Poesie di Bruno Castelletti
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Bruno Castelletti (Bruno da Orsa)
è nato nel piccolo paese di Ferrara di Monte Baldo (VR). Avvocato, prestato alla politica e all'amministrazione della cosa pubblica fino al 1990 ricoprendo, fra l'altro, la carica di Presidente della provincia, continua la sua attività professionale, assieme ai figli Davide e Giuliana, nel suo studio di Verona, città in cui abita, riservando per altro qualche scampolo del suo tempo a lunghe passeggiate sul Garda e sul Baldo e alla coltivazione del suo orto nella natia "contrada Castelletti" che frequenta assiduamente. Ha pubblicato nel 2010 per il Segno dei Gabrielli Editori la raccolta di poesie in lingua veronese "Stéle da l'Orsa" che è risultata vincitrice per il Veneto del primo concorso nazionale "Premio Quinquennale Città di Bassano del Grappa" per opere edite di poesia nei linguaggi dialettali delle Regioni organizzato dalla "Accademia Aque Slosse" e dall'An. po. S. Di." (Associazione Nazionale Poeti e scrittori Dialettali) |
Robe da ciodi e sbaci de seren
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L'ànema e la roba
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L'anima e la roba Diceva mio nonno diceva mio padre l'anima a Dio la roba a chi spetta! Ma al giorno d'oggi io conosco molti -e posso assicurarvi che sono i più ricchi- che si comportano in questo modo: la roba se la tengono tutta per loro e l'anima la vendono a buon mercato. Cose da poveretti Per venirne fuori bisogna tribolare eliminare le spese continuare a lavorare finché si muore, predicano quelli che comandano giù a Roma. Se non si fa così l'Italia va a pezzi! E tutti a domandarsi: cosa dicono i più ricchi? Risponde il povero cristo che non c'entrano... loro, sono cose da poveretti! 2012 Il far sapere Cosa vuoi fare, babbeo tu solo senza nessun aiuto? Fermare con il sedere il treno e ribaltare il mondo a gambe all'aria? Mettiti bene in testa che ciò che invece conta al giorno d'oggi non è il saper fare ma è il far sapere. Allora smettila di tribolare. È fiato sprecato nel vento fatiche senza inni di gloria. Ormai non c'è più niente da salvare. Tempi di carestia E mangia tu che mangio anch'io, a forza di mangiare non è rimasto più niente da far fuori. Adesso i governanti continuano a darsi da fare per venirne a capo ma dopo, in conclusione è sempre peggio, Cosa bisogna fare allora? Farfuglia il galantuomo: bisognerà mangiarsi la parola. Maggio 2012 Cose da non credere Se non volete ascoltare mettetevi i tappi. Democristiani e comunisti assieme e poi scusatemi tanto, perdonatemi a Roma ancora vivi ci sono due Papi. Non è questione che interessi a chi comanda ma coloro che credono e sono governati temono si possano barattare santi e bestemmie e cancellare parole scritte a matita. E non c'è più rispetto né creanza non si ragiona più come un tempo con un po' di cervello, ma con la pancia. Tutti che vogliono saperla lunga anche senza adeguata preparazione è diventata esile la speranza di tenersi per mano come fratelli. E quanti poveretti! Insomma io voglio dirvi in tutti i modi che mi sembrano proprio cose da non credere. L'aggiunta Su tutte le strade di mille contrade ci sono gambe che corrono, che corrono, che corrono. Fatiche e fatiche di povere formiche che tacciono, che muoiono. È acqua che passa che senza lasciare traccia finisce nel mare. Di tante speranze di tanto penare non restano sementi ma solo illusioni di un mucchio di sogni. Di tutta questa gente non resta più niente un niente di niente. Pazienza, è lo stesso perché quello che conta è vivere adesso. O vuoi l'aggiunta? L'avvocato Io non capisco tutto questo parlare sull'avvocato. Secondo il mio giudizio c'è tanta maldicenza; più facile dir male che farne a meno: Ci sono coloro che dicono: anche se il mio avvocato sembra un povero diavolo è uno che sa tutto mangia legge e pane. E molti che rispondono: il mio avvocato invece a far bella figura è uno che ci tiene; lui di legge sa poco però conosce il giudice lo conosce bene... Salvare la pelle (Avvocati e medici) È ormai una storia vecchia ma ve la racconto ugualmente. Un giorno mi hai detto sottovoce in un orecchio: sta meglio un topo in bocca del tuo gatto di un povero cristo nelle mani dell'avvocato. Senza pensarci sopra io sono uscito con queste parole senza divagare: non è per parlar male di tanti che conosco e né per questioni di onore per via del mestiere (che faccio), ma pensa all'ospedale e pensa al tuo medico! Guardandomi di traverso con l'aria da finto tonto hai aggiunto senza tanti giri di parole: cosa vuoi dire, allora? Che spero proprio di salvare la pelle io ti ho risposto, bruscamente. La favola del lupo e dell'agnello Ho domandato ad un amico che è come un fratello: la sai tu la favola del lupo e dell'agnello? Io l'ho imparata a memoria quando andavo a scuola e poi non l'ho più dimenticata: Subito è rimasto in silenzio e non ha neppure fiatato poi, serio, mi ha risposto: ma tu nella tua vita mi dici quanti lupi hai incontrato? La giustizia L'è tanto tempo ormai che faccio questo mestiere ma forse capirò proprio per davvero -quando sarò morto- perché con la ragione si passa al torto? Mi scrive un amico: belle parole mi levo il cappello! Ma dimmi in verità da galantuomo: ti è mai capitato con il torto più marcio di avere ragione? I giudici Diceva un avvocato e professore: ricordati che i giudici sono come i maialini. Dentro nel loro recinto litigano e poi si mordono, a volte se potessero vorrebbero sbranarsi ma tacciono e non dicono niente. Tu provati a toccarne qualcuno di loro anche con i guanti bianchi. Sentirai che grugniti, grugniscono tutti insieme grugniscono tutti quanti. Un posto prenotato Affrettati, affrettati altrimenti perdi la messa! Conosco poveri cristi che continuano a correre finché campano ma arrivano sempre tardi al fumo delle candele. E se arrivassero in tempo non saprebbero neppure dove sedersi. Allora mi domando: chissà se nell'aldilà avranno per sempre un posto prenotato. Alfredo Piccolo, tarchiato con la faccia linda come un bambino gli occhi che ridevano. E quando ti incontrava ti si allargava il cuore dalla gioia ma tutto l'entusiasmo si smorzava appena ti veniva lì vicino perché, questo simpaticone aveva sempre in mente di prenderti le misure allo scopo di prepararti per tempo un bel vestito nuovo fatto di legno duro da metterti addosso nel giorno della dipartita. Maestro di musica gran suonatore di armonica a volte ci invitava giù nella sua bottega. Lì si faceva festa fino al mattino. E quando i bicchieri di vino più non si contavano e i canti si mescolavano con le stelle, allora si rideva a crepapelle, si cancellavano i debiti e le tasse guardando quelli più corti di cervello che facevano le prove dentro nelle casse da morto. La felicità Cosa sarà mai la felicità? La pianta del dolore che si spezza. Se poi rinasce con più forza allora la speranza si spegne. Ma poi con chi s'accompagna la felicità? Con i ricchi che fanno festa dentro la sala da pranzo con tanto di coltello e di forchetta o assieme con i poveretti che intingono il loro boccone nel piatto sulle ginocchia? Ricchi e poveri Conosco gente povera di nobili origini e tanti ricconi di umili origini. Cos'è che conta? La buona semente, avere i soldi, o farne anche senza? Al giorno d'oggi A me che sono di quelli -si vede dai capelli- che crede nella famiglia in quelle di una volta dove fa meraviglia se non si ascoltano i vecchi non mi piacciono le usanze che ci sono oggi: che un giorno una ragazza compiuti i diciott'anni o giù di lì vada con il suo bagaglio -succederà anche a me- a vivere da sola. Capisco l'esigenza di un po' di libertà di un po' di indipendenza di tanta novità ma al caldo del suo nido può dire addio? La fede Un giorno a un funerale tra fiori, requiescant in pace e odore di incenso mi è scappato l'occhio sul banco lì davanti dove c'era scritto il nome e la famiglia di una persona del paese importante e mi sono domandato: forse che il Padreterno vuole sapere da dove venivano le preghiere chi era che pregava per scrivere il suo nome sul libro di san Pietro? Vicino, un po' più in là ho visto una vecchietta inginocchiata per terra veletta in testa e la corona in mano gli occhi che luccicavano di chi crede e ho subito pensato: questa è la fede! Perdonate la domanda E tutti i giorni sempre la stessa tiritera sul giornale e sempre la stessa nenia alla televisione. Dicono che morto un Papa immediatamente ne eleggono un altro. Una regola molto antica ma che è ancora in vigore. Ma quante te ne raccontano quanti nomi saltano fuori! Perdonatemi la domanda: non potreste proprio aspettare che, prima, sia morto? Il montanaro Robe da matti. La bocca puoi chiuderla soltanto ai sacchi. Si va dicendo in giro che quando un montanaro fa del bene succede che con l'acqua si può asciugare il fieno. E io che montanaro lo sono proprio di razza ti lascio immaginare l'amaro che sento in bocca. Il Cesarino Al lunedì mattina i muratori avevano una gran sete. Mi viene in mente il Cesarino un ometto piccolo, bruciato dal sole con gli occhi abbottonati ma furbi da falco. A volte parlando gli succedeva di tartagliare. Un lunedì di buonora si è attaccato alla bocca un fiasco di vino rosso e glù, glù, glù, glù, glù senza respirare per un bel poco. Madonna, io gli ho detto se continuate così lo bevete tutto! Lui mi ha guardato con aria sorniona poi calmo mi ha risposto: è in fondo do... do... do... dove è buono! Il più furbo Capita nella vita tienilo bene in mente di dover fare una scelta tra ciò che ti sembra più giusto e ciò che ti conviene. Io non ho incertezze pensando alle parole che mi diceva mio nonno: guarda che il più furbo è sempre il galantuomo! Il giornale Parole di mia nonna: ti dico che il giornale è come un somaro, porta tutto quello che vogliono caricargli addosso. Pensavo da bambino: mia nonna ha sbagliato per far vedere di saperla lunga ma poi ho constatato che quella di mia nonna pensando male, da donna, era la verità. Speranza Ho sempre sentito dire dai vecchi del paese che l'erba più cattiva nasce nel tuo orto. Ce ne sono di cose storte! Io non ho pretese ma spero di non avere questo destino di non dover patire questo torto da vivo e poi da morto. Ad Amedeo L'arietta fresca che viene giù dal Baldo ti ha portato nel cuore la primavera assieme con le rondini nel cielo assieme con le "cante" del tuo Coro. Adesso la tua voce calda e forte che io conosco bene fin dal tempo degli studi si è spenta per sempre. Sei partito per una montagna alta quando brillava ancora il sole d'estate. E c'erano le cicale che tacevano e tutti i tuoi compagni che cantavano con il pianto soffocato fin dentro la gola. Ma la tua favola non può morire. Si dice che hai messo in piedi un altro Coro con tanto di maestro e di divisa e che hai già trovato una nuova sede in un angolo lì nascosto in paradiso. Dedicata all'amico compagno di ginnasio Amedeo Milani, socio fondatore del Coro "Voci del Baldo- città di Verona" Vi racconto una storia Una casa in montagna distante dal paese d'inverno, di sera e tutto che tace. Abbaia la cagna legata alla catena abbaia alla luna che ride alle stelle. E dentro in cucina al chiarore di candela si muove un'ombra, un'ombra di donna vestita di nero, rimasta da sola con in mano la corona, le labbra che pregano. Un eterno riposo al Toni, suo marito partito per il Belgio e morto in miniera e un'Avemaria al figlio che non torna al figlio che non torna dal fronte di guerra. Una guerra bugiarda, una guerra puttana ma a chi importa se piange una mamma? Il Meco La barba bianca, lunga a tutta faccia mi sembrava un profeta. Era sciancato ma aveva un portamento da gran signore. Due occhi grandi e furbi ti guardava dentro perché voleva sapere tutto di tutti da gran curioso e gran parlatore. Aveva studiato per fare la professione dell'avvocato ma è rimasto dottore tutta la vita. Da quando lo hanno portato in Casa di Riposo -e non è più tornato indietro- la piazza di Caprino non è più quella si è come trovata senza parola. le manca il difensore: il Meco, gran dottore. Fuori mi chiamo (Ai miei amici) Non ci sono santi che tengano (non c'è niente da fare), morire bisogna. Questi bei discorsi non mi piacciono niente non li ascolto neppure e continuo a fantasticare per cercare di farla franca. E quando vedo che non c'è nulla da fare per farmi un po' coraggio dico a me stesso di nascosto (e penso a voi): io non c'entro, io tocca agli altri. Perché Perché tutta questa fretta? Perché tutto questo correre? E per arrivare dove, per afferrare cosa? lo so, non c'è una risposta per dire è quella giusta. Mi azzardo a buttare lì un'idea un po' stravagante: che sia per non pensare a quando suonerà il nostro ultimo rintocco di campana? Tempo perso Vi racconto una storiella, ricordi della scuola. Dimmi, che tempo è? Ha domandato il maestro al mio vicino di banco che non aveva studiato per andare a lavorare e a pascolare il bestiame insieme a suo padre. Dimmi, che tempo è? lui ha provato almeno un paio di volte a borbottare qualche cosa, ma ahimè non c'era verso. Poi, tutto d'un tratto deciso e pieno di estro gli ha risposto senza tergiversare: è tutto tempo perso, signor maestro. Una sveglia dispettosa Mi sono trovato vicino una bella mora. Mi sorrideva mi schiariva il giorno mi aiutava ad andare sulla salita. Asciutta, ma bene in carne le labbra di velluto la pelle fatta di seta gli occhi che brillavano. Alta di cavallo e giusta per la mia statura due tette che laceravano anche la blusa. E proprio in fondo là nel posto giusto un bel boschetto tutto folto e scuro profumato dal canto di una rosa selvatica, curiosa e nascosta nel mistero. Mi ha svegliato una sveglia dispettosa spegnendo un'illusione che era vera.
La fortuna
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Sbaci de seren
Doman
Angeli sensa ale Angeli sensa ale che crede nel doman E se te vol saver cossa che l'è el dolor Tasi poeta tasi, questa l'è poesia.
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Domani Vorrei tornare a scrivere poesia che fosse vento e fiore della mia terra, il canto delle creste e l'acqua chiara l'odore dei ciclamini d'estate, nella mia valle. Vorrei cantare il verde dei vent'anni la sinfonia del tempo dell'autunno la festa dei colori la quiete della sera. Ma l'anima è asciutta e senza ispirazione. Non c'è neppure una piccola polla d'acqua che tenga viva in cuore la fantasia. Nei prati l'erba è secca e piange tutto il bosco foglie gialle. Allora cerco in alto un filo di azzurro. Domani, aspetto domani. Chissà cosa succederà. Semmai dirò domani che è finita.
El Casteleto
Su ali di farfalla
Angeli senza ali Angeli senza ali che confidano nel domani E se vuoi sapere che cos' è il dolore Taci poeta taci, questa è poesia.
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Stéle da l'Orsa
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La me val Mi canto Me presento Tra senge e sgrèbani Do lagrime nel cel Nota: Val
d'Orsa, autunno 1944. Un partigiano giovanissimo e biondo (mi pare
un polacco) veniva vicino a casa a prendere una polenta che mia
madre aveva preparato per portarla alla grotta dove si trovavano i
suoi compagni. Nadal 1944 Ma eco la Lucia
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Io canto Mi presento
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El me paés
A messa prima Cantava el gal e l'era ancora scuro. Le sgàlmare scaldè darente al fogo maion de lana e siarpa en torno al col, calseti longhi, grossi che becava e via de salti sul sentér de neve per nar a messa prima a far el cotarol. El prete l'era duro come 'n ciodo e guai rivar co 'n poco de ritardo. Ma quando el gheva endosso i paramenti e grando el se 'ndrissava su l'altar co l'ostia benedeta ne le mane, el me pareva en santo che pregava. E se spandeva entorno ne l'ombria le note de l'armonio che sonava, en bon udor d'incenso e d'orassione. Avemarie, glorie, padrenostri i se missiava a qualche rechiescanti che tute le donete le biassava co la veleta en testa e la corona. Entanto che seitava a servir messa vardava el tremolar de le candele i angeli e le trombe sora 'l coro e la Madona che me la rideva. Alora me sentiva el cor contento credeva de sgolar en paradiso.
Sere d'inverno La nona che filava Se 'npisolava 'l nono Alora via de salti Anca la luna 'n cel El me presepi Su 'n praissel de mus-cio E dorme le contrade Se smorsa su i senteri L'è en canto de speransa È nato el Bambinel
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A messa prima Cantava il gallo ed era ancora buio. Le scarpe di legno scaldate vicino al fuoco, maglione di lana e sciarpa attorno al collo, calze lunghe, grosse che pungevano e via di corsa sul sentiero di neve per andare a messa prima a fare il chierichetto. Il prete era duro come un chiodo e guai arrivare con un po' di ritardo. Ma quando aveva indosso i paramenti e alto si drizzava sull'altare con l'ostia benedetta nelle mani mi sembrava un santo che pregava. E si spandevano intorno nell'ombra le note dell'armonium che suonava, un buon odore di incenso e di preghiere. Avemarie, glorie, padrenostri si mescolavano a qualche requiescant (in pace) che tutte le donnette biascicavano con la veletta in testa e la corona. Mentre continuavo a servire messa guardavo il tremolare delle candele gli angeli e le trombe sopra il coro e la Madonna che mi sorrideva. Allora mi sentivo il cuore contento credevo di volare in paradiso.
La nonna che filava Si appisolava il nonno Allora via a salti Anca la luna in cielo
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Il gioco, spesso, era "crudele". Alcune ragazze, infatti, venivano "maritate" a uomini brutti o di pessima condotta; altre venivano completamente "trascurate" ed anno dopo anno, lo spettro della solitudine e di rimanere zitelle diventava sempre più incombente. Una lacrima secca, come la cera, rigava un volto con la pelle raggrinzita.
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L'Avemaria Rùgola zo l'ombria de la sera da i boschi verdi che deventa neri a stofegar ne l'ànema i pensieri che canta de matina su 'n postera. La se prepara per dormir la tera al passo scoraià de i so boscheri che torna a casa in fila su i senteri biassando nel silenzio na preghiera per farse perdonar de le biasteme che gh'è scapà per via del laoro e sbrissia drento 'l sangue a tuti ensieme calcossa de slusente come l'oro: i pensa a i fioi che zuga en alegria i scolta da lontan l'Avemaria.
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L'Ave Maria Rotola giù l'ombra della sera dai boschi verdi che diventano neri a soffocare nell'anima i pensieri che cantano al mattino su in un posto soleggiato. Si prepara a dormire la terra al passo molto affaticato dei boscaioli che tornano a casa in fila lungo i sentieri biascicando nel silenzio una preghiera per farsi perdonare delle bestemmie che sono loro scappate di bocca a causa del lavoro e scivola dentro il sangue a tutti nello stesso momento qualche cosa che luccica come l'oro: pensano ai figli che giocano in allegria ascoltano da lontano l'Ave Maria.
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Nel tempo de l'autuno
Nel tempo de l'autuno Foie de lovre che no croa en tera che le resiste a i venti e le buriane struco i ricordi fisso ne le mane spetando s-ciaransane en primavera. Per no molar e per tirar avanti ghe vol na bava anca se sotila ma che la tegna duro e che la fila le ore che se nega ne i rimpianti. Nel tempo de l'autuno che camina e vèrze al fredo tute le so porte vorria desgiassar la telarina che se destende sora foie morte. Pensar al sol che nasse domatina e drento 'l cor che bate ancora forte.
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Nel tempo dell'autunno Foglie di rovere che non cadono a terra che resistono ai venti e alle burrasche stringo i ricordi con forza nelle mani aspettando schiarite in primavera. Per non mollare e per tirare avanti occorre un filo anche se sottile ma che tenga duro e che faccia scorrere le ore che affogano nei rimpianti. Nel tempo dell'autunno che cammina e apre al freddo tutte le sue porte vorrei sgelare il sottile strato di brina che si distende sopra foglie morte. Pensare al sole che nasce domattina e dentro il cuore che batte ancora forte.
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Quel che conta
A me mama Te me vardave co i to oci ciari, per dirme tuto el ben che te me dave cavàndote dal sen pensieri amari per lassar posto solo a la speransa che stesse a farte ancora compagnia levàndome de dosso l'impassiensa de verghe l'ocasion de scapar via. Gavea tante robe da pensar: a la me sposa, a i fioi da arlevar e dopo gh'era anca la passion de far politica, la profession... Signor, Ti che volendo Te pol tuto mi Te domando en picolo piaser anca se con ritardo, cossa vuto, de darghe corpo solo a sto pensier. Fa che mi poda véderla na olta na olta apena e fa che la me scolta; me basta du minuti, forsi gnanca per dirghe quanto, quanto la me manca.
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A mia mamma Mi guardavi con i tuoi occhi chiari, per dirmi tutto il bene che mi davi togliendoti dal cuore pensieri amari per lasciare posto solo alla speranza che io stessi a farti ancora compagnia levandomi di dosso l'impazienza di avere l'occasione di scappare via. Avevo tante cose cui pensare: alla mia sposa, ai figli da allevare e dopo c'era anche la passione di far politica, la professione... Signore, tu che volendo puoi tutto io ti domando un piccolo piacere anche se in ritardo, cosa vuoi, di dare corpo solo a questo pensiero. Fa che io possa vederla una volta una volta appena e fa che mi ascolti: mi bastano due minuti, forse neanche solo per dirle quanto, quanto mi manca.
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Poesie in lingua italiana
Dieci piccole poesie
di nonno Bruno
per Sara
che compie cinque anni.
3 Dicembre 2014
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Vorrei rubare al cielo |
E possa tu volare |
Piccola Sara mia tenera bambina anche se non mi chiami ti sarò sempre accanto per camminare insieme incontro alla speranza. E ti proteggerò da chi vuol farti male perché una forza grande nel correre degli anni ancora mi rimane: la forza dell'amore che non conosce tempo né confini. E non esiterei un solo istante a dare la mia vita per salvarti. |
Ha visto il nonno |
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Ieri al telegiornale |
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Piccola principessa |
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Vispi gli occhietti tondi
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E d'improvviso |
Quando mi parli |
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Sei arrivata scricciolo |
Il prato dei ricordi Il Segno dei Gabrielli editori, 2020 Nota dell'autore Da molto tempo tengo nel cassetto queste poesie che ho
scritto nel corso degli anni. Alcune risalgono alla primavera della vita, altre
al tempo dell'età matura ed altre ancora al tempo dell'autunno. Amore e memoria nella poesia di Bruno
Castelletti
Preghiera
Da questa stanza fredda e disadorna
E vedo i ceri accesi, tremolanti
E vedo la Madonna del Rosario
Invito alla preghiera,
Ora non più
Erano giorni
Il dolce sortilegio
Il tempo dell'amore
E mi chiedo perché
Girasoli
Il mio angolo Un elegante pino La promessa Vincere la sfida
Questo cruccio sottile
In vacanza
Tramonto sul Garda
Un gran bagliore
Terra e cielo
Dedicata a una madre
Basta una sola stella
Il ritorno
Pasqua in Val d'Orcia
(Pasqua 2011)
Con passo lieve
La sera prima
Un sole spento
Il sogno
Il sacrario del Baldo
Canta il silenzio
L'incontro
L'ombrello
Il sasso
L'addio
Mi piace
Avessi la certezza
A denti stretti
Canta il poeta
Se mi sorridi
E d'improvviso
La breve stretta
Sera di maggio
Il tempo dell'attesa
Risveglio sul Garda
I tuoi occhi
Pensieri
Le tue mani
Per un solo istante
Sorsi di vita
Ritorno al primo amore
Il cammino
Così nascono i sogni
E' breve
Sera
L'ultima illusione
Ancora se credo
L'approdo
Solitudine
Speranza
Nell'angolo del cuore
A Sara
Carnevale
Il tuo sorriso
Allora non lasciarmi |