Racconti di Giorgio Medda
Home page Lettura Poeti del sito Racconti Narratori del sito Antologia Autori Biografie Guida Metrica Figure retoriche |
Il ritratto. Il treno correva veloce, sui lati sfrecciavano i campi arati di una bellissima e assolata campagna, squadrati come i pezzi di un patchwork dai tanti colori, giallo, verde, nelle loro variazioni cromatiche più splendide che avessi mai visto. I campi correvano molto più rapidi di quanto non facesse il treno, sembrava volassero, mentre mi concentravo su un punto, improvvisamente si bloccavano come in un fermo immagine, mi divertivo a farlo spesso, anche per ingannare il tempo, che sembrava non passare mai. Purtroppo, per quanto cercassi di impedirmelo, i miei pensieri correvano ancora più velocemente di quanto non facesse il treno, accavallandosi uno sull’altro in modo caotico, e mi riportavano continuamente ai fatti del giorno prima. Sono un uomo in fuga pensai. In fuga dalla realtà che stò vivendo questi ultimi mesi. Una moglie che mi ha lasciato dopo venti anni di matrimonio, una donna fragile e inutile, che mi ha detto chiaro e tondo che il matrimonio è fallito a causa delle mie debolezze e del mio carattere insicuro. Il treno rallentava, le ruote stridevano fastidiosamente sui binari, fermandosi alla stazione di un piccolo paese della provincia. La gente scendeva frettolosamente, perennemente in ritardo su tutto, erano per lo più pendolari, che lavoravano nelle fabbriche dei grandi agglomerati industriali della città più vicina. Facce serie, contratte, constatai, di persone che non hanno molto da chiedere alla vita, persone comuni, donne e uomini che ritornano alle loro case, pensando alle cose più immediate da fare al momento dell’ arrivo a casa, le solite cose del giorno prima, pensai, e del giorno prima ancora. Davvero triste. Holly. Il suo volto mi scorre continuamente davanti agli occhi, come una serie di diapositive con la stessa immagine, il suo sorriso, il suo sguardo, tutto, sono stanco di pensare, vorrei spegnere il mio cervello sfinito con un clic, ma non posso. Mi accendo l’ennesima sigaretta, e guardo distratto il fumo che sputo via con uno sbuffo grigiastro, che si disperde nell’aria viziata dai mille respiri ed umori umani, misti ad un detestabile puzzo di urine di gatti o forse cani, che si rifugiavano sulla carrozza durante la notte. Holly, maledizione. Ricevo una chiamata, è il mio avvocato, casualmente anche il mio migliore amico, mi chiede di passare nel suo studio al più presto per definire i termini della separazione. “Devi fare al più presto Fred, mi serve la tua firma per i documenti, sai che l’udienza è stata fissata per il giorno 22, e mancano solo sette giorni, non fare come il solito, che mi vieni all’ultimo momento.” “Stai tranquillo Luca, non ho alcuna intenzione di farti attendere troppo, domattina verrò da te, non preoccuparti.””Guarda che ci conto Fred, e poi dobbiamo anche valutare l’offerta di quell’immobile che ti è stata fatta la scorsa settimana dalla Vedova Rossi, sai che dobbiamo battere la concorrenza dei tuoi amici tedeschi, e questo affare non possiamo assolutamente farcelo sfuggire, è troppo allettante.””Si, si, ho capito, passeremo la mattina insieme poi andremo a pranzo da Franco, ho voglia di mangiare le sue meravigliose triglie arrosto.” “Sta bene ?” “Benissimo, allora ti aspetto, a domani, ciao” “Ciao”. Posato il cellulare alla mia destra, controllo il mio orologio da polso, noto che mancano circa sette minuti alle 20, il treno è in ritardo, penso che devo rientrare a casa, farmi una doccia velocissima e poi uscire di nuovo per incontrarmi con Holly. Holly. “Ciao tesoro, come stai?””Sono così felice di vederti, è una serata splendida, non trovi?” Mentre mi veniva incontro la osservavo, era decisamente più bella rispetto all’ultima volta che la vidi, che era già più bella della volta precedente, e così via. Lei era così. Bella. Nel suo elegante cappotto nero, la sciarpa chiara intorno al collo lungo e affusolato, la frangetta sulla fronte che le dava un aria sbarazzina, più giovane dei suoi diciassette anni. La vidi per la prima volta alcuni anni fà, quando lei non aveva nemmeno 14 anni, mentre io, sposato e con un figlio di 20, avevo superato la quarantina, e, benché non li dimostrassi, li avevo. Credo si fosse innamorata di me dal primo momento. Non so perché, né come, considerando la sua giovanissima età, ma lo capii presto in diverse circostanze. Ovviamente non ci feci caso, né diedi alcun peso alla cosa, quando me ne resi conto. considerandola poco più che una poppante. “Ciao Holly” “Stò bene, grazie, e tu?” “Come sempre ti trovo carina ed elegante.” Ero teso ed emozionato, come sempre mi capitava ogni volta che la vedevo. Credo che anche lei lo fosse, ma non lo dava assolutamente a vedere. L’accompagnai all’auto, le aprii la portiera e la feci entrare, poi richiusi e mi misi al volante. Partii. Il traffico era come al solito in tilt a quell’ora di punta e percorremmo la strada che portava a casa mia in un tempo che a me parve interminabile. “Ho concluso il ritratto, credo di essere soddisfatta per come è uscito, spero che ti piacerà.” “Ho messo in risalto lo sguardo, lo sai che a me piace tanto il tuo sguardo, è la cosa che mi ha colpito dal primo momento che ti vidi.” Si, ricordo. I viaggi in auto, rientrando dal ristorante le sere d’ estate, riaccompagnandola a casa, lei dietro, che mi fissava. Non capivo. Vedevo quegli occhioni neri che mi fissavano in modo persino fastidioso per la loro insistenza. Sembrava che volessero entrare dentro i miei. Non capivo ancora. “Beh non vedo davvero l’ora di vedere questo famoso ritratto.””Sarà certamente bellissimo”. “Se non ti dispiace, vorrei che non andassimo a casa tua, e che ci fermassimo da qualche altra parte.” “Va bene” risposi. Ero perfettamente d’accordo, non volevo perdere un minuto di più del tempo che ci restava a disposizione prima di doverla riaccompagnare a casa. Mi fermai perciò in una strada buia prima della strada provinciale ed accostai. Uscimmo dall’auto e restammo per un attimo in silenzio, senza dire nulla, “Posso abbracciarti?” Chiesi. Lei non rispose ma venne immediatamente ad abbracciarmi. Lo desideravamo da troppo tempo. Io e lei. Finalmente soli. Dopo un lunghissimo abbraccio, nel quale ci assorbimmo con impeto le rispettive fragranze, come due animali, ci odoravamo, i suoi capelli, lei il mio petto, il suo profumo. La baciai. Le nostre bocche si incontrarono subito e si aprirono subito, con avidità ma cercai di farlo con dolcezza, non volevo, non sapevo come avrebbe reagito. Reagì benissimo. Fu bellissimo. Era la prima volta che baciavo una donna dopo la separazione. Dopo oltre venti anni. Era come ritornare indietro di trenta anni, alle prime esperienze esaltanti dell’adolescenza, ai primi baci, alle prime scoperte, i giovani seni, il sesso, mi chiesi se ero veramente cresciuto o se non fossi ancora un adolescente con i capelli grigi. Lei non so da quali esperienze recenti venisse, ma sembrava fuori allenamento.Fu un lunghissimo bacio. Lei era appoggiata all’auto ed io davanti. Ansimava. Mi baciava con un tale trasporto, come se fosse l’ ultima cosa che faceva. “Cosa stò facendo?” disse a un tratto.”Stò baciando il padre della mia migliore amica!” “Devo essere impazzita.” Mi trovai spiazzato. Pensai che sapesse, immaginasse che il fatto di avermi proposto di uscire con lei significasse una sola cosa. Cercai di capire.”Se siamo qui, ora, è perché l’abbiamo voluto,non credi?” “Non avrai certo pensato che ci saremo visti solo per fare due chiacchiere?”. “Desideravo abbracciarti e baciarti da tempo immemorabile” “Non stiamo facendo altro che assecondare i nostri desideri degli ultimi mesi e forse anni.” Sembrò tranquillizzarsi. La riaccompagnai a casa, lei mi diceva che dovevamo trovare il modo di vederci ancora. Io non aspettavo altro. Dopo aver accompagnato Holly a casa, andai a bermi qualcosa al pub frequentato dai miei amici. Quando mi vide, Luca capì che era accaduto qualcosa di strano. Mi capiva subito, allo sguardo, ogni volta mi sorprendeva. “Cosa hai combinato?” “Sembri appena uscito da un film d’ amore.” “Hai gli occhi di chi ha appena visto la Madonna.”. Preferii non dirglielo, nemmeno lui sapeva. Non mi ero sentito di dir nulla nemmeno a lui. Sono sicuro che non avrebbe approvato una tale situazione. Lui, così quadrato, posato. Non avrebbe capito. “Niente di che” “Sono uscito con una mia vecchia amica che non vedevo da millenni.” “Ricordi Sabrina? Una mia ex di tanti anni fa” Sembrò non berla proprio , ma abbozzò un sorriso. “Si, me la ricordo, ma, se non ricordo proprio male, non si era trasferita negli USA subito dopo la laurea e si era sposata lì con un ingegnere?.” “Che ci faceva qui?” “In questo periodo poi?” Capii che non credeva a ciò che le raccontavo e comunque tagliai corto “Che ne so io, magari gli è morta una vecchia zia ed è ritornata in Italia.”. Facemmo tardi al Pub, e bevemmo qualche birra di troppo, io mi sentivo come non mi sentivo da anni, felice, euforico, non vedevo l’ora di rivederla. Rientrai a casa dopo la una.. Non mi svegliai più. Un attacco cardiaco fulminante mi stroncò durante il sonno. Me ne ero andato. Ma felice. L’immagine che misero sulla lapide era un immagine in bianco e nero, fatta con il carboncino. Un ritratto. Il ritratto di Holly. |