Poesie di Marco 1957
(Marco Macchi)


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Solo
Solo, solo, io solo in questo deserto,
solo nella distesa empia del mare!
E mai nessuno mosso a pietà
del mio lento agonizzare.    

Acqua
In un attimo una massa d'acqua che cresce.
La spiaggia é vicina.
A pochi metri da me vedo corpi rosolati dal sole.
Dopo un bagno mi avvicino all'arenile.
Sogno già una Marlboro.
L'acqua cresce,il mio petto scompare.
La corrente si accanisce e mi tira verso
il largo,mi sforzo e avanzo.
Caro mare vuoi giocare?Giochiamo!
Tu mi spingi,io spingo e ti resisto.
Ah,adesso stai esagerando con lo scherzo!
La tua acqua mi sommerge:
l'acqua che abbiamo addomesticato da tempo,
che ci è diventata tanto familiare
che l'abbiamo violentata,
mi fa vedere il suo volto vendicativo.
Faccio appello a tutte le mie forze.
La spiaggia si fa più lontana.
Sento puzza di tradimento!
Guardo l'orologio:le 17!
Che sfiga avere un orologio digitale!
L'acqua mi arriva al mento;arrivano le onde,
una di esse mi sommerge ed io sono un niente nella sua morsa.
Vicino a me vi sono molti bagnanti.
Quella a me più vicina è una signora
che mi sta guardando con ammirazione,
credendomi un abile nuotatore
che si cimenta nelle acque pericolose.
Un altro macigno d'acqua mi colpisce,
combatto come un pazzo per risalire
e respirare,un'altra montagna d'acqua
mi copre. Respiro acqua,sento il suo
sapore in gola:sto annegando davvero!
Con tutte le mie forze riemergo!
La signora é ancora vicino a me.
Signora sto annegando,allunga la mano
e io allungherò la mia,così che,
dall'incontro delle nostre mani,io possa
salvarmi;sto annegando,solo che
ho vergogna di gridare,morirò martire della vergogna!
 Dovrò cavarmela da solo:affondo,sono a galla...
tanta è la gioia,che non riprendo fiato.
Tanto è il panico che respiro acqua,
quando un'altra onda mi travolge.
Ciò che tocco è acqua,ciò che vedo è acqua,
ciò che sento è acqua.
Tutti i miei sensi sono acqua.
Sono una goccia d'acqua.
Il tempo è diventato acqua.
Sento una decisa stabilità con le dita...
le mie dita contratte intorno a due dita
snelle,fresche,esitanti,quelle di una signora.
Un meraviglioso senso di stabilità,
senza l'eco dell'urlo che non è uscito da me...
certamente non ho urlato,
oppure ho urlato,nonostante la mia superbia?
Mi fermo lontano,lontano,nella sabbia,
non oso fissare il mare,gli volto le spalle.
Si tratta di panico? Oppure vergogna?
Sono io lo sconfitto.
La mia vittoria é un incontro di dita con dita.
Guardo l'orologio.
Le 17 e un minuto.

Birra
Mi arrendo al piacere amaro
della birra, al sapore nudo del male
alla tentazione adulta,
di non opporsi al peccato.
Mi arrendo all'ignoto prodigio
e mentre mi faccio invadere
dalla notte rumorosa,
cerco, nel buio, di togliere la stagnola,
nella profonda cognizione del cadere.   

L'Onda
Giù dal cielo venne un diluvio di oscurità
inzuppandoci in profondità,
bagnandoci fino all'osso.
Poi, mentre lottavamo con forza per tenerci in piedi,
arrivò un nemico ancora più grande.
L'Onda, ecco cos'era!
Ci infondeva la paura, ci stringeva la gola,
ci gelava il cuore.
L'Onda! Nemico tremendo, il più potente
degli dei, che si solleva come un muro
di morte dal ventre del mare.
Allora tremammo,
allora vacillammo,
allora ci lasciammo
cadere in ginocchio
per la disperazione...    

La falena
La misera farfalla
par che che si prenda a gioco
di voler con pericolo entrar nel fuoco:
e tante volte scherza
che, se sfugge alla prima, arde la terza.
Anch'io nel fuoco di un lucente sguardo
volai scherzando, ed ora ardo.

Il branco
Vivo, penso,
mi muovo all'unisono
col branco.
Attraverso tutti i toni del blu.
Sento il calore della luce
ed il gelo del buio.
Il branco si contorce
come un'ameba.
Intorno a me l'orrore!
Balenìo di spade, zanne,
immense pinne...
Sento la morte toccarmi
in un firmamento di squame.
Il branco si allontana,
cado verso i dardi infuocati
della gelida medusa.
Il branco è vita,
l'eternità é nel branco.


Sensazioni
Ciò che desidero dipingere é una musica
tenera e sottile
come il pulviscolo appeso ai raggi di luce
quando si affacciano in una stanza buia.
E' una melodia che senti quando si calma
tutto il rumore dell'universo
e tutto intorno tace.
Poi purifichi la tua anima di tutte le preoccupazioni del mondo
che la turbano e di tutte le sensazioni terrene,
e raccogli dentro di te il senso vero dell'amore,
dell'umanità e della tenerezza.
Solo allora, dopo la quiete, troverai che
un'armonia, delicata, sottile, leggera,
ha cominciato a insinuarsi nella tua anima.
Questa armonia entra in te e tu ti fondi
in essa, fino a formare un'unità
dalla trasparenza estrema.   

Io e Robi
Stavamo vivendo il passaggio fra gli anni
settanta e quelli ottanta.
Genova riempiva i nostri giorni con la sua
immagine gelida e umida.
Io e Robi avevamo formato un sodalizio
che cercava di resistere al tempo che
incombeva e contemporaneamente
cercava di anticipare il tempo che
ci cambiava:intendo dire che allegramente
ci sbattevamo per non crescere,ma,
nello stesso tempo,con una disperazione
sempre piena di dialoghi,forzavamo
il limite della nostra maturità.
Andavamo più in là,in un"altrove"sferragliante
di manette e sbarre,lambendo quel confine
dove essere adulti coincide con la
percezione della morte.
Mi ha lasciato quando avevamo 24 anni,
logorata dal male che ha spento quegli
occhi immensamente azzurri,grandi,ironici,
tormentati;il male che ha fatto cadere quei
capelli ricci,color carota,che ha fatto tacere
quel diluvio di parole,nato dalla fretta di chi
ha cominciato un segreto conto alla rovescia con la propria vita.
Rivedo Robi nella sua più logorante finzione:non raccontare ai nuovi compagni
del suo male,per evitare l'orrore di
eventuali comportamenti pietistici.
Robi è andata fino in fondo:ha banalizzato
il suo male,lo ha schiaffeggiato con tutta
la forza che poteva:tu mi sottrai un'enorme
quantità di tempo ed io mi provo a cercare
una qualità alta,straripante,del tempo che mi resta. Sono accanto a lei mentre,durante un corteo,grida in un megafono la vergogna del governo fascista e veniamo,poi,caricati su di un cellulare con gli occhi gonfi dai lacrimogeni.
Ho imparato l'impazienza da Robi, ho imparato che il corpo non è il guscio dell'anima,ma è già anima,conflitto,traccia di socialità. C'è un margine sempre aperto,palpitante,che chiamiamo memoria:ma non è l'insieme dei ricordi,srotolati nei rituali della nostalgia,è il luogo delle verifiche continue,la misura del nostro mutamento.     

Sogni
Cambiare per sempre o solo sognare?
Accettare di esistere in questi frammenti
che, una sera parlando a qualcuno,
mostriamo coerenti,
uniti, perfetti.
Accettare umilmente che solo le cose
raccontano se stesse
e che il nostro parlare é un'altra faccenda,
che a volte, se va bene, avvicina a qualcuno
e tante altre volte, invece, ci perde soltanto.
Accettare che un mondo di là dal pensiero
ci insegna ogni giorno a mangiare,
a lavarci le mani, a dormire, amare e morire.
Saper tollerare che il reale ci esploda davanti e distrugga le nostre menti,
e sperare che il vento non porti un frammento, che abbiamo cercato di cancellare, del tempo e dei luoghi
che si sono sperduti in noi.
Sapersi incantare dai trucchi e dalle verità
della vita e trovare un luogo dove il nostro
pensiero sogna un riposo.
Intanto domani suonerà la sveglia.
I sogni si scioglieranno, non ne resterà che
il gusto impastato nei sensi,
un sapore che si perderà nel tempo..    

La strega
Il vento spazza le strade,strappa dagli alberi le foglie ingiallite,dal bosco si alzano segreti sussurri,richiami,piccoli addii. Il mondo che vive nascosto nel mondo di sempre risponde a una donna ascolta. Ora il vento é caduto:lei resta in ascolto e s'inoltra nel folto di un bosco silenzioso,tra i rami si vedono gli uccelli alzarsi se un ramo si spezza o se un passo muove le foglie. Di nuovo un sussurro che nasce dal nulla sfiora la terra,i muschi,gli sterpi e scompare tra le ali dei corvi. Ancora qualche foglia,gialla o rossa,mostra il ventre al cielo,poi cede al destino del vento e va a perdersi. In questa foresta vivevano le streghe (un breve singhiozzo prende la mia amica alla gola),un soffio le muove i capelli dorati. Le tornano in mente carezze d'amore,respiri e il sorriso di un dito sul seno. Ascolta la voce del bosco e piange,perché adesso il sangue la inchioda alla terra,e lei non é più come il vento che passa e poi va lontano. E il bosco è commosso,ma non può toccarla,allunga ogni tanto una bava di vento,cui lei porge l'orecchio per carpirne la voce,ma i sensi non volano più oltre se stessi:con gli anni ha messo radici,non può più tornare ad abitare quel tempo interiore dove non aveva nè sesso nè nome,non può più"sentire". La notte sua amica ormai le é proibita,tante cose l'hanno resa diversa,non può mica far finta di essere il vento,che viene dal nulla e nel nulla si perde;e domani chi va a lavorare?chi le dà da mangiare? Se adesso è una donna che vive del suo non é certo al boo che deve dir grazie: é solo a se stessa che deve se stessa. Questo é solo un momento in cui si lascia tentare dal vento nel bosco e ascolta le voci dei rami,dei corvi,dei gufi;e lascia che gli occhi piangano un poco per il suo essere umana. La luna si alza,non si é accorta che é tardi, deve rientrare."Bisogna rientrare",ripete a se stessa:rientrare in un mondo diverso,nel mondo dove gli alberi tacciono ed il vento é un fastidio.Un fastidio,sorride,la voce di un dio! Esce dal folto,un gufo e un profondo respiro la chiamano ancora,lei sente e ascolta,ha quasi paura. Adesso,che sa quanto è inutile rifare una strada che il tempo ha comunque cambiato, è meglio guardare cosa ancora ci resta da fare,prima che il tempo finisca davvero. Le strade si allargano sempre più illuminate, é arrivata in città. I sussurri del vento,gli odori del bosco, i pensieri,l'amore,per un'ultima volta le tornano in mente, con un senso di pace, quando sta aprendo la porta di casa.


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