Poesie di Lucius F. Schlinger
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Lucius F. Schlinger |
Lucius F. Schlinger al secolo Luciano Fabi, classe 1941, dopo la laurea ad Urbino sulle teorie musicali dei romantici tedeschi, collabora al periodico Svolta e dirige la rivista Ad libitum. Negli anni '70 scrive per il quotidiano l'Unità, pubblica racconti presso Regione Letteraria di Bologna e le Edizioni Posterula di Urbino, interviene su Interstampa e cura trasmissioni radiofoniche e televisive contro la superstizione. Spesso segnalato o vincitore nelle Competizioni della rivista Il Racconto (Crocetti), ha pubblicato racconti su Achab (Bariletti) e molte brevi note su "Avvenimenti in gioco", con E. Peres e S. Serafini. Alcuni versi sono usciti su DP Marche, presso l'ENTeL MCL, Il Grillo), Storie di fantascienza sono state pubblicate Su Futuro Europa della Perseo Libri. Dacia Maraini ha letto per la RAI TV versi dell'opus 18, Dai balconi di Liebermor che la rivista musicale Capriccio di Strauss ha poi pubblicato prima dei Canti di Wahltann opus 34. Opere di narrativa, di teatro e raccolte di versi sono presenti in varî siti internet, tra i quali, oltre a Poetare curato da L. De Ninis, quello della “Pro Urbino” che ha anche stampato due Nuovi dialoghi e composizioni in versi, mentre l’integrale dell’opera si trova in www.luciusfabi.it a cura di M.Gianotti. L’ Unione Astròfili Italiani. ha pubblicato nel 2006 sulla rivista ufficiale Astronomia il suo studio Elementi astronomici nella Commedia di Dante. Un libretto di giochi è uscito presso La Meridiana ed uno di racconti brevissimi a cura dell’ISA- Scuola del Libro di Urbino. Collabora per la divulgazione scientifica a Punto d'incontro. Entro qualche millennio, come il personaggio de L’elisir d’amore, diverrà anche lui noto e all’Universo e … in altri siti. <Web M.Gianotti> p. el: schlinger@libero.it Nuovo sito internet di Demòpolis: www.luciusfabi.it |
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A Praga canzone libera1 opus 41 Sulla città che sola innanzi tutto mi ha rapito e stregato, per caso inesorabile del Fato, ho detto tante e tante cose al vento e il vento le ha raccolte come frutto di un visionario pensiero smarrito sempre per nostalgia, ed ora quasi penso di scrivere una poesia. Ma no: la Morte è mille volte meglio e Morte ho preferito, estremo evento, che con semplici fasi calmo arrivi e rapido mi privi di ogni dubbio, rimpianto e sentimento. Ma presso la Čertovka, o verso Tyn sarebbe dolce Morte e sarei sveglio, ascoltando Die schöne Müllerin per rimanere in tema,2 ed anche presto sarebbe sempre benvenuta a Praga, anzi leggera e vaga, senza trovarmi mesto e insofferente come oggi, lontano, quanto ancora non so, da tutto questo e ricordare è vano la città che fra tutte ha la mia mente.
Ma proprio in poesia che, non costretto da gravi e insuperabili motivi io componga tra i vivi è certamente una laica eresia. Posso comporre in versi per l’ invito, dalla Čertovka, di quel Diavoletto di casa lì, ché non si arrabbi troppo temendo che un dispetto - che certo lui si legherebbe al dito - io possa fargli e che per negligenza sia già anch’io nel malloppo di quelli che vanno a capo ogni tanto facendo righe un po’ lunghe e un po’ corte, tacite, goffe, smorte, ottuse e grette pregando sempre invano il loro santo che senza un ritmo dia la differenza tra i versi ed i sermoni, le rubriche, i programmi, le ricette o le accademiche disquisizioni. Poi, coi tempi che corrono ... E chi mai non accusa i tempi avversi? Ma così oggi tanti buttano giù le loro litanie chiamando poesie, miseri infanti, cose che litanisti serî e arguti gettano tra i rifiuti. Meglio comunque i versi che ben scorrono e se qualcuno dice: È poesia, Grazie, diremo. Amen. Così sia.
Praga è bella nel Sole a Primavera, con la pioggia e la nebbia, nella neve, quando viene la sera e con un soffio ci sfiora la fronte, nelle notti d’Estate, come sono le fate ogni momento quando una brezza lieve si solleva sul Ponte e dalle sponde della Vltava poi si sveglia il vento a muovere le fronde, quando viene la notte, quando chiudiamo gli occhi e la sentiamo e in sogno la vediamo ad occhi aperti con tutti i suoi colori, o in una stanza al buio a volte a frotte giungono immagini che siamo certi di ritrovare a pochi passi fuori,
E qui l’Elba ricava l’ inizio del bel fiume che, dal cuore di questa vecchia Europa, quindi passa deciso a nord, e sfocia e si rilassa, dove Johannes3, der Romantisch nacque. Da cielo e mare poi prende il colore mentre qui è Vltava, Moldau, Moldava, il suo ramo più lungo e ricco d’ acque.
Non descrivere i tanti monumenti, le torri ai limiti del Ponte Carlo con guglie articolate ben presenti, sullo slancio vitale delle cime che con i tetti lunghi e acuti vale, e proprio è norma darlo a quanto di sublime sa far l’uomo, sia una casetta, una taverna o un duomo. La Torre Polveriera Prasna Brana e le altre vette acute furono, come a Tyn, certo volute per coerenza precisa e severa. Sul fiume anche il più spoglio monumento, forse la Torre della gran centrale di Novotného Lávka ben palesi, presso il famoso museo nazionale ebbe nel corso del milleottocento sull’alto vertice guglie praghesi. Loreto, di altri tempi e d’altra scuola con le due San Nicola ben risuona. Anche il loro barocco a Praga vola. Molto c’è che contrasta e nulla stona per misteriose analogie nascoste. È così con i temi di sonata, spesso idee contrapposte, unite nel profondo in forma data4 in un concerto o in una sinfonia. ma Franz Kafka ci mostra sempre orribile ciò che si pone contro ogni armonia, e l’armonia come un sogno impossibile dal quale l’uomo non vuol esser desto. L’orologio con gli astri a Staré Mesto fu costruito in tempi in cui la via della moderna visione del cielo restava sotto un velo per la scienza, ma su rapide ali correva il mito nella fantasia Così i poemi antichi e la Commedia restano sempre attuali e non dispersi, come in modi diversi la fisica del millenovecento. Per dare una diversa conoscenza come un diverso evento, l’arte in scena s’insedia. Con Leos, Bedrich, Antonin la gente di ogni tempo, paese e condizione resta sempre presente, nelle maniere più diverse e rare e scrittori, architetti, musicisti tra i più grandi nel tempo uditi e visti che nacquero o che vollero restare in questa città unica fra tante, dall’autore di Swejk, il buon soldato ... Achtung! un solo dato per ogni personaggio interessante ci condurrebbe a scrivere un trattato5 ... Non voglio questo ma ora vorrei ritornare mentre schermo e tastiera ritrovano ogni sera sue immagini e parole mie per lei.
Ancora, lassù in vetta, presso San Giorgio è sede dell’Impero il Castello di Hradchany e San Vito vertiginoso Gotico romantico, un fantastico cantico, duomo in sei secoli quasi finito. Sul lato a mezzogiorno, andando senza fretta, è proprio vero che si potrebbe fare un bel ritorno. Si potrà completare7. Non è tale da prender proprio come oro colato il vecchio pregiudizio mal nato in casa rinascimentale che fu esteso nei tempi e alle nazioni superbo e privo di significato, che disse barbari gli artisti gotici (rozzi, ignoranti, zotici?) e ancora qualche tizio vede i suoi languidi come romantici. Questi asfittici mantici, in tanti casi orrendamente teneri, con con trombe, con tamburi e con tromboni al realismo ben sano e robusto, al classico equilibrio superiore, sentenziando sui generi, considerando scienza il loro gusto portano grande amore. Fuori di casa esportino quel credo! in Europa e di là dai suoi confini. Ridere sento e vedo già i critici, gli artisti ed i bambini.
Equilibrio romantico è tra opposti dagli abissi alle stelle: arte e scienza diverse, ma sorelle, miti6, azioni, pensieri contrapposti, diavoli e dei in fiabe ed in leggende che il Popolo riprende in ogni aspetto e dissonanza è un accordo perfetto.
Prima dell’ uso di ferro e cemento l’architettura gotica è la sola che in tanti secoli ci abbia donato, col suo fine sapere, cosi audaci, leggére, ma salde costruzioni su cui vola sempre ammirando attento col nostro sguardo il pensiero incantato. Più possente fu certo qualche un sito, ma nulla mai così lieve ed ardito.
A Praga l’quilibrio è tra gli opposti dagli abissi alle stelle, arte e scienza diverse, ma sorelle anche se ognuna avanza per la sua propria via, miti, azioni, pensieri contrapposti, con il fascino della dissonanza che fa completa e viva l’armonia. Molto c’è che contrasta e nulla stona: diavoli e santi tra fiabe e leggende che sempre il Popolo varia e riprende e al Popolo le dona. E’ così con i temi di sonata, contrarie idee che la forma incorona, chiara, determinata, in un concerto o in una sinfonia.
E l’elenco non serve, per fortuna: Magica è tutta Praga. come ogni fiaba, ogni leggenda o saga. Già lo si afferma in tanti libri dotti, nei più celebri motti come tra noi genti non troppo colte. Ed è vero che in prosa e in poesia un miliardo di volte è stato detto. Con questi versi ora un miliardo e una! E Praga mostra in armonioso assetto il Classico con il Rinascimento, barocca è in più di un grande monumento, modernissima in qualche galleria, vicina al genio superfuturista. Ma l’aria singolare che ci prende e conquista non deriva da alcun particolare. Per quest’aria vorrei ritornare mentre schermo e tastiera ritrovano ogni sera sue immagini e parole mie per lei.
Se si afferma e dichiara anche una realtà semplice e chiara non misurata, dosata, garbata, né, come si usa dire, moderata, In medio stat mediocritas, esempio, che a molti sembra empio, dovremmo forse cercar di sapere se l’autentica veritas sia stata detta da diversa gente? Non questo ma ben altro abbiamo in mente.
E’ bella Praga al Sole in Primavera con la pioggia e la nebbia, nella neve, quando viene la sera e con un soffio ci sfiora la fronte, nelle notti d’Estate, come sono le fate ogni momento, quando una brezza lieve si solleva sul Ponte e dalle sponde della Vltava poi si sveglia il vento a muovere le fronde, se la tempesta in un altro momento sferza gli argini e l’onda è sulle rive o quando ad occhi chiusi la guardiamo in gara con le stelle tra cui vive. Ma qui Madonna Luna si contenti di esser solo una, non brilli in in modo tanto prepotente da toglierci la vista anche di quelle luci lontane di mille colori, che negli inverni lunghi ritroviamo con la città che anche in questo presente prende alla Terra e alla Terra dà luce e se una sera diversa conduce ad una bella fresca e breve notte d’Estate, allora a frotte ci manda immagini che siamo certi di
ritrovare a pochi passi fuori. Magica è tutta Praga, come ogni fiaba, ogni leggenda o saga. Senza saperne dare descrizione termina qui la povera canzone. ================================================================== Note 1) Primavera - Autunno 2009. Libera solo per la disposizione delle strofe e delle rime dato che qui si sceglie spesso anche l’ulteriore legame della rima interna dopo il primo settenario degli endecasillabi e sempre la rima finale che può anche legarsi ad una interna, mentre a volte le rime analoghe possono essere più di due per evitare un’eccessiva distanza. Le riprese di versi con passi non identici sono necessarie per l’ unità della composizione come i temi in musica. Spero anche di aver mostrato come il rigore, pur unito ad aspetti liberi, nella forma non significhi rigidità e linguaggio accademico. 2) Sulla Čertovka (Teufelsbach, ruscello del Diavolo) funzionava un mulino del quale il fiume fa ancora girare la ruota. Di qui l’allusione al celeberrimo ciclo di Lieder (La bella Molinara) di Franz Schubert. 3) L’Elba sfocia con un grande estuario che inizia ad allargarsi un po’ a NW di Amburgo (Hamburg) patria di Johannes Brahms. 4) Ci si riferiferisce alla forma-sonata classica e romantica che ha disposizione formale analoga nel concerto e nella sinfonia. 5) Sarebbe estremamente difficile citare anche solo i grandissimi che passarono per Praga o che nella città soggiornarono più o meno a lungo. Si dovrebbero ricordare, magari un po’ alla rinfusa - oltre a quelli che a Praga o non molto lontano nacquero, come Franz Kafka, Anton(in)Dvorak, Bedrich Smetana, Leos Janacek, R.M.Rilke e tanti altri- Keplero, Ticho, Haydn Mozart, Beethoven, Weber, Goethe, Schiller, Brecht, Einstein, Kokoschka, Apollinaire, quasi certamente Franz Schubert e Forse J.S. Bach ... ma adesso non vorrei maldestramente iniziare da perfetto ignorante quel trattato che ho detto di voler evitare nel testo. 6) Tutti i miti, le fiabe, le leggende sono a mio avviso da ricercare e studiare con grande attenzione come affascinanti aspetti della ricchezza culturale dei popoli, mentre tutte le superstizioni, comprese quelle che si vorrebbe goffamente imparentare con la scienza, un tempo per certi aspetti interessanti e molto diffuse anche a Praga, meritano da secoli solo disprezzo, poiché non hanno più alcuna giustificazione storica e vengono utilizzate dai ciarlatani reclamizzati da tanta stampa ufficiale come da tanti canali radio e tv per criminali e lucrosissimi affari. 7) San Vito, dopo un periodo di lavori importanti che, continuando quelli del Medio Evo, si svolsero proprio in età romantica e tardoromantica, fu completato nel 1929, ma non del tutto, visto che la parte sud con la torre più elevata che doveva raggiungere un’altezza superiore, presumibilmente nello stesso stile delle altre, si può considerare ancora incompiuta. O forse la mia idea della perfezione gotica mi sta giocando un brutto scherzo. Alcuni pensano di lasciare incompiute le incompiute. Ma questo, dato che alcune di esse sono tali solo perché ad un certo punto sono finiti i soldi, mentre c’erano tutte le indicazioni necessarie per terminarle, non è un atteggiamento interessante e a suo modo romantico, ma è secondo me assurdo. Anche il duomo di Köln (Colonia) che fu completato nel secolo XIX è un’altra magnifica testimonianza del legame tra Gotico e Romanticismo. Un esempio perfetto ed estremo di architettura gotica (nata e compiuta veramente in periodo gotico) è la Sainte Chapelle nell’Île de la Cité della Senna, benché si tratti appunto di una cappella, una sola navata che non può presentare ovviamente alcuni caratteristici elementi di fondo delle grandi chiese ad essa contemporanee, quali i sistemi di archi rampanti e tutte le strutture, essenze della straordinaria bellezza di queste costruzioni che proprio in Francia ebbero inizio con alcuni magnifici monumenti. Quanto al termine gotico in senso spregiativo esso risale ad alcuni storici tra i quali il Vasari e non fa di sicuro parte dei loro meriti. La storia ne ha fatto giustizia, visto il sommo entusiasmo che tanti monumenti gotici hanno suscitato dalla loro origine e suscitano ancora oggi negli uomini di cultura privi di pregiudizî. L’opus 41 continuerà con
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= Versi pubblicati nel 2006 a cura della Pro-Urbinodalla Casa editrice Montefeltro =
SUL FURTO DEL 1975 AD URBINO, opus 10
Febbraio 1980
Mi colpì la mente, Auretta[1], Ma soltanto in versi e rime, la tua idea molto brillante,. senza macchina da presa. tanto che, seduta stante, Ciò sarebbe grave impresa. la realizzo in tutta fretta. e il lavoro mi deprime
I CANTO
Sta sopra i colli tra Metauro e Foglia Urbino, la città che dà materia a questi versi che, di mala voglia, ne narrano la gloria e la miseria. La fece gente antica, sulla soglia dell'Appennino, questa gente seria. E sui colli ventosi a lungo stia, se il malgoverno non la porta via.
Per esser chiaro in modo universale, quarantaquattro a nord son quasi esatti. tredici ad est: il Palazzo Ducale si trova qui, ma lo sanno anche i gatti. Qui si è svolto un delitto senza eguale. Di questo parlerò, veniamo ai fatti. Dirò come si strazia e si delinque verso il principio del settantacinque.
Tra il cinque e il sei febbraio, nella notte, un'ombra nera coprì la città, si spalancarono le cupe grotte e vomitarono, dall'aldilà, fetidi miasmi, spettri neri a frotte: fu un colpo al cuore della civiltà. Il disegno di un perfido cervello ci tolse ben due Piero e un Raffaello.
Piangeva il mondo intero per l'affronto, la radio, la tivù ed i giornali facevano il commosso resoconto delle gesta dei pazzi criminali che presto avrebbero mandato il conto al Ministro dei Beni Culturali che appena seppe del fatto assassino in elicottero piombò ad Urbino [2]
Giunse qui con il volto paonazzo e constatò, molto malvolentieri, che qualche criminale o qualche pazzo aveva fatto dei guai molto serî. "Questa città in forma di Palazzo fu offesa - disse -, a me, carabinieri ! Questo palazzo in forma di città un impianto d'allarme non ce l'ha?"
" Signor Ministro, le buone intenzioni sono abbondanti nel nostro Paese - rispose il dottor Faldi -, queste spese sembrano enormi, in queste condizioni, sembrano lussi, pazzesche pretese. E soprattutto sembran molto futili ai gran burocrati degli Enti Inutili.
Pensi, Signor Ministro, a quel pezzente che solo centoquarantun milioni [3] prende in un anno intero e non fa niente, a chi organizza grandi esportazioni di lire nostre in ogni continente per darci fama in tutte le nazioni ! Che paghino le tasse? idea infame. Vogliamo farli morire di fame?
Con qualche centinaio di miliardi noi salveremmo tanti monumenti che rischiano la morte (Dio ne guardi !) che sono abbandonati e fatiscenti dalle Alpi alla Sicilia, ed è già tardi !) Governo ladro, i tuoi provvedimenti hanno fatto più male ai cittadini che tutti i barbari ed i Barberini!"
La gente approva il suo parlar discreto dicendo: "Chi ha il potere ci assassina: bombarderebbe i musei a tappeto come gli Americani l'Indocina. Questi signori, con animo lieto, porterebbero il caos e la rovina come in Cambogia, in Laos, nel Vietnam, questi che sanno solo far "gnam gnam!"
Lo storico [4] ricorda: " Vi rammento che il Ducato del grande Federico dalla Romagna, verso il quattrocento, giungeva fino a Gubbio, al tempo antico, ed era il cuore del Rinascimento. Su questo non c'è dubbio, ma vi dico: Se continua così, ne sono certo, troveremo al suo posto un gran deserto.
"Per dare a Urbino - aggiunge - la Madonna di Piero, la rubò con attenzione il dottor Serra, ma la Gentildonna ci giunse da Firenze, una frazione d'Urbino, ai tempi della mia bisnonna. la tavola della Flagellazione era un tempo nel Duomo e siamo lieti di dire che l'abbiam rubata ai preti".
Altri ricordano quei grandi Genî che qui vennero a dar prova di sé quando brillava, in tempi più sereni, l'astro di Federico che fu il Re dei mecenati (ma non c'era l'ENI, per fortuna) e si chiedono: "Perché ciò che nei secoli si costruì ce lo distrugge tutto la Dicì?"
Ma c'è chi non trascura il suo dovere, chi vuol far chiaro in questa confusione: per ogni sasso c'è un carabiniere, un poliziotto per ogni mattone, e presto giungon divisioni intere di Esercito, Marina ed Aviazione. E in una pozza (sembrerà impossibile) già incrocia, ben armato, un sommergibile.
Il Magistrato conduce l'indagine dall'Italia fin oltre il Canadà da San Polo alla porta di Lavagine* e annusa circospetto, qua e là - potrei parlarne per quaranta pagine! - per giungere a scoprir la verità, mentre è riunito il Civico Consesso ed al Regime fa un duro processo.
Chi può, si dice intanto nella Piazza, pensar di vendere un tal patrimonio, di commerciare in quadri di tal razza, merce che scotta perfino al Demonio? Poteva prendere, la zucca pazza, se avesse avuto un po' di comprendonio, cose men note, con le mani leste, schivando Piero e il Raffa come peste.
Concludo il primo canto (era il momento!) con uno sguardo, tra Rimini e Fano, in un borgo ove trovo tutto intento al suo lavoro un valido artigiano: lo vedo rinnovar l'arredamento con tre tavole ben dipinte a mano. Vorrà mostrarle a certi suoi amici. Ma perché son così, senza cornici?
II CANTO
Il secondo canto narra altri fatti in altro metro rigirando avanti e indietro nella sordida gazzarra.
Superate le scosse tremende, si riflette sul gran fatto lercio, mentre già tutto il mondo si attende di scoprire chi i quadri rubò. Queste tavole, messe in commercio valgon meno di un soldo bucato. Già si mormora in tutto il Ducato che per questo sperare si può.
Dice il primo che, se non è scemo, vedrà il ladro che l'ha fatta grossa, dice l'altro che presto riavremo i tre quadri di grande valor. "Criminale, tu hai fatto una mossa - dice il terzo - da gran deficiente e di questa patata bollente non potrai sopportare il calor !"
Ma ben presto s'insinua il serpente di un gran dubbio: l'idea di un ricatto già raggela e sconvolge la mente di chi un attimo prima sperò. Ecco dunque spiegato il misfatto! Attendiamo con cuore ben saldo che ci dica quel vile ribaldo "Date i soldi ed i quadri vi dò".
Notte e giorno si attende e s'indaga. In Comune, in Caserma in Pretura, c'è al telefono, pur senza paga, chi sta pronto a sentir come va. E l'attesa diventa più dura, poiché sempre c'è chi ne approfitta, c'è il cretino che vende aria fritta, ma non sa raccontar novità.
Roma Vienna, Parigi, Berlino son percorse da un brivido lungo: tutte queste frazioni di Urbino guardan fissa la lor Capital. Chi credeva che, come un bel fungo, rispuntasse il tesoro improvviso è deluso, è già muto ogni viso: lo incatena un silenzio mortal.
Solo quando il fatidico trillo rompe il cupo silenzio di tomba dal sedil salta su come un grillo l'impiegato di turno al Comun. Ma purtroppo non è una gran bomba la notizia: egli ha fatto già il callo alle balle del verme sciacallo a cui già più non crede nessun.
Però al cruccio si aggiunge la rabbia: " Non c'è razza più vile e più sozza, che ti venga la tigna e la scabbia!" gli risponde e già pensa tra sé che, se un giorno lo prende, lo strozza, e riattacca, con mossa assai secca, la cornetta, poi tira una stecca, soffia il naso e si beve un caffè.
E su ciò le parole già spese sono assai: Non diremo poi nulla sui bambocci che l'arte "borghese" vanno a stramaledir qua e là. Questi vecchi che stan nella culla, che si tratti di Piero o di Dante ne discorrono come l'infante che col ciuccio sta in braccio al papà.
Ma tornando con rapida rima a quei giorni di ansie e tormenti, ci accorgiamo che cambia già il clima, Passa il tempo, c'è meno tension. Le questioni, che come serpenti s'insinuavano in tutti i cervelli, lascian posto a ben altri bordelli, mentre a nulla si dà soluzion.
Certo nessuno dimentica il danno subìto e l’affronto ma se ne frega soltanto il Governo, lo Stato ch'è tonto. Continua intanto il grande scempio, non c'è museo, non c'è più tempio che il ladro vil non tocchi anche sotto i begli occhi della nostra tivù che già non parla più. Anche la radio, come un armadio in un muro molto duro, sta zitta, è fritta, tace. Pace c'è, eh? Ssssst !
Ma cos'è quel confuso fracasso, quello strepito sempre crescente? A migliaia qui vengono a spasso a veder quel che qui non c'è più. La Città quasi scoppia di gente: qui di Piero non c'è più un frammento, ma c'è il chiodo (e il turista è contento) che una tavola tenne già su.
Che ci rùbino dunque in un mazzo il Melozzo, Verrocchio ed Uccello, che li portino via con un razzo ben lontani dai nostri torrion. Che rapiscan Volponi, e con quello il gran Bo, ché più gente alla tana verrà qui, dove visse Laurana, a sganciar da turista i milion!
" Via, coraggio, il Ministro Siviero - dice il saggio - le trame più losche ben conosce: è capace davvero di scovare dal buco i birbon". Gli risponde il maligno: "Alle cosche è lui stesso che chiede l'aiuto. Dice ai ladri 'Rubate!' e il suo fiuto nel cercare è soltanto un bidon."
Ma a coloro che ancora, per caso, ricercassero sciocchi espedienti per poterci pigliar per il naso noi diciamo: ne abbiamo fin qui. Prenderanno una botta sui denti, salteran dalle loro poltrone poiché tutta la popolazione i lor sordidi trucchi scoprì.
III CANTO
Cambio ritmo, e già su ciò Se il tremendo parapiglia che ai miei versi dà sostanza ispirò teste più grosse qualcun altro, con creanza, a far versi con la tosse in dialetto scribacchiò, questo non mi meraviglia[5]
Un anno di ansie e timori è trascorso, quando ecco dai vicoli stretti, dal Corso, da tutte le strade di questa città, un popolo accorre ed invade la Piazza. La gente è già in preda alla gioia più pazza: sconvolge le teste la gran novità.
Allora m'intrufolo in un'osteria: "Che cosa è successo, che c'è, gente mia? E' forse caduto il governo?". "Ma va'! La testa - mi dicono - l'hai come un sasso! Ma come potrebbe cadere più in basso se andò sotto terra ventotto anni fa?
Le tavole belle di Raffa e Pierino son state trovate lassù nel Ticino, in buona salute, son tutte e tre lì". Si sentono intanto rintocchi lontani: il Sindaco suona, si spella le mani, l'annuncio si sparge da Roma a Forlì.
E quindi in due ore fa il giro del mondo. Le indagini, rapide, arrivano al fondo: il cerchio ad ogni ora più stretto sarà. Le forze dell'ordine stringono i denti, son pronte a balzare su quei delinquenti se non s'intromette nessun baccalà.
Speranza delusa: L'annuncio del fatto fu dato in anticipo, e già come un gatto sul topo incombeva il valente ufficial! Ma questo non guasta la festa a noi tutti, avremo la testa di quei farabutti: li attende la porta del bagno penal!
E giungono infine , lo vuole il destino, (in quel pomeriggio fa un freddo assassino!) gli oggetti per cui tutto il mondo tremò. La gente è in delirio. Con sguardo beato ognuno accarezza un furgone blindato e dice: "Son tutti lì dentro, lo so".
E chi non vorrebbe, anche solo un istante veder finalmente col volto raggiante il buon magistrato che tutto scoprì? 6 E intanto si applaudono i carabinieri, mai come in quel giorno quei mìliti fieri son stati vicini alla gente di qui.
E han detto che il loro dovere - per Bacco! - è proprio cacciare i furfanti nel sacco, che questo lo fanno con gusto e passion e che sono stanchi di chi vuol far uso dei loro reparti per rompere il muso a gente civile e cacciarla in prigion.
Prosegue serrata l'indagine acuta: si fruga, si ascolta, si tasta, si fiuta in ogni credenza ed in ogni comò, finché si conclude la dura battaglia. Scoperto il colpevole, un certo Pazzaglia, al giudice questa canzone cantò:
"Vidi un giorno il ritratto della fatal Signora. Di quel volto mi vinse la malìa. Ero già quasi matto, non vedevo più l'ora di rapirla, per farla tutta mia. Avevo carestia di quel vile elemento ch'è prezioso ma raro, mi mancava il denaro. Necessità ed amore in un momento, fusi nella mia testa, dissero al cuor: "Devi farle la festa!"
Ritornai qui nel centro, rigirai quelle mura giorno e notte con l'anima stravolta, vidi presto che dentro i guardiani, con cura, in due ore passavano una volta. Ora, giudice, ascolta: Sulla leggera scala, col piccolo sgabello mi arrampicai bel bello e rapido passai di sala in sala, arraffai la mia bella e due cosette ch'eran presso quella.
Per lasciarvi un ricordo distaccai le cornici con la finezza di chi sa il mestiere. Già le dita mi mordo! Quanti giorni felici avrei goduto dando a un rigattiere cose vecchiotte e vere, meno esposte agli sguardi delle tre tavolette splendide e maledette? Seppi solo per radio, un po' più tardi, dentro la mia bottega che non vende tal roba chi la frega".
Tronchiamo il lamento, ma il resto è ben noto: c'è stato un successo, ma c'è sempre il vuoto in testa a coloro che stanno lassù. Per l'arte e la scienza, per il "culturame" non han tempo e soldi, son altre le trame che vanno tessendo da trent'anni in giù.
Trent'anni nei quali il governo di Roma tentò di trattarci da bestie da soma, a calci e promesse, carota e baston. E questa barcaccia, già piena di falle, ci pesa, ci opprime, ci sta sulle spalle: gettiamo nel mare chi regge il timon! [1] Ispiratrice che proponeva un film [2] Ovviamente il dialogo che segue non è certo da prendere banalmente alla lettera come una cronaca. Il Dottor Faldi era ottimo Sovrintendente ad Urbino nel 1975 (N.d.A. 1997). [3] Si parla ovviamente di milioni del 1975 (N.d. A.,1997) [4] Senza riferimento preciso ad alcuno storico reale (N.d.A.,1997). [5] Malignità evidente. C'era anche qualche verso ben fatto. [6] Si tratta dell’illustre urbinate Dottor Gaetano Savoldelli Pedrocchi. * Due punti all’interno delle mura di Urbino |
Versi in breve Limericks¹
Una graziosa bimba di Bohemia
Un gentiluomo che stava in Sicilia
Un Uomo che abitava lo Zaìre
Un tipaccio che stava a Busto Arsizio Il 30 agosto 1996 inviavo a Gradara Ludens alcuni nuovi limericks, dicendo che dovrebbero essere proponibili nel primo verso anche località non facilmente rintracciabili in una carta geografica, quali Barbialla di burchielliana memoria.
Un pellegrino di Vattelappesca
Una soave fanciulla di Linz
Inviai inoltre alcuni Limericks di cui ancora uno
ispirato a Gradara.
Francesca di Ravenna Da Polenta,
Una bizzarra Lady in Gran Bretagna
C'era un gentile Hans in Danimarca
Un cittadino eminente di
Berna
C'era un bravo operaio che in Polonia
C'era un bel giovanotto in Romania Ed eccone altri di quello stesso periodo:
Il bellimbusto della Casa bianca
Epigrammi haiku agosto 1993
Medicina di base
Impromptu
Pax rei nostrae
Per tutta la Galassia?
Versi su temi dati
nella
rubrica Avvenimenti (in gioco) di Ennio Peres & Susanna
Serafini;
Tema: Immagine (della Terra) riprodotta e parole umanità,
forza, ragione.
N. 38(1994): quartine con le parole accordo,
fiducia, governo e riferimenti ad un quadro di
Boullogne su una partita a dadi.
23 novembre 1994: Quartine con Italia, sciagura,
natura
Per il n. del 26 aprile 1995: quartine con verità,
vita, gioco.
Per il n. del 28 giugno 1995 con potere, pensiero,
televisione
Ottobre 1995: quartine con le parole gara,
normale, regole e qualche riferimento ad un
quadro di Magritte
dic '95-gen '96: quartine con
felicità, mondo, adulti
Marzo 1996: quartine con riforme,
compromessi, pànico e rif ad
un'opera del pittore Larmessin.
1 maggio 1996: quartine con sondaggi,
risultati, prospettive
Stornelli sull'ultimo tema dato nel n.28 1996: E.
Peres e S. Serafini hanno suggerito tre versi quinari
iniziali
agosto 1996: acrostici su Fausto
Bertinotti.
0ttobre 1996 : quartine su confronto, strategia,
tattica
Fine 1996: quartine su metodi, materie,
programmi.
Alcuni limericks
Stornelli
Fior di lattuga,
Fiorin di pesco,
Fior di banano,
Fiorin di noce,
Fior d'anemia,
Fiorin d'anguria,
Clerihews
Catullo
Giuseppe
Lucrezio
Omero
Plauto
Antonio Salieri
Schubert, il mite Franz
Tommaso di Ser Giovanni di Mone
Acrostici |
Dai Balconi di
Liebermor opus 18 A Valeria Sola, oggi nei palazzi di cristallo di Mohrin-Sal¹, dove l'anello bianco solca la notte dal cielo del tramonto della mia Liebermor, con una domanda sempre nella mente ricordo le strade percorse: Ieri alla testa delle navi di Linten, contro le flotte dei Re-tiranni, per trentamila anni-luce. E più lontano, verso i Fuochi centrali, e tra le sperdute Zone dei Primitivi, sulla rotta dell'incontro con i Fernlast, e più lontano dovunque potessero condurmi la Forze Unificate. E prima, quando ancora non sapevo e non vedevo ancora né sentivo le particelle della mia figura confuse dentro centomila stelle, e prima ancora, quando nell'abisso di un solo punto, un solo fuoco nero, miliardi di galassie erano strette, una domanda doveva aver voce. Ho visto le nebbie di piombo di Gavend, ho visto la luce di Lorintal d'oro, le furie di guerra dei mille Sistemi e cento battaglie su ognuno di essi. E quando squillò la vittoria del Wahltann le navi d'argento portarono a Linten l'annuncio di pace di tutti gli Uguali con seimila navi ricolme di ostaggi. Ho visto attraverso le onde rapide come il pensiero i popoli di tutti i pianeti celebrare la mia giustizia per avere voluto per tutti la libertà di vivere sempre secondo le libere leggi votate da tutti gli Uguali. Contro la prepotenza dei Signori dei Mondi che ora lavorano su quei territori che un giorno sognarono di dominare per sempre, dopo avere provato, per il tempo necessario, le centododici prigioni del Nebental sorvegliati da coloro che volevano far schiavi. Come caddero, allora, le loro insegne luminose! Come si spensero le luci abbaglianti sulle loro teste! Come rovinarono le torri superbe, guardiane di popoli! Dalla nube nera degli " Straccioni del Wahltann" (così ci chiamavano) fulmini di guerra! fulmini di guerra! guerra alla Disuguaglianza, guerra contro la Violenza, guerra contro l'Inganno, guerra all'Umiliazione, guerra contro la Guerra, contro i Signori dei Mondi. " Che volete, dunque, cittadini? - ci dissero i Grandi Signori, bianchi di paura e di collera scendendo dai loro veicoli paralizzati dalla Sconfitta - che volete, cittadini di Linten, confederati del Wahltann, la fine della Potenza?" " Che volete, cittadini di Linten, confederati del Wahltann, - gridarono le loro donne altezzose - volete che rovini per sempre l'Edificio dei nostri Padri, Tempio di Fede e Certezza, fulcro della Potenza? " Di quella potenza che esiste - rispondemmo - perché è solo di pochi ci accusate di volere la fine: della vostra potenza la fine. E' vero: è questo che vogliamo". Come caddero, allora, le loro insegne luminose! Come si spensero le luci abbaglianti sulle loro teste! Come rovinarono le torri superbe, guardiane di popoli! Ho incontrato la paura e la morte sui tanti sentieri sperduti che in ogni regione s'intrecciano moltiplicati in ansiosi grovigli; o davanti alle città orgogliose elevate sopra i vasti fiumi che trascinano la polvere del Tempo; nei villaggi desolati senza voci, tra le boscaglie senza orizzonte, negli oceani senza viandanti dei pianeti senza memorie, oltre l'anello della Solitudine.
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Canti di wahltann opus 32 ad Auretta "........... e ben fu dritto
Si è dato ai popoli
di ogni Paese Che c'entra? Un momento, genti. Forse Dante o Burchiello Le eccezioni di ieri Ora si andrà, Signori, a dar la prova Ahinoi, ma quali drastici dilemmi, Capita di trovare un poveraccio Ma, Signori cortesi, Secondo dati abbastanza recenti Ma che noia, per voi quest'abbondanza! Intanto questi popoli prolìfici Molti di noi amano la cultura Credevamo di non vedere più Ma nessuno si rallegri Prego, dunque, Signori,
II Come si spiega? Ma diamo a tutti la consolazione No: la Signora giunge in certi luoghi Come si spiega? A tale prezzo, avete, Con garbo e con misura,
III IV |