Racconti di Giuliano da Rocca del Santo
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Lea
– cuore azzurro –. 1 [ Il testo che segue è frutto della personale creatività, immaginazione e fantasia dell’autore che ne dichiara, altresì,l’assoluta paternità e liceità.Ogni riferimento a cose, persone, luoghi o altro – Latino compreso - sono puramente casuali e in ogni caso utilizzati a fini solamente creativi. Se queste precisazioni – d’intenti - dovessero risultare insufficienti e il contenuto del testo ferire- involontariamente – qualcuno, l’autore se ne scusa anticipatamente.Grazie.] Una tribù, nel Deserto dell’Ovest, si riunisce, nel giorno di Cron, intorno ad un monòlito, trasparente come Krisctàh purissimo, ricoperto di segni. Il posto lo chiamano Land – Il Luogo-. Nessuno ne conosce l’origine, età e tantomeno la natura del misterioso cubo – perfetto – che emerge, così, improvvisamente dal deserto. I Ben-Scèrighmah ( questo il nome dato alla tribù : “ Figli dell’Annuncio”) affermano che da sempre risulta...lì. I loro Antenati l’hanno scoperto, dove si trova oggigiorno, durante l’El-Neghèviah – l’Antica Migrazione -, ai tempi dello Tzù-Nhàmi (la “Grande Innondazione”). L’osservatore realizza una Riconversione ( destrutturazione profonda dei parametri della percezione fisica con conseguente inversione di rotta nel Pensare-Parlare-Agire: Essere ), scock vibratorio magnetico, nello sperimentare, sulla propria pelle, un sentimento irrefrenabile di serenità profonda...naturale che chiamano : Soh-Hàm-That. Non solo l’osservatore, tutti sperimentano la Riconversione nell’accostarsi a quel luogo misterioso. Scock reso ancor più fulminante dal contrasto che genera la luminosità, tutta sovrannaturale, che quelle poche are di vegetazione particolarmente ricche di Aloe arborenscens e di Myrris odorata, irradiano, in contrasto pacifico con la violenta, agressiva, atea desolazione ululante e becera del deserto circostante; assediante...nero e vuoto di nulla ancor più del nulla medesimo. In prossimità di ciascuno dei quattro ingressi all’oasi, orientati lungo gli Assi Cardinali Principali della Creazione, vi sono installate due colonne di fuoco purpureo che arde perennemente senza consumare nulla. Colonne di fuoco – che incutono timore – alla cui base, di Krisctàh, vi è incisa a caratteri di Urum la dicitura: Mi-Kà-Hèl:Malà’K-Ad.A-Mình ( “A nessuno è dato scalare il Cielo con l’Inganno: Così sia!”). A quanto pare questa semplice e formalmente innocua frase, che si rigenera ciclicamente cambiando di vibrazione ottica ogni sette anni, possiede il dono di allontanare da quel luogo e dai Riti Sacri che quivi si svolgono gli Ahù-Rà-Dà-i-Gòn i Messaggeri del Tenebroso – particolarmente votati al dissacramento dell’Ordine del Celeste-. I più pericolosi, tra questi, risultano essere coloro che hanno deciso di onorare le Forze Oscure battezzandosi con i nomi proprii alle Forze Oscure medesime noncuranti del potere evocatore che queste sillabe-nomen hanno. Capita, avvolte, conseguenza diretta del libero arbitrio concesso dal Celeste ai Figli dell’Annuncio, che qualche Messaggero del Tenebroso banalmente malizioso e provocatore sempre e comunque – tale è la loro vocazione: distruggere sempre. Non proporre mai nulla; della loro nullità spesso ne restano vittime a vita sino al punto di smarrire completamente la più semplice ed elementare regola di una fraterna convivenza: Ama il Prossimo come te stesso – non dire e non fare, con malizia, all’Altro quel che non desideri venga detto e fatto a te -, si diceva, riesca a superare le colonne di fuoco ma a loro ci pensano i Can-Torii-ben-El (“ Menestrelli del Celeste” ) che con le loro Sidron smascherano gl’intrusi additandoli all’AUM che li irradia di Our particolarmente efficace. Rendendoli non-vedenti e respingendoli oltre il Luogo, l’Our ricalibra le vibrazioni del loro magnetismo interiore. Il malcapitato, ormai nudo di se stesso e smascherato, avverte coscienza dunque dell’errore e si autocondanna a vagare, per un certo periodo di tempo – raramente superiore ai seicento anni – completamente cieco, nello Skè-ol: “il luogo della nebbia e della purificazione”. Vagano in attesa di rituffarsi nel Grande Fiume Vitale ( i Figli dell’Annuncio chiamano questo Fiume: Kàr-man-Hàti’v) e riottenere il permesso di rimettersi in cammino sul sentiero di Our: il dono di luce figlia dell’Innocenza dei puri di cuore...da amare. Una leggenda che ho avuto modo di ascoltare, tra le altre, da loro, racconta che l’AUM – così chiamano il monòlito – sia stato costruito dall’antichissimo popolo dei Ne-phi-lim (“ Serpenti dell’Ab-Su” ), una Razza non umana che, si sa, hanno abitato Adamland nel Ciclo anteriore al nostro. Il Quarto. È tutto quello che è possibile sapere sul monòlito. Dunque un achiròpita: oggetto non fatto da mani d’uomo. I segni di Urum incisi sull’AUM però, richiamano alla mente dello studioso i caratteri cuneiformi scolpiti sulle colonne di un tempio – recentemente scoperto - di Ruh, su Tiamat. Ma questa è storia per un altro racconto...Consiglio, al lettore eventualmente interessato all’argomento, di consultare gli A.P.A. – Archivi Pubblici Akasici – di Aztlan; Dipartimento O.B.E.; Sezione: Edgar Cayce. Si ricorda, a titolo informativo, che gli A.P.A. sono accessibili gratuitamente ma limitatamente agli utenti dotati di B.C.A. – L7 – ( Brevetto Codice Astrale di livello 7). Per coloro che desiderassero ottenere il Codice, si consiglia di rivolgersi al Ministro del Tempio più prossimo a loro e partecipare, dunque, ai corsi annuali di pre-iniziazione al R.A.I. ( Rito dell’Acqua per Immersione; cfr. “Legislatiorum Doctina Vigentae: livellum primus”; vers. “Latinum ad personam” [Aztlan], AA.VV.; E.C.R. – Editori Cosmici Riuniti – V Ciclo. Anno MCCCLXII dell’Era dell’Agnello Celeste; cm. 20,3x13,9; pp.60(4). Brossura.10 Luxèr Antichi). Hanno soltanto le stelle per soffitto e coperta. Il prato per materasso e guanciale. In quel giorno, giorno di Cron, ognuno vi giunge dalla sua terra natia con una cesta – che trasportano a spalla, la destra, - colma di spine di cardi, sassi e fiori. Fiori che raccolgono tassativamente, la Tradizione lo impone loro, per l’evento nei propri giardini e che mettono a disposizione di tutta la tribù. Ubbidendo, evidentemente, mestamente alla Our della loro anima. Il numero totale, non so spiegarne il perché ( i Figli dell’Annuncio, a tal riguardo, sono anormalmente reticenti), non supera mai il dodici. Ognuno di questi fiori ha un colore ben determinato che associano ad un nome e significato specifici: Primus – Derè’v: Fede forte e vegetazione; Secundus – Ulb tenero: Gioia celeste; Tertium – Pasta nebbiosa: Carità; Quartum – Derè’v puro: Forza di Fede; Quintum – Redi’v: Candore e sincerità; Sextium – Fiamma: fiamma; Septinum – Ùrum: Vigilanza e saggezza suprema; Octavus – Aztlan: Vicende; Nonus – Il-giàh: Forza divina; Decimum – Derè’v-ulb: Saggezza energetica; Undecimum – Ulb claro: Dolcezza e Umiltà; Duodecimum – Iolà’v: Verginità modesta. Tutti vi giungono silenziosi al Luogo. A vederli così muti si rimane sconcertati. Sentimento che muta ben presto non appena il loro sguardo si posa su di voi – se vi capitasse di viverne uno -. Occhi di fuoco immersi nel cielo; occhi di bimbi baciati dal cielo...anime intrise di un particolare sussurro e vibrazione di Our che chiamano, nel loro idioma antico e misterioso: Efdèh (“Adesione incondizionata”). Scaduto il tempo concesso – ossia sino al tramonto di Hàton – affinché tutti possano giungere al raduno, si siedono in cerchio – al proprio posto prestabilito – e dopo una breve, dolcissima melodia d’invocazione rituale cantata in coro, senza strumenti musicali, colui che chiamano Teerp – l’Anziano – prende la parola nel silenzio sovrannaturale disceso sull’assemblea. Il Teerp, con lo sguardo rivolto in chissà quale dimensione, ricordo, visione o...dolore,inizia un racconto. Il medesimo da millenni. Non prima di aver acceso e posato sull’AUM un cero sacro che i Figli dell’Annuncio chiamano: Fuoco Testimone di Verità. Non appena il cero acceso è posato sul monòlito, in trasparenza luminosa tridimensionale si manifesta, all’interno dell’AUM un tetragramma “ JHWH” seguito dall’altro “IKTUS”. Il tutto sormontato da epigrammi che rappresentano, rispettivamente, un toro e un pesce a sorreggere il Tao Ariano – il Segno di Adamland e del Signore Lucente -. Con voce pacata e rotta e profonda che tradisce in egual misura la profonda tristezza che respira il suo cuore prende a dire ( il Teerp è il solo vestito di Orèn)... “Un tempo, quanto tempo fa no so, gli uomini vivevano beati su Adamland. In pace e armonia; felici d’esser uomini e si amavano l’un l’altro come fossero fratelli di una grande, unica, sola tribù. La Tribù...Alberi con gli alberi; fiori tra fiori...ruscelli fra ruscelli; stelle con le stelle. Amore con l’amore; umani con gli umani, erano felici d’esser uomini. In cuore erano Misericordia, Amore più puro dell’Urum stesso. Dell’Urum pure erano specchio le loro chiome e di Shmèr il colore delle loro pupille dolcissime e profonde, ancor più del Grande Cerchio d’Acqua che si estende aldilà dei monti dell’antica terra di Ikko. Di statura gigantesca, armoniosa, si muovevano con grazia nonostante la loro mole ciclopica; agili come gazzelle. Il colore della loro cute era molto simile allo Zero’b e vestivano soltanto di questa. Senza vergogna alcuna o timore.Semplicemente. La loro innocenza risplendeva luminossima su tutta la loro natura e particolarmente sul grazioso loro viso fanciullesco. La fronte era cinta da un diadema di Ùrum, Shmer e Ràgen che chiamavano “Ruuh” –Bacio del Celeste –. Il suono della loro voce risultava indefinibile...Quando parlavano il cuore se ne innamora subito; era simile a quella degli Anghels – Messaggeri del Celeste -. Di questi umani,
antichissimi...naturalmente umani, non ve ne sono più. Tuttavia
conserviamo una loro raffigurazione, che è giunta sino al nostro tempo,
dipinta sulla parete, rivolta verso Est, di una grotta situata nella
patria dei figli di Erk: Pàlion – non molto lontana dalle mura della
città -. Tra i vari oggetti ereditati dal tempo e custoditi, c’è una una
registrazione magnetico-sonora di ciò che sembra essere una loro canzone,
nel senso che le sequenze musicali registrate assomigliano molto a quelle
di una nostra canzone. Un Teerp arcano e senza età ( nessuno sa chi sia )
ne è il Custode, del dipinto e della grotta. I Palionensis la chiamano:
Làh-Kieèhs – Il Santuario -; si trova in un luogo chiamato “Màh-Doonne-de-Jeùhs”,
in contrada “giardino del piccolo Maar” – Dùh-Mahkk-Ieh -... |