Sessant'anni, oggi
Sessant'anni oggi il tuo onomastico
sulla scalinata del "Petraio" ti cinsi le spalle
camminando più lenti di una lumaca.
Continuavi a ridere e ridere. Il tuo riso era
lo scorrere di un ruscello appena nato.
Mi piaceva il profumo di non ancora donna
i tuoi occhi brillanti come splende il Sole.
Improvvisamente ti costrinsi a fermarti
e guardarmi negli occhi, o ero io che volevo
specchiarmi nei tuoi sì luminosi e ridenti?
Ti cinsi il collo con le braccia a cerchio
rilegai un filo di perle da quattro soldi
- di più non potevo -
Poi attirato come calamita dalla tua bocca
pura come quella di un neonato
ti baciai con tutta la passione della gioventù.
Piangesti lacrime senza fondo
perché me lo hai rubato singhiozzavi
avrei voluto tagliarmi la testa
ma come avrei fatto a raccontarlo oggi?
Oggi, il tuo onomastico l'ho festeggiato
da solo davanti al computer
nello schermo c'è il tuo volto
e nel cuore il rimpianto di quelle perle
che mi fecero rubare il tuo primo bacio:
le lacrime mi bruciano ancora l'anima.
Dimenticato e solo
Dimenticato e solo
come il morto sole di Cefeo
giaci, mio cuore, ora che le coppe
delle mani sono rimaste vuote
dell'ovale tanto caro;
ora che la bocca serve solo
per parlare e aiutarti a vegetare.
Vegeti come prima di incontrare
le orme dei suoi piedi impressi
sulla roccia e cominciavi a vivere
sperando un domani bello come
la vita di chi la vive intensamente.
-Da Dove vai, uomo?-
Quando ti accorgerai
Quando ti accorgerai di non avermi amato
come avresti dovuto, vorrei esserci
per poterti cullare come nell’infanzia
per darti i baci che non hai voluto
per dirti le cose che non hai ascoltato:
asciugarti le lacrime coi baci
più ardenti e arretrati e leggere
sul volto, finalmente, la serenità
«quella» che hai sempre rifiutato.
Quando capirai il mondo che hai perduto
vorrei esserci per crearlo e donartelo
anche se mai l’hai voluto e non ho capito.
La notte
E’ giunta la notte,
e tutto dorme d’intorno:
anche il vento.
Sosta l’umano lavoro,
tace l’umano travaglio.
Trapunto di stelle,
stende il suo manto la notte
sulla laguna di lacrime.
Che vale ch’io vegli?
Ma datemi l’oblio…
Freddi contatti sterili
Freddi contatti sterili
inespressive stalattiti gementi
di fronte all'incongruenza
magmatica di sempre.
Fredde espressioni di occhi allucinati
allucinanti occhi di bimbo che dal colore
dei fiori hanno imparato a conoscere il cielo.
L'Arcobaleno il bambino non lo cerca
lo trova in una "palla di sapone"
cogli occhi ridenti delle prime scoperte.
Contatti, sterili e freddi disperdono
come il vento le nubi gioia
di uomo bambino che vive
nella città stanca e addormentata
sotto stelle diffidenti.
Contatti freddi come sterili pensieri
sono gli incontri delle navicelle con le stelle
pensieri sterili e freddi le tue parole.
Solo il riso gaio di un bambino
fa rivivere il Creato in una “palla di sapone”.
Maggio
Scialba e ridente vanità femmina
imita della natura la rosa
imprime nel fondo squallore
al fossile cuore.
L'ago e la zappa s'arenano.
Affila falce stancamente
ansioso attende che sole
frutto nel solco maturi.
Femmina scialba imita
dalla natura la rosa.
Solo stanca campana a sera
annulla pallida vanità.
Del Creato trovo l'immensità
(Da Il vaso di cristallo – edizione A.I.A. 1982)
Gennaio
Vestito di gala candido, puro,
festa. Povera gente
con la zolla soffre e gioisce
Rincorse di bambini sulla neve
orme nere festanti
per strade che parlano di romanità.
Risate scoppi di gioia repressa.
Calore d'infante sprigionano
gli occhi non miei. La Befana
- magra non per avarizia -
riporta eco di gioia non goduta.
Il vestito di gala si scioglie
e non per i raggi del sole.
Nell'aria la gioia infantile
si confonde col canto degli angeli.
La Befana, magra non per avarizia
si ferma sulla porta di casa.
I bambini che abitano quella casa
non sanno ridere, ma per amore
gioiscono.
Sono gli uomini che domani
leniranno il tuo dolore.
Guardi le orme nere, festanti
sorridi e lasci cadere il bastone.
(da "Il vestito più bello" - "Il vaso di cristallo" -
"Canti per
un anno")
Febbraio
Che dicono, febbraio,
i giorni interminabili
le notte eterne?
Tace la zappa e il bidente.
Trenodìa!
Scoppietta il camino
stanca pipa.
Giorni interminabili
non a me
notti eterne al mio cuore.
Braccia stanche di far niente
muscoli atrofizzati.
L'ago sposa ossido di ferro
non sapore di pane.
Camminare
Camminare a piedi nudi sull'erba
quando è tutta impregnata di pioggia.
Rotolarsi sul prato all'alba e
bere rugiada permettendo al sole
di asciugarla sulle tue labbra.
Provare ogni giorno emozioni nuove e lottare.
Combattere per una società che possa
gustare la gioia di farsi asciugare gocce di vita
sulla bocca da un sole caldo e genuino.
Camminare nel fango dei sobborghi
con i piedi portare lontano
quel fango e combattere. Lottare
anche quando ti mancano le forze
e costruire una società fatta
di uomini coraggiosi che camminino
felici s'una strada splendida di bene.
Camminare dove il marcio è cancrena
e lottare. Battersi per estirparlo
e vedere finalmente l'uomo sereno.
Accanirsi per non leggere più
negli occhi dell'uomo la paura.
Pugnare per una società
in cui l'uomo è veramente Uomo.
- Da "Il vaso di cristallo" edizioni A.I.A. 1972 Roma -
Nelle ombre del crepuscolo
Nelle ombre del crepuscolo
sei tutta intera come ti vedo.
Nelle ombre che s'accorciano e allungano
sei tutta mia soltanto, come io ti voglio.
Labbra rosse e dolci come melagrano
in un eterno sorriso di beatitudine:
morbide come la serenità
pronte ad accarezzare le mie.
Seni radiosi come coppe di sole
fianchi come anfore greche,
tutta intera come albero forte,
vibrante come foglia bel salda.
Nell'ombra del crepuscolo sei tutta mia
margherita infinita dai petali bianchi
e dal pistillo odoroso di sole e d'amore.
- Da «Senza levatrice» - Albatros Editrice Roma 1983 -
Il ginocchio spolpato
Il ginocchio si è spolpato e ha messo in luce
un teschio che si lamenta, come un cane
in una notte di luna piena.
Di quella polpa s'ingozza un gatto randagio
piscia la luna e cade un fiore dal melo:
era il frutto a te destinato.
Milioni di capelli in piatto nascondono
i pensieri del teschio rinsecchito
nel ginocchio spolpato. Piange un bambino,
lascialo piangere e volta pagina, che serve
asciugargliele? Quando avrà smesso di piangere,
quando non avrà più lacrime, il teschio
si rivestirà della sua carne e il ginocchio
non avrà ragione di lamentarsi
come un cane in una notte di luna piena.
Solo l'amore sarà morto.
- Da «Camminare Cantando» Edizioni A.I.A. Roma 1983-
Ad Anna Oggi è il tuo nome, Anna. L'usignuolo del bosco manda, nell'aria cheta della notte estiva, il solitario canto a te soltanto: pura e dolce amante del poeta. La scienza ti è amica il sogno è la tua vita ma ti confini nella realtà accessibile ai tuoi sensi. Queste tue doti, Anna, colmano l'anima di bene. Ché della poesia, amore, la cara amante sei. Il volto dolce e perfetto rigato di lagrime caste, irradia quello del poeta. Il corpo tremante di passione nelle sue braccia sprigiona miracolo che uomo lo fanno. Nell'aria calma della notte estiva l'usignuolo bagnandosi di pioggia di luna, libera il suo canto per dire al mondo il bene, l'infinita bontà e l'amore sincero del poeta per te, Anna.
Se non lo fa l'amore
Nemmeno l'amore riesce a tamponare
il sangue che a fiotti cola dall'anima.
Nemmeno l'amore riesce a consolare
il cuore lacrimante per la morte che s'avvicina:
tutto tace come solitario cimitero
senza tombe imbellettate per il due novembre.
Un suono vorrei, fosse anche di piffero
una voce vorrei fosse anche stonata
Tutto è più silenzioso di un cimitero spoglio
in cui i corpi inesistenti fanno tacere
le ossa rimaste ancora a raccontare tra loro
la vita vissuta,
i guai passati,
le gioie provate.
Qualcuno, per favore, fermi questo sangue che scorre
come fiume in piena
come diga divelta
come bugia raccontata.
Se non la fa chi ha pianto con te
nell'attesa di un raggio di sole
come pretendi che sia l'amore a tamponare
la ferita aperta nell'anima,
il passante che ti vede arrancare
che ascolta il tuo rantolo e ti vede morire:
ti guarda impaurito e scappa via?
Fate risorgere l'amore, per favore
solo così potrò ancora cantare
solo così potrò ancora sperare
di non vedere mercanti fuori i cimiteri
che il due novembre rubano la pace
ai morti, senza rendersi conto
che sono essi stessi cadaveri deambulanti.
- Musica bruciata - Edizioni A.I.A. "Poesia della
Vita" - Roma
Lungo spiagge deserte isolate
Lungo spiagge isolate, prive anche
dell'acuto gracchiare dei Gabbiani,
va l'amore mio verso il punto bianco
baciato dalla luna sullo scoglio,
al centro del mare, anch'egli solo
nel gelido e freddo raggio lunare.
Lungo spiagge separate e deserte vanno
i fantasmi dei miei pensieri alla ricerca
di quel punto bianco sullo scoglio
e della mia donna infreddolita e sola.
I pensieri camminano e si confondono
con la risacca. Il Gabbiano è sempre
solo sullo scoglio al centro del mare.
La spiaggia e più deserta di sempre
e il pulsare del cuore è più forte
mentre corro incontro a te con le braccia
aperte come il Gabbiano le ali,
quando vola incontro alla luna,
ormai preso d'amore per la sua freddezza.
- Da "Senza levatrice" - Albatros Editrice - Roma 1983 -
Questo sentimento
Questo sentimento limpido che ci unisce
è il grande mistero dell'amore insaziabile:
questa sete eterna di te,
simbolo dei sensi terreni.
Con te ho bevuto il soffio della vita
dalle tue calde labbra si scioglie
l'ardore che dona brividi al cuore.
Questo sentimento insondabile
sfida le profondità del cielo
e più ardente voluttà scorre
lungo le rughe profonde dell'anima
alla ricerca dell'amore il godimento.
Solo le tue labbra tenere e rosa
possono dissetare questo cuore
assetato di purezza
combattente per la vita.
Se combattesse di meno
saprebbe il sapore vero
della tua bocca, conoscerebbe
i battiti del tuo cuore
e a loro si abbandonerebbe.
Come uccelli migratori
Come uccelli migratori andiamo
e ritorniamo cerchiamo il sole,
disperatamente il nostro sole.
Pedissequamente aggiornati
cosciente peculiarità
non lasciamo le abitudini;
imprimiamo profonde orme nell'aria
- sempre più incrostata -
con fatica dimenticata.
Noi uccelli senz'ali voliamo
per godere nel nido di ieri
quelli che avremmo voluto
essere: noi, semplicemente.
Quando il cielo si tinge di rosa
Quando il cielo si tinge di rosa Paduli,
si sveglia cosciente passata gloria romana.
L'uomo al lavoro spinge senza misura,
anch'egli consapevole onore non suo,
ma vita vive in fatica smisurata e stentata.
Case bianche, piccole, piatte
rimangono sotto sole cocente.
Bambini in giro vizioso,
cani all'ombra sembrano dormire;
sinfonie di cicale, in strade deserte;
schiene curve in lunghi solchi
dei campi, sotto sole rovente.
In squallide stanze altre schiene curve,
sudore gocciola su libri,
non aperti a primavera: germina genio.
Il cielo a sera s'arrossa,
popola strade antiche piede stanco
come contro i Sanniti vittorioso
«Forche caudine» ai romani.
Paduli s'addormenta
e sogna quel tempo.
Ricorda eroi sconosciuti
nomi che non dicono
ma fecero la storia:
uomini sacri alle madri.
Forse tu, già non avevi volto
Non ricordo il volto
forse già non l’avevi quando
percorrevi il marciapiedi
della stazione di Varsavia
lungo il binario dove
un attimo solo si fermavano i treni
che portavano la “ JULIA “ in Russia.
Forse tu, già non avevi volto
ma la tua voce rintrona
come un’eco interminabile
dentro il mio petto: pane, pane!
Forse tu già non avevi volto
ma l’eco dei passi stanchi
che trascinavi su stecchini
- che una volta erano state gambe belle,
tornite, lunghe – martellano nel mio cervello
come la tua voce nel mio petto.
E gli stracci che a malapena
coprivano il tuo scheletro
negli occhi mi porto
come una bandiera
vessillo di giustizia, di libertà
e d’amore per la mia battaglia:
vessillo di sacrificio per te
piccola ebrea senza più volto
che percorrevi il marciapiedi
della stazione di Varsavia
- perché vivere ancora volevi –
lungo il binario dove
si fermò un attimo
il treno che trasportava
i ragazzi della “JULIA”.
Avrei voluto darti cibo e vestiti
piccola ebrea senza più sembianze
ma quei ragazzi avevano fame
tanta fame come te
ed io non c’ero.
Un soldato mi ha parlato di te
un soldato che quel giorno ha pianto
e avrebbe voluto
con le sue lacrime dissetarti
col suo corpo sfamarti
col suo sangue cancellare
il marchio giallo che portavi al polso.
- Da «Camminare Cantando»
Edizioni A.I.A. Poesia della Vita 1989 -
I miei passi lentamente vanno
I miei passi lentamente vanno
quasi a voler conficcare il piede
nel duro selciato che parla di passato.
Dolore e dolore e lacrime e sangue
da prima della croce e dopo speranze.
Incredibile speranza:
Resurrezione sul sangue versato!
Pur'oggi la terra è concimata
dall'umano sangue e la croce
non ha più ragione d'esistere.
Intanto continuiamo ad innalzarla
ad ogni nostro pensiero per sentirci vivi
nella sfacciata viltà di sempre.
Talvolta
Talvolta
negli orrori notturni senza fine
mi trovo ad accarezzare il corpo
e il gelo delle mani anchilosate
pare l'abbraccio di mille serpenti.
Le tue mani sapevano di sole!
In ogni piccola parte della mia pelle
è impresso il marchio della tua bocca.
Negli orrori di queste notti
interminabili, accompagnate
nemmeno da un alito di vento,
solo ricordi senza fantasmi cerco
mentre le tue mani sono attaccate
ad un albero senza più radici
Ho visto il sole sorgere sul mare
Ho visto il sole sorgere sul mare
mano di bimbo desiderosa lo coglieva:
i monumenti, polverosi di storia,
hanno avuto un brivido lungo.
L'uomo ha tremato nella deflagrazione
e molte mamme hanno pianto.
Un padre nel rosa violaceo del mattino
ha visto il figlio giocare col sole e
i suoi anni hanno tremato dinanzi
all'indifferenza del bimbo alla storia
e prima di riudire la detonazione
i monumenti si sono coperti il volto
come Cesare, mentre un padre
e un figlio estranei buttano via la vita
per non essersi capiti e non volevano.
- Da Musica bruciata -
Il giovinetto dell’Acquario
E tu, che dispensi il canto
Pervaso di dolcezza,
nel segno dell’Acquario passi
con l’anfora stellata.
Disseta l’arsura degli uomini
Che mai si smorza,
fa che possano attingere
alla tua limpida fonte
la luce dell’eternità.
Vega
Dalla tua Lira
nella notte fredda si spande
la musica dolce della vita
nel rosso vibrante di Marte
e il borbottio rutilante di Giove.
La melodia manifesta la protezione
che mi offri perché riesca
ad affermare la mia liberalità.
Tu canti o Vega
ma chi ascolta il mio pianto?
Un cielo nuvoloso.
La Spica
La Spica nel suo colore bianco
Festosa si sente,
perché stanotte ha visto
la Vergine spigolatrice
vagare pei cieli
vestita di purezza
e fermarsi a mezzogiorno
per attingere acqua limpida di fonte.
Vergine,
in te si rispecchia
l’Infinito…
Hamal
Combatti a testa bassa
le ingiustizie correndo
incontro all’avventura
se questa non è facile.
Pur amando regole e solitudine
cerchi nel tuo rifugio
l’altrui consolazione.
Viva Hamal preparo giocando col sole
la mèsse del bene e dell’amore
Donna selvaggia e travolgente
la tua fedeltà mi commuove
per questo ti canto e ti ammiro.
Ottobre
Dovunque foglie morte
nella sinfonia del vento.
Ma se due esseri ebri di gioia
lasciano la loro impronta
sugli aghi morti dei pini,
il cielo d’improvviso si schiarisce
e Diana affacciandosi sorride.
Il canto dell’usignuolo
Venivi all’approdo con Sirio
e il nostro canto d’amore
traboccava nel cielo.
Ora in quel nido
son solo,
come l’usignuolo del bosco,
ma senza il suo canto,
che sa sempre
ridonargli l’amore.
La fontana
Con una nuova speranza
ritorno in quel sentiero di bosco
accanto alla fontana.
Un giorno, chini sull’acqua,
ti dissi “Amo quella ch’è in fondo”,
e tu sorridesti confusa.
Ora più nulla resta del sorriso,
più nulla resta delle mie parole.
Ma la fontana è là,
con una nuova speranza.
L’uomo del lago
Più che il buio selvame
del Lago d’Averno
mi attrassero gli occhi dell’uomo
che si offriva per guida.
E bramai che in quel luogo
Egli ritrovasse la pace
per un miracolo
sprizzato dalle mie mani.
Ma il suo male
era come il mio
senza convalescenza.
Rosa
Sei tanto bella, Rosa,
sei la rosa più splendida
degli umani roseti.
Felice il tuo giardino,
nel tuo fulgore stupendo.
Io t’ho amato, ma oggi
penso che solo è bene
goderti nel mistero
della Bellezza pura.
Ma tanto bella, Rosa
ti sogno qualche volta
anche pietosa e buona…
Virginia
Sul roseto trionfante
ti vidi e volli coglierti,
fanciulla dal gelido nome
verginale.
Ti ebbi così,
ma al volger d’un anno
non più rosa
ma carnale camelia
senza profumo ti ritrovai.
Ed oggi per te
ogni roseto mentisce,
intristisce ogni cuore.
Notte di luna Cheta e misteriosa, la luna sorride nel cielo, mentre io parlo di lei, e intanto par che la rosa fra le mie mani appassita riprenda forza e consenta. Io parlo ancora di lei alla sorella luna: chi sa che un giorno non torni a rallegrarmi la vita…
Meditazione Tra un punto di cucito ed una rima passo la vita, indifferente al mondo: chi mi sa leggere dentro, chi può vedermi nel cuore? E qui, mentre la brezza mi porta effluvi tetri di sobborgo, medito: un tempo anch’io respirai la purezza d’un cielo ubriaco di verde, fra gli ulivi di lontane colline. Ero fanciullo, allora, né ancora la vita mi aveva deluso, mettendomi un ago fra le mani. Ma con nel cuore un poco di poesia sognante, anche l’ago si dilegua talvolta, l’ago amaro destino di vita. Desiderio appagato Mi dico: “Eccoti, infine, nella bramata campagna, sotto l’ombra d’un folto pergolato. Canta, poeta, stringi fra le braccia Il mondo intero: intona anche l’inno dell’amore”. Taccio: di dentro solo Un’eco di sorriso: l’attimo della gioia è spesso senza canto. Lettera Amico insperato, ascoltami, ho solo vent’anni. Ma, te ne prego, non dirmi ch’io son della vita alle soglie. Amico insperato, la vita m’è sfiorita in cuore a vent’anni: nell’anima ho rughe profonde pel pane che non mi bastò, per la luce che non ebbi. Se ti dicono, amico insperato, che il sole splende per tutti, smentisci la stolta menzogna: nella mia vita non c’è stato sole. Forse domani, se tu non sparirai alla mia sete, dirò che vedo l’aurora. Due tombe Fra tante tombe ne cerco due, le tombe a me più care, due persone da amare oltre la vita. Io cerco voi, don Franco, io cerco te, Enrico. Trovare le vostre tombe, muovere la gelida pietra, ritrovarvi compiacenti e buoni, sorridenti come un tempo… Ma presto torno indietro: le vostre tombe sono in me, la vostra, don Franco, la tua Enrico, e solo in me voi vivrete, finché io pure vivrò. Il mio regno Talvolta mi creo nell’orrore notturno angosciosi silenziosi, medicina sperata per placare l’insonne nemico. E la luna, amante dell’anima, si circonfonde di rosso torpore. Così si placa l’anima. Canto di sera Quando giunge la sera, d’inverno o di primavera, il cuore mio comincia a cantare. E nella silenziosa pace dà un addio alla malinconia: cantando si sente felice, perché il suo pianto nel canto si fa gioia sommessa. Napoli Note arabescate sullo sfondo azzurro del mare, poeti che sognano un mondo che domani abbia un sorriso e una lacrima per gli affanni di tutti. Malinconia Ogni uccello torna al nido, e talvolta anche alla gabbia: ma io non tornerò. Lasciamo dimenticare, lasciami immergere il capo nell’acqua dell’oblio. Se ritornassi, un’ombra ti troveresti avanti: solo Dio può far morire e poi chiamar dal sepolcro. La vita Sappilo, amore: è solo un fiore, la vita, dallo stelo sottile che al primo vento un po’ forte si spezza. Vale soltanto, amore, nel timore del nulla in agguato tenersi per mano… Non ci sarà più sole Dicevi: “A primavera avremo tanto sole…” Ma venne la primavera, e fu freddo ed ombra; e ne vennero altre, ma ombra e freddo ancora. Amore, eri tu quella che potevi donarmi luce e calore: ma con le tue vane promesse il sole fu vana speranza. E torni pure aprile: io non me ne avvedrò: non ci sarà più sole. Quando sei arrivato Quando sei arrivato non ho sentito la gaiezza che ad ogni fine anno riempie l’aria di respiri felici, poi… col passar dei giorni sei diventato forte e baldanzosamente hai fatto avvertire l’alito della morte moltiplicando i campi di battaglia, nel vento l’azione terroristica: siamo rimasti a guardare dopo tacita ribellione rassegnata. Ci dovevi lasciare ed hai voluto mollarci un ricordo indelebile nei secoli a venire con lacrime copiose dolore lancinante, bambini senza casa e soli a guardarsi intorno e vedere quel mucchio di carne abbandonato in una fossa comune per non avere altro regalo, che impunemente si erge come un’alta montagna. Hai strappato una parte di terra e, falciato vite con baldanza spietata come falce miete grano dorato. E’ stato il tuo addio, abbiamo chinato il capo, ma non ci hai rotto le ossa non ci sperare, perché nei cuori ancora sopravvive limpida la gioia di donare che non fa sentire il morso doloroso del distacco: addio bisestile anno che hai lasciato la scia come gli sci sulla neve come la falciatrice nel campo dorato di grano Grido di gioia O notte! O stelle o luna o silenzio notturno: ascoltate! Ascoltate il mio grido di gioia. O usignuolo che accompagni il canto tuo al mio, ascolta. Ascolta la lieta novella. La commedia che ella ispirò ha avuto fortuna. Amico notturno che accompagni il tuo al mio canto sia lieto sia triste 'stanotte gioisci con me. O notte, o stelle, o silenzio notturno, ascoltate ascoltate tramandate questo grido di gioia. Amico insperato lontano non sai ma possa il silenzio, nella pace notturna portarti il grido di gioia di un'anima aperta a bere il sole. Gioisci, stanotte alla lieta novella e se domani qualcuno dirà che il sole splende per tutti annuisci e sorridi. Per chi ha fede - rispondi - il sole certamente risplenderà. Perché vieni nel sonno? Perché vieni nel sonno e mi guardi in silenzio, con espressione neutra? Non capisco che cosa mi vuoi dire ma lo intuisco per il tuo pensiero: devo portare a termine il lavoro? Ma c'è l'amore che lievita, come pasta trabocca e corre veloce all'Uomo perché anch'egli lo rafforzi; c'è la persona che è sola e piange sulle proprie sventure, senza freno; c'è il bambino che vorrebbe il padre che uno in toga nera (vestito a lutto da sempre) che crea continua morte ma solo per l'infanzia e rafforza l'arroganza di certe donne che mamma non sono e non saranno mai. Ho capito, sai, il tuo silenzio! Non parli ma sento il grido spietato contro i grafomani che umiliano la cultura, questo è il tuo dolore contro il mio silenzio. Ma io non taccio! E' la sorte che mi ha chiuso la bocca bloccato la penna intinta nella verità sentita, rivoluzionato la tastiera che non risponde al richiamo della mia volontà; ed io, amico mio, non ho più forze. La maschera sul volto Che strano, anche l’amore ha fatto un discorso sulla maschera; ha detto che finalmente l’ho gettata per presentarmi a lui com’ero nato: avvolto nella luce della gioia. Chissà se indossassi ora la maschera della felicità l’amore tanto desiderato potrebbe ritornare e farmi sentire bambino cullato dal bene. Allora, forse, sentirò sul volto ormai rugoso e stanco, la vera maschera della felicità, incollata e quando deciderei di toglierla il mio viso non avrà più penne scavate, ma sarà ridente come quando incontrai il vero amore come quando tremai al primo bacio e non avrò bisogno della maschera perché felicità sarà stampata sul viso. Allora contento mi guarderò allo specchio per rivedere la faccia del bambino e il suo candido sorriso. Quante volte abbiamo fatto l’amore rubando dal cielo anche le stelle per far luce ai nostri abbandoni, mai frenetici ma tutti come fosse stato l’ultimo abbraccio. Quante volte abbiamo parlato di sogni, di speranze nascoste anche a noi stessi timorosi d’un inganno. Quante volte ci siamo bagnati nell’acqua dolce del «lago della serenità», ridenti per la gioia di avere ciò che volevamo. Quante volte mi sono nascosto dietro il tuo sorriso beato per dar pace al cuore Quante volte! Quante volte. Quante volte… Poi sorgeva il sole e illuminava il cielo non c’eri più; preso dalla disperazione dovevo riconoscere ch’era stata la Luna a prendermi in giro, d’accordo con Morfeo, nella notte, mentre dormivo sonni d’attesa. A lei che ama dipingere Il sole riflette sulle tele quello che hai racchiuso nel tuo spirito splendido e luminoso, aperto e raggiante di luce rara, che affascina e rapisce fa sognare ad occhi aperti e veglio per goderlo fino in fondo come un vinello genuino che lascia la bocca colma di sapori e l'anima inebriata di bellezza. L'incanto dell'ingresso al Palazzo del tesoro! La magia del vaso di fiori che galleggia nell'aria tanto è rispettata la prospettiva; il mare arioso, la neve che riscalda, la ballerina che descrive la dolcezza e la falce di luna che acconsente e strizza l'occhio alla superba forza del fiero sguardo del Cavallo. Tutto m'inebria! E pensare che mi stava succhiando la più cupa tristezza. Ho sentito il tuo respiro Ho sentito il tuo respiro avvolgermi l’anima e confusi uno nell’altra, come i venti del Sud ci hanno sollevato e fatto volare abbiamo aleggiato e raccolto stelle. Algol ci ha raccontato il suo dolore noi sapevamo del coraggio di Perseo, e del suo tormento fatto coperta per correre e parlare a Cassiopea; però abbiamo incontrato Andromeda che ha narrato la sua paura e rideva. Rideva come sapevi ridere solo tu, ieri! E’ molto tempo che non sento la cascata le Pleiadi magnanime riscaldano il cuore che con l’anima è avvolto nel tuo respiro. Ho sentito il tuo respiro avvolgermi mentre calava la luna e la prima stella del mattino si affacciava prepotente e competeva la sua luce col Sole nascente. Hai riso, sussurrando: «chi vincerà?» Il nostro amore ho risposto; ed ho sentito La cascata musicale e la tua voce Mi manchi, amore Mi manchi, Amore. Non mi lasciare solo chiuso in questa paura che stringe come una morsa. Questa paura che incalza e annerisce mente e aria non mi lasciare mentre la nuvola fuligginosa avanza e la polvere del calcinaccio giunge fino al cielo: i lamenti si fanno spaventosi sono grida di dolore e pianto di bambini impauriti. Venisse almeno la pioggia così non vedresti il sangue che è fuoriuscito dal mio cuore lacerato eppure grida ancora con la forza di sempre: vieni amore mio, mi manchi tanto. Preghiera 3 Dio, fa che le nubi coprano il rosso del cielo fa che il cuore non venga spremuto e trovi nei cuori la serenità agognata e la Pace in terra come facesti cantare duemil’anni fa dall’esercito di Angeli che scortava tuo Figlio che veniva al mondo. Signore fa che si avveri e il cielo torni azzurro come l’hai creato. Un mese fa Un mese fa dalla Croce di Nassiriya pioveva sangue sulle teste degli orfani sul petto desideroso di un bacio delle vedove, sui corpi senza vita dei padri e dei mariti avviati davanti a Dio a perorare il bene delle mogli, dei figli e delle madri straziate. Un mese fa questo accadeva a Nassiriya! Voglio ricordare quella croce moltiplicata Voglio raccogliere il sangue che pioveva, voglio darlo in premio agli orfani bambini in modo che quando cercano il loro papà lo sentiranno vicino e quando la vedova più forte sentirà la mancanza possa annullare la solitudine e ritrovare la Pace attesa, la Pace desiderata… la Pace! Silenzio di pace Natale festa di gioia e di serenità per la buona volontà degli uomini. Le nubi hanno risucchiato il canto distrutto la voce e l’intenzione: tutto tace. Neanche gli zampognari fanno più sentir la loro voce. Ieri è stato calpestato dal progresso ha cancellato tradizioni e amore eppure il cuore grida ancora Pace senza voce, ma l’eco si ripete nel silenzio che regna tutt’intorno perché anche il silenzio, a volte, è più potente della tromba di Gerico; ma non voglio tacere, voglio che il mio canto entri di prepotenza nel cuore degli uomini perché è silenzio di Pace. Fratelli insorgete Fratelli insorgete, il cielo s’annera ritorna paurosa la triste tempesta che settant’anni fa versò tanto sangue e poi ancora e ancora sangue lasciando passare anche i morti infornati. Insorgete fratelli, io tremo ho paura mi date la mano? Non voglio più nero ch’è segno di lutto, alzatele altissime le barricate, issateci sopra un bel tricolore non arma per fuoco che uccide e non piana. Fratelli insorgete, scacciate le nubi che tolgono l’aria, fan tremare gli alberi che cantavano in coro con me: insorgete finché ancora il sole possiamo vedere. Allontaniamo, fratelli, il manto di lutto che sta per tornare prepotente e feroce: non bastan la scuola, giustizia affossata vogliono l’Italia ancora affamata. Insorgete fratelli, issatel alte le barricate e in cima mettete il bel Tricolore e cantate cantate con voce tonante sono italiano e voglio il mio canto non quello ch’impone chi vuol farci schiavi una volta son stato adesso non più. Issiamo fratelli l’altissimo monte che sopra vi sventoli il bel tricolore allontaniamo fratelli il nero dal cielo il nero funereo ch’è segnale di morte. Pregiudizio formale - A tutti gli innamorati, specialmente a coloro che sono innamorati dell'AMORE.-
Quando nella tua vecchia ricorderai i versi che ti ho scritto, i versi che al telefono ti recitavo, i versi che su di un nastro registravo, allora la mia adolescenza sarà finita e disperatamente piangerò l'amore: quell'amore che ho sempre donato quell'amore che non ho mai goduto. Le mie mani anchilosate dalla penna cercheranno di carezzare il tuo corpo - ma non potranno stringerlo - allora amore saprò, allora amore saprai, allora amore sapremo tutta la grandezza di una gioia passata, sprecata, uccisa da un formale pregiudizio sociale sciocco, insulso, inutile. Allora, dicevo, non avremo lacrime bastanti per scrostare le nostre anime. Non ci saranno, rami robusti per raddrizzare le dita anchilosate e i tuoi seni si sentiranno tristi per non essersi lasciati carezzare. Allora i tuoi occhi capiranno di aver intravisto, solo intravisto la primavera e si faranno opachi per nascondere visioni soltanto sognate. Allora, in me, in te vivranno l'amore e la pena. L'amore che vuotai come in un'anfora, nella tua vita e la pena griderà il suo lamento nell'anima mia, per non aver trovato la forza di rubarti, strapparti, al pregiudizio formale. Allora, mia cara, vedremo la morte sui tuoi seni avvizziti nelle mie mani vuote. Allora sarà troppo tardi e anche se mi chiamerai e anche se ti chiamerò ci sarà sempre il tuo seno avvizzito, come un fiore non colto a primavera; ci saranno sempre le mie mani inutili ormai, che hanno pensato solo a scrivere, a gridare al mondo intero che per un formale pregiudizio sociale non abbiamo raccolto il fiore più bello della vita quando il sole era splendido e sincero a primavera. Allora, mia cara, non basteranno le acque di tutta la terra per lavare la nostra colpa. (Da «Senza levatrice» - Edizioni Albatros - Roma 1983) Ti avevano marchiata Ti avevano marchiata come un armento stuprata, violentata, seviziata, affamata: senza più nulla di umano ti avevano buttata sulla strada come bestia immonda. Ti aggiravi con le tue compagne vincendo il fetore di Peonie su covoni di rifiuti in cerca di qualcosa meno fomentata dai vermi per sopravvivere un altro giorno. Ma se ti vedeva un «nazista» anche quello ti veniva negato. Che cosa ho fatto in tua difesa quel giorno? Ed ora? ... Ora ho messo la mia penna al tuo servizio; la mia fede per la libertà il mio cuore per un mondo giusto l'anima mia per un domani in cui l'uomo sia veramente tale per onorare il tuo sacrificio ricordare il tuo dolore per il trionfo della croce. Prigionieri Il vento non sa la paura che mette ai bambini quando soffia furioso nella lunga notte. Il bambino crede che il vento lo sa. Che ci fa un Condor sulla scogliera? La nave nella baia dondola alla deriva che ci fa un Condor sulla scogliera? Un Gabbiano sull'albero di maestra guarda fisso sul ponte dove un Albatro si dimena. Guarda il Gabbiano su dall'albero di maestra! Un altro Condor sulla scogliera! II Gabbiano si dondola con la nave e l'Albatro si dimena sulla nave sono morti tutti. Le ali del Gabbiano sono d'oro e l'Albatro si dimena sul ponte tre Condor sulla scogliera. Tre condor sulla scogliera? Perché il vento non sa la paura che mette ai bambini quando soffia furioso nella lunga notte? Il bambino crede che il vento lo sa e grida. Il Gabbiano cade dall'albero di maestra l'Albatro non si dimena più - le sue grandi ali lo hanno perduto - sulla nave sono tutti morti. Che ci fanno quattro Condor sulla scogliera? Stanno respirando fetore di Peonie! I giorni della gioventù Non è vero che i giorni della gioventù sono andati perduti o non vissuti non è vero. Ancor oggi li senti vivi, mentre perdutamente solo con dolore n’avverti la mancanza. Non è vero che i giorni dell’amore non sono stati vissuti ché vivono ancora come “il fuoco sotto la cenere” del poeta e il cuore non batte come gli altri cuori ma all’andata e al ritorno dice amore… mio… amore… mio…, amore… mio…, amore… mio… Che giorni sono stati, i nostri incontri! Che gioventù vissuta allegramente come bambini in gioco “a chiapparella” felici di trovarci avvinti come viticci che giorni sono stati i nostri giorni! Sotto questo cielo carico di radionuclidi viviamo i giorni con la nostalgia nell’attesa del giorno che verrà sicuramente senza che vedessimo per un attimo rivivere nella realtà i giorni più belli della nostra vita. Abbiamo cercato entrambi oltre l’amore nel ventre ardente d’amore di una donna e nella spada che trafigge i corpi, assetati come beduini, il gagliardetto della Pace ma non i nostri giorni palpitanti, invece c’è stato il fuoco più violento come nel corpo aggrovigliato di una femmina o nei baci appassionati di un uomo che sta morendo agli angoli della bocca della donna che ama. Ma i nostri giorni? Sono davvero finiti i giorni dell’amore? Intanto continuiamo a vivere la nostalgia dei nostri carichi giorni d’amore certi che un giorno troveremo, finalmente, la tanto desiderata Pace sulla Terra.
Luglio
Speranza gioiosa con fiore di carne
cuore traboccante porti tra le braccia
il domani, a me tristezza e delusione.
Attesa d'affanno vagheggiata
svuota massimamente il cuore
che chiuso in solitudine vede
un mulo due piedi e un pallone.
Ragioni coi piedi come luglio
come tutti in quest'aria putrida
che uccide, affossa, distrugge.
Lungo le rive del Tammaro, all'ombra
dei pioppi fossi rimasto ad ascoltare
l'"a solo" delle cicale, l'arpeggio
delle acque, e dissetarmi alla fonte
nascosta tra i lecci, vicino al mulino
in compagnia dei pesci a rincorre sogni.
Ma venisti e Greppia sorrise
illuminando l'intera nebulosa.
Più bello parve il Tirreno
quella luminosa sera del due.
Tu risvegliavi sogni più arditi,
per un attimo lungo le rive
del Tammaro ritornò mio cuore.
Ma come luglio
torrido afoso accecante sei
nemmeno la fonte tra i lecci
potrà dissetarmi.
Potresti riportarmi lungo le rive
del Tammaro, tra pioppi e lecci
per disseppellire fanciullezza,
se lasciassi la sfera
e adoperassi il cervello.
Aprile
Aprile, uggioso aprile,
novello amore sotto grigio cielo.
Abbraccio carnale eterno
nove aprile ritorna
d'amore lo scheletro.
Povero stanco amore
chi può resuscitare?
Lasso cuore desideroso
tomba solitaria e gelosa.
Come aprile rigermina la vita
a me vita venne nel rigoglio
della natura vita di mia vita
rubasti. Ora accogli spoglie
d'amore: il mio.
Sotto plumbeo cielo
uggiosa, eterna lagna
aprile,
ripeti
rinnovi
vita che natura beve.
A me, morte fanciulla nel cuore.
Che bello sarebbe stato...
Che bello sarebbe stato il nostro amore
se la civetta non avesse cantato
se il gufo non avesse illuminato
la gallina chiacchiera che annunciava
le uova e queste non c'erano: burla.
La civetta cantava senza voglia
il gufo aveva le pile scariche
solo la gallina continuava la sua
canzone ma la seconda volta la luna
s'arrabbiò e illuminò a giorno le bugie
e il mio cuore smise di soffrire.
Così credeva; invece la gallina proseguiva
aveva imparato a memoria le parole del gufo
gli sbadigli degli orgasmi mancati della civetta
vestita di nero con la corona bianca
che ripete all'infinito solo a chi crede.
Che bello sarebbe stato il nostro amore
se la gallina avesse avuto cervello
se la civetta non avesse cantato tutta notte
se il gufo fosse rimasto nascosto per cercare
cibo: che bello sarebbe stato il nostro amore!
Grazie
In questa notte di tormento
un usignuolo ha cantato.
Signore, avevo dimenticato
la sua voce.
Un'allodola, del sole
annunciato il ritorno.
Il sole, Signore!
Primavera, odore
di biancospini
profumo d'amore.
Mio buon Gesù,
dolce Santo e Martire per noi
hai asciugato le mie lacrime.
Chiesi solo il suo perdono
e anche la mano mi tende.
Grazie mio Santo Martire,
per questa bontà.
Riscoprire il sapore del bene
mi fa sentire bambino
e mi ritrovo a Paduli
in un tripudio di biancospini
tra purezza e colori puliti.
Grazie, mio Santo Martire,
di questa gioia non meritata.
Ritornano col sole tutti i sogni
ma merito,
gran Santo, tutta questa bontà?
Agosto
Agosto,
congiungi la sposa al Padre,
al Figlio Martire per noi,
mentre Angeli cantano Osanna
cori festanti al mio cuore.
Sposa, Madre e Sorella passasti,
al cielo assurgendo, per l'anima
inoltrandoti pei meandri, crepacci,
ferite, mano leggera posasti.
Nel fondo mettesti pargolo ricciuto:
Gianpiero, Lia già c'era e in compagnia.
Non sete, non tremitio d'invidia
al labbro che non conobbe sorriso.
Notti deliranti senza stelle
luna, anima senza luce, scavata
da solchi profondi, trenodìa
per il chiesto e non avuto
sposa dell'anima, prima.
Improvvisamente
congiungendoti al Padre e Sposo e Figlio
passasti o Vergine sui solchi dell'anima
posasti mano lieve impercettibile.
Risorsi agosto,
tra le braccia eternamente
stretti finché vita m'è data
Gianpiero, gli atri già c'erano.
- Da Il Vaso di cristallo - Edizione A.I.A. "Poesia della vita" -
Roma -
Applausi
Parlare d'amore lottare per l'amore vivere
era l'unico sogno sola speranza di realizzazione.
Per un applauso chinavo la testa sorridente
e tu piangevi. Piangevi perché per te era
il mio dolore più profondo.
Parlai d'amore diedi l'anima all'amore
ma l'amore? È rimasto l'applauso.
Mi ribello a questi applausi
e divento uomo. Mi sento uomo
e grido basta. Cambierò il mondo
l'uomo sarà tale ho l'amore con me.
L'amore che mi farà suonare
in una sola volta tutte le sinfonie
di Wagner e di Beethoven; il "Clown"
non farà più ridere e tu avrai
mai più voglia di piangere.
Prima le tue lacrime purificavano
l'uomo e quando suonerà la tromba
di Gerico mi troverai in piedi
pronto a fronteggiare il male
solo allora non sentirai l'applauso
perché sarà improvviso e fragoroso
tanto da distruggere il mondo.
L'amore camminerà silenzioso
perché un cipresso non muore mai.
- da Camminare cantando - Edizioni A.I.A.
"Poesia della vita" -
Voluttà
Rossore di viso
tremore
di labbra dischiuse.
Pallore di viso
fremere
del corpo flessuoso.
Pudore di luna
gemere
di erba in germoglio
rossore di sesso
a contatto di carne.
E le stelle feriscono
il turgido seno.
Se m'addormento
Se m'addormento svegliami
se non mi sveglierai troverai
al tuo fianco il cuore freddo.
Ma tu mi sveglierai.
E' triste questa notte di ansia e di paura,
non un grillo canta sotto la luna,
anche le cicale tacciono.
Sull'albero giovinetto ancora
un usignuolo tenta il suo canto
ma è subito silenzio.
La città nuova abitata da spettri
robotizzati è una tomba enorme.
Solo un cane guaisce in lontananza
e il battito fremente del mio cuore.
Un usignuolo tenta il suo canto
ma è subito silenzio.
Il respiro non muove una fronda
una folata di vento vorrei.
Se m'addormento svegliami
non lasciare che il cuore
diventi freddo.
Basta la mia paura!
E' stato bellissimo
E' stato bellissimo rotolarsi nel prato
come bambini in gioco d'amore:
è venuta la Luna, ci ha coperti
col suo manto d'argento e noi
siamo diventati adulti stretti in abbraccio
uniti come il frutto all'albero
come gli astri al cielo
e come gli amanti all'amore
abbiamo goduto fino all'alba e il Sole
ha baciato i corpi spogli
come appena nati
ha riscaldato il cuore,
benedetto le anime
unite l'una all'altra come volevamo.
Il desiderio appagato ci ha fatto sorridere
al giorno nascente ed abbiamo cantato
l'inno eterno degli Angeli e degli Astri.
Ci siamo bevuto il cervello
Ci siamo bevuto il cervello
hai mormorato tra un colpo al cuore
e la gran paura che toglie il respiro:
ci siamo bevuti il cervello!
Eppure il cervello c’è ancora perché
questa notte l’ho passata in bianco
t’ho inseguita per i Campi Elisi,
ho corso sostando a Rue de Boulogne
ansante ti ho aspettato a Montmartre.
Solo!
Con il cervello in fiamme e cuore in panne
ho atteso, fino al sorgere del sole,
anche sulla Scalinata di Trinità dei Monti,
ma solo l’astro m’ha fatto compagnia
ché le nubi si son rubate la tua immagine
celandola gelose del tuo tentennamento:
Paura!
La paura di amare ti ha fatto fuggire
e continui ad ignorare il mondo assetato
di te, di noi, dell’amore che fuggi.
Ci siamo bevuti il cervello, è vero
perché non troviamo il coraggio
di dire al mondo che l’amore
solamente l’amore può dare
Pace sicura e fratellanza ed io volevo Te
come portabandiera di questo bel dono
che il Signore ha dato agli uomini, ma tu?…
In questa bella domenica di maggio
In questa bella domenica di maggio
il pianto dell’anima dell’amico
che ha fatto del corpo poesia
come scalpello nel marmo
penetrati in me: assetato di bene:
graffiti nel tempo.
Oggi col pianto doloroso rimbalzano
come onde nell’etere, i suoi versi:
osanna al bene di Cristo ché il male
è quello che vive fuori del corpo.
Attraverso il telefono gocce calde di sangue
come lacrime di bimbo desideroso di correre
è sceso nell’anima mia il suo grido d’amore
come piedi incerti in prati vergini e profumati.
Amico, già troppe lacrime germogliano
e quelle del Poeta
sono diluvi per la sorda umanità: taci!
Il tuo male è come il mio
senza convalescenza.
‘A figlia ‘e Donna Rosa
Comme le piace ‘e se tené purposa,
a Carmelina, ‘a figlia ‘e donna Rosa.
Quanno cammina tutta se quartea
L’uommene ‘a guardano, essa se recrea.
Quanno se ferma, ‘mposta ‘o piette ‘nanze
se ‘mposta ‘mmiez’a via, senza crianza
‘nu giovane ‘a guarde e tira ‘nu suspiro:
“cademe ‘mbraccia oj né comm’a nu piro!”
‘Na sera camminava pe’ palazzine
facette sospirà pur’e’ spazzine:
“quanto si bella, Carmelina mia,
pe’ nu sorriso tujo, che faciarria.
P’avé ‘nu vaso a te, bella Carmela,
attraversarria ‘o mare senza vela
e po’ venesse ‘ncopp’addu ‘onna Rosa:
“Signò, Carmela vosta è la mia sposa!”
I’ ‘esse pur’America pe’ terra
a costo e fa venì ancora ‘na guerra;
e mentre cammenasse ‘ncopp’o mare
io cantarria: “Carmè ti voglio amare!”
Ma Carmelina a chesto nun ce penza
È ‘na guagliona e nun tene coscienza
Perciò quanno cammina se quartea,
si n’ommo ‘a guarda tanto se recrea!.
Quell'amore turbinoso
Quell'amore turbinoso come un "ghibli"
mi accendeva l'anima, bruciava i sensi
palpitare il corpo tremante e l'anima
incendiata dava gioia e sofferenza, ieri.
Quell'amore era tutta la vita, ma era ieri.
Oggi solo tormento senza speranza.
- Da Musica bruciata -
Confuso tra i cipressi
Confuso tra cipressi silenziosi,
cipresso amante di chiari tramonti
dolcemente non mi ribello al vento
foriero di cose rapite porta
da un ramo all'altro raggi di luna.
Fazzoletto sventolante in lontananza
ramo baciato dal vento si dondola,
riporta alla mente infanzia remota,
come corso d'acqua pura e tranquilla.
Sotto un cielo di seta verde, rosa e gialla
fiammeggiante come la tua chioma, corro
verso il ruscello mentre una stella ammicca.
Lunghe file di cipressi tacciono nella notte
solo la tua voce e quella del vento giocano
col rumore dei passi stanchi sul selciato.
All'alba solo un raggio di sole
duellerà come sciabola allegra.
Allora il tuo canto
come quello dell'Allodola
riempirà le valli
e le acque tranquille del ruscello
annunceranno
il nostro amore al mondo.
Come cipresso
amante di chiari tramonti,
correrò da te
come l'assetato alla fonte,
come il beduino all'oasi
come la neve alla montagna
come l'allegria al sole
come la notte all'alba
come l'aurora all'amore.
Amore mio affamato di giustizia
assetato di calde carezze
come una gattina infreddolita
nascosto in una fila di cipressi.
- Da "Taccuino" -
Lacrime di pietra
Lacrime di pietra seppelliscono speranze
coprono le promesse e i bei ricordi
ma non riescono a nascondere la menzogna
all'ombra dell'albero dell'ipocrisia.
Lacrime di pietra mi illudono.
Mi sento più pesante e mi lascio
sprofondare nel mare, senza vita;
annientare nel deserto della verità.
- Da «Poesie sparse» -
Mi giunge dall’infinito
Mi giunge dall’infinito:
spazio senza confini
la tua parola che come nuvola
m’avvolge e ridona fiato
speranza di vita nuova
all’esistenza grama che vivo.
Mi cingi con braccia di velluto rosato
mi baci con bocca pura e verginale
ti abbandoni col corpo senza forza
e siamo noi. Noi con anima esultante
a viaggiare da uno spazio all’altro
rincorrendo le parole che diciamo
Paghi di questo sicuro andare
sereni ci addormentiamo
fiduciosi che domani, ancora
le parole s’inseguiranno per dar vita
ad un corpo che vitale non è più
con il tuo che pulsa d’eternità.
Fomelhaut
Hai il letto nelle spumose onde
e vivi in cielo nel regno dell’amore.
Fomelhaut, il tuo volto
muta come l’iride,
se ti circondi d’un velo
sull’orizzonte d’estate.
E penso che forse
la letizia che mi fugge
vive sulla tua bocca celeste.
Al morto Sole di Cefeo
Anche tu, morto Sole di Cefeo,
un giorno rifulgesti di splendore.
Ora ti conosce solo il dotto:
altri non sa.
Anch’io un giorno risplendetti
agli occhi di una donna.
Ora chi conosce il mio penare?
E’ simile il mio cuore
al morto Sole di Cefeo.
Antares
Nella notte nebulosa
udii la tua voce cantare
in un rosso fulgore di gioia
accompagnata dal coro delle tue stelle:
"La mia spada
ha battuto Orione".
Oh, con essa vorrei tu tagliassi
corde e legami di neri pensieri
per cullare gli uomini
in un letto di stelle.
La greppia
Greppia divina e vergine
come il frutto dell’Eden,
illumina ancora una volta
il mio cammino,
fa che ancora una volta
il labbro mio si schiuda al sorriso.
Greppia,
tranquillo ammasso del Cancro,
passa come la brezza del mattino d’aprile,
fonte di verginità,
datrice di purezza.
Aldebaran
Aldebaran, di tutto il tuo splendore
s’illuminano il Toro furioso
e le timide Pleiadi.
So che dal seno tuo
rigermina la vita del mondo,
risuscita la morte.
Con te dovunque
canta la giovinezza.
Invocazione
Oh, guardare le stelle
da questo remoto pendio!
Rimirare Cassiopea
che inarca il carro dell’Orsa,
Orione potente,
Ercole gigante dal ramo d’ulivo,
e il celeste Bifolco.
Oh grandezza di Dio
fa che i miei nemici ed io
camminiamo fianco a fianco,
come Castore e Polluce,
in quest’arido luogo d’inganni!
Pentimento
La prima stella della sera
si fa vedere nel cielo
e in me scende il timore:
il timore del bimbo
che prima di addormentarsi
vuol esser certo che altri
l’accolga al risveglio.
Ho paura d’addormentarmi
nel sonno senza sogni.
Ieri avrei forse voluto,
oggi non voglio più:
ho respirato l’effluvio
del suo sperato ritorno.
Preghiera
Tutto quel che m’è dato
è tuo gratuito dono,
ed io l’accetto, Signore,
deciso a non ribellarmi.
Ma come è grande quel peso
d’ansiosi tormenti!
Ed è pur sempre un dono
che solleva me indegno
al dolore che pare la via
al tuo Regno.
Contrasto
Hai giocato col mio cuore,
che per te ha riso e ha pianto.
Ora non posso più:
addio, amore mio.
Ma t’ho chiamato “amore”
e dunque ancora,
se per mano mi prendi,
ti seguirò come ieri,
anche verso l’abisso.
Come il vento
Col tredici del sesto mese
sei anni di già.
Sei anni, amore, sei
granelli della nostra polvere
mortale…
Come il vento si porta
gli aghi morti dei pini
- ed esso solo sa dove – ,
così la passione
ci trascinò sei anni.
Ora mi guardi, stanca
non so di che,
e mi chiedi se tanto
tempo potrà tornare.
Ma chi ritorna indietro,
povero stanco amore?
Il tempo dell’aurora
Tu guardi al rosso di sera,
e sei nel fiore dell’adolescenza…
Fa ch’io ti prenda per mano
E ti aiuti a passare la notte:
attenderemo il tempo dell’Aurora.
Chi sei? Sei venuta sulla mia strada e ti sei messa al mio fianco. Qualcuno lungo il cammino ha sussurrato: “E’ un angelo”. Ed io ho scosso il capo: chi tu sia non so, ma non sei certo un angelo: l’angelo non accende desideri, ed io, sappilo, attendo la prima svolta a ponente, sì, attendo, quella svolta, per dirti ciò che nessuno ha mai pensato d’un angelo.
Suono di campane Così vicino era Paduli, che se io salendo avessi steso la mano, fra sassi e polvericcio avrei potuto toccarlo. Una gioia trionfante mi prese alla gola: sentivo di lontano le campane di Pasqua. E fui nel borgo già prima di entrarvi, e ancora mia madre mi conduceva per mano ad ammirare fra gli incensi il Cristo risorto in una festa di biancospini. Mi scaldava la mano di Mamma, mi carezzava il fiato di aprile: così entravo a Paduli, prima di entrarvi. Aurora L’ultima stella impallidisce e il cielo lentamente si colora all’oriente d’un tenero rosa. Il sole ritorna, il sole torna a splendere, splende più caldo il sole: come risorge l’anima, che al primo tramonto si credeva perduta. Anima, hai ritrovato l’Aurora, e l’hai chiusa nel cuore, novello dono di Dio. Assenso E così sia! Ringraziate pure il Signore di questo nuovo giorno trascorso, di questo pane morso, del poco vino bevuto, del molto che invano chiedeste, del poco che vi fu provveduto, della facoltà che vi è data di chiedere ancora domani. S’allunghino le vostre mani, bambini malaticci e rassegnati, al pomo della povera mensa: ringraziate di tutto dispensa del poco che vi diede, pregate. Canto di notte Tutte le sere, a mezzanotte, sale dalla strada un canto. “Un canto nella notte” penso fra me. E mi chiedo ogni sera chi mi porti tanta pace col canto. Suvvia, cantore: la luna è già scesa oltre Baia: cantore, è tardi, riposa: anche troppo presto verrà la luce, tornerà l’affanno. Notturno Voci rivenditori Malinconiche e tristi, luci multicolori, cuori innamorati in attesa, nottambuli viandanti per le strade illuminate dalla splendida luna. Signorina Felicita Ho conosciuto quella del poeta, la quasi brutta, priva di lusinghe: te, non t’ho mai veduta se non nelle parole delle madri, che nuora ti sognarono. Signorina Felicita, par che vederti in volto sia privilegio raro: io non vorrei sciuparti neppure in sogno: resta nel tuo giardino chiuso: forse verrò a vederti, quando pel cuore amareggiato e stanco vorrò l’amor d’un simbolo sublime, fuor della vita, esangue. Sulla bilancia della giustizia Sulla bilancia della giustizia ho messo i nostri corpi di amanti poveri che hanno tanta luce da donare. Il piatto pendeva dalla parte opposta. E questa è giustizia? Dall'altra parte bidoni ricolmi d'immondizie e di cadaveri mascherati da uomini. La luna non ha sputato nemmeno un piccolo raggio. E questa è giustizia? Quanta miseria c'è al palazzo della giustizia! Ecco perché non mi lamento tu e io siamo i più ricchi del mondo. Dalla bilancia della giustizia ho tolto i nostri corpi di amanti poveri e vi ho messo la casa che hai sognato la casa che ogni giorno sogno. Il piatto pendeva dalla parte opposta, dove bidoni ricolmi di sterco erano mascherati da uomini, case vuote abitate nemmeno da spettri. Uomini avvolti in una coperta di fango nascondono la loro volontà. Noi sfiancati ma non domi, grattiamo il fango con le unghie e intoniamo la canzone fatta di parole d'amore. Inno alla pace Ai fedeli «Fanti dell’Arma» martiri a Nassiryia «Fedele nei secoli», giurasti e lo sei stato anche quando il barbaro ti ha squarciato le membra; anche con la bocca piena di polvere le braccia hai teso per aiutare chi sanguinava e pregava come te. Hai scritto la frase del tuo giuramento col sangue innocente gridando Pace. In te, Giovane, che hai vissuto nella terra nemica per affermarla la Patria ha creduto e ti si è affidata: l’hai difesa con la tua vita e ora con Dio parli del bene che il barbaro calpesta. In coro, diciotto, davanti al tribunale dei Tribunali avete rinnovato il giuramento e gli Angeli hanno intonato l’antico canto: «Pace in terra agli uomini di buona volontà!» Per voi, martiri del giuramento divino non piango lacrime di rabbia siete con me per ricordare un Uomo che tanto tempo fa, attraversò a piedi l’arido deserto per affermare Quella Pace che avete difeso la Pace che gli uomini vogliono la Pace che vive nelle grotte separata dalla volontà di chi l’ama. Voi l’avete amata e dato la vita noi, fratelli, così vi ricorderemo «Fedeli nei secoli», dalla nascita. La donna del lago Nata magicamente da un fascio di luce la mia donna balla nuda sulle sponde di un lago E la sua pelle d’alabastro sotto la pioggia di luna che i raggi del sole imprigionati al tramonto dalle acque, le avvolgono il corpo; lo striano di luce rossa ondeggiante sull’acqua e lei inebriata danza l’amore soltanto per le stelle assetate. L’acqua del lago è sempre più calma mentre la donna mia, le braccia aperte al cielo, nella notte, fa una doccia di luna; poi si tuffa nelle acque sempre più calme. La sua bellezza fa impazzire gli astri fa tumultuare il dolorante cuore che non sa gridare a piena voce tutto l’amore che invade l’essere. Canta il mio cuore come un fanciullo al primo incontro d’amore, mentre la pelle d’alabastro si stria di rosso: è il sole che le acque hanno imprigionato per essere donato a chi sa amare davvero. Donna che pulsi d’amore ma immobile stai come la statua della felicità vestita di luna avvolta nelle onde del riflesso del sole imprigionato dalle calme acque di un lago: pura messaggera di vero sentimento. Altre croci affondano nel cuore Altre croci affondano nel cuore più di quelle inchiodate lungo la via Appia più di quelle disseminate nel gelo della steppa più di quelle appuntate sul petto dei carnefici. Altre croci dilaniano il mio cuore. Altra fame soffoca lo stomaco più di quella sparsa da Hitler più di quella sofferta alle porte dei forni più di quella invocata prima della morte. Altra fame soffoca lo stomaco. La stessa voce si leva fino al cielo più forte di quella dell'eccidio di Erode più tonante di quella degli spagnoli nel trentasei più potente di quella dei bambini del quaranta. La stessa voce si leva fino al cielo. Aridità ha investito gli occhi dell'uomo più del ruscello disseccato e spoglio più del fiume senza flora più del deserto sconfinato d'Africa - ora tormentato da cingoli e fiamme - solo sangue irrora la terra e gli occhi. Dio trema. Mentre una nuvola nera ammantella il globo la voce vigorosa dei bambini esige la vita. Un tiepido raggio di sole assale la terra e le croci che sbranano il mio cuore si conficcano violente nel cervello putrefatto di chi nascosto come talpa ordisce la guerra. Il tempo della vita E’ migliorato il tempo della vita ridammi i giorni; però se con i baci cogliessimo di questi la misura sarei nato tra le labbra tue, amore. In te ogni giorno mio avrei perduto e speso. E’ misurato il tempo della vita e dei ricordi più non conta il tempo; ma se avessi perduto un solo bacio dell’amore non avrei saputo nulla; perciò voglio chiamare col suo nome anche la più inconfessata gioia ché rimarrebbe la sola musica che tutti udrebbero per magia di vita: miracolo delle segrete sillabe d’amore! Bello sarebbe anima mia morire agli angoli della tua bocca mi sentirei scivolare in Paradiso come dal fiore la rugiada. Di questo amore Di quest’amore che si rinnova ogni giorno, come il tempo ad ogni stagione, ho parlato all’albero solitario piantato sull’Everest, nel punto più alto, nascosto dalle nubi. A lui soltanto ho parlato perché sa che all’amore non ho mai mentito, come lui costante alle nuvole io alla mia donna che con me ha visto quest’amore rafforzarsi e diventare come Sansone forte anche contro le «belve» come Ercole invincibile anche contro l’ipocrisia. L’albero è contento, anch’io lo sono perché questo sentimento nato in silenzio ora grida la sua gioia dalla cima e l’eco lo ripete al mondo intero. Chissà che non lo sentano anche i potenti E la smettano di pensare alla guerra agli attentati terroristici che seminano morte come il contadino la terra arata di fresco. All’albero solitario in cima all’Everest ho raccontato la storia di un amore cresciuto giorno dopo giorno e spera di vedere nel tempo a venire quest’amore sognato e vissuto intensamente senza remore fiorire sulla bocca di tutti, profumato e vivo come l’albero in cima all’Everest nascosto dalle nuvole perché nessuno possa contaminarlo o danneggiarlo. Mi chiedi Mi chiedi quando non ci saranno più guerre? Quando l'uomo cesserà di essere animale razionale. Quando l'uomo non farà più parole. Quando l'uomo dimenticherà la sua intelligenza e ti stringerà la mano: mano putrefatta callosa purificata dalle sue lacrime. Tu non c’eri... Tu non c’eri in Somalia quando nell’ospedale militare dopo solo due giorni nacque una bambina africana di nazionalità italiana. Tu non c’eri! Tu non c’eri a Peja quando i nostri soldati ricucivano carni lacerate da mine antiuomo sistemavano protesi ai piccoli perché ritornassero a giocare tu, non c’eri. Tu non c’eri a Zaho in Iraq nel millenovecentonovantuno quando i nostri ragazzi ventiquattro ore su ventiquattro soccorrevano i bimbi dilaniati dalle armi americane e dalle loro stesse mine tu non c’eri. Tu non c’eri in Afghanistan quando i missili scoppiavano nelle grotte del monte sperando di trovare chi non è degno di vita e gli italiani ragazzi abituati al divertimento si prodigavano perché i bambini imparassero la parola PACE tu non c’eri. Tu non c’eri a Nassiriya quando un camion ha sfondato l’entrata per far penetrare un’auto colma di tritolo falciando giovani vite abituate all’altruismo perciò cantavano tu non c’eri. Tu non ci sei nemmeno a San Paolo mentre il vescovo officia la messa no, tu non c’eri e non ci sei perché sai parlare solo chiuso in una grotta scavata nel cervello allora, taci, ascolta e impara ad essere uomo che compie il suo dovere, ma tu non ci sei… non ci sarai mai! Mi piacque il tuo canto Mi piacque subito il tuo canto perché la tua voce melodiosa somigliava alla mia: parlava d’amore. Anche tu vedevi le lacrime di smog che scendevano dalle statue e radionuclidi che cadevano dal cielo. Anche a te piaceva sedersi a tavolino con un bicchiere di vino d'avanti e parlare col Signore delle cose del mondo. E poi… nel tuo canto sicuro e pulito c’era il pianto del sole del Sud e dei fichidindia che perdevano il sapore. Questo sole che da Astro si trasfigurava in essere vivente è il canto tuo che stringe il cuore in una morsa. Subito mi piacque il tuo canto e lo rivolsi a tutti perché sapessero. Ora ti credo di fronte al Signore seduto a quel tavolo che avevi immaginato e con lui parli delle Maddalene del mondo frustate a sangue da aguzzini senz’anima e provvedete per la libertà perduta, per la salvezza. Assenso E così sia! Ringraziate pure il Signore Di questo nuovo giorno trascorso, di questo pane morso, del poco vino bevuto, del molto che invano chiedeste, del poco che vi fu provveduto, della facoltà che vi è data di chiedere ancora domani. S’allunghino le vostre mani, bambini malaticci e rassegnati, al pomo della povera mensa: ringraziate di tutto dispensa del poco che vi diede, pregate. Per millenni Lì, dinanzi a me, nell'aureola dell'amore. Io dinanzi a te nel profumo della felicità. La tua immagine sulla parete spia ogni mio movimento la mia fa lo stesso assaporando la tua libertà. Tu mi ami! Ti amo come si può amare il giorno il sole la vita. Ci inseguiamo sul quadrante come le lancette di un orologio per secoli. E' mezzanotte le lancette si sono inceppate finalmente la tua immagine sovrapposta alla mia i tuoi occhi limpidi e puliti si sono fermati nel mio sguardo: "E' stato messo il punto al nostro silenzioso discorso". La tua arte avrà un altro significato parlerà un'altra lingua ma per me?... Rimarrò fedele come un cane aspetterò che mi buttino le ossa per celarle, seppellirle e con esse sotterrarmi anch'io aspettandoti. T'ho rincorso per millenni ti seguirò giorno dopo giorno ti attenderò dopo la morte. Ho fatto un sogno 'stanotte Che strano sogno ho sognato, amore mio, camminavano ancora sul viottolo; ai lati prati lussureggianti e profumati, il sole non bruciava la pelle e tu mi stringevi la mano più forte; non tremava come ieri, al pensiero che bruciavano foreste rigogliose i fiumi popolati di pesci morti gli alberi avvelenati reclinavano il capo e, con voce flebile, chiedevano aiuto piangendo. Che strano sogno ho sognato, stanotte; sui viottoli di terra battuta camminavano uomini ridenti, mano nella mano e noi abbiamo riso con loro e cantato a voce piena il giro, girotondo felici di vivere ancora. Le foreste non eran state bruciate gli alberi e i fiori si parlavan d'amore e gli uomini?… Mano nella mano cantavano in coro un'unica canzone. Il lamento dell’allodola Com’è lamentoso il canto dell’Allodola stamani. C’è un correre sfrenato di nuvole come se fuggissero il dolore o facessero a gara per accaparrarsi le lacrime che scivolano lente lungo le rughe dell’anima assetata d’amore e di pace. E’ lamentoso il canto dell’Allodola come me che odoro il tradimento penetrare nel cervello e rimanerci attaccato come radice alla terra. E’ solo pianto inconsolabile quello dell’Allodola, stamani e i miei pensieri navigano nelle lacrime che nelle rughe dell’anima hanno formato un rio come vorrei perdermi anch’io in quel rio per non pensare al susseguirsi dei tradimenti all’inseguirsi degli inganni all’espandersi della menzogna. Ma l’Allodola non può ascoltare! - Da Musica Bruciata - A.I.A. «Poesia della Vita» - A Paola e Pierina Non eri sulla via di Damasco ma di lui sapesti e desiderasti (e lo desideri con tutte le tue forze) di trovare la Luce che rinsavì Paolo di Tarso. Ti guardi intorno per sapere il vero intanto cerchi e doni tanto amore a chi la mano tende per sopravvivere. Quanto sei bella Paola! Avvolta nella nube illuminata dal Sole e ti ci bei per gli altri mai per te stessa, e voli, a mani tese spiegando l’ali, verso chi ha bisogno di un tuo sguardo una buona parola. E tu che inviti alla Comunione col Signore forte Pierina cammini in costante cambiamento; scopri e racconti giorno dopo giorno la realtà nelle parole di Gesù. C’insegni senza parlare che la verità arriva sempre perché si apprezzi la grandezza di Dio e la Sua giustizia. Quanto vorrei, Pierina, camminare Mettendo i piedi dove lasci l'orme. Il silenzio T’ho amato più di quanto ti amasse Pasternak, e nel groviglio di voci non ti trovavo mai, disperavo di conoscerti un giorno, ma invano. Da una settimana a me sei venuto ed è stato come un pugno nel cuore: adesso che non volevo, ti presenti e non hai il coraggio di raccogliere il sangue del cuore che il pugno ha provocato lasciando irreversibile colata di sangue dalla ferita aperta. E dire che nel sessantuno t’implorai quando s’udirono spari nel Vietnam. T’implorai quando quintali di fuoco caddero su Hanoi nel sessantanove. T’invocai quando fratelli a vicenda si uccidevano credendo di avere una fede un ideale; ma tu non m’ascoltasti e veloce passasti tormentandomi la mente e l’anima ulcerata dal dolore sempre crescente come un fiume in piena Oggi senza dir niente ho avvertito il vuoto. M’hai stretto nella coperta asonorizzata ed ho paura: nessuno tamponerà la ferita sanguinante di un povero cuore. T’ho tanto desiderato, follemente T’ho invocato con mille preghiere T’ho implorato come imploro Dio E tu silenzio pauroso solo ora vieni a me per farmi dannare sotto questa campana che tace come il cuore mio sanguinante mai vorrebbe che fosse: solo Amore potrebbe ridarmi quello che ho perduto potrebbe riportarmi l’amore che voglio. Il sole che mi offrivi Non sapevo che il sole che mi offrivi era sorto in un giorno buio eppure lo presi e mi rotolai contento di bagnarmi di rugiada. L’umidità penetrò nella pelle e le ossa cominciaron a far cric le sentivo scricchiolare anche quando ti baciavo ardentemente e m’avvolgevi con morbide braccia avvinghiato rotolavamo sull’erba rugiada battesimo quotidiano ma il sole che offrivi, era d’amore nato per miracolo delle tue mani in un buio giorno in cui il sole aveva dimenticato il suo mandato. E’ rimasto a farmi compagnia almeno lui questo sole scioperante che ha disertato il giorno dell’amore e le mie ossa scricchiolano da far paura chissà se riuscirò a far lavorare le mani anchilosate dall’artrosi che se non avessero inventato il computer non saprei come fare per dirti ancora il bene che ti voglio. In questa bella domenica In questa bella domenica d'agosto il pianto dell’anima dell’amico che ha fatto del corpo poesia come scalpello nel marmo penetrati in me: assetato di bene: graffiti nel tempo. Oggi col pianto doloroso rimbalzano come onde nell’etere, i suoi versi: osanna al bene di Cristo ché il male è quello che vive fuori del corpo. Attraverso il telefono gocce calde di sangue come lacrime di bimbo desideroso di correre è sceso nell’anima mia il suo grido d’amore come piedi incerti in prati vergini e profumati. Amico, già troppe lacrime germogliano e quelle del Poeta sono diluvi per la sorda umanità: taci! Il tuo male è come il mio Senza convalescenza. Come passano lenti… Come passano lenti i giorni della vita quando da solo stai per affrontare una prova che fortifichi l’esistere: come passano lenti i giorni della vita. Uguali sono l’ore del pensiero non scuote il tempo la pioggia non le interessa il pallido sole che prepotente filtra tra le nubi. Eterno il momento dell’attesa senza tempo il dolore che serra la gola la paura che toglie la parola. Come passano lenti i momenti di vita i giorni si fanno eterni e tu non osi alzare gli occhi al cielo perché l’azzurro cancellerebbe il tempo. |