Poesie di Luca Marella


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Albione
Albione, non sei perfida,
lo dico con franchezza,
e il tuo visetto giovane
è pieno di bellezza,
eppure tu sei l’incubo
che non mi fa dormire:
io per la tua tirannide
rischio di scomparire.

Albione, come l’edera,
conquisti e non ragioni,
con i tuoi detti semplici
invadi le nazioni.
Forse così ti vendichi
di quell’imperatore
che attraversò la manica
e ti causò dolore?

Quel porporato esercito
in verità istruiva
un popolo di barbari
che odiava e non capiva,
ma adesso, Albione, prosperi
con ciò che criticavi,
con quegli stessi metodi
dettati dai miei avi.

Su quel Divide et impera
fondasti un gran paese
e adesso il solo barbaro
è chi non sa l’inglese.
So che parlare è inutile
a chi non presta ascolto,
comunque io rivendico
quel che mi è stato tolto.

Un tempo il mio bel popolo
aveva una cultura,
ora subisce, debole,
l’odiosa dittatura
di chi si crede giudice
di tutto l’universo
e non fa che deridere
l’insolito e il diverso.

Noi siamo lingua nobile
di musica e poesia,
tu sei sempre più squallida
lingua d’economia.
Se tu rinneghi i cantici
in nome del profitto
sarà la lingua albionica
a diventar dialetto!

Ascolta il ritmo sdrucciolo!
Lo so, ti suona strano:
tu parli a monosillabi
e io parlo italiano.
Rileggi Alfieri e Foscolo
e ammira la potenza
del verso incorruttibile
di chi fa resistenza.

La resa (alla Musa)
Tu sei il sussurro semplice e gentile
che placa il mio timore della sorte;
mi arrendo a te, ma non mi sento un vile
poiché più cedo, più mi sento forte.



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