni
navigano in un mare
dove sostano nuvole
assalite dal vento,
voci alla rinfusa
piovono sulle soglie
dell'assonnato insonne,
invadono le orecchie incessantemente,
come branchi di cani inferociti
affondano i denti nelle piaghe morbide
per trovare più facile la strada
e gustare il cammino...
buio per vedere
orme di piedi cancellate
dalla sabbia del tempo,
buio per volare...
mille gabbiani stecchiti...
accarezzo le piume morbide delle illusioni,
buio per toccare i desideri
sepolti in fondo al mare...
le ore della notte incolonnate
dietro le lancette dei secondi
contano intestardite a cerziorare
i minuti analitici,
guardano dietro le tende della finestra
aspettano che si propala l'alba ...
all'alba
il cacciatore carica il fucile,
volteggia il falco,
esulta il pettirosso sull'insetto,
schiocca ridente il merlo sul lombrico...
e il sol scintilla
sulle lacrime fresche di rugiada.

Isola proibita
Ulisse
ascoltò il canto
delle sirene,
non si fece
legare...
vide
una finestra,
uno sprazzo di luce
libertà…
e spiccò il volo,
ma picchiò
la testa
contro il vetro
trasparente...
il bambino si chinò
raccolse
l'uccellino morto
e pianse.

L'usignolo
Abbracciava
la gretola
col canto,
beccava
il ferro amaro l'usignolo …
guardava il cielo
dall'impasse
ingiunto
e manducava
briciole
e rimpianti.

Un granello di luce
stava sospeso
tra pareti strette
e l'orizzonte apodittico,
vedeva:
un interminabile deserto
solcato da navi pirata
e naufraghi nidi d'innocenti,
i giganti nebbiosi
in cima al monte e nelle valli
vicoli tortuosi
brulicanti di briciole scugnizzi
come domani vuoto…
c'erano uccelli neri
con le cavie nel becco,
strappavano i brandelli
alla natura…
c'erano spettatori,
campi intensi
come fiori di spiga
oltrepensiero
sommersi dalle glume,
e c’era il sole
dietro nuvole grigie…
Rifletteva!

Un barbone
barattando armistizi
apre la porta
al cuore della gente
guarda il paesaggio
che s’allunga,
vede qualcuno
che gli tira un avanzo
come una pietra
senza osare entrare
nel lebbrosario
per non contagiarsi…

Il barbone
con la pietra sul cuore
esce dal tunnel,
trascinandosi il carico di stracci
lungo rive salate di vita
che lasciano
quadri senza nome.

Angeli della vita
L'ergastolo sarebbe un deserto
se annusando il cielo
sentisse un albero soltanto
che ogni foglia
ha dovere di cadere,
varcar la soglia
siccità più dura
i pensieri incrinati dalle scosse
cambiando stanza
ritrovare ovunque…
Angeli della vita
eleggono la cantina di ferro
dove non entra
ad ogni compleanno
il peso
della parola mai…
frenano macigni rotolanti
dalla cima del tempo
sulla china,
inventano proiezioni,
levigano
gli steccati rugosi
del recinto.

Amicizia
Un lumicino
al buio si conosce
quando solleva il peso
col sorriso.

Una finestra affacciata
sulla città
guarda
la moltitudine di gente,
ride il binomio
diversamente insieme
nei vicoli stretti
quando un qualche ponte
misurando
intervalli tra partiti
spigola
la lunghezza di una mano
in punta di piedi
nel campo
dove
la voce degli occhi
che parla
lingue straniere
trabocca colorando
gli angoli vuoti
coi pennelli nuovi.

Ruscelletto
Sfogliando pagine ingiallite
di questo vecchio libro
gorgoglia un ruscelletto
di silenzi abissali di ghiacciai
di note scintillanti di poesia.
Ruscelletto
torno a questi anfratti
ad immergere gli occhi nei tuoi flutti
e rivedere i sogni
quando correvo agile tra greppi.
I miei occhi
rosi da intemperie
che stridono urtando le pietre
del mondo cercano ristoro
tra rapide vivaci
dove erompe il corso cristallino,
anche se più non calzano
i miei piedi l’orme della balza
il ricorso del vecchio io resiste
contro la corrente…
allora l’acqua mite si commuove,
dopo il bagno ritorno bambino
a giocare rubandoti i sassi
e scorrazzare tra pendici e spruzzi.

Tempi moderni
Un flusso prevalente
coi vertici appuntiti
penetra il futuro,
sopraffatte dall'urto
certe armonie di fiori
guardano il sole
che più non entra nella stanza.

Incorre oltre sereno
in rapida di fiume
acqua che corre
senza distinguere messaggi
di sogni alla deriva.

Nell'atrio l'internet
navigando
gratifica l'asfalto
agli occhi chiusi,
non informa la mano
parimenti
ma s'accomuna a raggi
di deserti
dove nei campi ha straripato l'uso
del fiume cellulare
che riduce
il globo in una palla di parole
mezza dipinta
mezza scorticata.

Poesia
Io vengo da un pensiero caduto
sul lastrico duro della realtà
come un bambino che corre
coi piedi scalzi
sulla sabbia infuocata
gremita di ombrelloni non suoi,
soltanto qualcuno mi lascia sostare …
Dietro i vetri della bacheca
o nei cassetti
non ho problemi di terra,
morte non vede scheletri di morti,
ma la folla che passa
con la macchina
dell'indifferenza mi schiaccia,
qualcuno soltanto si china
a soccorrermi.
Nell'ottica di versi come l'acqua
dove si specchia gioia di riflessi
il mio granaio è colmo
ma il sole di giorno mi sorpassa
e la luna nittalope non vede.

Libertà
Nella campagna
sguazzano pupille,
sembra che vogliono afferrare
il profumo di fiori con le mani...
l'anelito del cuore
di bussare
contro le porte chiuse
coi battenti,
la lotta che divampa
per sfondare
le grate di confini
si attorcigliano
quando un morso di fame
soltanto
compromette
la discesa libera dei monti...
è duro lo schiantarsi nelle valli.
Forse il pensiero
che vola come Icaro
fa germogliare aliti e colori
dietro la pioggia
come l'arcobaleno, libertà
una statua gigante costruita
con le gocce di sogni
si frantuma...
il sole scioglie l'ali del pensiero.

La realtà
dalle grate divelte
assale il mondo,
una forbice
taglia i ponti di carta
e lascia i volantini svolazzare,
un coro pellegrino
impetra l'onde,
cova l'appassimento
di grappoli maturi,
acini dolci che nessuno coglie
pendono dai tralci...
martellata dal tempo
la bietta
spacca le notti lunghe
per comprare risvolti
investendo le veglie
e cogliendo profumo dai bisbigli
del pensiero che vola e s'allontana
da ritmo incessante di tamburi…
il sole duole sulle rive assenti
confonde i raggi e l'ombre.

Pecorelle
Va così perché siam miserelle,
derelitte spremute, tosate,
va così perché siam pecorelle
dalla morbida lana spogliate.

Non cerchiamo ricchezze e corone,
negli ovili teniamo gli stalli,
non sappiamo aggredir siamo buone,
ed erriamo per monti e per valli.

Siamo preda d'assalti funesti,
non portiamo vendetta e rancore,
ci rapiscon la pelle e le vesti
e cantiam la tristezza del cuore.

Ora andiamo nudate e tremanti,
poverelle che van tuttavia,
vanno i miseri greggi vaganti,
van dei pascoli lungo la via.

Va non tace per noi la dicenza,
siamo pecore, il nostro lamento
va, la favola dell'innocenza
va nell'aria e si perde nel vento.

Ho visto il male
Scorrazza il male
in questa meraviglia
dove gira il senso dell’amore.
I denti forti azzannano la preda
stando seduti,
e manovali scialbi a recitare
la parte di leoni.
Ho visto il male
all’orizzonte chiuso dalla nebbia,
versava amara esule speranza
cancellata dai sogni di ragazza.
Ho visto il male,
colpivano i gendarmi con la frusta
dietro uno spiraglio clandestino
una donna piegata senza volto….
Ho visto il male
nello spiedo che infilza
una farfalla,
negli occhi di bambini
tesi alla gioia
a lapidare un gatto,
nell’oasi arredata di proventi,
alla penombra
del lupo e dell'agnello,
e negli angoli oscuri dove batte
il verso antico della ragnatela.

Sui gradini degli anni
Quando la somma degli anni
arriva al punto
e volge il segno
alla polvere patria
che si leva
cerco la chiave
per aprire il muro,
rovistando tra pezzi
latenti di vita
ricupero
un esame di coscienza
e un passaporto di memorie
per non precipitare.

È Natale
Sorpresa da un cielo di luci
questa marea pubblica pensieri
che involtano in carta da regalo
il cuore...

Quanti Gesù bambino
nascono ogni giorno
in una stalla!

E noi re magi ricchi
d'occidente
che deteniamo i beni,
e seguiamo
la stella cometa
che palpita dai cieli
dei monitor accesi
e indica percorsi
da seguire
armiamoci di doni
mettiamoci in cammino
di carità e d'amore
Gesù bambino povero
ci aspetta.

Delusione
La notte ha uno spazio dove
appendo le note stonate
del giorno, pensieri smarriti
che hanno perduto l’orizzonte
sentono il vuoto rimasto da
profumo di dolce verso quale
ho lasciato partire tutto il cuore
col peso delle valigie piene,
l’approdo all’isola incantata
più non sentono, rimanenze
escono dal mondo di colori
rubati all’orizzonte dai messaggi
della luna, vagano come voli
senza sogni di un pensiero
stupendo carezzato da soffi
di poesia, riveduto da analisi
di lumi: morigerato cinico
caimano distonico superficiale…
resta solo fruscio di bollicine
che salgono dal fondo in superficie
rigettate dal pozzo della mente.

Marzo
Marzo è un pastorello
innamorato
della principessa primavera
si presenta spoglio
accende qualche fiore
cullato dalla luna
che illude la finestra
di vivere la gioia
del tepore.
Il sole accende
i campi
di luci e di sapori.
le zolle rinvenute
contesta il gelo,
sognano i sogni,
marzo si presta
a voluttà di fiori
lotta contro i soprusi
dell’inverno
e accende l’alba nuova
di speranze.

Un po' di Fede
L'amore ha una rotta
per suo conto,
lo conduce un vento
che scalza i pregiudizi
perciò non segue
aliti inculcati,
lo perseguita il raziocinio,
e mare mare mare
istiga a inabissarsi…
se ti congela il cuore
senti la vita che si scioglie
dietro il cancello,
prendila per mano
dagli lo spazio di un sorriso
e un po' di fede,
anche gli alberi spogli
si stringono coi rami
in dolce abbraccio
nella stanza fredda
dove suona più forte
il desiderio
di un raggio di sole.

Il mio pensiero
ha orecchie
accostate al suono di una voce
che ha cullato
sogni dolci
che non spegne il vento….
ho debiti con te
che non posso pagare
per la perla
che mi hai donato,
testimoni il sole
e blu marino
sotto l'ombrellone…
sfoglio nel reliquario
i giorni muti
di questo inverno
e trovo sempre
sullo stelo appassito
un fiore fresco.

Pensiero vestito di velo
Il mio pensiero ha una mano
che sfiora il tuo silenzio
entra negli abissi
prende il peso dell'ansie
scopre nel tuo cuore
un sorriso che gioca con le lacrime…
versi di poesia sulla strada del cuore
tingono di colori le pareti grigie.
Pensiero vestito di velo
illumina le note del cuscino
mi conduce nell'isola
dove i sogni si possono toccare,
suona la sera dolce appuntamento
come un bacio sospeso sulle labbra
che si sveglia con l'ali addormentate
per la magia dolce di cullare
una poesia, sentita recitare
nelle attese pazienti,
nella gelosia che traspare
dai tuoi gesti impigliati
a qualche scoglio,
nella gioia di versi e di parole,
nel dono che mi sfogli
e affidi al vento
la confidenza di segreti averi,
la sento che sorseggia il mio respiro.

Rimorsi
pungono le spine
rimaste di dettagli
inariditi,
a proravia
seguono il tempo,
si affollano
dietro l'ultimo giorno
allo sportello,
cercano Dio
per filosofare.

Candele
nel buio della vita
schiudono la porta
con la voce timida
parlando,
nella sala bardata
di pregi
dove mille parole
incorniciate
svelano
sogni a fiorire,
sui binari stretti
in equilibrio
si tengono per mano
a luce fioca
per non precipitare.

Sorrisi rimasti sospesi
Approdare alla riva di un sogno
che tenevo stretto nelle mani
nel concento di stelle cadenti
fino all'illusione del traguardo…
sorrisi rimasti sospesi,
nei lassi di dolce
soffocati
dalla mania dell'assordante luce
vuota di melodie
di coprire la fiamma di candele,
volano sull'ali delle notti
e piangono
con gli occhi delle stelle.

Luce di gioia
oggi si legge
una poesia del cielo
vecchia e nuova
luce di vita
piccola indifesa
vince la lotta coi giganti
con la forza
della sua tenerezza…
Luce di gioia
negli occhi del dolore
d'una mamma sfinita,
il suo bambino
sfocia dalla ferita
incisa
su suo grembo…
parte la vita
di vagiti e sorrisi
lungo i campi
verso l'orizzonte
scoprono il mondo
gli occhi nella cuna,
le manine tenere
toccano le pareti
di questo andirivieni
nell'attesa che l'alba
scopra il sole…
non inquiniamo il giorno
con le nubi aberranti
di questo clima…

Lo squalificato
Nella formula
“pane acqua amore”
dove attecchisce l’essere,
trasparisce il senso
delle azioni,
ma incide un controsenso
di batteri…
mettiamo come centro
l’io sconnesso
votato alla mania
di essere più alto
della propria statura,
perciò ferisce i piedi
del vicino
per giungere al traguardo
nella maratona della vita,
ma un sole lungo il varco
schiarisce le misure
della nebbia
e l’arbitro lo espelle
dalla gara.

Come nasce una stella
La piega di un sorriso
che accarezza
con la dolcezza liquida
degli occhi
giunge
dalle altezze di sogni
fino al cielo
e l’infinito accoglie
nelle braccia
lo scintillante ardore.

Sei anche mio pensiero
Non lascerò
i tuoi piedini nudi
su lastrico gelato
di questo inverno.
Ti terrò stretta
non ti lascerò
sola nel deserto.
Onda di dolcezza sei,
mi avvolgi.
Volteggiano
tutt’intorno al mio cuore
sirene di pensieri
hanno ali di farfalla,
luci fantasmagoriche
di stelle,
un vento amico
spalma di miele
versi come petali
di una poesia di fiori...
senti scintillare
il rosso di un dolore
su una lacrima tenera
cadente
ai piedi dell’amore.

Passerella
camminando su sentiero acclive
spinge la vita gli anni
il canto della luna insegue i giorni
che sfilano nel pugno di una mano
come nodi ad ogni compleanno,
la passerella prende il tono, inciampa
tra fiori spine fantasie ed altro,
a livello elevato dove sazia
di vista il panorama del cammino
é facoltà del monte
porgere un lato tenero alla sponda
dove raccoglie senza pregiudizi
tutte gocce di pioggia come il mare.

I sensi del cuore
I sensi del cuore
scuciti
dalla intellettuale prepotenza
sempre tesa a discutere i cavilli
subiscono l’analisi di lupi
perciò l’amore
siede
davanti al tribunale
dell’intelletto
senza avvocati,
viene condannato all’agonia
spesso muore,
qualche fiore bianco
insiste a superare la stagione
affronta coi getti di pensiero
chiodati tra le mura
e con i sogni
le sentinelle
a muto sorpassare,
dietro la porta della sua prigione
vede morire i sogni trafugati
dalle incertezze della sua statura.

Il male e il bene
Nei lassi di memorie
le vicende
collocate ai bordi della vita
assomigliano al percorso
del sentiero in salita
fino al monte
dove l’Uomo
addotto
dal popolo al calvario
toccò il costato degli abusi,
lungo i passanti
sterili del tempo
s’annoda la crudezza
che spegne le candele…
non colma la distanza
l’onda pia
che accarezza
imperterrita la riva,
perciò l’orizzonte
non si raggiunge
con l’affanno dei passi
ma si tocca soltanto
con le mani degli occhi
e dei pensieri.

L'onda della sera
addolcisce le note su cuscino
s'acqueta il verso duro delle rupi
negli spazi di colpe come spine
vivificate dalla sonnolenza
gocce di silenzio navigando
la notte rappattuma
le dicerie del giorno
tenendo nelle mani una candela
culla il fruscio dell'onde
nel cammino
si incontrano dolci di ricordi
che infondono gioia di lacrime
balzano sui lassi di memorie
nei centri dove brillano gli amori
conduce un vento dolce
dove l'onda si placa
e si condensa
nella sede fantastica di sogni.

Sospeso
a una miriade di stelle
che sembrano
luci di candele
viaggio alla penombra
negli sperduti vicoli del cielo,
ma il sole incalza,
mi aggrappo alla tua mano
che mi pare stabile.
La realtà fumante
ha staccato la spina:...
fino a quando
riuscirai a tenermi
senza farmi cadere
sull'asfalto
gelido
di questo inverno.

Luci di Natale
stillano cori di Natale
le finestre agghindate
un verso abbraccia l'altro,
Le vetrine
indossano colori
luci intermittenti fanno a gara
con gli alberi addobbati
della piazza
come una sfilata di moda…
Immerso nell'atmosfera
il verso di programmi
acquista il tono
che l'armonia propone…
parte la corsa prodiga
di generosità
sembra un'esplosione
di altruismo…
ma dietro tutto questo andirivieni
animato dal vento di Natale
una stella cometa non allunga
la mano
fino all'ombre
che splendono
più forte delle luci
sotto l'albero carico di doni.

Isola colorata
erbe selvagge, fiori
e sussurri del vento
dove l'onda rabbiosa
dell'inverno
ha lasciato tracce di dolore,
marina
guarda il mare
oltre la linea azzurra
che accomuna
l'immensità del cielo,
affollata di sogni
come ombrelloni
in piena estate
offre riparo ai piedi nudi
scottati dalla sabbia
di questo sole
troppo forte per essere sincero…
cala la sera partorisce stelle,
si accende di sogni
la marina
sfiorata dalla spuma che dilaga
e regala dolci di poesie

Una canzone di Natale
Dicembre
intristisce di gelo rami spogli
le antenne del freddo installate
su piattaforme ingiallite
mandano in onda sentimenti rigidi
come ali di aquila ed artigli
senza incontrare oasi d'amore…
e si accende la stella,
forte di luce incide il calendario
a decorare il freddo di pensieri…
Natale carico di versi
allaccia il mondo,
fasce abbienti poveri d'amore
cercano gioia nei scialacqui,
bambini sospesi a fili d'oro
fomentano la lista di regali
mendicanti affollano le soglie
dei supermercati
dove il cuore diventa più buono...
Questo dilagante chiaro scuro
con tutti sfondi e l'ombre
danno vita a un quadro
dove la realtà scintilla e stona
come una canzone di Natale.

Un treno corre
senza ritegno
a rischio di deragliare
sui binari frenetici,
fuori dai finestrini
corre il mondo,
con gli occhi del sole
vede zampillare
fiumi grattacieli monti mare…
il macchinista guida
muove i sensi
della locomotiva
gioia, odio amore…
certe particelle all'avanguardia
tirano i freni
contro la voluttà
delle impellenze
con la briga
di farci ragionare.

Il fiore dell’amore
Le notti scivolano
una dietro l’altra
unificate
da immagini assenti
sempre vive,
il sorriso degli occhi,
le dolcezze
non hanno perso
un attimo di luce
lungo gli irti chilometri di tempo,
onda acquiescente allaga
dolce
voci da lontano
come una mano soffice
la pelle
adamitico incorrere di foglie
schiude petali dolci
e sfoglia al sole
vivo di ricordi
senza imbarazzi
il fiore dell’amore.

Innamorato di una stella
che conduce
(magia delle parole)
il profumo dell’anima,
tristezza di pensieri
inseguita da raffiche di vento
si propala
nei vicoli dell’universo,
addotta da remore infinite
del passaggio
di una cometa cupa:
sangue peccati lacrime…
l’alcova esterrefatta
dove sogni diventano martelli
fluiscono da lettere di un suono
che diventa dolce nell’attesa
dove si condensano gli aloni
veicolanti in aliti sospesi
trovano un volto gli occhi
ed un sorriso
come concretati intorno a un nome
i lineamenti dell’anima…
carezzata da un alito di vento
veste il pianto di foglie coi colori.

Perduto amore
I sensi del tuo cuore
abbaruffati
dai moti della mente
sempre protesi
a rendere cavilli
spirano contro il folto
di bagliori
come lumi teneri
perciò l'amore grande
trascinato
davanti al tribunale
non venne assolto…
dietro le grate
della sua prigione
vide morire i sogni
di vecchiaia
trafugati
dalle incertezze
della tua statura.

Insonnia
il mio cuore è pieno di versi,
ma si sono perdute le perle
che ornavano il mio davanzale,
ora si affaccia muto
senza voli
e nemmeno un fiore,
nello spazio di notti giganti
che imperversano,
col soffio di pensieri
accendo piano piano
la candela
del sogno che si affaccia
aspettando l'alba di domani.

Parole affacciate
dal muro del tempo
sull'inconcludenza
di questo disordine
emergono nel mare delle notti,
la mia nave
contro scogli invisibili
sommersi
naviga
senza distinguere i nemici
che assaltano la chiglia,
perciò nei dormiveglia
coi rintocchi lenti da lontano,
ascolto dentro l'ombre,
sento l'inverno arido che bussa,
percorro tutti gli angoli remoti
rannicchiato dentro una poesia
con la fede a tracolla
e il sole spento.

Novembre
Il vento sfoglia il sapore
dei campi
dove la terra nuda
va in letargo
ed alberi piangono
il folto di fronde
un verde più intenso
traspare dai pini,
colori pacati di raggi
sciolgono un tono lento
sembrano cavalli senza forza
con fare rassegnato
ad affrontare il gelo,
l'acqua trascorre torbida
di piogge recenti, il torrente
gracida ancora sull'erba
le foglie gettate dai rami
inseguono il vento giocando
a frotte con i bambini
e accendono l'aria di gioia.

Riciclaggio
In dolce custodire
nelle vetuste zolle
vermi, spore, muffa
in riciclaggio
della vita visibile
affidato
all’arte purulenta
di mosche, insetti…
girano la ruota
che fa durare il mondo
madre terra
avvolta nel mistero
dell’infinito Senno
percepisce il tocco
del Pittore.

Volare
Nello spazio di occhi
che si perde
nell’infinito mare
la fantasia esplora
cieli ignoti
fabbrica fili
di sentieri dove
sospesi a questo sito
rimandiamo
le riposte domande
a più lontano.

La nota di confine
dove il mare
si sparte
l’immensità col cielo
e il sole pacato
come un vecchio
stinge nei versi stanchi
lo splendore,
ritorna
dopo la notte scura di cammino
trascorso intorno al mondo
e porta in braccio
il suo sole bambino.

Non piove
Un batterio
si diletta a spalmare
col pennello
granuli di intrighi
nella parete fresca di pittura,
le zolle corrotte dal gelo
diventano aride
spoglie,
deserti
col vento che invoglia
tempeste di sabbia…
nel campo
dove nascono fiori
di poesie ed altro
qualcuno si è preso la briga
di raschiare gli errori
con accenti dolci
additando il cielo,
ma non piove…
soltanto
qualche goccia
alleggerisce il peso
dell'arsura.

Scusami se guardo
Scusami se guardo
il tuo sorriso
faccio provviste
quando non ci sei
lo uso per dipingere il silenzio
della solitudine…
non ascoltare voci
di miei occhi
parlo con me stesso
e con il cuore.
non chiedermi con l'aria
volermi dare il mondo…
certe cose sono di valore
si sciupano toccarle con le mani,
scusami se il cuore le accarezza
invade competenze
di tempo e di confini
ma non ha il mio consenso,
è fissato al cielo,
perde notti di tempo
dietro stelle cadenti…
combina solo guai.

Luci dell'alba
Luci dell'alba
entrano
nella stanza assonnata,
incontrano fantasie del buio
nei corridoi stretti
dove gli occhi
stentano a passare,
l'ingorgo avviene
quando la sveglia
sospinge il tempo
a sorpassare l'ore,
la vita prende il senso
della costernata inappetenza
al suono vorticoso
di voci alla ribalta
sospese del dì scorso
coi passi come tasti nella nebbia.

Povero amore
calpestato strappato
abbandonato
tra macerie di sogni
pietre dure
e ruggine avvilita
di cancelli
serrati contro il tempo,
lo ritrovo
sulla pagina antica
appiccicato
da una lacrima secca
come un fiore
nel libro di latino.

Gioia
Gioia nel volo di un uccello
che trascina a fatica una pagliuzza
con la rotta del nido sul tetto,
gioia di ronzare
il calabrone
che corteggia il giardino
fiore a fiore,
gioia sfoggia l'albero
il candore di fiori
come preludio della sua perizia
che intende consegnare
alla stagione,
gioia carezza il sole
raggi dolci e l'alba si commuove,
se guardo il cielo nottetempo gioia
diluvia dalle stelle
che intonano concerti
di armonia,
anche gioia
negli occhi di un meschino
su lastrico seduto cui regalo
qualche moneta
a cambio di un sorriso.
ovunque gioia, amore
indagando nel cuore delle cose
sotto il cavillo
per commiserare.

La norma
La norma tutela
le spire del colosso
armato fino ai denti
di avvocati
di buona qualità,
la norma
legale
arrogante
pertinente,
la norma che morde condanna…
la norma che cuce che scuce
rattoppa
che lava
le mutande sporche
della legge,
la norma che illumina sbagli,
la norma che vale
non vale,
la norma che premia
castiga condanna…
la norma che grida
la norma che striscia
che spiana
che sbaglia...
la norma che tange la legge.

Proiezioni
Il parto che inizia il cammino
passando attraverso
la cruna del tunnel
si accende di lune
riflessi
di lotte coi sassi
fino al mare
dove si svolge il filo,
rifluisce
prima di sboccare
in delta di memorie
le correnti ammansite dal ristagno
seguono i battiti dell’orologio
col cuore vulnerabile,
il delirio non ride
a spettatori che applaudivano
ed acque di fanghiglia
della micidiale indifferenza
emergono dal fondo.
Chi ha coltivato fiori
oltre recinto
campagne fiorite rincorre
la sponda nebbiosa vede il sole
non bolle di rancore senza onda
come il vento sull’acqua dello stagno.

Africa
L’onda dell’Atlantico lambisce
fino a perdita d’occhio la costiera,
il bianco della schiuma si intromette
tra palmeti che affollano la sabbia
gioca a sollevare qualche tronco
caduto, e ceppi morti
nuotano, scolpite due ragazze
coi seni nudi
coltivano nei passi l’eleganza
e bambini mostrano il sorriso
di denti bianchi
sullo sfondo nero
e gli occhi dolci
danno un canto al cuore.
Le lavandaie stanche di lavoro
su gusci di barche
fanno ritorno
a villaggio di case
coi tetti di paglia come nidi,
liete di stare insieme
si stringono,
in placido tripudio
si fondono
tramonto, verde, incanto.
Al centro dello spiazzo la magione
dell’anziano capo
sfoggia eleganza
in disegni scolpiti sulla soglia…
Ora si accende l’aria di colori,
suona tam tam di rulli e di tamburi
si ravviva il villaggio,
si illumina di danza
canto
giochi…
corpi sereni docili
al pennello degli occhi
danno l’acquarello dell’artista…
Africa
forza selvaggia,
fuoco di raggi accende
arsura, siccità…
pioggia che scroscia
inonda la savana
zebre giraffe antilopi elefanti,
saltano le gazzelle
sotto le grinfie acute di felini,
nelle radure corrono gli struzzi…
cascano l’acque
di imponenti rivi
estasi di fragore…
ma qualche automobile s’affaccia
sporca di fumo
la melodia selvaggia
e ludibrio si spande
a macchia d’olio
di ferro, di cemento
rompe l’incanto
il verso non selvaggio,
prepotente
della globalizzazione.

Un progetto malfermo
accovacciato
tra le braccia del tempo
coi sensi adombrati
dagli stenti
la marca di tratteggi
sulla fronte
lo vidi
rantolare
tra rifiuti
sassate
calci
e passato digiuno nelle mani.
mi avvicinai
per coprirgli il vuoto
con una carezza…
lo vidi allacciarsi
allo spiraglio
intensamente stretto…
povero cane!
e diventammo amici.

Gennaio
sotterra l’anno morto,
spegne le luci di Natale
solleva in fretta il sole
dal fondo del solstizio…
Cade la neve
a fiocchi di speranza
copre gli aridi spogli
e poi conduce
progetti,
speranze,
promesse
di un anno migliore…
Prendi lo spunto
di questo primo passo
per seguire
un indirizzo buono,
conta una strada irta di scalini
per abbracciare il quadro
dove pullula il coro
di lacrime e soprusi,
grida una parola
contro il male …
forse tutti insieme
potremo riuscire
a spaventarlo.

Natale
la voce dolce di candele
accende
sotto l’albero placido tremore
come un senso
che gocciola dal cielo,
scandisce fogli
intensi sparpagliati
di miseria e dolore,
e accende note di pietà,
ma incombe il gelo
a questi tempi,
e il sentimento dolce
di donare
non abbraccia le stelle
ma stringe il laccio
al collo dell’amore
lo imbuzza fino al collo
tanto forte da farlo soffocare.

Inverno
é caduta la neve
é tutto bianco
i fiori intirizziti
sono morti...
non lasciarti prendere
dal ghiaccio
di questo inverno
estremo
conserva i bulbi dolci
in fondo al cuore
apri una finestra
lascia passare un raggio
perché nel mondo
non c’é soltanto odio
c’è pure amore…

Avvento
l’attesa conta i giorni
luci di Natale
scintillanti
vetrine illuminate
segnano il passo
all’estasi
negli occhi di bambini
stillano i desideri…
presso l’ingresso di supermercati
tra le insegne, luci
i marciapedi
dove esplode il coro
ecatombe di abeti
aspettano il cliente…
fata regina
bianca
di candore
è dono di Natale
che fa Gesù bambino
allaga di poesia
questi tempi spinosi
e fa sentire buoni
dentro il cuore.

Dicembre incalza
coi primi versi freddi
sulla fronte.
Siamo entrati nell’aria
di Natale.
Il sentimento
seduto sulla soglia del mattino
che man mano con gli anni
si assopisce
sfogliando le pagine
incontra disegni dipinti
a quell’età di fiori
quando bastava un niente
a illuminare il cuore…
Oggi luce abbagliante
senza amore
la cometa conduce
in certi luoghi
dove scorre il fiume
dell’abbondanza,
e lascia la capanna
al suo destino.

Natale Natale
Natale è coro di luci
che danza nel freddo
si fonde col canto che nasce
nel cuore del mondo
e sale nel cielo
attratto dal coro di stelle
che cala in serafico ardore.
Il lume di stelle conduce
la fiamma di mille candele
che ardono, a dolce tepore
nel gelo che incombe…
Natale Natale

Natale è un volo che cerca
un volto fratello, da tempo
perduto, diviso
da un qualche rancore,
un figlio venduto all’orgoglio,
un padre ceduto alle brame…
Natale Natale

Natale è una luce che accende
il senso divino dell’uomo,
un fiore che sgorga dal cuore
si reca a cercare perdono
negli antri di pena e di fame…
Natale Natale

Natale è un pensiero toccante
illumina il buio dei morti
coi taciti lumi di ceri…
Natale Natale

Quante volte
Quante volte sono entrato
nel negozio dove
vendono i sogni
carico di soldi e di speranze
senza trovare niente
di mio gusto.
Ora che il sogno splende
nella vetrina non ho i soldi,
ti vedo addolcire dietro il vetro
coi versi e il pentagramma…
ma brandelli di cuore
non parlano
poiché non hanno
niente da dire,
non scrivono
poiché la tastiera del computer
non contiene segni compatibili,
nuotano alla deriva alluvionati
nel sogno che trabocca
dal suo letto di luce.

Come faccio a lasciarti
La mia anima vive
nel subbuglio
di un cielo stellato
dove stelle cadenti
che ho raccolto
stanno bruciando i fogli
del mio libro di sogni
col bagliore.
Come faccio a lasciarti
se ti incontro ogni notte
prima di addormentarmi,
se mi sfiora il tuo vento,
se pure la tua cenere spenta
mi entra negli occhi…
Come faccio a lasciarti
se conservo sorrisi imbalsamati
in un astuccio d’oro,
le tue mani dal sapore di cielo,
baci sfiorati …
dove ogni sera
prima di addormentarmi
porto un fiore.
La tua ombra é incollata
al mio respiro
ma gravano colpi di scalpello
sull’incedere muto.

La cera
L’artista ha scolpito i giganti
e parlano muti al silenzio
in questo museo delle cere,

la cera la cera la cera
il verso che incide la cera…

si foggia
si scioglie
acconsente
la cera
a misura di calde parole

la cera la cera la cera
il verso che incide la cera…

s'ostina
resiste
rapprende
la cera
per conto del freddo

la cera la cera la cera
il verso che incide la cera…

altre cere animate si agitano
nel grande teatro

la cera la cera la cera.

Sui gradini del tempo
Quando la somma degli anni
arriva al punto
e volge il segno
alla polvere patria
che si leva
cerco la chiave
per aprire il muro,
rovistando tra pezzi
latenti di vita
ricupero
un esame di coscienza
ed un passaporto di memorie
per non precipitare.

L’onda vorace
Il senso che accende le penne del
pavone, non morde l’osso duro
che resiste ai denti di Vulcano
perché sa di non potere fare sesso
senza spegnere la luce,
perciò i ginocchi rosi
dall’uso prolungato del pezzo
che non vuole essere un bullone
subisce l’analisi di effetti
del vento che può sradicare alberi
secondo la costituzione dei mattoni
che hanno vinto le elezioni
perché sono stati di crogiuolo.

Le insolvenze
Un pensiero affacciato
all’orizzonte tenero
accende suoni antichi,
prendo posto
nella platea diffusa
di carenze
dove rilevo
cose fuori posto…
ma non c’è verso
di fecondare la terra
coi raggi dello specchio
che riflette
la fantasia
che svolge la sua parte
piegata dal cuscino…
tirando le redini,
il cavallo
che aveva allungato il passo
inciampa contro grumi
di memorie
e si ferisce i piedi
galoppando

Guerra e pace
Tra maglie impigliate
di cerchi carnivori
che vanno
fino alle latitudini polari
e di meridiani trasversali
che strappano agli urli
carne viva,
la bilancia che pesa
le distanze
accomuna le specie
per l’affannoso errare
alla ricerca
della supremazia.
L'uomo che detiene
lo stile di ciascuno,
alleggerisce il peso
fabbricando
il sangue dell’agnello
per lavare,
la pace del piccione
per volare.

La moltiplicazione
Alla natura interessa
la moltiplicazione,
non conosce aliti inculcati
da sopraggiunte interferenze,
un vento sfoglia pagine del libro
crivellando l'indice di note
ed assegna i compiti
implicando
anime gemelle irregolari.
Il flusso che annebbia
i lineamenti dell'anima
attraversa una campagna
sazia di fiori vuota di profumo
che converge
al crocicchio solenne di promesse
coi soggetti ordinati per chiglia
prescindendo da solchi trasversali…
Sotto gli occhi del buio spalancati
l'alba si sveglia aperta su cuscino
pestato dalle corse di cavalli
e raccoglie le ceneri dei pezzi.

Orazione
Arreda il palcoscenico un segnale,
coordina equilibri
indice premi,
e pone ostacoli
per rendere più idonea la vittoria
dei concorrenti,
toglie persiane alle finestre
perché entri luce nella stanza
e tocca gli inquilini
nonostante il vestito
che genitori indossano al bambino
proponga la vista dietro un velo
che copre notizie riposte
nella valigia vecchia
deformata
dagli urti contro il tempo…
O Signore!
Nell'officina dove ci hai impiantato
aiutaci seguire la tua strada
adottando gli arnesi che ci hai dato,
annusando ogni pietra per capire
i tuoi intenti,
con la gioia
di porre un sassolino
accanto ai tuoi
per la ristrutturazione del tempio.

È mio figlio
Guardo
dalla porta socchiusa
nella stanza
dove dorme il sorriso
di un bambino,
forse sta sognando…
Il suo silenzio dolce
mi conduce
coi sentimenti adulti
nella culla,
e davanti lo spazio
di una vita.
Prendo il treno affollato
inseguo correndo
il suo percorso…
sento i versi del peso
sulle spalle
e mi ritrovo vecchio
sullo specchio
sorpreso dall’incanto
di un bambino.

Ti amo
La notte accarezza
le mani
azzarda sorrisi
promesse regala,
sapori di azzurro
il velo del sogno
che prende lo spazio
alla sabbia di luglio,
di agosto
addolcisce
le ciglia,
ascolta segreti
risponde silenzi,
ammansisce
la spada di regole
inventa
parole…
ti amo.

La notte
Il giorno frena
la stridente corsa
prima di scaturire,
la foce indossa
gli ultimi vagiti
dell’orizzonte,
nel mare del silenzio
apre il sipario
la leggiadra notte
e sa di immenso…
dissolve frastuono di raggi,
cancella
l’egemonia di urli
di soprusi,
prende cavalli alati
e galoppa nel tempo,
la libertà repressa
da vincoli sospesi
abbraccia, un campo dona
senza recinti, é dolce scorrazzare
per antichi sentieri,
ancora più lontano
incontra un cielo
di libertà di amare
e pianta ovunque alberi
di sogni.

Guardando le stelle
affacciato alle stelle
fruisco uno spettacolo
che allaga
il cuore,
nel buio cielo
accese candeline
a vento che le sfiora
trapuntano
diamanti
di messaggi cifrati
incastonati…
un codice diretto
tra Dio e cuore
che la mente
si affanna a decrittare.

Ottobre
Passano pennellate di parole
sulla tavolozza del presente
e chiodi fitti
graffiano la pelle…

qualche poesia scordata
suona ancora
col tormento di raggi
versa gocce di miele
sotto gli occhi severi della luna…

ottobre dorato di foglie e di sole
si staccano dai rami
i pensieri maturi
cadono nella solitudine…

ottobre
lenisce il sole il pianto
con le carezze d’oro.

Stelle cadenti
Stelle
escono dal cielo
tingono la notte
degli amanti
di illusioni…
tendono le mani
prestano favori
ad ogni passo
perché l'amore è amore
non laccio vecchio
imposto di legami…
nei reconditi spazi
delle segrete stanze
colano i desideri…
cuori appartati
sostano all'aperto
guardano il cielo
tesi
ad aspettare
una stella cadente.

La mia nave
ha percorso leghe di cammino
necessita di alaggio
per raschiare memorie
di crogiolo
incrostate alla carena
che affollano il silenzio,
cercano nelle trame
qualche parete
per piantare chiodi,
a questa età la ruggine
sfonda il martello…
l'anima conduce
ad incollare
un qualche segmento
all'altro capo,
ma i pensieri
che hanno visto il sogno
naufragare,
piangono
tre le braccia del tempo
che li stringe…
l'involucro scaduto varca il muro
e dalla porta chiusa
con aliti di piombo
non passano le grida
all'altra stanza…

Un tonno
innamorato
della luna
che lo guardava fisso
nei fondali
pensò che fosse amore,
mutò la rotta
verso l'orizzonte
dove nasceva…
vacuo peregrinare
acqua sorte
elesse il flusso
nimbo di lampara
nel mare buio…
l'arpione
rese
all'amore
il conto.

Ascolta il sole
Ascolta il sole
come contento gocciola
fili di primavera
a questo mare
impestato di alghe
e di soprusi
a questi campi squallidi
battuti
dalla recente grandine,
guarda i germogli
avvertono il segnale…
uccelli dai cespugli
indossano le ali,
e l'alchimia che insiste
con le mani fatate
indora il cuore,
redarguisce le piaghe
indolenzite
e lacrime
diventano diamanti.

Grazie Signore
Grazie
dell'alba punteggiata
di programmi
che mi aspetta alla sveglia.

Grazie
di avere colmato il vuoto
col tuo soffio.

Grazie
di avermi ammesso
a questo stadio
dove ciascuno
porta a compimento
il suo destino

Grazie
di avermi dato
la natura
come libro aperto,
e luce di germogli
che coprono il seccume

Grazie
di meraviglie
fino a settimo cielo
e scie fulgenti
tagliano gli spazi
e abbeverano sete
di misteri.

Grazie con la forza
della gola
grazie grazie grazie…

Una canzone araba
vibrava sulle corde
della cesura intrisa
di silenzio affollato
di calpestio di passi,
presi il filo sottile
nelle mani
e mi lasciai condurre
verso la scaturigine
seduta
sugli scalini
a fondo dell'U-Bahn
dove sostano gocce di vapore
e gli odori pressanti
del ritrovo
che non conosce il sole…
era come una sorta di profumo
che penetrava il cuore
quella voce,
scandiva sulla pelle
nello scontro
di ombre e luci
un sobbalzo di brividi,
luminose fonti
incastonate
da una folta chioma
a mala pena ardivano
il tesoro
che si celava
dietro un velo di stracci,
e frettolosi accenti
senza occhi
le passavano accanto
indisturbati.

Io l'ho visto
La fantasia del tempo
che conduce gli anni
all'acme evoluto
volta faccia,
sfoglia l'agrezza
e la conduce
giorno per giorno
all'attimo indeciso
fino a quando scompare…
io l'ho visto
superare
il cancello,
quando il dolore
che contrasse il viso
lasciò la preda,
accese una dolcezza,
gli occhi chiusi,
ed un sorriso volto
ad altri cieli.

Un'incombenza
slitta dalle mani
apre un varco di cielo
e abbraccia stelle,
scivola, perde il peso
del senso che lo incolla
in fila dietro gli altri
e li sorpassa
finché diventa primo…

l'ultimo rimasto
perde la rotta
vaga alla deriva
su ciglio della strada,
si distanzia
dall'uggiosa scansione
che rincorre
la rotta del pontile
dove aspettano il carico
i portuari
e vagola randagio…

nessuno lo soccorre
lo sbatte il vento
con la barba lunga
tra i rifiuti.

Politicanti
dove il verbo è la chiave
per aprire le porte
della stanza sconfitta
e sciorinare a vento
brandelli di dolore,
l'ombra affina i denti
degli artieri…
prominenti ed altri
si vendono al successo,
imbottigliando accenti
e fiaschi di parole
legittimano
abusi…
concerta il gusto
della porchetta
e maialini infanti
a lunghe file
che aspettano il macello…
Il podio spegne
le notizie fumanti
all'orizzonte.

Settembre
La stagione matura
acquieta l'ansia,
guarda le pendici
e gli strapiombi
che ha superato,
si ferma a contemplare
in pacifica quiete
emolumenti…
Settembre
Le fronde sazie di sole
che tra rami stilla
sostano senza vento,
sono pensose…
spande l'armonia
una carezza
che prepara il cuore
come il presentimento
di un saluto
di qualcosa che parte
a passi lenti
lascia nel cuore
un brivido di vuoto.

I vagoni
La locomotiva trascina tre vagoni:
l’abbacchio
macellato
sulla soglia
della macelleria
guarda il mondo
che gli passa davanti
col terrore infitto
negli occhi spalancati...
il mondo
che gli passa davanti
e non lo vede…
il mondo
che lo cerca
e guarda il prezzo.

Il re
In questa voluttuosa meraviglia
dove gorgheggia l’atomo pensante,
si muove un verso,
vaga a casaccio
oppure c’è qualcuno
che lo prende per mano
e lo conduce.
Cerca alloggio nei cuori,
entra dagli occhi
dall’udito
dal profumo di pori della pelle…
non guarda le tendenze
del cuore concupito,
non si accorge di brogli,
non ascolta
il senno che lo sgrida,
anzi diventa ardente,
caccia dalla dimora
legittimi inquilini
e con la prepotenza invade il regno.
Nei profondi abissali
dove l’anima cerca un appiglio,
il pensiero conduce alla sua porta,
s’inchina al suo cospetto
e lo proclama re.

Oasi di tepore
In questa regione
di confine,
sulla strada
che fila dritta
verso la frontiera,
c’è una detestata piattaforma
dove giungono a frotte
pellegrini
con inciampi
gli affanni
i malumori…
il testo più dolente
è il cuore secco
a queste altezze
per troppo freddo
e siccità di amore.
Il paesaggio é sbiadito
ma qualche foglia gialla
e un raggio d’oro
sussurrano,
l’oasi di tepore
inganna il tempo
e fa spuntare i fiori.

La pioggia
la pioggia che giunge inattesa
sparpaglia la folla,
la pioggia che piove a dirotto
conduce sotto un balcone
due sconosciuti soli
senza ombrello,
la pioggia che inventa parole
insiste
consiglia
sconsiglia
propone
la poggia la pioggia la pioggia…
conduce la coppia a un portone…
la pioggia che picchia sui vetri,
che scivola piano
un cuore disegna
due nomi…
la pioggia la pioggia di ieri
la pioggia scintilla
di raggi di sole.

Diamoci del tu
Sorpassiamo
disagi della lingua
invasata di classismo,
livelli arroga il germe
versi giovani aliena
l’uso
impone
arretra
riverenze
imbarazzi…
rimasugli di senso
che declina
degli avanzati oscuri
medievali
cancelliamo, l’uso degli accenti
esalta gli scalini
confonde i pianerottoli
allontana
il senso dolce
della confidenza.

Il sole canta
dietro nubi
rimosse a tutelare
le acrobazie di maggio,
la pioggia ride
centellinando gocce
di colori
come l’arcobaleno
dietro i raggi,
cresce a vista
l’erba loquace,
lo zappatore insiste
la insegue
con la falce
per dare spazio a grano,
ma essa è troppo
fitta
a questo clima
venduto al gioco
delle inversioni.

L’insetto illecito
Al mio paese la litoranea
prosegue afflitta di ristoranti,
che corrono impegnati a dare odori
di pesce fritto ed altro.
Dopo il deturpamento,
il profumo di mare ed il respiro
diventano sinceri,
la costiera di profusa schiuma
esala dolce sciabordio di onde,
propone scorrazzando
più fragranza di mare,
quando la sera un sentimento dolce
si affaccia,
quando il cielo
fuori dallo schiamazzo di lampioni
indossa dolce abito di stelle
ed il mare si veste come il cielo…
rintocca un desiderio
di seguire l’incanto,
ma la strada è interrotta
dall’ illiceità
che ferma i piedi al muro di una villa
in questa bella patria di venduti
di vergogna e di abusi,
perché l’insetto illecito
che succhia il sangue ovunque
partorisce i vermi
sulle mele più dolci…

Perché produci amore
Se all’amore
non hai niente da dare?
La fattezza di tuoi tratti è squisita,
la tua pelle
é docile pelliccia
di felini
che invita mie mani a carezzarti,
occhi sospesi
di sorriso inganno
colmano l’orizzonte
di nebbia
cielo
mare
ed infinito
come esca di buona qualità.

A questi tempi
negli spazi avanzati
in prima fila sono
egoismo
crudeltà
arroganza…
cade una bestia grassa,
è gioia di sciacalli…
da un qualche cielo
scoccano nubi avide di pioggia,
ma lo sporco ha impregnato le pareti
acqua scola
la macchia non si lava.

Armiamoci di missili di amore
per smontare le file dove il male
sta seminando odio,
addestra le sue vittime
a sacrifici estremi,
nutrendole di sangue
trapianta nell’animo l’orrore.
Perciò seguiamo il verso di nemici
votiamo il nostro cuore a sacrifici
per piantare negli animi
l’amore.

Per amore
fedele amico natural durante
si lasciava montare
per amore…
prestava servizi a norme incise
a misura di strame e di brusca
su tavole del testo
che impone sentimenti
galoppanti,
si presentò il fantino
con la frusta
coi tacchi e abusi ai fianchi,
il cavallo
cui era stata tolta la parola
divenne schiavo
e indossò il nitrito…
per amore.

Un altro amico caro
ha oltrepassato
il muro
sottile
come alito di tempo…
la barca lascia l’isola di scogli,
l’anima libera dal peso
prende il largo
nel mare della notte
le persone care
incontra
che ha cercato nei sogni
e s'addolcisce.

La speranza
quando sorella morte
alleggerisce un’anima dal peso
nei costernati astanti
il profondo si popola di ombre
dalle ombre lupi di fantasmi
indossano le ali
rimane aperto
il bacio dell’amore...
la mano che solleva
l’anima dal fondo
è un lumicino acceso
tra ingarbugliate rotte
del pensiero.

Taormina
Arrampicata a pittorici anfratti
la bella soleggiata
sull'eponimo monte abbraccia il canto
della baia ridente,
lungo il crinale ornato di vetrine
fanno capo
di colori fantastiche viuzze,
la chiesa dove
ho votato lontananza
angolo di promesse
che ha deliberato il mio futuro
ora consumato
rifocilla lo spazio che allaga
distanze a misura di borghi
in lontananza, lumi
sospesi alle pendici
dell’Etna
e stelle dalla cupola immensa
piovono
una pioggia di lampare,
a precipizio gli occhi
colano a picco
lungo la spirale del burrone
che scende a capo chino
tra fichidindia e mandorle,
turista balbettante mentre ascolto
il fischio di un treno che mi sgrida
col verso sottile scompare
sotto il monte
e trova il buio
nel tunnel profondo…
del cuore.

Maggio
fa sentire luce di germogli…
ma la corteccia secca
avida di tepore
che si affanna
lungo le vie del mondo,
è come un giorno secco
spolverato di sogni
che cammina,
questo rinverdire
é una festa
che non le appartiene,
cerca un ripostiglio
dove a nessuno pesa
per conservare
tutte le pietruzze
che hai raccolto,
che un qualcuno
non le butti via.

Il colombaccio
Maggio
musica l’aria di soavi accenti
tinge di verde intenso la campagna
e scrive sulle righe onde di fiori,
ciascuno inventa
una canzone d’amore,
vagano versi belli
ed è poesia
nella pagina azzurra del cielo…
ciascuno intona e loda l’altrui coro…
un colombaccio
spavaldo rubacuori
si tuffa in mezzo all’armonia di trilli
ostenta un verso stridulo
per dichiarare amore…
ruotava intorno sotto il suo balcone
dove la colombella
senza teneri lumi di pensieri
accolse l’urlo dello spasimante
tra i preferiti ardori.

Nella folta sera
Racemo zeppo
di parole dolci.
Acini ad uno ad uno
pendevano
sul sorriso degli occhi,
gongolava il cuore…
su desco apparecchiato
dall’amore
versava il cielo
gli ultimi ritocchi
con fantasie di stelle
nell’attesa
che spuntasse la luna.

Com’era bello!
Spesso affondo i pensieri nell’infanzia
e incontro quei momenti
dove ho scavato i primi sentimenti,
ho appreso i primi versi,
quando la spuma l'orme sulla sabbia
giocando cancellava sotto i piedi...
com’era bello!
Com'era bello un dì quel paesello
cca sicca, i petri niuri, u scopp'ill’acqua
ccu la marina china di bastasi
e menzulitru banniava i pisci
frischi du nostru mari:
"mpiattu i masculini centu liri.
Da allora mezzo secolo è passato
Oggi Giardini-Naxos si staglia
tra massi rabberciati
mentr’io mi dolgo inerme in altri lidi
col peso dei ricordi dietro gli anni.

Pasqua di resurrezione
Buona Pasqua
cari amici
che cantate pace amore
a questi tempi quando pace amore
sono solo parole….

Buona Pasqua
penetra una luce
in questo spesso strato di alterigia
su sostrato impregnato di torpore
e le diffuse sonnolenze attive
del popolo sovrano che intravede
la nube che sovrasta,
e cammina sul fango della via…

Buona Pasqua
risorge l’orizzonte
dà segnali di luce e di colori,
l’alba si leva
subito gli uccelli
danno cori di festa,
dalla nuda terra
sono risorti i fiori
il verde copre i campi
s’infiorano le spoglie
risorgono le foglie…

Buona Pasqua
Gesù Cristo è risorto
suonano festose le campane,
ma in questo campo arido
di lutti
scandiscono rintocchi senza cuore.

Un bel giorno o di sole
Dalle pallide luci sfocate
si diffonde un colore innocente
di profumi di rosa e d’arancio
l’orizzonte e l’aurora abbracciati
partoriscono il sole bambino
già compare la sua testa bionda
d’improvviso, si popola il mare
di carole di gemme
il cielo si scioglie commosso
alla tenera vista
nei colori più dolci
prende in braccio il neonato
lo solleva dai placidi flutti
dove corrono tinte di cori,
l’alba incerta scompare
ed esplode
un bel giorno di sole.

Noi siamo
Un volto s’affaccia e scompare
rimane l’essenza
del muto prodigio
che sale dal fondo.
Noi siamo polpa foggiata
dal sermone di ataviche voci
dei nostri sepolti misteri…
passano gabbiani
di pensieri
sull’onde intense,
avidi di preda…
Noi siamo un insetto
impigliato
tra maglie di oscure appetenze,
noi siamo un binocolo acceso
che rincorre parole alla deriva
con la bocca piena di acqua,
siamo un bambino
con le mani cieche
che tasta nell’armadio
in cerca del barattolo di miele,
siamo un picchio perenne
che picchia
dietro i vetri appannati
che chiudono la vista
all’altra stanza.

Il sole
chiude gli occhi un momento
e il cielo piove,
la galaverna rompe i messiticci,
lo stelo nudo piange,
una farfalla
vestita da regina
trova il merlo vorace
e perde il sogno
del suo primo fiore,
sulla strada fiorita
chiude il verso
il gemito di un topo agonizzante
infitto sulla soglia della tana
dallo spiedo innocente di bambini
con gli occhi grandi
e il cuore già assassino.

Così si vive a questa età
Sembra bonaccia intorno
ma i cieli trascorsi
non hanno smesso di gocciolare,
i sospiri cascano a dirotto,
nel botro colmo
si radunano l'acque della pioggia
portano il peso delle foglie ingiallite.
Le screpolature del cuscino girano
sulle dentellature di ricordi,
scricchiola note stanche il mio mulino
con le pale rivolte contro il vento
che soffia da ponente
dentro questo presente imprigionato
come un silenzio
che non esplode.
Più non ardisce luccicar di rose
come il tesoro della primavera,
vezzi forbiti, sguardi, fiori, trilli
tentano ancora,
ma gli occhi del giorno
spingono verso il fondo
gli avanzi infradiciati dalla pioggia.
Il ritmo dell'orologio
scandisce come passi nella nebbia
le anafore del tempo,
la scolta disattenta si scioglie
nella liquescenza di oasi riflesse
lungo l’itinerario del passato
a raccogliere gemme di ricordi…
così si vive a questa età di affanni!

Con la catena ferma
Stretto dalla nebbia
come un raggio
chiuso nel cerchio
imbocco l'orizzonte
che conosco
e riconduco il cuore
dove fui tentato dalla vita
per una riga dolce
di memorie…
questo rammentare
penetra l’onda
di un qualche episodio,
procedo zoppicante
lungo l’itinerario
coi propositi
di mutare gli articoli
riesumando i morti
dalla pendice
dove posso volare
con lo sguardo
senza precipitare.

La raccolta differenziata
La tavola
é imbandita
piatti colmi
di fame
da una parte
d’ingordigia dall’altra
abbicati
all’intrigo globale
che sovrasta,
e la pietà
che insiste
amalgama i peccati
per la raccolta
differenziata
con mestolo
di buona qualità.

L’idra
Una festuca
mossa dal vento
ripeteva il verso della fratta
seminata di spine,
la foia annoverata
nelle vicende scurrili del campo
dove scorrazza il cerbero,
infusa dal lapillo
prende piede
rifiorisce la siepe
d’alberi vecchi, e fiori
della prorompente primavera…
nel voluttuoso ingorgo
un megafono scrolla
gli aridi silenzi,
condanna l’idra
al taglio
delle sue 9 teste,
ma essa non si arrende,
corrompe le azioni
geminando una testa
ad ogni intoppo…
perciò rimane immune
dalla legge
almeno fino a quando
Ercole non rinnovi
la fatica.

Primavera
Il sole giunge al punto
incrocia l’equatore
si ferma e osserva
il suo pianeta terra
da vicino,
scioglie le nevi,
forte di luce ride
ai monti, appretta
immortale candore
delle cime.
Un rivolo gorgheggia
tra le balze
sogna diventare
un grande fiume…
nella dacia solare
appesa all’urlo
del gheppio in equilibrio
che scandaglia
la valle in cerca...
un raggio
infiamma
il vetro
prende posto,
nella bacheca,
gioca
a gocce di stelle
con l’armilla.

La supremazia
l'alba si sveglia
mentre aspetto l'ora,
dalla finestra aperta
primavera
addensa di gorgheggi
l'isola del mio letto
zampillanti
da un'ugola all'altra,
spandono messaggi
moltiplicati fino in lontananza.
In mezzo all'arcipelago
le rive
si guardano negli occhi
coi dissensi
di correnti contrarie…
scaturiranno le supremazie.

Certi sapori dolci
Il buio della notte
partorisce ombre,
culla di silenzi l’orizzonte.
Dalle pagine vecchie
d’altri tempi
certi sapori dolci
celati tra frantumi
di uno specchio
affiorano
ridenti
arrampicati
alle vetuste zolle…
l’onda evade
dall’isocronismo dei tamburi
straripa nei campi
sulle corsie fiorite…
primavera
come nebbia si aggira
pellegrina
tra pagine sbiadite
cantando
con la valigia
dell’odore antico
aspetta il treno.

Una piovra
lascia lo scoglio
fiuta
un qualche punto cardinale,
le ventose alle dita
allungate
nelle mani versatili
dirige in concerto
di zimbello…
semina intrighi
liscia
i sogni
con l’arma
diplomatica
loquace
carezza
abbraccia
coi tentacoli pronti
fino al collo…
si muove
cerca un posto
sull’altare
dove zampilla il flusso
d’oro nero.

Affacciato
alla finestra
degli anni
conto i versi antichi
che guardano
dall’alto
il panorama
abbarbicati a spoglie
di avventure…
si stacca
un pizzo acclive
di sapore antico
che contiene
pezzi di cuore,
si perde
contro la realtà
nuda dei sassi,
rotola sulla china
e si frantuma.

Per amore
I raggi bambini
che accendono il cielo
hanno investito
per capriccio o per sbaglio
il sole vissuto
che accende
prima di scomparire
raggi d’oro,
l’onda che schiude gli occhi
e scopre il mondo
s’innamora
dell’inganno dorato,
torna indietro
cinge coi raggi di seta
i rami del tronco
ronchioso
che preso dall’estasi
ferma la corsa
intrigante,
trattiene
i colori vivaci
con un laccio
fabbricato
nell’officina dei sogni.

17 marzo
A questi tempi dove altrove
si ripetono i versi che hanno scritto
col sangue i nostri padri…
A questi tempi del batterio invisibile
come l’opportunismo
miope
contagioso
che scorrazza loquace
e non s’impiglia
nelle effigi cariche di nomi
che trasudano sangue,
non affoga nelle acque del Po,
si stende anche a quelle sacre sponde
dove mormora il Piave…
A questi tempi
si festeggia l’onda
come una fiducia
amalgamata dalle spoglie
della naturale consonanza
e dal talento amico che scorrazza
e fissa al nostro occhiello
mille fiori.

Mentre ascolto il discorso
del sole che cresce
sperequando raggi e l'ombre
stando dietro grovigli di parole
vedo dagli spiragli le locuste
sulla fetta di mondo devastata
che estraggono ancora dettagli
dai rami minuti.
Scavalca
dighe
insiste
l’onda
irrompe
nei corridoi stretti…
risalta la figura
un bambino patito
come gli altri
bambini accanto a lui,
le ossa coperte di velo,
e gli occhi
come un cielo di ombre
dove ogni segno è morto
di pianto e di sorriso
gridano…
l'urlo penetra i passeggeri,
ma non li sente il cocchiere
coi cavalli lanciati
nel delirio della corsa.

Preserviamo i bambini dall’ AIDS
Fioriture a corimbo,
profumo che l’occhio raccoglie
a patto che salpi il mattino
un’esca sulla bocca del futuro.
Scocca l’attimo a picco
ed è subito il sole a meridiano
che assorbe creanza di guglie
e monitor accesi maturando
frutti adolescenti nella serra.
Proprio sui palchi di scuola
l’anima affronta l’impatto,
coprono nubi di tralci
i raggi che corrono inquieti
seminando spiragli
in oasi fresche di cuna
(mi commuovono
occhi trasparenti di bambini)
L’ufficio che regala all’incertezza
il preservativo
non soccorre,
ma ruba a fiori belli la stagione.

Ecumene stravolto
dai versi del tsunami
conta torme di vittime…
la grande madre
che tiene il potere
di equilibrare
ha perso il controllo,
ancora un’altra volta
i suoi figli abbandona
nelle calamità…
I titani rabbiosi
chiusi nelle voragini
scuotono le pareti
di questo nostro guscio.
L’onda anomala rompe
sulla costa
muove come festuche
i casamenti.

Un camaleonte
voltagabbana
sauro
legittimo
prosapia
antica
divorava
anche la propria pelle
che mutava,
attagliando
colore di partito
a mutamenti…
esperto in lingua
metteva contro prole
politica di lanci
e ritirava
sapide poltiglie
inoltrando a scrocco
nella guizza
prede di troppo
senza differenza
di bandiere.

Alba in riva al mare
Lucere di puntini
cola a fiocchi
sulla placida duna,
dalla volta
di gemme
tacita respira
con il fiato di zefiro
Ecate l’oscura,
su ciglio
palpeggia il mar
la riva
con l’onda
voluttuosa,
poi
l’orizzonte
si tinge
assale
infiamma
l’immensità
serena
ancora avanti compare il sole.

Il sole
si versa a buglioli
di oro colato sull'erba
e musicanti
indossano uniformi,
primavera
rimanda a questa stanza
di mobili vecchi
cabalette mielate
d’altri tempi
col gheppio che salpava
dal torrione della conocchia
ad annusare il campo
e prillare di rane nello stagno…
imboccando il forziere
con la gruccia
mi spoglio della buccia
prendo il volo
su sentieri vecchi,
mentre corro
un bambino incontro
che mi guarda
con aria esterrefatta
come fossi un estraneo,
si spaventa
dell’io presente
e piange.

La ginestra
La ginestra che corre
sui tappeti aspri
delle sciare
parla
con voce ammaliante di sirena
agli sperduti calli
dove passa il respiro
di un qualche andante
che ha lasciato
nel reliquario
briciole di cuore…

un cielo di vertigini
si staglia
carezzando luci
di memorie selvatiche
che vanno a questo muro
di pietre
diroccato di sconfitte.

Il divorzio
Ho percorso tutte le strade
con la testa cinta di spine,
ho dissodato la terra brulla
impiantando semi speciali
per la festa della raccolta…

ma la pioggia
ha creato un fiume,
la scure che ha spaccato il ponte
è rimasta intrisa di sangue,
perciò il cavallo di razza
che avevi scelto
si è svegliato selvaggio
disarcionandoti sulla pista
non appena gli hai comunicato
il tuo ruolo di fantino,

così hai inoltrato il caso
alla corte d’appello
chiedendo al giudice di esaudire
lo straripamento del fiume
e minacciandolo di toccargli il costato
se non entra nella camera a gas.

Un impero di soprusi
sta crollando,
sogni
voltano verso l’alba,
guardano
sotto zolle di sdegno
l’onda che si scioglie
dal patrio opportunismo
dei predoni.
Le gocce di grano
sono forti di cielo,
domani forse fiori
nasceranno
sull’orma di radici
profumo amalgamando
sulle sponde.
Ora nel silenzio della sera
mentre il sangue
scorre nelle strade,
stelle si radunano nel cielo
dove rapaci
lasciano il potere,
si sente più forte l’incontro
di sguardi abbracciati,
e l’urlo pacato dei morti
diventa un vento
forte
come un canto
che scuote l’indolenza.

Onorevole
Il suono della parola
che marcia ammanettata
su lessico bagnato
di congerie ed altro
sospinge
nomignolo largito
alla rinfusa
a candidati adepti
alle trame
eletti dal suffragio.
Medievali nobili incalliti
sono quasi spariti,
sostano incagliati
in mezzo ai denti
come pezzetti putridi
di carne,
ma il nomignolo attivo,
in questa patria
che nasconde il fango
dietro lo scudo
di sepolti allori
e si scioglie
sotto i baffi e il sorriso
non tracolla,
redige gli odori
che invadono il campo
con l’inchiostro indelebile
e la firma.

Ho visto il male
Scorrazza il male in questa meraviglia
dove gira il senso dell’amore.
I denti forti azzannano la preda
stando seduti sulla sedia eletta
e manovali scialbi a recitare
la parte di leoni. Ho visto il male
all’orizzonte chiuso dalla nebbia,
versava amara esule speranza
e poi sedotta offesa seviziata
cancellata dai sogni di ragazza…
da uno spiraglio aperto clandestino
colpivano i gendarmi con la frusta
una donna piegata senza volto….
nell’ago che ha infilzato una farfalla…
negli occhi di bambini
tesi alla gioia a lapidare un gatto…
Nell’oasi arredata dai proventi
del discorso antico alla penombra
il lupo attacca i greggi e nei rifugi
s’accende il verso della ragnatela.

Perdono
Sulla strada dell’ultimo tratto
dove bazzica
la signora nera della falce
l’inglobamento
nella stessa trama
di una farfalla imbalsamata,
un occhio
sulle piaghe di un cane
moribondo,
ed altro
perquisiscono
la custodia di muri
dove dorme
il peso di cassetti,
rovistando,
un'onda sulla riva
ai piedi del presente
si trascina
senza potere chiedere perdono.

Il canto delle sirene
Un chicco
scartato dal vaglio
troppo vecchio
per seguire il coro
coi piedi già presi dal velo
alza un lembo
guarda dall’altura
il flusso delle auto
che avanza, corre, insegue
che sorpassa…

il faro elevato sul poggio
che vede più avanti
il posto di blocco
lampeggia
per frenare la corsa
degli automobilisti
ma loro non percepiscono
il segnale
perché sono attratti
dal canto delle sirene.

La strada dell’odio
Nel fondo del giorno più basso
culmina il polo opposto
dell’amore…
l’impatto delle torri gemelle
attesta la presenza
di un demone
che regge sulle spalle
vili specialisti di parole,
nei ritagli fra colpe e coltelli
fratelli sfogliando le mani
hanno aperto una strada asfaltata
dell'odio:
chilometri di orrori,
chilometri di pianto…
la zolla stringe i denti
dall’ombrofilo trebbio trapassata,
esplode il parto,
spazza gli argini urlando,
percorre la strada dell’odio
fino a perdita d'occhio.

Gli occhi del pensiero
Il volo si ferisce le ali
fissando le impronte
che non copre
la tempesta di sabbia di silenzi,
il sole decurtato
nicchia
immerso nei viluppi ciechi...
dallo strato pellucido traspare
l'eco incontenibile dell'ombre:
di Auschwitz eccetera,
delle crudeli croci dei romani,
delle inquisizioni
della chiesa cattolica macchiata...
inviluppata dalla vacua veste
introrsa efferatezza si rivolta
il nappo delle scorie
sorseggiando…
rintoccano i riflessi accarezzati
nella bestia umana
che non cambia.

Dove il tempo
non matura perdono
e la vergogna punge
con i rintocchi acuminati
non tace l'onda
delle radici abbarbicate all'ombre,
depista l'eco
gli occhi dalle righe,
si rimuove la ruota trascinando
la connivenza delle curvature,
cigola la catena nel pozzetto
dell'ancora rimasta appennellata
al freno che trimpella
più non strozza
dove la materia del sostrato
cova sotto il trapianto,
stando al posto assegnato
dall'eteronomia che prende l'uso.

Candele serene
Vedere il buio che sfoglia
a misura di cielo rintocchi
come la raccolta
alla penombra
non scalfisce il senso
della cima
e nottetempo stelle
nell'infinito mare
di vagiti e germogli.
Ora il tempo è scaduto,
le mandrie sospese
hanno mammelle secche
e la fascia di chiodi
che stringe
i fianchi del tempo
accende candele serene.

Ha fatto un’altra vittima
la belva invisibile
resistente al’attacco delle cure
che morde,
prende ogni giorno
un palpito di vita,
la propria persistenza
mostra all’essere caduco
spavaldo
che retrocede invalido
e commisera
le armi imbelli e teme
la sorella pietosa
vista come funesta predatrice…
ma benevola madre,
dimentica le offese
chiude gli occhi al dolore
rende un sorriso agli occhi
liberati
dal pesante fardello
che fa male.

Fruscio
Quando la testa e il cuore non sono
posizionati alla giusta distanza
il verso che spalma la pelle di
miele e incolla i gatti, dipende dal
barattolo e dal tono della luna.
Qualcuno che pensa di aver visto
il passaggio della cometa, scivola
su lame di coltelli per catturare il
diamante perché il mulo che ha
deciso di non camminare ha
mantenuto la promessa, il volo
che viaggia col passaporto falso
non apre il coperchio per guardare
la verità fumante, non sente nemmeno
il peso di sassi sugli occhi perché
ha perso lo specchio…
vuole avere il diamante ad ogni
costo ma non essendo ladro
diventa un cavallo magro
carico di pietre e di frustate.

I minuti
posati sulla sveglia
frustano il buio
col silenzio di passi pesanti,
il sole, entrando negli occhi
inizia a parlare ai presenti,
distrae il tempo
che si lascia sorpassare
dall'abitudine di ripetere
le stesse cose
con l'appuntamento solito
all'ora dei pasti.
I disertori con la barba lunga e
sputando parole contro i piatti
vanno a dormire sotto i portici
oppure sui sedili del parco,
guardano con gli occhi lavati
dal bagno di un giorno
le porte che si chiudono
una dietro l'altra.

La vendetta
Ulisse seguì la rotta
della terra promessa,
lungo il cammino
incrociò l'isola delle sirene
sentì il canto
e diede fondo
in mare aperto
dove non tocca l'ancora…
i chiodi del felino
uscirono dai buchi
e la strada
si spalmò di colla
fino a che il sorriso del fuoco
divenne mucchio di cenere…
si strappò dalla colla
fece ritorno in patria
dove divenne eroe,
ma trovò Penelope infedele
che lo aveva tradito
coi Proci
e seguì la notte
travestito di stracci
coi piedi feriti
perciò si tolse le scarpe
uccise i Proci
e vendicò l’onore.

Il pescespada
la baia si apparecchia
di lidi
ombrelloni
sedie a sdraio…
i villeggianti
coprono la sabbia,
è l’ora!
il pescespada
slanciato
forbito
casanova…
il fiuto lo conduce
e l’aria dolce
profuma
tra l’onde…
e nei ritrovi
prilla
strabiliando
le aguglie
e le sardelle.

Il caos
Nella città ferita
è scoppiato il caos,
l’orda sfibrata
ribalta
da lungo stiramento
si staglia a misura di sassi…
ombre giganti feriscono
con l’arma
che sgrida le promesse
demandando
alla parte serrata
l’altra chiave
si versano istinti rappresi
si sveglia la jungla
senza guinzaglio di leggi
e greggi feriti, ma belve
possono vivere senza codici…
quelle scappate dallo zoo
guardano ammutolite
dai cantoni
la torba degli umani
senza legge.

La spazzatura
L’alba si sveglia all’orizzonte,
vede il cielo terso,
apre le tendine
sulla città del sole
del mare
di musica ed amore
dove canzoni possono sognare
e scopre
tra i quattro reggenti una signora
che si prende il potere,
forte di puzza vince
e spande la sua prole
in ogni dove…
Passano grumi di parole
sulla tavolozza del presente,
il condottiero
con le forze armate
l’attacca e la respinge fuori
dall’anno nuovo
ma la signora ardita
lo oltrepassa,
ha l’arma del fetore
e la vittoria in pugno…
invade il centro
e regna nella piazza.

Umano disumano
Sui fogli di carta del tempo
lo specchio
che guarda gli occhi chiusi
conduce ad innestare
sui peduncoli fissi l'altro capo.
Il pensamento nasce
dal silenzio spaccato di un suino
pulito, appeso al crocco
che mi guarda conciato per la festa
del nuovo anno
da ghiribizzi acuti e nastri rossi.
Quest'annunzio scioglie la fantasia
versando il contenuto
sul desco apparecchiato…
umano
disumano
abbottonato al silenzio di un grido
mandibola assetata di corone
e fumo che gorgoglia nella griglia.

In questa scuola
l’ardesia seminata di schizzi
travisando il vento che pubblica
profumo ai fiori s’accosta
ai banchi col rollio presente
di bisbigli, navigando sull’onda
senza nave di questo mare nuovo
che spegne lumi
ed entra coi barbagli
dalle finestre aperte sugli albori.
Rette oblique di guardia
scarabocchiano fogli di carta
passando come torma
che seminando polvere calpesta
i campi aperti di germogli
e teneri zampilli gocciolano
con gli occhi fino ai capelli
tra gli intonachi chiusi,
abbracciano lancette più lente
e vivono nebbia che mangia
il box pieno di vita.

Giuseppe e Maria
necessitano un posto per la notte,
sono stanchi, avviliti, intirizziti
in questo freddo intenso di Natale.
Maria è incinta ha i segni del dolore,
Giuseppe la consola,
chiede a tutte le porte delle case
la carità di un posto per dormire…
la gente é indaffarata a preparare
i dolci di Natale non ha tempo,
chiude la porta in faccia ai mendicanti…
cala la notte, la città è deserta,
s’ode nell’aria il soffio di camini
e fumi della notte di Natale…
cade la neve a fiocchi di dolore
Maria ha forti doglie, si rifugia
in un sottopassaggio…
la mezza notte santa al freddo e al gelo
nacque il bambinello, non si accese
una stella cometa,
non vennero i re magi da lontano,
fu un passante per caso l’indomani
trovò Maria Giuseppe e un bambino
morti dal freddo…

Così Gesù bambino a questi tempi
morì assiderato dall’algore
che vige dentro il cuore della gente,
ancora prima d’esser crocifisso.

Natale nel cuore
Un candido velo sospeso
di falde leggere
che avvolgono lente
la pace del cuore
è Natale,
indossa il paese una veste
che copre il rancore
dei giorni passati.
La neve che cala
avvolge di mistico velo
i pensieri.
Si muove una gioia leggera,
i bimbi la neve imbacucca
col rosso del viso che dona
tra gli occhi e il sorriso
abbracciano il morbido gelo.
La gioia di alberi morti
che vivono canti di luci
e pace negli occhi
ciascuno colora
coi pacchi di doni.
Natale… che amore nell’aria!
È un bacio, un abbraccio un regalo.
Si affida la voce all’idillio
che allevia i chilometri e porta
al vecchio parente lontano
la voce e il pensiero,
l’amico sospeso nel tempo
invita a cercare…
Che bello Natale!
Che placido amore
Natale nel cuore.

Natale é
Natale è un pensiero.
Natale è una candela.
Non consumare
una gran fiamma accesa
sul singolo parente
o sull’amico.
Così non è Natale!
Pensa i bambini poveri
del mondo.
Dividi la tua fiamma
in candeline.

Vitellino di latte
Si addensano nuvole
su queste opache sponde
di Natale,
vagella
la dea dell'abbondanza,
strimpella
il mangiatore eletto
al suono della musica
che suona
l'inno dell'edonismo
che stramazza
sulla gioia vorace…
(vitellino di latte a prezzo pio)
ricusando diritti alla natura...
le fabbriche di carne
arrampicate all'acme
di scorticati lumi
scuciono la bocca
del silenzio.

Per Natale
Dolce di luna
placido candore
bisbiglio di luci
ghiaccio
algore
candidi alamari
tutti protesi
a elargire doni,
apologeta tenera
la neve
copre
accarezza
con le mani fredde
la coscienza del mondo
ed i cespugli
con le spine nel cuore
per Natale

Luce moderna
Pensieri carpiti da trappole
mimetizzate
si rannicchiano all'angolo appartato
dove il cuore conta i rintocchi
senza progredire.
Domando allo sportello dell'attesa,
la raccolta dai labirinti delle volte
colme nei campi coltivati cola:
il sentimento tenero aggredito
dalla voce sabbiosa del deserto
ricorre alla provetta,
partorisce la pelle della neve,
il metabolismo azzarda tracce,
l'eco di Tschernobyl rimbomba,
mucche, maiali, pecore…
allo sfascio.
Infissi chiodi all'alba sanguinante
bagnano di brividi la schiena,
dietro gli emolumenti
appare il giorno
dai filtri delle nubi
sullo sfondo di abbagli senza lumi.

Il computer
Le ore zoppicanti
Posate sopra un tavolo randagio
Forano gli occhi alle pareti,
guardano il computer
che profonde luce moderna
saltando a balzi sul tempo,
non più come un miracolo,
come un’abitudine, ormai
la scienza ha preso il sopravvento
sulla fantasia,
gli incubi stanno invece dei sogni,
allatta l’internet
frotte fumanti nei vivai,
lo schermo imbarca
sensazioni alla rifusa
nelle stive vuote dei bambini.

Uomo
nano gigante mozzo di parole…
chiuggata zolla fresca
l’alberello
vivo impiantato la dimora fissa
vagabondo clamore che si spande
sballottato dall’onda
schiocca la frusta
macina dirozza sabbia di monti
cuore di deserto…
digrumare cucire ricucire
filo infilato nella cruna del tempo
punto dopo punto
sfidando il centro rotola l’istinto
verso traguardi scurrili
nel cerchio stretto
corre come un pazzo.

In questo clima
di comignoli arguti di guardia
il veicolo lento non ha scampo,
Il giorno che è distratto
e l'urlo intatto
coprono la marina,
l'arfasatto
congegna i pensieri impettiti
dove può prevalere:
nei desolati anfratti,
disarmate rovine,
foglie secche
cui la pioggia ha tolto anche le ali.
Tirano l'ingranaggio
i denti della ruota compassata,
intersecante geometria del centro
dove sfugge la luce
agli occhi intenti
a decifrare l’anima dell’ombre…
ed acqua marina soltanto
offende la sete
guardando con gli occhi sale.

Avvento
Rami nudi, vestiti
di scintillanti luci nella neve
fanno sentire un brivido di amore.
Finestre dietro i vetri
iniziano a adottare
stelle comete e luci intermittenti,
si respira odore di Natale.
La folla è pronta sulla dirittura
non aspetta il segnale è già partita
punta dritta al traguardo commerciale
che attira con la voce di sirena…
Nelle case si voltano i pensieri:
sempre più forti sono le pretese
degli incontentabili bambini,
sempre più forte chiamano i doveri
per non sfigurare tra i parenti,
il nervosismo incalza contro il tempo
che insegue la cometa e non da tregua…
Finalmente suona il grande giorno.
Canzoni di Natale
parlano di un bambino di una stalla
di povertà e d’amore…
c’è dell’altro
sempre più forti le delusioni
degli scontenti per gli scarsi doni
a contestare il fine
di queste sante luci di Natale.
Muoiono di vergogna le candele.

Uno sguardo umile
inginocchiato
sulla sponda
guardava
l'altra sponda,
sembrava
strappasse
profondo
brandelli di cuore,
l'eco inquieto
dell'io pietoso assente
rannicchiato
dietro muraglie sordi
non tendeva la mano...
pensava che il dolore
fosse soltanto
solfa da cantare.

Il pescecane
Un pescecane
malato di bulimia
tange i punti del cerchio
esercitando
la bilancia al peso,
arremba repente inatteso
ghermisce,
s’oscura tra i pesci
dove vige
la legge dell’omertà
perché non hanno la parola,
il disegno composto di polpa
senza muscoli
lo invita a mangiare,
i pescatori
hanno paura di andare a pescare
perché non sono gladiatori.

L’aiuto umanitario
L’aurora
abbarbicata al cielo
scioglie un canto,
avvolge il dì nascosto
fino a nascente sole
il cui pensiero
mette in non cale valli
ed abbevera i monti,
non cassa gli stermini
e voci oblique
che hanno fecondato le radici
dell’angaria dei giorni,
ma continua
ad insultare le finestre spente…
piove pioggia di sassi
dai colli sazi,
segue l'aiuto
degli stessi colli.

Il tirannosauro
Altroché specie estinta!
fosse tornare a cavernosi siti…
Almeno tutti nudi!
Oggi tirannosauri vestiti
sono la specie antica
più distinta.

Tempo di caccia
Oggi la caccia è aperta
si spande l’allegria,
l’un cacciator cinguetta
con l’altro nella via.

Ciascuno novellando
racconta le sue gesta
tracannando il bicchiere,
sembra un giorno di festa.

Scodinzolano sparsi
nei campi sciolti i cani
ed annusano l’aria
di lepri e di fagiani…

Ecco si alza un volo,
gli spara il cacciatore
e non nasconde l’ansia
celata dentro il cuore.

Ecco è preso! Sobbalza
l’uccello, perde quota
e cade dibattendo
l’ali nell’aria vuota…

Tra bicchieri di vino
si chiude la partita,
si sfoggiano i trofei…
poi la festa è finita.

L'asfalto giovane
Dura ancora il verso
della carreggiata
dove un attimo
ha chiuso
l' incedere gioioso…
i segni delle ruote sull’asfalto
frantumi ancora vivi
di sangue incollato,
il grido degli occhi
che guardano atterriti
l'abisso del cielo
profondamente azzurro
trascorrono la pagina aperta,
gridano col silenzio
che non si scioglie
in acqua di parole
a spettatori attenti
sulle strade.

O tu!
O tu perché ti struggi
soffochi nel tuo io,
o tu perché non dai
a me quello ch’è mio?

Allineate erette
dal tuo computer stato
si seguono le righe
del programma tracciato.

Nell'orizzonte chiuso
sguazzi l’adattamento
del mondo che ti avvolge,
vivi senza momento.

Vaga di lodi e plausi
sei, aneli di riguardi,
mostrarti la più brava
son tutti, i tuoi traguardi.

Sempre pensosa e affranta,
sempre dolente e stanca,
trascini la tua vita
verso la testa bianca...

nell’affannoso andare
dell’ora che ti aspetta
scorgi nelle mie mani
il tempo senza fretta

e scrolli il viso attento,
mi dici tu non vali,
non hai la fronte alta
e non porti gli occhiali.

Col tono stanco
chino all'orizzonte
nei labirinti delle notti
affondo,
lo sguardo
dalla mansarda
piove più lontano,
vaga apparecchiare
la tavola del cuore,
splendono i commensali
nel buio del presente...
mi ferisco gli occhi
accarezzando.

Sospeso nella bruma
che partorisce dagli asfalti freddi,
prendo a passi lenti il panorama,
l'alba sorprende
passeggeri spediti senza tempo
giornali accartocciati nelle mani,
qualche balcone sveglio,
l'abbaio che dilaga nei carruggi,
allineate lune
su frappe delle tane
di buon mattino a giro di lavoro,
sbadiglia il mercatino,
una traversa guarda l’altra strada
macchinando il trasloco a primo intoppo
come un discorso chiuso dietro grate…
S'alza su greto in rapidi risvolti
il sole e inventa ninfee nello stagno,
attraversa il deserto sullo sfondo
dell’ape producente
con facoltà di pungere,
malvisto fuco innocuo
senza diritto a vivere,
come indirizzo a spettatori attenti
sulle strade.

Gli esclusi
Miti, saggi, immiti,
appariscenti,
salubri,
letali…
curano l’ingranaggio della scena
seguendo alla lettera
le istruzioni del regista.
Nella miscela eletta
il badilante
svolge la fatica
e si addormenta,
il pensatore naviga ad oltranza,
il torrente in piena allaga i campi
contro il masso inconcusso
aggrotta il ciglio,
ma lo lascia passare…
e ci sono gli esclusi:
l’esercito di fotografi
più o meno bravi
che scattano primi piani,
e impugnano il destino…
queste pieghe ribelli
soffrono loro e danno più lavoro.

Il marginato
città sommerse espugna,
è punto di partenza
che congiunge
questo andirivieni
contro il tempo,
é bue
contro carico di pietre…
eppure il marginato
alla stagione della fioritura
ha l’effetto assegnato
che si acquista
soltanto
facendo la spesa.
Il morso che morde
nella discoteca dei sapori
è legittimo spazio
che duole
come la mela matura
che non si deve mangiare.

Sui leoni
Nella jungla dove vegeta
la costituzione degli artigli
il capo branco
occupa la scena
e caccia gli altri maschi…
la luna scalda il ventre
della femmina.
Il re e la regina si vestono di tortore
ed entrano nel letto di rose
dove gli elettroni impazziti
compiono il disegno.
L’evento insorge
e carica la madre
di nuovi impegni…
l’altro lato
diventa salato
e taglia col sangue
le copie minute…
ricarica la stampa
il maschio dominante
che ha preso alla lettera
le istruzioni della natura,
vince il premio
e stampa altri dettagli…

La tua voce
Silenziosa e infinita o Signore,
vaga intorno, va dalla tua Croce,
trepidante va, piena d’ardore,
trema e supplica va la tua voce.

Silenziosa e infinita o Signore,
ti presenti pietoso ed afflitto
sanguinante di spine e dolore,
tu immenso al mio cuor derelitto.

Silenziosa e infinita o Signore,
la tua voce va con la coscienza,
con la pena va, dentro il cuore
va, coi gemiti e la sofferenza.

Silenziosa e infinita o Signore,
la tua voce va con l’aria pura,
coi germogli va, coi prati in fiore
va, coi palpiti della natura.

Silenziosa e infinita o Signore,
la tua voce va con le stelle,
va col sole, va con l’amore,
la tua voce ha le note più belle.

Silenziosa e infinita o Signore,
con i vagiti va del neonato
con la vita che nasce e che muore
la tua voce. Sii sempre lodato.

Il lupo e l’agnello
Il lupo a monte sull'acqua
avvista l’agnello che beve,
ma vuole trovare un agnello
che muore perché è morto,
perciò risuona l’eco
della sentenza…
colma la misura
dividendo in brandelli
il fazzoletto bianco
perché è bianco.

Casso sterrare
Sulla faccia tonda
cavalca
scavalca
l'allotropo complesso
di fiori
spine
serpi
di parole.
imprime al cielo
il senso del proprio essere.
Il sole
come colino intento a travasare
scogli badiali
a velo di frantumi
ostenta l’apparenza
mentre cala
nel buio della notte…
il tempo
come una ruspa
che lavora sempre
spinge le faci accese
contro l'ombre.

Papà
Gli occhi sono spenti,
giace senza nuvole il volto,
senza le noti gravi dell’affanno,
ringiovanito.
Dall’assopimento comatoso
le labbra mormoranti Ave Maria
sono risorte
come un sorriso libero dal peso…
Vuoto intenso,
gelido affiorare di ricordi
papà …papà…
sussurrare pacato con la morte
che è compagna della vita e parte
come sono il silenzio e il dolore.

Sull'orlo della faglia
ravvolgo i passi
tacitando cori
profusi d'ombre,
lo specchio del cuscino
accende un canto
che suona sottovoce
a cui mi appiglio
e un silenzio che grida
con il patema fitto alle narici
come tronco ronchioso
che trimpella
al giansenismo crudo della scure,
nella chiotta sera
strascica sulle rughe la corrente
il nido impolverato di un bambino
che non conosco
(un qualcuno ha preso il mio posto)
lo vedo allontanarsi navigando
a misura di vento che solleva
pacciame di memorie,
seguo il corso all'ovile
e mi ritrovo
con la campanella
legata dal pastore intorno al collo.

Questa è l’età
dove l’amore muto
parla forte
ma nessuno lo sente
si affaccia indeciso
guarda a cospetto della soglia
la moltitudine che avanza
e si condanna escluso,
gli basta
un alito di ardire
per sognare
fino a stelle cadenti
nelle notti di agosto
fino all’alba
quando le stelle muoiono
e pensieri
precipitano aguzzi sulla carne
di sogni agonizzanti…

Coi piedi scalzi
ritorno a balbettare
ingorghi
sulla carta del tempo:
riesumare cenere avvizzita
incolonnare spoglie di passato
su questo rettilineo
che ha lasciato
anche l’ultima curva
ed intravede
le luci della città sommersa
in fondo al mare
e fazzoletti bianchi
sulla riva.

La mela bacata
la mela la mela la mela
l'insetto che punge la mela

la mela la mela la verde
e l'anima dolce si perde

matura matura matura
il sole che dura
rigogli di vermi

la mela la mela la mela
e l'albero alleva
la mela bacata
del morso di Eva.

Pioggia
dirotta
incalza
mota sazia
sete
sodaglia
impetra
avara
schiva,
sole
deserti
aduste
zolle
calca.
Stelle
splendono solo nelle notti belle.

Il canto antesignano
Dove a bacìo dell'angiporto
stagna l'acqua di rigagnoli
vedo dislocate increspature,
gocciola dai sostrati un filamento,
lacera il cuore...
vedo una bambina dissacrata
con gli occhi grandi
al velo della stura
che ricetta la favola stravolta
sulle rive dell'alba senza giorno
dove sfociano gli urli della sera.
Vedo una donna laida sformata
che stringe il gioco
alla profusa gruma
biascicando foglie masticate
e stralci guitti di disinvolture...
e vedo tra i mattoni scalcinati
la faccia dell'intonaco guarnita.

Autunno e speranza
Lascia la bella veste
l'albero è avvilito
tutte le sue foglie
l'autunno gli ha rapito,

agita i rami nudi
al vento che disperde
pensa alla primavera
sogna la chioma verde.

Nella campagna brulla
piange piegato il stelo
il fiorellino è morto
stamane al primo gelo,

il bulbo si addolora
sotto la terra spoglia
ma s'addormenta e aspetta
il dì che rigermoglia.

Filtra pallidi raggi
il sole un po' sgomento
dietro cumuli grigi
che volano col vento,

vanno come pensieri
tra le sfocate impronte
del cielo ombroso e cupo
vagano all'orizzonte

là dove non arriva
tutto il nostro cammino
ma lo sguardo si affaccia
e gli appare vicino,

là dove nasce e muore
il dì, la vita sfiora
dice l'autunno fervido
che rifiorisce ancora.

Si fa sera
L'ombra stanca sale
lungo vertigini di monti,
il viandante
sospeso tra guerra e pace
ritira le truppe di memorie
e torna a fortilizio con la fretta
di consegnare prima di partire
il compito assegnato
per non rischiare il fiuto di mastini
che potrebbe inseguire
all'altro lato..
Ora il tempo è scaduto,
aggiunge il nome,
marca un'altra sconfitta
sul diario…
nella biblioteca dell'archivio
dove giace la serie
contraddistinta di scaffalature
la risposta
a questo circolare di sembianze
è la parola amore
che si dipana nello stile aperto
senza orizzonte.

Tendenza
In questo campo fitto di candele
(e ciascuna s'affanna a prevalere)
un vento spira da scaturigini ignote:
correre, sorpassare, sopraffare…
sulle rive abbrunite del traguardo
quando si prelude mutamento
dello stato concreto a vento freddo,
la preda ammanettata si dibatte
sulla sabbia frusciante di memorie
che escono dalle intercapedini
del tempo, e allunga il verso
apparecchiando passi dove il tonfo
è l'unico alibi che conta.
Il libro può essere consultato,
ma soltanto l'orme sulla sabbia
rimaste nell'archivio del deserto.

L'onda che scorre
tra le braccia del mondo
ferma impassibilmente,
contata, riletta, sfogliata…
é lemma di lancette metodiche
a cui s'aggrappa in rapido mutare
la somma di cifre abbattute
che schiaccia il peso dell'età
nello spazio invisibile di un soffio
e rende presupposti
di navigazione
nella sfera celeste.
Ora che incombe il senso
della partenza
con la valigia vuota
cerco qualche indumento
da portare:
versi lasciati impressi sulla tela,
fantasie di proventi accumulati,
teneri fili a ricucire inganni…
all'altro lato
sono previste risme di rimpianti
a cui s'affida l'eco palpitante
ancora dentro il vuoto della stele.

L'album di fotografie
L'infanzia è morta,
la sepoltura giace
nell'album di fotografie.
Sosto sullo strascico-lapide sfogliando
la foto antica come un cero acceso
e fiori di giocattoli in cantina…
La giovinezza anch'essa è morta
trasferita all'estero, la sepoltura giace
nell'album di fotografie
trasandato ormai,
i fiori li abbevero
ogni anno in estate,
al mio paese trovo tutto intatto
impresso sulla riva di memorie…
Mi aggiro tra macerie di trascorso
ad ascoltare brividi di lutto
nei capelli grigi dei miei coetanei.
Ora l'autunno scivola,
le porte si chiudono,
un qualche insetto illuso
cerca asilo tra petali dei fiori…
precipito nel canto, cerco asilo
nell'album di fotografie.

Candele affacciate
Candele affacciate alla porta
del tempo rischiarano quadri
che sono ritagli di vita.

Seduto davanti alla cascata
valuto le ingerenze del silenzio
che batte dietro il muro.
Qual è la sorte delle essenze infuse?
ci sono caramelle di memorie
che si squagliano in bocca…
inventeranno fantasie d'attesa?
morderanno versi di crogiolo
che non macina il tempo
come cocci taglienti tra le dita
che una vita non basta a stritolare?

Lumicini di scolta sulla stele
origliano per intravedere gli spiragli,
ma è troppo cerato il frontespizio
e sulla rimanenza
sembra dubbio
si possano azzardare congetture.

Nuotava
nel pozzo di ricordi
senza riva
dove la gioia
giocava assorta
nel quadretto stinto
con la lacrima aperta
e gli occhi
di fiori imbalsamati.

Vago in cerca
Vago in cerca di splendide rose
nei giardini dei sogni fioriti,
ma le spine e le foglie pensose
trovo, e petali stanchi e appassiti.

Forse il tempo dei fiori è fuggito,
non è maggio, non è primavera,
va l’autunno col cuore ingiallito,
va col sole che muore la sera.

Ruscelletto che passi giocondo
zampillante che segui la riva,
vai tra i limpidi sassi del fondo
tu, non fermi la voglia giuliva.

Tu di stelle e di cielo t’infondi,
sempre giubilo ansimi e corri,
ed i raggi lucenti diffondi
per le valli a portare trascorri.

Illusioni la vita raccoglie,
come il tempo sei tu, passi e vai,
mentre il sogno nel vero si scioglie,
i riflessi ti lasciano mai.

Penso a Dio
Terra
poltiglia
zolla
officina involta a riesumare
brividi di vita,
cogliere
elaborare
riciclare…
sgretoli, triti, avvolgi
scomponi
ricomponi
vermi, fimi…
da inserire al ciclo
di profitti,
e giganti coi tralci
succhiano gli alimenti
come bambini al seno della mamma.
Quando il tepore del divino sole
con gli spruzzi di luce
indora i campi
ed addolcisce il gelo
ascolto le mie mani impasticciate
di fango e di mistero
e penso a Dio.

La sabbia
Rimbalza l’eco germogliante luce,
guidato dall'indizio
per voltarmi
cerco ancora i flussi
dell'acqua dove scivola il cammino
di frotte fiorenti di bocche,
ma il vento mi porta notizia
di foglie ingiallite
e l'onda man mano
che assorbe la sabbia
transitando i confini si consuma
trafitta dagli anni
a tradimento…
non rinverdisce pioggia
o respiro di raggi
o canto del cigno d'autunno
che porta ferite di voli,
e soffio del tempo
che ha cantato sussurri
ora duole sul tempo,
appende lamenti
al vestito seduto che aspetta.

Il sole
sorteggiando impellenze
bilancia prospetti di avvenire
agitando cavalli che il tempo
stipulando contromisure
contro il progetto
doma in rapido mutare.
Con vestito discinto d’autunno
filtrando il buio
osservo in contumacia
la trama che porta i pezzi vecchi
nella stanza di brividi.
Qualche peccato antico
mi ferisce
a questa età di vela
che mi stringe
piantata sui pennoni della noia
verso il tetto del freddo
con la complicità delle insolvenze.

Il discorso
interroga la geometria celeste
dove il sole condannato dalla legge
lotta per la riforma dell’ellisse,
vuole allontanarsi
dall’orbita inquinata del pianeta.
Il progetto che pubblica risorse
ha perso il controllo
sulla piattaforma
dove si fondono scienza e l’incoscienza
seminando la plaga di rovine.
Il tragitto che apre uno spiraglio
da cui trapela luce di domani
è monito severo
a questa civiltà
tarata dagli abusi
che predica la pace e insozza l’uso,
gridano le ragioni nucleari
con la voce venefica potente
che aspettano un errore per sognare…
ed il velo rognoso sotto il cielo
ha preso piede.
L’abbozzo di fede di speranza e carità
sono sterili voci
soffocate dall’orgoglio e da brame
arrampicati all’albero di mele
per la mela più grossa della cima.

Bohemien
Bohemien pensoso sulla riva
passava il tempo a disegnare il mare
che gli parlava
con la voce dolce di fruscio,
lo prendeva ogni giorno coi colori
mentre si trastullava senza onda
con le pietruzze
come la pazienza di un bambino,
mentre sguazzava
tra gli ombrelloni pieni di ragazzi
e gli sfiorava i baci ed i sorrisi,
mentre ricamava più loquace
di pizzi bianchi i bordi della riva,
lo disegnava altezzoso e gonfio
scagliarsi sulla sponda
come a volere dire sono io…
lo rivide sporco di vergogna
portando in braccio i figli
sulla schiuma inquinata
ed adagiarli in fila sulla riva
e lo dipinse nero di colore
con gli acquerelli morti
e tanto inchiostro
come un pensiero che si spande e invade
tutta la tavolozza del pittore.

Dilemma
Ossi, materie,
sangue che scorre
muscoli, vene…
corpo che sente fame,
corpo che sente freddo,
corpo che sente e vede
gioia e dolore.
Corpo che sente amore,
corpo che vuole,
corpo che anela,
corpo che prende e strappa
con le sue mani,
corpo che spera,
corpo che dorme.
Corpo che fabbrica pensieri
nella notte pensosa sul cuscino…

L’ora è fuggente
la vita è un momento
un corpo è acceso
un corpo è spento.
Il tempo che insegue
tutto il cammino
è un palpito vuoto
senza destino,
è come il corpo
misero e ardito,
assai più vero è l’infinito.
La vita è troppo piccola,
troppo si parte il vero
da quattro ossi,
un scheletro
i resti di un pensiero…
forse lo spirito si veste di corpo
e prende per un attimo il respiro?

La morte che viene é senza domani.
La vita è breve
la vita si perde
come un sogno alla fine del sonno…
Forse la vita è un sogno
e la morte è il risveglio?
Forse ciascuno è solo
e mentre dorme sogna dess’er io
pieno di mille simili d’accanto,
sogna vita ed affanni
e sogna il tempo e gli anni.
Oppure
Alto Fattore
arrovelli di stelle e di mistero
troppe piccole menti
e spandi il vero:
“Fede serena”
e basta una preghiera,
apre il mattino e la domanda
con le mani giunte
come appare
negli occhi di un bambino.

Caro amico
Abbiamo sognato insieme
l’ultimo tratto…
hai concluso il cerchio
che ha stretto il tempo
col suo raggio chiuso
fra due cifre
dentro lo spazio fermo
della stele.
Il mio sguardo
che ti ha seguito
lungo il rettilineo
per qualche passo indietro
ti ha perduto
dietro l’angolo
alzato sulle punte
esplora il buio…
Anch’io sono diretto
a quella curva
dove il sonno che dorme
trasparisce
l’eco dell’orme
a cui gli parlo muto.

La mirabilia tende al controsenso
Sui gradini degli anni
dove il cielo
si staglia più vicino,
rattrappito decubito
si versa introrso
commutando i passi
nelle forate della nebbia,
guarda l'alba quand'era una bambina
con le biadette sfumature,
anemofili palpiti stendevano
profumo matronimico sull'onda...
ora la guarda dai livelli muti,
vede un'ombra marchiana
travisata
dal menomo lapillo che si desta...
la cellula s'impiglia agli steccati
degli avanzati lumi…
le provette.
La mirabilia tende
al controsenso.

L'ultimo escremento
Il tempo degli spruzzi
è transitato
sente odore di foce
il fiume
e rifluisce in stasi
di memorie
decalcando orme
incustodite
nel recinto inedito
dov'è rimasto il peso
delle candele escluse,
guardando l'avvenire
che lo vedevo incerto,
sorpreso dalla nebbia
che sale dai tepori
lo trovo sorpassato
dal presente inodore…
il pendolo conduce
a questo mare
che più non lascia
traboccare versi…
resterà a galla
l'ultimo escremento,
quello che si cede
a malincuore.

Il compleanno
Troppi vivaci miscugli
discute la tela adolescente
vestita di apriche cornici,
un vento a proravia gioca
tirando pietre alle dolcezze
ed accende man mano
le candele.
Nello spazio del sole
la cesta grande come la
speranza e l'incerto raspollo
vanno per mano raccogliendo
versi come alberi che
attendono dalle cime
i suggerimenti del vento.
Nello spazio dell'ombre
l'arco di tempo digrignando
i passi schiocca minuti e
frecce a tradimento…
e sui fili stirati del tempo
si posano gli uccelli
a festeggiare
il compleanno.

Pertanto sollazzo soltanto.
La crudeltà è un quaderno
che l'anima spesso non legge
al vento che assiste
e ascolta il lamento
boschivo di fronde.
Perché hanno scorticato
il gigante alto levato
che dritto si ergeva
tra i fratelli?
Al centro della piazza
la festa di maggio non consola
la vista a quieta luna
che proiettori accecano la sera…
Passeggeri giocosi ignari accesi
come l'innocenza di bambini
carezzano
fresca di linfa insaponata liscia
la carne dell'albero
a traguardo di vertice giocando
maggese ovazione di cuccagna…
pertanto sollazzo soltanto.

Una croce sull'asfalto
L'auto si è schiantata contro
un albero dove il filo giovane
si è rotto…
il tronco è rimasto ferito
dal segno, la corteccia sostiene
una croce pesante.
Nei contatti la piota
vede fiori recisi, una foto
e nudo di candela
e silenzio gigante scalfito
da calpestio veloce di sonagli
dove hai giocato gli anni belli
e persi
con le calamitose sonnolenze
sulla curva correndo che corre
come sottile agguato
e libido velato di sorpassi,
parola di strada che corre
pietosi giacigli di morte…
colaticcio di moniti la cera
su candeliere spento.

Un qualche sasso
forse scampato
a un diroccato muro
inciampò il passo
sulla pace dell'erba…
e ritentò la vita lusingato
da speranze di raggi dietro nubi…
Il forestiero
nel ritiro del bagno di parole
venne punto
dagli angoli chiusi
e seguitò affacciato
ai giorni vecchi
seguendo l'orizzonte
a passi uguali
a cercare un sorriso
che non c'era
negli occhi
di qualche parola.

Globalizzazione
Il cielo dorme
avvolto da strati di nebbia,
nella stanza
c’é un po’ di disordine
a causa di una passata invasione,
qualcuno navigando
su svolte appuntite di progetti
in acque dove
razionali intraprendenze
hanno preso il possesso
rimuove il fondo,
come cane d’assalto
entra abbaiando
e affonda i denti
nella polpa di mobili antichi…
gli occhi del futuro
traspariscono risvolti
dietro illegali avanzi,
di gradino in gradino
livelli oltrepassando,
con lo stratagemma
del becchime
scrive righe nuove
misurando consensi
in punta di piedi
su groppa che peso sopporta.

Larve salpando
La terra partorisce grano
carezzata da cielo
che semina amore,
suscita rancore
nei meandri
di versi gibbosi
che battono l’ombra.
Le passate scorrerie
su libro vecchio
dove il tempo
rosicchiando orrori
ha lasciato ossi duri,
godono di ripetizione.
Larve salpando
travestite
di lineamenti di soldati ed altro
incartano
a spettatori attenti
dietro convogli di vetro
brividi
che levano ai deserti
il corpo di sabbia.

La colpa è del dislivello
Dislivelli
nella conformazione
della crosta terrestre,
dislivelli tra lampada e l'ombra,
dislivelli sterrati dal vento
ostentano orrori…
ma se i figli non fossero
più belli dei padri,
se nutrissero il buio
di sogni di pietra
invadendo il tempo di cocuzzoli
come un medioevo sostanziato
di spazio navigabile
su internet ed altro…
all'incombenza di colmare i lumi
trasparisce la costa
in lontananza
che a portata di voce non arriva
sillabando lo scheletro dei pezzi.

Caro amico
Il canto della piazzola
sfoglia ricordi
sui gradini della matrice,
quando il sole cuciva melodie
raccoglievamo sogni
ed appartati
nelle solitudini affollate
cercavamo orizzonti,
a cospetto della stanza buia
scavalcavamo l'ombre
verso il filo di luce
che entrava dalla soglia.
Oggi egli azzarda un raggio
che non scalda
a vagolare di macigni...
ninna la vita larve di profitti
nell'assordante incedere
del grifo che sorpassa
e sfocia nei deserti di parole.
Nella gravina immerso
ascolto il tempo
che trascorre invano,
non mi raggiungi amico
veicolante sui binari stretti…
non cresce verde
sulle dure zolle.

Amicizia
Un lumicino
al buio si conosce
quando solleva il peso
col sorriso.

Insostenibile
"sempre"
gremito
grande
avvolge l'infinito
contropeso...
scalfisce
"mai"
con l'alito di piombo.

Pasqua 1999
A questo mare
anchilosato
atavico
senza orizzonte
ancora sempre scie
di ricusati allogeni...
lasciano i luoghi
lente
stremate
lunghe
frotte
abbacchi
kosovari
sangue
espunti...
come una via crucis
continua
senza resurrezione
questo giorno di Pasqua...
Alleluia!

Batte l'onda
parte da lontano
senza la prima pagina
si perde
nel presente aperto.

Adespoti
decalcano lo schermo
tesi all'estreme luci
della vita apparente
a dispetto
del consumo reale.
Alba grugnosa sosta
tra i sedili aggrinziti...
ermi, diffusi, inermi
respirano l'afrore degli sguardi,
e vagolare di randagi gatti
tra i rifiuti del parco,
pungono il ciel le antenne
come gli occhi,
e l'erba grave
come una barba
sull'irsuto viso.

Il sole affonda
nelle discrepanze,
i giorni come casse da riempire
lungo il tragitto
solcato da voli inafferrabili
svolgono interminabili crocicchi
camminando ad alta a voce
fino a quando
toccano con le mani
sfere inodori...
artatamente endici
professano
il ruolo di mercanti,
spalancano la porta
come se dentro ci fosse una festa...
e gli occhi della notte
masticano l'ombre sul cuscino.

Da questo sol che dona e che distoglie
vaglia puledro eclettico lo spaglio...
rugliare in alto mare senza scogli
o zampettare tra cespugli e scaglie.

Acqua
scivola
falde
pietrose
lubriche
equorea
rode
tintinnante
ruzzoli
lascivi
alture
tumide
vacue
sponde
forbite
lambiccate cime.

Un cormorano
seduto sul vento
con l’animo vorace
occhiava i guizzi...
cullava l’edonismo
e s’imbuzzava,
crapulava
con la connivenza
dell’acqua chiara...
trascorreva la vita
a defecare.

Un batterio invisibile
schioda l’ombre furtive
nella stanza,
risponde al sorriso
delle brocche fiorite
con le forbici in pugno,
il becchettio aspetta
col fucile spianato,
strappa all’albero spoglio
anche l’ultima foglia,
corona lo specchio disadorno
coi riflessi del sole...
modula i suoi rintocchi
come fastigi accesi,
arremba i lumi stenti,
corroborato
barbica nei campi
affollati di pietre e di parole.

Piegato ai rami spogli
delle betulle
si lambiccava alquanto
l’ego ceppo,
scorrevano sul tempo
passi uguali,
l’alba grigia sul parco,
gli asfalti deserti,
il cielo solcato
da voli invisibili
profondi,
e nuvole torve gremite
dall’urlo
di barboni silenti
accartocciati.


 

Le contraddizioni dell'amore

La bolla
L'amore splende,
trova sempre un coperchio
contro l'ombre,
mentr'egli suona,
abbarbicato al vento
ascolto il canto:
sfoglia le margherite nell'attesa,
fabbrica miele
sulle zolle asperse
e partorisce, musica la pelle
delibando il baratto
della libertà con la voliera,
sulla groppa degli anni
dove pesa
cova sotto il cuscino
coi rintocchi,
discettato dal guado
s'insinua nei viluppi zoppicando,
cerca una cengia
alla spiovente roccia…
Frastornata dal nocchio
una vermena
non uzzolisce al canto,
deferisce segreti emolumenti
alle cangianti tavole del tempo
e spiega l'ali negli spazi invalsi...
provette annoverando
come il lambiccamento che mi rode,
e stralcia i fondamenti
della bolla.

Buon compleanno
un pretesto
per ricominciare
ma l'onde scalze ai piedi
spruzzano gocce di passato
sulle pieghe del viso.
Abbiamo maturato i nostri monti
lasciandoci le valli
e dalle cime
volevamo riproporci
sporgendoci nel vuoto,
ma non possiamo tenderci la mano
perché siamo piramidi
con la base di cemento
più forte
del vento che
non ondeggia i vertici
coi pensieri incollati dal peso.

Okay
Tra le maglie
impigliata nella rete
ragazzina asiatica stuprata
costretta
a rispondere
okay
ad ogni comando…

basta cliccare
per scoperchiare l'anima
di un servizio
nei reconditi spazi
dove penetra l'urlo
di un orgasmo strappato
da vibratori,
confuso
negli occhi
che gridano
un silenzio
per diletto affocato
di un pene
coi vestiti eleganti
e la faccia formale.

Pulcino solitario
forse uscito dall'uovo anzitempo
non lasci competenze
alla stagione che si versa nel brolo,
sprofondi in fenditure nel rifugio
di tresche di prismi e gibigiane,
cerchi con fiamma di occhi
qualcosa come fame d'evasione
dirottando questa età d'attesa
in progetti risibili. Lo specchio
riflette ingenua malizia
con passo malfermo alla deriva
senza grattacapo di volante.
Marezzi di viluppi come impronte
scoprono pagine
del tuo libro segreto
nella bacheca di buccine vuote
raccolte su rive di giorni
formulando sensi da nonsensi.
Soffri di chiodi fitti alla facciata
per mostra permanente
di quadri
che non sono nemmeno di valore.

Sembra che la bilancia si diverta
a sovvertire cori di rintocchi…
l'incendio che nuotava
nel mondo di un bacio
vive nel grattacapo di estintori,
si sente da rughe di sole
che cala obliquo
e scioglie nella stanza
la micidiale indifferenza.
raggi di luna che passando
partorivano colori
suonano come coltelli
attraverso fenditure
di un mobile antico,
la lingua per tradurre il fenomeno
s'avvale
di suggerimenti di canini
e logorrea che insiste
tracima di episodi fino al porto
dove le veglie punte
da isocronismo di lancette
battono la riva
come schiuma che l'onda rigetta.

Era tempo di bussi
Ti sentivo piangere dietro la porta
della stanza, bussai ma non apristi,
forse non trovasti il chiavistello,
così rimasi fuori
sotto l'imperversare della vita.

Ora che grandine tace sui campi
e accenna tramonto schiarite,
ali di fantasie trascorrendo la città
diroccata sollevano polvere di castelli,
ti svegli all'improvviso e accendi un lampo
che affoca l'orizzonte tra rovine
dove sventolava la bandiera.

Dal grappolo si stacca un sortilegio
iridato di spunti di magia,
soccorre la porta serrata
liberando giganti di fumo
rinchiusi in boccette di vetro.

Risalgo le pendici dalla polla
a questo masticare di memorie
dove restando fermo sulla soglia
guardo l'altro lato dello specchio
che mostra la dolcezza capovolta.

Quella sera estiva
trascinando i passi
nella solitudine affollata
il mio sguardo è caduto
sui tratti rimossi dal tempo.
Eri con un altro…

I tuoi versi sommersi
di occhi
hanno chiesto asilo al pavimento
e labbra masticando pietre
hanno parlato:
discorso di folto di verde riarso
di ombre
che aspettano fili di luce
per crescere
ed hanno paura del buio,
antiche truculente di crogiolo…
Non era in programma l'incontro,
forse è stato il tema del destino
che ha stipato gli anni
nel cassetto di un attimo soltanto.

La lettera
Ara su fondo
l'ancora
non ha fatto presa
vedo fogli strappati
nel cestino
come travi che reggono
il soffitto
mentre la deriva
conduce la mia nave
tra gli scogli…
Ora lo strofinare della gomma
ha trapassato il foglio
senza cancellarti
perciò rimango fermo
sui dettami
di vetro dell'ampolla
a custodirti.

Un uccellino smarrito
volava tra sterpaglie,
l'uomo attratto dai colori
vedendolo facile preda
lo catturò
forzando la porta serrata
con la tastiera arrogante
che scrive le azioni del mondo
su carta di qualità…
strideva a sonagli l'ardesia
incisa dell'io dominante
su pube di morbide piume.
L'uomo negò ai brividi
audizione
finché labbra gridarono mute
e gli occhi riflessero il vuoto.
Su gradino dell'ultimo tratto
l'uomo pentito aprì la finestra
ma l'uccellino non spiccò il volo,
non poté perdonarlo
poiché era morto.
Rimasero i resti chiodati
su muro del tempo.

Una goccia d'amore
Una goccia d'amore bambino
piovuta dal cielo,
forse un cielo di gocce
perché ha inzuppato il pulcino…
cielo rimasto mattino
dove affondo
carezzando la tua cadenza,
cadenza che mi sfugge
cui concedo
una mano confitta nel tempo
pronta a largirti i quadri
che ho dipinto.
Lo specchio frantumato
piange schegge di versi,
non riflette
l'altro lato
s'é sciolto e pende vuoto
a misura di anni non s'acquieta.

La nave dell'amore
Corriva di colori
buca strati di nuvole
la luna,
spiega vele promesse
di orizzonti
col vento in poppa …

come bioccolo muto
di candela
la favola delusa
alla deriva
affida la salvezza
a caicco minuto
in alto mare.

Onda di mare
Se ravvisi nel seno di una rosa
defunta tracce di profumo non
pensare sia viva…
i miei sogni di ieri e progetti,
torce balbettanti a ricerca di un verbo
che fugga la realtà, smorzate
risorte dopo il fumo,
memorie di crogiolo che hanno forato
il tempo, inventano rintocchi
per uscire dal silenzio, si addensano
nella piazzola sgridando il sole stanco.
Ali ferite dal frastuono crollano
ora che la guerra è perduta.
Non sapevo che il vento tirando
i versi mi portasse contro gli scogli
e fiori di notti giganti
ingannassero la primavera,
io onda di mare che volevo
avvolgere una riva a braccia aperte
stramazzo
agli amplessi di scogli
sotto gli occhi di granchi coriacei.

Ho trascorso
una strada di divieti
posti negli spazi intercalanti
tra un rifugio e l'altro
con gli occhi sorpresi
come una luce sui misteri,
ho sofferto
il morso dello sguardo
che attacca i giorni
giocando
coi sentimenti teneri,
ho tastato con le mani
la siccità che incombe,
ho venduto
all'apatia del tempo
la sete di silenzio
nel deserto affollato di parole…
sul giaciglio dell'onda
la sera disteso
scolpisco d'un tratto
lo spazio che si frange
sull'urlo
del dente cariato
tra due lingue
che giocano all'amplesso.
 

Strano amore
forse anche grande
senza ricorsi a finte
netto
come intersezione di normali,
sarabande di versi
prillano sullo specchio…
il tasto
è soltanto un appiglio
non conferisce
alla bilancia un peso,
l'invisibile è luce di tuoi lumi
gracida torno vuoto di confini,
non t'arrendi
se un'ombra si nasconde
inventi versi
quando tutto è muto.

La risposta volgare
Sentiva amore
usciva col mattino
ma gli scappava il cuore.
Si chinava sui fiori
accarezzava i petali e gli steli
ma li seccava il sole.
Vedeva trasparir
l'acqua sorgente,
domandava
allo specchio
per favore,
ma l'acqua chiara
si turbava al vento.

Lui le parlò col cuore,
lei silenzio,
e nel silenzio un rombo…
ed un odore.

Fruscio irreperibile
Diceva bello è
ma era brutto,
varcò la valle
con il capo chino
per quattro peli
cose da pazzi fece,
il deserto angoscioso
ed il cammino
superò,
la tempesta
l'oceano
il maroso
attraversò.
Diceva dolce è
ma era amaro,
diceva luce è
non era luce…
fruscio irreperibile.


Poesie che hanno per tema le contraddizioni della realtà

Attesa senza attesa
come un filo lento
tra le dita
sul cuscino
imbevuto di sonnolenza,
vedo i lumi teneri
cecati dal barbaglio,
il sol coi raggi
scorrazzar scintille
sulle stille di pianto,
l'onda che insiste
sulla battigia tormentata…
d'un tratto l'alba
col chiaror dei raggi
scioglie
le fantasie del buio,
mi richiama
a galla nello stagno
tra la moltitudine scolpita
e lo sguardo pietroso
della mummia.

Scavando nella nebbia rinvenire
frusciando nei capitoli notturni
mordeva solitudini affamate
come ombre di gatti tra i rifiuti...
gli piangevano gli occhi e i vestiti.

Gli occhi
non trapassavano
la nuvola grigia
che copriva il sole
come una corolla di squame...
accorpato alla croda
mirava il pizzo acclive
e sotto flutti e spuma
della cascata...
le corde della vita
rigide
come aghi di ghiaccio
non le piegava
con i dettagli rosa,
e disilluso
dalle parole accanto
tirava a strappi lenti,
il ramo appiglio
a cui la mano implora
poteva sollevarlo
ma non c'era.

Anni decalcati
sugli sgualciti fogli,
sugli album
raccolte
fotografie slavate
bianco e nero,
dall'altro corde sciolte
correnti contro il sole,
guadi pressanti
scogli,
a questo centro vuoto
di passato e futuro
convergenti.

Tra greppi sciatti
e fumo sgretolato
del terzo mondo
le telecamere
allibrano la miseria...
bimbi sfioriti
a cui soltanto gli occhi
splendono
per gemicare aliti
con la notizia icastica
che tocca i pulsanti...
e gli umori illativi
degli alti colli
e catene rocciose
bianchi
come la faccia della neve.

Una laguna stantia
questa sala d'attesa
di seconda classe
col pavimento sporco
di cicche,
con l'orologio fermo
alla parete
dove corrono gli anni
impazziti..
vecchi assopiti,
zaini a tracolla
desideri, speranze…
avanti e indietro,
e moccicanti frugoli
riposti agli angolini
costernati di funga...
russano le valigie
gonfie vuote
degli gnomi azzardati
a punte brille.

Cigolano
le ruote del carro,
più non galoppi,
tiri
recalcitrante,
tentennano i pensieri...
fosse il naufragare
un assomare col pesce in bocca
come il pellicano,
fosse oppure seguire
la cometa
come serrati adepti
nel bosso...
quest'imbrunire già
le membra frante
tenzona con lo schiocco,
senza stelle
cala
si spande
ed incupisce il mare.

Vedi cimeli stanchi
carezzati da sterili lusinghe...
Giochi senza riflessi
schiacciano all'orizzonte stretto
le penombre insistenti
con la luce
d'uno squallido sole rubato
al cielo grigio
lungo meridiani sonnolenti,
cantafere di notti incapaci
a versare frantumi di sogni
sotto il peso del tempo
che si sveglia
sullo specchio di passi zoppicanti,
manducando epiteti senza corpo
e incolonnando versi
su righe oblique
lumeggiando meriti artefatti
per illudere le ore vuote.

La trasmissione
Parte il carro porta a domicilio
le anafore serali,
rende l'atto a misura di trilli
l'attore…
Oggi speciale è alto
più alto della cima
Il gladiatore lotta posseduto
contro cifre rivali,
ascolta qualche numero che scoppia…
con esso è concesso
scambiare le armi,
s'accende la somma,
sorseggia, consiglia, sconsiglia,
insiste, resiste
tentenna
il concupito,
rifiuta per l'osso più grosso...
pende sospesa al pollice del caso
la sentenza...
Così fa capo a questo colosseo
il mondo opaco
dove si sbrana la miseria.

Rami nodosi
e poli autorevoli
come muri di pietre
accapezzate
ballottano
i pensieri
la famiglia
la scuola...
e manichini erotici
affacciati
sulla cresta dell'onda...
bambinella
che sorgi
allo specchio di muto candore
azzimato
dalle false promesse di marzo
come fiore nascente sei,
coi sogni nei sepali,
allo scoccare della galaverna
di questa pazza prima primavera.

Sulla giustizia
Dove l'uomo é chiamato
ad allungare
i colli delle alture
dove scorrazza il senso
e non trapela
nella ciotola opaca l'acqua chiara,
dove l'eco non pesa
sul cuscino
della giuria votata a recitare…
dove nemesi schiocca
manovalando leggi pellegrine,
la giustizia
con la fronte lavata
dalle piccole mani
si prende la briga di accorciare
la lunghezza del tempo,
e l'innocenza
che non si scioglie in acqua di parole
abbraccia il mondo con le mani nude.

Scavai la terra
per piantare un fiore...
le unghie infossate
incontrarono
cocci di vetro.

Vestito dell'onda dell'io
correva il fiume
per pianure e valli,
non dava trasparenze
né riflessi,
non lo pungevano
le stelle
non l'attraeva il mare,
si rompeva di remoli
e di schiuma,
e straripò nei campi...
una palude fangosa
fu la sua vita.

Premure e soprusi
Rinvenire una rosa bocciolo
sugli spalti dorati di maggio:
la pelle, gli olezzi, le labbra…
premure del sole
che gioca a sbocciare.
Le grida, i silenzi,
la fretta dei giorni, le rughe…
soprusi del sole
che gioca a sfiorire…
Le ali del giorno atterrando
su tramonto annoiato
svolgono il panorama
dalla scarpata
rotolando a valle
sulle dentellature degli accenti.

Rulli
pressano
sugli anfratti bagnati
di sudore,
di lacrime,
obelischi infilzano
il sole
e zavorra piatente
nelle stive,
bocche grandi
enormi...
a macca nell'involucro
parole
come lanterne accese
senza luce,
fiumi di schiuma
in questa plaga stantia
che si regge e ruota
sull'asse
soprusatore-vittima
due poli.



 

Poesie di Natale

È Natale
Onda di cielo e di gelo
indaga sulle vie della città,
schiudi le ali abbracciami fratello,
allineate briciole di mente
per sassi che si rompono in frantumi
sotto le carezze dell'amore
danno estasi,
vestiti di musica e di stelle
indossano le stanze
e le finestre allungano i colori
sulla strada,
sembra vaghezza di varcare assiti
abbracciare il mondo con le ali
e dare un indirizzo nuovo
al babbo natale
con la renna carica di cuori.

Andiamo a Betlemme
È nato, è nato…
la stella ci guida a Betlemme.
Andiamo a Betlemme!
Dalla vetta che cresce
ogni anno un gradino,
la grotta rimasta confitta
nel vuoto del tempo
possiamo raggiungerla
senza tragitto.
Andiamo a Betlemme!
la grotta del povero bimbo
che nasce ogni giorno
a mille più mille
aspetta un dono….
Andiamo a Betlemme!
Uniamoci al coro
ciascuno portando una luce…
la voce di occhi di bimbi
traduce un silenzio
che parla alle attese
come un suggerimento…
Andiamo a Betlemme!

La stella cometa
La cometa indica un punto
agli occhi del mondo sospesi
al mistero che affolla di Betlemme
le case e cuori adorna
di luccicanti fantasie d'avvento.
L'attesa nel cuore del mondo
accende una fiaccola dove
avvampa serrata la lotta
sul bastione per illustrare l'io,
cerca un gesto d'amore
tra maglie di confini
in questo campo
di virus perenni di soprusi
che parte dall'inizio del cammino
ed attraversa il mondo.
Questo indirizzo che supera il tempo
festeggia una vittoria
dove silenti brevità d'artieri
tendono gli sguardi crivellati
da strali di parole in questa nebbia
dove una mano tesa non si vede.

Le ali dell'inverno
avvolgono l'avvento
sui rami trafitti
dal freddo
dove il cuore smagliato
dal senso terreno
sente l'eco nell'aria
del dono di Lui
che s'è fatto bambino.
Nelle stanze semplici
sgombre di baraonda
luccica l'attesa di un regalo:
una parola nuova che riempia
di luce…
non deludiamo gli occhi
dov'è rimasto uno spiraglio vuoto
perché sgorghi
il traguardo d'un sorriso.

L'albero di Natale
In questo natalizio andirivieni
vedi tremare un angolo di pino
che grida sotto il peso
di candeline accese…
e candida neve che apre
il cuore a pensieri giganti
è gelida coltre che copre
sentenze posate su scalpi
di abeti che spandono verdi
perplessità
nella tortura lenta rinfrescata
di gocce d'acqua
per durare a lungo
gridano i peccati
senza il coraggio
di rompere il silenzio
di suggestivi scintilli di luce
che giocano a Natale.  
questa marea pubblica pensieri
che involtano in carta da regalo
il cuore.

Piove
rimbalzano chicchi di grandine
su lastrico stradale
alluvionato
sulle auto parcheggiate,
sul passante
con l'ombrello sformato
dal vento
come questa festa di Natale,
piove
l'eco echeggia
contro le pareti dei peccati…
ma l'arcobaleno che fa capo
alla capanna povera
ogni giorno
dove nasce un bambino
e dove muore
di fame
di stenti
di guerra
insegna il santo senso
di Natale.

Ogni giorno
quanti Gesù bambino
nascono in una stalla
e noi re magi ricchi
d'occidente
che deteniamo i beni,
e seguiamo
la stella cometa
che palpita dai cieli moderni
nei monitor accesi
nei giornali
e indica i percorsi da seguire
armiamoci di doni
mettiamoci in cammino
di carità e d'amore
Gesù bambino povero,
ci aspetta.

Luci di Natale
Folla amalgamata
di pensieri
di dubbi
di speranze
di fede…
sempre alla ricerca,
trova un pozzo di luce
scavando una capanna
che fa capo in cielo
a una cometa,
e accende mille luci di Natale.

Sotto il freddo
foglie secche si affollano,
piove più forte
per Natale,
pacciame
si accatasta
nelle valli
appannate
dall'oblio dei monti
sotto i nostri piedi.

Nel campo
dove attecchisce il dolore
lacrime
sono stille scintillanti
fiaccole sulle asprezze
ed ali
che splendono più forte
sotto queste luci di Natale…
dove dolore
sterile non scalda
varca la vita
passi senza luce,
i battiti del cuore
detenuti
dietro le grate fredde
bramano
nella nebbia
gocce di tepore che non hanno.

Natale
Festoso andirivieni,
alberi addobbati,
la neve, presepi, candeline…
luccica la cometa sui vetri delle finestre,
Natale si spande
coi bigliettini accesi
di promesse d'auguri
e di parole…
Le vie del centro inseguono
disegni di luci
partono dal duomo
corrono
ciascun motivo uguale
lungo l'itinerario,
di tanto in tanto un mendico seduto
su lastrico gelato
tende la mano
fuori dagli stracci
ai passi indifferenti,
musica pacata di Natale
sfiora la pelle
rivive il tempo della mangiatoia
di Betlemme
il mercatino acceso,
le bancarelle sembrano presepi
colmi di doni
da scintillare gli occhi di bambini.

Pensieri
scintillanti
nelle vetrine accese
dietro il vetro
cercano il buio per filosofare,
si vestono di ali
nella sonnolenza del cuscino
in questo gelo
a visitare i campi avvelenati
dove il contadino
non lascia posare gli uccelli,
e sorvolano i fiumi
di lacrime di fame.


 

La strada dell'amore

Piove Amore
Ali di sogno
volano
dalle grate
di questo ergastolo,
profili luminosi
insinuati
nella penombra furtiva
guardano
attraverso
la finestra degli occhi,
vedono
il cuore dell'infinito
come un cielo
zampillante di stelle...
piove amore.

Forte Forte

Forte forte è l'amore,
in un piccolo spazio
imprigionato
suona da lontano
contro il tempo,
penetra l'assito
l'incommensurabile barriera
come la forza
che congiunge e spezza
due mondi
incastonati nel sistema,
custodisce
gridando
i suoi segreti,
si versa nello spiazzo
delle ciglia,
esplode muto
sullo specchio acceso.

Andava per i vicoli tortuosi

visitava gli infermi
e i detenuti,
coi piedi scalzi
tra coltelli e chiodi
cuciva i bordi
ed i frantumi franti,
parlava
con il cuore
sulla mano,
diceva ai ricchi fate carità...
lo misero in croce.

L'amore è una piccola mano
che sa scrivere gioia,
che sa disegnare un sorriso
su un viso triste,
che sa colorare
uno sguardo sbiadito.

Pietà e amore sono vicini
come il mare e la riva,
l'acqua ritorna
spumeggiante e viva,
si frange alla barriera
dell'egoismo,
batte
ribatte
si rivolta
porta
spruzzi di schiuma
dell'onda di dolcezza…

L'amore è una piccola mano,
guarda con gli occhi grandi
come una preghiera
che prega
perché ha gioia di pregare,
non si aggrappa al cuore
tocca piano piano
non conquista
sfiora
come la carezza
di una piccola mano.

Sottovoce
La fiamma di una candela
sottovoce parlando
rischiara
coi timidi gesti il silenzio,
con gli occhi sospesi
il soffitto accarezza,
coi passi leggeri
la stanza trascorre,
la mano del buio che copre
le ombre nascoste
addolcisce, commuove
lo sguardo che sente nel cuore
il respiro che sfiora
la fiamma…
un pianto di cera consuma
fino all'ultima cera
la fiamma.

Donna
Mamma, sorella, sposa
vita degli anni
donna,
timida face,
contro l'abbarbagliare
che si staglia
smodato in mezzo al cielo,
musica, preghiera
contro lo scorrazzare
che rimbalza,
fornice che sorreggi
le atticciate masse
di cemento,
angiolo della sera,
tepalo che proteggi,
alamaro della metà
senza di te sbiadita,
lucignolo che ardi
fino all'ultima cera,
alba fiorita
afflato
sogno
amore
sfaldo fra le mie mani
i tuoi capelli
e sento un grazie immenso
nel mio cuore.

Pietre
lutti
fuoco
talibani
il terrorismo fabbrica colonne
sulle macerie,
nella stanza stretta
trovano asilo
guerre di brandelli,
nell'angolino all'ombra
qualche raggio,
il tuo dolore punge la mia pelle
ma è troppo poco per scaldare,
parole non accendono candele
e l'alito colpito
dal peso delle briciole
non scende
nella fossa comune
a mendicare.

Le classi sociali
Dove dovizia naviga ad oltranza
e annota il suo pacchetto
lungo il rettilineo della soglia
del supermercato alimentare,
la cecità del caso volta faccia,
non entra nei parametri coinvolti
degli interni assetati di confini,
ed aggetti inclinati fra due sponde
si sollevano
per tentare distanze
nonostante l'intimità…

questo processo implica lo sporco
che non resiste al peso del lavaggio
per paura di perdere il colore.

Non chiedere
alla cultura del tempo
il rendiconto
delle vite lanciate sui birilli,
la colpa cola sempre dai livelli.
Voli interrotti cadono dai rami
misurando nei campi
ossa compiute
e figli di silenzio dietro barre
della porta di ghiaccio
che il sole non scioglie…
seguitai l'urlo
dopo l'urto con lo scoglio
rilevando frutti abbeverati
di sangue nei giardini
di principi eloquenti
e altre misure…
aprendo la porta
una pioggia
lava
senza interrompere il discorso
della luce contro le pareti.

Il ponte
A braccia levate su mare
di numi imprigionati
in bocce di magia
accende l'alba tenera
una strada.
Danno le vele al vento
le barche assetate di oceano
con tenace costanza
l'orizzonte
inseguono,
un vento insinua intrighi
nasce un fiume
di toni invalicabili
rancori,
il fiume degli ostacoli
interrompe la strada,
l'amore inventa un ponte
malfermo
sospeso
malandato…
necessita equilibrio
per non precipitare.


 

Poesie che hanno per tema il mare


Marittimo in pensione
seduto sulla riva
come un volo fermo senza ali
sulla gronda affacciata
a volteggi di rondini e gabbiani
le nostalgie
ch’erano dolcezze
covate a bordo
dal desiderio di cucire i fili
ora sciolte nell’acqua
senza sale
sfiorano le cornici
come un sorriso senza gioia
estratto dal volto, la noia
che controvento assale
implica sogni alla deriva…
con la prora puntata
all'orizzonte
mastico il peso
lungo le notti vuote di fanali
che seguono la rotta
del cuscino
sull’onda piatta
che rimpiazza il mare.

O mare
quando sei inteso
a cogliere
un volo di gabbiani
o ascoltare tenero
i sussurri del cielo
la mia barca
sul tuo grembo
è come una bambina
sulla mamma,
scivola leggera,
abbraccia il tuo profumo
e gioca coi bisbigli
della luna…
a vento cieco
quando increspi
il viso,
urla beccheggia rolla
non governa.

Salpa lo scalandrone
la valigia pesante legata
con lo spago,
o marinaio
lasci di poppa il cuore pieno…

i frantumi di ieri
si sciolgono nel sale
col ritmo sospeso
dei motori.

Le brande,
i carruggetti,
i passi lenti,
manca un quarto solenne…
passa un faro…

Bevi un sorso d’amore
al primo porto
ti scappa il cuore,
ma è solo una canzone
da cantare…

Come nel ciel la luna la sua strada
trova giocando a nuvola col vento
fende la prora il mare,
o marinaio
hai binocoli grandi per guardare
dietro i pensieri.

O marinaio
tocchi la tua sponda...
alla deriva
sugli asfalti secchi
ancora rolli anche senza mare.

Una nave
naviga ad oltranza nella nebbia,
il capitano dipanando il filo
dipinge la distanza fino al porto
con gli acquerelli che ha trovato
nella dimora delle immagini,
e ascoltando l’ampolla
che sprigiona profumo
crede di avere acceso una lampadina
e carica le stive di luce…
ma tocca con la mano
la porta del labirinto
che sembrava aperta
perché era trasparente
poiché i vestiti si logorano
e lasciano nudo il colore,
così rimane solo dietro l'uscio
perciò la nave
giunge al porto vuota.

Tinta di glauco mare
salpò la nave illecebra
a gonfie vele
alamarando i flutti con la scia.
Il tempo alieno
la sorprese.
La navicella sola tra gli scogli
patì l’agone e i granfi
del vento alacre,
scardinata dall’apice alla chiglia
sulla battigia la sconvolse l’onda.

Bianco gabbiano
accompagni la nave.
Non ti nuoce il cielo grigio.
Viene la solitudine sul mare,
viene la notte sola senza stelle.
Bianco gabbiano
a te non fugge il tempo.
Voli, ritorni, non ti posi, sei
come un pensiero vago di pensare.
Un marinaio stanco
viene l’ora e rassetta,
posa i pennelli nella cala,
si sofferma, aspetta.
Guarda il tuo volo.
Bianco gabbiano
Voli nell’aria e ti culla il vento.
Tu troppo poco hai
e troppo vago sei
di volare lontano,
coi sogni aperti vai
come ali
sulla spuma dell’onde,
da prora a poppa
come un gabbiano vago di volare.

I vacanzieri
Frammenti di fabbrica
affamati
dalla fetta di torta che gli spetta
assaltano il mare
che assorbe gli stress
con l’offerta
che sfoglia le voglie…
la baia raccoglie
la pesca,
il verme si torce nell’amo,
ascolta il richiamo
un pesce
che passa
che tocca
che abbocca…
trasmette l’orgasmo dal fondo
la forza minuta che tira
che soffre
che offre
minimo di derrate
al torno di occhi
sospesi
di spettatori a registrare i guizzi…

l’anima non intoppa,
prende un disegno
che non gli appartiene
questo diletto
che conquista il mondo.

Navi su filo dell’orizzonte
Nel fiume del tempo
naviga
controsenso al verso
che consegna le cose all'oblio
una qualche luce di fanale,
persegue la tessitura
fino all'ultima trama
giocando con la scia
di una nave
che l'onda non cancella.
Su promontorio il faro
guida i navigatori
attingendo carezze
in lontananza
legate al suono
di un qualche nome…
i timonieri colgono il segnale
rilevando puntini al passaggio
che accendono il cielo
a spettatori attenti sulle strade
che tendono la mano
a questa scia di luce
che ha penetrato
l’anima del mondo.
 

Il viaggio
Tanto tempo fa m’imbarcai,
presi la rotta verso la banchina
posta all’altro lato del mare
dove si svolge il concorso.
Il primo atto avvenne sottocosta
tra carezze di vento e gabbiani,
poi venne l’alto mare…
imbrogliato di grumi di memorie
l'ultimo tratto prima dell'attracco
nel torno brulicante di vapori
distraggo coi ricorsi all’ospedale
il loculo che aspetta…
il primo passo sullo scalandrone
a cui fa capo questo andirivieni
lascia pesare il senso
della piccozza dello scalatore.
 

Senza nocchiere
Una barca diretta
all'orizzonte
naviga senza nocchiere,
passa la traversata
tra secche
pregiudizi
tra marosi,
omologando il senso
che la natura aizza
per sviluppare
il proprio tornaconto
paralizza il quadro con bloccate
lungo pattugliamenti di censure…

trascorre il buio della notte
dove l'insonnia
si può spendere
per acquistare immagini
nelle profondità,

con la rotta dimessa alla deriva
si ravvede
quando le lune
che il marinaio libera
durante la traversata
si perdono
nella lampante egemonia del sole
che ostenta le rughe del viso.

Da Poesie che hanno per tema il mare

Una nave incagliata
nella secca
s’imbatte col sole che passa
e ripete che passa,
mentre aspetta l’alta marea per disincagliare
sfoglia miglia percorse,
prende volo su spruzzi di magia
dove il cuore rimasto incollato
nelle intercapedini di certi bagagli
fa fatica a battere lontano.
Le ore scarnificando i versi
lasciano putrelle a sostegno di memorie,
un'impalcatura che non crolla,
nel ripositorio di ciniglie,
ma il peso non concede
risultati attendibili e la gnosi
ricamata dall’uso
su rotoli di carta igienica
non fa sconti...

forse il nocchiere
ribadendo del bandolo la scena
consolerà il trasloco coi dettagli
senza scompigliare la coscienza
della luce contro le facciate.

S’addensa il flusso
che abbraccia l’orizzonte
dalla cima
di questa piena d'anni
cerca uno spazio
per violare il muro,
bruciando a freddo il fumo
sorge a fiocchi,
s'inabissa nell'aria,
ti sfugge se lo tocchi,
entra in punta di piedi
l'indifferenza dei minuti,
accoltella il giorno
passando sulla fronte della luce
coi passi vuoti
come una conchiglia
seminata
sulla sorte dell'onda
e della riva…
scontento d'esser dentro
e la paura di venire escluso.

La traversata
Un seme butta l’ancora nel mare
pioggia secondo
partorendo occhi
che intendono sorpassare la nebbia,
uscendo acquista indumenti
che lo statalizzano come una matricola,
annusando lo specchio
inciso di morsi
dell’uno e dell’altro partito
viene attratto dalla loro somiglianza
e affitta una casa nel corso,
ma l’estremità di trabocchetti
punge i sogni con profitto ambiguo
ed alterno frullare di rivolte…

è vero ogni erba
ha un profumo distinto
e forzare i pistoni non ha senso,
tutto il volo rimane un solo punto
ed alla traversata il porto è escluso.



Poesie che hanno per tema l'amore


La favola della notte
Musa che accendi
tremolanti fuochi,
fiume che scorri tra le rive
della sera e dell'alba,
le tue virtù pacate
i tuoi silenzi
suonano dolcemente,
si condensano l'ombre
come spalmate oasi di tempo,
escono i puntini sempre accesi
dai labirinti ignoti,
sfogliano desideri tra le dita:
un'isola incantata sempre verde
lambisce il mare l'onda di confini
la riva nuda come una conchiglia
dove la spuma palpitante volta
lungo le insenature color miele…
maturano le notti fior di stelle
sullo stelo di sogni tra le righe
della favola dolce dove un bacio
sveglia la principessa addormentata.

Il libro caro
Accorpato a barbagli
rigettati
dagli stralci di foresti lumi
snudava l'amanuense
il libro caro,
copiava righe del passato
deambulando nella sfera chiusa
come un pensiero apodo,
e senz'ali
con aspersa la fronte di bisbigli
della volta ottativa
ornava l'onde
disegnando la pagina del cuore
con la connivenza
dello specchio conserto
che cuciva
i bordi di limbelli adulterati,
e novellava al vento...
negli scaffali vuoti
sentiva ancora
il canto dei vestiti.

Mabel
Ho trascorso un pieno
di storie
ciascuna ha piantato
un arbusto
che punge tra rughe di muri.
Aprendo la porta
della casa sconfitta
il canto conduce
nel guscio protetto
dalla buccia ruvida del litschi
dove è rimasto il gusto
del tuo sapore esotico
Mabel
mi avvicino ai tuoi battiti
col cuore blindato,
parola di tempo che corre
a tenuta di cuore cercando
nel vuoto uno spazio
davanti allo specchio
in attesa
che accada una magia
per dipanare la matassa.

Amore
Se le parole dell'albero non
cascassero come sfrattate foglie
davanti agli occhi dell'autunno
sarebbe bello annegare nel tuo mare...
anche noi che ci sentivamo una
storia infinita siamo finiti
nella lampante egemonia dell'uso
che struscia le tue ali artefatte,
forse Giulietta e Romeo
se percorrendo giorni pattugliati
da ombre di cielo giganti
avessero dato al tempo lo spazio
di mangiare i tuoi colori
non sarebbero riusciti a salvarti.

Sulla scia dei sogni
Con la pelle increspata
dalle rughe del vento
inseguo un'onda
carezzando versi
che ritagliano il cielo
e indorano di bisbigli
le voragini aperte…
questi fogli
tra le dita digiune
la mano secca ardisce
spumeggianti rintocchi
come la scia di sogni
l'orizzonte…
i filamenti stillano
brividi di luci
e gli occhi delle sere
fiumi d'ombre.

L'incontro
Il sole matura la pelle
evasa dal vestito,
piedini scottati di bimbi
correndo a ripari
nei circoli d'ombra
diffusi dallo Zenit
le tue ciglia assopite
schiudono,
sorridono alla ghiaia
che sguazza coi flutti
su righe fiorite di sogni,
un cielo regalano
al mio sguardo che annega
nei tuoi flutti…
e l'onda già scrive
nel cielo
i riflessi del mare.

San Valentino
Petali boccioli
nati per forza,
per decorare
il giorno dell'amore.
Rose…
alcune tristi
guardano pensose
i fiocchi della neve
dietro i vetri,
altre
hanno chiuso gli occhi,
ancora vive
pendono già chine.

Primo amore
Scopriva il mondo
l'alba mattutina
con gli occhi grandi,
era una bambina
bionda
come i capelli della luna,
andava scalza
nella notte bruna,
si cullava con l'onda
e con il vento,
sussurrava una musica
d'argento.
Seguiva un sogno libero,
la mano
tendeva verso il volo
d'un gabbiano…
era giuliva
era il primo amore,
la vide il sole
la colpì nel cuore.

Fuggiamo
Notti imbrigliate
rendono
il russare delle ore
dalle fessure stente.
Fuggiamo
dall'ombre opache…
cammina
andiamo
corri
inseguiamo la luna!
Fuggiamo
dai riverberi saccenti
di questo deserto incarnato,
da questo bosco
vessante,
dai remoli aberranti
di questo fiume!
Dammi la mano,
fiorellino acaule
sommerso dall'erba…
sei inviato a piangere
a magico convito delle stelle.

Ellera abbarbicata
al cuore della notte
come una solitudine
allo specchio,
passano le immagini
all'apparenza terse,
latenti riflessi
di sogni incompiuti,
fogli finiti non usati…
spunta l'alba
col cuore leggero
come il vento,
pigia l'arca
sottiglia
non scioglie
la chiglia dall'acqua…
rimane
stagno tepore
di pesanti avvolte
coltri rifatte,
e sullo schermo l'eco di rintocchi.

Sprimacciando il guanciale
Può bastare una piega sottile
una rassomiglianza
un bacio
un nome
anche un nonnulla
per chiamare un vento
che trema
da una roccia di memorie
affacciata sul mare…
nel reliquario
colano rintocchi
dalle intercapedini del tempo
come un richiamo
a seguitare il fiume
sprimacciando il guanciale
di memorie.

Scalzo d'amore
forte di memorie
vago lungo sentieri
brancolando
nella nebbia
che sale dai tepori,
rilevando il nimbo
di un fanale
butto una mano
immerso alle tue sponde
nel ristagno di gocce nella gora,
s'increspa il senso
partorendo onde
sulle creste anomale
dell'ombre
che si sciolgono in bocca
mescolando
con la saliva amara
versi dolci.

Veleggiando
per mari di memorie
sento schiamazzi a perdifiato,
sulla nomenclatura del bisbiglio
amore,
pare un discorso di onde
che abbraccia la costiera,
insinua rigurgiti di schiuma
in frappe di sabbia.
Vagliai il palcoscenico seguendo
il copione tracciato…
l'imperfetto presente di spiragli
non aprì la porta,
abbicata agli abbienti
non scendesti dal palco a recitare
nella platea diffusa di scommesse…
La pioggia acquista un senso
scavalcando veglie di notti
sotto l'imperversare
del maltempo
a lento maturare di barlumi
dove fulmini accendono il totale.

Volevo descrivere fiori
come gli occhi d'aprile
sottovoce sciogliendo le zolle
scrivevano righe di festa.

Sono entrato al profumo del sole
nel giardino, ho dipinto una rosa
ma le spine mi hanno ferito
ed ho pianto.

Ora corro notturno contro il tempo,
ti sento bussare mentre ascolto
la tua voce d'allora che mi segue
e parla col silenzio dietro il vetro
dove il tuo sguardo intatto
é conservato.

Mi sgridano i contorni manomessi,
non aprono finestre all'orizzonte
al tocco serotino della sveglia
presa da sole placido dell'alba
col vento che lambiva i tuoi capelli
ed il sorriso fermo mentre piangi
guardando l'altro lato della piazza...

Così nuotando insieme in questo sale
non salgo a galla mentre non affondo
sulla battigia dove rompe il mare.

La telefonata
Il magico filo
che cuce
chilometri
fissi di guardia
e parla
giocando
coi guizzi
che scrive la luna
sull'onda
che strappa
per forza
i vestiti del tempo
ha scandito
una voce
sospesa
che piange
con gli occhi d'allora
e un silenzio gigante
che grida ancora
ti amo.

Trovai un fiore bello
stava crescendo
all'ombra di cespugli,
c'erano spine intorno,
m'insanguinai le mani,
per afferrarlo
si strappò lo stelo…
vidi appassire petali
soltanto
mi rimasero i resti
ed il rimpianto.

Sole di marzo
Con gli occhi diluiti
nell'acqua dell'attesa
sta scavando sogni di miniere
per catturare il suo lingotto d'oro,
a ricambio di cuore
confida
la zolla
ma sole di marzo
che pianta
apposta o per sbaglio
diamanti
nel coccio di bottiglia
inventa gelate
e tinge i suoi quadri
di scalpi d'umore,
sull'onda
la luna strimpella
fecondando sentenze musicali
a tutto volume
come naviga l'eco del malore.

Fanciulla,
questo nome
non segue il tuo cammino,
non si adatta,
antico suona troppo
al tuo pudore
ch'era una corazza,
vivi smarrita con lo scudo roso…
il sesso si proclama vincitore,
festeggia la vittoria
nel regime che imprime
il suo talento
coi mezzi all'avanguardia…
la rotta è speronata
dalle vigenti analisi di lumi
di questa società
nel senso che
l'onda che proteggeva
ha strabuzzato gli usi
allunga i passi
ed apre con la forza
gli occhi ancora chiusi.



Poesie che hanno per tema la natura


Notte celeste
Notte celeste placida
tacite luminelle,
notte celeste grande
notte di mille stellle.

Reggi lo sguardo timido
piccolo uomo, affonda
con l'infimo centimetro
nel spazio che t'inonda,

cogli all'immenso un attimo
di silenzio e d'amore,
china la mente audace,
sazia di quiete il core.

Una poesia dei monti
L'aria sospesa alle pendici
vive il sacro dominio della vetta
che si scontra col cielo
come un'esplosione di silenzio…
un silenzio selvaggio
in cui s'immerge lo scalatore
che vince il peso dell'arrampicata,
un silenzio non contaminato
a cui soltanto il vento può parlare,
un silenzio che scuote la valanga,
impervio di strapiombi,
rotto dalle voci di cordate, crudele
scalza lo sfidante ignoto, un silenzio
gigante che parla alle scarpate,
come ali di aquila si scioglie
dalle balze nevose sugli abissi…
guarda, ascolta, si fonde
con l'etere sereno
la conchiglia di sole del tramonto
nell'immortale estasi di un bacio…
chiudi gli occhi incapaci,
accogli il tutto
senza aspettare volontà di assetti…
questo sentimento di altitudine
disponi in versi, nasce
una poesia dei monti.

La maestra
Nel campo dove crescono
i miracoli
la maestra non passa soltanto
tra i banchi di scuola
e spiega una mela che cade,
é anche scolara, si evolve
frequentando la scuola di tendenze:
rende al picciolo la foglia,
rattoppa gli smagli,
sostiene a misura di zolla
margotta che parte da sola,
fornisce la spada ai gladiatori,
indossa gioielli la sera
e veste il bambino di sole,
é artista eloquente
intrattiene
con la tavolozza del pittore,
contro le parole senza scudo
perché il contadino è un uccello
che becca i fichi maturi,
perché il contadino è leopardo
che assale le scimmie sugli alberi,
é lupo con disegno di aggredire
che corteggia con occhi di premure.

La notte
Dopo una giornata contorta, campale
dirotta le norme, non dorme la notte
nel letto con l'onda che allunga i pensieri
nuotando sott'acqua come lo schiamazzo
dei ribelli che si rompe contro il muro
della tribuna prima di affogare,

forte d'artigli gioca come un gioco di riflessi,
scavalca il buio e graffia fino a perdita d'occhio
con la naturale connivenza in questo mondo
di carne e di carnivori, sotto il cielo sordomuto
dove i meridiani prominenti tagliano i paralleli depressi

Mentre svuoto la stanza col discorso in salita
che spezza il segmento, gli occhi sbarra
sulla marea di versi che rimonta lo spazio
di una nuvola gigante, lacrimosa l'alba
raggiunge lo sfondo e strozza il buio
con le mani di sole.

Sfogliando pagine di campagna
dove si leggono poesie
che la stagione pubblica ai poeti
mi fermo davanti agli occhi
di un ciliegio che scrive versi:
l'opera si presenta al vicinato
con l'orgoglio festoso di chi dona…
tutti vogliono leggere la storia…
ed io coniugato con letargo,
dall'eco attratto di reviviscenza,
andatura commista di giulebba
e peso amaro sui gradini stanchi,
m'affanno piazzando su tempi
di carta immagini per imitarlo,
e mi vanto pittore.

Caro tramonto
L'abito della sera
indossa ora l'albero coi trilli
a cui fa capo l'ugola del merlo
ed il cu-cù risponde da lontano,
tra le foglie sguazzano scintilli,
filtra l'ultimo sole,
scorazza rosolaccio nel declivio...
caro tramonto,
coi raggi pacati
e col respiro
della brezza leggera...
si spande il giorno vorticoso,
sfocerà nell'oceano della sera.

Nella campagna rorida
sbocciano i fiori,
antesignano
corre vento antico
asporta i geni all'antere,
trepidanti volteggi
intorno ai nidi
e garruli bisbigli...
nella saccente
millantata
specie
l'aria è pensosa,
rutila il trionfo
del seme sorto
nella provetta...
fuliggine rosata
nella culla
dove vagito
a falsa mamma spande
e nelle opache cantilene
affonda...
bella natura
disdorata
e franta.

Pioggia razzente
d'azzurro
cala sull'orizzonte,
gemica ruzzi il cuore...
germogliare
fiorire
rinverdire...
O dolce primavera!
non entri
non trapassi
questo vigore avido
del fumo.

La voce del tramonto
suona sotto i mannelli
nella campagna
come i problemi curvi
sulle spalle,
ma il sole all'orizzonte
sfogliando dall'antipode
il cammino
stempera i desideri
nei colori pacati
come l'alba,
accende un bacio
dolce di memorie
dove gli occhi
possono scrivere
sulle righe sbiadite
un rifugio.

Primavera
Il tempo
sfogliando il libro
ha raggiunto la pagina
dell'equinozio,
dietro i vetri
c'è gran baccano,
sono i segni
della stagione nuova
che si versa nei campi.
La processione parte
dai ciliegi di bianco vestiti
sfila tra cornici
di primule, e germogli
arrampicati a rami…
e tornano le rondini
riportano gli anni
a contare
i balconi sospesi…
ma qualche balcone
é crollato
e questa vampata di luce
non ha senso.

Imbrunire
La terra canta dolce di tramonto,
in estasi di cielo l'orizzonte
apre l'uscio a misura di pennelli
a parole pacate dietro i monti,
e di silenzio abbevera le valli,
sospeso alla magia della campagna
m'infittisco di alberi, tra fronde
si leva a curiosare qualche guizzo
di sole calmo ed é poesia di trilli.
In lontananza fermo di lavoro
raggomitola il giorno il contadino
sulla terra sdraiata mescolando
i passi stanchi all'imbrunire e l'oro…
e lascia qualche brivido che passa.

Tramonto autunnale
Dopo sereno calle,
quando il declino
su cataletto azzarda
vene di carbonchio e indossa trilli,
sembra lasso di acquarelli
la pace timorosa che inzuppa
di oro colato le rughe del tempo.
Il sole ancora consiglia, ma pioggia
che sale dagli anni pacciame
modella. Il dì canuto, dove un
qualche scienziato ha inventato la
macchina per vedere l'invisibile
e sentire l'impercettibile silenzio,
al grido di sorgenti d'acqua pura
che abbeverano pozzi secchi di
cavalli che hanno attraversato il
deserto, confuta i fantini con la
frusta quando muti sull'ancora di
ghiaccio si spartiscono l'ombre.
Nell'interstizio che soccorre il
tempo ascolto il vento leggero
che porta i cavalli nel recinto.

Cara luna
intensamente sveglia
tacita fissi
oppur giocosa ridi.
Come pupilla sei
vaga, severa, attenta...
leggi a ciascun negli occhi
i suoi segreti
e scrivi sugli sguardi
il tuo pensiero.

Natura
Quando si sveglia il giorno
è l'aria nuova
leggera e insonnolita,
stende
dall'orizzonte trepido la mano
l'alba,
s'affaccia incerta e silenziosa,
schiude le sue finestre piano piano,
sorride al mare coi riflessi rosa.
Bella Natura!

È primavera,
é verde intorno
voli nella campagna
ed è festoso canto,
quando giochi con chiazze di colori
e ritagli di forme,
coi pennelli
tingi farfalle, petali di fiori,
prati, declivi, limpidi ruscelli.
Vaga Natura!

Un pensatore attento
osserva e tace,
fruscio del tuo saper
coglie, è saggezza,
quando calcoli seria i tuoi diademi
poni nel cielo ed equilibri, reggi
gli spazi, i moti,
orbite e sistemi
ammansisci sotto le tue leggi.
Grande natura!

Palpiti, sogni, aneliti
prendono il cuore e il viso
quando c'è amore,
un giubilo profondo
nasce
un sentimento,
il cuor s'infiora.
Quando s'immerge nel magico fondo
l'indefinito si sente e si sfiora.
Dolce Natura!

Scorre la vita
l'onda dell'oblio
trasporta il tempo,
copre e dissolve lacrime.
Nella valle mortale agnelli e lupi
sono i tuoi figli, è mare di dolore.
Perché? …T'avvolgi di silenzi cupi,
miseria e strazio
non ti tocca il cuore.
Madre Natura!



Poesie tratte dalla Silloge 2 Novembre

Una goccia di infinito
Il canto della notte
si spande,
un alito di brividi
mi sfiora
mio padre.
Un abbraccio senza corpo,
un sorriso,
appagato dolcemente
dalla voce senza suono
mi sveglio....
sullo schermo
dei pensieri abituali
rimane
una goccia di infinito.

Mamma
Una stella
in questo cielo grigio,
una luce
in questo crepuscolo,
un arcobaleno
in questo tempestoso
urlar di lupi,
una carezza
nello stanco errare.
Oh questa vita!
Mamma...
un soffio di dolcezza
questo sfogliare l'album
del cuore.

Due novembre
Occhi spenti
profondono luce,
melico ardor di salme...
cuori ardenti
battono attese,
fiumi di parole...
amori
gioie
lacrime
adiscono
agli aliti
di questo giorno
affiorano
dai riflessi
di queste zolle,
salgono al ciel
come un ardor di ali.

Splende
come il colore di una
lacrima
sull'epitaffio
il piccolo lumino
in pasto al buio...
gli occhi
davanti
alla veste marmorea
trasparente
come lo specchio gelido,
invocano
pietà di speme...
silenti ceri
ardono
nel vuoto del pensiero.
Ave Maria!

Sepoltura
Tra le marmoree solitarie siepi
dove il colore del tempo si perde
tentenna il sol da cipressi ventosi
guizzi di vago novembrino ardire...
marcia il corteo ed i velati volti
sfogliano riti, calpestio di passi
grava, il silenzio si profonda, avanza
nero come il colore dell'addio.

Oh come corre questo treno fermo,
coi finestrini aperti alla campagna!
Tende la mano l'albero di sogni
dolci, pendenti, carico, maturi,
sfioran le dita quello di rimpianti,
foglie ingiallite, sterili pensieri.

La terra pia che ci raccoglie, cruda
inghiotte questo sacro appuntamento,
non la placano né fiori recisi
e nemmeno il dolore... sepoltura
come un blocco di marmo s'addolcisce
allo scalpello di chi accende un fiore.

I colori del tempo
Splende un silenzio inciso
di malore
della serpeggiante carreggiata
nelle cariatidi marmoree
e telamoni
di questo mausoleo ferito
delle ingiurie del tempo,
un silenzio che parla alle rovine
con la voce pesante
come una montagna
sospesa sui pensieri,
i giganti si sciolgono nell'onda
vivendo ciò che resta dopo il giorno
dove la notte vince sulla luce,
la morte non è morta,
si aggira sonnolenta
negli intervalli di deserti di frotte
l'aria impregnata
di sapore che antico si rompe
sgranocchiato dal passo dei motori.


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