Poesie di Carla Malerba


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Poesie tratte dalla raccolta
POESIE FUTURE,
Puntoacapo editrice, 2020.

 

Non bastano
Non bastano
echi dispersi
per ricomporti
nella mia mente.
Mi rimane
il tuo sfocato profilo,
il contorno appena
delle tue mani,
il dubbio della speranza.
Di notte il vento
fa gemere le cose,
un assillo
che avviluppa l'anima.
Di te ora i frammenti
dispongo incerta:
dai giorni chiari
si è compiuto il distacco,
ne prendo atto
e cerco
la parola che non dica.
 

Tu sei dove nulla si perde
Tu sei
dove nulla si perde del vissuto
e di vissuti diversi ti alimenti,
non nell'angusto spazio
delle case di pietra
al cui richiamo cedo talvolta
per trovarti,
ma nell'anima del mondo
con tutto ciò che è stato dato
di pollini, di suoni e di silenzi,
di tempeste e di quiete,
di tempi e mutamenti
come dono.
 

Se vuoi ti cerco
Se vuoi ti cerco
dietro l'angolo retto
all'incrocio dei muri
dove non ti ho mai perso
o torno a prenderti
su quella spiaggia
di un lontano agosto.
E se potessi ancora
dislocarmi
chiederei al gioco
di non escludermi
di darmi
occhi stellati di stupore
per esservi accolta.
Ecco ti trovo
in questi scarti di attimi
in questo mio imperfetto accudimento
spesso avaro di abbandoni.
Ma basta solo l'incresparsi
del tuo labbro
per riconsegnarti a me.
 

Si concentra il dolore
Si concentra il dolore
là, dove il palmo finisce
e sul polso le vene si fanno
sottili meandri di delta
azzurri, quella parte di me
che si faceva tua.
Nel buio i tuoi occhi
Falene,
falsi miraggi di cieli;
inganno
nei nostri nomi
impressi a fuoco
la certezza di un disegno stabilito.
Mi hai assegnato la notte
e per te hai preso i raggi,
la vittoria del giorno.

Simile alla fuga del capriolo incauto
è quella del cuore
per sottrarsi ai sortilegi dell'ombra.
 


 


Poesie tratte dalla raccolta
LUCI E OMBRE
Cortona,1999
 

Sono sempre sola con me stessa,
un universo dentro me
riflette quello infinito.

Sono sola di fronte alla morte:
la mia strada, un sospiro del cielo


Notte (1976)
Spenti i rumori del giorno
ricorre solo
il monotono schiocco.

Ripete il malato suo canto
e mi desta
turbata da angosce
di sogni ineguali.

Assurda cadenza
continua a scandire
il mio tempo,
mi porta domande,
fugaci impressioni,
nessuna risposta
al muto sgomento

Estate (1981)
E già l'estate ha offerto
la sua smagliante spoglia:
era ieri l'inverno,
oggi il sole mi abbaglia.

La strada, una striscia
bagnata di luce
balugina, solitaria
a mezzo il giorno.

Le fronde e i canneti
riposano quieti
nell'afa,
dimentichi
dei turbini del vento.

Io pure voglio dimenticare
i danni del vento,
assorbire il calore del sole
come fa il sasso,
come fa la terra.

Margherita (1982)
Da grande tu volevi
diventare margherita.
Una fra quelle
che al primo sole occhieggiano,
corolle aperte al cielo
in timida preghiera.
Io ne ricordo una, una soltanto
che, tenera, avvizziva tra le mie mani.
Oggi le margherite son rinate,
ma di te non mi resta
che il ricordo del tempo dei sorrisi
quando
fra noi era gioia vivere di pensieri.

Natale (1983)
Natale, notte di silenzi
Mi rammenti, lontana
e piano la fila che va
al suono modesto del richiamo.

La notte stellata
è fredda quanto basta
per essere notte di Natale.

Cammino nel mezzo
fra mio padre e mia madre,
la mano fiduciosa
nella loro riposa.

Esulto.
Felicità mai più provata,
così piccola e tenera,
felicità bambina.

E se una notte (1983)
E se una notte ho pianto,
il vento oggi leggero
ha asciugato le mie ciglia.

Giunge sempre il momento
in cui l'ansia di esistere si placa
e diviene ogni creatura
come un guscio vuoto
che galleggia su uno stagno
senza temere di colare a picco.

Questa mattina (1984)
Questa mattina ho visto due sterpi
in un vaso
che protendevano al sole
due fogliette striminzite.

E ho visto accucciato
su uno scalino
un piccolo, brutto cane
con gli occhi tristi

e un vecchio
con una giacchetta striminzita
e un cappello sbiadito
che parlava da solo
su e giù per la via.

E ho visto me trascinare
i miei giorni
anelando a qualcosa
che non arriva mai.

Se oggi (1984)
Se oggi, questa tristezza
che ha eletto in me
la sua dimora
volesse sciogliersi!

Mi porto dentro
un torpore strano
e ho dimenticato
come si sorride.

Farò un fascio delle mie sensazioni
perché non so più a chi darle.
Eppure, sul mio balcone,
l'abete, che sembrava morto,
è rinverdito.

Per te, che morivi (1986)
Morire alla fine di una notte di agosto
piena di canti di grilli
e di stelle nel cielo.
Dalla terra di Spagna,
da Granada arsa dal sole,
dalle piccole strade sassose
dove solo sterpi intrecciano ghirlande,
amaro un canto
si levava, all'alba di quel giorno,
per te, che morivi.

Assenza (1988)
Senti, vorrei dire a qualcuno
nell'impalpabile ora della notte,
ti affido il mio animo,
ho bisogno d'amore.

Ma dietro di me è la sua ombra
e vorrei distruggere l'orma
di quei passi sul sentiero.

E mutare i rovi in illusioni
senza precipitare
in cieli dove è difficile volare.

Nell'impalpabile ora della notte
sono preda dei sogni,
ma mi divincolo
perché non ho paura
né di bufere, né di fantasmi,
né di me stessa, ormai.

Allo specchio (1988)
Passano amori grandi
e sensazioni,
passa l'assurdità
di molti attimi
e allo specchio
ti rivedi, stanca creatura,
che crede di trovare
muse propizie
e nelle nubi nere
orli d'argento
con cui ornare
mantelli di illusioni.

Notte di Dicembre (1989)
Ho cercato
per sentieri illuminati
da stelle troppo fisse,
troppo lucenti
per essere vere
e dove sono i silenzi
dei deserti di carta increspata.

Palpiti di piccole luci
dietro vetri di cellophane
accendono
improvviso il desiderio
di donarti
alberi di limoni
per vederti sorridere.

Ti regalo (1992)
Ti regalo
il dolore sordo
che a tratti
mi sboccia nel petto
e la mia speranza
che un giorno senza gioie
non atterra.
Un giorno finito
nell'indifeso sentirsi sola
sotto un cielo dispensatore di grazie,
sotto i raggi del dio potente
che fa nascere l'erba
verde e rigogliosa.

A Emanuela (1989)
Una canzone murata
entro palmi di cemento,
fluiscono i giorni,
il tuo sorriso è spento
e solo dentro me
io lo ritrovo:
se no, dove cercarti?
Inutilmente mi ostino
a ricomporti
in pezzetti vitali,
ma solo dentro me
io ti rivedo
e rivedo i tuoi giorni
e me, salire correndo
le tue scale.
Dentro la stanza
una striscia di sole:
lo stesso sole
che oggi sfiora
il sasso, il muro,
la strada, un fiore.

Consapevolezza (1990)
Non piangere,
se l'estate finisce,
se nella folla notturna
senti la tua solitudine.

Non piangere,
perché la mia mano
ha bisogno di verità
nel posarsi sulla tua.

Siamo due, nell'eternità
e quel filo che ci unisce
l'avevo consumato
con l'indifferenza.

L'isola (1991)
Solo il mormorio lieve dell'onda rompe il silenzio.

Dormono i viottoli invasi dall'erba,
la torre guardiana,
riposa in un angolo quieto
una coppia di folaghe
unita d'amore.

Ho rubato una moneta dal pozzo dei desideri.

Respirano i lecci pan piano.
Le panche di pietra
rimandano all'acqua vicina
sospiri perduti,
perdute carezze.

Ho rubato una moneta dal pozzo dei desideri.

Sussurrano i lecci
leggeri fruscii,
fantasmi d'amore.
Questo è ciò che a te, isola, rimane.

Ho lasciato una moneta
su una panchina di pietra,
per chi la vorrà.

Ricordo (1991)
Partivo.
Dalla tolda scalpiccio,
grida festose
di gente che saluta.
Ti lascio, Africa mia,
i tuoi colori,
il suk chiassoso,
la mia casa.
Sul davanzale della finestra
la sabbia fina
portata ieri dal ghibli
ricama
silenzi di calura
e terse notti
regala
ai sogni del cuore.

Trovarsi (1991)
Perché improvviso
s'alza il mio timore
se non ci sei,
perché nascondo il volto,
su spalle sconosciute?

Il lago è calmo,
placide le acque,
ma sale
dal profondo dell'animo
lo sgomento.

Trovarsi,
e sotto acque pure
rinfrancarsi
dalla stanchezza di un viaggio
senza precisa destinazione.

Nessun segno (1991)
Nessun segno
lascerò alla mia porta
nell'alba di quel giorno.

Il mio corpo mostra
ovunque segni incancellabili:
ogni segno, un'ora.

Giù alla spiaggia
ho lasciato
un costume nero, bellissimo
e un dattero stillante miele
e le mie orme, cancellate
mille e mille volte dal mare.

Senza titolo (1994)
Ho bruciato una giornata di sole
ho lasciato che mi guardassi vivere
senza gioia
e non ho permesso
né al vento né al prato
di commuovere sogni.
Come in un film troppo colorato
mi guardavo
senza capire chi fossi
e che ruolo avessi.
Forse una comparsa
nella luce dei riflettori.

Inverno (1994)
Inverno intesse sogni strani,
gremiti di zingari e borghesi
in cui mi aggiro inquieta
e le pene dell'animo confido
ad una donna in rosa
cui non importa niente.

Inverno intesse sogni strani
le cui trame conducono
a strade sconosciute
dove sempre si incontra
gente indifferente,
la gente dei sogni
girovaga e innocente.

Segna il confine (1995)
Segna il confine
alla fine del viaggio
ove si acquieta la coscienza,
non più vigile,
tumultuosa o accorta,
non più ferita aperta.

Segna il confine,
svelato
da un palpito di luce,
frontiera del passaggio.

A te che importa ormai
dei cari monti
e fiumi,
dell'aria e il fuoco,
dell'amore?

Vano il ricordo
e forse più dolce del nascere
il morire.

22 dicembre 1996
Lungo i sentieri della collina
l'intatto silenzio
dell'alba mi sorprende.

L'unico baluardo
alla sofferenza
consiste
nel non soccombere al dolore

Al ballerino della camera 25 (1996)
Nella notte
i lamenti dell'anima
sono come corde tese di violino.
La pista è nera e vuota
e la musica si è spenta.
Solo a tratti
riaffiora nel ricordo
la lievità festosa
del valzer danzato
con una bionda bella e procace
a dispetto di chi
ora
ti abbandona.


VITA DI UNA DONNA


Quali terre di mare,
attratta dalle lunghe strade
del silenzio,
dove l’erba respira
all’ombra di tumuli antichi
ho scelto per oscure ragioni?


IERI
Si ferma il tempo
Nella linea oscura
Che oltrepassano assorti
E li ferisce il sole.


E come potrei dimenticare
E come potrei dimenticare
quell’ascensore
odoroso di cera
e cigolante,
un ascensore rapido
che conduce in alto
dove si spalanca
la vallata?
Per lui, il poeta,
era l’inizio del viaggio,
ma la sua era notte di nebbia
e udiva solo, ad ogni fermata,
tintinnare i vetri dei vagoni.

Ti ho visto che dormivi
Ti ho visto che dormivi
In un angolo di cielo.
Poi ti sei svegliato
E con sguardo assente
Mi sei passato accanto
E te ne sei andato.

Ricordo quegli anni tumultuosi
Ricordo quegli anni tumultuosi
dove tutto pareva avesse le ali,
correvano le mie gambe
come puledre al vento dell’estate.
I portici un po’ oscuri
aprivano varchi inaspettati
e i pensieri ad ogni angolo
incrociavano riverberi di sole.
Irragionevole amore che ti inganna
e ti fa compiere imprese straordinarie,
radere a volo d’angelo scarpate,
sfidare tempeste in mare aperto,
irragionevole amore dei vent’anni.

Che dire di passaggi di mare
Che dire di passaggi di mare,
ombre di niente
ormai sfocate,
di forti cose
e di quel sentire
aperto alla vita,
di indefiniti suoni?
Occorre forse una distesa di vento
su una terra senza confini,
occorre che tutte insieme
le cornamuse suonino all’alba,
che di stelle non sia avara la notte
per dispiegare ancora le note della gioia.

Tu, padre mio
Tu, padre mio,
eri un uomo di poche parole,
di una mitezza ferma
trattenuta nello sguardo.
Nominavi spesso il Padreterno:
poi il silenzio dei giorni ultimi
precipitati nel dolore
e nella chiaroveggenza del rifiuto,
nella parola invocata,
l’ultima tua notte sulla terra.

Quella mattina
Quella mattina,
pesce tra mille,
mi son trovata
sull’orlo del tempo:
giorno speciale
l’undici marzo,
l’acqua bianca
fa trasparire
i gradini del molo
e c’è il sole alto
sulla fascia di mare
dove Tripoli appare.


 

Come una rosa d’inverno
Come una rosa d’inverno
è l’uscio di una casa
abitata un tempo,
oggi lontana.
Il sole vi irrompeva dal portone dischiuso,
la notte insidie non portava.
E al bosco, al confine col mare,
mi conduceva la mia assorta gioventù
come ai labirinti circolari
di una rosa d’inverno.

Ora il vento
Ora il vento
ha cessato di soffiare.
Anche l’animo inquieto
ricerca l’illusione
di restare così,
di non cambiare.
Bimbi, che bello quando lo eravate!
Ed ora anche il nipote cresce in fretta,
risuona come argento la sua voce.
Terre di sole, balconi dell’estate
e i passi di mio padre sulle scale:
scorci di vita,
nebbie leggere,
trasparenze d’oceano nel mattino.

Mi spingeva soltanto
Mi spingeva soltanto
il gran segreto,
il desiderio
del mare sconosciuto
oltre il divieto,
oltre il varco consentito
dove tutto converge
e si unisce all’infinito
per vie remote,
per passaggi obbligati.
Scalpitava il mio animo leggero
pronto a salpare
per luoghi immaginari,
sfidare la tempesta
era nel gioco.
Ora la sera è dolce e quieta
come la voglia mia
di andare.
Ascolto
il suono delle onde
che si frangono
sui battiti del cuore.

Ai piedi della torre
Ai piedi della torre
in un giorno d’estate:
tu eri nell’esordio della giovinezza,
sotto il cielo mobile di Parigi
trascorso da nuvole veloci.
Alta la torre sfiorava il cielo,
guardiana della tua bellezza
e con le sue ferree braccia protese
segnava di trame l’azzurro.
Felici giorni
di scoperte meraviglie,
la dolcezza di una frolla di fragole
la dolcezza del tuo viso.

Forse di lacrime scese
Forse di lacrime scese
dagli occhi di una dea
è fatta trasparente
l’acqua su cui galleggiano
le barche tue di pietra.
Solitaria isola di vento
dove le vie di mare
scorrono diritte fra le scogliere
e della tua bellezza svelano
a tratti il mistero,
così io ti ricordo.
Oggi prigioniera dei giorni
solo nel volo dell’anima cammino
fino all’estrema tua roccia
sotto un brulicare di stelle.


Oggi
Vorrei serbarvi
In un’ansa ferma
Del cuore
Per sempre.


Vorrei bere e mangiare
Vorrei bere e mangiare
tutto di voi,
gustarvi davvero
poiché siete
bocconi golosi,
ma vorrei anche serbarvi
in un’ansa ferma
del cuore
per sempre,
dove si sente scorrere
tumultuosamente la vita.

È la poesia del niente
È la poesia del niente
quella che non esce allo scoperto,
quella che non sa ammettere la sconfitta.
La riscopri così
quando scorgi
la grande piazza al tramonto
e non sai cantarne la bellezza,
quando non sai
vagheggiare incontri,
né sai quello che sei oggi
o quello che saresti stata
a scontrarti con assurdi dinieghi,
libera di pensiero, in atto di volare.

Hai in comune con me (a un amico poeta)
Hai in comune con me
ciò che di oscuro incombe
su tutti i poeti,
per questo ho esiliato
le tue parole.
Ma ne possiedo i segreti,
mi immagino le ombre
ed i fulgori del tuo passato,
so che troppe volte
risuonano
di disperata speranza
le tue sfide.

Lo sai
Lo sai,
quei teli hanno il colore
della gioia,
il rosso, il verde,
il rosa del preludio dell’alba,
di quando si dipinge
con le dita.
Vorrei li avessi tu
per ricordarti
dei giochi,
delle corse fatte insieme,
per dirlo
a chi negli occhi tuoi
leggerà un po’ della mia storia.

L’estate
L’estate
è balzata fuori
una mattina.
Che attese, l’azzurro promesso
e l’acqua, che dono!
Gli incontri, gli affetti:
un biondo bambino,
e vederlo crescere
ogni giorno
più saggio, più esperto
in mille piccole cose.
Alla porta un giovane alto,
vestito di chiaro,
ammiccano i suoi occhi
alle mie esclamazioni di gioia:
è tornato e di nuovo è tornato!
Nei mattini silenziosi,
negli spazi dell’animo
da possedere soavi,
l’estate si posa.

Folla di parole
Folla di parole
Battenti sulle pagine
Di parole non usuali
Stordenti
Raffinate
Ripulite
Echeggianti
Risalite dal nulla
Folla di parole
Per i poeti dotati
Non certo per quelli come me
Che mettono in poesia la parola bicchiere.

Per loro daresti
Per loro daresti
chissà quale cosa,
la vita, ma certo, la vita!
Tenuti per mano,
guardando all’insù
col tenero viso rotondo
eri per loro il mondo.
Il tempo si sfoca nel tempo,
lo scrivi di notte sul foglio
che bianco ti accoglie.
E allora di colpo lo sai
qual è quel momento,
vitale davvero,
in cui ti tocca, perfetta, la felicità.

È un’alba settembrina
È un’alba settembrina
quella che vivo adesso,
bella è stata la notte e seducente
con una luna rossa
quasi intera
che ha mosso i ricordi di una donna
e forse i rimpianti di una sera.
Dormono tutti ancora:
dorme mio figlio in Africa
cullato
dalle parole della donna sua,
sogna un caro bambino
addormentato
magie di puffi e di kung fu.
Sulla sua faccia bella
la stella del mattino
un po’ s’attarda
e di voti splendenti
lascia scie.

Sei fatto di sogni
Sei fatto di sogni
E di paure
E in te profondo
A volte puoi ascoltare
Il moto dei flutti
Il gioco delle Ore.
Negli occhi ti balugina
Il sorriso di tua madre
Nel coraggio del fare
Il pensiero di tuo padre.
Mai il tempo
Potrà cancellare
Che prima di aver avuto
Occhi e parole
Sei stato
Un nato d’amore.

Come un tempo
Come un tempo
vorrei sedermi
sul bordo del tuo letto
per parlare
delle tue titubanze adolescenti
e delle idee tue forti e spavalde,
tenere la tua faccia rotonda
e la bocca imbronciata,
serrata nel diniego.
Quanto amore
mi rimanda ai giorni
in cui trasalivi
senza che io capissi.
Era l’ombra
che si stagliava improvvisa
e ti confondeva.
Vorrei averti protetto
più d’allora, averti dato
un’infanzia perfetta,
oasi di acqua e di palme
e ancora riappropriarmi
di quei giorni
per tenerti per mano,
dono prezioso della mia vita
tu, mia figlia.

Caleidoscopio strabiliante
Caleidoscopio strabiliante
Sandalo d’oro dal tacco dodici
Tu tempo d’estate
Tu sorpresa meraviglia
Del mio esistere.

Ci sono delle notti
Ci sono delle notti
molto rare
in cui suoni e profumi
mescola il vento.
Di ogni peso
sembra vuotarsi
l’anima leggera,
dimentichi perfino
di avere speso in parte
la tua vita
e nel sorriso sghembo
ecco che appare
un’incosciente felicità.

Questa è l’ora bella
Questa è l’ora bella
l’ora del mare,
l’ora del pescatore
quando sogna.
Il sole ora è velato,
l’acqua percorsa
da fremiti di vento.
Voglio essere per te
terra d’amore,
che guerra tra gli sguardi
si cancelli,
lievi carezze chiedo
ai tuoi begli occhi,
anche per poco è dato
di gioire.

Grazia ho avuto d’amarti
Grazia ho avuto d’amarti
E questo amore
Piccolo, difforme
Chiedo
Che non vacilli
Che non mi abbandoni
Che mi dia forza
Per il domani.
Notte di tenebre
Saprà bandire
E tenerezze mi ispira
Il pensiero della Tua mestizia
Nella notte dell’abbandono.

Che assurde cose
Che assurde cose
tiene una madre
in un cassetto:
un fiocco azzurro
di prima elementare,
un mazzo di carte ingiallite
di partite col nonno
nei pomeriggi invernali,
un paio di guanti
lasciati in un’aula di università
e restituiti poi
ad un piccolo alunno
confuso tra i dottori,
buono e tutto preso
per un giorno
da un ruolo diverso, importante.

Mi sono nascosta
Mi sono nascosta
Nella notte
Amica mi ha accolto
Quando la musica è finita
Quando la meraviglia
Si è stemperata nel ricordo.
Notte e bellezza
Contempla cuore mio
Non rammaricarti.
Perché mi sfuggi e mi fai guerra
E non usi dolci parole?
Come se ti fossi nemica
Ti comporti
Mentre solo amarti voglio
Solo amarti ho saputo.

Qui in questo mare
Qui in questo mare
dove non è facile incontrare
l’azzurro dei fondali riservati
a chi non si accontenta,
qui in questo mare
l’azzurro più appagante
è quello degli occhi di un bambino
che mi compensa
con pensieri soavi
del tempo che trascorre.
E baluginano incanti
di una vita,
ore sospese
nei tramonti di un rosso cielo,
limpidi giorni
di cui si nutriva il cuore.

Mi ricordo dell’estate
Mi ricordo dell’estate
in cui sei sbocciata
all’improvviso,
così bella
con i tuoi occhi marini,
così ninfa
con i tuoi capelli d’oro.
Ti avevo comprato
una veste rosa intrecciata
di nastri.
Oh sì, eri bellissima
a quindici anni,
con lunghe gambe
affusolate, da gazzella.

Bella notte
Bella notte,
profumo di terra
e bagliori di luci
nell’aria,
bella notte
di sogni e colori
nel tepore di inverni
ormai strani
mentre l’ora ci sfugge
e riecheggiano
suoni
di canti lontani.
Bella notte
e poi bella soltanto
con la Luna che vela
il suo pianto
mentre l’ora ci sfugge
e riecheggiano
suoni
di canti lontani.

Di corsa sono uscita
Di corsa sono uscita
Dalle pagine congelate
Dalla vanità
Mi sono immersa nella folla
E negli uguali a me
Ho sentito la vita
Di mille abbandoni
Di soffuse tenerezze
Di ombre dolenti, la vita.

Oggi un dischiuso miracolo
Oggi un dischiuso miracolo
Nel tempo che non ci appartiene
Ha riempito di esultanza sguardo e cuore
E lì, nel buio della notte
Si è manifestata la meraviglia
Di un’opera perfetta
Che porta nella corolla
Il Tuo ricordo umano
Di gloria e lacrime.


Aperta linea d’orizzonte
Aperta linea d’orizzonte,
insperata dispersa dolcezza
di gridi d’anime
nei richiami della sera,
quando il volo preciso
dei gabbiani
svela l’essenza
del vuoto cielo.
È l’ora in cui ci assale
una dolce invidia
per chi è cinto da amorose braccia.
Ah, se si potesse scegliere
l’amore e solo l’amore
a bandire controversie,
l’amore che grida nel profondo
e ci mostra della terra
le silenziose strade,
dell’uomo le mute emozioni
e suscita forte
il sogno del tornare,
del tornare ancora
sull’aperta linea d’orizzonte
dove riposa il cuore.

Mi piacerebbe abitare
Mi piacerebbe abitare
in un porto di mare
con tre bambini che conosco
forse in altura
per vedere brillare le lampare
di notte, e di giorno
le isole sfumate di foschia.
E vivrei qui
soltanto
di pane e di poesia.
 

Domani
Ma è questa l’ora
In cui il supremo assillo
Si fa battente
Al chiederci chi siamo
A vedere la vita che viviamo
Come sequenza
Di un cortometraggio.

Ci saranno giorni
Ci saranno giorni
In cui il desiderio
Di guardarvi negli occhi
Sarà intenso più che mai.
Oh, guardarvi negli occhi
È cosa forte e nel mattino
Farà vagare l’anima
Nell’irrequieta ricerca
Della luce.
Le voci chiare e pacate
Di chi con giudizio si governa
Non danno appelli
A chi invano sostiene
Di volere per sempre
La continua meraviglia
Che ci è toccata in sorte.

Se la speranza
Se la speranza
aprisse varchi improvvisi
e prorompesse incauta,
un’alba nuova al creato
spunterebbe come gli steli
teneri di una mattina di marzo.
Allora una schiera di noi
esultante
uscirebbe allo scoperto
a ricercare il punto di arresto
della nostra storia
e da lì a ripartire
lungo luoghi annebbiati
dal tempo,
pietre di confine sullo sfondo
di quelle acque
così dolcemente mescolate
di grecità
da farci fremere d’amore,
da farci sussultare di passione.

Se le strade che piane
Se le strade che piane
conducono al mio cuore
delicate, pulsanti, trasparenti
armonie di cadenze e di tempi,
dovessero impedire l’accesso vitale,
me ne dorrei.
Quelle strade che piane
conducono al mio cuore
sono vie d’amore
che al tempo consegno
perché le renda intatte
a chi ho amato ed amo.

Non sono altro che attese
Lo so che in fondo
autunno e inverno
non sono altro che attese
lo so da quando spio
il mutare del cielo,
banchi di nuvole,
vaganti distese
di luce lunare.
Attendo
che passino in fretta
i mesi del buio,
delle parole opache
come acqua che non traspare,
come canto che si trattiene.

In fondo
In fondo
così è più bello
allontanarsi dall’amore,
dormire senza sogni,
stare nel piano
mentre il vento forte
e caldo dell’estate
spazza la valle
e la foschia vela
il tuo sguardo.
Distingui solo
il verde collinare
e l’ombra di un castello
all’orizzonte
dal noto profilo
caro al cuore.

Essere ovunque
Essere ovunque
senza timore,
ascoltare la foglia
che si spiega
e la voce del fiume
verso il mare,
lo sciabordio dell’acqua
sotto il fiordo,
il silenzio perfetto dei deserti,
trasalire alle ombre,
agli arcani di luce nei tramonti,
e a quanto ancora
il mondo ci consegna
e trascolora.

Vita non è
Vita non è
se manca
il senso delle cose.
Trascorre il tempo
e marca le frontiere
nell’ombra dei risvegli
a fianco di pensieri
che turbano e confondono,
ma che vitali imprimono segnali.
Dovrai sapere
che sempre più lontano
è l’inizio,
che l’amore non dura
ed è fatica il ricordo,
dovrai pensare
in termini diversi
non più madre o compagna,
ma onda e vento,
goccia di mare,
soffio di tempesta.


Altro tempo

Delle piccole cose
Il tempo estremo
Si posa sulle dita
E fiorisce di nuovo
Il desiderio.



Nomen
Canti nella notte lontani
Arpe di vento
Rose di sabbia dal colore spento
Là dove muore il giorno
Al perfetto ritorno io canto.

Mamma, mi ricordo
(gennaio 1999)

Mamma, mi ricordo
quando ti incontravo
all’uscita della messa vespertina.
Mamma,
profumo di lavanda,
un lampo nei tuoi occhi,
un ammiccar gioioso.
Mamma,
non salgo,
ci vediamo poi...
Oggi ti rivedo passare
per la via
col tuo sorriso intrepido,
l’incedere elegante
e dentro mi grida il pianto,
dentro mi grida l’invidia del sole
che tu più non hai.

Nel tuo cuore vulcano
(sul monte Vesuvio, 2002)

Sono scesa nel tuo cuore vulcano
Fratello della valle
Padrone silente
Delle sassaie riarse
Dal tuo cuore ho rapito
La pietra che diventa luce
Poi ho guardato le famiglie ginestre
Ingiallire i tuoi neri fianchi
Con lo stesso sguardo
D’amore e di speranza
Del poeta che corteggiava la morte
Pur amando la vita.

Quelli che camminano
Quelli che camminano
sulle cime dei monti
vanno incontro al cielo
nell’ora viola
dei sovrani silenzi.
Camminano
e solitudini inaspettate
ricevono in dono.
Pochi invero
sanno scegliere
i profili pallidi delle alture
perché difficile è il distacco
e le cose, come catene,
avviluppano, impediscono il volo.
Che infine, quando riesce,
è davvero ineffabile.

Oggi è silenzio alto
da Poesie per Flick

Oggi è silenzio alto
nelle cose,
tu sei passato,
muto e innocente amico:
le tue tracce
sono nel mio cammino
e sopra il muro
di quella stanza tua piccina.
Il tuo sepolcro
è petalo di rosa,
i tuoi occhi di smalto
fermi nel buio
ho in mente,
vivi e dolci
e celesti nel mattino.

Per te ornavano le rose
(per Youkali Tango di Kurt Weill)

Un tempo
Mi scivolava addosso
La seta come acqua
Esaltava i miei fianchi
Per te.
Per te
Ornavano le rose
I miei capelli
Per te
Cantava la musica
Delle mie labbra.
La notte
Con le sue note d’ebano
Evoca giovinezza
Svegliami domani
Con il sapore
Della tua bocca
Con le tue mani sapienti
Fammi sentire che mi ami
Illudimi.

Repentina l’ombra
Repentina l’ombra
scesa sul lago ghiacciato
ti ha impedito di coglierne
il divino silenzio.
Ti sei costruito
una torre di dinieghi,
non hai gridato neppure
per l’improvviso bagliore
che ha lacerato la notte.
Ora sotto lo specchio immoto
fluttuano foreste d’erbe,
come braccia amorose invocano
I messaggeri del disgelo.

Ho smarrito dei sensi il più importante
Ho smarrito dei sensi
Il più importante
lasciato su un binario laterale,
chi lo trova non si farà del male:
son io che l’ho perduto
e qui mi chiedo
se mai ritroverò la strada.
Più non la vedo,
la nebbia mi confonde,
sale la nebbia,
io vago nella notte,
notte di nebbia,
notte del mio cuore.

I segni sono del lento pomeriggio
I segni sono del lento pomeriggio
che prelude all’estate.
Scolora a un angolo di muro
la parola “T’amo”
che Amore impresse
con vigore un giorno.
C’è una finestra chiusa
nella casa dell’angolo stamani,
mentre si posa l’ombra
su giorni non vissuti,
su mani
che non sanno incontrarsi,
che perdono occasioni.

Ancora mi ricordo
(15 agosto)

Ancora mi ricordo
quell’estate
e d’altre estati
i segni sul mio cuore
sono rimasti
come tracce antiche.
Mi sei stata affidata
da Qualcuno:
guidava le tue mani
verso me.
Ho cercato di darti
le risposte
che corrono sui fili
di un amore
fatto di sola madre,
le stesse che ti chiede
oggi tuo figlio.
Nel capovolto volgersi
dei ruoli
in nome di quel bene
che ci lega
anche tu un giorno
mi terrai per mano.

Quali terre di mare
Quali terre di mare,
elette per caso,
dove soffia un vento
per ogni tempo e stagione,
dove poco cambiano
i segni sui tronchi nodosi,
ho abitato per oscure ragioni?
Quali terre di mare,
attratta dalle lunghe strade
del silenzio,
dove l’erba respira
all’ombra di tumuli antichi,
ho scelto per oscure ragioni?
Quali musici infanti
ricerco
e infine dispero
di ritrovare uguali
a quelli del sogno?
Si accordano come note le musiche vane del cuore.


 

Creatura d'acqua e di foglie
pubblicata nel mese di giugno 2001

Mirantur sub aqua lucos urbesque domosque Nereides.
(Ovidio, Metamorfosi)
 

Mio padre è come un fiore di serra (1999)
Mio padre è come un fiore di serra
Perché non teme più
Il vento
O il sole o la pioggia.

Io lo guardo
Ogni mattina
Per vedere
Se petali e corolla
Sono sciupati,
perché la sua pelle
è come pergamena,
con tante venature,
e il suo capo liscio
ha intorno
una lanugine infantile
che par fiorita
questa notte.

Eri triste stanotte (1999)
Eri triste stanotte
sul lungosenna.
Quasi piangevi.
Scorre il fiume
e la solitudine
attanaglia l'anima.
Buio di mondi
alla deriva
che nessuna certezza
fa restare.
Ti ho circondato
d'amore,
le mie braccia
piene d'amore,
le mie mani
piene d'amore.
Tu hai appoggiato, grato,
la fronte contro la mia,
nella tristezza consapevole
di condivisi destini
e hai lasciato
che la pietà
colmasse voragini di infinito
spalancate dinanzi a noi,
perdute, sacre immagini,
divinità mortali.

Balcone (1989)
L'odor salmastro
si spargeva largo
per le strade
gialle di luce.
Quella la casa,
quello il mio villaggio
e sul balcone
tu, la mamma ed io,
mentre sale
dalle vie deserte
un canto
per le sere infinite
che verranno.

Deserta la terra (1999)
Quando i figli restano soli
deserta è la terra.

Io poggiavo la fronte
sulle tue scarne ginocchia
e sentivo il tocco leggero
della tua mano
sui miei capelli.

Ora la notte
scruto le stelle
per vedere
se due, almeno due,
hanno una luce diversa,
una luce fatta parola
che spezzi
il peso dell'eternità,
che mostri
il segno cercato,
il filo d'amore
mai spezzato
tra chi resta e chi parte.

Parole
Il sole che declina
trasfigura i tratti del tuo volto:
luce sono i contorni
delle guance,
luce lo sguardo.
Mi guizzano
improvvise dolcezze
alla memoria.
Albergano sensi stupefatti
nelle cose dintorno,
inesprimibili al cuore.
Si è rarefatta l'aria
e flebili sospiri
sembra portare il vento.
Ah, le parole!
Timide, incapaci di dire
tutto il tumulto trepido,
tutto il sentire.

Tu dormi (1999)
Pesanti ha reso
le tue mani il sonno.
tu dormi.
Si prolunga il tempo
di stagioni
che non sanno definirsi.

Assurdi
duelli di parole
incidono l'aria
e gli echi della vita
si rincorrono.

Di tutto il sentire
più forte
mi resta
la pietà.

Pioggia di marzo (2000)
Oggi mescola
fango e petali
la pioggia di marzo.

Ho ferito
il tuo vecchio cuore stanco.

Ostinata
con gesti e parole
ti ho forzato a vivere.

Dovevo capire
che ormai
tu
non volevi più vivere.

Nella terra che ti ha ospitato (2000)
Nella terra che ti ha ospitato
le tue ossa
respirano il vento.
Hai lasciato un segno
del tuo passaggio
nella luce ordinata
della baia,
nelle grandi montagne
che conservano per l'eternità
i tratti del tuo viso.
Anche lei mai più siederà
sulle panchine nuove
nel tepore dell'aprile.
So bene che non la scorgerò,
eppure spero nel miracolo
del suo capo bianco come neve,
del suo sorriso
che m'apriva frontiere di speranza.

All'amico che parte (2000)
Ho un amico che parte
per paesi dove le nuvole
camminano in fretta
e incombono
con la loro levità.
Come le nuvole
si sfilacciano i pensieri,
s'intrecciano con le parole.
L'uomo cerca un approdo,
cerca risposte,
ma le fiumane
che trasportano
l'acqua dei ghiacciai
non sono canore
come i ruscelli nativi.
Sono acque remote di secoli
e scure, torbide di eventi.
In quelle terre
dove si dipanano
giorni a me ignoti,
l'unico baluardo
alla pallida gioia della vendetta
è l'amore, consumato
con l'estasi cosciente
di chi sa l'essenza della vita,
colta nella barba dell'anacoreta,
nella pelle glabra di Asra,
nella nuvola che crea
immagini di aria e di vento.

Nulla mi appartiene (2000)
Nulla mi appartiene
sulla terra
che geme al vento
come una creatura.
Passano stormi lenti,
trapassa il sole
i confini del giorno:
io giaccio
nell'immota postura
con le lame dell'indifferenza
conficcate nel cuore,
tante volte assassina,
quante samaritana.
E dal rammarico
che non si fa scontare
scaturisce la mia pena.

Villa Adriana (2000)
Se tu potessi vedere
le rovine dei tuoi sogni,
colonne spezzate,
acque che riflettono
armonie marmoree
insultate dagli anni,
se potessi aggirarti
per ritrovare
le tracce del tuo passaggio,
come un bambino smarrito
chiederesti conferme.

Creatura d'acqua e di foglie
Un tempo camminavo
nel cuore delle cose
e nei giardini dei re
mi sentivo creatura
d'acqua e di foglie.

Cantavano gocce e rivi
eterne melodie
ed io aggiravo
passaggi scivolosi
per scorgere,
attraverso il velo dell'acqua,
la vera essenza delle cose.


Di terre straniere


Se fossi nata

Se fossi nata
in un paese di brume
sarei , forse, come non sono:
brusca ,taciturna e poco benevola.

Ma sono nata
all’ombra delle palme,
là dove il vento del deserto
fa fiorire le rose fra le dune.

Non abeti, ma bassi cespugli
conosco.
Mia madre è l’Africa,
già madre di mia madre.

Chi ha ansia di andare
Chi ha ansia
di andare
cammina
su ponti di luce
tremuli, aerei,
sospesi su vie
d’acqua e terra,
di così perfetti pioli
da parere naturali
arcate di vento,
congiunzioni
di mani protese
a solcare
ingegnerie d’infinito.

In te mi perdo
In te spesso mi perdo:
il tuo sguardo
di puri azzurri
mi confonde,
le tue mani
sono gioielli
di artista raffinato
e il tuo parlare
pare aramaico antico.
Tutte insidie preparate
per ottenere il trono
al reggitore.
Con te mi perdo
in giochi avventurosi
che fanno impallidire
il conte Orlando.
Poi mi soffermo
a cogliere
nei tratti del tuo viso
quelli già noti
e tanto cari al cuore.

Solitudine lunga
Solitudine lunga
spezzata da silenzi
incerti passi
segnano le ore.
Solitudine lunga
di gettati carteggi
quando
varcata la soglia
dei lievi pensieri
di carta di lino
di piume
poco importa
lievi
giungono tempi
di bufere
sfide da raccogliere.
Basta uscire allo scoperto
fuori dal riparo
e avere di nuovo vent’anni.

L’estate è di pensieri lenti un sogno
L’estate
è di pensieri lenti
un sogno
fatto di passi
cancellati e di parole
gridate
o sussurrate
sulla scia
del vento
che governa i destini.
L’estate
è di fulgori,
di soli accesi,
di notti aperte
e chiare
un sogno
dove l’io pellegrino
a volte scorda
l’essere suo vago.
Né mai potrebbe chiamarsi
autunno o inverno
per l’oro che abbandona
nel piano
dove dritta si staglia
l’ombra dei cipressi
a segnare passaggi di confine.

Naturalmente
Come fogli di cera
queste estati
si adagiano
precise una sull’altra,
racchiudono
in vitrea trasparenza
le cose necessarie
a far l’estate.
Oggi fortifichi
il muro dei dinieghi
con armati cementi
di parole,
tu, bello e aitante,
orgoglio non ha approdi.
Solo ripensa
ai segni tuoi leggeri,
impressi nella storia.
Non gesti, non parole,
segni
che s’intrecciano ai miei, naturalmente

Sul foglio bianco
Sul foglio bianco
che ti voglio dare
come bandiera
piccola e segreta
- fa’ che non giaccia
in terra abbandonato,
ma che sventoli
al vento del domani-
metterò tutte le parole
che escono mute
dal mio cuore
e tutte le cose
che tra le nostre mani
son passate.
Di quelle, vedi,
non potrai disfarti,
sono intrise di giorni
e di speranze,
sono ferme in un quadro
ove i colori
forti sensi
richiamano al tuo cuore.

Cornamusa d’estate
Si perdono
le note di una cornamusa
dentro un perfetto tramonto
che non conosce
sbavature di profilo.
Prevaricano
sul sospiro dell’acqua
leggero.
Inducono
all’anima assorta
un’indolenza amara.
Intridono d’universo
una scomposta teoria
di pensieri.
Perché l’estate non è stagione di cornamuse.

Nisida
Ho scoperto nella rena
seriche opere di vento
in onore del dio Tempo,
segreti millenari
confusi nel presente.
Poi la linea del monte
strapiomba nell’azzurro
e s’aprono androni
che la risacca alliscia
mormorando parole
che dicono di Nisida bella,
una donna, una ninfa.

Nel silenzio degli inverni
Nel silenzio degli inverni
oltrepassa le montagne
il mio pensarti
e siede il mio cuore
sotto gli stessi cieli
che tu guardi,distratto
da pensieri più importanti
che giocano le scelte della vita.

Che lungo autunno
Che lungo autunno
di nebbie e sole misto
di giorni tempestosi e di bonaccia
che strano autunno
di attese lente e grevi
nelle pause del tempo
che ci assedia
che odiato autunno
di speranze vano
mentre vorrebbe l’animo salpare
verso le terre infisse in alto mare
e da lì verso altre più lontane
dove il sogno davvero tale appare
dove non rischia il temerario
tra le braccia amorose del suo mare.

Un giorno sarò l’ombra
Un giorno sarò l’ombra,
sarò il vento,
tu avrai novant’anni
e il passo lento,
sarò l’acqua che si esala,
la parola sospesa
sul filo teso del ricordo.
E tu
ripenserai le voci
e i cenni
e giungere accordi
dalla risacca udrai
per dirti solo
che ti ho amato tanto.

Come falci d’ombra
Come falci d’ombra
oggi le parole,
come grumi
difficili da sciogliere
mentre l’aria smuove
il primo scroscio di tempesta.
Anche l’amore più grande
nasconde agguati,
regali d’ombra
e poi resta solo
una carta stropicciata,
vergata in fretta:
che giorno è per ricordare,
che giorno è per trovare
appigli al sarcasmo, all’ironia,
per stornare duelli di parole
e farne falò d’allegria?

Altra vita
Altra vita era
quella di cui poco
è rimasto:
memorie di strada
e di volti,
gialla la luce
della sera
sulle case,
nei vicoli
canti e richiami.
L’ombra dei vent’anni
che scivola tra le dita
come acqua di fonte
e sentirsi a volte
come collocata a forza
entro paesaggi stranieri,
ferita pulsante
la non appartenenza
né a questo, né a quello
di paese.
L’ unico paese
che mi è rimasto
è il mio cuore.

Lungomare di Oea
Lungomare di scarpate
e balaustre,
di forti sensi,
lungomare lungo,
il vento gonfia
vele di pietra.

Lungomare di palme
e di oleandri:
una gazzella
che una donna abbraccia
è immoto sogno
fino a che il lontano
squarcia improvviso
il quotidiano vivere
e lo scalda.

Come oro
Un tempo i pensieri
si dissolvevano
lievi
nel vento
ed io danzavo leggera
come spuma di mare.
Oggi vorrei indossare
le tue pantofole d’oro
come un lasciapassare
al varco di frontiera
per ritrovare
il tuo stupore intatto
e in ogni tinnulo richiamo
una parola tua,
preziosa come oro.

Batte stanotte il vento
Batte stanotte il vento
ai canti delle strade:
mando il mio cuore
a sospirare le carezze
delle tue mani amate.

Fresco si spande intorno
profumo di lavanda.
Al sonno
richiamo lievi pensieri
che indichino strade di marine
dove ai balconi,assorte,
vi siano donne al sole
e tu, fra loro.

Malastrana
Per ignote vie
strette
stride il violino,
balzano le note
contro i muri
delle case desolate,
urlano alla vita
pezzi d’amore
come specchi
rifulgenti al sole.
Lo zingaro
riprende il suo cammino
mentre s’alza il canto.
E le note,
le note
sembrano non aver mai fine.

Canzone
Ho lasciato in fondo
a un corridoio lungo
un abito di festa,
ho chiuso la porta
del guardaroba
caldo di vapori
e ripensato a un giorno,
nell’androne buio di casa,
quando in cima alle scale
mi sporgevo
per vederti arrivare.
(Le camelie ingiallivano piano
nell’afa di agosto)

Avevi un vestito di seta
sì lieve
che ondeggiava nel vento
e pareva
tessuto di nebbia mattinale.

Achillea
Caldo giorno che offrivi
se non qualche rara ombra
ritagliata nei vani delle strade,
ricordi l’achillea che apriva
nel sole i suoi fiori riarsi,
ricordi,caldo giorno
di schianti e di amori,
di riverente vicinanza?
(La sua mano,
neppure l’avevo presa tra le mie
per timore di turbargli la partenza)

Passiflora (A mia madre)
Sono andata un giorno
a cercare
tra balze scoscese ed aspre
bocci tardivi di passiflora.
Nella valle riarsa era l’estate,
l’uva perdeva l’aspro nei filari.
Poi d’improvviso
il fiore ho scorto
e lo baciava
il raggio morente della sera,
ma tu non c’eri.
Avevo preferito
spingermi là, nella radura
rossa di crete e pampini,
avevo preferito a te la passiflora.
Qualcuno, a fianco,
mi parlava di cose,
mentre tu, lontana,
univi il filo dei tuoi pensieri
ai miei.

C’è un tempo
C’è un tempo
in cui alla sponda del mare
assorta la madre si avvicina
e il figlio totalmente
a lei s’affida.
Le poggia innamorato
la testa sulla spalla
e solo l’onda della sua voce
egli conosce.
Mormora così dolce
la madre e come in sogno
il bimbo sente fluire il canto.
Un tempo unico al mondo
è quando il figlio
di sola madre nutre
il suo intelletto,
poi mille strade
s’aprono al suo cuore
ed altri amori
a lui s’affacceranno.

Assaporo in silenzio
Assaporo in silenzio
i giorni del ritorno,
gusto sogni di terre straniere,
terre di confine,
vicine un palmo
lontane oceani,
discuto progetti
di radicali cambiamenti
a mente lucida.
E’ il senso dello slancio
che diventa incomparabile.
Peccato non avere compagni di viaggio
che adorino partire
con un fazzoletto e un taccuino.
Quelli che conosco
sono legati agli antibiotici,
ai cerotti antireumatici
e sbadigliano in modo fragoroso.
Amore di terre straniere
ispira il mio desiderio di andare
mai scontato.

Quali terre di mare,
elette per caso,
dove soffia un vento
per ogni tempo e stagione,
dove poco cambiano
i segni sui tronchi nodosi
ho abitato per oscure ragioni?



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