26/7/2012
Cara Sandra, non esiste alcun vivace
dibattito sul razzismo: esistono soltanto le farneticazioni....
Lucio Cornelio
Conosco molto dell’Analisi transazionale,
avendo letto una buona quantità di libri sull’argomento, Eric Berne
tra i primi.
Senonchè io sono protagonista di un processo evolutivo che sovrasta
tutti i Berne in circolazione. Te ne illustrerò, mio caro Piero, i
fondamenti, che costituiscono guida e feedback del mio pensare e del
mio agire attuale.
Io, nella storia del mio sviluppo, ho attraversato tre periodi
fondamentali:
1° periodo - L’infanzia e l’adolescenza
Caratteristica di questo lungo periodo è stata la mia idealizzazione
e la personalizzazione delle motivazioni umane. Ho pensato e ho
agito, in questo periodo, convinto della mia cristallina concezione
morale, della inequivocabilità dei miei sentimenti, della necessità
di condurre una lotta perenne nei confronti degli indegni, degli
inetti e degli imbecilli.
2° periodo - La maturità
Ho ripreso i furori e le speranze del primo periodo e li ho
ridimensionati. Mi son reso conto delle pericolosità dei miei
slanci. Ho agito e pensato mantenendomi coerente con il consenso
della società. Ho percorso le tappe della approvazione sociale. Ho
riscosso successo secondo i parametri dell’accettazione comune.
3° periodo – La verità
E’ il periodo attuale. Ho ripreso e riconosciuto appieno il 1°
Periodo, secondo il quale io attualmente vivo e agisco, e ho gettato
via con disprezzo ogni reminiscenza e ogni conclusione del 2°
Periodo, che ormai ritengo indegno di un essere civile.
Quindi: guai a voi, anime prave....!!!!!
Lucio Cornelio
In risposta ai cari Lucio, Il passero e quant’altri, oggi e nel
passato, abbiano grossolanamente “incrociato le lame” a difesa
delle proprie tesi.
Per farlo ricorrerò al mio vecchio, e mai abbandonato, lavoro di
comunicatore.
Probabilmente risale ai filosofi greci l’indagare sugli stati
dell’io dell’uomo ma soltanto in tempi relativamente recenti si è
arrivati a razionalizzare e chiarire tale ricerca, divenendone la
base dell’analisi transazionale. (iniziatore Eric Berne,
psicoterapeuta, grosso modo anni ’50).
Per semplificare: la struttura della personalità dell’uomo è
composta da tre elementi distinti che sono l’io Bambino, l’io
Genitore e l’io Adulto. Tali elementi, spesso, subiscono
contaminazioni tra loro, per cui ci può essere sovrapposizione tra
io Bambino ed io Adulto o tra io Genitore ed io Adulto e così via,
per le altre combinazioni possibili. Ma uno stato dell’io prevale
sempre nelle transazioni.
Nei rapporti (cioè nelle transazioni che possono essere verbali o
gestuali –una carezza per esempio- o più semplicemente d’espressione
del viso o d’atteggiamento oppure, ed è il nostro caso, scambio di
scritti) tra individui quando uno di questi stati prevale, nella
maggior parte dei casi, la controparte reagisce usando lo stesso
stato dell’io che ha recepito.
Quindi se ricevo un insulto, istintivamente, reagisco con altro
insulto. Transazione tra due stati dell’io Bambino dunque.
E così non dovrebbe essere, se si vuole realizzare un’armonica
convivenza. Alla manifestazione di un io Bambino si dovrebbe reagire
facendo prevalere il proprio io Adulto o io Genitore, a seconda dei
casi.
E mi rendo conto di quanto difficile possa essere questo “forzare”
il proprio istinto e soltanto la consapevolezza (realizzata tentando
di intendere l’altro) e la riflessione (contare fino a 100 ed oltre,
se necessario) potranno aiutarci a realizzare civile convivenza e,
perché no?, convincere l’interlocutore della bontà delle nostre
ragioni.
Potrei proseguire a lungo (ed annoierei e mi annoierei moltissimo)
con esempi ed approfondimenti. Rilevo solamente che i sanguinosi
dibattiti tra i vari Fabi, Bottiroli, Amore ed altri di cui mi
sfugge il nome, accaduti tempo fa (sempre in calda stagione
comunque…) e che in parte mi coinvolsero, aggiunti agli attuali,
sono frutto, appunto, di una non conoscenza delle regole
dell’analisi transazionale. Aggiungo e sottolineo che i citati,
adesso e sopra, hanno la mia stima ed anche, per certo verso, la mia
gratitudine per ciò che, inconsapevolmente, mi hanno dato.
Ma suggerirei a tutti la lettura dei saggi di Eric Berne “Analisi
transazionale “ e “A che gioco giochiamo ?”. Penso ne trarremo tutti
giovamento.
Ultima annotazione: chi possiede la sapienza, ha il dovere di
diffonderla, usando i mezzi adatti per essere accettato e, per ciò,
divenire fonte, quanto meno, di riflessione.
Infine, per chiarire meglio (almeno spero) il significato degli
stati dell’io, permettetemi di sottoporvi lo schema (parzialmente
tratto da Berne) che, tempo fa, usai in un manuale destinato
all’istruzione di venditori di alcune aziende:
STATI DELL’IO
|
CARATTERISTICHE |
IO BAMBINO |
La parte “spontanea” , memoria di emozioni vissute durante
l’infanzia, entusiasmo, meraviglia, insicurezza, paure ecc. |
IO GENITORE |
Ricordo di quei valori recepiti, durante l’infanzia, dai propri
genitori, insegnanti, compagni di scuola. Ma anche autoritarismo
e soggezione alle regole di vita, dandone per scontata la
validità unica, senso di protezione ecc. |
IO ADULTO |
La parte razionale di noi stessi: quella che ci porta a
riflettere ed a a scegliere, a mediare ed a non assumere
atteggiamenti manichei ecc. |
Con molta, molta stima ed un cordiale saluto.
Piero Colonna Romano
Senza entrare nel merito del vivace dibattito
in corso sul razzismo, mi limito a suggerire la lettura e la
riflessione del " Monologo sul razzismo", di Piero Colonna Romano,
presente nello spazio a lui dedicato in questo sito. Ritengo che
possa essere un validissimo contributo per tutti, in primis la
sottoscritta.
Grazie
Sandra Greggio
A Lucio
Carine le tue battute prendo nota,il tuo caffè non l'ho mai bevuto
ma preferisco quello del bar e i passeri sono diventati specie
protetta quindi se te li vuoi mangiare devi cacciare di frodo.
Il Passero
Al Passero - solo una curiosità: perchè
il “pietoso espresso”? Faccio male il caffè?
e poi: “Puro razzismo” ? Perchè sparo sui passeri?
Lucio Cornelio
25/7/2012
Al caro Lucio
Beh non lo sai chi sono?
sono un comune mortale come te o mi chiedi anche tu il codice
fiscale
dopo avermi dato dell'ubriacone per le mie risposte e avermi preso
per il c.....o per la mia perspicacia mi dai anche del
camorrista,poi fraintendi anche le mie parole dicendomi che ho detto
che bestemmi ,mai detto se ti vai a rileggere il contesto
Credo che il problema sia irrisolvibile finchè ti viene concesso
questo spazio per esprimere concetti di puro razzismo e attaccare in
negativo altri che come te scrivono sul sito,del resto non sei nuovo
a questo pietoso espresso
ciao ciao
Il Passero
24/7/2012
Passero, che vuoi?
io nel mio intervento sono stato chiaro:
1.- ho criticato coloro che fanno le pulci alla poesia senza
conoscerla (sei tra quelli?);
2.- ho bestemmiato? Certamente no, però ti do un consiglio: non
scriver risposte dopo aver bevuto;
3.- Ho espresso un mio personale parere negativo: ho condannato chi
parla di poesia senza saper neanche scriverne un solo verso: ti
ritieni tra quelli? (qui puoi non rispondermi, perchè io il mio
parere già ce l’ho, ben formato);
4.- Questa di imporre di fare i nomi è la tipica reazione del
camorrista, ma il camorrista sa anche andare fino in fondo. Tu,
Passero, chi sei?
Lucio Cornelio.
A Lucio
mah,allora di cosa vogliamo parlare visto che hai iniziato con le
tue profonde considerazioni
e prese e poi continuando di quelli che scrivono su questo sito
Poesie per loro e per te bestemmie
gioca fino in fondo, fai i nomi di quelli che pensi e consideri
nullità o ti vergogni .
Sai come funziona?Quando si odia profondamente una realtà o una
condizione si viene invischiati nella stessa,e si assume la valenza
di chi si odia.
in attesa di una tua
Il Passero
23/7/2012
Caro Piero
Colonna Romano, mio gentile e pur severo mentore,
Stasera mi ero accinto ad
un’opera che presto mi si è rivelata impossibile: la lettura di
tutti i dibattiti sulla poesia, a partire dal 2007, preziosamente
conservati negli archivi di Lorenzo De Ninis.
Nel procedere della lettura,
che progressivamente diventava sempre più angosciosa e trafelata,
ho visitato e mi sono scontrato con le mentalità, le pignolerie,
le prosopopee più sfrenate e deplorevoli. Ho ritrovato firme che
ho conosciuto per caso in questi mesi, ho letto sobbalzando nomi
che ho ritrovato poi in commenti alle mie stesse poesie.
Alla fine ho ceduto. Ho
dovuto interrompermi, non prima però di aver percepito con
chiarezza questa verità, comune alla stragrande parte dei
protagonisti dell’immenso e per molti versi atroce epistolario:
- capiscon tutti molto
poco di poesia, anche se tutti sembran bravi a parlarne, e
soprattutto niente ne capiscono proprio coloro che maggiormente si
intignano ad analizzare e ad anatomizzare osservazioni con minuzia
da orologiai.
Non la conoscono, la poesia,
non ne capiscono, e soprattutto non sanno scriverne. Mi viene in
mente l’invettiva di Alice, nel Paese delle Meraviglie, che a un
tratto prorompe e grida: “basta, in fondo non siete che un
mazzo di carte da gioco..!!…”.
Il problema è che, alla
base, ciascuno di costoro dispone un bagaglio culturale molto
approssimativo e raccogliticcio. Ho constatato che, in altri siti,
molti di costoro che compongono ed espongono i loro vergognosi
aborti, si fanno rimbalzare l’un l’altro lodi estatiche di sapore
settecentesco: “..ahhh, mia cara, i tuoi versi mi hanno
emozionato e m’hanno lasciato un senso d’indefinibile estasi…”….
“..Oooh, mio adorato, quanto m’hanno emozionato le tue
ardite immagini….”
e così via, in un concento
di voci che non manca di quel sapore pornografico che potresti
ritrovare ne “La filosofia del Boudoir”, di Donatien
Alphonse-François, Marchese De Sade, nei gridolini estatici di
Madame di Saint-Ange violata, e che ha la sua spiegazione ovvia in
un commercio scopertamente grottesco di lodi sperticate, e di
chiamate a captatio benevolentiae.
Mi vengon le lacrime agli
occhi, ma le risate, in fondo, sono amare.
Lucio Cornelio
22/7/2012
Risposta conclusiva a Passero: ti
rassicuro: non sono nè sensibile nè acculturato, e ciò che sostengo
è veramente dissacrante, diabolico ed inumano. E la mia pazzia non
conosce confini. Mi congratulo con te per la tua perspicacia.
Lucio Cornelio
risposta a Passero: vuoi che ami i
tedeschi, Passero? O che li perdoni? Mi dispiace, Passero, ma io
seguo due pesi e due misure: una per gli esseri umani, e un’altra
per i crucchi.
Procomberò pur io..... come diceva chi tu certamente sai...
Comunque, ora credo che tutto sia stato detto.
Lucio Cornelio.
risposta a Lucio Cornelio
Mi dispiace molto della tua affermazione ti consideravo una persona
sensibile e acculturata,ma quello che dici é veramente dissacrante
diabolico e inumano e me ne distacco con forza .
credo che la pazzia non conosca confini
Il Passero
21/7/2012
L’esser
letterati, poeti, o “intellettuali”, caro Gus, non ci
esime di aver dentro una passione. Io, per esempio, detesto
i tedeschi, e li vorrei veder sterminati tutti. E quando
dico tutti, parlo ovviamente anche delle donne e i bambini.
Dal punto di vista del concetto di guerra, non mi sono
allontanato troppo da Assurbanipal. Ho sempre sostenuto che
la guerra la si vince solo dopo aver sterminato fisicamente
tutti i nemici, e aver sparso sale sulle città rase al
suolo.
Vale
Lucio Cornelio
Caro
Gus,
Sono d’accordo con te. Sono stato eccessivo con Colotti, e me ne
dolgo, e mi scuso. Salvo però il fatto che, conoscendo il
tedesco, la loro spiritualità mi fa ridere, con relativi sbocchi
di birra e rutti:
Es war ein Koenig in Thule
gar treu bis an das Grab
dem sterbend seine Buhle
ein Goldenen Becher gab
Ecco il Goethe, al suo meglio. Se ci pensi, somiglia tanto al
Horst Wessel Lied, che ti metto in link, pregandoti di
ascoltarlo e guardarlo con attenzione:
Potrà interessarti, come studioso ed etologo, sapere che la
Merkel, da fonti bene informate, lo canticchia mentre esamina i
conti con i suoi ministri dell’economia.....
Lucio Cornelio
18/7/2012
Lucio, Lucio quanta severità nei
confronti di Colotti che vivendo volando, scrivendo poesie in
italiano, in tedesco che male ti fa? E poi, quel giudizio così
tranchant su Goethe il quale, peraltro, è impossibilitato a ...
risponderti e a giudicare i nostri brani poetici, impoetici,
apoetici.
Con inalterata stima.
Gus
13/7/2012
A Giuseppe Colotti – Se le tue poesie
son brutte in Italiano, son convinto che in tedesco non lo siano da
meno, quindi basta, per favore. Non apprezzo e non accetto gli
accenti gutturali. Mi sono odiose anche le stupide, saccenti e
esaltate liriche di Goethe. Le uniche odi barbare che posso
sopportare (con le debite limitazioni) sono quelle di Carducci. Se
tanto prurito hai di scrivere in tedesco, và a sfogarti a Berlino o
a Brema, o meglio ancora nella foresta nera. Là nessuno ti
contraddirà.
Questo che ho espresso è il mio esclusivo parere.
Lucio Cornelio
12/7/2012
Perchè un endecasillabo funzioni, non
basta che le sillabe siano undici. Occorre anche, e soprattutto, che
siano rispettati gli accenti e le cadenze, e i luoghi dove essi ed
esse cadono, nel corpo del verso. I dattili, gli spondei, i trochei,
debbono stare al posto loro. Nulla è più sgradevole di un
endecasillabo stiracchiato, con gli accenti che storpiano le parole.
Lucio Cornelio
18/6/2012
Caro Piero,
prendo spunto dalla tua risposta, come
sempre ricca e equilibrata, per esprimermi a mia volta:
“la poesia è solo un metodo, una tecnica, per dire qualcosa”: così
ho scritto. La tua osservazione è giusta, al posto di “solo”
meglio sarebbe un “anche”.
Io tuttavia non affermo che basti la conoscenza di metodo e
tecnica per far poesia. Nella mia frase il peso maggiore sta in:
“per dire qualcosa”. Se non hai niente da dire, in altri termini,
qualsiasi metodo o tecnica non produrrà nulla. In poche parole la
penso così: 
quindi, come vedi, ciò che introduci nel processo è molto
importante ai miei occhi. Tanto importante che determina la
riuscita o il fallimento dell’intera operazione. Però, senza quel
rettangolino, in cui ho omesso di elencare per prima cosa:
“linguaggio”, il pensiero creativo resta pensiero e basta.....
Concordo con te, infine, che nel Sito che tanto cortesemente mi
ospita e mi sopporta, vi sono veri e ottimi poeti. Tanti tanti, in
verità, non so. Certamente son io che talvolta non mi accorgo
delle pepite in mezzo ai ciottoli....
Cordialmente, e con rinnovata ammirazione
Lucio Cornelio
16/6/2012
Caro Lucio, ho letto, come sempre, con
interesse il tuo pozionpensiero e lo considero un costruttivo modo
per capire e capirsi. Un confronto di idee, lungi dall'essere
scontro, è sempre un incontro.
Ciò detto apri pure il paracqua.
Certamente ispirazione e poesia diversi affari sono. Nel senso però,
a mio avviso, che non può esserci poesia senza ispirazione. Mai mi è
capitato di leggere un saggio (magari sulle farfalle) che fosse
poesia.
L'ispirazione ( Estro creativo, impulso alla creazione artistica e
intellettuale. -da Hoepli-) è il motore indispensabile per la poesia
e per ogni altra arte.
Ma hai ragione quando affermi che la poesia è un modo di comunicare
(rappresentare tu dici) ed altrettanta ragione hai quando affermi
che non necessariamente ,oggetto di questa, debbano essere nobili
sentimenti o edificanti spettacoli.
Altrimenti che ne sarebbe di Cecco Angiolieri, Pietro l'Aretino, la
Valduga ecc. o, in pittura, di Giulio Romano, E.H. Avril, Gustave
Courbet ecc. ?.
Quindi di tutto di più, col limite invalicabile, a mio avviso, della
volgarità gratuita di stampo goliardico perché, quello sì,
costituisce reato di lesa poesia.
Classe, stile, eleganza questo è ciò che cerco nella poesia, spesso
trovandoli, indipendentemente dagli argomenti trattati. E concordo
con te quando affermi che, per fare poesia, indispensabile è un
elevato livello di conoscenza del linguaggio nonché capacità di
sintesi. Ma sopra tutto questo devono esservi emozioni, quelle di
chi scrive, recepite da chi legge.
Credo ti sia sfuggito un “solo” nell'affermare che “la poesia è solo
un metodo, una tecnica, per dire qualcosa”. Io lo sostituirei con un
“anche” e torno al dizionario Hoepli che questo ci racconta:
Metodo: Modo, criterio sistematico e funzionale di procedere in
un'attività teorica o pratica, oculatamente finalizzato al
raggiungimento dell'esito prefissato.
Tecnica: Complesso di norme su cui si fonda l'esercizio pratico di
una determinata attività manuale, intellettuale o artistica.
Con ciò par di capire che affermi che sia sufficiente la conoscenza
di metodo e di tecnica per far poesia e, su questo, dissento.
Mancherebbe quell'anima, quell'afflato che è l'ispirazione.
Poesia e Prosa: la citazione che fai di Andric mi ha riportato ad
alcuni decenni fa. Quel brano mi aveva talmente impressionato (e per
ciò che descrive e per come lo realizza) che mi ritorna in mente
ogni volta che fatti disumani accadono (ad esempio l'attività degli
Arkan, dei Mladic ecc.) o per libri che mi capita di leggere (per
esempio Il viaggiatore notturno di Maggiani).
Perché quello e non altri brani cruenti d'altri romanzi?
Probabilmente perché, come tu affermi, quella descrizione è intrisa
di poesia, cioè d'emozione, talmente sentita ed espressa dall'autore
da colpire nel profondo, suscitando indimenticabile e forte
commozione.
E questo è il compito misterioso della poesia.
Sulla differenza tra romanzo e poesia ti rimando (ma credo tu
l'abbia già letto) alla esaustiva disamina fatta da Corrado Calabrò,
presente in queste pagine.
Ma tutto ciò detto non mi resta che prendere posizione, anche se in
altre occasioni ho avuto modo di farlo, sul poetare.
Affermo che ad una poesia in perfetta metrica ma che non trasmette
emozioni (e ti assicuro che sono numerosissime) preferisco una
sbilenca poesia che, nata da un profondo sentire, trasmetta il
sentire e coinvolga.
Scrissi, tempo fa, La poesia perduta, se ne avrai il tempo e la
voglia potrai trovarla nel sito e vi troverai il mio intendere
poesia.
E per concludere, caro Lucio, ti indigni per la scarsa qualità di
certe poesie presenti nei siti o nelle antologie, dimenticando la
frase “molti i chiamati, pochi gli eletti”.
I siti, in particolare, sono fucine dove spesso scrivervi è lo sfogo
di un sentimento che trova, appunto nella scrittura, la catarsi.
E, per quanto ci riguarda ,nel nostro Poetare vi sono molti veri ed
ottimi poeti. Molti di più di quanto a te non sembri.
Cordialmente. Piero Colonna Romano
13/6/2012
Un equivoco
chiamato Poesia
(alcune
affermazioni di Lucio Cornelio, da confutare o accettare,
dedicate a Piero
Colonna Romano)
Carissimo Piero,
bevi, ti prego
questa pozione, da cima a fondo. E solo dopo averla bevuta, e
compresa nei suoi motivi, esponimi le tue osservazioni. Questa, lo
dico fin d’ora perché tu non tema che la pozione possa risultare
amara e imbevibile, non è né una diatriba, né tanto meno una
puntualizzazione o – Dio me ne scampi – un’invettiva. E’ una mia
riflessione, aperta alle tue e alle altrui critiche, che io a mia
volta leggerò con rispetto e attenzione
-
Ispirazione e
poesia sono due cose diverse, che possono non coesistere. Una
poesia non dipende necessariamente dalla ispirazione;
-
L’ispirazione è
indipendente dalla poesia. L’ispirazione è tutt’al più la spinta,
l’identificazione di un’idea, di un messaggio, d’una proposta;
-
Io posso sentirmi
ispirato da una teoria cosmologica, da un processo economico, da
un racconto fiabesco, e desidero rappresentarlo, per trasferirlo
ad altri;
-
La poesia è uno
dei modi di rappresentare;
-
Non si deve mai
identificare la qualità d’una poesia con la nobiltà dei concetti
che in essa sono stati espressi;
-
La poesia non è
il risultato del conseguimento di un livello morale, ottenuto in
virtù dell’ispirazione;
-
Posso far poesia
descrivendo uno stupro, o sollevando il pensiero verso i misteri
della fede: è la stessa identica cosa:
tra l’una e l’altra
gamba di Fiammetta
che supina giacea,
diritto venne
l’amor che move il
sole e l’altre stelle
-
La poesia è solo
un metodo, una tecnica, per dire qualcosa;
-
Quindi: chi è,
che cosa è, il poeta? E’ colui che si esprime in modo efficace
ottenendo, a parità di argomenti, migliori e più intensi risultati
emotivi e persuasivi.
Le 11 pagine che
descrivono l’impalamento d’un condannato, nel libro “Il ponte sulla
Drina” di Ivo Andric sono un brano di elevatissima qualità, e
costituiscono per il lettore un vero cimento emotivo, dal quale si
vien fuori esausti.
Esiste a mio avviso
un equivoco di fondo, tra due concetti che si esprimono con la
stessa parola: poesia.
Questa parola viene
sovente, comunemente usata per connotare concetti di edificante
livello morale, o di evidente trasporto lirico, religioso, amore
trascendente e puro, etc. Si dice che un bel tramonto, o un bel
quadro ispirano pensieri “poetici”;
e tuttavia la
parola Poesia, nella accezione alternativa, costituisce un termine
tecnico che nulla ha a che fare con la definizione precedente: è
solo una maniera elegante, raffinata, di esprimersi, - sintetica e
nello stesso tempo eloquente e incisiva - una tecnica che
sottintende un elevato livello di conoscenza del linguaggio.
Questo equivoco
comporta due conseguenze egualmente spiacevoli:
nell’un caso, viene
chiamato poeta un tapino che esterna con entusiasmo il suo trasporto
amoroso per la sua donna, nonostante lo faccia con versi dissestati,
e parole inadeguate e inefficaci. Egli vien chiamato poeta per
dargli atto della nobiltà dei concetti che si è sforzato di
esprimere (e di esempi siffatti son pieni i siti di poesia);
nell’altro caso, la
tecnica c’è, ma i significati, i concetti, sono inesistenti o - se
esistono - sono oscuri. Non c’è niente da capire, la poesia è un
seguito di parole che non esprimono nulla:
oh che bel vedere
in sulla sera
di primavera
spuntare il dì…
(e di esempi
siffatti, spiace dirlo, sono purtroppo piene le antologie…)
Conclusione
Tutto ciò trae
origine dal commento che tu, carissimo Piero, mi hai fatto, del mio
sonetto Toys e Pachidermi:
“…che ci
dimostra (ove ve ne fosse ancora bisogno) che non basta usare, con
la sua maestria, la metrica del sonetto classico (né altre) per far
poesia…. “
Beninteso, lungi da
me l’idea che io mi sia sentito toccato dal tuo commento che, anzi,
è fin troppo lusinghiero per le mie esercitazioni (lo dico
davvero..!) , ma in realtà non condivido l’equazione – che spesso –
e qui una volta ancora - ti ho sentito esternare: poesia = nobiltà
dei concetti.
Non a caso ho
pubblicato, subito dopo, quest’ultima mia poesia – Controsole – che
è all’antitesi del Toy. Saranno entrambe brutte poesie, non dico di
no, ma per me, fatto salve le loro indegnità e insufficienze, hanno
eguale dignità.
Mi ripeto, la
poesia per me è un metodo – difficile perché è un esercizio di
sintesi, di chiarezza e d’armonia – per esprimersi con efficacia e
con eleganza. E per suscitare, con le corde della efficacia e
dell’eleganza, ma anche con la chiarezza e la sinteticità dei
concetti, il sentimento, l’emozione, i ravvivar dei sensi di chi,
leggendoci, si innamora dei nostri versi.
Con i miei più
affettuosi saluti
Lucio Cornelio
2/6/2012
Caro Piero, hai espresso un pensiero che mi ha
travolto per la sua semplicità e chiarezza:
“ il primo verso che viene in mente, per descrivere un'emozione, è
quello giusto, quello che darà la “tonalità” alla poesia. “.
credo che tu abbia visto bene, ed aggiungo che la tua considerazione
non limita, anzi lascia intatte le ricerche di soluzioni musicali
che sto compiendo, con l’analisi di versi dei poeti a noi maggiori.
Gioielli così diversi, eppur tanto brillanti nella qualità e potenza
espressiva.
E’ singolare come la tua frase “ il primo verso che viene in
mente....” si attagli perfettamente alla sinfonia Italiana di
Mendelsson (n.4 opera 90). Sembra l’applicazione esemplare del tuo
pensiero.
Continuerò nel mio viaggio tra i poeti, e ti narrerò ancora le mie
“impressioni di viaggiatore”, cosicchè tu possa trarne spunti,
incoraggiamenti e critiche.
Grazie per la tua risposta.
Lucio Cornelio
31/5/2012
Caro Lucio,
poni un quesito, premettendo di lasciar da parte la vexata questio
“metrica si o metrica no”, e, guarda caso, ti chiedi, e chiedi,
quale sia la metrica più adatta per descrivere un sentimento, un
emozione, una qualche azione.
Argomento che mi incuriosisce da tempo e che mi ha fatto tentare un
parallelismo tra musica e poesia.
Pochi esempi esplicativi (per esemplificare al massimo). Da un brano
composto in do maggiore ci si attende d'ascoltare qualcosa che
abbia, e dica di senso religioso. Da uno in re maggiore, gioia,
magnificenza, il trionfo degli alleluia. Da un re# minore ansia,
angoscia, disperazione. Ecc.
Ed è inevitabilmente così, al punto che se cambiassimo tonalità ad
una composizione la renderemmo tanto diversa da essere
irriconoscibile.
Ma è così anche per la metrica che si usa per la poesia ?
Credo che, al contrario, ciò sia possibile. Ad esempio un doppio
senario o doppio quinario danno il senso del movimento e quindi sono
adatti a descrivere l'ondeggiare del mare, quello di una battaglia
o, perché no?, un infuocato incontro amoroso. Quindi argomenti
diversi.
Così come i versi parisillabi sono adattissimi alle filastrocche (la
tua “pasta al forno”). E con questa metrica possiamo descrivere
argomenti umoristici, fiabe, insegnamenti morali ecc. Quindi
argomenti diversi e, per restare nel nostro ambito, confronto la
citata “pasta al forno” con la “Storia della Filosofia” di Carlo
Chionne. Nella prima prevale l'umorismo, nella seconda l'intento
didascalico, pur essendo in rigorosi ottonari entrambe.
Quindi chiedi se il sonetto “Fate e streghe” sia l'unica forma
metrica per dire d'amore e rabbia. Penso a Leopardi, alla sua “A
Silvia” ed all'intercalare di endecasillabi e settenari, liberamente
rimati. E dice di nostalgia, d'amore e di morte. Sonetto la prima,
canzone libera la seconda, eppure di sentimenti profondi entrambe
dicono.
No, caro Lucio, non credo che la metrica abbia destinazioni
univoche. Credo che l'uso che se ne fa dipenda dal sentire , nel
momento della scrittura, e non dall'argomento trattato. Ed
aggiungerei che il primo verso che viene in mente, per descrivere
un'emozione, è quello giusto, quello che darà la “tonalità” alla
poesia.
Unico punto di contatto tra musica e poesia resta il ritmo. In
assenza di questo non si farà né musica né poesia (ma su questo
credo concordiamo tutti).
Un cordiale saluto. Piero
28/5/2012
Apro le danze:
Versi e metri - Premessa
sebbene ogni periodo, parlato o scritto, sia sottoposto a certe
leggi di armonia e di equilibrio (eufonia), tali da renderlo
scorrevole e grato a chi ascolta, tuttavia grande è la differenza
tra la prosa, che è un discorso non vincolato da particolari leggi
ritmiche, e la poesia, che è viceversa l’arte del comporre unendo
insieme determinati periodi “ritmici” detti versi.
Le cose stanno così, e non mi convincerete mai del contrario, anche
usando mazzi di carte con sette Assi.
Nella letteratura di ogni popolo, che senza influssi con l’esterno
muova i primi passi nell’arte dell’esprimersi, la poesia ha
preceduto sempre la prosa, e ciò per diverse ragioni:
prima di tutto perché, in tempi primitivi, quando la scrittura era
poco nota, è più facile tenere a memoria o tramandare espressioni
che abbiano un ritmo ben definito, che non quelle nelle quali il
ritmo non c’è o non si avverte; in secondo luogo, perché la poesia
si presta più che la prosa ad esprimere le fondamentali instabilità
emotive umane: l’amore, l’odio, l’entusiasmo….
In terzo luogo, il linguaggio poetico, per rispetto alla grammatica.
è più semplice di quello della prosa, e per ciò si adatta meglio a
una lingua nascente, situazione questa che era vera nei primi secoli
dopo Cristo, ed è nuovamente vera oggi, visto il baratro di
ignoranza universale in cui siamo caduti.
Scrivere le poesie in prosa contrabbandata è un miserevole inganno,
che sopravvive ancor meno del tempo in cui una siffatta composizione
venga letta. Ancor meno sopportabili sono quei componimenti gravidi
di noiosissime e sfibranti metafore, che più d’un pennaiolo d’oggi
ritiene siano un elemento nobilitante, mentre in realtà suscitano
soltanto noia e esasperazione.
Il “verso sciolto”, ovvero l’arte di scriver poesie libere da
costrizioni metriche. è in realtà ancor più complesso e sofisticato
delle scelte di metrica tradizionale, perché in realtà in esse il
ritmo è presente, e lo si nota nella respirazione, nelle pause,
negli accenti che si impongono nel declamarle; ed è nel declamarle,
che appunto il ritmo, e quindi l’armonia, vi si disvela, con
significativi e emozionanti effetti.
I versi parisillabi
Mi è sempre sembrato che questi versi parisillabi sieno molto adatti
a esprimere situazioni innocenti, descrittive, che toccano l’anima
per la loro semplicità; e che però diventano trascinanti nei
decasillabi, per le loro accentuazioni epiche:
vòlgo gli occhi, e crèdo in cièlo
rivedère
paranzèlle sòtto un vèlo
nère nère:
o memòrie, òmbre di sògni
per il cièlo…
(erano quaternari misti a ottonari…)
ecco invece i senarii:
Un mùrmure, un rombo…
son solo: ho la testa
confùsa di tetri
pensièri. Mi dèsta
quel mùrmure ai vètri…
L’ottonario che è così allegro nel sig. Bonaventura, è estremamente
evocativo, se gli accenti rievocano la melodicità d’una scala in
tono minore:
Pàce grida la campàna
ma lontàna, fioca. Là
un marmoreo cimitèro
sòrge, su cui l’òmbra tace:
e ne sfùma al cièlo nèro
un chiaròre ampio e fugàce:
Pàce, pàce, pàce, pàce,
ne la biànca oscurità
Ed eccoci ai sonanti decasillabi. Mi piacerebbe usarli:
s’ode a dèstra uno squillo di tromba,
a sinistra risponde uno squillo
d’àmbo i làti calpèsto rimbòmba
di cavàlli e di fànti il terrèn….
E adesso, opponetemi un po’ di prosa, contrabbandata in poesia….
Lucio Cornelio
9/5/2012

Inviato da Piero Colonna Romano
29/4/2012
Caro Lucio, leggo solo ora quel che hai
inserito in dibattiti. Tu sfondi porte aperte, narrando il divenire
della poesia. Ispirazione, bozza e successivo lavoro di cesello è
esattamente ciò che faccio (con, temo, modesti risultati) ed è ciò
che, immagino, facciano quasi tutti.
Ho apprezzato particolarmente la similitudine ispirazione/diamante
grezzo ed il modo in cui la esprimi è, di per sé, poesia.
Ma non so se l'ispirazione sia uovo o gallina. So che mancando
quella... non si fa frittata.
Un cordiale saluto. Piero
27/4/2012
Per me la gallina, perchè comincia con
la "G" .
Gus
26/4/2012
a Piero Colonna Romano: ti ho letto con
interesse e attenzione, e comprendo ciò che hai voluto dirmi. Le tue
osservazioni pongono però il problema dell'uovo e della gallina: chi
è nato prima?
Quando mi viene in mente una poesia, per un'idea che improvvisa si
concretizza, o per un verso che, completamente fuori contesto, mi
rimbalza dalla testa sulla scrivania, e ci gioco, spostandolo come
un pezzo di domino, l'ispirazione è già di per se un po' "vestita".
Si presenta già - voglio dire - in una sorta di metrica o in verso
sciolto.....e io non faccio altro che acconsentire, lasciando che si
sviluppi da sè....
E' dopo, se la cosa è diventata promettente, che mi alzo e vado a
prendere la cassetta degli attrezzi, e mi metto a piallare e
martellare. Ma di per se, la poesia è già lì, con la sua idea bella
e chiara, ma ancora imperfetta nella forma.....E' come il taglio di
un diamante grezzo. La pietra scintillante è già lì presente, va
solo liberata....
Quindi la forma e l'ispirazione, sono molto più interconnesse di
quanto si possa pensare....Per meglio chiarirmi ti cito queste
parole di Giacomo Leopardi:
“…né mi pento di aver prima studiato di proposito a parlare, e dopo
a pensare, contro quello che gli altri fanno; tanto che se adesso ho
qualcosa da dire, sappia come va detta, e non l’abbia da mettere in
serbo, aspettando ch’io abbia imparato a poterla significare. Oltre
che, la facoltà della parola aiuta incredibilmente la facoltà del
pensiero, e le spiana e le accorcia la strada…”
Ti saluto con molta cordialità, per le splendide cose che dici, e
che arricchiscono la mente
Lucio Cornelio
a Piero, per finire: e infine, sono
così belli e interessanti questi scambi che, al solo pensiero di
farli diventare una diatriba rissosa, mi piangerebbe il cuore.
Perchè introdurre ideologie in un colloquio dove tutto ciò che si
dice aggiunge sostanza e piacere al nostro animo?
Lucio Cornelio
24/4/2012
Confermando la mia stima, simpatia e in
parte condivisione per Sandra e Lucio, Armando lo abbiamo lasciato
solo, dimenticando la sua alta sensibilita' poetica. Un uomo che
scrive su questo sito per cio' stesso e' stimabile. Lo abbiamo
rampognato perche' rispondendomi si e' dilungato in un discorso
tuttavia dotto e interessante. E perciò lo rispetto molto.
Gus
22/4/2012
Caro Salvatore, il tuo intervento si
presta a svariate considerazioni ma, per non tediarti né tediare chi
leggerà, mi limito ad evidenziare alcuni aspetti. Che cosa ne viene
a noi che sia esistito o meno? Questa la tua domanda. Premesso che
rispetto chiunque sia di opinione diversa dalla mia, ritengo che, in
quanto esseri razionali, che ci distinguiamo dalle bestie, non
possiamo vivere solo di istinti, bensì abbiamo il dovere di dare uno
scopo alla nostra esistenza, ognuno a suo modo e con la modalità o
il suo credo che ritiene più opportuno. Ora, Gesù Cristo ci ha
offerto la possibilità di dare un senso alla nostra vita,
proponendoci di viverla con la prospettiva che essa continui oltre
la morte, dove finalmente ci realizzeremo e troveremo risposte ai
dubbi che caratterizzano questa esistenza terrena, di per sé
limitata e incompleta. Chi crede in Lui, trova uno scopo per andare
avanti, sopporta le sofferenze, le angosce, con una forza che deriva
dalle sue convinzioni religiose. Il secondo punto, spinoso assai, è
quello dell'immagine che i pastori di Cristo offrono di sé, immagine
(concordo) non molto edificante. Tanti don Abbondio? E sia. Ma non
tutti don Abbondio, anche qui è opportuna una distinzione, no? Ci
sono molti validi esempi di chi si mette al servizio degli altri con
abnegazione, senza pensare alle ricchezze. Il bene ed il male ci
sono ovunque ed in fondo, anch'essi, in quanto uomini, sono soggetti
alle debolezze terrene. Con ciò non voglio affatto giustificarli, ma
solamente ribadire che la fede in Cristo non deve venir meno per i
cattivi esempi a cui ho accennato. Infine, per quanto riguarda il
razionale e l'irrazionale, ci sono delle verità di fede che si
devono accettare senza pretendere di dare loro una spiegazione,
perché vengono accettate in toto da chi crede ("Beati coloro che,
pur non avendo visto, crederanno", a proposito di San Tommaso). Di
fronte a questa spiazzante affermazione, quale umano si ritiene così
presuntuoso da dare lui delle risposte? Qualunque tentativo viene a
cadere miseramente, in quanto limitativo e incompleto ("Io sono la
via, la verità e la vita; chiunque crede in me non morrà in
eterno"). E', quella di Cristo, una proposta di vita, dettata da
quello che Dante chiama "il motore dell'universo", dall'Amore, di
cui Lui ha dato una splendida testimonianza, morendo in croce per
l'umanità.
Mi accorgo solo ora di essermi dilungata più del previsto; mi
dispiace di dover dare un arduo lavoro a chi vorrà contare, ma io
non lo faccio di certo.
Con stima ed amicizia
Sandra Greggio
se ti aspetti una risposta eccola
Mi vien che ridere,prendo in prestito questa battuta detta da un
comico di cui
non ricordo il nome,ma calza a pennello
la frase” non raccontare che Cristo è morto dal freddo “era una
metafora per
sottolineare a qualcuno di non raccontare balle
ma quel qualcuno è talmente ottuso che mette in discussione perfino
il Cristo
stesso
e si spende negandosi e poi facendolo in tiritere senza fine
convinto,tra
tutte le sue stronzate, che la crisi dell’Italia e altri paesi sia
stata
causata dal non allineamento politico alle sue splendide idee e a
quelle del
sindacato che doveva difendere i diritti dei lavoratori e che alla
fine gli
stessi prendono meno di tutti gl’altri dei Paesi Europei e invece i
nostri
politici e amministratori sono i più pagati chissà com’è?
sarà per un misterioso dogma che si spiega soltanto con la fede???
si la sua fede quella dell’ottusangolo e del materialista
invece che leggere e studiare Marx e Engels avrebbe fatto meglio a
conoscere
Arthur
Mi vien che ridere:
è bastato spingere qualche bottone ,che sono lì in bella vista ,per
veder la
vera natura sbocciare nelle sue stronzate galattiche continuando a
dar dell’
asino e del represso a chiunque lo attacchi si crede di intelligenza
e
cultura superiore considerando gl’altri sottospecie non degna e poi
non si
presentano col codice fiscale alla mano
ma tu che contesti le lauree degl’altri la tua l’hai ottenuta col
voto
politico?
allora si occupavano le scuole e anche le università per avere il
voto comune
o politico!!
tu cosa facevi?
se fai fatica a comprendere il mio italiano e il senso di quello che
dico la
prossima volta ti posso fare un disegnino
mi son nascosto dietro a un dito
però sono convinto che mi senti
mi firmo
Ombra quello che viene dall’anima
il passero
a Salvatore Armando Santoro,
se ti dileggio, contando le parole inutili che dici, è soltanto per
non affondar oltre la lama della disapprovazione e del disprezzo.
a Sandra Greggio,
mia cara Signora, non serve stabilire se Gesù sia o no esistito, la
prova più evidente della sua cosmica indispensabilità è che
l’abbiamo, in tutto e per tutto, reinventato noi....
Con molto rispetto e considerazione
Lucio Cornelio
21/4/2012
A Sandra Greggio con amicizia
Che sia esistito o meno Gesù, in fondo a noi poveri cristi, cosa ne
viene? Su questa favola dell'esistenza (ma allora perché l'hanno
crocifisso proprio gli eredi di coloro che oggi lo venerano?) ci
hanno costruito un impero economico (su cui ci ha speculato anche di
recente un certo arcivescovo Marcinkus, detto il banchiere di dio,
ed i suoi soci, fra l'altro gente poco raccomandabile ed in odor di
mafia), raccontando un sacco di balle e raggirando un sacco di gente
che ancor oggi, di fronte ai tanti problemi reali che abbiamo, si
perdono dietro le cose irrazionali. Dimmi, cara Sandra, cosa cambia
nella tua e nella mia vita che Gesù sia esistito o meno? Cosa ne
viene a noi? Il paradiso, l'inferno? Balle di chi semina solo
storielle per raggirare le brave persone che non riuscendo a dare
risposte razionali all'esistenza dell'universo si perdono dietro
discussioni oziose ed irrazionali che non risolvono i dubbi di
nessuno e che lasciano le cose così come noi li vediamo. Ed allora
guardiamo in giro, riempiamoci gli occhi di quello che riteniamo
bello in natura e non perdiamoci dietro all'assurda corsa di dare
risposte all'irrazionale alle quali non possono rispondere i Don
Abbondio occasionali visto che, anche loro, tentennano e
sopravvivono alle risposte che, razionalmente, non potrebbero mai
dare.
Invece, noi umani e razionali, le risposte le potremmo dare ma presi
come siamo dai nostri egoismi, troviamo facile "inveire contro gli
immigrati invadenti e contro un parente che, morendo, non ci ha
lasciato niente" (E questo è il finale di una mia poesia di cui non
ricordo più il titolo).
Ed ora mi aspetto anche la risposta del solito scienziato che, non
avendo nulla da fare, perde tempo in rete a rispondere per gli altri
conteggiando finanche le righe e le parole che scrivo (che anticipo
in 21 righe, 305 parole, 1825 caratteri). Ecco, almeno gli tolgo una
parte importante del suo lavoro quotidiano.
Ti abbraccio.
Salvatore Armando Santoro
20/4/2012
All'amico Gus
Conosco per averti seguito altre volte, la tua passione per le
discussioni serie, e tu le affronti con profonda passione (e non con
asineria come certi quadrupedi che sanno solo ragliare).
Ma, caro amico mio, sono troppo impegnato in questi giorni con le
conclusioni del mio Bando Letterario (il 19 maggio ho la cerimonia
di premiazione dei finalisti) e non riesco proprio a stare dietro ad
una discussione che richiede approfondimento e conoscenza che io,
onestamente, non possiedo perché quello della religione è un
argomento che non mi interessa in quanto sono troppo ancorato al
razionale per perdermi dietro l'irrazioonale e dietro le favole di
una casta di persone che per millenni hanno millantato solo del
credito giocando sulla credulità popolare e l'infelicità del genere
umano per costruire un impero basato proprio sui quei beni materiali
che dicono a tutti siano destinati a dissolversi.
Ti passo, però, un link (http://anticristiano.altervista.org/index.php)
in modo che tu vada ad approfondire certi concetti che mi hai
espresso e leggere anche qualcosa di contrario su quegli autori che
tu mi hai citato nella tua precedente nota.
Evito così a qualche perditempo di andare a conteggiare parole,
sillabe, spazi vuoti e pagine con osservazioni cretine ed offensive
delle persone. Il guaio che dicono che sono laureati, ma
sinceramente mi piacerebbe conoscere chi ha dato loro la laurea!
Ti abbraccio, amico caro, e scusami se non risponderò ad altre note
nella pagina dei "Dibattiti", anzi mi pento anche di esserci entrato
per rispondere ad un paio di persone maleducate che mi ci avevano
tirato per i capelli.
Salvatore Armando Santoro
18/4/2012
Intervento
Ci sono prove schiaccianti dell’esistenza di Gesù Cristo,
tanto nella storia secolare quanto in quella biblica. Forse la prova
maggiore che Gesù è esistito è il fatto che letteralmente migliaia
di cristiani del I sec. d.C., inclusi i 12 apostoli, furono disposti
a dare la propria vita come martiri di Gesù Cristo. La gente morirà
per ciò che crede essere vero, ma nessuno per ciò che sa essere una
menzogna.
Sandra Greggio
16/4/2012
Caro Santoro, epifenomeno della
materia, e se fosse falso chi assume che G.Flavio sia
contraddittorio ? Chi è più dogmatico io o tu. Ma Tacito e Svetonio?
Io criticavo solo la tua incredulità sulla storica esistenza di
Gesù, l'ebreo messo a morte da Pilato.
Gus
caro Salvatore Armando Santoro,
ho scorso, tenendomene lontano, le allucinazioni che hai trasferito
in questa tua lettera a Gus,
ti rendo noto quanto segue: hai scritto 4 pagine, 2.225 parole,
12.146 caratteri, senza contare gli spazi, per un totale,
assolutamente insopportabile, di 188 righe.
Ma chi ti credi di essere, Salvatore Armando Santoro?
Io direi che molto meglio sia ribattezzarti, e chiamarti Affossatore
Disarmando....
Non se ne può più, egregio Santoro. Limitati. Tutta questa diarrea
dà fastidio
Lucio Cornelio
A Gus
Mi hai fatto perdere un po' di tempo, ma adesso lo faccio perdere a
te. Dato che continuo a restare scettico sulla religione e sulle
fantasie religiose ti allego questo pezzo, che se avrai pazienza a
leggere vedrai da te quante contraddizioni verranno fuori sulla
figura di Giuseppe Flavio, che prima parteggiava per il Sinedrio
antiromano e poi passa al servizio dell'imperatore romano. Una
specie di Silipoti moderno, insomma.
Ma ti ripeto non mi interessa inseguire certe discussioni, primo
perchè non ne sono motivato e, secondo, perchè preferisco discutere
sulle cose razionali dove è possibile trovare anche in rete delle
risposte convincenti e più credibili, mentre trascuro completamente
le altre problematiche dove un esercito di religiosi si affida al
mistero della fede per dare risposte trascendentali che nei fatti
lasciano lo stesso nel dubbio le persone. E poi guardacaso, certe
teorie fedistiche sono mirate ad alimentare le incertezze ed
amplificarle solo per conseguire vantaggi economici (di tipo
terreno) per la propria istituzione temporale, che di divino non ha
nulla se non le chiacchiere di chi si autocandida a rappresentanti
di dio in terra. Roba da codice penale ma che nessuno giudice
impugna perchè la chiesa è considerata una istituzione fortemente
radicata nella coscienza (o credulità) popolare. Ma eccoti il link
da dove ho copiato l'allegato:
http://www.parodos.it/testimonianze_extracristiane1.htm
Le prime chiare testimonianze storiche sulla persona di Gesù, ci
sono tramandate dallo storico giudeo-romano Giuseppe Flavio (37-103
circa), che fu prima legato del Sinedrio, governatore della Galilea
e comandante dell’esercito giudaico nella rivolta antiromana, ed in
seguito consigliere al servizio dell’imperatore Vespasiano e di suo
figlio Tito.
Nella sua opera Antichità giudaiche (93-94), nella quale narra la
storia ebraica da Abramo sino ai suoi tempi, egli fa un accenno
indiretto a Gesù; l’occasione gli è fornita dal racconto della
illegale lapidazione dell’apostolo Giacomo (detto tradizionalmente
il Minore), che era a capo della comunità cristiana di Gerusalemme,
avvenuta nel 62, descritto come un atto sconsiderato del sommo
sacerdote nei confronti di un uomo virtuoso:
“Anano […] convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il fratello
di Gesù, detto il Cristo, di nome Giacomo, e alcuni altri,
accusandoli di trasgressione della legge e condannandoli alla
lapidazione” (Ant. XX, 200).
In un altro passo, invece, egli fa menzione della figura di Giovanni
Battista; Erode Antipa, per sposare Erodiade moglie del proprio
fratello aveva ripudiato la figlia di Arete, re di Nabatene, la
quale si rifugiò dal proprio padre. Ne sorse una guerra nel 36 in
cui Erode fu sconfitto, e questo è il commento di Giuseppe:
“Ad alcuni dei Giudei parve che l’esercito di Erode fosse stato
annientato da Dio, il quale giustamente aveva vendicato l’uccisione
di Giovanni soprannominato il Battista. Erode infatti mise a morte
quel buon uomo che spingeva i Giudei che praticavano la virtù e
osservavano la giustizia fra di loro e la pietà verso Dio a venire
insieme al battesimo; così infatti sembrava a lui accettabile il
battesimo, non già per il perdono di certi peccati commessi, ma per
la purificazione del corpo, in quanto certamente l’anima è già
purificata in anticipo per mezzo della giustizia. Ma quando si
aggiunsero altre persone - infatti provarono il massimo piacere
nell’ascoltare i suoi sermoni - temendo Erode la sua grandissima
capacità di persuadere la gente, che non portasse a qualche
sedizione - parevano infatti pronti a fare qualsiasi cosa dietro sua
esortazione - ritenne molto meglio, prima che ne sorgesse qualche
novità, sbarazzarsene prendendo l’iniziativa per primo, piuttosto
che pentirsi dopo, messo alle strette in seguito ad un subbuglio. Ed
egli per questo sospetto di Erode fu mandato in catene alla già
citata fortezza di Macheronte, e colà fu ucciso”. (Ant. XVIII,
116-119).
È interessante il motivo politico che Giuseppe aggiunge a quello
addotto dai vangeli, ovvero le continue rampogne del battista ad
Erode per la sua situazione adultera.
Ma la testimonianza di gran lunga più interessante è contenuta nel
capitolo decimottavo della medesima opera, ed è nota tra gli storici
come Testimonium flavianum. Essa, a causa della difficoltà di alcune
sue affermazioni, fu oggetto di un lungo dibattito fra gli studiosi.
Così infatti si presenta nella forma a noi tramandata:
“Ci fu verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna
chiamarlo uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro
di uomini che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti
Giudei, e anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando
Pilato, per denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di
croce, non cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli
infatti apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già
annunziato i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie
riguardo a lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che,
da costui, sono chiamati Cristiani” (Ant. XVIII, 63-64).
E’ evidente che le affermazioni evidenziate dal carattere corsivo,
presentate in tal modo, sono di uno scrittore che crede alla
divinità di Gesù, alla sua risurrezione, alla sua qualità di Messia
(Cristo) predetto dai profeti; un giudeo non convertito al
cristianesimo, qual era Giuseppe, non avrebbe mai potuto scrivere
tali cose.
Per questo motivo, a partire dal secolo XVI con Gifanio e Osiandro,
l’autenticità del passo è stata messa in dubbio da un numero sempre
crescente di commentatori, pur non mancando coloro che la
difendevano anche tra autori di larga fama, quali F. K. Burkitt, A.
von Harnack, C. G. Bretschneider e R. H. J. Schutt. Una gran parte
di studiosi, invece, non giudicava il Testimonium come totalmente
apocrifo, opera di getto d’un cristiano che l’ha inserito in quel
punto della storia di Giuseppe, bensì lo riteneva un passo
interpolato, scoprendovi il lavorio di una mano cristiana che
avrebbe ritoccato volontariamente o involontariamente un tratto
autentico delle Antichità (per ritocco involontario si allude ad un
errore non così raro dei copisti, i quali talora inserivano
inopportunamente nel testo alcune annotazioni o glosse marginali,
apposte da qualche lettore; della possibilità di tale errore ci
informano già gli antichi).
Si è notato che se il passo su Gesù fosse stato costruito a tavolino
da un interpolatore cristiano, sarebbe stato verosimilmente inserito
subito dopo il resoconto di Giuseppe su Giovanni Battista, mentre in
Giuseppe l’accenno a Gesù non segue il racconto di Giovanni. D’altra
parte, sarebbe strano che Giuseppe abbia omesso di registrare
qualche informazione su Gesù, dato che si occupa del Battista, di
Giacomo e di altri personaggi del genere; né il cristianesimo, da
storico qual era, gli poteva essere ignoto, essendo a quei tempi
penetrato fin nella famiglia imperiale. Quando poi Giuseppe più
avanti tratta di Giacomo, invece di indicare come si faceva di
solito il nome del padre per identificarlo (Giacomo figlio di …), lo
chiama “fratello di Gesù detto il Cristo”, senza aggiungere altro,
lasciando intendere che questa figura era già nota ai suoi lettori.
Se a ciò si aggiunge che Flavio Giuseppe parla già di altri
“profeti” (come appunto Giovanni, oppure Teuda), è perfettamente
plausibile che si sia occupato anche di Cristo.
Esaminando il problema, notiamo che:
Tutti i manoscritti greci delle opere di Giuseppe che noi possediamo
dal secolo XI in giù, contengono questo passo nella medesima forma;
esso è pure citato due volte dallo storico Eusebio di Cesarea nei
primi decenni del IV secolo. Quindi, a questo proposito, la
tradizione testuale è forte.
Origene, alla metà del secolo III, attribuisce al Giuseppe
l’affermazione che Gerusalemme fu distrutta per castigo divino in
punizione del martirio dell’apostolo Giacomo, aggiungendo: “E la
cosa sorprendente è che egli, pur non ammettendo il Gesù essere il
Cristo, ciò nondimeno rese a Giacomo attestazione di tanta
giustizia” (Commentarium in Matthaeum X,17). Questa notizia pare
essere in contraddizione con quanto si legge nel nostro Testimonium.
In un’altra opera riprende il medesimo concetto, facendo egualmente
rilevare come Giuseppe dica queste cose “sebbene non credente in
Gesù come il Cristo” (Contra Celsum I,47). Di qui si ha la conferma
di quanto ipotizzato riguardo alla fede non cristiana di Giuseppe. È
invece discutibile la conoscenza che Origine mostra delle Antichità:
vero è che Giuseppe considera iniqua la condanna sommaria di
Giacomo, e la indica come la causa della deposizione del sommo
sacerdote Anano da parte dell’autorità romana; egli infatti aveva
convocato il sinedrio e pronunciato una condanna a morte senza il
permesso del procuratore della Giudea, approfittando del periodo che
incorse tra la morte di Festo e l’insediamento del successore
Albino. Purtuttavia, Giuseppe Flavio in nessun passo afferma che per
il martirio di Giacomo Gerusalemme si attirò la punizione divina,
come ci dà ad intendere Origene. Nello stesso errore incorre
Eusebio, che attribuisce a Giuseppe la medesima sentenza. Secondo
taluni, poiché il medesimo Eusebio per i fatti di Giacomo utilizza
ampiamente l’antico storico Egesippo, vi fu una confusione tra le
notizie di Egesippo e Giuseppe, forse anche favorita da una certa
somiglianza dei nomi (pronunciati in greco rispettivamente
Ighìsippos e Iòsipos). Questo ci può far pensare che Origene ed
Eusebio non conoscessero a fondo le opere di Giuseppe, per lo meno
in questi punti.
Dal lato della critica interna, il linguaggio del Testimonium non è
dissonante dallo stile di Giuseppe. Tra i tanti commentatori, è
opportuno ricordare H. St. J. Thackeray, il quale trattò a lungo
dell’argomento dal punto di vista stilistico e filologico, e da
negatore assoluto della autenticità del passo divenne sostenitore
della sua sostanziale autenticità, sposando la tesi della parziale
interpolazione cristiana.
Il testo, se liberato dalle aggiunte evidenti, conserva un ottimo
senso, sia grammaticalmente che storicamente; le aggiunte cristiane,
che spezzano il fluire del discorso, sono tutte in forma
parentetica, come se fossero state aggiunte in mezzo ad un testo
preesistente. Se eliminate, rendono la narrazione più scorrevole.
Alcune espressioni, inoltre, difficilmente appartengono ad un
Cristiano (ad esempio, quando si dice che Pilato condannò a morte
Cristo, si parla di "uomini notabili fra noi", come se l'autore
fosse un Giudeo).
Sono state proposte alcune correzioni che renderebbero il testo
ancora meno “cristiano”. Ad esempio, la frase “maestro di uomini che
accolgono con piacere la verità” potrebbe essere corretta in
“maestro di uomini che accolgono con piacere le cose inconsuete” (a
causa della somiglianza delle parole greche talêthê = la verità, e
taêthê, le cose inconsuete). L’espressione taêthê è poco comune, e
poteva essere più facilmente confusa con il più noto talêthê. In
questo caso, la descrizione di Gesù come “autore di opere
straordinarie” della riga precedente si attaglierebbe benissimo a
questa osservazione. Più avanti, nella frase “E quando Pilato, per
denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non
cessarono coloro che da principio lo avevano amato”, se il kaí
iniziale viene tradotto in senso avversativo (=ma) e non come
semplice congiunzione (=e), si ha di fronte una considerazione
sull’atteggiamento dei Cristiani, i quali avrebbero dovuto secondo
l’autore abbandonare Gesù in seguito alla sua morte, ma invece
continuarono a seguirlo.
Una svolta decisiva nell’analisi del testo fu impressa nel 1971
dalla scoperta di una Storia universale scritta in Siria nel X
secolo dal vescovo e storico cristiano Agapio di Ierapoli (in
Frigia, Asia Minore), che riporta una traduzione araba del
Testimonium. Essa rappresenta un testo migliore di quello greco
tramandato, compatibile con il pensiero di Giuseppe e privo di
quelle rielaborazioni cristiane che sono state contestate dai
critici; in tal modo, parve confermare sia la sostanziale
autenticità del passo, sia la teoria di coloro che già prima avevano
ipotizzato un’interpolazione successiva con i soli metodi della
critica interna.
Ecco il testo arabo:
“Similmente dice Giuseppe l’ebreo, poiché egli racconta nei trattati
che ha scritto sul governo dei Giudei: “Ci fu verso quel tempo un
uomo saggio che era chiamato Gesù, che dimostrava una buona condotta
di vita ed era considerato virtuoso (o: dotto), e aveva come allievi
molta gente dei Giudei e degli altri popoli. Pilato lo condannò alla
crocifissione e alla morte, ma coloro che erano stati suoi discepoli
non rinunciarono al suo discepolato (o: dottrina) e raccontarono che
egli era loro apparso tre giorni dopo la crocifissione ed era vivo,
ed era probabilmente il Cristo del quale i profeti hanno detto
meraviglie”.
Come è possibile notare da un semplice raffronto tra i due testi,
siamo di fronte alle medesime informazioni: tuttavia, mentre nella
recensione greca Giuseppe sembra riferire in prima persona le
considerazioni “cristiane” nei riguardi di Gesù, quasi le
condividesse, in quello arabo egli si limita esclusivamente a
riportare quanto i discepoli di Gesù riferivano su di lui. Da parte
sua, l’autore testimonia l’esistenza storica di quello che egli
chiama in entrambi i testi un “uomo saggio”.
L’importanza di questo testo più “puro” sta nel fatto che è opera di
un vescovo cristiano: è difficile pensare che in uno scrittore
cristiano il testo di Giuseppe sia stato modificato in senso
minimizzante nei confronti di Gesù. Per cui, probabilmente, Agapio
aveva di fronte una migliore recensione del testo di Giuseppe.
“Migliore recensione” non significa “originale”; egli infatti
traduceva da una versione siriaca, forse anch’essa viziata da
qualche intervento redazionale spurio.
Alla luce di tutto ciò, i critici moderni sono ormai concordi nel
ritenere il passo del Testimonium come sostanzialmente autentico
nella sua testimonianza storica di Gesù, sebbene abbia subito prima
del secolo IV delle interpolazioni cristiane.
Giuseppe Flavio cita nelle sue opere storiche tre personaggi
evangelici, ovvero Giovanni Battista, Giacomo il Minore e Gesù
medesimo, collocando intorno all’anno 30 d.C. l’attività e la morte
di quest’ultimo, per mano di Ponzio Pilato su denuncia delle
autorità giudaiche dell’epoca
Salvatore Armando Santoro
13/4/2012
Il piatto è troppo ricco e, pseudonimi a
parte, non posso fare a meno di ficcarmici.
Caro Santoro,
Leggi Tacito (54-119 post Chirstum natum) in "Annali" XV, 44 scrive
"Auctor nominis eius Christus, Tiberio imperante, per
procuratorem Pontium Pilatum supplicio affectus erat".
Leggi Svetonio (70-125 circa post Chirstum natum) in "Vita dei
dodici Cesari"" in "Vita Cludii" XXIII,4 scrive "Iudaeos impulsore
Chresto assidue tumultuantes Roma expulit".
Fin qui due insigni storici romani.
Giuseppe Flavio storico ebreo ( 35,36-95 circa post Chirstum natum)
"Antichità giudaiche" 18.3.3 scrivei n lingua ebraica scrive "Ci fu
verso questo tempo Gesù, uomo saggio, se pure bisogna chiamarlo
uomo: era infatti autore di opere straordinarie, maestro di uomini
che accolgono con piacere la verità, ed attirò a sé molti Giudei, e
anche molti dei greci. Questi era il Cristo. E quando Pilato, per
denunzia degli uomini notabili fra noi, lo punì di croce, non
cessarono coloro che da principio lo avevano amato. Egli infatti
apparve loro al terzo giorno nuovamente vivo, avendo già annunziato
i divini profeti queste e migliaia d’altre meraviglie riguardo a
lui. Ancor oggi non è venuta meno la tribù di quelli che, da costui,
sono chiamati Cristiani".
Et de hoc satis.
Potrai non credere nella resurrezione, nella natura di Gesù Cristo,
ma non espellerlo dalla Storia.
Gus
9/4/2012
Chi fa da se, fa per tre.....ma si
diverte? mah....!!!
Lucio Cornelio
8/4/2012
A Salvatore Armando Santoro
Caro Santoro, mi stupisco di te! Con tutta l'esperienza che hai
perdi il tuo tempo dietro a dei quadrupedi. Ma non ricordi che
esiste un proverbio che dice che “a lavare la testa agli asini si
perde il tempo ed il sapone”? E poi sei proprio un coglione, scusa
se te lo dico. Ma non ti ricordi tanti anni indietro cosa ti avevo
suggerito? Prendi una laurea in psichiatria e non in Scienze
Politiche. Se mi fossi stato ad ascoltare oggi ti sarebbe servita di
più con tutte le persone partite con il cervello che ci sono in
giro. Con la laurea in Scienze politiche che te ne fai? Se adesso ne
avessi avuta una in psichiatria, visto che a 74 anni sei più sveglio
di quelli che ne hanno 60, potresti fare delle consulenze e
guadagnare anche un sacco di soldi. Lascia perdere e vivi sereno. E,
poi, oggi è Pasqua: pensa a divertirti e visto che ancora non sei
rimbambito e stai in forza rispetto a tante altre persone (che
invece di sfruttare la loro professionalità e fare delle consulenze
perdono il loro tempo dietro a delle super-coglionate) oggi pensa a
fare festa. Tanto i repressi dio li fa e poi li accoppia anche tra
loro. Non preoccuparti: non resteranno mai soli. Come mai stai a
confonderti così? Mi sa tanto che stai cominciando a perdere dei
colpi anche te. Ma sei ancora in tempo a rimetterti sulla buona
strada. Non ti ricordi Dante cosa diceva? “Non ragioniam di lor ma
guarda e passa”! Ecco, ed allora “guarda, compatisci e passa”!
Auguri!
Salvatore Armando Santoro
risposta al sig.Armando
beh non crederà che possa fare a meno di risponderle dopo la
bombardata che
mi ha dato:
riconosco di avere esagerato nel personale ma sono profondamente
alterato
dalla classe sindacale visto che nel merito gli ho conosciuti
proprio negl'anni
70|80 ma lei se ne distacca affermando di non appartenere a quel
genere .
Per appoggiare l'Argentina la Grecia e il Cile non c'era bisogno di
fare
sciopero bastava indirre manifestazioni nei giorni non lavorativi .
E la poesia che ho scritto sulla Grecia è un canto per i diritti dei
popoli
in cui io credo al di là degli schieramenti politici e ho capito
benissimo
quello che è stato ordito dal momento che l' ho scritta, a lei è
venuta l'idea
si scriverla? visto che si dichiara paladino dei diritti sono anche
convinto
che se potesse non me la farebbe passare FRANCA visto che ho avuto
l'ardire di
attaccarla personalmente "eliminazione totale" filosofia staliniana
e inoltre crede che io sia un'emerito imbecille pensando che in quei
tempi ero
sull'albero a fare ciop ciop
ma in quei tempi anch'io ero nelle manifestazioni di potere operaio
e in
quella sinistra che rivendicava i diritti del mondo
poi ho aperto gl'occhi
e le posso garantire che non sono represso e non ho bisogno di
nessun
psicologo
ma non mi piacciono quelli che raccontano che Cristo è morto dal
freddo e
sempre sarà il mio grido per la verità in cui credo quella
dell'essere a cui
lei ne è completamente assente al di là della sua cultura personale
che
brandisce come un'effige
il passero
7/4/2012
ma, per far poesie, occorre prodursi in
metafore?
mi dispiacerebbe, perchè a parer mio le metafore sono goffe,
invadenti, pesanti da digerire e causa prima di ventosità
intestinali. Sono il facile rifugiarsi di chi bara al gioco, e ha
compreso che potrà attinger da un pozzo infinito, che va dal
ridicolo estremo, fino al ridicolo estremo.
Finiamola, è tutta moneta falsa
Lucio Cornelio
a Salvatore Armando Santoro.
Sono allibito. Ma chi cavolo crede di essere...!!!! Lei - afferma –
è un sindacalista. E con ciò? Premesso che non è nessuno, nè
personalmente, nè per il manto tribunizio di cui si ammanta, nessuno
le dà il diritto di parlare a questo modo. Stia zitto..!
Si renda conto che per la sua invettiva, quanto mai inelegante e
fastidiosa, ha impiegato 3 pagine, 1262 parole, 6186 caratteri, per
un totale di 129 righe, inutili righe, al posto delle quali avrebbe
potuto, molto più civilmente dire: non sono d’accordo, riscuotendo
maggiore credibilità.
La compiango, sig. Salvatore Armando Santoro
Lucio Cornelio.
a Lucio Cornelio
mi piacerebbe poter parlare direttamente con te ma non conosco la
tua Mail
Gianpassarini@libero.it
il passero
RISPOSTA AL SIGNOR "PASSERO" (5.4.2012)
Intanto, quando si scrive a qualcuno, la buona creanza le avrebbe
dovuto suggerire di firmarsi con nome e cognome e non con il nome di
un volatile pretendendo, poi, che la gente debba anche capire a chi
lei indirizza le sue esternazioni senza senso e chiedendo il
consenso alla platea sul suo modo di esprimersi in italiano (che
pretende, anche, che tutti debbano capire). Detesto le persone che
si nascondono dietro i nick quasi abbiano paura della loro ombra. Io
ho scritto tutto di me sul portale e non mi nascondo dietro un dito
e nella mia biografia c'è anche la mia email per cui si può
utilizzare anche quella quando si vogliono scrivere certe cazzate
alla gente ed evitare così di fare pessime figure in rete e passare
male con le persone che capiscono qualcosa. Fra l'altro io
sinceramente non ricordo di conoscerla e non è neppure importante
conoscerla visto che lei ha già le sue idee e che è certo che siano
quelle della maggioranza del popolo italiano. A cosa servirebbero le
mie osservazioni visto che lei è ha già chiuso in partenza forte dei
suoi valori e dei suoi principi? E poi in base a quale suo obbligo
io dovrei sentirmi in dovere di dare a lei delle spiegazioni? Ma si
è posta la domanda di chi sia lei per rivendicare questo diritto? Ma
sta seguendo la situazione attuale della politica e dell'economia
nel nostro paese? Ha capito qualcosa di quello che sta davvero
succedendo? E lei perde anche il suo tempo (e vorrebbe farlo perdere
anche agli altri) per rispondere a quello che io ritengo siano solo
della cazzate?
In ogni caso le preciso che farebbe più figura se leggesse bene la
biografia altrui (che è scritta in un italiano più comprensibile del
suo e se rileggesse quello che ha scritto, o lo fa rileggere ad un
insegnante, non potrebbe che darmi ragione). Se leggesse bene,
infatti, scoprirebbe che ho cominciato a fare del sindacato, alla
fine degli anni '50 ed in quella data avevo quasi vent'anni, e non
12, ed in quel tempo la gente moriva sul lavoro perché i "signori"
cosiddetti "imprenditori" evadevano le leggi sul lavoro e
sull'antinfortunistica ed i lavoratori morivano per delle cazzate
perché grandi e piccoli imprenditori dovevano arricchirsi e
cercavano di risparmiare da tutte le parti EVADENDO LE LEGGI. E chi
evade la legge al mio paese ha un nome e cognome preciso:
delinquente!
Inoltre, io ho cominciato a fare del sindacato proprio al sud, in
una zona del paese dove ancora i lavoratori erano sfruttati come se
si fosse nel medioevo e gli agrari si circondavano di “mazzieri” e
“bravi” pronti al loro comando a drizzare la schiena a chi non
sottostava al loro sfruttamento o protestava. Ed in quegli anni ho
rischiato anche la pelle ma ero troppo giovane e troppo imprudente
per capirlo. Quegli imprenditori, poi, appartenevano alla stessa
razza di quelli del nord che sfruttavano alla stessa maniera non
solo gli immigrati che arrivavano per disperazione dal sud ma anche
gli stessi lavoratori del nord, discriminandoli e trattandoli come
fossero dei servi. Ecco perché poi si sono rivendicati i diritti e
si è anche arrivato allo Statuto dei Lavoratori, che è una legge
dello stato e non una imposizione di chicchessia. Ma lei in quel
tempo non so neppure quanti anni aveva e può darsi che ancora fosse
un passerotto che se ne stava su un albero a cantare e non aveva
tempo a guardarsi intorno per vedere quello che succedeva nel paese
altrimenti adesso non sparerebbe certe coglionate sulle persone che
neppure conosce e che impunemente offende senza apparente motivo (a
meno che non si sia animati da un rancore di classe che non capisco
e che non si addice a nessuna persona civile).
Detto questo devo dirle che non mi è piaciuto né il tono
inquisitorio e neppure il sistema poco educato di rivolgersi alle
persone. E visto che io non sono stato né un suo ex dipendente e
neppure un dipendente può andare a farsi una cantatina mattutina su
qualche altro albero perché io non ho tempo da perdere con delle
persone che hanno voglia solo di attaccare briga e che non conoscono
la storia del nostro paese e neppure il lavoro svolto da tanti
sindacalisti veri (ed evidentemente più seri di quelli che lei ha
conosciuti nei bar o nel suo bar) che hanno sacrificato molti
interessi familiari alla causa dei lavoratori e non hanno neppure
vissuto il travaglio interiore di tanti dirigenti (e se legge bene
la mia biografia non le dovrebbe sfuggire) che hanno poi abbandonato
il sindacato perché tanti altri sindacalisti erano diventati troppo
accomodanti e troppo rinunciatari e, per questo, considerato quello
che lei scrive, dovrebbero entrare tutti nelle sue grazie perché
questi sarebbero i cosiddetti dirigenti del niente che passano le
loro giornate a straparlare nei bar invece di andare a fare il loro
mestiere!
E di Cristo parli il meno possibile, perché, fra l'altro lei cita un
personaggio che non si sa neppure se sia esistito o meno, visto che
neppure la chiesa è convinta dell'esatto periodo in cui questo
Cristo sarebbe vissuto.
Infine, quando parla di Argentina e Grecia farebbe bene a ricordarsi
che in quei tempi era alto il senso della solidarietà tra i
lavoratori, caratteristica che mancava certamente a coloro che li
sfruttavano e li facevano morire sul lavoro o a quegli stati
imperialisti che si servivano delle multinazionali per fare i colpi
di stato nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo (come
Argentina, Cile, Grecia, ecc...) per bloccare le nascenti
rivendicazioni delle classi sfruttate e per garantire la democrazia
a tutti, come l'abbiamo conquistata nel nostro paese, democrazia che
le permette oggi anche si straparlare certo di farla franca.
E poi un po' di coerenza per favore signor Passero o Passerini.
Critica quelli come me che hanno espresso solidarietà ai lavoratori
dell'Argentina e della Grecia negli anni '60 e '70 e poi scrive una
poesia a favore del popolo della Grecia? Ma ha capito o no che
quello che sta succedendo in Grecia è figlio della stessa
speculazione degli stessi banchieri a cui tanti imprenditori e
classi ricche, o arricchite con lo sfruttamento o con le attività
illecite, hanno prestato i loro quattrini per difendere i loro
interessi? La vogliamo leggere insieme?
"UN GRIDO PER LA GRECIA
Questo popolo
che ho conosciuto
sui banchi di scuola
antico e fiero
glorioso e saggio
oggi l’ho visto morire
lì sulla piazza gente comune
a combattere per la sua razza
derubato della sua identità
calpestato ridotto alla fame
da porci banchieri che conti alla mano
strozzini non sembrano ma sono ancor peggio
appoggiati da stati predoni
portano via oltre alla vita
la speranza finita
che sia un grido per la Grecia
per i fantastici eroi da Achille
a Leonida da Platone a Aristotele
risorgon nello spirito di quel popolo fiero
a riprendersi quel che gli vien rubato
che sia un grido per la Grecia".
Non le sembra un tantino in contraddizione con tutta la tiritera che
ha fatto a me ed anche un pochino patetico e decisamente anche
ridicolo?
Ed ora gentilmente la prego di non rispondere perché non ho alcuna
motivazione e gratificazione a parlare con delle persone che non
conoscono la storia del nostro paese (e neppure quella degli altri
stati e neppure le crisi ideali ed interiori delle persone) e che
cercano solo la lite per scaricare evidentemente delle proprie
repressioni ed insoddisfazioni personali sugli altri.
Per questo ci sono gli psicologi o altri professionisti ed io non la
posso proprio aiutare!
Salvatore Armando Santoro
6/4/2012
Gentilissimo Fabi,
ho letto con piacere la tua risposta:
non mi ero accorto che tu avessi adottato, prima di me, il termine
“pensierini”, giuro!..... e quindi son rimasto sorpreso di ciò che
hai detto.
Credimi, Fabi, io mi sento assolutamente d’accordo con te. Ritengo
che la Vexata Quaestio evidenzi una preponderanza di mala fede, da
parte di persone dotate di “Impotentia poetandi atque esprimendi”....
Dobbiamo veramente perder tutto questo tempo a causa loro?
Già io sono abbastanza incazzato a veder certi abominevoli
pastrocchi elevati ad “applauso”. Ma, tant’è, debbo rassegnarmi a
capire che il mondo della poesia, nonostante ciò che credo, è il
mondo del soggettivo, e che il mondo del soggettivo è anche il mondo
della piaggeria e della disonestà intellettuale.
Plaudiamo quindi ai “Novi Cantores”...!
Con stima
Lucio Cornelio
5/4/2012
a Salvatore Armando Samtoro è evidente
che se Lei esprime concetti e
considerazioni sulla politica e sulla natura del mondo del lavoro
non è che
siano per forza la verità o una morale al di sopra del tutto.
E' un suo punto di vista e leggendo nel merito una sua
diachiarazione ho
scritto in contrasto con il suo concepire il 23/3 riferita al
"sindacalista" il
mio pensare .
ed è lapalissiano
che io a priori non ce l'ho con nessuno ma non mi piacciono quelli
che
raccontono che Cristo è morto dal freddo e inoltre sono convinto che
Lei mi
conosce da tempo e se ho scelto di apparire con un nickname è perche
il mio
cognome fa Passarini e fin da ragazzo gli amici mi chiamavano il
passero ed è
stata una scelta personale
ma comunque la ringrazio della sua domanda e la invito dopo aver
letto la mia
disquizione al pensiero del sindacalista a darmi una risposta
in attesa Giancarlo Passarini
il Passero
4/4/2012
Domanda al Signor “Passero”
Su segnalazione di un amico, ho letto sulla pagina dei DIBATTITI del
portale un invito di un certo “Passero” che sollecita un “famoso
sindacalista” a fornire una risposta ad un argomento (o meglio dire
ad una provocazione?) che lo stesso aveva sollevato alcuni giorni
prima sulla stessa pagina del portale.
Dal momento che io sono stato un sindacalista (anche se non mi
ritengo famoso) e dato che non mi risulta che vi siano altri
sindacalisti che scrivono poesie sul nostro portale, gradirei sapere
a chi il Signor “Passero” rivolge la sua domanda (o piuttosto la sua
provocazione).
Poiché io ho un nome e cognome ed in rete ho sempre detto chi sono,
dove abito e che faccio (virtù che certamente non possiedono coloro
che si nascondono dietro i nickname e che in rete non mettono
neppure 4 righe di biografia) se è pertinente, gradirei sapere da
questo signor “Passero” con chi ce l'ha!
Con l'occasione ho notato che già in passato qualche altro amico mi
aveva coinvolto nella pagina dei “Dibattiti”, ma solo oggi ho letto
il suo invito e per questo mi scuso se non ho risposto ma mi riservo
di farlo appena possibile.
Salvatore Armando Santoro
3/4/2012
tempo fa ho espresso il mio pensare sulle
dichiarazioni del famoso sindacalista,
non sò se fosse chiaro a chi era diretto ,ma non ho avuto nessuna
risposta
dall'interessato.
Io credevo di parlare Italiano Voi che lingua parlate ,e proprio nel
merito
mi piacirebbe ricevere una risposta se la Sua Signoria si degna.
E per gli Agavi che rimbrottono e sbollentano come pentole al fuoco
vorrei far
natare che l'arte è un'espressione dell'animo in tutte le sue
varianti
che ne direbbe Ligabue se qualcuno gli contestasse che la sua
pittura non ha
valore perchè non ha mai studiato arte eppure i suoi quadri sono
bellissimi li
vendeva quando era in vita per un bicchiere di vino oggi valgono
milioni
quindi è tutto relativo
la tua abilità nell'espressione è dipendente dal consenso ,in
qualsiasi forma
tu la esprimi
quindi entrando nel merito una poesia la puoi scrivere in metrica
,la puoi
scrivere libera l'importante che sia bella e che comunicando trovi
il consenso
di quelli che la amano
Il Passero
31/3/2012
Gentile Antonio Fabi,
rispondo alla tua osservazione che leggo sui commenti alle poesie
del giorno:
La “vera ragione” del mio ultimo intervento è che mi sono
spazientito per questa vexata quaestio “metrica sì metrica no”. Le
ragioni portate da molti sono inficiate da una visione parziale e da
una trasparente supponenza. Ma, tanto per finirla, applichiamo al
dibattito un metodo di logica detto Recuctio ad Absurdum. E quindi
diciamo:
Metrica NO. La poesia non è poesia se è in metrica
Ma allora tutte le poesie che fan parte del passato, dall’esametro,
dall’asclepiadeo, non sono poesia. La Commedia di Dante non è
poesia, i Sepolcri non lo sono, il dolce stil novo, Manzoni,
Leopardi, eccetera.... non hanno fatto poesia. Difficile sostenere
questa tesi, nè vale l’argomento del tutto arbitrario e privo di
senso, secondo cui quella è poesia del passato e la poesia s’evolve.
Con ragionamenti così gettiamo via Tiziano, Raffaello, Michelangelo
e compagnia.....Ed infine, se uno oggi scrive un sonetto in metrica
stretta, cosa ha fatto? Anacronismi nostalgici?
ma allora:
Metrica SI. La poesia è poesia soltanto se è in metrica
Ciò significa che buona parte della produzione del Leopardi va
scartata, o archiviata in un nuovo contesto artistico, che
chiameremo: pensieri e pensierini. Ciò significa che ogni sapiente
costruzione di frasi e pensieri, che si presenti profonda ed
emozionante nel senso, nonché elegante e gradevole nella
declamazione, non può esser poesia, e va anch’essa registrata sotto
il nome: pensieri e pensierini. E poi, naturalmente, istituiremo una
commissione per stabilire se Pensieri e Pensierini vada assorbita
nel più grande e omnicomprensivo recipiente della Poesia. Frattanto
suggeriamo al nostro prof. De Ninis di modificare in fretta il
titolo del sito.
E quindi non ci siamo. Il trattamento booleano delle argomentazioni
fallisce e ci lascia con niente in mano. E allora la soluzione è
un’altra: si prendano tutti coloro che continuano – per evidente
indegnità – a dibattere sulla questione e li si prenda a calci nel
sedere.
L’Arte è sempre stata contaminata da uno strato di incompetenza,
presunzione, supponenza e fariseismo, sia conservatore ad oltranza,
sia progressista ad oltranza.
(chissà perchè, mi viene da citare Argan)
Lucio Cornelio
28/3/2012
Spero che il dibattito sulla metrica si esaurisca, perchè in tutta sincerità non credo che debba ridursi a melensi ottonari cantilenati. Per me, il nesso è questo: ogni argomento, ogni tema, richiede un linguaggio adatto e adeguato. Lo stesso Dante quando si rivolge alla Madonna, eleva versi come
“Vergine madre, figlia di tuo figlio...”
Se si vuol descrivere una battaglia, allora un sirventese, o una canzone, andrà bene. Per la donna mitizzata il sonetto è stato la forma metrica più adatta. Una situazione introspettiva spesso richiede un verso libero. Ma tutte queste forme, rinchiuse in schemi metrici o meno, non possono sorvolare sul ritmo, sulla respirazione, sull’intonazione, così come un periodare corretto richiede un equilibrio tra protasi ed apodosi.
Consentitemi un esempio su me stesso. Per una situazione emotiva, intimistica, ho scritto “Braci” in versi sciolti (ma dentro il ritmo c’è, eccome se c’è!); viceversa per far sorridere gli amici ho composto la seguente “Pasta al Forno” che qui vi propongo:
pasta al forno
qui comincia la sventura
del signor Bonaventura
che, lasciato dal suo cuoco
si arrangiò a mangiare poco
ma ben presto disperato
dopo aver mal desinato
radunò un po’ di contante
ed invase un ristorante.
Qui, una volta preso posto
divorò un cappone arrosto
e, tirato ch’ebbe il fiato
chiese un pollo mantecato;
ma il gestor, fattosi scaltro
gli propose anche dell’altro
ed il nostro, a dirla tutta
trangugiò una pastasciutta
ma la fame non scemava
ed il conto ormai montava;
il gestore disperato
si vedeva rovinato…
ed alfin riuscì, il furbastro
a risolver quel disastro:
per levarselo di torno
gli portò….
…… la pasta al forno
Ecco, v’immaginate che si scriva una riflessione sulla vita, su intimi pensieri, usando una simile metrica? Quindi, signori, smettiamola. Tanto si sa bene che nella maggior parte dei casi, chi è contrario alla metrica, lo è per l’incapacità di condurre una composizione nei rigorosi canoni che essa richiede, e che s’illude d’essere un “poeta” da verso libero, solo perchè raduna sproloqui senza senso, allineando paroloni a caso. E crede d’esser diventato un Leopardi.
Questa, senza tanti peli sulla lingua, è la verità.
Vi saluto tutti cordialmente
Lucio Cornelio
28/3/2012
Commento sull'ennesima diatriba: metrica si
metrica no
Caro Piero che ti prende
scrivi il verso che t'offende
che la metrica la usi
e ne fai dei begli infusi.
Ed il Fabi vai toccando,
io ti dico di rimando:
ma che dici sei sicuro
quando spandi il verso impuro?
Si l'Antonio è Gran Maestro
e si rischia anche il capestro
si per Lui ho gran rispetto
e mi metto il doppio petto.
Pur v'è molto che m'alletta
te lo dico senza fretta
e gli faccio un bell'inchino
pure tu col bel capino.
"Solitario nella duna
mentre brilla in ciel la luna
vedo allor le rondinelle
che svolazzan fra le stelle."
Questo è solo intercalare
ma ti prego non strafare
non difendere di spada
i reietti di contrada.
Roberto Bottiroli
23/3/2012
al sindacalista
ho letto la tua disquisizione sull’articolo 18 non mi venire a dire
che Cristo
è morto dal freddo
tu negl’anni cinquanta avevi dodici anni e penso proprio che fossi
un
ragazzino affascinato dai racconti dei più grandi quindi non parlare
di cose
che non ti appartengono
li conosco quelli come te i sindacalisti degli 70|80 quelli che
arrivavano
davanti alla fabbrica sai allora c’erano tante qui al nord strano
che fossero
al nord chissa perché, te lo sai mai chiesto?,e dichiaravano
sciopero per la
fame nel mondo o per la Grecia e anche per l’Argentina ormai che
c’erano, poi
venivano al bar i sindacalisti e si sentivano padroni del mondo .io
me li
ricordo e mi ricordo anche i loro discorsi : se non accetterà le
nostre
proposte lo faremo chiudere non te lo ricordi l’hai cancellato dalla
tua
mente?
sai io me le ricordo quei momenti, ero imprenditore di me stesso,ho
sempre
giocato in prima base senza avere uno statuto che poteva licenziare
chi non era
gradito dalla mattina alla sera come il vostro che avete nel
sindacato e che
non ho mai capito visto le vostre battaglie ,ah ma voi eravate i
padroni del
mondo con le vostre rivendicazioni
e in questa continua pazzia avete insieme alla classe politica
depauperato la
ricchezza del paese gonfiando in modo esponenziale il sistema
amministrativo
che si mangia dal 60|70 per % quello che viene erogato dall’INPS
senza avere
prodotto ricchezza per il paese. Non lo sapevi?
qui in Italia il costo dell’amministrazione è 5 in Germania è 1 e
gli
imprenditori non investono più nel nostro paese perché le tasse sono
le più
alte di tutta L’Europa non lo sapevi?
Quindi non mi raccontare che Cristo è morto dal freddo sarebbe
un’offesa alla
mia intelligenza e non raccontarlo anche agl’altri .
il passero
10/3/2012
Caro Gus, ho apprezzato molto la tua poesia…sulla
poesia che dice molto bene (per sostanza e forma) quanto indefinita
(e, temo, indefinibile) sia questa splendida attività dell'artista.
E' l'anima che parla e può farlo seguendo regole precostituite (ma
quanto manierismo c'è in questo caso, quanti vincoli che tarpano il
pensiero?) o volando libera.
Per quanto riguarda il fair play, ti assicuro che questo non
mancherà, almeno per quanto mi riguarda. E lo "sfottò" avrà adeguata
risposta, secondo regole di civile convivenza.
Un caro saluto, con stima. Piero Colonna
Romano
mi accorgo ormai, assaporando il disinganno,
che ciò che più attrae i moderatori di questo sito è la frase ad
effetto, lo sterile virtuosismo, quella invenzione bislacca che
spesso vedo definita: da applausi, e che altro non è che una
eccentricità, goffa e sforzata, ma che fa tanto “intellettuale”....
E ancora parlate di afflato....
Lucio Cornelio
9/3/2012
Forte e simpatico lo scontro fra Fabi e
Colonna. Spero, però, che sia sempre sfottò con fair play.
Però i punti comuni sull'idea di poesia non li abbiamo trovati:
aggiungo un'altra tessera al mosaico
Indefinibile
Come piuma può essere leggera
può dotarsi del peso d'un macigno.
A volte appare dolce come il miele
ma può scoprirsi amara come il fiele.
Candida può apparire come un cigno
atra ruggire poi come pantera.
Difficile è capire cosa sia
questa risorsa dell' inconscio umano
fatta di zuccheri commisti a sali
nemica delle forme razionali
simile a quiete o lava di vulcano
che i letterati chiamano poesia.
Gus
7/3/2012
Amen, Colonna, ite, missa est.
Citi te stesso: altro importante test.
Sei proprio come una patente a punti:
li perdi in proporzione ai versi aggiunti.
Antonio Fabi
5/3/2012
Egregio ed illustrissimo principe del foro,
ti ringrazio per le evidenze ma temo ti sia sfuggita, nella foga
oratoria, l’ultima strofa. Quella sì da grassettare e ficcare bene
in mente. Lo rifaccio per il tuo ( e d’altri) bene.
Non hanno la poesia dentro la mente,
là solamente alberga geometria.
Vadano pur contenti e così sia.
Con tanta, tanta comprensione.
Piero Colonna Romano
Davo un’occhiata alla
discussione in atto tra coloro che si occupano di stilistica,
quando mi sono imbattuto nel capolavoro di Colonna che sotto
riproduco.
*********************************************
LA POESIA PERDUTA
Ci dicon: rispettar le regolette!
E' saggia cosa se vuoi aver successo.
Contrariamente invece andrai nel cesso,
dopo d'averti fatto a picciol fette. (?)
E muove a pena questa presunzione
di chi non vede quanto può scaldare
e cuori ed alme, regole scordare
per por su sentimenti l'attenzione.
Ma questi voglion dar loro lezione
dicendo che la sola poesia
è quella che si trova su lor via.
E tutto il resto è cosa poco pia. (?)
Non possono capire quei tapini
che sol le norme hanno per cuscini.
Non sanno quel che perdon, poverini.
E sopra quelli dormon con certezza. (?)
Sobbalzan se qualcuno li accarezza.
Per reazione lanciano monnezza,
reagiscon con insulti e con minacce,
così perdendo, ignari, le lor facce.
E' inutile cercar in lor focacce (?)
un sentimento fondo e coinvolgente.
Ci troverai la metrica…e più niente.
Non hanno la poesia dentro la mente,
là solamente alberga geometria.
Vadano pur contenti e così sia.
Piero Colonna Romano
*******************************************
Si tratta di uno splendido esempio di colonnato
terremotato.
Le più eclatanti bestialità sono evidenziate in corsivo e in
grassetto: versi forzati, palesemente errati come il secondo,
termini inseriti per trovare la rima forzosamente, ma totalmente
privi di significato.
Dunque, Piedritto, non sforzarti troppo
per porgermi un mellifluo benvenuto.
Correggi prima il tuo incedere zoppo,
sgraziato e goffo, dottissimo bruto
Antonio Fabi
allora, non s’è stabilito che senza Afflato,
non c’è poesia? ....Mah, a me questo Afflato, che apre ogni
porta e giustifica ogni schifezza, poco mi convince......
sarà...
Saluti cordiali a tutti
Lucio Cornelio
2/3/2012
Ma la poesia ha un suo linguaggio, come
ogni forma d'arte, come la prosa, la pittura, la scultura, il
cinema, l'architettura. Cercare di canonizzare questo linguaggio è
come cercare di limitare il pensiero che in esso si esprime.
Essenziale per definire un brano "poesia" è un quid a
posteriori. Un sintomo è il desiderio di rileggerlo il brano ,
perchè ti ha coinvolto in un tratto che vuoi ripercorrere, che ti ha
preso facendoti per un attimo suo prigioniero.E' un goccio d'acqua
che attraversa una gola arsa, un brivido su di un corpo accaldato.
Non è facile che ciò accada. Non è facile fare poesia.
Gus
1/3/2012
Caro Armando, ho letto con attenzione
la tua risposta e mi complimento con te per quella dote naturale che
hai e che ti consente d'essere poeta e musicista, quindi artista a
tutto tondo.
Innata dote ma certamente molto ben utilizzata, a giudicare sia
dalla perfezione della metrica che usi (strepitosi certi tuoi
sonetti) sia dal sentimento (anche quando non concordiamo sul
…sentire) che permea le tue poesie.
Ciò detto preciso che non intendo contraddire (non mi ritengo
sufficientemente "attrezzato" per farlo) i personaggi che citi, e
quanto segue va inteso come … una riflessione fatta a me stesso, ad
alta voce.
La poesia (quella occidentale) nasce, grosso modo, nel nono/ottavo
sec. a.c. con Omero e, successivamente, con i poeti (rapsodi)
omerici. Questi recitavano le loro poesie nelle piazze, nelle
taverne, nei teatri, nelle strade. Recitavano a memoria, nulla era
scritto.
Circa un paio di secoli dopo (VI sec. a.c.), Pisistrato, tiranno
d'Atene, ordina che quelle poesie e quei poemi vengano scritti.
E con ciò aggiunge il senso della vista a quello dell'udito, per il
godimento di quelle opere.
Nel tempo, poi, l'uso della vista (cioè il leggere) sostituì
interamente il senso dell'udito. E tutt'oggi ben poche sono le
occasioni d'ascoltare poesie recitate.
Ma la musicalità ed il ritmo, che avevano le poesie recitate,
bisognava fosse mantenuta, da qui l'enjambement (inarcatura, salto,
sospensione). E, ovviamente la corretta accentazione del verso.
Quello che non trovo convincente è l'abuso di tale tecnica (che
trovo spesso fraudolento) non la sua necessità… musicale.
D'altra parte (e mi rendo conto di tirare un sasso in un immobile
stagno) perché mai anzichè usare, per la poesia, un aspetto grafico
verticale non si usa quello orizzontale?
L'uso della punteggiatura sostituirebbe egregiamente quel (talvolta)
frenetico andare a capo.
(immagino le urla, caro Armando!)
Ma torniamo a bomba:
l'immenso Dante tende a far coincidere l'unità metrica del singolo
verso con l'unità sintattica e concettuale della frase.
Purtuttavia la tecnica di cui tratto entra nell'uso comune a partire
dal 1500 e, via via con maggiore frequenza, nell''800 e nel '900
Credo che il più significativo esempio d'enjambement lo abbia dato
Leopardi, con quel capolavoro assoluto che è L'Infinito. Quello
spostare parole dà il senso dell'infinito, lo dilata, lo fa
diventare palpabile nella sua immensità (interminati spazi;
sovrumani silenzi). Ci si perde e smarrisce dentro.
D'Annunzio lo usa (con minore risultato, a mio avviso) in quasi
tutta la sua produzione. Una per tutte La Pioggia nel Pineto dove,
nei primi sette versi, è presente sei volte.
Bisogna essere molto ma molto bravi (e molto ma molto artisti
"dentro") per azzardarsi ad utilizzare tale tecnica.
Ovviamente a mio modesto avviso. (e resto in attesa di
crocefissione)
Concludo con una riflessione sull'arte: l'arte è oggettiva (questo
l'assunto) quindi soggetta a regole. E va bene.
Il guaio è che l'arte è comunicazione (nessun artista produce
esclusivamente per se stesso) quindi il suo recepirla è
inevitabilmente soggettivo, con tutte le conseguenze sulle regole.
Nietzsche afferma "L'incompiuto è spesso più efficace della
compiutezza. L'incompiuto come mezzo di seduzione artistica."
Seduzione artistica, dunque, che prescinde da regole ma che arriva
al cuore. E questo è il compito supremo dell'arte.
Ti saluto, caro Armando, con molta stima.
Piero
25/2/2012
Caro Piero, in accoglimento al tuo invito.
Non hai di che scusarti.
In effetti avevo sentito parlare dell'enjambement a dei convegni
culturali, ma senza fissarmelo in testa, e non ho mai fatto caso se
lo stessi utilizzando nello scrivere. Non ho conoscenze letterarie:
scrivo così, naturalmente. Mi piace la poesia in generale.
Musicalità, ritmo, gusto...mi vengono spontanei, come naturale mi è
stato imparare a suonare strumenti e scrivere musica. Tutto qui.
Spesso quanto viene detto nei citati convegni mi fa un
po'...rabbrividire...(fanatismi per un poeta, per qualche verso
specifico...o aggettivo, o virgole messe o non messe...elucubrazioni
e eruditismi strambi...). Come quando "bisognerebbe" restare
estasiati davanti a una tela scarabocchiata, o imbrattata senza
nemmeno tanto gusto; o davanti a un blocco di marmo...col buco....
Per quanto riguarda l'utilizzo dell'enjambement, proprio ieri sera
(24 Febbraio 2012), in occasione di un incontro letterario con Maria
Luisa Spaziani e Elio Pecora, presso la Biblioteca dei Deputati (a
due passi dal Pantheon), su mia specifica domanda se fosse un fatto
negativo utilizzare l'enjambement, i due hanno escluso in modo
chiaro e netto che lo fosse. Hanno fatto riferimento alla libertà
del poeta, e tra l'altro hanno accennato alla frase di (...) che
diceva più o meno: "Voglio essere libero di restare incastrato nella
metrica (o non ricordo bene quali altre parole abbiano citato)".
Hanno ribadito che oggigiorno è quasi impossibile non farne uso;
solo che bisogna saper leggere bene le poesie, non fermare la voce
alla fine di un verso, ma fluire al prossimo e ai successivi come in
una linea sinuosa e continua.
Approfitto di questa occasione per complimentarmi per il tuo impegno
sulla Pagina Azzurra, e per ringraziarti dei tuoi sempre puntuali
commenti e apprezzamenti per le mie poesie (sempre che non siano
di... segno...non condiviso...).
Con stima e simpatia.
Armando Bettozzi.
17/2/2012
Caro Piero,
ti abbraccio (ma io già lo sapevo che non avevi sparato su di
me...!!!! )
tuo, sinceramente
Lucio Cornelio
Caro Lucio, ti ringrazio per
l'attenzione che mi hai dedicata e mi riservo altra e più articolata
risposta, in altro tempo, ai tuoi due interventi.
Concordo con te: poco ci divide nel modo di guardare all'arte e sarà
un piacere continuare questo civile confronto.
Voglio però sgombrare il terreno da un equivoco nel quale,
involontariamente e forse per mancanza di chiarezza da parte mia, ti
ho indotto: quella poesia (La poesia perduta) non aveva, e non
poteva avere, te quale destinatario. Fu scritta molto tempo fa e
indirizzata ad altri che, a tua differenza, non usarono né garbo né
educazione in analoga discussione. E' stata inserita nella mia
ultima risposta semplicemente per rendere chiaro il mio
atteggiamento nei confronti della poesia, con particolare riguardo a
quella che appare in questo sito.
Quindi tu eri, sei e resterai ingegnere, oltre che stimabile e
colto.
A presto, con stima. Piero
16/2/2012
Caro Piero,
le tue osservazioni aprono, piuttosto che chiudere, la nostra
discussione. Tu sostanzialmente mi fai notare che l’innovazione è la
linfa che rinnova l’arte, mentre il pedissequo rispetto delle regole
ne determina la stasi e poi la recessione. Nella tua poesia, che ho
letto con piacere e con consapevole divertimento, alla fine mi dai –
sia pure indirettamente – del geometra.
Terribile insolenza, se diretta a un ingegnere, ma ne colgo soltanto
il lato caustico; non certamente ne resto colpito, perché accetto di
buon grado tutto ciò che bonariamente e con stile tu mi dici.
Hai ragione – come sempre – ma ciò non toglie che dietro la
genialità e la eccezionalità degli innovatori, si muova con
protervia e arroganza tutta una masnada di straccioni, che
giustificano e esaltano la loro mediocrità sventolando il vessillo
della dissacrazione delle regole, e dei nuovi confini dell’arte.
Ma ahimè, costoro dell’arte non sanno nulla. Sono come le imitazioni
delle griffe più famose: le loro produzioni le vendono i vu cumprà
sui marciapiedi.
Tu citi Seurat, e sia Seurat allora.
Quando in una bella giornata tu fissi il sole, anche per pochi
attimi, ti accorgerai che dopo, volgendo altrove lo sguardo, la tua
retina è rimasta abbagliata, e vedi negli occhi una serie di macchie
blù, che sono proprio l’impronta – negativa – dello splendore del
sole. Ebbene, il nostro Seurat, in un quadro famoso, di una donna
con un bel cappellino rosso, ha messo nel rosso del cappellino
alcuni puntini blù, con l’effetto sconvolgente di renderlo di un
rosso abbagliante e irresistibile. Questo è uno degli aspetti che
feci notare ai miei ascoltatori, in una riunione che tenni a
Capodimonte in cui illustrai il concetto di premeditazione nell’arte
e per l’arte, in occasione di una mostra di impressionisti di alcuni
anni fa.
Non sono quindi facilmente impressionabile, so di cosa parliamo, e
so vedere il nuovo e bello, ed il nuovo e scadente. Il fastidio che
da’ la mediocrità che si ammanta di innovazione lo provò Carducci,
che bollò con disprezzo il “manzonismo degli stenterelli”, e lo
provo intensamente anche io che Carducci non sono, essendo soltanto
un ingegnere. Ma non, si badi, un geometra.
Allarghiamo il campo: La sinfonia del nuovo mondo, e anzi, diciamo
anche: Prèlude à l’après-midi d’un faune (Debussy, e anche, ma
guarda, Mallarmé…) sono opere che hanno aperto nuove sensibilità
musicali, ma esse non possono indennizzarci dell’immondizia che
hanno portato dietro di se la “celeberrima turba” degli imitatori da
due soldi che ogni tanto ci tocca di ascoltare. E ti faccio grazia
dei nomi.
Tutto ciò detto, ti sono grato per l’infinita pazienza con cui mi
leggi, caro Piero, ma tu mi trasporti e mi fai navigare, con le tue
osservazioni, in mari nei quali è dolce, anche se talvolta doloroso,
naufragare.
Con rinnovata gratitudine
Lucio Cornelio
Carissimo Piero,
io credo che il nostro disaccordo sulla materia sia così tenue, da
essere come un sottile rivolo, da scavalcarsi con un passo. La
poesia, come tu affermi, ed io concordo, è costruita con la materia
di cui son fatti i sogni e i sentimenti. Poi – e qui dissentiamo –
la cura e la riflessione, la paziente rivisitazione delle parole,
dei significati, degli accenti, delle pause, la rende bella,
accogliente, comprensibile, emozionante, commovente, ma anche
precisa, accurata, armonica e sufficiente.
Ad una poesia ben costruita, neanche una virgola si può cambiare. Ed
è mia radicata convinzione che l’arte sia slancio e ispirazione, ma
anche e soprattutto premeditazione e fatica.
Mi dispiace però averti dato una sensazione d’intolleranza. Anche
perchè io ho sempre studiato con attenzione e molta riflessione le
opere qui pubblicate, da parte di chiunque. E anche se molte di esse
non m’hanno convinto, me lo sono tenuto per me, non come uno dei
Vati frequentatori di questa rubrica, che definì disgustosa e
illeggibile una mia poesia.
Ma, hoc satis.
E’ vero, sono propenso a gettar molte opere nella spazzatura, ho
idee molto precise sull’arte, che ritengo oggettiva. E deploro la
voga di adesso, che permette ad un qualsiasi scalzacane di
declamarsi artista, sol perchè ha imbrattato una tela, o un
pentagramma, o un quaderno a righe. Ciò non mi rende intollerante,
ma credo e confido nel mio personale rapporto con l’arte.
Sono veramente grato a Sandra, che è la persona più amabile del
mondo (...se potessi, mi iscriverei al liceo di nuovo per stare
in una sua classe...), e che ha mostrato il suo gentile
apprezzamento per il nostro ping-pong. Se esso è piacevole e
istruttivo, lo si deve soprattutto a te, caro Piero. A Sandra, oltre
che a te, vorrei dunque dedicare, ma molto molto sommessamente, un
esempio, tratto da Dante, che ho scritto qualche tempo fa, e che
compendia e conforta le mie tesi:
come si scrive una poesia? Non certo con…l’animo poetico. La
composizione è un esercizio duro, che richiede ordine mentale,
l’esser padroni della lingua nella sua purezza, e saperne disporre
con proprietà, attingendo cioè le parole e le espressioni più
efficaci.
Per conseguire chiarezza e proprietà giova senz’altro aver le idee
chiare sull’argomento che si deve trattare. Non può esser chiaro ed
efficace chi non ha un’idea precisa di quel che deve dire:
rem tene, verba sequentur
che una volta di più vuol dire: possiedi l’argomento, conoscilo
bene, e vedrai le le parole giuste sortiranno fuori.
Ecco un esempio dove ordine, chiarezza, proprietà e purezza di
linguaggio concorrono a rendere il pensiero vivo ed evidente. Dante
e Virgilio giungono all’ingresso del Purgatorio e vedono davanti a
se una porta con tre gradini, guardata da un angelo (purg.IX, versi
94 e seguenti):
Là ne venimmo e lo scaglion primaio
bianco marmo era sì pulito e terso
ch’io mi specchiai in esso qual’io paio.
Era il secondo tinto più che perso
d’una petrina ruvida ed arsiccia
crepata per lo lungo e per traverso.
Lo terzo, che di sopra s’ammassiccia,
porfido mi parea sì fiammeggiante
come sangue che fuor di vena spiccia.
sovra questo tenea ambo le piante
l’angel di Dio, sedendo in sulla porta,
che mi sembrava pietra di diamante.
Questi versi sono maravigliosi, per chiarezza ed efficacia. Potreste
ricostruire i tre gradini, seguendo le indicazioni precise di Dante,
ma – ad onta della precisione, o proprio in virtù di essa - le
terzine hanno una loro impagabile bellezza, e impareggiabile poesia.
Forse la poesia d’oggi non è più così. La poesia s’evolve. Ma
davvero? Se è così, mai evoluzione m’è parsa più triste, miserabile
e sconsiderata.
Buona notte, Sandra. Buona notte, Piero.
Lucio Cornelio
15/2/2012
Caro Lucio, mi pare ci sia ben poco da
aggiungere alla tua risposta. La democrazia è pluralità di opinioni
ed io rispetto le tue, pur essendo in disaccordo.
Consentimi, però, alcune considerazioni sulle quali ti chiedo di
riflettere: se Giotto non fosse esistito, probabilmente la maggiore
espressione artistica del dipinto, oggi, sarebbero le icone sacre
russe.
Se non fosse esistito Malevich, i Bonalumi ed i Castellani, attuali,
non avrebbero senso.(e questi ultimi due sono l'esatto contrario del
Fontana che citi).
Non fosse stato sperimentato il puntillismo (Seurat per esempio),
probabilmente Klimt avrebbe continuato ad affrescare teatri, con
realismo eccezionale.
Hai allargato il discorso (e quanto m'intriga questo!) all'intera
arte e credo che, prima di scendere ad esaminare le varie sue
espressioni, dovremmo chiederci cosa mai sia. Se credi (ma con mail,
per non rubare spazio a questi dibattiti che dovrebbero riguardare
soltanto la poesia) potremmo proseguire (e con molto piacere da
parte mia) a scambiarci opinioni.
Parli anche di musica, ed è l'arte che più mi affascina. Getti nella
spazzatura le avanguardie (e che altro era la dodecafonia al suo
nascere ?) ma salvi alcuni eccelsi nomi (anche se non mi pare
proprio che Dvorak di queste avanguardie faccia parte).
In altri termini l'arte, così come la civiltà dell'uomo, è un
continuo divenire e della civiltà è l'espressione.
Concludo:
sciatica permettendo, ogni giorno faccio dagli 8 ai 10 chilometri di
camminata a passo di marcia e, come me, migliaia d'altre persone in
quest'attività si dilettano. Ovviamente nessuna di loro immagina di
poter competere con Abebe Bikila o con Pamich. Ebbene questo sito è
un sito di onesti marciatori (dove alcuni emergono prepotentemente,
ponendosi ad altissimo livello nella poesia attuale e per tecnica e
per sentimento) che amano la poesia, così come la fanno, così come
questa gli permette di esprimere le proprie gioie, i propri dolori,
la propria visione del mondo. E tra questi onesti marciatori mi
pongo, senza ombra di dubbio.
Ed alla fine credo che ciò che ci differenzia sia un semplice
sostantivo: tolleranza.
Tempo fa, in occasione di una rovente polemica (sono cicliche ahimè
!) molto meno civile di questa, scrissi la poesia che propongo alla
tua lettura e, con l'occasione, ti rinnovo il mio apprezzamento e ti
saluto molto cordialmente. Piero
La poesia perduta
Ci dicon: rispettar le regolette!
E' saggia cosa se vuoi aver successo.
Contrariamente invece andrai nel cesso,
dopo d'averti fatto a picciol fette.
E muove a pena questa presunzione
di chi non vede quanto può scaldare
e cuori ed alme, regole scordare
per por su sentimenti l'attenzione.
Ma questi voglion dar loro lezione
dicendo che la sola poesia
è quella che si trova su lor via.
E tutto il resto è cosa poco pia.
Non possono capire quei tapini
che sol le norme hanno per cuscini.
Non sanno quel che perdon, poverini.
E sopra quelli dormon con certezza.
Sobbalzan se qualcuno li accarezza.
Per reazione lanciano monnezza,
reagiscon con insulti e con minacce,
così perdendo, ignari, le lor facce.
E' inutile cercar in lor focacce
un sentimento fondo e coinvolgente.
Ci troverai la metrica…e più niente.
Non hanno la poesia dentro la mente,
là solamente alberga geometria.
Vadano pur contenti e così sia.
Piero Colonna Romano
14/2/2012
Ringraziamento
Esprimo i miei complimenti sia a Piero Colonna Romano che a Lucio
Cornelio per i loro interventi,
indipendentemente dalle posizioni assunte in fatto di metrica e di
ritmo, che non ritengo essenziali. Importante è invece che tali
disquisizioni contribuiscono ad arricchire chiunque le legga, in
quanto, grazie a loro, nei dibattiti si respira cultura.
Grazie
Sandra Greggio
Caro, e pazientissimo, Piero,
è vero, io faccio distinzione tra metrica e ritmo, perchè nel ritmo
non vedo necessari i versi egualmente cadenzati, le cesure regolate
secondo uno schema fisso, la composizione organizzata in una
struttura precisa, come ad esempio un sonetto in endecasillabi.
Il ritmo è per me respirazione, ripresa accurata dei toni,
regolazione delle pause, sintesi armonica tra i significati delle
parole e il loro suono....
Indiscutibile è il principio che tu enunci con forza, e che io
condivido appieno, che prima, e molto prima, viene l’afflato
poetico, senza di che la poesia non è poesia. (ed è proprio per
questo che io mi meraviglio tanto quando vedo poeti che scodellano
una poesia al giorno, e ironizzo parlando di eccesso di “afflatulenza”).
Sono altresì deliziato della tua citazione di Jorge Luis Borges, che
mi è molto caro, e di cui leggo e rileggo continuamente gli scritti.
Ho ripreso in mano il Manoscritto di Brodie proprio per rileggere le
frasi da te citate.
Ma insisto, se posso permettermi, nella mia proposizione. Dopo
l’afflato poetico – anche se molto dopo – dev’esserci il ritmo, o la
metrica se così vogliamo dire. Altrimenti ciò che ne sortisce è
prosa, bellissima e dolcissima quanto vuoi, ma è prosa. La poesia è
contenuto, ma non solo contenuto, è anche forma, ovvero sintesi, e
armonia.
“ Addio, monti sorgenti
dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali,
note a chi è cresciuto tra voi, e impresse
nella sua mente,
non meno che lo sia
l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti,
de' quali distingue lo scroscio, come il suono
delle voci domestiche;
ville sparse e biancheggianti sul pendìo,
come branchi
di pecore pascenti; addio!
Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi,
se ne allontana! “
Invece, i versi che ho mandato al sito ultimamente, quelli che
parlano dei quotidiani, e che tu hai con la tua intelligente
amabilità commentato, non volevano dimostrare cosa resta di quattro
versi senza l’ispirazione poetica, ma volevo far notare – e qui
faccio riferimento a Luigi Beccaria e ai suoi meravigliosi saggi
sulla nostra lingua, che noi italiani parliamo in metrica anche
quando non ce ne accorgiamo, tanto è connaturato in noi il ritmo e
la respirazione della frase.
Purtroppo che negli ultimi decenni è invalso l’uso di accettare
canoni stravolti per ogni forma d’arte – osannati purchè nuovi. E
così sovvertiamo la musica rifiutando l’armonia e tormentandoci con
la musica dodecafonica e informale, la pittura con le tele
accoltellate e imbrattate di colori spremuti a caso, la scultura,
cadendo in contemplazione di scaglie di cemento, e la poesia,
tollerando le deliranti composizioni dell’ermetismo.
Ma, attenzione - absit iniuria verbis – Ungaretti, Soffici, Saba,
Modigliani, Klimt, Schiele, Pomodoro, Dvorak, sono tutt’altra cosa!
Lucio Cornelio
13/2/2012
Caro Lucio mi sorprende la distinzione che fai tra metrica e ritmo
(a ben leggerti non riterresti necessaria la prima mentre sarebbe
indispensabile il secondo) perché metrica è ritmo e null’altro che
ritmo. E quel verso libero che studi, ti affascina e, nelle tue
composizioni privilegi, fa parte, comunque, della metrica.
Ti propongo, di seguito, voce ben più competente della mia per
riflettere sul senso della poesia e sulle possibilità che abbiamo
di farne, quella di J.L. Borges che così ci ammonisce nel prologo
del suo Il manoscritto di Brodie: “L’esercizio delle lettere è
misterioso: ciò che pensiamo è effimero e conveniente più alla
tesi platonica della Musa che non a quella di Poe, il quale
argomentò, o finse di argomentare, che la stesura di una poesia è
un operazione dell’intelligenza. Non cessa di stupirmi il fatto
che i classici abbiano professato una tesi romantica, e un poeta
romantico una tesi classica”.
Dunque ci vuole l’ispirazione (la Musa), prima dei tecnicismi, per
far poesia e sottolineo quel “finse di argomentare”. E prosegue:
“Ogni linguaggio è una tradizione, ogni parola un simbolo
condiviso: ciò che un innovatore è in grado di alterare è
irrilevante; pensiamo all’opera, splendida ma non di rado
illeggibile, di un Mallarmè
(ed io aggiungo: identico l’atteggiamento di Ungaretti che della
poesia di Mallarmè diceva che “prima di capirla se ne apprezza la
musicalità”) o di un Joyce.”
Quindi parole immutabili nel loro significato e da usare come le
note su di un pentagramma, curandone , con pignoleria e
poeticamente, il posizionamento.
A mio avviso dunque: prima (molto prima) viene l’afflato poetico e
dopo (molto dopo) vengono i tecnicismi.
Un esempio su tutti è quell’Alda Merini, citata da Sandra Greggio
in una sua risposta a te data. Per ulteriore chiarezza sappi che
la Merini ha composto la sua ultima silloge (La volpe ed il
sipario) dettando quelle poesie al telefono al suo editore, in
telefonate notturne. E non vi è traccia di metrica ma un immenso
sentimento denso di poesia che emoziona e commuove.
Un caro saluto. Piero
5/2/2012
Grazie, Sandra.
La poesia è il mondo del sentimento e della sensibilità alle
emozioni. E in questo mondo la compagnia, l’incoraggiamento, è
tutto.... l’autostima fa molto, ma non è sufficiente...
Con molta simpatia
Lucio Cornelio
Caro Lucio Cornelio,
che tu sia ingegnere non ha alcuna importanza, chiunque può essere
un poeta e tu dimostri di esserlo. Sono molto lusingata dalle tue
parole e sono felice che ci sia affinità nel modo di considerare la
poesia, ossia essenzialmente lirica; infatti, quando dici che cerchi
il ritmo, non fai altro che ribadire l’essenza della poesia stessa,
nata appunto in forma orale ed accompagnata dallo strumento musicale
della lira. Apprezzo la tua umiltà nel definirti un dilettante, ma
io estenderei tale termine ad ogni poeta, in quanto non esiste un
criterio oggettivo di valutazione, per definire un poeta un
dilettante o un genio. Ognuno è se stesso, esprime ciò che sente
dentro, in qualunque momento, senza vincoli di sorta; in tal senso,
nessuno è, a mio avviso, di marmo.
Ti ringrazio per l’attenzione che dedichi alle mie poesie e ti
assicuro che è reciproca.
Buona poesia!
Sandra Greggio
4/2/2012
Gentilissima Sandra,
possiamo darci del tu? Tu mi annoveri tra i
poeti, e ti ringrazio del serto di cui mi cingi, ma sappiamo
bene entrambi che io poeta non sono, sono un ingegnere. Sulla
lirica di D’Annunzio in genere, e su questa di cui dissertiamo
in particolare, mi piacerebbe tanto poterne parlare con te,
seduti comodamente in poltrona, dinanzi a un caminetto,
alzandosi ogni tanto solo per prendere un libro, e leggerne
alcuni brani, per condir le nostre opinioni con gli esempi.
Ecco la parola che mi mancava: “anafora”, cui ho
fatto indirettamente riferimento nel commentare la tua bella
poesia in Poetry & Tecnologees....
Anafora..... MI sembra che l’anafora che tu hai
usato, “ Chiedersi se ha un senso ...” conferisca alla tua
composizione proprio quel ritmo che sempre io perseguo nelle mie
esibizioni da dilettante.
Io cerco il ritmo, non specificatamente la
metrica, ma per ciò che mi concerne, qualsiasi cosa venga fuori,
è totalmente al servizio dell’ispirazione, dell’emozione che mi
spinge a scrivere. Sono quindi d’accordissimo con te quando
affermi:
chiunque è libero di usare o no la metrica, ma, se fa poesia,
deve esprimere quello che ha dentro di sé , non camuffarlo
dietro ad uno sterile computo di sillabe, offensivo per chi ne
ha fatto solo uno strumento ...”. Questa cosa che dici è
fondamentale. Lungi da me il voler sostenere che una poesia è
prima di tutto un esercizio ginnico, fatta di accurati e ben
disposti accenti. Nella poesia, io credo, l’ispirazione e il
ritmo devono concorrere assieme per rendere più vivi e aderenti
i concetti, e più efficace l’emozione di chi legge, e comprende.
Poichè sono un dilettante, ti dirò con tutta sincerità che
quando ho letto per la prima volta la Merini, ne sono rimasto
sconcertato, e certamente non entusiasta. Mi rendo conto che
debbo lavorarci su, ma nondimeno sono totalmente contro
l’affermazione di qualcuno che mi ha una volta definito “poeta
di marmo”, per significare il fatto che sono rimasto – orrore –
al dolce stil novo. Altra affermazione che mi intriga – molto
negativamente – è : “La poesia evolve”, in cui ravviso
inequivocabili tracce di arroganza. A chi si atteggia in tal
modo ho dedicato, con molto vendicativo divertimento, la mia
breve allocuzione: “sublimi pensieri”, che puoi ritrovare più in
basso in questa rubrica, in una risposta a Gus (....ma chi è
Gus?)
Adoro D’Annunzio, e adoro Leopardi, nei quali ravviso la fatica
di migliorar l’ispirazione limando a lungo l’opera, parola per
parola. Come adoro gli impressionisti che – dietro l’apparente
spontaneità delle loro immagini, celavano una sapiente, lunga e
faticosa premeditazione, riconoscibile in ogni pennellata, in
ogni scorcio, in ogni astuzia nell’asservir la retina
dell’osservatore ai loro inganni.
Sono molto lusingato per la sola ragione che hai ritenuto di
citarmi, e di rispondere alle mie approssimative osservazioni.
Ti leggo sempre, e tento di rintracciare in te elementi che mi
aiutino a maturare.
Con
molta stima
Lucio Cornelio
P.S.
Grazie grazie a Roberto Bottiroli,
che ha migliorato con fondamentali martellate la mia lirica “La
batteria”
L.C.
3/2/2012
All’appassionato poeta Lucio Cornelio
desidero far notare che, per quanto appropriata sia la
citazione de “La pioggia nel pineto” per la sua musicalità,
questa non dipenda tanto da accentazioni particolarmente studiate,
quanto da quell’anafora (piove) che la cadenza e le dona ritmo,
nella parte che ne viene evidenziata e, non ultima, dall’onomatopea.
E’ questo che fa della poesia in questione una meraviglia. Difficile
sapere quanto tempo abbia impiegato D’Annunzio a comporla,
personalmente ritengo sia stata scritta di getto, per ispirazione da
innamoramento.
Ribadisco, comunque, la piena libertà di poetare usando o meno la
metrica e rammento che la poesia di quasi l’intero ‘900 (dai
futuristi in poi, per chiarezza) è priva di metrica ed all’ermetico
Quasimodo fu assegnato il premio Nobel.
A noi contemporanea c’è poi Alda Merini , poetessa con la quale la
poesia attuale (e futura) dovrà necessariamente fare i conti perché
metrica e ritmo sono assenti dalla sua poesia. Ma è poesia che
viene dall’anima e scava l’anima.
Sandra Greggio
La "BATTERIA"
L'altro giorno son salito
sulla macchina impietrito
dal gran freddo che faceva
per la neve che scendeva.
Metto in moto, non s'accende
giusta pena in cor mi prende
sarà poi la batteria...
che disdetta sia la mia?
Chiamo la Concessionaria
grandi fiocchi e fredda l'aria...
il meccanico che giunge
pur dichiara: il freddo punge!
Dice senza dubbio alcuno...
non la può salvar nessuno
se n'andò la batteria....
la cambiamo e così sia.
Roberto Bottiroli
2/2/2012
Risposta a Roberto Bottiroli
Un “bentornato” a Roberto
Bottiroli, che parte alla grande, citandomi direttamente in causa in
un discorso, ahimè, molto delicato e, a parer mio, senza una
conclusione (come giustamente evidenzia anche lui alla fine del suo
intervento). La questione della metrica era stata a suo tempo da me
già affrontata anche con un altro poeta, Lucio Cornelio; ricordo
che, in tal occasione, io gli risposi in merito, per cui riporto
quanto allora scrissi, non per ripetermi, ma unicamente per
agganciarmi a quel discorso , rinfrescando la memoria a tutti i
sitani che avranno la pazienza di leggere, anche perché proprio in
quel contesto ho usato le parole “sterile computo di sillabe”.
...mi permetto di esporre la mia opinione, anche in qualità di
insegnante di Lettere, consapevole che ai miei alunni devo far
conoscere la metrica, ma anche la poesia del '900, no? La cosiddetta
poesia svincolata da schemi metrici o con il verso sciolto o libero
(c'è differenza, eccome, ma non è questa la sede per parlarne!), da
Luzi, a Zanzotto, ad Alda Merini, a Gatto, Penna,e tanti altri
ancora, come Saba e Montale. Ma anche Leopardi usa il verso sciolto,
per primo, mentre, udite, udite! S. Francesco nel suo Cantico,
proprio quando nel 1224 esplodevano le poesie in metrica, usa il
verso libero (poi esaltato da Walt Whitman alla metà dell '800). Non
voglio tediare nessuno né fare sfoggio di cultura (potrei anche,
anzi senz'altro, aver commesso degli errori), bensì giungere alla
conclusione, personalissima, che chiunque è libero di usare o no la
metrica, ma, se fa poesia, deve esprimere quello che ha dentro di sé
, non camuffarlo dietro ad uno sterile computo di sillabe, offensivo
per chi ne ha fatto solo uno strumento (suonato molto bene, tra
l'altro) per dare sfogo al suo sentimento interiore . La metrica è
in funzione del sentimento, altrimenti diventa come io a volte la
definisco, ossia "la maschera per nascondere se stessi dietro il
formalismo stilistico", quindi epicedio della poesia....
Intendevo dire, e lo ribadisco, che la metrica diventa “sterile
computo di sillabe”, solo laddove non sia sorretta da un contenuto
che viene dal sentimento, perché lì è la sorgente della poesia. Dove
c’è sentimento, c’è poesia; poi, che uno raggiunga la vetta con la
metrica o senza, non conta, ognuno trova il suo modo di poetare che
più gli è congeniale. In tal senso, trovo (questa volta sì) sterile
la graduatoria tra poeti che viene fatta da Bottiroli. Alla luce di
quanto da me affermato, ogni poeta da lui citato è degno di
considerazione, Carducci compreso, anche se, a torto, viene ormai
trascurato nell’insegnamento della letteratura italiana. Ovvio che,
se ragioniamo nei termini suddetti della vetta, un appassionato di
metrica, troverà, una volta raggiunta la cima, Metastasio e non Alda
Merini.
Venendo, infine, alla recitazione delle poesie, come dovrebbe fare
un povero insegnante che deve leggere una poesia per farla conoscere
ai propri alunni? Dovrebbe forse assumere ogni volta un attore
professionista? Errare humanum est, mi pare; quindi, anche a lui
qualcosa può sfuggire ma, se l’alunno è attento (come appunto
Bottiroli col suo prof) potrà sempre intervenire riprendendo il suo
prof. e facendogli notare l’errore. Gli interventi degli alunni sono
sempre ben accetti e posso garantire che di questi tempi ce ne sono
sempre meno. Personalmente, ho poi l’abitudine di far imparare
alcune poesie, non solo per esercitare la memoria, ma anche con
l’obiettivo di correggere eventuali storpiature.
Concludo facendo mia la considerazione finale di Bottiroli, anzi,
esprimendo verso chi ha dimestichezza con la metrica, i miei
complimenti, dal momento che essa è da me solo insegnata ma non
coltivata (almeno per ora, in futuro, chissà…tutto può accadere!).
Sandra Greggio
La parola “poesia” ha due significati
prevalenti. Il primo si riferisce generalmente ad un’armonia,
ad una simmetria celestiale, superiore: “egli aveva una concezione
poetica dell’universo...”.... “quanta poesia in quelle immagini..!”
Il secondo significato attiene ad un peculiare modo di esprimersi,
mediante versi, che generino nell’ascoltatore una soddisfazione
estetica e razionale nell’udir voci e suoni che esprimono in sintesi
mirabile e ritmi trascinanti, pensieri complessi ed elevati quali
l’amore, la tensione politica, l’odio, l’entusiasmo nello scendere
in guerra, per misurarsi, ecc. .... “procomberò pur io...”
Ciò che ho affermato rappresenta beninteso soltanto il mio pensiero,
la mia opinione sull’argomento. In breve per me la poesia deve
esprimere con assoluta sintesi un tema, rispettando nel contempo un
ritmo, detto generalmente metrica, che lungi dall’esser soltanto
forma, contribuisce a meglio definire e colorare il significato che
si vuol trasferire.
In questo senso, anche la poesia cosiddetta libera deve rispettare
un ritmo, generare una “respirazione” nel componimento. Vale
ripetere i versi della Pioggia nel Pineto, per descriver meglio ciò
che vado affermando?
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
e, cambiando il ritmo, ancora:
...........Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,.....
Io mi rompo la testa per assorbir questo ritmo che mi martella, e
che m’incalza e mi incanta, per comprenderne il segreto, la forza
ispiratrice....
Anche la poesia “libera” esige dunque un suo ritmo, altrimenti
perchè scomodarsi a chiamarla poesia? Se s’ignora il ritmo, posso
scriver anche due poesie al giorno, prima e dopo i pasti. Che ci
vuole?
Son salito
in macchina
ma essa non è partita.
La batteria
evidentemente esaurita.
Ho dovuto
rassegnarmi e acquistarne
una nuova
et voilà. La poesia è fatta. Non resta che somministrarla
all’ottimo, e pazientissimo, prof. De Ninis
Lucio Cornelio
28/1/2012
Metrica o non metrica
Son tornato miei cari Poeti
non so ben se sarete pur lieti
di sentirmi di nuovo parlare
della metrica e alfine volare....
tra le fronde d'un albero immenso
si signori è ben ciò che io penso
che lo sterile computo vale
sol per chi morde e lancia lo strale.
Ho letto recentemente dibattiti leggermente caustici e, talvolta,
mirati ad
una definizione alquanto garrula e gratuita sulla metrica:"sterile
computo di
sillabe". Alla sig.ra Greggio faccio semplicemente notare che quando
compongo
in metrica la mia fantasia vola su vette incontaminate e quando
scrivo una
poesia in metrica le vette si moltiplicano all'infinito; raramente
mi capita di
volare sulle vette incontaminate quando scrivo poesie libere!
E considerato che siamo in vena di "dibattere" voglio riportare, qui
di
seguito, quel che mi disse recentemente il mio caro amico Piero
(docente
emerito del Liceo Classico di Pavia) allorquando gli posi questo
quesito:
quattro poeti a caso: Pascoli, Manzoni, D'annunzio e Carducci.
La risposta è stata: ai miei alunni ho sempre detto ( utilizzando un
paragone
calcistico ) che i primi tre sono la Juve, l'Inter, il Milan mentre
il quarto
può essere il Cesena (con tutto il rispetto per il Cesena); le
poesie del
Carducci (seppur considerato un grande fra i letterati) non danno
quella
sensazione particolarmente intensa che ti prende quando leggi le
poesie dei
primi tre.
Ed io di rimando e comunque in sintonia con il suo giudizio, dissi:
ne
aggiungo un quinto che per me è l'"over the top" e cioè Metastasio
(il Leo
Messi del Barcellona).
Ad ulteriore conferma su quando vado asserendo, pregherei gli
insegnanti di
lettere (ne ho una in casa!) di fare attenzione quando spiegano
versi che,
verosimilmente, anche un bambino delle elementari capirebbe; è
capitato anche a
me nelle "superiori" quando il prof. recitava alcuni versi del
Cinque Maggio (
purtroppo tale malvezzo si è perpetuato sino ai giorni nostri) in
modo
maldestro, tipo:
"Fu vera gloria
ai posteri l'ardua sentenza"
distruggendo, in tal modo, la musicalità del verso manzoniano;
"Fu vera gloria ai posteri
l'ardua sentenza nui
ecc,ecc,ecc"
In conclusione: chi non scrive poesie in metrica ha tutto il mio
rispetto, lo
stesso che si deve avere per chi compone in metrica.
Cordialmente
Roberto Bottiroli
11/12/2011
Ti ripeto. Lucio,omnia munda mundis.
Gus
9/12/2011
Caro Gus,
hai sbagliato la citazione. Omnia munda mundis significa che
l’innocenza non teme allusioni ostili. Ma tu, data la tua
incapacità, di allusioni ostili purtroppo ti nutri e ti sazi.
Non mi scrivere più, non ti risponderò.
Lucio Cornelio
8/12/2011
Forse la cattedra dovresti riservarla ai tuoi
fortunati allievi. Meglio sufficit ... E per te poco propenso
alla dialettica dico omnia munda mundis.
Gus
7/12/2011
Visto che mi diletto a scriver poesie senza
capirci nulla, resto confinato alla mia incapacità.
Fortunatamente ci sei tu che ne capisci. Meno male. Fai parte degli
esperti a tutto diritto.
De hoc satis. Vale
Lucio Cornelio
Lucio, che tu non mi abbia capito, non
mi sorprende, ma cerca almeno di capire cosa e' poesia, dato che ti
diletti a scriverne.
Gus
A Gus
Non ho capito niente della tua risposta. Sembra che gli esempi che
fai sconfessino proprio la teoria che illustri. Comunque, io ho
detto ciò che penso. Se ti prendi il disturbo di leggere le mie (non
numerose) composizioni, da esse potrai desumere meglio la mia
concezione di poesia. Ce n’è per tutti i gusti, come in S.Gregorio
Armeno. Sono soltanto fedele ad un’aurea autodisciplina, che qui ti
riassumo (ovviamente, non dedicata a te...):
io scrivo una poesia di quando in quando,
sol se dentro mi nascono emozioni,
poi con parole e ritmi vò lottando
perché armonioso e chiaro il verso suoni;
tu invece tutti i giorni ne scodelli,
quando dentro di te saran prevalsi
gli stimoli fatali, onde tu eccelli
che emozioni non son, ma peristalsi
Ciao, e auguri di lunga vita!
Lucio Cornelio
6/12/2011
Gentilissimo
Lucio,
il “ se ti guardo, mi vengono in
mente pensieri poetici...” è un esempio del tutto
inadatto a rappresentare quanto io intendo per poesia,
proprio per mancanza della espressione in poesia di quei pensieri
"M'illumino d'immenso" "senza ritmo,
metrica, nè proceder dei versi che si giustappongano l’un l’altro
in una forma musicale del pensiero" è un espressione ungarettiana
di pura poesia che trasmette un senso universo della mattinata.
Pur con tutto il rispetto dovuto ad una persona
come te, mi pare che tu dovresti (non già rivedere, non mi
permetterei mai di usare questa espressione da te usata nei miei
confronti, ma), ampliare il tuo concetto di
poesia legato al passato letterario, dove i poeti e parlo di
grandi poeti seguivano religiosamente e rigorosamente il
pentametro, l'esametro, e col passar del tempo il settenario,
l'endecasillabo o la composizione del sonetto con le due terzine e
le due quartine o l'ottava etc. sino ad esercizi non sempre
riusciti perchè troppo scolastici con giambi, epodi e quant'altro.
Ciò non toglie che la libertà di espressione
poetica cui oggi si tende, che spesso usa il verso più come pausa,
che per il suo tenore sillabico (Ognuno sta solo sul cuor
della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera)
esprima poesia ( in Quasimodo la solitudine dell'uomo, i pochi
momenti illuminanti e la brevità della vita sono resi in pura
lirica, più basata sul gioco della coerente sintesi che sulla
musicalità).
Non cogliere la poesia in brani di "prosa", come
meglio riesce ad esempio al Manzoni, piuttosto che nelle sue
poesie, nel suo magnifico "I Promessi sposi" ( Scendeva dalla
soglia di uno di quegli usci ... o Addio monti sorgenti dalle
acque cime ineguali ...)o nel "Notturno" dannunziano è un grave
limite.
Ritenere prosaico tutto ciò che in letteratura non
è dotato di metrica o musicalità è un grave limite.
Oggi non me la sento (ora sto celiando), di scrivere "Sta Mario
Monti presidente in Roma ..." o "Sta Berlusconi assiso in
Parlamento ..."
Su questi punti, intendo dire quelli seri, sarebbe
bene sentire e mi auguro di sentire l'opinione di Lorenzo e degli
altri.
Gus
Risposta a Gus
non sono assolutamente d’accordo. Questa tua definizione è
arbitraria, e si articola sul metasignificato del termine:
“poetico”. Tu ti riferisci a esclamazioni del tipo: “com’è poetico
questo tramonto...”...
oppure
“ se ti guardo, mi vengono in mente pensieri poetici...”
La poesia è tutt’altra cosa:
la poesia è una forma di traduzione del pensiero che richiede che
questo sia espresso in un’ambientazione fatta di musicalità, di
ritmo, di scelta attenta ed essenziale del linguaggio. Se non c’è
ritmo, se non c’è metrica, se non c’è questo proceder dei versi che
si giustappongono l’un l’altro in una forma musicale del pensiero,
allora non è poesia. E’ prosa. Prosa, prosa, prosa.
mi spiace, ma devi riveder tutto del tuo pensiero.
Saluti. Lucio Cornelio
2/12/2011
Riprendo il discorso interessante fra Sandra
Greggio e Lucio Cornelio. Non c'è alcuna differenza, a mio
parere, fra poesia e prosa, quando la prosa ... è poesia. Spiego
l'apparente bisticcio. Per definire la poesia bisogna ricorrere,
cioè, ad una tautologia.
La puoi trovare in un ceppo che arde, su di una pietra umida di
pioggia, negli occhi spalancati di un bambino africano, nella luce,
nell'ombra, dovunque. Quando l'hai trovata trascrivi l'incontro
emozionale del tuo io con lei. Se riesci a trasmettere ad altri
quella emozione fai poesia. Puoi farlo come vuoi, con qualsiasi
forma che ne sia tramite, attraverso la scrittura.
Gus
15/11/2011
rileggo un’analisi di Sandra Greggio, sulla
poesia e il formalismo della metrica, del 22 giugno u.s.:
“...
...mi permetto di esporre la mia opinione, anche in qualità di
insegnante di Lettere, consapevole che ai miei alunni devo far
conoscere la metrica, ma anche la poesia del '900, no? La
cosiddetta poesia svincolata da schemi metrici o con il verso
sciolto o libero (c'è differenza, eccome, ma non è questa la sede
per parlarne!), da Luzi, a Zanzotto, ad Alda Merini, a Gatto,
Penna,e tanti altri ancora, come Saba e Montale. Ma anche Leopardi
usa il verso sciolto, per primo, mentre, udite, udite! S.
Francesco nel suo Cantico, proprio quando nel 1224 esplodevano le
poesie in metrica, usa il verso libero (poi esaltato da Walt
Whitman alla metà dell '800). Non voglio tediare nessuno né fare
sfoggio di cultura (potrei anche, anzi senz'altro, aver commesso
degli errori), bensì giungere alla conclusione, personalissima,
che chiunque è libero di usare o no la metrica, ma, se fa poesia,
deve esprimere quello che ha dentro di sé , non camuffarlo dietro
ad uno sterile computo di sillabe, offensivo per chi ne ha fatto
solo uno strumento (suonato molto bene, tra l'altro) per dare
sfogo al suo sentimento interiore (si veda la risposta di Piero
Colonna Romano del 12 giugno). La metrica è in funzione del
sentimento, altrimenti diventa come io a volte la definisco, ossia
"la maschera per nascondere se stessi dietro il formalismo
stilistico", quindi epicedio della poesia....
Sandra Greggio
Pur esprimendo tutta la mia ammirazione per
Sandra, oltre che ringraziarla per la sua cordialità, vorrei
spezzare una lancia in favore della “metrica”:
guai a nasconder se stessi dietro il formalismo, e fin qui sono
d’accordo. Ma una poesia che trasmetta fedelmente, anzi
rigorosamente e sinteticamente il pensiero, non acquista maggior
forza e significato, maggior potere trascinante, se organizzata in
un ritmo che ne esalta e ne sottolinea ancor più efficacemente i
concetti?
I versi sciolti di Leopardi hanno la musica dentro, è
incontestabile. Il ritmo c’è, e quindi anche la metrica. E così è
anche, per esempio, in D’Annunzio, ne La Pioggia sul Pineto, o ne
“La sera Fiesolana”, tanto sagacemente rammentatami da Piero C.R.....
Se non c’è metrica, se non c’è ritmo, se non c’è armonia, vogliamo
chiamarla ancora poesia? Non è forse la poesia una musica che può
leggersi e riconoscersi, anche senza spartito, anche senza un
pentagramma?
O vogliamo ad ogni costo chiamar poesia, qualsiasi pensiero,
qualsiasi periodo dotato di senso comune, qualsiasi proposizione
narrante?
Lucio Cornelio
20/10/2011
Cornelio, interessante e sincera la tua
risposta; lo stupore quasi panico ben trasmesso dal poeta non può
mai essere dolce.
Credo anch'io che il poeta, così grande nel senso dell'infinito, sia
scivolato su di un pur magnifico verso allitterativo.
Gus
Caro Gus,
per capire con certezza come si spieghi questa apparente
contraddizione, solo Giacomo Leopardi, richiamato opportunamente dal
sepolcro, potrà darti risposta. Io però, trattandosi di mare, posso
provar a darti una mia spiegazione:
sono stato per anni un profondista in apnea, e se penso a ciò che ho
osato, ancor adesso il cor mi si spaura. Ma rammento anche che di
fronte al rischio, e malgrado il senso di smarrimento e di
premonizione, infine non esitavo, perchè l’attrazione della
profondità azzurra del mare aveva sempre la meglio su di me. Ed io
trovavo infine la pace quando, giunto in quota, dopo l’ultima
compensazione, potevo ristare, guardarmi attorno, e nutrire la
sensazione di voler restare lì, sospeso sul fondo, per sempre.
Poi, “off-topic”, ma a proposito dell’Infinito, posso azzardar una
ipotesi maliziosa, da aspirante “poeta”, con qualche esperienza
della fatica dell’immaginare e del comporre versi: nulla mi toglierà
mai dalla testa che “il naufragar m’è dolce in questo mare” sia
stato il primo verso improvvisamente emerso nella coscienza creativa
di Leopardi, e che lui gli abbia costruito sopra e attorno tutto il
resto.
Con molta cordialità
Lucio Cornelio
19/10/2011
Cornelio, spiegami come si concilia un
cuore che si spaura con la dolcezza del naufragio
nello stesso mare.
Grazie.
Gus
17/10/2011
Su Leopardi, qualche mese orsono scrissi
un blog in una chat,
dove però le considerazioni meramente
sessuali prevalgono sulle disanime poetiche. Non di meno riscossi un
buon successo (e conobbi una donna...)
La poesia, dunque, non è il risultato di un’estasi, quale che sia
l’origine arcana dei 100 versi del Kublaij Khan di Coleridge, che
affermò di averli sognati in un torpore indotto da una droga, La
poesia è duro lavoro, per accordar concetti suoni e ritmi, di modo
che tutti assieme si trasformino poi in un canto di emozionante
nitidezza e di apparente, ma inestimabile spontaneità.
Per dimostrare ciò, quello che vi mostro ora è la copia anastatica (
v. figura nella mia di prima) del foglio su cui Giacomo Leopardi
scrisse conclusivamente i versi dell’Infinito. Questo foglio, che è
in mio possesso, mi è stato dato dalla Biblioteca Nazionale di
Napoli anni fa, ed è ottenuto riproducendo l’originale, ivi
custodito, gelosamente.
Le cancellazioni, i ripensamenti, le correzioni, le sostituzioni,
sono la prova di quanto ho espresso: la poesia - ed è così per
l’opera d’arte in genere – nasce sì sostenuta da una fortissima e
incontenibile ispirazione, ma non la si completa di getto: essa è
piuttosto il risultato di lunghe e sofferte meditazioni, di
confronti talvolta dolorosi con se stessi.
Leggiamo assieme questo momento della fatica di Leopardi: egli aveva
scritto:
e questa siepe, che da tanta parte
del celeste confine il guardo esclude
ma non gli piace, non gli piace proprio, quel celeste confine.
Gli sembra banale, gli sembra scontato, gli sembra sbiadito, con
quello sgradito suono in –ine, che pare proprio il miagolio d’un
gatto. E trova infatti una espressione più potente, più energica,
più spietata: l’ultimo orizzonte che tra l’altro ha l’eco
definitiva di una barriera che ti sbarra il passo….ecco, così:
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude
Andiamo avanti: ora Leopardi ha un vero conflitto, che lo accompagna
in tutta la composizione: la scelta tra infinito, interminato,
interminati, immensità, infinità….queste assonanze lo stremano, più
volte i vocaboli si sostituiscono e vengono scelti o scartati….ma
per i primi versi decide subito, o quasi : infiniti spazi è banale,
è ovvio, è una parola troppo usata e adusata, come le parole
cristallizzate appese e al soffitto nella sala da pranzo di
Pantagruel: troppo adoperate, hanno perso il loro significato, non
suonano più, non parlano più…..
Leopardi non vuole proprio usarla quest’espressione - infiniti
spazi - nel contesto delle frasi che si susseguono, e sceglie
una volta per tutte: interminati….e allora la composizione si
svolge così:
….interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
ma ancora non va bene. Il perfezionista che è in lui si accorge che
gli “interminati spazi” sconfiggono e ricoprono la tensione
emotiva dei “sovrumani silenzi”. Troppo ripetitive le
espressioni, troppo simili le emozioni…e allora, con uno sforzo
finale, definitivo, le distacca, le rende indipendenti, con un
singolare:
….interminato spazio…
che si allontana e non confligge più, lui singolare unico non
definibile spazio interminato, con i sovrumani silenzi,
ed ecco quindi, che è finalmente nato il ritmo, la successione,
l’armonia dei concetti…:
….interminato
spazio di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
Adesso, scaramuccia tra le grandi battaglie, si profila a Leopardi
la scelta: “tra” e “fra”. Chissà come mai,
quest’ultima aveva in un primo momento prevalso, ma al Nostro,
deciso a scrivere la più grande e pura delle composizioni, il
dualismo non sfugge, e lo rianalizza, e gli basta poco per
confrontare, pronunciando, compitando, le piccole interiezioni, e
scoprire quanto sia confusa e difficile “fra” nella pronuncia,
rispetto alla nitidezza del dire “tra”, e questa scelta la si trova
in due punti distinti della composizione, fugando definitivamente
l’ipotesi di una mera casualità. Leopardi non affida al caso neanche
una sillaba, Leopardi riflette, prova, sceglie.
Nei versi finali c’è un rinnovato conflitto tra immensità e
infinità a favore di quest’ultima parola. Non sarà definitiva
questa scelta, perché ancora, fino all’ultimissima copia in bella,
Leopardi qui oscilla tra l’una e l’altra soluzione, ma alla fine
infinità avrà la meglio, e c’è infine, l’ultima geniale
intuizione. Aveva scritto:
….Così tra questa
infinità il mio pensier s’annega
e ‘l naufragar m’è dolce in questo mare
ma poi la ricerca del ritmo prevale, s’impone potente, e con
sicurezza Leopardi cancella, e ricostruisce la frase, completando
finalmente un capolavoro che non avrà eguali:
….Così tra questa
infinità s’annega il pensier mio
e ‘l naufragar m’è dolce in questo mare
(duro lavoro di bulino, ma che magnifico risultato...)
Buona notte, mio gentile Piero
Lucio Cornelio
16/10/2011
Caro Piero,
la tua risposta è inoppugnabile, ma il mio poscritto aveva un
“venenum in cauda”. L’ultimo orizzonte è una bella ed energica
espessione, soprattutto in confronto a quel “celeste confine” che
appare melenso, debole, e “telefonato”.... Il nostro G.L. se n’è
accorto, e con un tratto di penna l’ha modificato. E’ un messaggio a
tutti i poeti, o aspiranti tali, che verrano dopo: “non siate
melensi.....non siate ovvii”
Cordiali saluti
Lucio Cornelio
Caro Lucio,
rispondo alla più intrigante domanda (quella del post scriptum), per
ragioni di tempo. Sul resto tornerò appena possibile.
Ma, ovviamente, “l’ultimo orizzonte” per il semplice motivo che
questa frase esclude che ve ne possano essere altri.
Mentre “il celeste confine” dice che, oltre, v’è dell’altro. Un
confine, appunto, confinando con dell’altro.
Cordialità ed a presto. Piero
PS. Ritrovo, in dibattiti, una mia
riflessione che ti propongo:
01/10/2010
Cari sitani, continuo a chiedermelo: cos’è questa malattia che
chiamiamo poesia ?
E’ una delle arti, cioè un modo di comunicare ? E questo comunicare
(nel senso di messaggio) deve essere universale (cioè accessibile a
tutti) o riservato a pochi eletti ? E’ poesia quella del Pascoli o
quella del Luzi ? Entrambe e perché ? Perché oggi posso poetare e
domani no? Eppure, conoscendo le tecniche (metrica, accentazioni
delle parole ecc.) potrei farlo sempre, ma così non è. L’arte è in
costante divenire: lo è anche la poesia ?
Rileggo “Sillabari” di Parise e vi trovo una prefazione/avvertenza
dello scrittore, la seguente, che vi propongo:
“Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una
volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri.
In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a
me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla
mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani,
così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in
prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha
abbandonato. Ed a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va
e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo
noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come
la vita, soprattutto come l’amore”
Goffredo Parise: prefazione a “Sillabari”
Riflessione proposta da Piero Colonna
Romano
Caro Piero,
le tue parole mi incoraggiano e intimidiscono assieme. Io, frattanto
ho connesso i miei iPhone e iPad su Cloud. E secondo me, questa
Cloud è l’unica nuvola su cui si può stare, con le piante ben ferme
e stabili. Viceversa la poesia non può basarsi su nuvole fatte di
parole e figurazioni eleganti ma indistinte. Una poesia – l’hai
detto tu – è sintesi, sintesi severa e incontestabile, precisa,
concisa, necessaria e sufficiente, di una realtà narrata e
illustrata per intero, senza scampo, senza equivoci o
tergiversazioni esondanti. Una poesia deve contenere tutte e sole le
parole che servono.
Ecco perchè tante poesie non le capisco, non le digerisco. Ecco
perchè sono severo con le mie, prima delle altre. Voglio veder
contenuti, e sentire ritmo e metrica. Altrimenti, meglio cestinare
tutto. Si risparmia entropia.
In italiano:
le donne, i cavalier, l’armi, gli amori,
le cortesie, le audaci imprese io canto
in latino, nel nostro dolce latino:
àrma virùmque canò...
Con tanta cordialità
Lucio Cornelio
a P.C.R. Post scriptum
con riferimento a quello che ho scritto adesso, rileggendo il
manoscritto di Leopardi...secondo te:
è meglio: “.. il celeste confine...”, oppure “...l’ultimo
orizzonte...” ?
ti abbraccio
Lucio Cornelio
13/10/2011
Caro Lucio, l'ultima tua risposta è
particolarmente stimolante. Evidenzi la metodicità (a volte
la pignoleria) che pittori, da me molto amati, mettevano nel
comporre le proprie opere, prima di renderle disponibili alla
visione. Ed aggiungi una preziosa pagina manoscritta, con
correzioni, dell'immenso Leopardi.
E' un modo , questo, di tentare di rendere al meglio il loro
sentire. Un modo d'essere "leggibili" al maggior numero di persone
possibili.
Di contro, con l'evoluzione dell'arte (tutto è divenire) nella
pittura si arriva all'action painting (Pollock, ad esempio e, perché
no ? Malevich -nel suprematismo, intendo- e Fontana, per altri
versi). Nella poesia si manifesta l'ermetismo (Ungaretti sopra
tutti).
Questi non avevano ripensamenti .
Forse soltanto nella musica, questa revisione è indispensabile ma,
anche qui, gli esempi di diverso atteggiamento, nei confronti della
perfettibilità della propria opera, non mancano.
Uno soltanto, per brevità: Beethoven impiegava anni per comporre le
sue immense sinfonie (per la quinta ne impiegò ben nove). Schuberth
componeva quasi di getto la sua divina musica (e purtroppo muore
troppo giovane!). La Grande compresa.
Definendo "costruita" la lirica dannunziana, La Pioggia nel Pineto,
non intendevo certamente sminuire il valore di questa "sinfonia".
Affermo, però, che, di gran lunga, preferisco La Sera Fiesolana che,
pur essendo nella complessità simile all'altra, a me pare più
spontanea, più ispirata. Meno "forzata".
Gusto personale e diverso sentire? Mie incrostazioni culturali ?
Ovviamente si.
Ma vorrei passare ad una "provocazione". Questa:
Forbici e parrucca
Alfine
dal barbier
stamani
son andato.
In ordine
i capelli
m'ha rimesso
che,ahimè
e folti
e troppo lunghi
diventati.
(anonimo)
E' poesia ? E' prosa camuffata da poesia ? E' metafora di qualcosa ?
(per esempio andarsi a confessare con un prete che…sistema tutto. Là
dove la parrucca sono i peccati e le forbici la penitenza).
Un cordialissimo saluto. Piero Colonna Romano
Non scusarti, Piero, il tempo è tiranno
anche per me: i miei database esigono molte priorità. Parleremo
appena potremo, e l’interesse e la dolcezza del dialogo non ne
risentirà.
Una osservazione nell’ambito della tua risposta “in essere”: tu hai
molto opportunamente definita “costruita” la poesia di D’Annunzio, e
hai dato, così facendo, voce alle mie più nascoste e radicate
convinzioni: che l’arte sia slancio e ispirazione, ma anche e
soprattutto premeditazione e fatica. Basti leggere le ultime
correzioni dell’Infinito di Leopardi (allegato) per rendersene
conto. Oppure basta analizzare impressionisti come Degas, Seurat,
Manet, Matisse, Cezanne, per notare quanta astuzia, quanto lavoro,
quanta “premeditazione” appunto pervadono quelle opere. Ed è proprio
quest’ultima che li rende grandi, a parer mio....
(Per inciso: quell’allegato lo posseggo perchè una sera tardi, nella
Biblioteca Nazionale di Napoli, stampammo con il cortese permesso
della dirigenza, una copia anastatica del famoso foglio autografo
del Poeta...)
Ma continua a dire....
Con tanta cordialità
Lucio Cornelio

12/10/2011
Caro Lucio, la tua pregevole disanima
pone innumerevoli domande. A queste è mio desiderio rispondere, per
quanto sia il mio sentire. Il tempo purtroppo è tiranno , per cui lo
farò…a puntate, chiedendoti scusa.
Da ciò che scrivi emerge una conferma di ciò che ci racconta la
storia della poesia ed inizierò da questo punto: la poesia, alla sua
nascita, non prevedeva la scrittura mediante l'utilizzo di un
qualsiasi supporto, bensì il semplice "bocca a orecchio". In altri
termini si trattava di recite (non necessariamente in luoghi a ciò
attrezzati) di racconti, più o meno epici, trasmessi in forma orale
ed a memoria. (ti rammento Iliade ed Odissea ed i poemi omerici che,
composti grosso modo 750 anni a.c, trovarono forma scritta circa 200
anni dopo, per decisione del tiranno ateniese Pisistrato )
Da ciò deriva la differenza nella sillabazione tra grammatica e
poesia, differenze che tutt'oggi sono mantenute.
Tu, molto opportunamente, citi due frasi in inglese che, analizzate
grammaticalmente, sono composte da 4 e da 16 sillabe ma, nella
dizione orale, il tempo necessario per pronunciarle è lo stesso. E
ciò è dovuto alle accentazioni (stress) che "comprimono" la seconda
frase.
Ed è quanto, in italiano, accade con iati e dittonghi (ascendenti o
discendenti) che, ampliando o restringendo la fonetica del verso,
mutano la sillabazione nella poesia , rispetto alle regole
grammaticali. E , del verso, determinano la metrica.
Per concludere, la poesia andrebbe "ascoltata" più che " letta". La
sua musicalità ne guadagnerebbe e chiara ne risulterebbe la
sillabazione.
Ma analizzi, per la tua disamina, quella che è considerata la più
"costruita" delle poesie di D'Annunzio. Su questa, e sulle tue
evidenze, avremo modo di tornare.
Un cordiale saluto ed a presto. Piero Colonna
Romano
10/10/2011
Carissimo Piero,
Sto provando ad approfondire l’arte dei versi sciolti che, non
possedendo nè rime nè una metrica e una rapsodia prestabilite e
costanti, sono a parer mio molto difficili e impegnativi. La
poesia a versi sciolti deve tuttavia possedere a mio avviso un
ritmo interno che ne domini e ne disciplini lo scorrer dei versi e
dei concetti. E’ fin troppo facile prendere una frase del tipo:
“stamane sono andato dal barbiere, che finalmente mi ha rimesso in
ordine i capelli, che troppo lunghi e folti erano diventati”, e
con essa creare:
stamane
sono andato dal barbiere
che, finalmente,
mi ha rimesso
in ordine i capelli
che troppo lunghi
e folti
erano ahimè
diventati
intitolarla: “dialogo e forbici” et voilà....
Ben altro sono i versi sciolti e, per capire, mi sono rivolto a un
maestro. Mi sono impegnato in un’analisi ritmica su D’Annunzio.
Nel tentativo di carpirne i segreti, ho prodotto questo schema:
testo |
cadenze |
sill
|
Taci. Su le soglie |
Taci.
Su le soglie |
6 |
del bosco non odo |
del bosco
non
odo |
6 |
parole che dici |
parole che dici |
6 |
umane; ma odo |
umane; ma
odo |
6 |
parole più nuove |
parole
più nuove |
6 |
che parlano gocciole e foglie |
che parlano
gocciole
e foglie |
9 |
lontane. |
lontane. |
3 |
Ascolta. Piove |
Ascolta.
Piove |
5 |
dalle nuvole sparse. |
dalle
nuvole sparse. |
7 |
Piove su le tamerici |
Piove su le tamerici |
8 |
salmastre ed arse, |
salmastre ed
arse, |
5 |
piove su i pini |
piove
su i pini |
5 |
scagliosi ed irti, |
scagliosi ed
irti, |
5 |
piove su i mirti |
piove su i mirti |
5 |
divini, |
divini, |
3 |
su le ginestre fulgenti |
su le ginestre fulgenti |
8 |
di fiori accolti, |
di fiori accolti, |
5 |
su i ginepri folti |
su i ginepri folti |
6 |
di coccole aulenti, |
di coccole aulenti, |
6 |
piove su i nostri volti |
piove
su i nostri volti |
7 |
silvani, |
silvani, |
3 |
piove su le nostre mani |
piove
su le nostre mani |
8 |
ignude, |
ignude, |
3 |
su i nostri vestimenti |
su i nostri vestimenti |
7 |
leggieri, |
leggieri, |
3 |
su i freschi pensieri |
su i freschi pensieri |
6 |
che l'anima schiude |
che l'anima schiude |
6 |
novella, |
novella, |
3 |
su la favola bella |
su la favola bella |
7 |
che ieri |
che ieri |
3 |
t'illuse, che oggi m'illude, |
t'illuse,
che oggi m'illude, |
9 |
o Ermione. |
o Ermione. |
3 |
(provate a dar per ogni grassetto un colpo di tamburo...)
e ho fatto su questa strofa un mare di osservazioni.
Prima di tutto ho capito che la lunghezza del verso non limita la
generazione della poesia, ma in D’Annunzio ne diventa viceversa
uno strumento di maggiore espressività. Ogni verso è inizialmente
– in apparente indifferenza – di 6, 7, o 9 sillabe, o anche 3, al
servizio del pensiero che nasce e si compone. Il Poeta mette al
trotto, o serra al galoppo i suoi versi come gli conviene e in
ragione della tensione emotiva che vuol creare.
Fino a “gocciole e foglie lontane” si procede in un fluire piano e
scorrevole di senari dominanti (anche i due versi 9 – 3 sono nel
ritmo dei senari); poi tutto muta nell’incalzare di quinari
(...salmastre ed arse.. piove sui pini...scagliosi ed irti..
incredibilmente anche: piove su le tamerici è un quinario"!) che
procedono fino a “coccole aulenti”...
E poi il ritmo cambia, e nuovi accenti e cadenze dominano sottese
da quei “Piove ... “ : suinòstri voltisilvàni...sullenòstre
manignùde...suinòstri vestimentileggièri....
...e tutto infine si ricompone nella dolcezza ritrovata delle
cadenze iniziali: “sui freschi pensieri – che l’anima schiude –
novella....”... Sembra di ascoltare Una notte sul Monte Calvo....
In realtà, D’Annunzio tratta l’italiano un pò come l’inglese, e mi
spiego. Citando Severgnini, l’italiano è una lingua
“syllable-timed, in cui la velocità di pronuncia di un periodo
corrisponde grosso modo al numero delle sillabe che esso contiene;
mentre l’inglese è viceversa una lingua “stress-timed”, in cui la
durata della frase corrisponde al numero di accenti con i quali
viene scandita.
Se prendiamo le frasi:
1.- SMALL CATS
EAT LESS
essa ha 4 sillabe e 4 accenti
2.- ARCHIBALD MACALLISTER
IS TRAVELLING TO
BEMBECULA – 16
sillabe – 4 accenti
ci si aspetta che la seconda frase duri quattro volte di più della
prima. In Inglese invece si pronunciano più o meno nello stesso
tempo, perchè non contano le sillabe, ma gli accenti (stress).
Così fa D’Annunzio, quando pronuncia i versi: piòve sulletamerìci....sulleginè-strefulgènti....
..è tutto una battuta di ritmi scanditi e incalzanti....E allora
leggo e rileggo, perchè il ritmo mi entri nella mente, e mi ci
rilasci la struttura, gli schemi, gli orditi, i segreti, di una
poesia così incredibilmente bella.
Perdona lo sfogo e l’ingenuo entusiasmo di questo dilettante....
Con tanta cordialità
Lucio Cornelio
3/10/2011
A Lucio Cornelio
Ti ringrazio per la risposta. Attendo quell'articolo apparso su
Scienze e lo leggerò con interesse.
Un cordiale saluto. Piero Colonna Romano
Caro P.C.R,
La tua risposta, al solito molto stimolante, è tipica di una persona
che, lungi dallo specializzarsi, sa gestire le sue esperienze
culturali con il grandangolare.....affrontare i discorsi così è
piacevole e produttivo. In effetti lo stesso Hawking ci dice, con
somma umiltà, che una teoria è valida fintanto che non se ne trova
una migliore...
Sono quindi convinto che ne ... vedremo delle belle, anche se,
parafrasando lo stesso Hawking, non credo che vivremo mai in un
universo in cui i frantumi voleranno dal pavimento al tavolo,
trasformandosi in tazze da the.
Però ti cito un esperimento, del quale potrò dirti di più appena
ritroverò il numero dello Scientific American che ne parlò. Si
allestì un esperimento teso a verificare se fosse possibile lo
spostamento istantaneo di una particella subatomica da una posizione
ad un’altra (una specie di teletrasporto...). In effetti si
osservava che una cosa così avrebbe violato il principio di
indeterminazione di Heisenberg...e comunque l’esperimento venne
fatto.
Il risultato, completamente inatteso, fu che la particella si era sì
spostata istantaneamente da A a B, ma il principio non era stato
violato, perchè B era stato raggiunto in un tempo “precedente” .
(anche qui sono convinto che il verso dell’entropia non cambi...)
Quando avrò ritrovato l’articolo, che apparve su un numero delle
Scienze, te lo passerò.
Concludo ringraziandoti molto, per le belle osservazioni che fai
sulle mie poesie. Sono molto incoraggianti, e mi sento lusingato dai
tuoi giudizi. Son curioso di vedere come reagirai alla prossima
(Dorme la donna mia).
Un cordiale saluto anche a te
Lucio Cornelio
2/10/2011
Caro L.C.
Ho letto con attenzione quanto hai evidenziato nella tua erudita
risposta e non posso esimermi dal dirti le mie impressioni.
Premetto, e vorrei ne tenessi conto, che la mia conoscenza delle
scienze della fisica o dell'astrofisica è decisamente dilettantesca.
Ho letto "Dal big bang ai buchi neri", così come leggo ogni articolo
che tratti d' argomenti scientifici, non avendone adeguata
preparazione (la mia formazione, la mia professione ed il mio
interesse principale è sempre stata la comunicazione, studiata,
praticata ed insegnata). In compenso, in quantità ben superiore, ho
letto e leggo di filosofia (quanto vicina alla scienza !). Ciò detto
inizio:
Tempo fa (tanto, tanto tempo) qualcuno (Aristotele ?) si accorse
che, delle barche che tornavano a riva, se ne vedeva prima la punta
delle vele e dopo, lentamente, la parte inferiore e lo scafo. Questo
qualcuno si disse e comunicò: "capperi ma allora la terra non può
essere piatta. Mi sa che è rotonda."
I suoi amici lo guardarono come si guarda un matto, poi, facendo
attenzione a tenerlo a distanza, dissero : "corbezzoli, ma se così
fosse gli uomini e gli animali e le piante, posti nel lato opposto
al nostro della sfera, volerebbero nel vuoto !". Così rischiò d'
impazzire il filosofo osservatore. Ma prima di lui ci fu Eratostene
e poi Pitagora, con le loro ombre e misurazioni. E ci volle qualche
migliaio d'anni prima che Newton mettesse tutti d'accordo.
E, tra Eratostene e Newton, nel frattempo, santa madre chiesa
provvedeva a mettere il bavaglio a Galilei e le scuse (ma qualche
dubbio ancora, nei più illuminati preti, resta) arrivarono dopo 500
anni.
Il libro che tu citi risale al 1988. Da allora sono passati 23 anni
e, pare, che Hawking, intanto,, abbia modificato di molto il suo
pensiero. Spero di leggere, alla luce di quanto accaduto, una sua
aggiornata visione dello spazio/tempo.
Ma ipotizzi anche un errore nella determinazione della massa del
neutrino e, quindi, della sua velocità. E ciò rientra nel possibile.
Ma dal CERN al Gran Sasso (e non attraverso il gelminiano tunnel) è
stato lanciato un fascio di neutrini e la determinazione della loro
massa globale, io credo, sia stata e sia meno soggetta ad errore.
Inoltre la sperimentazione è stata eseguita tre volte, dando lo
stesso risultato ogni volta (con irrilevanti variazioni) al punto
che uno scienziato, prudente e lontano da facili entusiasmi quale
Zichichi, si è precipitato a darne notizia alla stampa non
specializzata.
Il prof. Ereditato ha chiesto alla comunità scientifica
internazionale di convalidare o confutare quell'esperimento ed io
attenderei queste sentenze, prima di accettare o rifiutare, sulla
base d'antichi assunti, la validità di tale sconvolgente prova.
Concludo con una riflessione: noi il passato lo vediamo già.
Guardando le stelle ne vediamo la luce (l'immagine dunque) di
svariati anni luce precedenti la nostra osservazione.
Immaginando d'avere a disposizione un veicolo in grado di viaggiare
alla velocità della luce e correndo (nello stesso tempo di
percorrenza ) verso la stella osservata, al nostro arrivo vedremmo
il "presente" di quella stella. E se potessimo superarla quella
velocità, non ne vedremmo, per caso, il suo "passato" ?
Causa/effetto, effetto/causa ? Tutto da scoprire.
Ma non voglio impazzire e mi limito ad attendere gli sviluppi della
faccenda. Nel frattempo continuerò a leggere le tue belle poesie.
Traendone godimento. Un cordiale saluto. Piero
Colonna Romano
30/9/2011
Carissimo P.C.R.,
prendo spunto dalla tua frase:
"l' effetto di questa sconvolgente dimostrazione è che viene a
cadere il principio della causalità che voleva l'effetto essere
dovuto ad una causa. Con oggi sarà bene che cominciamo a capovolgere
tale assunto: è la causa che genera l'effetto! E le implicazioni
pratiche, filosofiche e religiose, fino ad oggi note o praticate,
sono tutte da riscrivere o da re intendere. Estremizzo (ma quanto,
ce lo diranno gli sviluppi futuri) con questi esempi: il sapore d'un
bacio diviene, essendone l'effetto, la causa dello stesso. Il
piacere nel leggere una poesia è il generatore della poesia stessa.
L'uomo, effetto della volontà di un dio, è il creatore di quel dio."
la tua ipotesi è suggestiva, ma impossibile, perchè non tiene conto
che esiste non una freccia del tempo, ma varie. Ne esistono tre: la
freccia del tempo termodinamica (la direzione in cui aumentano il
disordine e l’entropia); la freccia del tempo psicologica (la
direzione in cui noi - o un computer che è la stessa cosa – sentiamo
che passa il tempo, la direzione in cui ricordiamo il passato ma non
il futuro); la freccia del tempo cosmologica (la direzione del tempo
in cui l’universo si sta espandendo anzichè contraendo).
La freccia psicologica è determinata dalla freccia termodinamica, e
queste due puntano sempre necessariamente nella stessa direzione.
Nell’intera storia dell’universo invece la freccia cosmologica non
punterà sempre nella stessa direzione delle altre due, perchè
l’universo passerà dallo staio di espansione a quello di
contrazione. Si può dimostrare che lo sviluppo di esseri
intelligenti è possibile tuttavia solo quando il disordine aumenta
nella stessa direzione delle due prime frecce. Ciò vuol dire che
anche in fase di contrazione dell’universo, non si ritorna a stadi
più ordinati (ovvero gli effetti che precedono la causa), ma al
contrario che l’entropia aumenta sempre.
fonte: Stephen W. Hawking – A brief history of Time (trad.italiana:
“dal Big Bang ai buchi neri”. Capitolo 9: La freccia del tempo.
Probabilmente quanto è stato osservato al Gran Sasso è dovuto ad una
imprecisione nella determinazione della massa dei neutrini
coinvolti, in presenza della deformazione relativistica dello
spazio/tempo (Trasformate di Lorentz in caso di moti accelerati),
comunque è una faccenda tutta da verificare. (al di là delle
fantasie demenziali dei giornalisti).
Lucio Cornelio
Commento per "Er diavolo in perzona" di
Aramando Bettozzi.
Sarebbe stata una bella poesia...peccato te l'abbiano dettata quei
due gran zuzzurelloni di Minzolini e Fede.
Ma quando vi sveglierete! Qui non si tratta di prostitute (chiamiamo
le cose per nome) ma di sesso in cambio di favori, appalti ecc.
La Res Pubblica ridotta a letamaio al servizio di un plurindandagato
che la fa franca solo grazie alle leggi porcata. Non ti basta!
E che ne pensi della mercificazione del corpo delle donne?
Cosa penseresti se uno della tua famiglia si prostituisse
con "pisellone"?
Mussolini aveva più dignità! Non sarebbe mai andato con minorenni!
Il fascismo ha cambiato faccia ma il disgusto che provoca è lo
stesso.
Ma caro Armando: "NO PASARAN"!
Un saluto a tutti i sitani, ed in particolare al Professor Lorenzo
De Ninis.
Gabriele Renda
7/9/2011
Ho riguardato un intervento di P.C.R.,
pubblicato qualche settimana fa nella pagina dei dibattiti,
intervento che prende spunto da una riflessione di Arturo Benedetti
Michelangeli, intelligentemente impugnata come una clava contro gli
agrimesori della poesia e della musica.
Non so chi abbia cronometrato le prestazioni del sommo pianista, ma
non credo proprio che le sue innumerevoli interpretazioni degli
stessi pezzi fossero sempre sovrapponibili al centesimo.
So, invece, per diretta conoscenza, che il Maestro è stato seguito
per decenni, in tutto il mondo, dal suo accordatore personale,
Angelo Fabbrini di Pescara, titolare della prestigiosissima "ditta"
omonima e continuatore di una scuola, che, tra l'altro, ha come
riferimento anche il leggendario Alfredo Baldelli di Pesaro.
Qualcuno, poi, riferendosi ad opere di Beethoven (e di altri
cantautori), ha attribuito al beone di Bonn il verso "Così il
destino bussa alla porta", che costituirebbe il significato del
primo tempo della Quinta Sinfonia in do min., Op. 67 e che ha
portato alla banale definizione dell'opera come "Sinfonia del
destino".
In realtà, si tratta di uno dei tanti aneddoti che, inevitabilmente,
nascono e crescono, spesso guastandosi, intorno a figure gigantesche
come quella del Nostro. Della battuta riferisce il solo Anton Felix
Schindler, l'amico, molto interessato, dei "Quaderni di
conversazione", soggetto, come noto, scarsamente affidabile, sotto
tutti i profili.
Va notato, piuttosto, che la "Quinta" fu presentata in un contesto
stratosferico, unitamente, se non erro, alla Fantasia Corale, op.
80, alla Sesta Sinfonia e al IV Concerto per pf. e orchestra, con lo
stesso Beethoven allo strumento, nonostante le ridottissime capacità
uditive.
Il pubblico restò sbigottito e, in parte, almeno all'inizio,
disorientato. L'incipit della sinfonia era una forma espressiva mai
ascoltata prima, quantunque Haydn e Mozart (questo soprattutto in
alcuni concerti per pianoforte) avessero portato le loro
composizione ad altissimi livelli di drammaticità.
Le innovazioni introdotte col primo tempo (il cui ritmo riecheggia
nel terzo), la strettissima continuità che lega tutti i quattro
movimenti, la scelta degli strumenti, la scarnezza e l'essenzialità
dei temi costituiscono una novità assoluta che sorprese, emozionò ed
entusiasmò pubblico, critica e musicisti come nessun'altra
composizione prima d'allora.
Alla salute, Ludwig von Beethoven.
Antonio Fabi
12/8/2011
A chi ancora la fa fuori dal vaso
C’è chi colpisce il Presidente
perché ha abbassato le spese del Quirinale,
ha rinunciato al futuro stipendio da senatore a vita
ma non si è ridotto lo stipendio da Presidente.
C’è pure chi non profferisce verbo
di fronte all’inverecondo spettacolo
d’un premier costretto a presenziare
la presentazione d’un libro del deputato Scilipoti.
Nel paese dei balocchi succede di tutto.
C’è anche l’opposizione cattiva che non vuol collaborare
a rimettere assieme i cocci del vaso di promesse non mantenute
e riparare i danni commessi da irresponsabili al potere.
Ci hanno ridotto con le pezze al culo
ma è quello che si merita un popolo (quella parte di popolo)
che ancora una volta ha creduto
all’uomo dalla bacchetta magica!
Lorenzo Poggi
10/8/2011
Ricordavo una frase di Arturo Benedetti
Michelangeli ma non osavo riportarla a memoria, per timore di
travisarla. Poi (e non casualmente) l'ho ritrovata e la propongo
alla riflessione degli amanti delle geometrie…intelligenti.
Tratta dalla prefazione alla "Storia della musica" (Fratelli Fabbri
Editori -1964-) questa la dichiarazione dell'immenso pianista:
"Noi musicisti amiamo "fare musica", anche più che "parlare di
musica": noi crediamo in un linguaggio capace di parlare
direttamente al cuore dell'uomo, semplicemente, come la vita stessa
fa ogni giorno, con il suo mistero, il suo dolore e la sua bellezza.
Non dovremmo qui dunque parlarvi, ma soltanto invitarvi ad
"ascoltare" ciò che quest'opera vuole offrirvi. (NDA: l'opera era
corredata da numerosi dischi) Pure c'è una cosa che forse è bene
dirsi: Ci conosciamo veramente e, insieme, davvero amiamo la musica
? Io, che per la musica e nella musica vivo, e voi che, a volte, mi
ascoltate, seduti accanto a me nel buio di una sala ? Di questo solo
vorrei riuscire a parlarvi, perché fare musica vuol dire, si,
viverla attentamente ed intimamente in sé, coltivarla nei silenzi
della propria anima, ma anche -e soprattutto direi- riuscire a farla
vivere agli altri, riuscire a suscitare negli altri la stessa
commozione e lo stesso incanto che commuovono ed incantano noi.
Solo quando tra me ed il mio pubblico avviene questo, io sento che
il "miracolo" si è ripetuto. Ma perché questo possa sempre avvenire
bisogna, prima di tutto, conoscersi. Bisogna allontanare, se ci
sono, prevenzioni ed incomprensioni, bisogna ritrovarsi
semplicemente insieme, lasciando parlare la musica in noi."
Rammento, a chi lo avesse scordato e lo dico a chi non lo sapesse,
che Arturo Benedetti Michelangeli è considerato il più grande
"tecnico" mai esistito del pianoforte. Per raggiungere la
perfezione, accordava personalmente il suo Yamaha (strumento ben più
"preciso" e "freddo" di uno Steinway). Per inciso, è l'unico caso
d'esecutore dove due letture della stessa opera sono perfettamente
uguali l'una all'altra. Gelido e scostante, di difficile ascolto,
alle sue interpretazioni bisogna accostarsi con immenso rispetto,
prevedendo violente "sbandate " emotive.
Forse sarà, per voi amanti delle geometrie ineluttabili, duro
esercizio, ma il mio invito è sostituire alla parola "musicisti" la
parola "poeti" ed alla parola "musica" la parola "poesia". E dopo
…tirerete il fiato esausti.
Piero Colonna Romano
4/8/2011
Commento alla poesia di Armando Bettozzi.
Si commenta da sola...poveri noi
Cordiali saluti da Gabriele
Commento in generale
La supponenza e la protervia di taluni o taluno nel considerarsi il
"verbo" non hanno limiti.
Purtroppo la sola cosa che manca è la necessaria intelligenza per
"capire".
Roberto Bottiroli
29/07/2011
La
differenza di fondo tra me e Fabi è che a me interessa quello
che uno dice; a Fabi interessa come uno lo dice. Il suo appunto alla
mia critica al Bettozzi è illuminante:” quando Lei dimostrerà di
conoscere le regole della metrica come le conosce e come le usa
sapientemente Bettozzi, potremo riprendere il discorso”.
Questo era stato il mio commento: “mi piacerebbe che Bettozzi a cui
offrii una volta il mio kalumeth si decidesse qualche volta a
commentare e non a spargere le sue ovvietà da bar dello sport”. Io
ne faccio una questione di sostanza di fronte ad un uomo che con
maestria ci regala le idee che possiamo ascoltare quando siamo in
fila alla posta. Fabi dice che posso parlarne solo se sono alla
pari in fatto di conoscenza di regole della metrica. Non ho altro da
dire e se qualcuno insiste sull’argomento vuol dire che non vuol
capire o non può capire.
Lorenzo Poggi
Il Condominio
Quante liti, che caciarra
sembra d'essere alla sbarra
ma necessita attenzione
quando parla il gran ciarlone.
Ma c'è il libero pensiero
e di questo ne son fiero
dico ciò che più m'aggrada
son poeta di contrada.
Se un costrutto non va bene
suscitando giuste pene
io ritengo allor di dire
ciò che il verso fa sfiorire.
E pertanto caro mio
stai tranquillo, non sei Dio
ma soltanto Belzebù
parlo io e parli tu.
Lo ripeto all'infinito
e talvolta punto il dito
soprattutto contro i rei
e pur anco i filistei.
Qui finisce la lezione
si rinnova la tenzone
buonanotte sognatori....
se mi toccan son dolori.
Roberto Bottiroli
Caro
Renato Bellin,
se invece di Bellin fossi Bellini,
Renato, ascolterei il vaticinio.
Tu Bellini non sei, né Dante o
Plinio,
ma sei solo uno dei coinquilini;
quindi per forza, in questo
condominio,
seguirne vita, esperienze e
casini.
Caro
Lorenzo Poggi,
posso comprendere il Suo sfogo
universale, forse non privo di alcuni elementi di verità.
Non capisco, però, l’astio verso
chi scrive seguendo le regole della stilistica, che non sono
immutabili, come si può constatare leggendo proprio le opere di
grandi autori che vengono malamente citati come avversari della
metrica (Montale, Ungaretti, Saba, ecc.) e come ho provato pure io,
in via sperimentale, qualche giorno fa.
In particolare, mi sembra che
l’attacco a Bettozzi sia quanto meno fuori luogo: quando Lei
dimostrerà di conoscere le regole della metrica come le conosce e
come le usa sapientemente Bettozzi, potremo riprendere il discorso.
Quanto a me, potrei risponderLe
con un celebre epigramma di Marziale, ma questa volta preferisco non
farlo.
Cordialità.
Antonio Fabi
Vedo ora le belle quartine di
Michele Verde, col quale molto mi congratulo.
Socio nuovo? Mi ricorda qualcuno.
A.F.
27/7/2011
Certo è che Io non ho ne arte ne parte come
poeta o scrittore, ma come
lettore posso criticare di veder solo lettere aperte metricamente
poetate,
per colpire l'uno o l'altro e non è questo che m'aspetto dai Maestri
del
settore. Vorrei leggere opere vere e non le solite scaramucce, che
andrebbero impostate almeno nella giusta pagina "questa!"
Per altro non credo giovi ne a Voi e tantomeno al Sito Azzurro,
perciò vi
prego fateci sognare e non partecipare ad una lite condominiale!
Renato Bellin
Oggi non ho voglia di commentare.
Non ho voglia di raccogliere le spoglie della poesia trasformata in
prosa forse poetica o in osservazioni deliranti di persone fuori del
mondo autosufficienti. Sto parlando da sempre di poesia che vuol
dire emozioni, metafore audaci ma illuminanti, estrema sintesi di
concetti e di parole. Poesia che vuol dire sentirsi arricchiti
dentro dopo averla letta. E invece siamo sempre alle lacrimevoli
storie d’amori perduti o d’amori trovati, a ironici versi sui fatti
del giorno. A qualunquismo di destra e di sinistra imperante,
augurandosi sempre che non cambi niente. Poi ci sono i puristi.
Quelli che spulciano tra sillabe e rime a cercare ignoranti ma certo
non poesia.
Vorrei tanto sapere che ne pensa il grande Fabi della mia poesia. Ma
non si pronuncia. Non potendo spulciare tra sillabe e rime non si
pronuncia. E così Bottiroli. Mi piacerebbe che Bettozzi a cui offrii
una volta il mio kalumeth si decidesse qualche volta a commentare e
non a spargere le sue ovvietà da bar dello sport.
Con questo non voglio dire che non esistono i poeti e le poesie
vere. Potrei citare diversi autori presenti con continuità nel sito.
Scusate questo sfogo, ma dopo quasi due anni di mia continua
presenza in poetare avrò pure diritto a dire quello che mi pesa
dentro.
Lorenzo Poggi
25/7/2011
Commento per Pietro Colonna Romano
Carissimo Pietro, ormai sei talmente ossessionato da qualsiasi
composizione in metrica, che non ti rendi conto che non sei il
centro dell'universo; a tal punto che ritieni che ogni burlesca
poesia sia riferita a te.
Credimi sei patetico!
P.s. anche le tue rime sono un po' scadute....studia o, almeno,
approfondisci
Un carissimo saluto estivo
Roberto
21/7/2011
Pietro Pilastro, hai molto lavorato:
la tua sica arrotavi a tradimento,
onde fu saggio al mio componimento
dare un finale più movimentato.
Non lo meriti e quasi me ne pento:
il tuo sonetto, infatti, è più suonato
d’un pugile al tappeto sul quadrato.
Replico solo perché tu stia attento.
La tua insistenza nell’offesa grassa
t’ha condotto al ridicolo e allo smacco,
ma la mala intenzione non ti passa.
Tu la coltivi in un modo bislacco
ed il tuo verso ogni giorno ti abbassa
al verso graziosissimo del ciacco.
Antonio Fabi
L'archimandrita d'Urbino
(sonetto caudato, di molto plagiato)
Tanto erudito e tanto certo pare
lo prence mio quend'ei sparla d'altrui
ch'ogni lingua se tace, oh tempi bui !
E il volto s'arrossisce nel guardare.
Egli si va, volendosi laudare,
proterviamente e presunzion vestuta
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a istruzione mostrare.
Mostrasi indisponente a chi lo mira
che dà, per li occhi, una tristezza al core,
che 'ntender non la può chi no la prova.
E par che de la sua labbia si mova
velenoso sospir pien di rancore
che va dicendo al mondo:deh, m'ammira !
Sulla via stretta vira
insulti regalando a chi s'azzarda.
Risposta a due questioni si fa tarda.
Ma decision testarda
e qui convien che la ripeta in fretta,
quella che diedi al prence per scaletta.
Se in stessa cofanetta
noi troverem cultura ed istruzione.
Posi così la prima mia questione.
Di poi con attenzione,
quando da gran Caton si fu vestito,
lessi e rilessi il comico suo edito!
Divin permesso avito
per emanar sentenze a lui discese ?
Ei plebe separò da nobil chiese.
Prence poco cortese
su vetri lisci prova arrampicarsi
e tanto fumo ei spande per salvarsi.
Ma qui convien levarsi.
Sicuramente è inutil dedicargli
ulterior tempo per udir suoi ragli.
Piero Colonna Romano
20/7/2011
S V B E E Q V
Caro Pietro Colonna Romano,
prendo nota della tua correttezza
per avere espresso un giudizio sui miei ultimi epigrammi, compresi i
due epitaffi, purtroppo riferiti a reali, tragiche dipartite.
Spesso gli epitaffi sono
epigrammi, come tutti sappiamo.
Ne cito uno, celeberrimo, di
Giuseppe Giusti:
Tommaso, che portò fin dalla
culla
La dura soma d’una vita oziosa,
stanco di non far nulla,
un giorno s’ammazzò per far
qualcosa.
L’epigramma dell’attacchino ha
suscitato in zona parecchie, vibrate proteste: è destino, a quanto
pare.
Ho rimediato con uno spettacolare
fulmine di Shakespeare:
"Fatto è il pastrocchio;
ma, nella sua bontà,
spero che dio vorrà
chiudere un occhio
“.
Così
Amleto, dopo aver trafitto Polonio.
Non so
se, mentre scrivo questa nota,
ne sai
già uscita un’altra delle tue;
varrebbe sempre meno di una iota,
“… ch’eo so’ lo pungiglione e tu se’ ’l bue”.
Salute
e bene.
Antonio
Fabi
18/7/2011
Per Piotr Romanovich
Che cosa vedo mai, per Ade Dite!
Vuole Pietro mostrare la sua grinta
e sfodera una forma non distinta
di frasi e di parole scolorite.
Come sempre, però, questa sua spinta
è debole, malgrado le accanite
e sleali intenzioni, poco ardite,
poiché la vena sua è distrutta e vinta.
Tu vivi di tranelli, Colonnello,
di qualche gioco tattico soltanto,
ma inciampi poi nel tuo stesso tranello.
Sei affidabile quanto l'amianto,
ed espressivo sei quanto un vitello.
Sei il mio punching ball; e questo è quanto.
Antonio Fabi
17/7/2011
Commento per Pietro Colonna Romano
Piacevole la lirica, dovresti, però migliorarne il contenuto.....e,
applicandoti un po' di più, potresti anche riuscirci.
Ciao caro
Roberto
Pètùlans Miles (vana)Gloriosus
Al fine del cammin di nostra vita
mi ritrovai d' aver di tra le piote
saccente e noiosissima persona.
Lo suo saper ei spande a piene mani,
senza badar d'averle proprio rotte.
Sbagliò giron la picciola persona,
chè qui non s'ha da far dell'accademia,
né men che meno a noi verrà profitto
se d'Ugo e d' Enzo apprenderem tenzoni.
Ma qui convien, perché memoria torni,
ripeter quel che l'uno all'altro disse:
"Discenderemo entrambi nel sepolcro,
voi più lodato, io forse più rimpianto.
Sarà un elogio l'epitaffio vostro,
sul mio si leggerà che la mia penna,
pura serbata, priva di menzogne".
Quest'è un giron di puri generosi
che qui al lor penar trovan conforto.
Né metrica né rime a ciò lor serve
e giusta comprensione e giusta stima
chi legge, con amor, a lor riservi.
Ma a chi ,come per Miles, non comprende,
spacciando l'istruzione per cultura,
fosse indignato da cotanti sbagli,
io suggerisco, a questi, il frequentare
più aulico giron ch'è qui presente,
grazie all'illuminata dedizione
di quel gran vate, a molto consenziente.
Continuerò a goder di poesia,
da loro sentimenti trarrò gioia
e miei commenti ancor saran presenti,
con buona pace d'inclito ed incolto.
Piero Colonna Romano
16/7/2011
Commento senario
Il caro buon Pietro
ha rotto gli ormeggi
ha rotto lo scettro
e passa ai dileggi.
Ebben sono affronto
novel paladino
di deboli alquanto
ei s'erge il carino.
Il dubbio rimbrotto
ei scaglia a difesa
in questo salotto
lanciando l'offesa.
Poichè pur taluni
s'aggrappano ad altri
legandosi a funi
si credon si scaltri.
Riprenditi almeno
il debole impazza
un poco di freno
per Quelli di razza.
Roberto
15/7/2011
Si fa il clima davvero elettrizzante.
L'ottimo Gus avanza una proposta,
che forse piace a tutti. Affascinante
sembra l'idea di una bella batosta
da infliggere al novello Sacripante,
munito di una brutta faccia tosta
e di null'altro, a parte la sua rabbia,
che mi costringerà a metterlo in gabbia.
È vero che gli scontri dei Maestri
furono esempi di cavalleria;
giammai, peraltro furono maldestri.
Eppure, in qualche caso, tuttavia,
le maniere corrette, fini, "equestri",
si mutarono quasi in villania:
Foscolo fu con Monti folgorante
e questo replicò in modo insultante.
Questi è rosso di pel Foscolo detto:
sì falso che falsò fino se stesso,
quando in Ugo cangiò Ser Nicoletto.
Guarda la borsa se ti vien d'appresso!"
Qui è debole Vincenzo ed è scorretto:
dice che Ugo è un ladro. Questo eccesso
è proprio di chi accusa il gran diretto
che il "nemico" sul volto gli ha già impresso.
Ricorderemo Dante ed Angiolieri,
che, a quanto pare, era molto più pronto;
e Giovio, ch'a Aretin fe' gli occhi neri.
Io qui non ho neppure un mezzo tonto,
né un Pontiliano; altro che Alighieri!
Ma col sonetto tengo aperto il conto.
Non è vago racconto
la sfida senza pause che Piedritto
lancia, orgoglioso, per finire fritto.
A. F.
Mi complimento con Gabriele Renda per "Cuore di pietra": tre belle
quartine, con ritmo quasi perfetto. Bello l'accostamento dell'arpa e
della cetra. Mi viene in mente "Il fiore di pietra" di Prokofiev.
Ho notato una bravissima epigrammista, di cui ho letto alcuni pezzi
nei giorni scorsi, senza annotarne il nome. Chi mi può aiutare a
trovarla? C'è anche la fotografia nella sua pagina.
Pace e bene, cittadini e compagni.
Antonio Fabi
14/7/2011
In risposta a Gus
Concordo pienamente su quanto affermato a proposito di fair play
(con particolare riferimento, a mio avviso, ai commenti sugli altrui
componimenti) e su quanto detto a proposito di satira e polemica.
Trovo particolarmente equilibrato il tuo auspicio.
Capisco poco, al contrario, quel definire "sagace fescennino"
l'illuminato principe del foro. A meno che quel "fescennino" non lo
si voglia intendere quale abitante di Fescennio (città dell'Etruria
orientale, grosso modo l'attuale Umbria) bensì sia riferimento ad
antichi canti agresti licenziosi (appunto i fescennini). Ma questa è
sottile distinzione.
Ma c'è anche un "sagage" ad aggettivare il nostro. Sagage, da
Devoto-Oli, significa accorto, scaltro, ingegnoso (oltre che di
ottimo odorato) e, sinceramente, il Fabi a me non ricorda Bertoldo
(quello di re Alboino, per chiarezza) bensì il Miles Gloriosus (in
sedicesimo) di Plauto.
Per quanto poi riguarda il mio essere "duro" ebbene sì, lo sono
quanto basta e gradirei molto partecipare ad una Giostra
Laurenziana, a condizione che la realizzazione di questa somigliasse
alle chat, per evitare ai contendenti lunghe…riflessioni.
Cordialmente ti saluto.
Piero Colonna Romano
Cherubinar, significar per verba ... non si
potria.
Scherzi a parte sia Fabi che Colonna sono pungenti, anche se il
primo tende più al sagace fescennino, mentre il secondo è più
crudo. Io penso che in ogni caso fra scrittori del sito del
paziente professor De Ninis, debba esserci maggior fair play.
La satira e la polemica sono componente connaturata con la
letteratura, pensate a Orazio e Dante, per fare un grande esempio,
ma anche alla diatriba fra Foscolo e Monti, del vil traduttor
d'un traduttor d'Omero e del sì falso che falsò fino sé
stesso /quando in Ugo cambiò ser Nicoletto ...,
per avvicinarci più a noi.
Ci vorrebbe una nuova edizione della Giostra Laurenziana.
Gus
12/7/2011
Addottorato in musicologia,
il professor
Colonna ci riserva
di note e di
concerti una caterva
più completa
d’un’enciclopedia.
Con il tono
saccente della serva,
scoprendo
Cherubini per magia,
grazie a
graziosa intercessione mia,
il suo sordo
disprezzo gli conserva.
Poi passa a
ragionare di altri autori.
di Mendelssohn,
Vivaldi ed altri ancora,
svelandoci
così, odi ed amori.
E, proseguendo,
viepiù s’accalora,
ché anche Felix
vorrebbe sbatter fuori.
Pietà per chi
l’abbecedario ignora.
Al termine di
questo sonetto classico (è un sonetto anche quello che lo precede,
Messer Sciarrino, ma Lei, more solito, scambia fischi per
fiaschi) mi preme precisare che ha ragione, sostenendo che io
conosco alla perfezione i compositori e le opere che Ella cita.
Conosco
praticamente tutte le opere degli autori maggiori, da Bach, a
Mozart, ad Haydn, a Boccherini, a Cherubini, a Beethoven, Spohr,
Weber, Schubert, Schumann, Chopin, Brahms, Mendelssohn, ecc.
Non sono, però,
né musicista, né musicologo, bensì musico fago, ossia membro di una
loggia potentissima e terribile, forse più di tanti loggionisti
Quanto a
Cherubini, è inutile rammentare che egli, morto Haydn, fu
considerato il più importante compositore d’Europa. Posso invitare,
però ad ascoltare i suoi quartetti, il cui linguaggio è quello di
Haydn e di Beethoven. Non ho inteso contrapporlo a Mozart e Verdi:
chiunque capisce lo scherzo dissacratorio che ho riservato ai due
valorosi strimpellatori.
Vale la pena,
tuttavia, citare fonti dirette, piuttosto che aneddoti e postulati
di parte. E.T.A, Hoffman, p. es. nota la presenza di Cherubini
nell’ouverture del Coriolano; Arnold Schmitz dedica uno
studio particolare all’influenza di Cherubini sulle ouvertures di
Beethoven. Egli stesso, dopo avere assistito alla Lodoiska
dell’Italiano, coltivò ben presto, secondo quanto riferisce
Alexander W. Thauer “… l’ambizione di competere con
Cherubini nel suo stesso campo”.
Non mi resta
che suggerire qualche altro ascolto, rammentando la grande opera di
recupero effettuata da Pietro Spada, che ha valorizzato
magnificamente il patrimonio costituito dalla musica strumentale
italiana, per molti decenni negletta, puntando molto, tra gli altri,
proprio su Cherubini e su Muzio Clementi, “padre del pianoforte”.
Mendelssohn non
ha bisogno di essere da me difeso: ci pensa egregiamente Schumann,
che non è certo un giudice compiacente: ne sanno qualcosa Meyerbeer
e Donizetti, quest’ultimo ingiustamente maltrattato.
Vada anche per
Vivaldi e per Telemann, oltre che per Corelli, Haendel, Scarlatti
padre e figlio, Purcell, Albinoni, Tartini … i Francesi, gli
Spagnoli, i Russi e gli Americani (Gottschalk, in primis).
Qui mi fermo,
ché l’astro furibondo,
mi sta
sciogliendo e mi toglie il vigore,
tentando di
mandarmi all’altro mondo.
Già della morte
io sento il rigore…
… ma vedo
avvicinarsi, sullo sfondo,
l’ombra
d’Alcide, tra tutti il migliore.
Lui colpirà con
le sue frecce il Sole,
per trarre in
salvo me e le mie parole.
Prosit
Antonio Fabi
9/7/2011
All'illuminato principe del foro.
Il Suo umorismo, del genere infantilgoliardico, non mi pare degno di
adeguata risposta ma le Sue considerazioni sulla musica classica e
le preferenze che Ella esprime, mi sollecitano a sufficienza per
convincermi a dedicarLe qualche riga.
Inizierò dalle spiritosissime parole che mi dedica, facendosi chissà
quante grasse risate e complimentandosi per l'arguzia delle Sue
trovate. Dunque io sarei Pilastro (che ridere !), Piedritto (da
lacrime agli occhi !), Capitolino (da irrefrenabili singulti !) ed
avrei confuso, ovviamente con consapevole scelta, un rapper con un
grande contrappuntista.
Ma su tutte queste sciocchezze (queste sì inconsapevoli e, quindi,
per Lei, inevitabili) si può obliare, tanto chiaro è il loro
attributo. Dove però vale la pena soffermarsi è quell'accusa che
Ella, consapevole della Sua nobiltà, mi rivolge: avrei odio nei Suoi
confronti !
Ohibò, ma l'odio è sentimento nobile quanto l'amore ed i nobili
sentimenti vanno rivolti a chi, nel bene o nel male, li meritano.
Inoltre sono sentimenti faticosi da sostenere e grandi devono
essere, nel bene o nel male, le caratteristiche delle persone cui
sono rivolti.
E non è il Suo caso, principe.
Al termine della Sua sconclusionata poesia endecasillabica, Ella
cita un mio (forse) antenato. La informo che quello Sciarra Colonna
(tra tutti gli altri che furono papi o condottieri valenti o
mecenati ma anche geniali farabutti) è quello che preferisco.
Indimenticabile l'oltraggio d'Anagni !
Ultima ma doverosa considerazione: Ella mi invita a non commentare
positivamente poesie espresse con metrica traballante perché, a Suo
dire, ciò sarebbe un insulto a Lei, scientemente rivolto (trascrivo
le Sue parole : "inaffidabili cambiali di Gabriele, pur di dare
addosso a me, animato com'è da furor teutonicus"). Principe ma Ella
ci è o ci fa ? Devo forse aggiungere il termine "presunzione
egocentrica" per maggiore chiarezza ?
In compenso Ella svicola, stramba, sgarra da una lato per poi
invertire la rotta, pur di non rispondere alle due domande che con
la mia "Al Pasquino pavese" (in effetti a Sua Signoria indirizzata)
posi. Qualora le fosse sfuggito gliele ripeto: 1- chi è molto
istruito (come indubbiamente Ella è) è necessariamente "colto" ? 2-
da dove Le proviene il diritto di elaborare classifiche di merito
tra gli aderenti al sito ? E ripeto la domanda fatta sopra: ma Ella
ci è o ci fa ?
Ed infine La informo che i miei commenti vertono esclusivamente su
quello che, a mio parere, è il senso delle poesie. Sono le
sensazioni che mi danno, le emozioni che me ne derivano. Non mi
sognerei neppure (domine non sum dignus) di giudicarle tecnicamente.
Mentre qualcosina di più vorrei dire circa il Suo sviscerato amore
per Cherubini, se me lo consente.
Il Cherubini, grande interprete del neoclassicismo romantico, nei
suoi due Requiem, da Lei è stato definito "siderale".
Personalmente lo definirei "algido" e ciò proprio perché,
contemporaneamente a lui, vi furono quasi tutti quegli autori da Lei
citati, e tra questi, Beethoven che fece piazza pulita delle
matematiche regole del Cherubini, mettendo anima, passione, nobili
sentimenti ed impegno sociale nelle proprie immense (queste sì)
composizioni.
Cherubini è considerato anche il padre del "moderno" cromatismo.
Wagner lo affinò rifacendosi a quegli insegnamenti. Bene, io la
invito ad ascoltare e confrontare la musica sacra del Cherubini con
il preludio del Parsifal, oppure con il Gloria o il Nulla in Mundo
Pax Sincera vivaldiani.
Credo che questi confronti (ma altri se ne potrebbero fare, compresa
la…noiosa Messa da Requiem di Verdi e quella immensa, per
sentimento, di Mozart, anche se incompiuta) servano a chiarire la
differenza tra tecnicismi e sentimenti espressi.
Altro confronto che mi piace proporLe è quello tra Cherubini e
Mendelsshon. Entrambi schematici. Entrambi prevedibili nello
sviluppo dell'armonia. Ma la cultura (sì egregio principe, cultura)
del secondo traspare dalle sue opere, cosa che, privilegiando la
tecnica, non accade col primo. Algido appunto.
Personalmente mi è accaduto, molti anni fa, d'innamorarmi di
Telemann. In quel periodo l'intero barocco, per me, in lui si
esauriva. Poi mi capitò d'ascoltare i concerti per mandolino di
Vivaldi…..
Non dubito che Ella conosca alla perfezione ciò che sopra ho citato
e, credo, che la Sua scelta a favore di Cherubini sia dovuta ad un
atteggiamento mentale particolarmente rigido (quella "cultura" che
temo Ella non possegga). Quello che La rende partigiano della
metrica in poesia ha esattamente la stessa motivazione.
Non so se questo nostro dialogo proseguirà. Certamente no, per
quanto riguarda la prima parte di questa lettera perché non intendo
perdere dell'altro tempo, con Lei, su quegli argomenti.
Per quanto riguarda tutto ciò che Le ho esposto sulla musica,
qualora ne avesse la voglia ed il tempo, mi farebbe piacere
proseguirlo, ma non tra questi dibattiti. Questo è un sito di poesia
non di musica.
Conosce il mio indirizzo mail, se vorrà potrà utilizzarlo.
Senza odio alcuno, La saluto. Piero Colonna
Romano
6/7/2011
Gentilissimo Dottor Fabi, io non ho mai
difeso i Black-block e comunque la invito ad informarsi prima di
esprimere giudizi insensati. Chieda a chi era presente a Genova nel
2001, chi erano veramente i Black-block, resterà senza parole!
Ma già, dimenticavo, a lei interessa solo la metrica.
Comunque le chiedo umilmente qualche lezione, pagando s’intende,
perché sono una persona umile e non mi vanto come qualcuno.
Cordiali saluti da Gabriele
Non mi divertono le polemiche troppo serie.
Credo, in ogni
caso, di poter dimostrare per tabulas le mie convinzioni
politiche, ammesso che ciò interessi in questa sede. Sento di dover
effettuare questo richiamo, poiché non vorrei equivoci su Salò e sui
Partigiani, magari in rapporto all’uso e all’abuso della tecnica
metrica.
Non vorrei,
inoltre, essere fonte di attrito tra persone che -nessuna esclusa-
stimo, per un ragione o per l’altra.
Mi pare
doveroso esternare la mia particolare gratitudine a Roberto e a Gus,
oltre che alle Signore già menzionate in vari scritti pochi giorni
fa.
Ovvio, però,
che, dopo una premessa così conciliante, la mia Musa mi imponga di
riprendere, per così dire, il ritmo consueto.
Per quanto io
possa condividere i contenuti sociali e politici di Renda (non
tutti, tra l’altro, poiché sui “black block” la mia condanna è
totale ed incondizionata) non potrò fare a meno di notare che la
metrica non è, per ora almeno, pane per i suoi denti. Se egli
persevera alla ragguardevole media di un errore ogni quattro versi,
offre inevitabilmente e volontariamente spazio a spunti
critici mordaci..
Colonna
Capitolino, pur non del tutto digiuno in materia di stilistica,
preferisce avallare le inaffidabili cambiali di Gabriele, pur di
dare addosso a me, animato com’è da un furor teutonicus che
lo conduce alla catastrofe.
Ho replicato in
versi alla sua lettera aperta a Bottiroli, preannunciando
chiarimenti ulteriori, soprattutto in tema di istruzione e cultura
musicale.
Quando ho
gaiamente risposto alla valorosa socia, professoressa Greggio, ho
voluto introdurre il Requiem, poiché essa, bonariamente,
ipotizzava un epicedio generale, dopo quello che avevo consigliato a
Colonna.
Ho voluto
citare Cherubini, forse il più grande compositore italiano, autore
di due siderali Requiem, affermando che quelli di Mozart e
Verdi mi erano venuti a noia (in effetti li si ascolta con troppa
frequenza).
Avrei potuto
citare altri musicisti celebri, da Liszt a Dvořák, da Berlioz a
Bruckner a Brahms, da Pacini a Donizetti a Fauré, fino al gruppo che
ideò il Requiem per Rossini, opera collettiva di
straordinario interesse, e (perché no?) fino al Cav. Luigi
Vecchiotti, da Servigliano, Maestro di Cappella a Urbino, autore di
una monumentale Messa Funebre per la battaglia di Castelfidardo.
Ma Cherubini è
proprio un classico in ogni senso, una personalità che giganteggia a
cavallo del XVIII e del XIX Secolo, raggiungendo un prestigio pari a
quello di Haydn, di Salieri, di Mozart. Beethoven, lo guarda e gli
si rivolge quasi con timore riverenziale.
Luigi
Cherubini, appunto.
Ecco che qui
Romano dà il massimo di sé, confondendo Luigi Cherubini con
Jovanotti (Cherubini Lorenzo, appunto). Ecce homo, crucifige!
Ecco il baratro tra cultura e istruzione! Così, più o meno ha
tuonato il mio robusto amico.
Giuro sulla
zucca di Brunetta che non si trattava di un tranello; ma il mio ex
estimatore si impastoia da solo.
La mia battuta
su San Francesco, la sua prosa e la sua politica, poi, lo conduce a
Petrarca, ma questo è poca cosa.
Lascio stare le
altre bustine di veleno scaduto, dato che sono da tempo
mitridatizzato. Rilevo solo qualche piccolo pasticcio nella sua
ultima composizione in metrica.
Onde, Colonna,
Piedritto di Roma,
placa la
collera tua deleteria;
e perfezionati
nella materia
che credi tua,
ma che ancora ti doma.
Cogli del
nobile idioma d’Esperia
tutto il valore
e consegui il diploma.
Certo è
pesante, all’inizio, la soma,
ma la faccenda
mi pare assai seria.
Distinguerai
poi tra rima e assonanza,
quando – dicevo
– sarai diplomato.
Dunque,
alimenta una tale speranza.
Fa’ che ogni
rocchio sia sempre curato
e che curata
sia sempre ogni stanza.
Cerca di essere
sempre aggiornato.
Che altrimenti
Pilato,
e non Pilastro
saresti, né Sciarra,
del cui deciso gesto ancor si narra..
Antonio Fabi
A Lorenzo Poggi: omnia munda
mundis .
Gus
Commento per Piero Colonna Romano
Caro Piero, splendido lo sfottò fatto al sottoscritto; il "prendere
in giro" necessita sempre di quell'arguzia che esprime
l'intelligenza e la buona educazione di una persona.
Ciao caro
Roberto
Semplice commento
Ritengo, sempre nell'ambito della diatriba, di rispettare gli altri
e di usare quel briciolo di educazione che purtroppo manca ad un
onnisciente personaggio che oltre a fare deduzioni alquanto
strampalate lascia altrettanto perplessi sulla qualità di un
egocentrismo paranoico.
Cordialmente
Roberto
4/7/2011
Francamente non mi interessa disputare
a cicli ricorrenti ora di metrica ora di qualunquismo
giustificatore.
C'è una cosa però che non sopporto. S'è detto che i ragazzi di Salò
vanno giustificati come i partigiani perché le loro scelte erano
sincere. Anche chi ammazza il padre e la madre è convinto di fare
cosa buona. E' come dire che il processo di Norimberga non si doveva
fare perché le intenzioni dei vari boia nazisti erano buone.
Non so che dire ma simili argomentazioni sono la base del
revisionismo storico. E giustificare il tutto citando letture d'una
campana e dell'altra serve solo a ribadire la propria strutturale
incapacità di capire.
Lorenzo Poggi
Al Pasquino pavese
Oh Roberto, caro mio,
quanto costa equivocare!
Ciò che scrissi era desio
altra meta interrogare.
Son poeta di contrada
e perciò forse sbagliai
nello sceglier altra strada
e così trovai dei guai.
Quel che conta, amico caro,
dentro questa confusione,
che l'intento sia ben chiaro
e prevalga la ragione.
E l'intento resta questo
piaccia o meno a duri orecchi
non nel scegliere nel cesto
tra la metrica e papocchi,
ch'è pacifico ad ognuno
che sposar metrica e senso,
senza errori fare alcuno,
arricchisce ogni censo.
Le questioni che io posi
furon due ma è cosa dura !
Se istruzione, infatti chiesi,
fosse madre di cultura.
La seconda mia questione
fu qual fosse quel diritto
che permise a quel Catone
d'emanare quell'editto.
Tu non c'entri, caro amico
e di te, ma tu lo sai,
stima ancora io ti dico.
Spero non ti lagnerai.
Piero Colonna Romano
3/7/2011
Carissimo Piero Colonna Romano,
Scusa il “ carissimo “ ma viene dal cuore, perché ho letto la tua
lettera aperta al Signor Bottiroli
( spero di non essere stato indiscreto ) e trovo che sia la più
bella e confortante risposta alla mia
poesia , che tu pure hai letto nello spazio “ Dibattiti e critiche
“, perché coglie perfettamente il
senso di quanto io desideravo dire. Infatti la mia non è tanto una
poesia, quanto una garbata
provocazione che intende far riflettere ( ma forse è pretendere
troppo ) queste persone molto
colte, sul fatto che il loro sguardo, dalla montagna del loro
sapere, spazia per linee orizzontali
e sfugge loro ( o preferiscono non vedere ) paesaggi situati in
altitudini più modeste, ma che
sanno comunque offrire emozioni e appagare la vista di che il mondo
lo osserva con occhi
generosi e con grande umanità.
I tuoi occhi sono molto belli e hai una buonissima vista.
Complimenti
Colgo l’occasione per ringraziarti dei generosi commenti che dedichi
alle mie modeste poesie.
Con grande stima.
Giuseppe Dabalà
Per dibattiti
Voglio entrare anch'io nel dibattito sulla metrica. Sono certo che
si possa fare poesia, anche armoniosa, senza la cadenza
dell'endecasillabo o di altro verso, con o senza rima. Però ritengo
che chi non conosce la metrica, non debba usarla, non debba, cioè
produrre un verso zoppo.
Quanto ad Antonio Fabi, non sempre benevolo, ma anche non sempre
malevolo, io apprezzo le sue rasoiate a fin di bene. Lui stesso è il
primo a divertirsi quando lo si critica. Se poi ha fatto alcuni
nomi, tralasciandone altri, credo si rivolgesse più che altro ai
duellanti della giostra, a quelli che conosce meglio.
Gus
Commento ad abundantiam
Non so ben che cosa ho fatto
forse sono un po' distratto,
se taluno s'è adirato
pel mio "credo" scellerato
e trovando sulla strada
un poeta di contrada
s'è a tal punto indispettito
da puntare tosto il dito.
Dell'Antonio cosa dire
quando giungon d'altri l'ire,
la sua metrica è sublime
come pur le dotte rime.
Se cultura e intelligenza
vanno a spasso con sapienza
brusco vin non s'ha da bere
ve lo dice un ragioniere.
P.S.
nel mio precedente commento, per troppa foga nello scrivere e con
una tastiera vetusta mi è "scappato" un "contradditorio" anzichè un
"contraddittorio". Quei pochi che potevano farmelo notare hanno
sicuramente pensato ad un "lapsus calami".
Roberto
Commento per Pietro Colonna Romano
Caro Pietro,
premesso che:
- leggo sempre con attenzione i tuoi commenti;
- fra i pochi intimi ci sei anche tu;
- la poesia è vera libertà d'espressione;
- purtroppo per taluni, esiste anche la metrica;
- non hai molto da imparare in fatto di metrica e, poichè la metrica
è anche musica, fa parte del tuo notevole bagaglio (guarda che so
leggere.....);
- molte persone che non conoscono la metrica, se lo fai loro notare,
s'offendono....chissà perchè!?;
- io ribatto con versi (ovviamente in metrica) ma non mi offendo ( a
proposito di intelligenza e cultura);
- sempre a proposito di contradditorio seppur salace, ti vorrei
ricordare che il caro Lorenzo è stato costretto ( mesi orsono) a
sospendere, per alcuni giorni, i commenti perchè i contenuti del
dialogo si erano fatti alquanto accesi;
- orbene ho preferito cedere e lasciar perdere su ulteriori
provocazioni (intelligenza o cultura?);
- in altre occasioni, con personaggi del calibro di Ghino Burlacco,
l'Antonio, il Ghino e il Roberto si sono punzecchiati quasi
quotidianamente (anche con toni forti) ma con assoluto divertimento
reciproco.
Ciò premesso:
ognuno è libero di esprimersi in rima senza l'uso della metrica ma è
altrettanto libero un sapiente esteta come l'Antonio di farglielo
notare nel modo che più gli aggrada.
Senza acredine ma sempre con stima.
Roberto
Salute a te, Roberto Bottiroli,
al tuo intuito, al tuo genio, ai tuoi colori,
con cui dipingi strabilianti voli
e che della tua stima assai mi onori.
Quanto ti debbo? Pochi versi soli
non bastano, a lodare i tuoi splendori.
Ti prego, tuttavia, di condonare,
il debito residuo, se ti pare.
Debbo pur le mie forze risparmiare
per dare sempre affabile risposta,
con squilli di buccine e di fanfare,
a chi con arte e garbo a me s'accosta,
con delizioso scrivere e parlare.
Pensando all'amicizia corrisposta
di Cristina, perfetta rimatrice,
mi è facile, signori, essere felice.
Vorrei per Voi chiamare mille cori
ed altrettanti complessi orchestrali
da tutti quanti i punti cardinali,
per un concerto di stelle e d'allori.
È duro, certo,
ma un buon concerto,
forse più in là,
lo si farà.
Dico: da me,
ché spazio c'è,
dentro il palazzo
o sul suo spiazzo.
E questo invito lo estendo al Magnifico
e a tutti i cittadini del suo stato,
poiché il comportamento mio è pacifico
anche con chi, toccato, mi ha odiato.
Cordialmente
A. Fabi
*******
Vedo ora una lettera aperta
che Piedritto ha inviato a Roberto.
Vedo un odio che quasi sconcerta;
tuttavia ancor più mi diverto.
Questo lungo pamphlet non m'allerta:
il suo autore è un po' tardo e inesperto;
e la sua musicale cultura
è una cosa da fare paura.
Non disdico, ovviamente, l'invito
e sarò, lo prometto, cordiale,
poiché presto sarà rinsavito
nonostante il peccato mortale.
Cherubini s'è un po' risentito
per l'errore tremendo, esiziale.
Il Suo Requiem Lei gracchia, signore,
bestemmiando con tanto livore.
Spiegazioni dettagliate quanto prima nella pagina
dedicata ai commenti e ai dibattiti.
A. Fabi
2/7/2011
Lettera aperta a
Roberto Bottiroli
Caro Roberto,
tu sai quanta sia la mia stima nei tuoi confronti. Sai anche che,
dopo qualche tempo dalla tua assenza da Poetare, ti chiesi di
continuare a regalarci le tue belle e tecnicamente perfette poesie.
Credo d'averti anche comunicato che la mia presenza (che in questi
giorni compie un anno) su questo splendido sito, fu dovuta,
soprattutto, al tuo apprezzamento per le mie poesie.
Questo mi incoraggiò a proseguire in un'attività da me, fino ad
allora, scarsamente (e molto malamente) praticata e tuttora provo
pudore nell'inviare i miei componimenti, non ritenendomi un poeta.
Ciò detto (e per venire al nocciolo della questione) capii lo
spirito, la "mission", di Poetare, leggendo l'intervista che Renzo
Montagnoli fece, tempo fa, all'ineguagliabile Lorenzo De Ninis.
In quell'intervista vi sono la motivazione (commovente) di
Montagnoli alla sua adesione a Poetare, il suo conforto derivatogli
dal fare poesia e le nitide risposte date dal dominus del sito.
Penso che tu abbia letto quanto sopra ho citato, nel caso contrario
ti invito a farlo.
Consentimi una digressione che, però, sarà utile per capire il
seguito di questa lettera: nel corso della mia lunga attività
lavorativa ho avuto modo di frequentare, lavorando fianco a fianco,
numerosi manager di cui, alcuni, di risonanza internazionale. Spesso
plurilaureati, talvolta in prestigiose università estere (tipo
Oxford). Da ognuno di loro ho molto imparato e, permettimi
l'immodestia, sempre da tutti loro stimato.
Per fatti della vita, un bel giorno (sì proprio un bel giorno) mi
sono trovato ad avere a che fare con ben altro tipo di personaggi.
Tra questi il massimo titolo di studio era un diploma di scuola
superiore ( talvolta acquistato) e, molto spesso, inferiore.
Regressione ? Per niente perché tra questi ultimi ho trovato quella
cultura che nei primi (con rarissime eccezioni) era inesistente.
Chiusi nei loro tecnicismi, acquisiti brillantemente, erano incapaci
di guardare oltre le loro conoscenze e, soprattutto, incapaci di
guardare "dentro" il loro prossimo, di capirne le ragioni e le
esigenze.
Differenza, quindi, tra istruzione e cultura è ciò che ho inteso
sottolineare con il mio componimento "Peras imposuit Juppiter nobis
duas", risposta ad una proditoria aggressione che il grande
letterato Antonio Fabi fece ad una poesia di Gabriele Renda il
quale, ma guarda un po', non avrebbe, normalmente, rispetto per la
metrica.
Questo letterato, temo a causa d'eccesso d'istruzione ricevuta, ha
scritto frasi ed ha fatto commenti tali che dimostrano quale baratro
ci sia, troppo spesso, tra cultura ed istruzione.
Te ne cito a memoria (ma non ne distorcerò il senso) la più
clamorosa:
Lorenzo Cherubini ha composto un Requiem apprezzabile mentre quelli
di Mozart e Verdi sono di una noia mortale.
E ciò dimostra a sufficienza che abbiamo a che fare con un
personaggio dotato di grande istruzione, ma quanto snob l'accademico
!
Fortunatamente l'Antonio assolve Francesco Petrarca, del quale
ammira la prosa, e ne approva (ohibò !) la politica estera ed
interna. Il Petrarca gliene sarà grato in eterno.
Per quanto poi mi riguarda personalmente, il Fabi non ha capito che
il mio definire "sonetto a metrica variabile ad libitum" la
composizione sopra citata, era soltanto ironia, ben sapendo che tale
metrica non è esistente.
Così come non capisce (ma ci è o ci fa ?) che la parola "unti",
usata per definire gli otri della composizione, sta a significare
"impermeabili" e non è stata lì inserita per ragioni di stiracchiata
rima, così come egli ipotizza con protervia.
E mi appella "Pilastro", così come a scuola venivano chiamati
"quattrocchi" coloro che portavano occhiali da vista, per prenderli
in giro. Chissà quante risate si sarà fatto !!!
Clamoroso poi il 10 giugno: l'accademico in un accesso di furore
giustizialista, vestito l'ermellino da giudice, emette la sua
sentenza ed elenca …gli eletti del sito con incredibile arroganza !
Ed altre "chicche", gioiello di presunzione accademica, potrai
trovare nel lungo commento che il Fabi ha fatto, rispondendo alle
varie Fata Morgana, Greggio e Poggi , il 24 giugno.
Caro Roberto, concludo prendendo atto della tua ammirazione nei
confronti del Fabi.
Ciò non mi disturba minimamente né la mia stima nei tuoi confronti,
per questo, diminuirà.
Vorrei soltanto informare te e chiunque legga i miei commenti che
questi mai verteranno sulla bontà della tecnica metrica. Commento e
commenterò se e quando dalle poesie del sito mi deriveranno emozioni
o riflessioni .
Per quanto riguarda le composizioni che continuerò a formulare,
tenterò di seguire un qualche schema metrico, con o senza rime,
soltanto se ciò non andrà a detrimento dei sentimenti che intenderò
esprimervi.
Augurandomi di rileggere, al più presto, le tue poesie su Poetare,
ti saluto molto cordialmente.
Piero Colonna Romano
1/7/2011
Il dubbio atroce
Volevo stare zitto
Per giusta convinzione
Che quello da me scritto
Non meriti menzione
Infatti mi definisco
Se me lo passate
“ Poeta analfabeta “
Poeta di borgate
Analfabeta in quanto
Studiato o poco e male
E’ vero ho letto molto
Ma non Tacito o Giovenale
In questo sito ho avuto
Il modo di provare
Di dare al mio sentire
La gioia di esternare
Mostrar la carne viva
Quello che ho dentro al petto
Ma quanto ora succede
Insinua in me un sospetto
E’ lecito lasciare
Chi non ha gran maestria
Di tecniche del rimare
Di scrivere una poesia?
Da giorni infatti osservo
Dire dai veri poeti
Che scrivere poesie
E’ compito da esteti
Esteti del “ Bel dire “
E dal grande sapere
Che sono disturbati
Da chi non ha mestiere
Allora visto che sono
Di rime un ciabattino
Mi pongo questo problema :
Disturbo forse un pochino?
Perché la discussione,
Tra eletti, ho generato
In quelli assai “ modesti “
Un sentirsi spaesato
Si chiedono : In sostanza
Sono forse io soltanto
Frutto di un’ignoranza
D’un immeritato vanto
Poeti, che avete avuto
In sorte il grande dono
Abbiate anche la grazia
Di offrire il perdono
A chi soltanto chiede
Alle sue rime storte
Di trovar nell’amicizia
Conforto alla sua sorte
Perciò da Voi mi aspetto
Che siete intelligenti
Di togliere il sospetto
Alle “ volgari “ genti.
Giuseppe Dabalà
27/6/2011
"Perchè vi sembra un uomo quello che
vediamo nei giorni d'oggi?"
Maurizio Spagna
12/4/2011
Due garbate parole a Poggi. Nel
commentare il mio brano, come al solito, sei caduto nelle tue
certezze. Se io o tu avessimo avuto vent'anni nel quarantatrè e ci
fosse stato posto il dilemma di aderire alla Repubblica Sociale o di
andare in montagna a far parte delle Formazioni Partigiane cosa
avremmo scelto?
Certo ciò che derivava dalla nostra personale educazione,
dall'ambiente in cui ci eravamo formati, dai maestri che avevamo
avuto. Io credo che coloro che hanno dato la vita per una scelta
personale siano tutti degni di rispetto. Io ho letto Cassola e
Fenoglio, ma anche Zangrandi e Pansa, Salvemini, ma anche De
Felice. Molti giovani seguivano solo i loro ideali.
Gli errori rivelati da processi postumi, in altri termini, le
analisi successive agli eventi, sono ancora in gran parte
contraddittorie proprio perchè gli eventi si guardano da angoli e
culture diverse. Ricorda il detto "cave hominem unius libri".
Traducilo con "guardati dall'uomo che trae il suo credo da un'unica
versione dei fatti". Nella mia vita ho sempre tenuto presente
un'insegnamento di uno scrittore cinese comunista, Lin yutang,
autore di "Tra lacrime e riso," che diceva "Nella discussione non
è necessario l'accordo, ma il modo in cui le persone vedono le cose
dopo aver discusso". Ognuno arricchisce l'altro quando, fra
persone civili, pacatamente si discute. L'arricchimento nasce
dall'ascolto delle opinioni altrui. Quanto al revisionismo,
espressione in voga che tu hai usato, avresti omologato la sentenza
contro Giordano Bruno? A volte è meglio rimeditare ciò che la Storia
tende a cristallizzare, vero ...
Gus
29/03/2011
Caro Tartagni ... ma l'italia della
resistenza, quella tu devi amare, quelli che erano dalla parte
giusta: sono solo sessant'anni che gli intellettuali ci spiegano che
l'Italia che hai descritto nasce dalla resistenza. Non c'è libro che
non esalti il più ammirabile e sfacciato voltagabbana della storia
mondiale che ha portato frutti come le fosse ardeatine, Marzaboto,
Cefalonia, stragi, fucilazioni, disperazione guerra civile e odi non
ancora pacati.
E' stato il genio italiano che a un tiro di schioppo dalla fine
naturale della guerra più micidiale e più sbagliata di sempre,
ammesso che ci siano guerre non sbagliate, ha pensato bene di non
arrendersi alle preponderanti forze nemiche di cinquantaquattro
Stati, ma di passare dall'altra parte. Chi se ne sbatte della guerra
civile. Importante era vincere anche quando si è stati
irrimediabilmente sconfitti, meglio affrettarsi a salire sul carro
dei vincitori con tanto di armi e bandiere e ucciso e vilipeso il
tiranno e i suoi accoliti, essere ciò che tu amaramente descrivi
chiedendoti che italia devi amare. Di poi la libertà. La libertà di
fare abbominio di cemento e acciaio, distruggendo il paesaggio più
bello del mondo, inquinando i suoi mari, abbandonando la natura al
suo destino, causando alluvioni da disboscamento e incuria di monti
e valli. La libertà di instaurare una democrazia oligarchica. La
libertà che tiene in schiavitù le classi più deboli senza avere
alcun progetto per rendere loro la vita meno disagevole. La libertà
delle mafie di dilagare incontrollate in tutta la repubblica e di
imporre il feroce diktat per cui non v'è affare non inquinato e non
raggiunto dai loro tentacoli. La libertà dei traffici di droga. La
libertà dei giovani senza qualità e direzione. La libertà di un
paese ormai incapace di riconoscersi e di amarsi.
Gus
27/02/2011
Commovente la poesia di Gus
"Pover'uomo".... estremamente autobiografica. Saluti da
Gabriele
25/02/2011
Commento al commento di un commento: a Gus
Penso che questo spazio sia rubato alla poesia. Penso che
tali polemiche, molto più adeguato sarebbe fare con mail personali.
Ma il tuo delirante commento esige una risposta.
Io gentile ? Quanto basta. Mi è sufficiente essere educato, per
quanto possibile.
Che c'entra Hitler? Vedi tutti i dittatori, spesso sanguinari, sono
stati voluti ed imposti da chi riteneva di trarne vantaggi economici
(Krups per la Germania, la Fiat per l'Italia ad esempio). Ma la
realizzazione di tali progetti è stata possibile perché, in quelle
nazioni, v'era (e purtroppo continua ad esserci) gente indifferente,
priva, appunto di ideologie ("O Franza o Spagna purchè se magna").
Come pare tu sia.
Partigiano? Ebbene si ed è un mio vanto. Ma con tutto il rispetto
possibile per chi professa, democraticamente, diverse ideologie. E
scarsissimo per chi non ne ha (ricorderai, forse, cosa diceva
Machiavelli dei neutri)
Viviamo di scelte: scelgo il bar dove andare, il giornale da
leggere, la marca della carta igienica, la donna da amare. E scelgo
dove mettere la croce sulle schede elettorali. La vita è una
continua scelta. E scegliere significa schierarsi ed escludere ciò
che non si sceglie. Scegliere è fare politica. E chi, come te, si
vanta di non avere parte non si accorge d'essersi appiccicate
comunque un'etichetta. Con sopra scritto "qualunquismo".
Leggo della tua indignazione nei confronti di "oche vocianti
dimentiche della grandezza della Donna" e, associandomi a quanto
scritto da Tinti Baldini in merito, sottolineo quella "d" maiuscola.
La donna ha pari dignità, pari diritti e pari doveri rispetto agli
uomini. E magari di più diritti, visto il carico di lavoro
decisamente maggiore che normalmente sopporta. Quella consonante in
maiuscolo a te, forse, è parso segno di rispetto mentre in effetti è
un mettere la donna su di un ipocrita piedistallo. Un escluderla
insomma.
Il trasformismo è connaturato alla nostra classe politica e, quasi
sempre, è difficile scegliere e le delusioni successive non mancano.
I personaggi che hai citato non godono e non hanno mai goduto della
mia stima né, tanto meno, del mio voto. E sono quei personaggi che,
pur di conservare il proprio potere, hanno consentito l'attuale
situazione. Con la vostra connivenza. Federalismo di stampo razzista
compreso. Per quanto riguarda la storia del PCI ed il suo allinearsi
all'URSS, sarebbe bene che prima di scrivere…inesattezze tu leggessi
qualcosa. Per esempio la storia della vita di Berlinguer o di
Amendola e di decine d'altri galantuomini comunisti che alle stragi
dell'URSS si opposero. A proposito: quanti galantuomini di destra si
opposero ai Franco, ai Salazar?
Ma al termine del tuo commento ecco appare il vero Gus. Scrivi: "Il
mio Finiamola, che si limita a civile protesta verbale, DOVREBBE
ESSERE CONDIVISO DA TUTTI GLI ESSERI PENSANTI" !!!
Capolavoro d'apertura mentale.
Ed infine, per quanto mi riguarda, tu potresti benissimo schierarti
con i personaggi che hai citato. Non ne peggioreresti di molto la
qualità.
Un saluto. Piero Colonna Romano
Come ho già scritto precedentemente e
come dimostro dalla scarsa e superficiale partecipazione, non ho nè
la testa nè il cuore per entrare nel vivo ,caro Gus.Volevo solo
farti sapere, ma credo tu già lo sappia , che io non amo essere
incasellata nè etichettata, mi sento abbastanza libera di pensarla
come voglio ma , banalmente ,quando sento starnazzare oche alla
Santachè e alla Gelmini quasi quasi desidero un distinguo.Per quanto
riguarda le donne, per esperienza diretta e non ,la strada è ancora
lunga ,la lotta pure per evitare abusi fisici e psicologici da parte
di omuncoli e donnucole che però hanno il potere di distruggere.Non
parliamo della donna in altri paesi ma quello è un altro discorso.
Un caro saluto a te e a tutti voi azzurri.
Tinti
Dopo aver letto gli sproloqui di chi legge la
storia senza pesi e misure avendo fretta di fare d'ogni erba
un fascio e quindi giustificare il suo "non prendere parte" , oppure
prendere parte gettando fango senza capire ciò che succede, senza
capire l'importanza di segnali d'un risveglio morale (come centinaia
di migliaia di donne in piazza) d'un paese ridotto allo sbando etico
da un puttaniere di Stato, vorrei dedicarmi alla poesia.
Ma il problema resta. Ognuno, è giusto, deve ragionare con la
propria testa. Purché non si verifichi quanto descritto in questo
epigramma:
C'è chi si riempie la bocca
di mele bacate,
le sfoggia, brillanti, tra i denti
senza capire che il verme
ha bacato il cervello.
Lorenzo Poggi
24/02/2011
Tinti gentilissima, essere di sinistra
è una jattura. Significa dividere l'umanità in sinistra, destra,
centro e quant'altro. Etichettarsi, come tu stessa intendi,
delimitare cioè in angusti confini tuoi del tutto condivisibili
credo è di per sè una jattura.
Vedi, un uomo libero, non si lascia nè etichettare come appartenente
a questa o a quell'altra fazione, nè si lascia coinvolgere da
qualunquismi o anarchismi.
Pensa liberamente e non ha bisogno di aderire a questo o a quello.
Tutt'al più, quando esprime il proprio voto, cerca il meno peggio
del momento fra quella congerie di gruppi che costituiscono la
cosiddetta inveritiera egemonia del popolo o democrazia, al contempo
forse il meno peggiore dei mali , ma certamente una chimera
irrealizzabile.
Tieni strette le tue encomiabili giuste tensioni di eguaglianza, ma
sensibile come sei, non accreditarle a questa o a quella faccia sia
essa rappresentata dal capitalismo della selva o dal collettivismo
della mandria.
Quanto alle oche vocianti, la donna non ha alcun bisogno di
emancipazione o per lo meno ne ha meno dell'uomo: non ti bastano
esempi come Golda Meier, Evita Peron, Benazir Buttho, Indira Gandhi,
Margareth Tatcher, Angela Merkel, per restare in tema politico, per
capire che le donne che si sono ribellate sono oche.
Contro che si ribellano? il sopruso degli omuncoli? l'esistenza di
donne che si prostituiscono per colpa degli omuncoli che le pagano?
Io ho solo voluto prendere le distanze da chi ha capsule nelle
orecchie.
Con simpatia
Gus
Colonna gentile di nome e un po meno di
fatto:
Che c'entra Hitler il più sinistro degli uomini del secolo
ventesimo? che c'entra Evola: tutte persone schierate, come mostri
di essere tu con il tuo chiaro partigianesimo.
Che c'entra, com quanto ho scritto, l'olocausto ? penso ti riferisca
a quello orribile degli Ebrei, che con le stragi dei Pellerossa, dei
Boeri, degli Armeni, dei Russi durante il periodo di Stalin, di
Naghasaky di Hiroshima, dei Cambogiani, dei Ceceni, e prima amcora
con la deportazione dei "Negri", con le stragi degli aborigeni
operata dagli Spagnoli nelle Indie Occidentali, sono vergogne eterne
degli essere umani?
Che c'entra col fatto di criticare oche vocianti dimentiche della
grandezza della Donna, che quando tale non ha bisogno di oche, o il
libertarismo idiota che altrettali vocianti rivendicavano non
volendo condividere con nessuno l'utero e il frutto dell'utero?.
Che c'entra l'olocausto di milioni di persone con gente che ha
chiamato perennemente la sua Nazione, la terra degli avi, anzi chè
Patria, il Paese e poi si scopre strumentalmente nazionalista per
paura del federalismo?.
Che c'entra con persone schierate come i giornalisti di Repubblica,
quelli di Avvenire o quelli di Libero e tutti gli altri?
Che c'entra con i comunisti diventati social democratici per
opportunismo politico, sempre gli stessi, dopo aver esaltato i carri
armati a Budapest o a Praga o i fascisti, sempre gli stessi, che
hanno fatto la loro fortuna politica nutrendosi come vermi sulla
carcassa di Mussolini, per poi dopo cinquant'anni ripudiarlo? Non
era meglio manifestare indistintamente contro tutti costoro e
chiederne le dimissioni?
Ho attaccato e continuerò ad attaccare quegli intellettuali che si
riempiono la bocca, condizionandosi alle stupide ideologie, capaci
solo di creare solchi, come quello che tu vuoi creare con me, solo
perchè non ragiono per categorie e non riesco a vedere Hitler meglio
di Stalin o per scendere nel nostro gossip politico Casini meglio di
Fini o Dalema meglio di Berlusconi.
Basta con gli intellettuali e peggio con i poeti a senso unico, non
li sopporto come non sopporto gli uomini d'un solo libro! Il mio
"Finiamola!" che si limita a civile protesta verbale, dovrebbe
essere condiviso da tutti gli esseri pensanti.
Non mi schiererei a sinistra nemmeno di fronte a un plotone
d'esecuzione e non credo che nelle guerre ideologiche ci sia chi ha
ragione o torto: le guerre sono il torto.
Con inalterata stima.
Gus
21/10/2010Gus
-commento ad un suo commento-: non è mia intenzione entrare in una
diatriba politica. Non è questo il sito adeguato. Partecipo attivamente ad
altri forum specifici e la invito a fare altrettanto. Ma vorrei,
sommessamente, rammentarle che Socrate sacrificò volontariamente la propria
vita, pur potendoselo evitare, per rendere omaggio ad una sentenza della
democratica Polis. Di quella Polis che, pur contestata dialetticamente dal
sommo filosofo, era da questi ritenuta espressione di una democrazia per la
quale si può (deve?) sacrificare la vita. Poi c'è chi pensa che bevve la
cicuta per liberarsi della moglie Santippe. Veda un pò' lei. Cordialmente.
Piero Colonna Romano indirizzo e.mail:
koropi@libero.it
01/10/2010
Cari sitani, continuo a chiedermelo:
cos’è questa malattia che chiamiamo poesia ? E’ una delle arti, cioè
un modo di comunicare ? E questo comunicare (nel senso di messaggio) deve
essere universale (cioè accessibile a tutti) o riservato a pochi eletti ? E’
poesia quella del Pascoli o quella del Luzi ? Entrambe e perché ? Perché
oggi posso poetare e domani no? Eppure, conoscendo le tecniche (metrica,
accentazioni delle parole ecc.) potrei farlo sempre, ma così non è. L’arte è
in costante divenire: lo è anche la poesia ?
Rileggo “Sillabari” di Parise e vi trovo una
prefazione/avvertenza dello scrittore, la seguente, che vi propongo:
“Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che,
una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri. In
poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo
libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di
scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A
e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i
programmi, la poesia mi ha abbandonato. Ed a questa lettera ho dovuto
fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non
quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un
poco come la vita, soprattutto come l’amore”
Goffredo Parise: prefazione a “Sillabari”
Riflessione proposta da Piero Colonna Romano
21/04/2010
A
ruota libera
E' strano, tu così lontana
ed a me così vicina
cantare i miei silenzi
tenere in me desiderio
e passione per poi
propagarlo intorno
io piccolo uomo
sono fiamma e ramo secco
ed una parte di me
consuma l'altra.
vorrei riempirmi
di tutto quello che tu sai
per avvicinarmi
a ciò che tu sei.
perchè il desiderio
è metà della vita
mentre l'indifferenza
è già metà della morte.
Marcello Plavier
14/04/2010
Immaginare il suono
della rugiada
guidarlo attraverso
lo spazio
dove si perdono
gabbiani nel momento
del loro volare.
In qualche luogo
la poesia sogna
piena di luce
è scintilla che esplode
nell'aria e raggiunge
l'amore
filtrando ogni immagine
per donare la fiamma
dell'essenza della carne
e dell'anima.
marcelloplavier
13/04/2010
Sono
emozioni le lacrime
Sentimenti profondi
Iniziano con i primi vagiti innocenti
di un bambino appena nato
e con il tempo cambiano
le emozioni che fanno scivolare
quelle gocce di rugiada lungo le gote
spesso causa di batticuore
solo con il tempo spesso diventano ruscelli
irrefrenabili necessari per lavare le pene del cuore
Faraon Gianna
12/04/2010
cos'è
goccia di lava o lacrima
che scorre sul tuo viso
dalle cime dove l'acqua attende
il momento per venire a lavare l'umanità
arriva rumoroso
il silenzio del tuo aspettare
Scoprirò, sotto la pietra
del tuo corpo la grande mappa
confusa del destino
vuota la mente dai pensieri antichi
ed il tuo mondo sarà allora
delle fonti e delle spighe
che apriranno la nuova via dell'amore.
Marcello Plavier
11/04/2010
Lontano è il tempo
Riaffiorano emozioni nuove invadono pensieri
sommersi tra i ruderi di epoche lontane
risvegliati dal letargo appaiono sonnolenti
in dimensioni sconosciute
tra cielo e terra trasportate da onde
tra luci e ombre in spazi indefiniti
incontri emozionali
Sentimenti paralleli che viaggiano
come binari verso la stessa meta
tra salite e dirupi gallerie e spazi aperti
in tempi indefiniti.
Faraon Gianna
09/04/2010
Quando sopra noi
scende la cecità del tempo
con sguardi contratti
ispezioni il dolore
di un amore lontano
cercato nei sogni sognati
Nella prigione delle parole
si nasconde l'animale
che ulula sotto il cielo lunare
in una gabbia di gesti e di frasi.
I passi più importanti diventano ascesa
sulle alture si vive e sto in alto con te
il fatto più semplice del mondo
primo ed ultimo
nostro tormento e gioia.
Marcello Plavier
Il
dolore
Difendersi dal dolore
negando l’evidenza
è finito il giorno
con tutti i suoi attimi.
Prima della luce c’è il buio
dove nulla incontri
se non bagliori provocati
dalla luna
solo il tatto ti aiuta
a non ledere il tuo corpo
contro i mille ostacoli della notte
Percepisci i suoni
creati da ciò che ti circonda
ma non creano emozioni
esse arriveranno al sorgere del sole
allora la luce inonderà il tuo volto
svaniranno così le ferite della notte
Faraon Gianna
06/04/2010
Immensi pesi si posano
sui venti sulle assenze
sui fogli scritti sul nulla!
Roccia riposa su roccia
e tu cuore di pietra
adagiati e poi risvegliati
abbandonati e galleggia
immobile
e così c'incontreremo
oltre le differenze
fra rocce germoglianti
come
nuotatori celesti
naufragati nei cieli.
marcello plavier
Non
chiedere perchè il cuore diventa pietra
dalla pietra nascono e crescono
i licheni essi sono vita
da studiare da scoprire da accarezzare
come il vento accarezza la terra
le parole accarezzano i cuori
e lentamente riscaldano
anche i cuori di pietra
e come il sole aiuta a far germogliare la vita
così le parole fanno germogliare i cuori.
Faraon Gianna
03/04/2010
Con
delicatezza
intacchi appena la voce
e col sorriso
affronti il silenzio
che non ti ascolta.
Quando te ne vai
come è inutile cercarti
seguirti, elimini
ogni traccia ed ogni ombra.
Quello che vuoi
adesso è pietra, forma
grandezza intorno al tuo
silenzio così rumoroso.
E mi domando, sempre.........
Marcello Plavier
02/04/2010
Difendersi dal dolore
Finito è il giorno
con lui tutti i suoi attimi
prima della luce c'è il buio pesto
dove incontri i fantasmi
che volteggiano tra i pensieri.
Percepisci i suoni della vita
ma non creano emozioni.
Quelle emozioni arriveranno
al sorgere del sole
allora la luce innonderà il tuo volto
raffiorando le ferite della notte
Faraon Gianna
Con il
sorriso e con la voce
intacchi appena il silenzio
nella notte dove mi trovo ora
La dove tu sei a me accanto
mentre dormi
ove c'è luce che io non vedo
e potrai negarmi tutto.
negarti a tutto
così pura che vivi
in un biancore immenso
da te all'intorno creato.
Marcello Plavier
01/04/2010
Nel buio della notte i sogni
volano tra le stelle
nella costellazione dei sogni
in alto in galassie infinite
volteggiano senza meta
nello spazio infinito dell'amore
dove vivono i cuori solitari
tra lacrime e sorrisi
tra delusioni e incertezze
rincorrono i ricordi svaniti nel tempo
li afferrano tra emozioni e sussurri
evanescenti come le parole
dette in un sussurro.
Faraon Gianna
31/03/2010
Ciò
che amiamo ci ama
sebbene non voglia
Domani, oggi, chissà
risponderà quando
ormai sembra impossibile
come soffio impercettibile
sussurrando amore.
Sopratutto a notte fonda
quando il sogno giunge
dalle stelle senti stupito
che ora è pure suo
quello che voleva amare
senza volere..
Marcello Plavier
30/03/2010
Lentamente
Finita è la frenesia
tutto arriva lento anche le parole
Cadenzate come i passi
come i battiti del cuore.
Non è diverso l'amore
esso cerca e ricerca
il luogo dove posarsi
dove mani lo possano trattenere
Dove anche nel buio
si sappia riconoscerlo
e possa esso rianimare la solitudine
lentamente ma costante
Faraon Gianna
29/03/2010
Dimmi
adagio amore,
nessuna cosa così
Quanto così non dici
è per me che lo dici
Dimmi adagio così
amore nessuna cosa
Forse allora
dalla pura solitudine
nel nulla si troverà
la mia vita.
marcello Plavier
26/03/2010
Quanta ragione hai tu ,ma questo amore e l'essenza ,è la vita ,è il
motore che muove la macchina del mondo
se gli uomini riuscissero a sentire questo tipo d'amore anche per un solo
giorno, molte cose brutte svanirebbero
qusto amore si può seminare nell'animo umano, attraverso la poesia e la
conoscenza dell'uomo ,
con il coraggio di confessarlo e metterlo in pratica,amore è anche rispetto
verso se stessi e verso il prossimo
veso la natura che cu circonda,se si ama così non si teme nulla, nemmeno la
morte
Faraon Gianna
25/03/2010
E'
interessante il vostro commento Cristina e Gianna, certamente tutto
il non di Cristina è condivisibile, così come le giuste considerazioni
di Gianna, ma per me l'amo è fatto imponderabile che nasce improvviso e
ti fa sentire grande, con l'amore sei pronto a concedere e non è
importante se chi tu ami non lo sa, l'amore non è solo un fattore di
coppia, anche se non puoi amare se non c'è controparte.Personalmente
l'amore richiede anche la sofferanza del rifiuto, ma questo non lo fa
morire.
Il vero amore quello che ti fa tremare le ginocchia, quello che non ti
fa dormire, quello che ti priva del cibo e di tutte le amenità del
mondo, non finisce mai. Resterà sempre vivo nel cuore, nell'anima e
nella carne.
Nell'amore quante emozioni nascono e si sovrappongono senza dare scampo
a chi ama veramente.
Grazie care amiche e compagne di viaggio
Marcelo Plavier
23/03/2010
Condivido con Cristina la sua visione dell'amore
spesso però l'amore ti fa reagire in modo inadeguato
si nasconde dietro l'arroganza ,la timidezza.
si presenta con spavalderia,mai mostra subito il suo vero volto
Esso spesso teme la sofferenza del rifiuto
allora cerca la via della solitudine
e si esprime solo attraverso le parole che diventano poesia
Faraon Gianna
Io
posso dire che cosa l'amore "non" è. almeno per me.
L'amore non è mai pietà.
Non è mai indifferenza.
Non è mai stabilito in partenza che debba finire, e se finisce come un
temporale, improvvisamente, non era amore.
Non raccoglie le parole per ingannare.
Non fa scrivere di eternità quando il proprio giorno è già finito per
mancanza di sogno.
Non ha mai bisogno di chiedere ciò che l'altra-o non può dare.
Non si trasforma mai in cameratismo, e se lo fa, non era amore.
Non fa aspettare mai.
Non chiede permesso per amare.
Non confonde il sentimento con il bisogno fisico... questo ne è solo
conseguenza.
Non fa sentire mai inferiori, se la differenza si avverte, vuol dire che non
era abbastanza grande da annullarla
Perché l'amore è anche voglia d'amare, di sognare, di volare al di sopra
della quotidianità, di affrontare pensieri ansiosi e accadimenti tragici,
risate e follie da capogiro, in due.
Ed è rispetto, gentilezza, poesia.
cristina
22/03/2010
Ombra
con luce
che cresce
tra versanti vertiginosi
come paesaggio desolato
sorgi improvvisa
e cerchi di fissarmi
con occhi
offuscati
come se
vagassi tra creste
rocciose
dominandomi da grande
altezza.
Cammini
e scompari
sugli ultimi
rami di un albero
fra una fioritura di ginestre
in un cielo calcareo
e diventi stella
intrecciata
nel regno della memoria
con i capelli
che tanto mi hanno
avvinto nel mio
amore bruciante .
Marcello Plavier
cercami tra le righe sbiadite di un foglio ,
tra le sillabe segnate a matita
con incertezze,e paure
cercami nel suono melodioso di una tromba
cercami nei cirri del cielo
dove puoi scoprire il mio volto
esso sarà come tu lo vuoi
Faraon Gianna
21/03/2010
Beato
chi viene raggiunto da questo vento, oppure chi riesce bere a
questa sorgente o chi sa penetrare nelle profondità della terra o sa
scavare nel ghiaccio
Cerco di scoprire dove,
lontano da polveri, tu conservi
i miei brevi giorni d'amore
lasciati lontani nei pochi
anni della nostra vita.
Una canzone mi raggiunge nella notte
ma tu Amore dove sei
Nella quiete notturna le sue parole
son palpiti ed il suo pulsare è luce
ma tu Amore dove sei
Unico e solo nel canto insondato
sei tu Amore, padrone del silenzio,
della solitudine e della passione
sei tu Amore, loto che solitario
fiorisci sullo stelo della vita.
Marcello Plavier
20/03/2010
L'amore è come una sorgente nasce tra la roccia più dura ,tra fessure
spesso invisibili ,nasce dalla terra, nei strati più profondi,da ghiacciai
nascosti ni monti più alti.
mai dalla logica o dalla matematica,lui è volubile libero come il vento e
come il vento culla il mondo
Faraon Gianna
19/03/2010
Per
tutta la vita ho amato
e spesso ho amato ciò che altri odiavano-
tuttavia quello che amavo da fanciullo ancora lo amo
e quello che ora amo lo amerò sino alla fine dei miei giorni
poichè l'amore è tutto quello che ho,
e nessuno mai potrà farmelo perdere
Kahli Gibran
Marcello Plavier
24/02/2010
innanzi tutto grazie per essere intervenuta, io uomo antico ho
scoperto
il grande amore in vetusta età, è un amore solo mio, perchè è uno di
quei amori che potrebbero fare male,
ma il mio amare è grande così pensando, sognando e scrivendo,
e poi ci sono amori che trascendono dalla carne e dalla ricerca
dell'altra/o, l'amore per la vita con tutte le sue implicazioni,
Grazie per essermi stata accanto
Marcello Plavier
20/02/2010
hai
ragione l'amore non è possessività, spesso è negazione, rinuncia
-silenzio,il saper rinunciare per amore è il gesto più grande che una
persona può fare,quando questo è fatto inconsciamente,diventa un dono,
Non tutti però, portano nel cuore così tanto amore da rinunciare anche alla
propria vita ,se l'uomo riflettesse sulle proprie azioni già questo sarebbe
un atto d'amore.
Faraon Gianna
17/02/2010
Gradirei che gli amici poeti si cimentassero nella descrizione "cosa è
l'amore".
Io sostengo che l'amore non fa soffrire, che sono la possessività, la
gelosia e l'esigere sempre, i valori negativi che incidono sulla
serenità dell'amare
Forza andiamo avanti ho molte cose da scrivere, ciao a tutti
Marcello Plavier
19/10/2009
Talvolta mi è venuto da pensare perché io scrivo, ed allora sono
addivenuto
al pensiero
che non scrivo perché ho qualcosa da dire ma scrivo perché ho voglia di dire
qualcosa,
a me piace scrivere l’amore, poiché l’amore ha tre periodi di malattia e
cioè desiderio,
possesso e sazietà, io mi trovo ancora nella prima fase, e mi ci trovo bene.
Forse annoio il lettore, ma volendo mandare il messaggio ecco che io scrivo.
marcello plavier
07/10/2009
Se lo
scrivere ti è caro, devi assolutamente possedere conoscenza,arte e
magia:
cioè conoscenza della musica delle parole, l’arte di non aver nessuna arte
e magia d’amore per chi ti legge. (Kalil Gibran)
marcello plavier
17/09/2009
Questa sera,se mi è consentito,vorrei con voi
esprimere il lutto ,uno dei tanti da sempre, attraverso un'
emblematica poesia di un grande , Bertold Brecht.
Chi sta in alto dice pace e guerra
Sono di essenza diversa
la loro pace e la loro guerra
sono come vento e tempesta.
La guerra cresce dalla loro pace
come il figlio dalla madre
ha in faccia
i suoi lineamenti orridi.
La loro guerra uccide
quel che alla loro pace
è sopravvissuto.
Grazie
Tinti Baldini
Per lo spazio "Dibattiti" mi è gradito affermare che non so risolvere
indovinelli, specialmente quelli degli altri: "Edipo incontrò a Tebe la
Sfinge, mostro mezzo leone e mezzo donna che poneva enigmi ai passanti,
divorandoli quando non sapevano rispondere. In particolare chiedeva:
Qual è l'essere che cammina ora a due gambe, ora a tre, ora a
quattro, e, contrariamente alla legge generale, è più debole quando
ha più gambe? Risposta: L'uomo, perché da piccino va a 4 gambe,
adulto a 2, vecchio a 3 gambe (col bastone)";
ho avuto da alcuni di voi commenti piacevoli, ma ho notato che
nessuno mi ha inviato risposte relative all'indovinello nascosto nel
"Marzolino indovinello", quasi a dire "ma chi se ne importa dei tuoi
indovinelli" oppure "non ci interessano tue le poesie in regalo che
prometti ai solutori del Marzolino...". Inoltre chiedo: ma, di "Otto
ciclisti con i candelieri" che io dichiaro surreale, de diana sior! sù
datemi dello stupido, perdincibacco, ma ditemi qualcosa! Che, però,
occorre che io sappia meritarmelo, s'intende! La lirica che pervade molte
poesie gonfia il cuore, non si può vivere senza lirica (vedi mia poesia "Made
in Bologna": la lirica vincerà!) Le storie di Tinti,
Attanasio, Massimo, Marcello, Cuccu, Davide e molti altri "azzurri" mi
hanno molto colpito, è piacevole anche leggere un trio di poeti perché
significa che molto è stato costruito finora. Io mi sto appena affacciando
e ho ancora il carniere vuoto, non posso fare commenti validi; così se mi
accettate continuerò a mandare delle povesie, ricordandomi che
la poesia deve essere anche ludica, e questo nostro lavorare ci deve
far divertire, oltreché soffrire -il meno possibile!
ciaosandren
14/09/2009
Sono
felice che la proposta abbia risposta. La poesia è libertà ,rispetto
e amore....e in un momento del nostro tempo in cui la cultura viene
chiamata"parassita"non si deve mollare e crederci soprattutto con
forza.,fantasia ,comunione d'intenti e "respiro etico".Grazie
Tinti Baldini
Dobbiamo perseverare soprattutto nella difesa della parola,che sia
poesia o altro.
Dobbiamo poter essere liberi,conoscere per essere
liberi,aperti a quello che gli altri hanno da dire,rispettare le
opinioni degli altri,averne cura come fossero nostre.
La poesia è
libertà anche quando si è costretti a rispettare la metrica,quando il
verso è talmente libero da non sembrare nemmeno tale.
é vero che la
nostra epoca sembra senza valori,ma in realtà tendiamo a credere che i
nostri siano migliori di quelli degli altri,allora chi ha fede si sente
in diritto di giudicare chi fede non ha,o la cerca perchè pensa che non
sia un dono ma appunto ricerca.
Pensiamo di poter dividere il nostro
Paese,di poter fare a meno degli stranieri quando noi stessi ci
sentiamo a volte
estranei al nostro tempo ,alla nostra vita sociale.
Serve la poesia,servono i poeti ,servono le parole ed il rispetto della
parola.
Serve l'arte,la bellezza,la gioventù,serva la vecchiaia,serve
perfino la Morte perchè ci sia vita.
grazie Maria Attanasio
13/09/2009
Alla
domanda "Ci sarà ancora spazio per la poesia nel terzo Millennio?"
Maria Luisa Spaziani risponde"Ci sarà sempre. Siamo talmente storditi dal
ritmo di vita che è cambiato ,intossicati dalle parole e dalla tecnologia
che abbiamo bisogno di riscoprire la parola pura...solo così il lettore ,
identificandosi, potrà uscire dalla genericità dei sentimenti e dai luoghi
comuni delle idee..."Che ne pensate?In un momento storico,sociale, politico
in cui la parola perde di senso , i sentimenti vengono banalizzati , la
cultura passa in coda e i valori sono disvalori ,dobbiamo perseverare?Grazie
Tinti Baldini
30/04/2009
Ho letto solo ora la
lettera di Saverio Strati . Penso che il minimo che tutti noi possiamo fare
sia quello di fare un " copia e incolla " , stamparla e farla conoscere il
più possibile a tutti i nostri parenti , amici e conoscenti amanti della
lettura ; dovremmo anche prenderci l' impegno di comprare i suoi libri . Mi
meraviglio come il mondo della cultura " ufficiale " non si sia mosso , come
fu per Elsa Morante . Ricordate ? Ricoverata in una delle più costose case
di cura romane , la " Villa Massimo " , si mossero tutti gli esponenti della
Cultura e della Politica , indignati perché una scrittrice di quel calibro
dovesse affrontare da sola la retta della casa di cura e le spese mediche
senza l' aiuto dello Stato . Ne seguì una polemica che certamente non é il
caso di riaprire ; ma , dato questo precedente , un " pensierino " se lo
meriterebbe anche Saverio Strati !
Gianfranco Stivaletti
Caro Gianfranco,
la definizione di Gaber mi trova (e credo molti altri) d'accordo:libertà
significa far parte , partecipare al viver di una comunità in modo civile e
democratico.E' quindi un obiettivo che l'uomo si è posto nei tempi , che si
pone oggi e sempre nel divenire, perchè molte libertà abbiamo ottenuto da e
di ma molte ancora ci aspettano .E' un percorso che ciascuno fa
individualmente e che poi diventa qualcosa di collettivo.La ricorrenza del
25 Aprile (più che festa direi) si riferisce proprio alla liberazione dal
Nazifascisrmo e ,a mio parere, in tal modo va contestualizzata.Festeggiare la
libertà in modo generico credo sia ancora troppo presto..e forse non sarà
mai una conquista ma una ricerca....Sarebbe come modificare il Primo Maggio
da festa dei lavoratori a festa di tutti, bella idea ma non adatta al
contesto ben preciso.Grazie per lo stimolo. e un caro saluto.
Tinti
29/04/2009
LIBERTA' O LIBERAZIONE ?
Non é la proposta di un dibattito politico sul Venticinque Aprile , ma solo una riflessione sulle parole .
Penso che i Poeti , cultori dell' Arte della Parola , possano illuminare anche i Politici , specialmente quando una questione si fa " infuocata " e rischia di non finire mai .
Cantava Giorgio Gaber :
"
La Libertà
non è stare sopra un albero ;
non é neanche
il volo di un moscone .
La Libertà
non é uno spazio libero .
La Libertà
é partecipazione . "
Allora perché qualcuno trova da ridire sulla proposta di festeggiare nel Venticinque Aprile la " Libertà " anziché la " Liberazione " ? Indubbiamente " Liberazione " é un termine più politico , che si richiama alla Storia . Ma la " Libertà " appartiene a tutti : se non ci fosse , se non fosse una conquista , nessuno potrebbe esprimere la propria visione della vita ; che può essere giusta o sbagliata , ma il solo fatto di esprimerla rappresenta quella " partecipazione " cantata da Giorgio Gaber . Esprimersi , partecipare liberamente , é un arricchimento reciproco .
Lasciamo dunque , serenamente , la " Liberazione " alla Storia e mettiamo a frutto la " Libertà " " partecipando " , ciascuno nel rispetto dell' altro .
Gianfranco Stivaletti
07/04/2009
Cara Tinti , grazie per la
tua risposta : effettivamente , come tu dici , il dialetto può assurgere a
strumento di alta Poesia quando viene assimilato fin dall' infanzia e rivela
così tutto il mondo interiore dell' Autore . Gianfranco .
06/04/2009
Caro Gianfranco,confesso
che conosco la poesia dialettale di Di Giacomo,Trilussa,Pasolini;Zanzotto ,Scotellaro
e mi piace ma ...per il resto sono piuttosto ignorante.Allora sono andata a
leggere con molto interesse la critica su Dell'Arco di Tuccillo e mi ha
coinvolto assai il suo pensiero supportato da altri grandi della letteratura
come Benedetto Croce.La poesia dialettale spesso dà voce al mondo interiore
perchè"gran parte della nostra anima è dialetto..".Allora sono andata a
leggere alcuni versi del poeta succitato.. e versi ,fatti con
niente,smuovono il cuore,netti e schietti e così profondi..senza un amico
inventa un'osteria ,prende un amico al volo,si sente barca arenata....
Allora mi sono messa a pensare a quanto mi sia dispiaciuto che a casa mia
non si parlasse mai dialetto salvo i pochi parenti anziani rimasti che mi
facevano tenerezza e sorridere con i loro modi di definire un fatto ,un
sentimento ..credo proprio che ,se fin da piccolo,senti quel lessico
famigliare ti entra dentro e ne fai un tuo modo d'esprimere sentimenti ,
certo più libero della lingua così ingessata in regole e stereotipi.Grazie
per lo stimolo.Ciao
Tinti
Un critico , Pietro
Gibellini , facendo riferimento ad un testo specifico , Il Vangelo
secondo Mario Dell' Arco , ha rilevato che qui " il linguaggio si fa
addirittura più leggero dell' italiano " e che " le poche tracce dialettali
servono addirittura a rendere più scorrevole il soliloquio " . ( Da " Invito
alla lettura di Mario Dell' Arco " di Fulvio Tuccillo - Biblioteca Nazionale
di Napoli - www.bnnonline.it - un libro al mese - giugno 2006 ) . Che cosa
rende un linguaggio poetico " leggero " ? C'é qualcuno di voi che ha letto
Mario Dell' Arco , considerato un " grande " della Poesia dialettale del
'900 insieme a Noventa , Giotti, Marin , Pierro ecc... ? Che cosa porta il
dialetto a passare da " espressione legata a realtà locali " a " lingua
capace di dar voce al mondo interiore del poeta " ? ( per usare le stesse
parole di Fulvio Tuccillo nell' articolo citato sopra ) . Gianfranco
Stivaletti .
28/03/2009
Ho
letto per incuria solo ora e sono senza parole anche so bene quanti
altri artisti oggi vivano nell'indigenza e nell'oblio.Ho inviato quindi
email ad amici per acquistare libri di Strati che già conoscevo per "i cari
parenti"ed apprezzo molto.Sono addolorata.
Tinti
Salvatore Armando Santoro ha inviato a Poetare la Lettera (che di
seguito potete leggere) di Saverio Strati, in grave situazione economica.
Che cosa ne pensate, cari lettori?
Lorenzo De Ninis
"SAVERIO STRATI, UNO DEI GRANDI NARRATORI DEL NOSTRO '900, NATO NEL 1924 A
SANT'AGATA DEL BIANCO (RC) VIVE IN STATO DI GRAVE INDIGENZA.
COSA SI ASPETTA PER CONCEDERGLI I BENEFICI DELLA LEGGE BACCHELLI GIA'
RICHIESTI DALLO SCRITTORE FIN DAL 2008? IL DECESSO?
INTANTO, NOI POSSIAMO AIUTARLO DIVULGANDO LA NOTIZIA ATTRAVERSO IL PASSA
PAROLA ED ACQUISTANDO I SUOI LIBRI.
FORSE LA RETE RIUSCIRA' A FARE PRIMA DEI POLITICI CHE QUANDO C'E' DA
AUMENTARE LE LORO PREBENDE IMPIEGANO SOLO POCHI MINUTI.
La lettera
di SAVERIO STRATI
Io, Saverio Strati sono nato a Sant'Agata del Bianco il 16 agosto 1924.
Finite le scuole elementari, avrei voluto continuare gli studi ma era
impossibile, perché la famiglia era povera. Mio padre, muratore, non aveva
un lavoro fisso e per sopravvivere coltivava la quota presa in affitto. Io
mi dovetti piegare a lavorare da contadino a seguire mio padre tutte le
volte che aveva lavoro del suo mestiere. Piano piano imparai a lavorare da
muratore. A 18 anni lavoravo da mastro muratore e percepivo quanto mio padre
ma la passione di leggere e di sapere era forte. Nel 1945, a 21 anni, mi
rivolsi a mio zio d' America, fratello di mia madre, per un aiuto. Mi mandò
subito dei soldi e la promessa di un aiuto mensile. Potei così dare a
Catanzaro a prepararmi da esterno, prendendo lezioni da bravi professori,
alla maturità classica. Fui promosso nel 1949, dopo quattro anni di studio
massacrante. Mi iscrissi all'università di Messina alla facoltà di Lettere e
Filosofia. Leggere e scrivere era per me viver e. Nel '50-'51 cominciai a
scrivere come un impazzito. Ho avuto la fortuna di seguire le lezioni su
Verga del grande critico letterario Giacomo De Benedetti. Dopo due anni
circa di conoscenza, gli diedi da leggere, con poca speranza di un giudizio
positivo, i racconti de "La Marchesina". Con mia sorpresa e gioia il
professore ne fu affascinato. Tanto che egli stesso portò il dattiloscritto
ad Alberto Mondadori della cui Casa Editrice curava Il Saggiatore. Il libro
"La Marchesina" ebbe il premio opera prima Villa San Giovanni. Alla
"Marchesina" seguì il primo romanzo "La Teda", 1957; alla "Teda" seguì il
romanzo "Tibi e Tascia" che ricevette a Losanna il premio internazionale
Vaillon, 1960. Ho sposato una ragazza svizzera e ho vissuto in quel paese
per sei anni. Da questa esperienza è nato il romanzo "Noi lazzaroni" che
affronta il grave tema dell'emigrazione. Il romanzo vinse il Premio Napoli.
Nel 1972 tornato in Italia la voglia di scrivere è aumentata. Ho scritto "Il
nodo", ho messo in ordine racconti, apparsi col titolo "Gente in viaggio"con
i quali vinsi il premio Sila. Negli anni 1975-76 scrissi "Il Selvaggio di
Santa Venere" per il quale vinsi il Supercampiello, nel 1977. A questo libro
assai complesso seguirono altri romanzi e altri premi. Il romanzo "I cari
parenti" ricevette il premio Città di Enna; "La conca degli aranci" vinse il
premio Cirò; "L'uomo in fondo al pozzo" ebbe il premio città di Catanzaro e
il premio città di Caserta. Nel 1991 la Mondadori rifiutò, non so perché, di
pubblicare "Melina" già in bozza e respinse l'ultimo mio romanzo "Tutta una
vita" che è rimasto inedito. Con i premi di cui ho detto e la vendita dei
libri avevo risparmiato del denaro che ho usato in questi anni di silenzi o
e di isolamento. Ora quel denaro è finito e io, insieme a mia moglie mi
trovo in una grave situazione economica. Perciò chiedo che mi sia dato un
aiuto tramite il Bacchelli, come è stato dato a tanti altri. Sono vecchio e
stanco per il tanto lavoro.Sono sotto cura, per via della pressione alta.
Esco raramente per via che le gambe a momenti mi danno segni di cedere.
Nonostante questi guai porto
avanti il mio diario cominciato nel 1956. Ho inediti, fra racconti e diario,
per circa 5000 pagine. La mia residenza è a Scandicci. Saverio Strati
Post scriptum
Devo aggiungere che avendo editore alle spalle e libri da pubblicare e da
ristampare, non mi sono preoccupato a organizzarmi per avere una pensione,
un'assistenza nella vecchiaia. Non ho, da anni, una collaborazione a
giornali o a riviste. Perciò non ho nessun reddito e quindi è da tre anni
che non faccio la dichiarazione dei redditi. Faccio inoltre presente che
alcuni dei miei romanzi sono tradotti in francese, in inglese, in tedesco,
in bulgaro, e in slovacco e in spagnolo (Argentina). Miei racconti sono
apparsi in riviste cinesi e in antologie dedicata alla narrativa
contemporanea italiana: in Germania, in Olanda, in Cecoslovacchia e in
Cina."
-Testo inviato da Salvatore Armando Santoro-
01/03/2009
Scusate il ritardo ma volevo solo dire la mia a chiusura della breve
parentesi dibattimentale sull'"insoddisfazione" come molla del pensiero
creativo, ringraziando Fata Morgana per il suo contributo ed il suo modo di
paragonare l'atto creativo per eccellenza, quello divino, all'esigenza
espressiva "artistica" nella sua forma più alta. Mi sembra di ricordare che
nelle Scritture si parli di un Dio compiaciuto per la bellezza e la bontà
della sua opera creativa, dove possiamo intravedere un'analogia con il
giusto orgoglio dell'artista di fronte al frutto della sua fatica.
L"'insoddisfazione" di Dio (sembra un paradosso) potrebbe nascere proprio da
quel rifiuto di essere "solo" nella propria autosufficiente perfezione, un
desiderio di comunicare, di donare, di farsi altro, di creare un essere a
sua immagine e somiglianza per condividere tanta perfezione, insomma
quell'atto che la visione religiosa definisce l'amore di Dio verso le sue
creature. Qui il discorso si fa un po' difficile e non voglio addentrarmi in
concetti teologici o filosofici, mi basta osservare che l'atto creativo
nasce da un'esigenza, una mancanza di qualcosa che "prima non c'era", è il
soddisfacimento di un bisogno, e se vogliamo consiste sempre in un atto di
comunicazione e condivisione, in un dono che si fa (anche a noi stessi,
perchè no) partecipando qualcosa di noi agli altri. Quindi al limite ogni
atto creativo può essere considerato in senso lato un atto d'amore, anche la
creazione artistica. Il concetto cui si riferisce Giovanna del personaggio
"invidioso", avversario di Dio sul piano della creazione, è invece un
passaggio centrale della teologia cristiana. Il Nemico, il Distruttore, il
Manipolatore, l'Eversore: gli abbiamo dato tanti nomi, sappiamo di chi si
tratta, molti credono più a lui che a Dio stesso, forse perchè sono molte di
più le prove tangibili della sua esistenza, come possiamo vedere sotto i
nostri occhi tutti i giorni, e sembra proprio che al momento sia lui in
vantaggio, che in questa lotta secolare stia drammaticamente prevalendo
l'istinto distruttore e negatore di tutte le cose buone della creazione. Ma
questo è un altro discorso, che ci porta lontano... e poi vedo dagli
argomenti affrontati ultimamente da molti amici del sito che non abbiamo
bisogno di evocare Mefistofele, quando abbiamo già....Berlusconi che ci dà
già tanto da fare...... (ma parleremo anche di questo, perchè no, vero
Enrico?)
Saluti a tutti
Massimo
14/02/2009
In
risposta al quesito posto da Massimo esporrò alcune considerazioni
che magari vi sembreranno un po’ farneticanti, ma sono solo il frutto della
filosofia spicciola di una fata.
Riguardo all’arte che scaturisce da uno stato di insoddisfazione, credo si
possa essere d’accordo. Ma non tutti gli insoddisfatti si dedicano all’arte.
Ci deve essere qualche cosa in più. Un desiderio. Una irresistibile pulsione
alla creatività. Un’ansia di andare oltre, oltre il visibile, il tangibile,
oltre….
E creare significa impegno, fatica. Ma tutto questo sarà premiato perché
quando la creatura sarà “viva” l’artista sentirà la gioia dell’appagamento
scorrergli nelle vene e potrà ubriacarsi di felicità e poi, si sentirà
nuovamente insoddisfatto e sentirà il bisogno di creare ancora. Ma questo è
affar suo. La sua creatura sarà esposta al pubblico giudizio, e se questo
sarà benevolo, tanto meglio, altrimenti nessuno gli toglierà comunque la
gioia di aver creato.
Anche quell’Essere che ha creato noi e che abbiamo battezzato “Dio” quindi
dev’essere un artista. Non è sotto gli occhi di tutti la bellezza della sua
opera? Non siamo dunque il frutto del suo genio creativo? Detto questo, è
anche palese, io credo, che Lui abbia un nemico, qualcuno che invidia i suoi
capolavori.
Si prende gioco delle Sue infinite creature, in particolare, gli umani e ne
manipola in modo malvagio le parti più importanti come la mente e il cuore.
Questo nemico di ”Dio” non è di certo un artista, non lo potrà mai essere,
il perché, non lo sa nemmeno lui. Lui sa solo che prova invidia. E si
capisce che la vuole avere vinta a tutti i costi. Ma finchè una parte degli
umani sentirà dentro di sé la presenza di “Dio” che lotta per salvaguardare
la sua FORZA CREATRICE DI BELLEZZA questo essere invidioso avrà vita dura.
L’arte, sempre secondo il semplice parere di fata, può camminare
tranquillamente a braccetto con la scienza perché, insieme, sono due amiche
meravigliose che hanno lo stesso spirito creativo dell’Essere chiamato Dio
di cui ho detto prima. E la loro amicizia (della scienza e dell’arte) può
rendere ancora più bella la Sua opera omnia. E, una volta o l’altra, forse,
riusciranno a sconfiggerlo quel maledetto invidioso, o magari…. potranno
provare a creare un’opera nuova che riesca a redimerlo, quel furfante!
- Fata Morgana -
Mi
permetto di aggiungere alla "domanda "di Massimo che,sempre su
Internet, emerge da varie letture come la poesia in particolare,tra le forme
d'arte,nasca da uno stato di insoddisfazione e di disillusione.Ungaretti in
particolare,rileva come l'insoddisfazione sia presente in tutto il percorso
poetico,quando si comincia a scrivere e poi,dopo aver creato....Pare quindi
uno stato mentale in continuo divenire inderogabile per soddisfare un
bisogno di colmare vuoti...Modestamente.
Tinti
Cari
amici, visto che i dibattiti sulla poesia da un po' di tempo languono,
probabilmente perchè superati in questo momento per interesse e risonanza da
altre questioni etiche e politiche più appassionanti, ne approfitto per
lanciare uno spunto di riflessione che mi è venuto dalla lettura di un
articolo sulla Stampa in cui si citava una frase di Ezra Pound: "Ogni
arte inizia nell'insoddisfazione". Sembra farle eco un'altra
affermazione che ho trovato su internet, che porta la firma di Sigmund
Freud: "La creatività è un tentativo di risolvere un conflitto generato
da pulsioni istintive biologiche non scaricate, perciò i desideri
insoddisfatti sono la forza motrice della fantasia ed alimentano i sogni
notturni e quelli a occhi aperti."
Che ne pensate?
Ciao a tutti
Massimo
26/01/2009
Nei
commenti di oggi non mi ero scordato di Teodoro: le sue quartine
ci costringono al ricordo, in maniera inequivocabile e lancinante.
Trovo più giusto parlarne qui, in risposta alla riflessione di Tinti,
qui nella bacheca dei dibattiti dove possiamo affiggere i nostri
pensieri, o anche semplicemente i nostri silenzi. Forse le nostre
vite, e nemmeno quelle dei nostri padri e nonni, non sono state
sfiorate da quel treno, e potremmo pensare che questa è una storia che
appartiene "ad altri", o appartiene al tempo: no, non è vero, non è
così. In qualche parte del pianeta ogni giorno parte un treno come
quelli, se ne va la libertà, se ne va la ragione, se ne va la
coscienza degli uomini nell'assurdo perpetrarsi dell'odio e del
pregiudizio e nel rinnovarsi delle stragi e degli stermini: ogni
giorno, anche oggi. E allora "salga la vergogna del mondo su quei
lordi vagoni": questo tuo verso è straordinario, Teodoro, come
straordinaria è tutta l'invocazione con cui concludi la tua
"orazione". Che quel treno lo possano vedere tutti, ad ogni stazione,
e possano tutti vedere fino a dove può condurre la follia, così che
tutti sentano chiaro, netto ed inconfondibile il richiamo della
libertà e della ragione. Grazie.
Massimo
20/01/2009
Vorrei condividere con voi, senza volere insegnare nulla a nessuno,
anche perchè si sta avvicinando il Giorno della Memoria,il 27 Gennaio
(alcuni sostengono che non abbia senso definire un giorno per
ricordare,credo invece che la memoria sia sempre più corta, la riflessione
spesso inesistente ed allora anche solo un giorno per pensare non è
malaccio!) un passo tratto da "Lilit" di Levi,così importante Oggi e un
altro tratto da "Se questo è un uomo"scritto in tempera nelle stanza dei
disegni dei bambini italiani ad Auschwitz.
*"..un ragazzo figlio di un rabbino di provincia sentiva di rivivere nel
rituale ebraico una tradizione antica, lieta, pervasa di poesia simbolica.Il
padre gli ha insegnato che ognuno ha bensì ricevuto da Dio una sola anima ma
che, al sabato, ad ogni uomo pio, Dio ne concede in prestito una seconda,
che lo illumina e santifica dal tramonto al tramonto:e che perciò non solo
il Sabato non si lavora ma neppure si possono toccare strumenti quali il
martello, le forbici, la penna e tanto meno il denaro per non avvilire
l'anima sabbatica.Neppure possono i bambini acchiappare le farfalle perchè
il farlo rientra nel concetto di caccia(!)....e inoltre il Sabato è il
giorno di libertà per tutti, anche per gli animali...del resto anche gli
animali onorano il creatore e le galline ,quando bevono, levano il becco al
cielo per ringraziarlo di ogni singolo sorso.."
*".. il Lager è una gran macchina per ridurci a bestie, noi bestie non
dobbiamo diventare, che anche in questo luogo si deve voler sopravvivere per
raccontare, per portare testimonianza:per vivere è importante sforzarsi
almeno di salvare lo SCHELETRO,l'impalcatura, la forma della civiltà.Siamo
schiavi, privi di ogni diritto, esposti ad ogni offesa, votati a morte quasi
certa ma una facoltà è rimasta e dobbiamo difenderla con ogni vigore perchè
è l'ultima,LA FACOLTA' DI NEGARE IL NOSTRO CONSENSO".
Grazie per l'attenzione.
Tinti
19/11/2008
Così, Gus, ritirandosi e invitandoci ad imitarlo,
nel personale giardinetto privato, contemporaneamente, avalla tutto quel po'
po' di roba che ha denunciato e conviene sulla impossibilità di utilizzare i
mezzi che suggeriva per risanare. Se avete visto il film “Leoni per
agnelli”, ricorderete che ci sono una serie di sequenze che riguardano un
professore che intende riportare sulla “retta via” un brillante studente che
si sta perdendo per opportunismo esistenziale. Richiamandolo al serio
impegno. Questo elenca praticamente tutte le cose dette da Gus, affermando
che il sacrificio personale (studio, privazioni, ecc.) non valevano la pena
se quello era il mondo. Il professore – in sintesi – lo convince a provarci
lui a cambiare le cose, con l'impegno civile, ecc. perchè le generazioni
precedenti avevano fatto scelte disgraziate dalle quali non potevano
liberarsi. Un fatto culturale, quindi.
E ora andiamo a poetare.
Ciao, siamo forti.
BR1
Le mie conferenze sin dagli anni ottanta (se
vuoi ti indico luoghi, date e oggetto) hanno sempre riguardato critiche a
quella parte della Costituzione priva di qualsiasi contatto con le necessità
reali: Oltre mille parlamentari, con il ping pong delle leggi fra camera e
senato e magari lo strascico di eventuale referendum ..., parlamenti
regionali, parlamenti comunali, parlamenti sezionali, mancava solo
l'istituzionalizzazione delle assemblee condominiali; immunità parlamentari;
giudici che giudicano i giudici;polizia di stato con le mani legate;scioperi
di simpatia ammessi dalla cosiddetta prassi;premier senza poteri; sfiducia
al governo senza contestuale presentazione per la fiducia approvazione di
altra composizione governativa e quindi lunghe vacazioni con lunghe inutili
consultazioni di prammatica ; mancata istituzionalizzazione del
bipartitismo; secretariocrazia. Non ci si accorge che in questo paese la
Carta consente a politici di condurre la strategia dei dispetti non fissando
termini entro i quali le leggi democraticamente approvate non possano essere
modificate. E mi fermo avendo altri cento argomenti La mia non è polemica
verso Bruno, Claudio o altri, ma verso una mentalità che favorisce , in
perfetta buona fede, l'immobilismo atroce in cui tutti siamo coinvolti
grazie a una burocrazia che ferma qualsiasi iniziativa. (Gomorra di l'ho
letto alla primissima edizione e grazie alle leggi morbide il giovane
scrittore che non s'è fatto i fatti suoi, sta per andarsene da questo
paese).
Tirem innanz.Viva l'Italia della Costituzione della Repubblica delle Banane.
Torniamo alla poesia che è meglio, almeno è un orto profumato da coltivare
in mezzo all'immondizia.
Gus
Carissimi amici, non mi è facile entrare nel
dibattito perchè ,per natura o forse per vezzo, non amo citare e scrivo di
getto .Mi limito quindi a sottolineare alcune cose già dette. Rispetto alla
destra e alla sinistra ,anche a me non piacciono le etichette nè le
"istruzioni"di partito : la mia vita è stata ed è ispirata ad ideali
socialisti a cui sono legata fin da bambina e che sono e saranno il mio
bagaglio ,ideali di solidarietà ed eguaglianza, rispetto delle
minoranze....che mi hanno consentito una vita dignitosa,un lavoro per gli
altri in coscienza ,dei figli che guardano al mondo.E quando qualcuno si
permette di insultare un altro perchè diverso da lui o a rimpiangere
nostalgicamente il saluto fascista , allora anche io mi schiero.
Rispetto allo stato più battagliero, posso anche esser d'accordo intendendo
uno stato a cui sia consentito di "punire" nel senso di sgominare il sistema
mafioso dalle radici.Mi domando e vi domando come ,oggi, in un paese in cui
non c'è uno mondo criminale contro lo stato ,un antistato ma la criminalità
è nello stato,si identifica con esso,ne è parte integrante si possa agire
per debellare se stessi.( Gomorra non è certo l'unico libro sulla mafia e la
politica ma insegna ...e fa nomi e cognomi ) Solo spurgando ,eliminando
tutti coloro che detengono il potere dalle banche agli ospedali (ormai
abitati solo da consanguinei) alle aziende,alle amministrazioni locali al
governo e sperando che i "nuovi" siano vergini ,si potrebbe ipotizzare uno
stato severo, rigoroso e per questo forte.
Mi pare una ipotesi irrealizzabile anche perchè tale "Modus" fa comodo a
molti.Grazie per l'attenzione.
Tinti
18/11/2008
Carissima Tinti, destra e sinistra sono
categorie umane. Da Platone che guarda verso il trascendente ad Aristotele
che guarda verso terra cioè l'immanente, le due categorie appartengono
all'essere umano in quanto dotato di spirito e di materia o più terra terra
di pensiero e di corpo. Entrambe le categorie appartengono a ciascuno di noi
in entità e proporzioni che spesso sono diverse. Si tratta solo di stabilire
come le due categorie che assumono multiformi aspetti nei campi diversi
(pensa a Piero ed a Masaccio, all'Eur e alla Sagrada familia, solo per fare
alcuni esempi, al Teismo e all'Ateismo etc.) vengono viste in politica.
A parte la considerazione che le due tendenze non monopolizzano dall'una o
dall'altra parte i migliori ed i peggiori, il vir constans dovrebbe avere
equilibrio fra le due categorie. Io non riesco ad essere di quà o di là, e
tantomeno al centro, nè mi spaventa l'attributo di qualunquismo. Vedo invece
nella maggior parte della gente questo viscerale attaccamento all'unao
all'altra parte, rappresentata ai vertici da un'ovvia lotta di potere
fondamentalmente per affermare questa o quella posizione, nella migliore
delle ipotesi. Liberismo e Collettivismo, investimenti nel privato io nel
pubblico, credere nell'individuo o nel gruppo etc, sono tutti elementi che
devono e possono alternarsi al potere. In economia, proprio in questi giorni
si va affermando il fato che dove (USA) si è troppo investito nel privato
ora si deve investire nel pubblico. ma quella regola è ovvia, perchè vale
per i bilanciamenti di tutte le attività umane. Ora molti sono scandalizzati
per l'attuale governo e specialmente per il Premier ... si dicono democratci
ma si smentiscono non accettando il responso elettorale. Mah, io lo accetto
e non m mordo giornalmente le mani. Se il governo farà bene, sarà rieletto,
se no a scadenza del mandato andrà a casa. Punto e basta. A volte l'opposzione,
con scioperi, dimostrazioni etc. aiuta i governi cosiddetti conservatori ad
avere lunga vita.
Tornando al discorso con Claudio e con Bruno (e vorrei che molti vi si
coinvolgessero), io credo che quest tempi di grande sviluppo della
criminalità, meritino uno Stato guidato da un governo forte e battagliero,
dato che una politica lassista, bradiriformista e garantista non ha fatto
sinora che peggiorare tutti gli indici di criminalità.Tu che ne pensi?
Gus
Il Ns caro Gus è già stato autore di simili
svicolamenti: spara sulla polemica una bordata da 900 megatoni e invita a
lasciar perdere. Lo farà De Ninis, se lo vorrà, chiudere l'argomento. Per
parte mia una ultima domanda a Gus, che si rivolge a Claudio ma il senso del
discorso pare più diretto a me, per quanto avevo scritto io. Tutta la
sequela di provvedimenti d'imperio, chi li dovrebbe realizzare? Se la Ns
società è praticamente in mano a....., dove troverebbe i funzionari,
magistrati, forze armate e di polizia per attuare quelle determinazioni
esiziali? Ironizza sul fatto della necessità culturale, mi spiace, non
capisce, oppure mi indichi un paese al mondo, dove le cose che lui auspica
sono realisticamente state o sono in atto. Quello che altrove è politica
“perbene” è dovuto, senza ombra di dubbio, a fattori culturali di quei
popoli, nei paesi veramente civili, si educa, anche quelli che minacciano la
stessa sopravvivenza di quelli che vogliono educare. La sinistra? Ha
fallito! certo! non ha creduto che si potesse realizzare una qualche forma
vera di socialismo laico in un paese para-confessionale, almeno latente.
Grazie per l'attenzione.
Ciao a tutti.
BR1
Caro Gus. Sono un uomo paziente per
natura,pazientemente ascolto(in questo caso leggo)e con eguale pazienza
cerco di spiegarmi sperando di essere capito. Se poi vedo che ci si incanala
sulla via della polemica ad ogni costo allora mi esprimerò con termini meno
morbidi ma spero più efficaci.
Se pensi che con l'occupazione dei luoghi mafiosi ,coprifuoco,sequestro dei
beni(provvedimento peraltro in essere),giudizio immediato,sequestro conti
correnti (altro provvedimento in atto)! E perché no anche un bel plotone di
esecuzione di dodici uomini con sei fucili caricati a palla e sei a salve
così i tiratori non avranno problemi di coscienza pensando che il proprio
fucile è caricato a salve? Per favore cerchiamo di attenerci alla realtà pur
insopportabile nella quale viviamo o sopravviviamo,fai tu! Distruzione delle
merci? Leggiti il libro di Saviano e capirai come funziona il sistema
criminale. La cultura!? Non intendo certamente quella scolastica! Su questi
problemi non mi reputo un romantico ma solo onesto,sicuramente ben
inquadrato nel labirinto di difficoltà in cui versa il nostro paese ma non
mi lascio tentare dal "a mali estremi,estremi rimedi" che è uguale alla
legge del taglione "occhio per occhio,dente per dente".
Da una persona che asserisce di aver partecipato a conferenze sulla
costituzione mi aspetto delle opinioni un po' più mature e ponderate,con una
conoscenza minima delle varie situazioni.
Certamente che di primo istinto che ammazzerei con le mie mani un pedofilo o
un assassino di bambini.Ma ti risulta che la pena di morte in America abbia
diminuito il numero di delitti,stupri,rapimenti? In quanto al garantismo
sono stato il primo a dirti che è eccessivo e mi pare di averti indicato
altri piccoli deterrenti per un concetto di pena più severa. Probabilmente
eri troppo preso dalle tue convinzioni Badogliane (Quando Pietro Badoglio
era vice re in Africa Orientale e le impiccagioni erano una prassi
quotidiana). Se dovessimo occupare i"luoghi mafiosi" dovremmo occupare quasi
tutta l'Italia isole comprese.
Non ho altro da aggiungere se non chiederti scusa qualora abbia ferito la
tua sensibilità di uomo in cerca di giustizia vera,come il sottoscritto del
resto,solo che devo servirmi dei mezzi(pochi e poveri che ho)
Un caro saluto( non Fascista) Claudio.
P,s Gomorra più che un libro è un manuale,ti consiglio di leggerlo qualora
non lo avessi ancora letto
Non mi permetto di entrare nel dibattito in
quanto devo riflettere :in ogni intervento trovo argomentazioni che mi
corrispondono e ritengo corrette ,altre no e aspetto e ringrazio molto tutti
voi per gli stimoli.
Volevo solo domandare :ma se i media sono in mano alla sinistra ,non sarà
che nella odierna destra ( e trovo che chiamarla tale sia sminuente per la
destra liberale e colta a cui bisognerebbe far riferimento),dopo Montanelli
c'è il vuoto di teste e di pensiero dialettico?Forse mi sbaglio...
Tinti
17/11/2008
Caro Claudio, non va bene. Trincerarsi dietro
ai sacri principi pensando ad una mia sfuriata momentanea è proprio agli
antipodi del mio modo di pensare. Un proverbio antico, ma saggio, dice "A
estremi mali estremi rimedi". In questo paese dopo sessant'anni dalla fine
della seconda guerra mondiale nonostante la stratificazione della
delinquenza settaria, si ha paura di introdurre leggi adeguate per estirpare
chi all'interno della nazione si oppone come vero e proprio Antistato con le
sue leggi non scritte , ma applicate con ferocia. La criminalità organizzata
conta sulla tua onesta, ma romantica visione peraltro sancita dalla
Costituzione Repubblicana e dalla conseguente legislazione che vi si deve
adeguare. Idealmente cosa c'è di meglio di un processo giusto, garantista al
massimo, celebrato nei luoghi delle gravi violazioni della legge, ma in
pratica inefficace. A cosa è servito l'isolamento nelle carceri o la
elaborazione giurisprudenziale del concorso in associazione a delinquere di
stampo mafioso, se non a far deridere lo Stato imbelle. Si deve uscire da
questa situazione con altri criteri di difesa se si vuole conferire alle
regole di uno Stato moderno, reale forza deterrente. Tu stesso hai
giustamente ricordato il dilagare in tutti i settori della vita pubblica e
privata del fenomeno mafio-camorrista, ma cosa tiri fuori come rimedio, la
cultura. Parola magica, come il "contesto", come il "percorso" ...
espressioni perfettamente inutili che diventano up to day, per riempire la
bocca ai politici, che se sapessero liberarci dalle vere piaghe con la
stessa facilità con cui hanno abolito il congiuntivo, sarebbero davvero
bravi. Occupazione dei luoghi mafiosi, coprifuoco, arresto e giudizio
immediato non in loco ma altrove e a porte chiuse, sequestro dei beni e dei
conti correnti, distruzione delle merci importate clandestinamente,
distruzione delle costruzioni abusive, esclusione dalle gare di appalto di
società sospette e simili provvedimenti e non la cultura, che a volte
raffina lo spirito delinquenziale, questo ci vuole e molto altro, che non
dico per non scandalizzare i benpensanti (il cui buon senso è spesso
mediocrità). Ma ti domando cosa commineresti a chi uccide un bambino perchè
il padre non ha ceduto al ricatto?l 'ergastolo? per poi liberarlo dopo
quache lustro per ... buona condotta? Sono io fuori dal tempo, affermando
queste cose o gli inutili nostri legislatori e governanti? Mio Dio, ma con
l'esercito ... sembreremmo una Repubblica sudamericana ... ma forse siamo
meglio? solo perchè andiamo a votare quando l'umore di qualche politicante
si decide a far cadere un governo o quando rieleggiamo sottolineo
rieleggiamo parlamenti e parlamentini? A questo vorrei che tu rispondessi.
La sinistra italiana potrebbe fare, ma si sente defraudata dei media. Perchè
Repubblica è un giornale di destra?, Anno zero è di destra ? Le Invasioni
barbariche o l'Infedele sono di destra? Ballarò è di destra ?, la Dandini è
di destra?, Riotta è di destra? Che tempo che fa è di destra? La Gruber e
Otto e mezzo sono di destra?, l'Annunziata e la sua Mezz'ora è di destra?
Crozza è di destra? La stragrande maggioranza dei giornalisti RAI sono di
destra? Oliviero Bea, Furio Colombo, Scalfari, Bocca, Ichino, Giavazzi,
Perani, Costanzo, D'Avanzo, Franco solo per citarne una piccola parte sono
di destra? La verità è che la sinistra italiana ha paura di fare le grandi
battaglie e critica una destra, per vero maldestra, che quando accenna a
interventi men che palliativi diventa fascista.
E' ora di finiamola, come diceva con constructio ad sensum un mio vecchio
docente socialista.
Gus
Per Bruno Amore.
Temo,correggimi se sbaglio, che tu non abbia letto i quesiti che Gus mi ha
posto dopo il mio commento. Probabilmente ti è sfuggita la mia risposta
nella quale affermavo l'inutilità di "leggi marziali","internamenti di
gruppi familiari conniventi o complici".
Circa la moralità del nostro sistema sociale ci sarebbe da discutere e da
"ipocriti perbenisti" quali siamo,nessuno escluso,saremo sempre e comunque
d'accordo.
Un sistema giudiziario inefficiente,elefantiaco e cavilloso come il nostro è
carne putrida e cancrenosa fertile terreno per la crescita di una società
senza valori etici e morali e,soprattutto,con la certezza dell'impunità. Ma
se la giustizia è latitante,altrettanto si può dire dei valori morali e
culturali.
Personalmente li ho sempre ritenuti fondamentali per lo sviluppo corretto
della persona per l'inserimento della stessa in un tessuto sociale nel quale
alberghino diritti e doveri oltre a punti fermi come famiglia e lavoro. Ma
quali valori troviamo oggi? Nessuno. Con la nascita della prima Repubblica
ci si rese conto che l'aggregazione di massa era pericolosa per qualsiasi
regime. Un ideale,un traguardo da raggiungere poteva essere destabilizzante
per un regime appena nato e minacciato dal fantasma comunista.
Con il metodo del"dividi e impera" si sono creati tanti piccoli traguardi
sui quali molti hanno puntato.Si è creato una sorta di benessere sfociato
nel boom economico degli anni sessanta. Certi valori non venivano più
calcolati. Era subentrata una nuova dittatura consumistica senza che ce ne
accorgessimo.
Ci hanno tolto la possibilità di pensare,di capire,di protestare. Ognuno
coltivava il suo orticello fatto di relativo benessere. Le cose sono
peggiorate con gli anni. La droga ha cominciato a prendersi la gioventù.
C'era bisogno dopo il sessantotto di annebbiare i cervelli. C'era bisogno di
una massa giovanile disunita e acefala. Ci sono riusciti. Alla droga si è
aggiunta la cultura dello status symbol. Sono perché indosso questo o
quell'accessorio. Ma se all'inizio era riservato a una certa borghesia medio
piccola,oggi è un comportamento generalizzato in tutti gli strati
sociali,grazie ai mercati sempre più abbordabili per qualunque tasca e
all'offerta di prodotti e se non ho risorse finanziarie me le procuro
rubando scippando,spacciando rapinando,fiancheggiando malavitosi. Oggi avere
una gioventù pensante e con dei valori è pericoloso per il sistema legale e
per quello illegale. La gioventù di oggi ha il male dell'insicurezza perché
nessuno si è mai preoccupato,volutamente,di inculcare cultura e principi
sani. Si rifugiano in quei beni di consumo che attraggano l'attenzione del
prossimo. È troppo faticoso farsi notare per le proprie qualità
intellettuali e caratteriali. Guarda con che facilità muoiono i giovani
preda di alcool e droga al volante di una macchina. Non danno valore neanche
alla vita propria. Eppure quante campagne sono state fatte per combattere le
stragi del sabato sera? Possono dare,allora,valore alla vita degli altri?
Questo è il nostro sistema sociale purtroppo.
Ci riempiamo la bocca di "democrazia" scambiandola con il "faccio come cazzo
mi pare".
Tutto questo infiocchettato con il sistema legislativo che funzionerebbe se
privato dell'eccessivo garantismo,ma qui tornerei a ripetermi e trovo
l'argomento stucchevole.
Chiaramente quella di Gus era l'esasperazione riversata in una poesia e poi
in una esposizione di pensieri e opinioni discutibili ma rispettabili.
Per quanto riguarda il contrabbando di "bionde" sappi che è ancora florido
come mercato e che i prezzi si sono adeguati alle disponibilità economiche
degli acquirenti. Quello che fa rabbia è il fatto che i sistemi criminali
hanno capito la crisi dei mercati e il sistema legale no! Perché esistono i
discount? Pensi che ci rimettano? Da chi pensi siano riforniti?
Chiudo con una provocazione forte. Ma se demandassimo al sistema criminale
la ricerca della soluzione alla spesa quotidiana degli italiani pensi che
pane e pasta costerebbero il trenta per cento in più di quanto dovrebbero
costare?
Claudio.
16/11/2008
Troppo ghiotta l'occasione della poesia di Gus e la
risposta di Claudio, per esimersi dal ficcarsi nel piatto. Dirò che
credevo di essere in sintonia con precedenti esternazioni di Gus. La poesia
e le argomentazioni in risposta a Claudio: voglio pensare che siano uno
sfogo ad una incazzatura profonda per la condizione di impotenza in cui
versiamo tutti, o quasi, noi che “pensiamo” di essere “fuori dal giro”, mi
lasciano interdetto. Pugni di ferro, tolleranza zero, e altre amenità
dittatoriali non hanno mai funzionato, neppure nei regimi “dittatoriali”
appunto. La delinquenza organizzata, di casa nostra e mondiale, è un fatto
culturale nel senso che le società di labili principi etici, sono vittime
delle prepotenze di chicchessia. Quando la comminazione di un provvedimento
amministrativo di restrizione personale o di una pena detentiva, deve tener
conto, non già soltanto della effettiva inosservanza di leggi io
regolamenti, ma della personalità sociale del protagonista (è un personaggio
importante; un buon padre di famiglia; un fervente religioso; un filantropo;
ecc.) capirete che gli spazi per agire tra le righe, diventano oceani. Il
grande Montanelli, disse, cito a braccio, – riferendosi alla scarsa
attenzioni alla legalità degli italiani – che era dovuta al fatto che per
cultura (religiosa) ritenevano che pagare per le malefatte, c'era tempo
dopo, davanti al giudizio celeste. Non credo ci siano ricette prescritte. In
paesi sud americani i trafficanti di droga decidono i governi; negli USA
debellarono il contrabbando di alcol, rendendone libero il commercio. Qui da
noi, “andiamo” a fare spesa nei “centri commerciali” di Forcella, Porta
Portese e simili in tutta Italia, dove affluiscono merci di provenienza
dubbia. Quando le sigarette di contrabbando avevano un prezzo conveniente,
la stragrande maggioranza dei cittadini delle città dove quella attività era
fiorente, ma anche altrove, acquistava quelle: professionisti, funzionari,
magistrati, poliziotti compresi. Noi, concittadini, appartenenti alla
società della quale tutti ci riempiamo la bocca, dando per scontato di
appartenere alla parte buona, possiano fare argine, adottando comportamenti
virtuosi, cominciando col non andare a pietire comprensione o peggio, per un
cattivo voto del figlio nell'ultima interrogazione di educazione civica.
Ciao a tutti.
Bruno Amore
08/11/2008
Carissimo Gus.
Tu metti sul tavolo del dibattito una serie di considerazioni che creano
risentimento verso le istituzioni e rabbia verso quella criminalità
organizzata che continua a farla da padrona sulla società alla quale io e te
apparteniamo.
Il sistema che adopera lo stato è quello di tagliare le teste di serpente
che spuntano dalla testa della Medusa. Palliativo inutile quando invece
dovresti recidere la testa sperando che la Medusa non abbia prolificato
generando nuove teste.
Se parliamo di mafia (uso il minuscolo perché indegna della maiuscola)
possiamo parlarne quanto vuoi. Ho letto molto sulle origini ancestrali e mi
sono documentato ricorrendo anche a un libro di Falcone oltre ad altri
autori per capirne i meccanismi. La mafia non è l'antistato per eccellenza.
Purtroppo un certo tipo di alta imprenditoria usufruisce di investimenti di
questa associazione criminale. Come già sai, ha delle regole interne e un
sistema organizzativo fatto di tante cellule (famiglie) che agiscono in modo
semi autonomo e per territorio. Tutto è governato da quella che viene detta
cupola ( termine obsoleto ma che rende l'idea). Lo stato si avvale della
Polizia,Carabinieri e Guardia di Finanza e della Magistratura per combattere
quel sistema.
Il sistema invece si avvale di un numero di persone centinaia di volte
superiore a quello dello Stato.
In un rapporto numerico lo Stato è perdente in partenza. È triste
constatazione ma è la realtà.
Oltretutto la mafia si è evoluta indossando i vestiti puliti e borghesi di
manager e imprenditori. Il denaro come ben sai non ha odore e non ha colore
politico.Le estorsioni sono il livello basso e locale del fenomeno.
Tralascio le mele marce dello Stato sulle quali si potrebbe scrivere una
enciclopedia per convenire alla fine che lo Stato deve combattere anche
contro se stesso.
La legge marziale ( codice penale militare in tempo di pace) è una struttura
abbastanza articolata che,ad esempio,non prevede più la pena di morte dal
1994. Questa prevede, nel momento in cui i militari si sostituiscono alla
giustizia civile, la restrizione di alcuni diritti dei
cittadini,l'accorciamento dei processi. Ma se vai a guardare bene nel
passato,ti accorgi che con le BR non fu applicato il codice penale militare.
Eppure le Brigate Rosse furono l'antistato per eccellenza.
Il fenomeno, o meglio la realtà, criminalità organizzata è basata sul potere
economico e finanziario.
È lì che uno Stato forte deve intervenire. Puoi arrestare e condannare tutti
i capi che vuoi,internare quanti famigliari vuoi,ma fino a quando il denaro
proveniente da appalti,droga,tangenti,traffico di armi,immigrazione
clandestina,contrabbando,continuerà a produrre denaro il "sistema" vivrà.
Per quanto riguarda il Generale Dalla Chiesa,sappiamo tutti che fu lasciato
solo dallo Stato perché scomodo come Prefetto. Il Generale era stato
l'artefice della vittoria sulle BR. Come Prefetto ragionava da militare e
non da burocrate,corpo estraneo in un sistema collaudato.
Il garantismo è uno dei meccanismi che va ad esclusivo vantaggio dei
criminali,sia comuni che in associazione. Previsto da regole
internazionali,è eccessivo in Italia che già di per se ha un sistema
giudiziario complesso e tra i più studiati al mondo. Come già ho avuto modo
di accennare,è valido sotto molti punti di vista. Purtroppo deficitario per
i troppi cavilli ai quali ricorrono gli avvocati.
Basta un errore di trascrizione,un indirizzo errato per far decadere un
procedimento o una sentenza.
A mio modesto parere credo che andrebbero eliminati alcuni "diritti" come
gli arresti domiciliari,i permessi premio, la riduzione della pena per buona
condotta, il deleterio indulto che ha fatto più danni della grandine in
tempo di vendemmia. Per non parlare della semi libertà. Tre gradi di
giudizio sono troppi,si corre sempre il rischio di incappare nel giudice
ammazza sentenze,quello che vanifica il lavoro delle forze dell'ordine e dei
magistrati. Dovrebbero essere aboliti i termini di custodia cautelare in
modo da non permettere ad avvocati e a certe cancellerie di ritardare o
prendere tempo. Quanti mafiosi,camorristi,criminali comuni vediamo liberi
solo perché un cancelliere non ha provveduto a inoltrare un documento oppure
un giudice non ha ritenuto sufficiente la documentazione per una
incriminazione e un rinvio a giudizio?
Apro una parentesi. La mafia è forte perché si serve di persone che ha fatto
insediare legalmente
In posti strategici della politica nazionale e locale. Ora immagina se lo
Stato riuscisse a decapitare il potere politico e di conseguenza quello
economico. Sai cosa accadrebbe? La paralisi di una buona parte dell'economia
nazionale. Imprese che chiudono,ulteriori licenziamenti, denaro che non
circolerebbe, attività come centri commerciali sparsi in Italia che
chiuderebbero i battenti. Come pensi che funzionino la maggior parte dei
discount dove oggi,vista la crisi,la gente si rivolge? Con il denaro di
queste organizzazioni. Lo Stato per certi aspetti è ricattato. Non può
trovarsi a fronteggiare una rivolta popolare che assumerebbe le
caratteristiche di una era insurrezione. Non si lotterebbe per un
telefonino,un pc,un televisore o una macchina ma per fame e miseria. Il
denaro deve circolare,poco,ma deve circolare.
Ci sarebbe molto altro da dire ma credo che il paziente e tollerante
Professor Lorenzo mi caccerebbe da questo sito. Se vuoi possiamo parlarne
tramite e- mail,mi farebbe piacere.
Claudio Pompi
07/11/2008
Caro Claudio P. Mi riferisco ad alcune tue
dotte osservazioni dell'ultima decade diottobre. Ti dico subito che ho
tenuto più conferenze sulla Costituzione, ma al di là delle enuciazioni e
delle definizioni tecnico-giuridiche passo esclusivamente a considerare ciò
che nella pratica sono gli organismi cui ti riferisci.
La gente, il complesso cioè di noi, delle persone che hanno la cittadinanza,
sono in realtà la nazione o se preferisci il popolo.Lo Stato, invece, è quel
complesso di persone (facenti parte della nazione) costituenti il governo,
le camere, la magistratura, le forze armate, le forze di pubblica sicurezza,
le regioni, le province ed i comuni: in altri termini la burocrazia. Uno
strumento che dovrebbe essere al servizio del popolo, per così dire
"sovrano." In Italia ci sono quattro istituzioni organizzate che
sostituendosi agli organismi statali costituiscono l'opposto dello Stato,
cioè l'Antistato: la Camorra (insediata in Campania), l'Unione della Sacra
Corona (insediata in Puglia), la 'ndrangheta, (in Calabria) e la Mafia (in
Sicilia).
Mentre con le leggi dello Stato puoi dettare le norme di comportamento del
popolo e con le garanzie costituzionali difenderlo da norme o da
comportamenti eterogenei perchè si comporti in modo socialmente corretto
(legittimo), non puoi permettere che usufruiscano delle stesse leggi e delle
stesse garanzie coloro che nascono e si organizzano per sovrapporsi e
sostituirsi allo Stato.
Sarebbe come se volessi far rispettare un contratto (in specie il contratto
sociale) a chi non solo non lo firma, ma addirittura ne ostacola anche
l'esecuzione verso terzi firmatari.
Idealmente la guerra è quanto di più atroce e disumano esista ed io sono il
primo ad esecrarla con tutto il mio animo.
Ma ti faccio un esempio: fai conto che i paesi detentori delle fonti di
energia (OPEC, Russia etc.) chiudessero i rubinetti e l'Occidente, che ha
basato tutta la sua organizzazione economica e sociale su quelle fonti
rimanesse al buio ed al freddo, cosa potrebbe fare (qualora tutte le vie
pacifiche fossero inutili) se non unirsi e andare a prendersi gas, petrolio
e quant'altro: e quanti obiettori troveresti in quel caso, di fronte ad un
atto malvagio quale quello di chi dice e attua un motto quale "voi morite di
freddo e di fame che io sopravvivo"?
Quando venne fatto saltare in aria Falcone con la sua scorta, quando venne
fatto saltare in aria Borsellino, come ha risposto la "società civile" a
mezzo dei suoi organismi, intitolando a loro nome l'areoporto di Palermo?
Quando un imprenditore ribelle alla "legge" del pizzo è stato trucidato,
come ha risposto lo Stato, premiando la consorte con la medaglia al valore?
Persino le guerre hanno le loro leggi comuni ai contendenti: la criminalità
organizzata e lo Stato, identificandosi nelle stesse leggi, hanno leggi che
la prima non osserva e l'altro è tenuto ad osservare.
E ti pare giusto che con le stesse leggi garantiste i componenti della
criminalità organizzata debbano essere sottoposti a giudizio da Magistrati
che vivono negli stessi circondari e che in quelli hanno genitori, mogli e
figli.
Quale legge garantista hanno usato questi organismi che noi trattiamo come
comuni cittadini (salvo il contrastato 415 bis), quando hanno ucciso la
signora Dalla Chiesa e il generale Dalla Chiesa?
La legge marziale prevede la pena di morte, l'internamento dei complici. Noi
assistiamo a retate dei nostri organi di Polizia dove donne complici che
favoriscono i criminali loro mariti si schierano contro la forza pubblica
che non altro potere che una denuncia della resistenza!
Noi sappiamo i nomi delle famiglie e non le interniamo per renderle innocue!
E intanto la gente subisce le aggressioni, le soverchierie, gli assasinii di
costoro.
Uno scrittore che non si è fatto i c... suoi ora deve abbandonare l'Italia.
bel risultato per la c.d. democrazia.
Rispondi col tuo senso ... giuridico a quanto scrivo.
Gus
04/11/2008
Caro Aurelio, ti ringrazio per le tue belle
parole ("terapeutico" addirittura non me l'aveva mai detto nessuno...!).
Comprendo benissimo il tuo punto di vista, e con un baglioniano della prima
ora sfondi una porta aperta, il verso...incriminato l'avevo notato subito
anch'io: ma a me piace pensare che le citazioni, anche quando sono
letterali, siano suggerimenti di un animo sensibile che ha colto delle
immagini espressive e le fa sue, senza malizia, specialmente in una palestra
come la nostra dove non c'è alcuna competizione e la più bella
gratificazione è vedere le proprie parole su uno schermo azzurro. Se vedo le
parole di un altro scritte da me che gusto c'è? Quindi invoco per lo meno la
"preterintenzionalità", e chiedo il perdono giudiziale per il Gabbiano... Ma
naturalmente si fa per scherzare, possiamo sorridere amabilmente della
cosa... D'altronde il primo a non essere soddisfatto dei versi che scrive
dovrebbe essere proprio colui che si accorge di averli già sentiti da
qualche parte. Io per esempio se mi rileggo e scopro... un intruso, la cosa
mi dà fastidio: non voglio dividere il mio...narcisismo con altri...!!! Poi
ci sono invece le citazioni volontarie, quelle più o meno dichiarate, di
affetto o stima verso un autore, ma sono un'altra cosa, fanno parte del
gioco. I plagi veri e propri sono imbrogli, mi trovi d'accordo, ma sono
bugie dalle gambe corte, e non hanno nemmeno molto senso in un ambiente non
commerciale.
Insomma Maria non aveva torto, e ha anche fatto bene a "citare la
citazione", ma in fondo si tratta del peccato veniale di un aficionado del
nostro Baglioni. Sul valore del nostro (vedo storcere nasi...) possiamo
anche discutere, non è paragonabile per temi e accenti ad un De André o a un
Gaber, ma ha composto la colonna sonora di una generazione, insieme a Mogol
e Battisti, e se la sua musica è così popolare ci sarà stato pure un motivo.
Per esempio il testo di "Uomini persi" non è mica poi tanto male....
Un affettuoso saluto a te Aurelio e a tutti gli amici, e a risentirci presto
Massimo
Per Massimo Reggiani
Caro Massimo, non scopro nulla di nuovo se, in sincronia con i poeti e le
poetesse di questo sito, dico che il tuo affetto, la tua vicinanza e
soprattutto la tua competenza diventano sempre più indispensabili. La
capacità che dimostri giorno per giorno nel commento (spassionato e tecnico
insieme) dei testi che via via si susseguono é assolutamente terapeutica per
chi scrive su poetare. Io per primo ti devo essere riconoscente per le
osservazioni sempre lucide, mai banali, che porti avanti in maniera elegante
ma determinata. Il tempo, purtroppo, non consente di essere puntuale nei
ringraziamenti come invece vorrei fare. Dopo questa premessa, doverosa,
vorrei però ritornare sul "caso Baglioni" e non certo per entrare in
polemica. Nel mio messaggio al Gabbiano avevo cercato di stemperare il caso
invitando l'autore a fare un passo indietro e la cosa mi pare sia stata
recepita. Nel caso specifico, la riproduzione di parte del testo di Claudio
Baglioni (Rif. I Vecchi) era stata, per così dire, "troppo fedele" e non
possiamo trincerarci su rimembranze che possano tornare alla mente, per
quanto belle. Se fosse così, sarei autorizzato in un qualsivoglia mio testo
futuro a scrivere tra una quartina e l'altra "nel mezzo del cammin di nostra
vita..." oppure "mi illumino d'immenso" o altre delizie del genere. Mi
guardo bene dal paragonare Baglioni con Dante, naturalmente, ma resta il
fatto che rimane pur sempre, il Claudio, uno dei cantautori più importanti
del dopoguerra.
Certo che accoglierai questo messaggio nella maniera più giusta e, lungi da
me di processare il Gabbiano, concludo affermando che la mia iniziativa é
solo rivolta alla chiarezza non perché io debba difendere Maria Attanasio ma
per la ricerca di un po' verità.
Un caro saluto da Aurelio
03/11/2008
Caro Claudio e cari amici tutti, mi trasferisco
sulla pagina dei dibattiti perchè in quest'ultima settimana è stata messa
tanta carne al fuoco e volevo dire la mia senza appesantire il quotidiano
scambio di commenti sulle poesie. Incominciamo da Napoli. La Napoli che sta
nei ricordi di Claudio e nel cuore di Maria come anche nel mio e di tutti
quelli che ne amano la storia, la civiltà e l'umanità, non esiste più. Non
esiste più, siamo d'accordo tutti, come non esiste più l'Italia di una volta
nè il mondo di una volta. Siamo tutti testimoni dell'unica rivoluzione
veramente riuscita, quella che ha tolto i valori ed i principi dell'uomo dal
centro della scena e li ha sostituiti con i suoi istinti più bassi e i suoi
idoli peggiori, in un crescendo di degrado senza limiti nel nome di un
edonismo assoluto, nel senso di ab-solutus, svincolato da qualsiasi norma
etica. Ora non voglio allontanarmi dal tema; il discorso è molto complesso e
ci porta lontano: possiamo fare delle analisi su quali siano le ragioni del
prevalere di questo edonismo ed individualismo sfrenato, di questa religione
del consumo e del denaro che porta alla decomposizione del tessuto morale,
civile e persino di quello estetico della società, al moltiplicarsi della
violenza e della sopraffazione. E forse non ci troveremmo sempre d'accordo:
qualcuno penserà che si tratti di una esasperazione delle stesse logiche di
potere che hanno caratterizzato tutta la storia dell'umanità, mentre io
penso che certi semi crescono meglio nel terreno fertile preparato da
ipocrite concezioni libertarie frutto del pensiero moderno. Ma non voglio
ampliare o deviare il dibattito, nè giungere a conclusioni o cercare capri
espiatori. Mi limito ad osservare che sia i bisogni veri della gente (anche
quelli elementari come il pane, l'acqua, la salute o il bisogno di
giustizia) che quelli costruiti ed imposti (dai beni superflui alla dose
quotidiana di droga) sono stati da sempre ben sfruttati dalle intelligenze
criminali al fine di ottenere profitti estendendo quelle reti di complicità,
connivenza e ricatto capaci di assicurare la continuità del potere, sia
politico che economico. Non sto parlando solo di camorra, intendo qualcosa
di molto più sofisticato, di radicato nella vita sociale, magari ammantato
di rispettabilità o di prestigio, un potere che opera a volte a livelli
insospettabili. E' un male di tutta la società, non solo di Napoli, è un
degrado presente ovunque, una marea montante: certo a Napoli si vede di più
perchè i bisogni sono più urgenti, la fame di giustizia (e non solo quella)
impellente, la lotta per la sopravvivenza atavica, e le intelligenze (sì,
purtroppo anche quelle criminali) più vive. Ma se ci chiediamo dove è finita
l'umanità, dove il decoro dell'ambiente, dove il rispetto per la vita, dove
l'amore per la famiglia, dove la speranza e l'energia per lavorare alla
costruzione di un futuro migliore, allora non è a Napoli che dobbiamo
rivolgere la domanda: basta guardarci intorno, uscire per strada, guardare
le vetrine o la tv, sentire l'odore della "monnezza" che sta anche nel
nostro cortile, anche nelle nostre pulitissime strade: è il fetore della
nostra coscienza in decomposizione, pronta a vendersi per il potere,
l'"immagine" o la ricchezza materiale, cieca alla bellezza della natura e
dell'arte, e sorda e indifferente a qualsiasi richiamo verso la solidarietà
e l'amore verso il prossimo. Napoli è il simbolo, la sentinella, quella che
ha già visto tutto e lo ha visto prima degli altri, Napoli è l'avvertimento
per capire quello che siamo diventati e quello che diventeremo, è il grido
di dolore che noi non riusciamo a far sentire o non abbiamo il coraggio o il
pudore di tirare fuori. Napoli è la speranza che dobbiamo avere tutti,
perchè se muore questa speranza vuol dire che noi siamo già morti da un
pezzo.
E' quindi giusto che chi può denunci, testimoni, lotti, come dici tu
Claudio, a Napoli come in qualsiasi parte di questo nostro mondo tradito e
violentato, e tu hai fatto benissimo. Non dobbiamo certo dimenticare
l'impegno civile e il mondo che sta là fuori, anche se a volte può sembrare
che preferiamo rimanere con compiacimento all'interno del nostro "fatato
castello". Ma come ho detto altre volte, non tutti i poeti sentono nelle
loro corde la capacità o l'opportunità di impegnarsi o di esporsi in prima
persona, oppure lo fanno in altra sede che ritengono più consona. E se alla
ricerca della poesia si imbattono in suggestioni, ricordi, immagini di tempi
e luoghi che non ci sono più e cercano di farli rivivere ancora, non è per
mancanza di realismo o sensibilità, ma soltanto per amore.
Scusate se sono arrivato al punto facendo un giro larghissimo, e se ho
abusato dello spazio concessoci dal nostro caro Lorenzo.
Volevo solo dire ancora una cosa sul nostro povero odiamato Baglioni: se
dovessi analizzare le mie poesie (e dico solo le mie) credo che troverei
tante di quelle sue "citazioni" (a volte nemmeno tanto involontarie) da
farci un'altra dozzina di poesie . E se tutte queste citazioni si dovessero
trasformare in "citazioni" per plagio, povero me.... Chiedo a questa giuria
di porre dunque fine alla battaglia delle...mele cotte e di assolvere
l'imputato con la formula più ampia: in caso contrario proporrò appello
chiedendo di ammettere come mezzi di prova i più sofisticati software di
analisi testuale che proveranno la contaminazione incrociata di tutti i
poeti, dai più illustri a quelli meno conosciuti....e se morirà Sansone non
si salverà nemmeno un Filisteo! Saluti a tutti
Massimo R.
27/10/2008
Grazie Claudio ,è da quella linea che
inseguiamo che troviamo spesso,non sempre,energia ..Grazie ancora.
Tinti
Tinti. Ho letto "Amore" . non so se provare
rabbia o tenerezza per quel tuo cercare qualcosa che almeno abbia il profumo
di certezza. "...linea dell'orizzonte pura e schietta?"
Forse è proprio in quell'orizzonte che non raggiungiamo mai che troviamo da
la forza di amare malgrado tutto.
Ciao amica mia.
Claudio.
25/10/2008
Caro nuovo amico, quanto si è letto ,
ascoltato, cantato ,quanto ci hanno appassionato amori e tradimenti..hai
ragione.Mi vengono in mente, oltre alle figure classiche, alcune "amanti" di
Amado che rimangono impresse in memoria per la forza che emanano.Faccio però
fatica ad esprimere giudizi in quanto per me tutto è possibile: amare due
uomini, amare una donna,amare un giovane ....non si può comandare al cuore
quando viene rubato,strappato da un bisogno, da un sentimento straodinario
quale l'Amore.Io però,in ogni situazione, mi metto sempre nei panni di tutti
e guardo da fuori :l'amante ama riamata ma sente una parte del suo uomo non
sua, la moglie forse ama il marito ma, anche se non lo sa, sente qualcosa
che manca, l'uomo si sente dibattuto , a volte svilito, a volte galvanizzato
ma "diviso":sento dolore per tutti oltre che gioia .
Questo non significa assolutamente che non si debba vivere un sentimento
fino in fondo , goderne i trasporti ,sapendo però ciò che comporta
consapevolmente.Ci sono donne, care amiche da sempre, che vivono una vita
piena e gratificante essendo "amanti" da una vita(termine che suona male ma
non ne trovo altri ) mentre , per me, che sono estremamente scoperta e poco
diplomatica ,sarebbe difficile rendere il rapporto extra durevole perchè mi
risulterebbe faticoso e quindi teso, non rilassato.....Mi viene in mente "Jul
e Jim " con la Moreau , film che mi è sempre rimasto impresso perchè
mostrava la possibilità di un rapporto a trois,spesso bello ,gioioso ,ricco
forse più di altri canonici e freddi.Ripeto , io non dò mai giudizi
moralistici ma cerco di guardare ,come faceva Zola,con le pinze e la lente e
vedere tutti gli aspetti di una situazione. Se poi l'amore scoppia come
fiume in piena ,c'è poco da dire o da dibattere.....si afferra l'attimo...
Come vedi risposta non ce l'ho...
Grazie
Tinti
Carissima Tinti,novella amica nonché
infrangibile specchio. Hai perfettamente ragione quando domandi...sì,ma
l'altro? L'altro è una figura ugualmente poetica,la donna tradita,colei che
riempie la vita di un'uomo sotto ogni punto di vista e non è apprezzata;
viene offesa. Quanto inchiostro illustri scrittori hanno versato su questo
argomento!
L'amante,termine desueto che sa di polverosa e antica borghesia, è una
figura che richiama mistero,fascino del proibito,desiderio sopito e
risvegliato. Nella concezione che abbiamo della normalità di un rapporto
uomo-donna è una figura negativa. Ma i sentimenti hanno regole?
Addio poesia se così fosse. Perché,secondo te,una donna non potrebbe amare
un uomo già legato a un'altra? Vorrei conoscere il tuo parere.
Ciao e a presto.
Claudio.
Massimo. In una storia di amanti,se viene
scoperta,ne escono male tutti! La tradita che si domanda se meritava tanta
offesa. Il traditore che si ritrova solo perché è stato "mollato" da moglie
e amante e l'amante perché non vive più quell'amore masochistico. Fascino
del contorto!
Claudio.
23/10/2008
A Gus. C'è molta rabbia nella tua poesia,giusta
perché è quella di ogni cittadino che giorno per giorno si confronta,o
meglio,si scontra con lo Stato. Non so quanti anni hai,ma a me insegnarono
una cosa a scuola. La nazione è l'insieme di territorio geografico e
popolazione; lo Stato è l'insieme dei primi due più un gruppo di persone
scelte dal popolo perché questo Stato venga amministrato.
Questo è il Governo. Pertanto lo Stato siamo noi cittadini e per primi
dovremmo prendere coscienza di quanto avviene e ricordarcelo in certe
occasioni quando,per poco tempo, i signori si rivolgono a noi. Le leggi
marziali non servono se non a palesare ancor più la debolezza dei governi.
Urla e picchia chi è debole non chi ha argomentazioni o soluzioni vere. Se
mandi la Folgore,un corpo d'elite, significa che non hai soluzioni vere da
proporre. Tutta apparenza da mostrare sugli schermi che rassicura solo gli
ingenui o quanti non vogliono capire per paura.
Ci provò nel secolo scorso,all'alba, il Prefetto Mori. Corleone venne
assediata dall'esercito. Venne interrotta l'erogazione dell'acqua al paese
intero in attesa che la popolazione consegnasse i mafiosi nascosti. La mafia
è morta? Non mi pare. Credo che invece si sia rafforzata e sai perché?
Ragiona e agisce come uno stato autonomo,con le sue regole e leggi interne.
Ha fatto negli ultimi venti anni il famoso "salto di qualità". Hanno
imparato. È la mafia dei colletti bianchi,della finanza e delle connivenze
senza le quali non potrebbe proliferare. Queste ci sono sempre state,sia
nell'Italia Umbertina,in quella Fascista,nella prima e nella seconda
Repubblica. La mafia è l'unica che è riuscita a fare il "Compromesso
storico". Ha messo tutti d'accordo tra quanti hanno servito male lo Stato.
Le leggi ci sono,caro Gus! I giudici onesti anche ma spesso sono ostacolati
dall'interno del tribunale al quale appartengono. Io dico sempre che la
legge è uguale per tutti,ma non tutti sono uguali per la legge. Condivido
pienamente quando nella tua lunga poesia domandi con che coraggio si chiede
di denunciare chi ti minaccia quando poi non puoi difendermi. Ma se nessuno
denuncia la diamo vinta alle varie mafie. Come dice Tinti: siamo in guerra!
Quanto sangue è stato versato per liberarci dal Nazifascismo? Anche la mafia
è una dittatura.
Io,te e altri di questo sito denunciamo con i versi quanto accade e quanto
vediamo,è il nostro umile contributo scevro da appartenenze politiche perché
la poesia non ha bandiere o colori se non quello celeste di questo sito dal
quale ancora nessuno mi caccia. Complimenti per la denuncia. Ce ne
vorrebbero tante.
Claudio P.
22/10/2008
Grazie Claudio per la tua risposta e grazie a
Tinti per il suo
intervento e grazie anche al nostro ospite che ci ha permesso di
esprimere le nostre idee,anche se i dibattiti dovrebbero riguardare la
poesia.La poesia però non può eludere la realtà,per quanto i nostri
versi possano essere sognanti,la realtà incombe e non è allegra per
nessuno.Oggi questa nazione sembra più incomprensibile di sempre,ci
girano intorno troppe domande che non avranno mai una risposta nè dalla
politica,nè dai media,possiamo e dobbiamo solo resistere.
PS.a
proposito di poesia i libri di poesia di Raffaele Cutolo a Napoli,anni
fa erano molto letti e non solo nelle patrie galere.grazie a tutti,
maria attanasio
Caro Claudio , mi sono soffermata a leggere il
tuo intervento e, mio malgrado, vi ho trovato talmente tante verità dette e
sottese che non posso che trovarmi appieno su quel sentirsi esistere solo se
ci vediamo proiettati su uno schermo(mi viene in mente "Il ritratto di
Dorian Gray "..e quanto insegna....),addirittura alcuni personaggi danno
l'impressione veramente di non avere vita fuori da esso (banalmente ,mi
viene in mente la Marini che nulla sa fare se non apparire).Quante facciate
poi sono e sono state involucri di nulla o di tragedie:basti pensare, nel
piccolo, alle case di riposo della mia zona, lager sempre,oasi beate con
pazienti rinchiusi in cantina e legati,durante i rari controlli.Andando poi
indietro mia zia,insegnante ripudiata perchè antifascista,mi raccontava
spesso di quante violenze, furti ed altro venivano nascoste per tenere alto
il motto "le porte possono rimanere tutte spalancate,anche la notte".Panta
rei e noi continuiamo a non sapere e a guardare basiti persone che
s'insultano quando neanche sono più nemici.Il tutto è veramente disarmante e
devastante.Detto ciò,continuiamo almeno a poetre nel vero....potendo.E vi
lascio con un pensiero di Rilke" In verità poetare è altro respiro,è il
soffio in nulla"
Grazie a voi amici .
Tinti
21/10/2008
Cara Maria. Scusa se "arrivo dopo i fuochi".
Meglio tardi che mai. Il presenzialismo di Saviano è legato alla risonanza
che il libro, il film (Gomorra) e la minaccia ,o per dirla meglio, promessa
di farlo saltare in aria con uno spettacolare attentato,ha creato intorno al
personaggio Saviano.
I media ci sguazzano su queste cose. Puoi essere sicura che nei cassetti di
molti giornalisti ci sono già pronti i "coccodrilli" se la minaccia dovesse
concretizzarsi.
Per quanto affermi nei paragrafi seguenti non posso che darti ragione. La
polizia è messa nelle condizioni di non agire, le scorte rischiano la vita.
Chi fa questa professione sa che i rischi esistono e sono più alti dove
regna la malavita organizzata. La rischiano anche i cittadini che si trovano
sui tragitti degli "scortati". Non voglio scendere su temi politici. La
politica non esiste più. Quella alla quale assistiamo è una polemica
costante tra due schieramenti che rappresentano poteri economici.
Vediamo e ascoltiamo quello che vogliono farci vedere e ascoltare.
Conta solo l'immagine. Mi vedi, dunque esisto. Una versione riveduta,o
meglio,taroccata del famoso " Penso,dunque sono". La mondezza traslocata!?
Mi ricorda tanto tempi passati quando,per mostrare la facciata migliore del
paese,si facevano sparire temporaneamente anarchici,e soggetti sovversivi e
disfattisti. Alle visite ufficiali di capi di stato si provvedeva a pulire
facciate di palazzi e si convogliavano sui percorsi ufficiali torme di gente
euforica e inneggiante.
Cambiano i direttori di orchestra e i musicanti,ma la musica è sempre la
stessa. Se in sessanta anni la mafia e la camorra non sono state eliminate,
un motivo ci sarà. A chi giova ?
Ti saluto.
Claudio .
19/10/2008
Scusate se mi intrometto anch'io nella diatriba ..
Concordo appieno sul punto 2 e punto 3 di Maria.Ho qualche ragionevole
dubbio rispetto al punto 1 per alcuni motivi che vengo ad esporre.
Il libro di Saviano è un romanzo ,non solo un lavoro giornalistico in quanto
vengono raccontati agghiaccianti fatti veri con nomi e cognomi in un
contesto tragico mediante un linguaggio spesso poetico,straordinario nato da
chi ,straniero nel suo paese e sapendo scrivere benissimo vuole aiutarlo,
con i mezzi che ha, a non morire dissanguato come lui scrive "nel suo stesso
sangue".Dal suo libro è nato un film di taglio molto originale e
moderno,unico filmicamente per l'impatto che suscita:un mondo a parte che
decide ,fa ,uccide,mangia ,vive, vince e il resto non c'è.Tutto il mondo ci
loda per tale lavoro di verità.La partecipazione televisiva di Saviano,indubbiamente
, all'inizio mi ha disturbata (ho sempre detestato alcuni politici come il
prezzemolo ovunque da Bertinotti a Larussa)poi mi sono resa conto che,oggi,
nolenti o volenti, il potere è dell'immagine , è la televisione che ci
racconta di politica ciò che vuole e solo mediante essa,usandola bene, si
può far conoscere una realtà. Roberto Saviano è apparso la prima volta da
Biagi e già aereva un giovane -vecchio a cui è costato molto tirare fuori il
sopruso ,conoscendone i rischi, suoi e di altri.Rispetto alla scorta, è vero
che il loro rischio è grosso ma allora Caselli,Falcone e ....Un tempo erano
i magistrati a morire ,oggi la magistratura in paesi di mafia ,camorra ,endrangheta,
mi pare abbia le mani legate(altrimenti i nomi dei casalesi venivano fuori
prima e così gli arresti) e forse ci sono altre srtade da percorrere e credo
che Saviano abbia provato a percorrerne una .Non mi pare giusto che gli si
dica di fare il suo mestiere e quasi di non "rompere ancora":mi pare che
dietro ci sia longa manus....Allora Solgenizin, Brecht,Levi e altri ,anche
nel passato, avrebbero dovuto tacere? Se Levi non avesse scritto "Se questo
è un uomo" non avremmo saputo...Certo che qualcuno sempre paga....ma siamo
in guerra e dobbiamo combatterla con le poche armi che abbiamo.Questo è il
mio pensiero ,discutibile certo :aspetto altre opinioni perchè sono sempre
disponibile a rivedere le mie.
Tinti
Caro Claudio,scusa se mi intrometto nella
"polemica"tra te ed il Caro
Massimo riguardo al
giornalista Saviano,però essendo nata e cresciuta
a Napoli vorrei fare qualche riflessione:
1)non è bello dire che
Saviano poteva farsi i fatti suoi,resta il fatto che sebbene sappia di
essere stato minacciato di morte,non si perde un'ospitata in TV,un
convegno,una fiera del libro,no,lui non vuole rischiare la sua libertà
di parola ed io sono d'accordo,però la pelle dei poliziotti sì,e sai
quali sono i rischi di questa scorta gli stessi di Saviano,senza i
benefici che indubbiamente ha questo giornalista al quale non voglio
togliere il merito di aver reso nota una realtà storica,che tutti
sapevamo,solo che Saviano l'ha amplificata giustamente.
2)io sono
ovviamente contraria alla gente che fa muro e protegge lo spacciatore
invece di aiutare il poliziotto,ma dirò di più,l'attuale governo in
carica manda l'esercito a Castelvolturno dopo la strage,ma in quella
zona il governo non c'è mai stato ed alla gente che ora alza le
barricate questo ha fatto comodo perchè si sono costruiti ville e
palazzi senza mai nessuno che facesse un controllo,se è diventata zona
di camorrra è perchè lo stato non c'è mai stato e non c'è,perchè un
governo diverso meno populista avrebbe potenziato le forze di polizia,
invece ci sono zone dove non c'è pattugliamento perchè non ci sono
soldi per la benzina,gli stessi poliziotti,non soltanto sono mal pagati
ma anche scarsamente riforniti,lo posso dire perchè mia sorella è
poliziotta da più di 15 anni e ne racconta di cose.anni fa ha ricevuto
una medaglia di merito,solo che la medaglia era virtuale,nel senso che
se voleva davvero averla doveva comprarsela.
3)io credo che il
giornalista,abbia fatto bene a fare quello che ha fatto il libro è
bello,però io per esempio non sono riuscita a leggerlo per mia
vigliaccheria personale,come se non volessi avere coscienza di quella
che è la realtà che io conosco da sempre,perchè sono 40 anni che io
sento parlare di camorra e di stragi,l'esercito è già venuto altre
volte a Napoli,ma non è cambiato niente.
4)approfitto per dire una cosa
che mi sta sullo stomaco in modo particolare,non è vero che hanno tolto
la spazzatura,è stata solamente spostata nelle periferie,io vivo in
paesino che guarda il caso si chiama Saviano,è la nostra periferia è
piena di rifiuti nonostante da noi si faccia dal 2000 la raccolta
differenziata,e paghiamo la tassa si rifiuti più alta della Campania,
anche perchè da noi non si paga in base al numero dei componenti della
famiglia,ma in base alla grandezza della casa.così io che ho famiglia
piccola ma casa grande,pago più di chi riesce a far stare una grande
famiglia in una piccola casa e produce quindi più rifiuti,mi risulta
che in altre regioni le modalità sono diverse.scusate lo sfogo e
l'intraprendenza che non sempre ho,grazie Maria
Attanasio
06/10/2008
Gianfranco,grazie:anche io trovo calzante , per
come vedo io la poesia, l'idea del pronto soccorso per chi scrive (come tu
ben rilevi) e per chi legge...
Un caro saluto.
Tinti
Cara Tinti , fra gli autori che hai citato mi
ritrovo soprattutto in Galimberti : " L' Arte e la Poesia sono tra i
soccorsi più dolci ... " . Raccontava tempo fa Ombretta Colli , vedova di
Giorgio Gaber ( oggi riconosciuto anche come poeta ) , che il marito , se in
casa era un disastro , perché si scordava di tutto , quando componeva era
meticolosissimo e preciso . Tu mi dirai : " Che c'entra ? " ; Gaber era
fortunato ad avere un lavoro che coincideva con la sua naturale inclinazione
; altrimenti , costretto alla " praticità " , il lavoro , anche quello
casalingo , sarebbe stato una sofferenza , e avrebbe cercato in ogni momento
il " soccorso " nelle sue canzoni-poesia . Doveva essere vulcanicamente
creativo ; e per un artista così anche le incombenze più banali sono una
sofferenza . Sì , l' Arte é davvero " soccorso ", non soltanto al dolore ,
ma anche a tutto ciò che " distoglie " dall' attenzione verso il Bello .
Gianfranco Stivaletti
02/10/2008
Cari sitani,tornando a voi con piacere mi sono
trovata in questi giorni a leggere alcuni pensieri sul poetare che vi passo
e mi piacerebbe, naturalmente se vi vien la voglia, che mi scriveste se vi
ritrovate oppure no , se vorreste aggiungere o togliere quasi per gioco...
*Cesare Galimberti scrive in un suo saggio su Leopardi"...le arti e in
particolare la poesia sono tra i soccorsi più dolci che gli uomini possano
scambiarsi nel deserto della vita.."
*Cesare Viviani scrive in una lettera"..l'inadeguatezza è la condizione
necessaria per accostarsi alla poesia..la fede nella sua irriducibilità è la
convinzione vissuta per la quale l'esperienza della poesia ci può offrire
ciò che nessuna relazione di corrispondenza o sintonia ci può dare.E' la
convizione che poesia è vertigine di fronte al vuoto dell'universo.."
*Giachery scrive" ..le poesie sono persone che con altre persone hanno
necessariamente tratti comuni e tratti differenti.Per questa specificità di
voce e di timbro cerchiamo,scegliamo ,preferiamo..."
Vi saluto con affetto e un abbraccio al Nostro.
Tinti
12/09/2008
Caro Claudio , perché dici , a proposito dell'
esperimento di Ginevra , " adesso vogliono toglierci anche Dio ? " Ti
riferisci per caso alla ricerca del " bosone di Higgs " , la particella dai
giornali definita " particella di Dio " ? Ma questa é solo un' espressione
esemplificativa , per dire che ci si aspetta di sapere che cosa sia avvenuto
, com'era la materia immediatamente dopo il Big Bang . L' interrogativo
principale degli scienziati é sapere come l' energia abbia potuto
trasformarsi in materia . Qualunque sia la risposta che ne uscirà , secondo
me , niente potrà escludere che dietro quel primissimo evento primordiale
c'era una Volontà superiore , inconoscibile con qualsiasi strumento
scientifico , telescopio o accelleratore di particelle ; e quella Volontà
superiore é Dio .Anzi , da quell' esperimento di Ginevra scaturiranno nuove
leggi fisiche che dimostreranno ancora una volta che l' Universo é regolato
da un Ordine e non dal " caso " .
Gianfranco Stivaletti
11/09/2008
Per me è difficile entrare in un argomento così
delicato. La mia esperienza di uomo mi porta a scrivere che la
sofferenza, la morte, fanno parte del vivere terreno. Credo in un'altra
vita, in un'altra dimensione. I nostri scritti vengono dal profondo delle
nostre anime e se comprendiamo appieno la parola "anima" questa non potrà
mai morire. La Poesia non morirà. Prima scrivevo solo nei momenti di dolore,
di sofferenza... la morte dei miei cari. Le parole che non scrivevo mi
davano dolore, sofferenza, solo ad opera compiuta trovavo pace interiore ed
ogni qualvolta rileggo le Poesie a "loro" dedicate rivivo momenti di
felicità al "vivo" ricordo.Tonino Pisano
Adesso vogliono toglierci anche Dio! In
Svizzera ci stanno provando con l'acceleratore di particelle e sicuramente
il loro esperimento andrà bene.
Ma a cosa serve? Quale è il fine ultimo di questo spreco di denaro? Cercare
nuove possibilità per curare mali fino ad oggi ritenuti incurabili? È una
grossa, universale ipocrisia!
La verità è che si vuole ad ogni costo dare una spiegazione
all'universo,sentirsi superiori o quantomeno alla pari di Dio. Sono discorsi
che ovviamente valgono per chi ha fede ed io pur se in misura decisamente
inferiore a tanti altri ce l'ho,pur non cadendo nel bigottismo.
Potrei dire "Di tutti disse male,fuorché di Cristo,scusandosi col dir:non lo
conosco!"
Non ho fiducia nei preti e negli apparati della Chiesa,ma ho rispetto per
chi vi opera e vi crede.
Per chi come me si è avvicinato,per ora con passo incerto,nel mondo della
poesia,l'universo è una delle prime fonti di ispirazione. Così come lo è
quel Dio che troppe volte ho dimenticato e per mia fortuna,lui non ha
dimenticato me.
Quante volte mi sono chiesto perché esiste l'universo con i suoi pianeti,le
sue stelle,le sue galassie.
Cosa c'era prima di tutto questo? Perché l'universo non ha confini? E
se,ipoteticamente ce li ha, cosa c'è oltre quel confine? Perché esiste Dio?
Domande che possono affascinare ma anche portarci verso quel limite oltre il
quale si rischia di precipitare nella follia.
Non cerco risposte,sarebbe inutile avere delle certezze che ci
incanalerebbero in un materialismo assurdo e devastante per quanti come me
non guardano oltre la collina,ma sognano cosa può esserci oltre la stessa.
La poesia è fermarsi ad un passo dalla realtà. Se toglierete quel mistero
che avvolge la nostra povera esistenza taglierete quelle fragili ali che ci
allontanano dalla realtà a volte insopportabile e dalla quale ogni tanto
vogliamo allontanarmi.
Regalatemi un sogno,non una certezza.
Con tutti i miliardi spesi per l'acceleratore quanta fame si sarebbe tolta?
Quanti bambini si sarebbero salvati dalla morte a causa anche di malattie
che in occidente si curano tranquillamente?
Non prendeteci per il culo con la favola della scienza del futuro che curerà
mali incurabili!
Pensate al presente. Diversamente l'unico acceleratore che vi consiglio di
usare è quello della vostra auto. Spingetelo fino in fondo e andate.... a
schiantarvi con la vostra folle presunzione.
La scienza,il progresso non vanno fermati,sono d'accordo,ma certe
sperimentazioni sì.
Pecore clonate,semi congelati,madri sessantenni ad ogni costo! Ha senso
tutto questo?
Non sarà,per caso,che l'unico punto di arrivo è quello dell'immortalità e di
una generazione futura di super uomini? Qualcuno ricordi il film " I ragazzi
venuti dal Brasile" Già allora,negli anni set- tanta,si parlava di mappe
genetiche e dna. I nazisti studiavano il modo di creare la razza perfetta.
Il nazismo è finito,la follia ancora no.
Claudio Pompi.
Aurelio ti ringrazio per aver tirato fuori, tu
per primo, quelle cose che immagino agitarsi in questi giorni nell'intimo di
ognuno di noi. La tristezza e il dolore per la perdita di una persona che
sentivamo così vicina ci portano a riconsiderare con amaro disincanto tutto
il significato delle piccole e grandi cose che esprimiamo a parole e
chiamiamo poesia. E' come quando ci si sveglia da un sogno ed il brusco
ritorno alla veglia ci fa capire che quello che avevamo in mano non era che
l'impalpabile e fallace illusione di qualcosa che in realtà non esiste. E'
una sensazione dura, tutti noi l'abbiamo sicuramente provata. Tutti noi
stentiamo a riprendere il filo di discorsi che la cruda e prepotente realtà
ha interrotto, e che ora sembrano parole senza senso: albe, stelle, lune e
fate. Tutti noi abbiamo avuto un senso di scoramento e abbiamo percepito un
senso di inutilità e vanità in quello che prima ci dilettava, ci appagava e
solleticava il nostro ego. La "vetrina illimitata di noi stessi" come dici
splendidamente in una delle tue poesie. E tutti noi abbiamo sentito un senso
quasi di pudore, che abbiamo tradotto in silenzio, quasi come se ci
sentissimo in colpa per continuare a pensare, a scrivere, a vivere quelle
emozioni che appaiono così grandi alle nostre lenti di "poeti" ma che viste
ad occhio nudo si rivelano per quello che sono: semplici parole. Ci siamo
guardati allo specchio: c'è chi si sente cambiato, c'è chi si prende una
pausa, c'è chi addirittura pensa di smetterla lì. Ma c'è anche chi continua,
e forse tutti noi continueremo, prima o poi. Continueremo a scrivere perchè
questo è l'unico modo, o almeno il migliore che abbiamo scelto, per
comunicare qualcosa di noi agli altri. E non è importante che cosa
comunichiamo o come lo facciamo: è importante che lo facciamo, che
condividiamo quello che siamo stimolando gli altri a fare lo stesso. Il
silenzio può essere raccoglimento, dolore, omaggio, riflessione, ma dura il
tempo necessario. Poi torna il momento di ritrovarsi e "condividerci", nelle
piccole come nelle grandi cose. Il mistero della morte ci sgomenta, ci
limita, e ci accomuna tutti. Ma è l'altra faccia del mistero della vita, che
parimenti ci accomuna. E noi non smetteremo mai di andare "alla ricerca
della verità" perchè è proprio per questo che siamo al mondo. Ed anche una
poesia, nel suo piccolo, ci può aiutare in questo nostro viaggio.
Io da qualche tempo non scrivevo più, e mi sono domandato se c'era qualcosa
che potevo dire in questa triste occasione. Allora ho pensato che sarebbe
stata proprio Daniela a volere che la nostra poesia continuasse, quasi come
un testimone consegnato a chi prosegue la strada, quella ricerca che ci ha
accomunati, quell'amicizia che ci ha fatto trovare insieme per caso (anche
se al caso non credo poi così tanto) su queste pagine azzurre. E ho
immaginato che fosse proprio lei a spingerci con un soffio, da lassù, e a
farci tornare tutti a navigare insieme e a continuare il nostro viaggio. E
noi continueremo, anche grazie a lei, arricchiti dal tesoro che ci ha
lasciato, le sue meravigliose poesie e la sua sincera amicizia.
Scusate se mi sono dilungato, e scusami anche tu Aurelio, se ho preso a
pretesto le tue parole per dire quello che sentivo dentro.
Da domani spero di poter ricominciare a commentare le vostre voci (anche la
tua, spero). A presto
Massimo
Caro Aurelio,ho sempre pensato che i dibattitti,di
qualunque tipo e genere ,a parole o scritti,siano prevalentemente un modo
per chiarire a se stessi attraverso l'altro penseri ,conoscenze,dubbi e per
conoscere così i propri interlocutori.Questo spesso è avvenuto nei
nostri"dibattiti":si sono stabilite reti di condivisione ed appartennza che
ci occorrono come puntellli in ogni ambito del nostro vivere ,per non
sentirsi troppo soli.Lo stesso vale,a mio avviso,per i commenti. Quando
scrivi le tue emozioni su un sito e non sul tuo quadernino chiuso in un
cassetto è ,in fondo,perchè desideri siano "lette" e condivise da
qualcuno,solo così ti senti essere dentro le cose.E' per questo motivo che,
pur avendo provato quel "non senso" di cui scrivi,non mi sono fermata ,se
non per una notte !Mi è venuta a mancare la voglia di scirvere versi
..questo sì:in tutti i momenti di dolore e perdita della mia vita ,proprio
perchè la morte è parte di essa,il mio fare, dalla cucina ai compiti da
correggere, ha continuato imperterrito quasi a mangiarsi il tempo in modo
più frenetico mentre la mentecuore ,per lungo tempo,si è spenta .Comprendo
appieno e aspetto.
Ciao
Tinti
09/09/2008
Dibattiti sulla poesia...
Bello, bellissimo, dibattere sulla poesia ma, dopo che una poetessa ci
lascia per sempre, che senso ha? Mi chiedo e vi chiedo quanto sia alla fine
utile spendere parole su parole per andare alla ricerca delle verità.
La vita - come ho già detto a Maria Attanasio in una comunicazione privata -
è maledettamente vita se consente la morte. Io, noi e chissà quanti altri
come noi, ci innamoriamo della sensibilità che un verso potrà produrre, ci
immergiamo con tutta la nostra anima nei pozzi senza fine della ricerca di
felicità e... alla fine? Cosa resta alla fine? Scrivere fa parte di noi,
delle nostre culture e delle nostre emozioni ma perché scrivere quando la
realtà, da sola e in un baleno, è molto più potente del più potente dei
nostri versi?
Non so se sia corroborante continuare a consumarsi all'interno di vicende di
assoluta appartenenza emotiva. Non so se una poesia, a questo punto, riesca
a far dimenticare quella svolta d'angolo oltre il quale...
Ma sì, occupiamoci del pane, del latte e della pasta per dar seguito a
qualche minuto di ulteriore respiro!
Mi prenderò una pausa. Non so se le emozioni che sento dentro di me saranno
così forti da gridare d'essere spiegate agli altri.
Se dovessi smettere con albe, lune, stelle, fate e quant'altro, tutti quanti
voi rimarrete nel mio cuore. Vi ricorderò come dei magnifici complici in un
fallito colpo miracoloso.-
Aurelio Zucchi
06/08/2008
Aggiungo con piacere alla bella annotazione di
Gianfranco,riprendendo il "pane "come simbolo, il pane spezzato usato come
"denaro" in "Se questo è un uomo", il pane di Pollicino,mezzo per ritornare
a casa,il pane eguale terra e vita per i contadini d'Abruzzo in "pane e vino
"di Silone e.....Grazie .
Tinti
Un pensiero in memoria di Aleksandr Solgenitsin é
doveroso . Peccato che molti altri " sitani " sono assenti ! C'é un
brano , ne " Una giornata di Ivan Denisovic " che mi ha particolarmente
colpito : é quando viene descritta la fila che facevano i prigionieri del
campo di lavoro all' inizio della giornata . Ciascuno prendeva il proprio
pezzo di pane , lo " segnava " con un morso , come per riconoscerlo più
tardi , e lo metteva in una cassetta per ritrovarlo all' ora del pranzo. Che
cosa rappresentava quel pane ? Era per i prigionieri l' unico modo per
affermare la loro personalità compressa ed umiliata o qualcosa di più ? In
un alimento così essenziale e " primordiale " come il pane tanti scrittori
vi hanno visto dei valori persi o dimenticati , dei ricordi d' infanzia ,
che riaffiorano proprio nei momenti più drammatici dell' esistenza . Penso ,
per esempio , al pane , simbolo del perdono , che Fra' Cristoforo porta
sempre con sé nella bisaccia .
Gianfranco Stivaletti
05/08/2008
A Maristella,non ho mai partecipato a quel tipo
di gara e la penso come Gianfranco,senza pregiudizi..ascolto e sono
curiosa.Buone vacanze a te .
Tinti
A Maristella Angeli : No , non ho mai
partecipato ad una gara poetica tipo " Slam Poetry " . Penso che tutto ciò
che stimoli la curiosità del pubblico verso quel genere letterario "
snobbato " dal grosso pubblico che é la Poesia , sia utile . Però un'
esperienza del genere dev'essere condotta molto bene ; altrimenti si rischia
di sortire l' effetto penoso che fanno i poeti a " La Corrida " : si
presentano spesso , con gran coraggio , dei poeti anche validi ; ma é il
contesto che non é adatto per la Poesia che richiede disponibilità alla
riflessione .
Gianfranco
Caro Gianfranco,
sogni ideali e miti? Scusa ma sono un po' confusa dopo aver partecipato ad
un Poetry Slam, sorta di competizione giocosa tra poeti. Devo dire che mi
sono sentita triste e un po' rabbiosa, poichè mi è sembrato che i poeti
dovessero fare "I poeti di corte", cioè dovevano piacere al pubblico. Ma
cosa colpisce il pubblico? La qualità o l'apparenza? Se le persone, in
genere, sono abituate ormai ai talk show, non ci aspettiamo che possano
comprendere che cosa possa essere una metafora o una personificazione.
Occorre prenderla come esperienza divertente dove importante è tenere il
palcoscenico preferibilmente all'americana, cioè con bella apparenza,
battute o presentazione ad effetto, poesie comprensibili a tutti ed
enfatizzare, cioè tutto quello che professionalmente non si dovrebbe mai
fare.
Avete mai partecipato ad una gara di questo genere? Fatemi sapere le vostre
impressioni.
Gianfranco è chiaro che la poesia, secondo me è arte letteraria in cui i
sogni, gli ideali ed i miti sono parti profonde dei testi poetici.
Un caro saluto a tutti voi e buone vacanze
Maristella Angeli
08/07/2008
" I sogni non raggiungono quasi mai gli ideali
e illudersi non é cosa buona . Gli ideali , a volte preceduti da sprazzi
intuitivi , si possono e si devono realizzare . I miti sono una necessità
degli uomini " . FRANCO BATTIATO : " Gli spietati in giacca e cravatta "
, su " Agorà " , inserto culturale di " Avvenire " , sabato 5/7/2008 . Sogni
, ideali , miti : quale di questi aspetti della ricerca esistenziale
interessa di più il Poeta ?
Gianfranco Stivaletti
05/07/2008
Il Poeta non deve mai " appendere la sua cetra "
. L' ideale comune a tutti i Poeti é soprattutto la forza evocatrice della
Parola , l' armonia , " lo bello stilo " ( per dirla con Dante ) . Le
differenze di sensibilità che emergono dal nostro confrontarci devono essere
per noi uno stimolo , non una nube che sottrae alla vista l' uno dall' altro
. Per tornare al '68 ( mi rivolgo soprattutto a Tinti e a Bruno Amore ) ,
vorrei aggiungere solo questo : c'é stato un momento " poetico " negli anni
che lo precedettero ; e fu quello espresso dalle canzoni di Bob Dylan ( "
Autschwitz " , " Blowing in the wind " , per esempio , di cui io ero
affascinato ) . Poi prese il sopravvento la politica , giusta o sbagliata
non importa , ma secondo me quel momento magico in cui i giovani aspiravano
ad una maggiore sincerità si perse per strada . Non é il caso di "
ritrovarlo " , quel momento ?
Gianfranco Stivaletti
04/07/2008
Caro Massimo e cara Tinti,
mi trovo pienamente d'accordo con voi anche se la raccolta che ho appena
letto di Garcia Lorca "Poesie d'amore" Guanda Editore, il poeta esprime
sentimenti che, come afferma l'autore, sono stati solo immaginati e la
stessa Emily Dickinson, chiusa in casa dai quarant'anni in poi, ha
immaginato tutto ciò che ha scritto e che desiderava non rimanesse ai
posteri.
Relativamente all' esperienza personale nelle mie raccolte poetiche, esprimo
ciò che ho vissuto sulla mia pelle, ma anche ciò che di rimando mi arriva
dalla moltitudine di eventi visti, narrati o letti quali: notizie, mostre,
film, viaggi, conoscenze, oggetti, ambienti, ricordi, letture e
approfondimenti e quant'altro accade nella vita di tutti i giorni.
Un caro saluto
Maristella Angeli
03/07/2008
Mi ritrovo appieno Massimo...come possiamo noi
cantare...pensando che le stesse torture perpetrate da Mao e chissà da
quant'altri nella storia si ripetono ...tutto ritorna e noi .....cerchiamo
comunque di non appendere oltre alle cetre i nostri"ideali"quelli di cui
parla Gianfranco.Ciao a tutti.
Tinti
02/07/2008
Mi sposto sulla pagina dei dibattiti perchè ho
effettivamente abusato dello spazio "ringraziamenti" e ho paura che il
professore mi bacchetti giustamente....Ringrazio comunque Fausto e Luigi per
i loro contributi. Il discorso sul '68 è sempre lungo e controverso e ci
porta inevitabilmente lontano. Volevo piuttosto ritornare al punto da cui
ero partito, per dare un esempio di una poesia scritta sulla propria pelle,
in prima persona, che non si trova sulle antologie:
Poesia della morte
Prendete il mio sangue,
prendete il mio sudario
e i resti del mio corpo.
Scattate fotografie alla mia salma nella tomba, sola.
Inviatele al mondo,
ai giudici
e alle persone di coscienza,
inviatele agli uomini di sani principi e alle persone oneste.
E lasciate che portino il peso della colpa,
di fronte al mondo,
di quest'anima innocente,
lasciate che portino il peso, di fronte ai loro figli e di fronte alla
storia,
di quest'anima sprecata, senza peccato,
di quest'anima che soffre nelle mani dei "protettori della pace".
(Jumah al Dossari - detenuto a Guantanamo)
Non so se rendo l'idea, ma come posso immaginarmi di scrivere qualcos'altro
sul tema dopo queste parole, intendo qualcosa di "vero"?
Grazie a tutti gli amici e a presto
Massimo Reggiani
27/06/2008
A ben pensare ,la risposta al dilemma vivo nel sito:il
poeta deve esser nella mischia a spronare o ......mi vien banalmente da
dire:tutti noi viviamo sulla nostra pelle dolore,amore,passione,ingiustizie
,prepotenze,gioie,
godiamo del bello,sentiamo il male ......ma non tutti riescono a "guardare"
al proprio dolore o alla felicità con quel qualcosa in più che consenta di
renderli trascendenti dal particulare e comuni a tutti o quasi,universali
tanto da toccare il bambino soldato in Iraq e la donna stuprata ed anche la
signora umiliata dal figlio prepotente ..dal piccolo al grande tutti ne
sentono la voce,l'amore e la spinta a reagire.Mi piacerebbe andar più a
fondo ma si è chiuso il contatto
Tinti
25/06/2008
Cari poeti, ma che bel dibattito!
Caro Pesce, sicuramente la poesia è anche canzone, infatti si usa molto
attualmente mettere le poesie in musica. Il poeta sardo Dedda, lo sta
facendo con gli scritti della Deledda e così in altri casi come in quello
della poetessa Merini.
Sono d'accordo con Bruno e con Tinti che ci permette di fermarci a
riflettere.
Un caro saluto a tutti voi
Maristella Angeli
Mi sono trovata ,in questo periodo caliente,a
dover commentare con alcuni ragazzi che sto aiutando a prepararsi all'orale
della maturità classica,una poesia di Ungaretti che non conoscevo e ve la
passo..molto dice,a mio modesto parere.Ciao Bruno!
Segreto del poeta
Solo ho amica la notte.
Sempre potrò trascorrere con essa
d'attimo in attimo non ore vane,
ma tempo cui il mio palpito trasmetto
come m'aggrada ,senza mai distrarmene.
Avviene quando sento,
mentre riprende a distaccarsi da ombre
la speranza immutabile
in me che fuoco nuovamente scova
e nel silenzio restituendo va,
a gesti tuoi terreni
talmente amati che immortali parvero,
luce
.
Un ragazzino ha ricordato un altro verso di un'altra poesia di Ungaretti
che,a suo parere,completava il tutto:"...deposto ho la superbia negli
orrori,nei desolati errori" e mi ha illuminato.
Ciao
Tinti
24/06/2008
Cos’è la poesia? Avrà mai risposta questa
domanda? Non credo, è come quella sul perché esistiamo. I religiosi sono
sicuri della loro e gli altri brancolano nella ricerca di… Le canzoni sono
poesia? Domanda retorica: certo che si! La qualità poi differenzia quelle
che sono sublimazione del sentire per accezione universale, dal semplice
enunciare sentimenti e sentimentalismi, e questo vale anche in letteratura,
poesia o prosa. Il poeta: filtro di micro particelle di sentimento.
Catalizzatore di sensazioni spesso non riconosciute, latenti, sottaciute.
Quasi una funzione antropomorfica, dal racconto di gesta venatori nei
bivacchi, alla esaltazioni delle virtù guerresche ordaliche, alla suadente
declamazione di termini accattivanti in amore, e via via nello scibile umano
tutto.
Modestamente.
Bruno Amore
23/06/2008
Secondo me la poesia si avvicina alla canzone
in quanto è rimata, sebbene quando facevo le superiori e dovevamo studiare,
alla domanda qual'è la differenzatra una canzone ed una poesi, io siuccome
non mi ricordavo dissi, bè la poesia è come una canzone dato che io anche le
scrivo non noto alcuna differenza, quindi la professoressa si è messa a
sghignizzare, ridere, per dirmi che la poesia è molto più profonda, io son
rimasto di stucco per di più alla figura che avevo fatto, il detto dice
tentar non nuoce, io ci ho provato e mi sono scottato, ciao
L. Pesce
22/06/2008
Cari poeti, ho letto una interessante
definizione che Federico Garcìa Lorca, rilasciò il 2 aprile 1936 a Felipe
Morales, pubblicata sul quotidiano madrileno "La Voz": " La poesia è
qualcosa che cammina per le strade. Che si muove, che ci passa
accanto.....La cosa più importante è trovare la chiave della
poesia....Naturalmente nella poesia vive un problema sessuale, se è poesia
d'amore, o un problema cosmico, se la poesia cerca lo scontro con gli
abissi".
Nell'intervista rilasciata al giornalista Francisco Pérez Herrero,
nell'agosto del 1933: "L'artista, e specialmente il poeta, è sempre
anarchico nel senso migliore del termine, senza dover essere capce di
ascoltare altra chiamata che quella che fluisce dentro di lui stesso
mediante tre forti voci: la voce della morte, con tutti i suoi presagi; la
voce dell'amore e la voce dell'arte". (da "Poesie d'amore" Federico Garcìa
Lorca a cura di Piero Menarini Edito da Guanda).
Un caro saluto
Maristella Angeli
18/06/2008
Maristella,mi ritrovo appieno in quanto
rilevi:nella sezione dibattiti,a tempi alterni,si ritorna sempre a
domandarci perchè si fa poesia,che cosa è la poesia,se si può darne
definizione ........bisognerebbe..forse...Ma perchè dentro molti di noi
nasce questo bisogno? Non so dar risposta precisa ma credo che ci sia
un'ansia pressante di essere riconosciuti ,di essere ,seppur all'interno del
gruppo,in qualche modo rassicurati d'esserci .
Grazie
Tinti
17/06/2008
Cari poeti,
ci dibattiamo sempre su queste definizioni : poeta, poesia. Le risposte?
Forse infinite, ma perchè dare una definizione?
Mi spiego meglio, perchè dire è solo questo o solo quello, secondo il mio
parere non è definibile, ma quello che è chiaro è che la poesia, per essere
tale, deve avere delle caratteristiche stilistiche, tematiche, armoniche per
distinguersi dalla prosa, dalla riflessione o dal semplice pensiero.
Esprimersi in poesia non è facile e non è esclusivo ambito di letterati. Ho
domandato ad alcuni colleghi di lettere che, sullo scrivere poesie, hanno
dato la stessa risposta:"No, so analizzare perfettamente ogni poesia, ma
ammiro chi riesce ad esprimersi in poesia poichè io, non ci riesco. E' una
cosa che non sento."
Sicuramente il poeta ha una spinta interiore, ha una sensibilità elevata di
percepire la realtà, di osservarla, di emozionarsi e di trasmettere ed
utilizzare la forma di scrittura poetica che permette di evocare, di
sottolineare e amplificare attraverso uso di metafore, personificazioni ecc.
e toccare così la parte emotiva, le corde del sentimento dei lettori.
Alfio, i migliori sono tra noi, non solo tra i grandi autori, ma è molto
soggettivo il piacere o meno di un testo. Nella mia esperienza relativa alla
prima raccolta poetica pubblicata, ho potuto verificare che, ad ogni lettore
e critico letterario, corrispondeva la preferenza di una o un'altra poesia,
ma mai la stessa.
Gianfranco il dolore può avere effetti diversi a me, ha permesso di
esprimere in poesia i miei stati d'animo, ma il discorso è complesso.
Un caro saluto a voi tutti
Maristella Angeli
Ecco cos'é la Poesia : " L' importante é che
il Poeta sappia evocare qualcosa " - scrive Alfio . Si può evocare anche
senza scrivere , con un semplice gesto . Del resto , Poeta , in greco ,
significa " colui che fa " . Il Medico che sa curare anche con la
parola buona di incoraggiamento , come faceva Giuseppe Moscati , é Poeta
. Vorrei riferire qui dell' esperienza di un soldato della Missione Ibis in
Somalia con i bambini dell' Ospedale di Yohara ( mi é venuta in mente
ripensando alla poesia di Tinti ) :bastava dare a loro una palla colorata o
una bambola , giocattoli pressoché sconosciuti in un paese poverissimo ,
dove gli unici giochi sono i sassi e i pezzi di legno , perché se la
rigirassero fra le mani guardandola con occhi sgranati . Evidentemente quel
soldato con un semplice dono aveva evocato in loro un sogno , una fantasia .
Chissà se quel soldato , ritornato a casa , avrà descritto , traducendolo in
versi o in prosa , quel momento , il sentimento che lo spinse ad offrire
quel dono ? L' importante non é la forma , ma l' impulso che ci
spinge ad esprimere la nostra sensibilità .
Gianfranco Stivaletti
Per Massimo Reggiani.
Hai colto il senso intero della mia poesia. La provocazione, la
constatazione. A qualcuno basta essere saltimbanco, altri aspirano al
"salto" - voi a quale categoria appartenete? E io? Per quanto mi riguarda,
beh.. ci spero e mi metto al lavoro, sarà il tempo a "mettere l'etichetta"
Elia.
A tutti i sognatori 2, vorrei
aggiungere,parlando di poesia ,l'incipit di un saggio intitolato "Rima
tiranna"di Giovanna Alessandro : si dice che pastori analfabeti,impegnati
per ore a sorvegliare il gregge,si divagassero ,sulle alture dell'Arcadia,a
cantar versi con i loro compagni,semplici,dal ritmo candenzato.La poesia
quindi nasce dall'oralità ,nell'orecchio dei parlanti. Mi pare suggestiva
l'immagine ed evocativa .
Noi siamo un po' cantori che ci parliamo ,sull'azzurro, all'orecchio?
Tinti
16/06/2008
Ringrazio Massimo caramente e concordo appieno
con il suo intervento sul poetare....quante vostri versi mi hanno fatto
volare!
Tinti
Solo pochi appunti oggi, perchè è già molto tardi: il
tema sono i poeti. Ho in mente Elia Belculfinè e la sua definizione
(La poesia è un'altra cosa): ..."c'è un passo da fare che precede l'istante
in cui scegli che tipo di poeta essere. È l'istante in cui decidi che uomo
sei": bellissima sintesi che presuppone il formarsi di una consapevolezza,
da conquistare "mostrando i denti e strappando la cavezza". Dunque la sua
affermazione che solo quella "d'autore" è vera poesia suona come
provocatoria o è il frutto di una constatazione amara? E se invece la poesia
è quella che "urla blasfema e lacera il cielo" come dice Guido Mazzolini? O
addirittura non lascia traccia come i "passi nell'acqua" di Maria Attanasio?
Che cosa è esattamente poesia, e chi può definirsi poeta? C'è una specie di
dibattito sotterraneo su questo tema, presente in molte poesie dello spazio
azzurro. Io posso garantire che la lettura di alcune vostre liriche a volte
ha destato in me molta più ammirazione (ed anche commozione) di tante poesie
regolarmente presenti nelle antologie o sugli scaffali dei librai: forse è
vero che siamo "saltimbanchi in bilico su un filo di sogno", ma sono sicuro
che certi sogni sono più vivi e colorati della realtà, anche se non sono
stati ....registrati con codice ISBN. Oggi oltre a Maria (grande immagine
quella "materia abitata da amore") e al magnifico "rincasarsi dentro" di
Daniela ci sono le parole di Tinti che "riempiono vuoti" (sempre di un gesto
d'amore si tratta), la "crepa della vita" di Bruno, ferita che dà "insano
piacere", e la brama d'azzurro di Cristina: non v'è stagione per quanto
cruda che non abbia degli squarci di sereno.
Buona serata a tutti, a presto
Massimo Reggiani
A Gianfranco( e in qualche modo anche ad Alfio)
rispondo riferendomi a ciò che provo io:probabilmente chi è veramente
"poeta" crea comunque vivendolo ma riuscendo a guardare oltre il proprio e
il dolore del mondo.Io ,Tinti Baldini,piccola briciola nell'universo sono
ondivaga ed altalenante: ci sono momenti in cui buttar giù
parole,emozioni,sentimenti... mi calma la sofferenza anzi le dà una valenza
differente cosmica e quindi ineluttabile (di cui mi sento quasi non
responsabile) altri in cui un dolore sordo e non tangibile,vago e pregnante
mi toglie fiato e mi porta a pensare a dismisura oppure a fare e fare
:l'ispirazione manca e prevale l'inerzia. Credo che nel mio piccolo modesto
poetare,mi succeda illuminarmi d'immenso e poi sentir subito la sera.Grazie
per lo stimolo.
Tinti
Chi ha " mai provato / a inventare una
storia / che vada oltre il dolore / una storia d'amore ? " Ho meditato a
lungo su questi versi che Tinti ci ha inviato tempo fa , aggiungendo , nella
chiusa : " Io non ci riesco / e mi brucia il cuore " . Mi sono
proposto di commentarli ; ma poi ho pensato che la domanda finale , più che
un commento , merita di aprire un dibattito . Il dolore che c'é nel mondo
può essere tanto grave da bloccare i nostri slanci , da indurci a riflettere
più che a scrivere , a creare ?
Gianfranco Stivaletti
A tutti i sognatori.
Cosa è realmente la poesia, ho letto in questi giorni dplendide creazioni,
qualcuna ,anzi molte ,mi hanno affascinato, qualche altra mi è piaciuta meno
; ma pur non essendo piaciuta a me ho letto critiche entusiaste.
Allora Vi chiedo , cosa è la poesia, la mia risposta è che la poesia è un
atto creativo, qualcosa che prima non c'era e che, successivamente, qualcuno
ha, per l'ppunto, creato. Non è detto che piaccia a tutti, può e deve creare
sentimenti differenti. La poesia deve evocare . Ci sono i futuristi ,
gli impressionisti, i surralisti; Chi sono i migliori? Sicuramente quelli
che mi piacciono di più , non importa cosa disegnano, l'importante è che
sappiano evocare in me qualcosa, qualunque cosa. Evocare, si evocare, è una
parola magica; ecco cosa è quello che mi preccupa, l'indifferenza, il non
riuscire a evocare.
L'indifferenza è qualcosa di stagnante , che non ha nessuna emozione; è
gelo,non mi piace, mi fà sentire morto.
Ritorniamo alla domanda dell'inizio, cosa è la poesia.
Beh secondo me , se tre parole sono messe una dietro l'altra creando un
concetto nuovo, magari strano, beh quella è poesia.
Ad esempio Un lampo nel buio del temporale/la luce rischiara. E'
poesia, angoscia, speranza .
Rivolgo a Voi la domanda, cosa è poesia e come deve essere fatta?
Con affetto e stima
Alfio Licciardello
08/06/2008
A Gianfranco S. – D’acchito avevo pensato di
essermi espresso male, ma la chiusa della tua prima frase, ma rincuorato:
…di moda. Anche se intendevo molto peggio di questo. Tutto lo scibile umano
può, direi deve, essere percorso dalla curiosità del poeta, per dirci quanto
con la sua sensibilità assolutamente particolare, vive cose vissute, in
genere, con superficialità. Ma quando i temi ricorrono a stagioni, sulla
scia di prese di posizioni, atteggiamenti, enunciazioni di quel o l’altro
pezzo da 90, in ambiti disparati dalla religione, all’etica civile, che
ripeto il poeta deve indagare e dirci cosa sente, la cosa mi puzza di
autoreferenzialità. Cavalcare un sentimento largamente condiviso e dirne
quanto di conveniente gli altri vogliono sentire. Scrivere belle poesie
sulla Madonna, non è un’operazione letteraria, poetica o quant’altro. Forse
è romanticismo, che non si può credere sia tutto il bene del mondo.
Bruno Amore
07/06/2008
Ho letto un pensiero che,mi pare ,in qualche
modo ci riguardi"La violenza dei gesti sta al posto delle parole non
imparate,dei libri non letti,degli insegnamenti non appresi,dei sentimenti
che non si sono evoluti....Per passare dall'impulso al sentimento è
necessario accostarsi alla letteratura che ci insegna cosa sono
amore,dolore......."Fa riflettere...
Tinti
04/06/2008
Scusate ho visto che ho perso una f nella fretta di
scrivere: era affronto.
Caro Gianfranco sono pienamente d'accordo, pensa che ho potuto osservare a
Roma grandi opere d'arte nella mostra "Ottocento da Canova al Quarto Stato".
Confronto l'arte pittorica e scultorea con la scrittura poichè dipingo e,
quando scrivo, descrivo immagini visive quasi dipingessi con la scrittura.
Osservando le splendide opere esposte, ho riflettuto su quanto sono stati
ostacolati gli innovatori che dai ritratti ufficiali, sono passati a
rappresentare le emozioni e il sentimento.
Qualcuno dice che, per poter vendere, occorre prima chiedere all'editore
quale tematica può far presa sul lettore: i testi a tavolino....
Tra alti e bassi la poesia si sta facendo valere, anche se accompagnata da
percussioni e cose strane.
Gianfranco hai letto la mia raccolta poetica? Fammi sapere se qualche poesia
ti ha colpito maggiormente.
Un caro saluto
Maristella Angeli
03/06/2008
A BR1 : Molti sono i valori a cui il Poeta può
attingere , caro BR1 , Dio,Patria,Famiglia ,Pace,Solidarietà...l'importante
é che quello che scrive sia libero da qualsiasi condizionamento , politico,
culturale, di moda. Certo , vi possono essere dei temi che in un dato
momento " fanno tendenza " e il Poeta non si accorga di esserne
suggestionato . Siamo tutti uomini, non " grandi uomini " , tanto perfetti
da essere al di sopra delle mode . L' importante é non prestarsi a fare " l'
intellettuale organico " , che mette la sua penna al servizio di un'
ideologia . Nel tormentato '900 ve ne sono stati di questi esempi ; ma , per
cercare di essere al di sopra delle parti ; ed evitare di invischiarci nell'
ennesima polemica sui totalitarismi del '900 , preferisco ricordare un
esempio tra la fine del XVII e l' inizio del XIX secolo : Vincenzo Monti ,
il campione di disinvoltura che da filo-napoleonico divenne
filo-Restaurazione . Questo é un esempio di condizionamento alle mode da
evitare ; per il resto...massima libertà nell' attingere ai " valori "
preferiti .
Gianfranco Stivaletti
Sono pienamente d'accordo Tinti!
Sto leggendo tanto e ho molto da imparare. Afronto l'esperienza di scrivere
poesie con umiltà (non so se per molti altri è così). Sicuramente esprimo
ciò che sento ed essendo una persona positiva, cerco di comunicare speranza
e affronto anche tematiche sociali.
Una poetessa ha affermato che la poesia è studio e razionalità, ma secondo
me è come dire di eseguire un disegno tecnico o un quadro artistico.
Sicuramente non è la stessa cosa.
Cosa ne pensate di tutta questa moda che proviene dall'America della poesia
declamata?
Grazie Tinti per i complimenti.
Un caro saluto
Maristella
A Maristella ,complimenti! Rispetto
all'accezione di poesia come libera espressione ,siamo ,credo ,tutti
d'accordo ma proprio in quanto libera dovrebbe essere" consapevole" dei
cambiamenti e forza rigeneratrice.Credo che l'arte come il pensiero o un
essere umano siano liberi in quanto sono in grado ,senza
(troppi)condizionamenti esterni ed interiori,di comprendere e andare oltre
la realtà in modo autentico e propositivo.Questo non significa che lo si
debba fare per forza altrimenti non è arte ma che,nei momenti cruciali di un
'epoca,l'arte dovrebbe essere elemento stimolante, indispensabiloe per
riflettere ,approfondire ,capire e volgere corpo e mente al meglio.Questo è
il mio pensiero,modestamente.
Grazie
Tinti
Cumpare Alfio, poiché nella vita sono - al
massimo - un somaro, nelle speranze ho sempre sognato di essere lupo o falco
(per stare al tuo zoo). La fuga dalla realtà è pratica precipua dei poeti e
lo fanno meglio quelli che meglio architettano metafore per dire o non dire.
Io volevo solo richiamare l'attenzione sul fatto che - a mio avviso - la
fuga onirica, immaginifica del poeta, dovrebbe tendere al senso costruttivo
del pensiero. Una specie di evoluzione. Ripercorrere proditoriamente
percorsi intellettuali lontani nel tempo - mi sa - di esercizio letterario,
una specie del neoclassicismo nella pittura, scultura, architettura. Le
copie, ancorché perfette, nella forma, nella tecnica, nei materiali, restano
copie: la Venere di Milo fatta oggi, uguale o nello stile artistico di
quella, è anacronismo.
Ma come dice Tinti (cumsorte) queste riproposizioni, rivisitazioni, sono il
segno del nostro disagio di fronte al nuovo che avanza e per vivere il quale
non sappiamo bene cosa inventare.
Modestamente.
Bruno Amore
Cari poeti, sono tornata oggi e devo dirvi che
le due esperienze che ho avuto a Macerata e a Roma, sono state bellissime e
a me basterebbe così: non sono ambiziosa.
Certamente cerco di migliorare anche se il tempo da dedicare alla poesia non
è molto, poichè gli impegni incombono costantemente.
Sono d'accordo con Tinti. Per rispondere a Gianfranco credo che le poesie
non vadano mai rinnegata ne' rimaneggiate: meglio scriverne un'altra.
Possono convivere le tante opinioni di ognuno, ma a quello che ho sentito si
sta facendo confusione: l'arte è essenzialmente libera espressione.
Sottolineo questa affermazione, per dire che sì è importante lo studio del
poetare e della letteratura, ma ricordiamo che l'innovazione è sempre stata
ostacolata e mal compresa e ad esempio, una scrittrice di valore come Emily
Dickinson, non ha mai visto pubblicate le sue poesie tranne una in
un'antologia.
Un caro saluto ai bravissimi poeti
Maristella angeli
Grazie a Daniela e a Gianfranco per le vostre
risposte e per l'incoraggiamento. Secondo me è importante confrontarsi anche
se, il sentire di ognuno come il vissuto personale, è diverso per ogni
persona. Ci si potrebbero scrivere molti libri!
Un caro saluto a tutti voi
Maristella
02/06/2008
A Gianfranco grazie....quando il pensiero
matura nel tempo io però provo e non sempre riesco a scriverne un'altra.
A Brù e Alfio :il periodo "revisionista" forse,l'annichilimento culturale e
morale,le enormi "paure" economiche e non solo,i modelli intorno di stimolo
sempre più rari, probabilmente ci spingono a avvitarci intorno a noi stessi
e a esaltare i nostri credo e i nostri valori in modo "romantico", a
guardare nostalgicamente al passato invece di volgerci avanti e dare
prospettive nuove utilizzando il pensiero creativo,divergente.Credo che ciò
si verivichi proprio per quel senso di inadeguatezza,di frustrazione,di
confusione che alcuni di noi ,non più giovanissimi,vivono nella pelle e nel
cuore e ...per non soffrire troppo si appigliano a sicurezze e puntelli di
difesa.Almeno a me, ora, sta succedendo questo:o non scrivo nulla o scrivo
il già detto con parole differenti e ancor più soft.D'altra parte io non mi
sento "poeta"tale da poter smuover qualcosa ma solo evocatrice ,a
volte,d'emozioni.
Ciao
Tinti
A Tinti ( ed a Maristella , che ha posto i
quesiti ) : Si , se riscrivo daccapo una poesia , poi non é più la stessa ;
vuol dire allora che la prima , lasciata da parte per tanto tempo , era solo
un ' idea . Quella vera é la seconda , perché l' idea é maturata con gli
anni . Le poesie giovanili che non modifico o riscrivo sono quelle che vanno
lasciate così come sono , perché mi rappresentano per com' ero allora .
Questo mi premeva di dirvi gioivedì 29 u.s. , ma per cause di forza maggiore
mi he rimasto nella tastiera .
Gianfranco Stivaletti
01/06/2008
Caro Br1
Forse a causa di tutto questo terremoto di "tante sedimentate convinzioni
sulla vita politica, religiosa, civile" gli amici che scrivono di poesia su
questo sito, abbiano tanta voglia di "profumo" di sacrestia e romanticismo
Io sono un pò invidioso di alcui di loro; probabilmente , perchè non sono
capace di scrivere le meraviglie che leggo, qualche volta. Anche a me
,qualche volta, dà fastidio la melensaggine, le poesie troppo uguali alle
altre, l'ho anche scritto, forse troppo tra le righe.
Ma francamente, alcune poesie che volano al di sopra "dello schifo che ci
opprime" fanno bene al cuore ed all'anima.
Nel mondo c'è bisogno di agnelli,lupi, falchi,galline.
Non ti sei firmato.Tu cosa vuoi essere?
Alfio A. Licciardello
30/05/2008
Chissà che vorrà dire tutto questo rispolverare
"valori" del tipo - dio, patria, famiglia - e passi in politica,
nella quale i corsi e ricorsi storici obbediscono a precise esigenze di
consenso, cavalcando paure, incertezze, bisogni per assumere il potere sulla
collettività. Ma la letteratura dovrebbe - credo - essere analisi, la poesia
cartina di tornasole, non già della vulgata ma dell'evolvere dello spirito.
Non c'è dubbio che il 20° secolo abbia terremotato tante sedimentate
convinzioni sulla vita politica, religiosa, civile, superando schemi
fondamentalmente basati su esigenze di ben individuabili classi sociali e le
arti, tutte si sono svincolate dalla classicità e dalla stessa nuova
classicità, per approdare a modi nuovi di espressività per dire il nuovo,
non il nuovismo. Certo anche gli "operatori culturali" risentono del clima
di revisionismo che circola, ma il poeta non fa cronaca - o non dovrebbe -
fa emergere quanto percepisce dell'anima che spesso non è riconoscibile,
subito. Se non ha avvertito il cambiamento epocale e ripiega nella sicurezza
del già sperimentato - nel bene o nel male - non rende un gran servizio alla
cultura e quindi alla società della quale fa pur parte.
Trovo, si senta in giro, un eccessivo "profumo" di sacrestia e romanticismo.
Modestamente.
BR1
28/04/2008
Caro Gianfranco, avendo recitato per molti anni
e avendo seguito un corso di dizione poetica, posso dirti che la poesia non
va interpretata, ma va letta. Ora sento che si fa di tutto, cioè ognuno
pensa di poter fare ciò che crede, senza nemmeno aver seguito una formazione
specifica che è necessaria.
Se leggete le vostre poesie, siete i migliori dicitori, perchè sapete bene
ciò che avete voluto esprimere, però consiglio di farle leggere a chi sa
dare alle parole il sottile sentimento, quella sfumatura che può avere chi
ha il perfetto controllo vocale ed emotivo.
Condivido le stesse sensazioni che ha Tinti e la preoccupazione che la
libreria non vada più, che i testi si trovano in internet e che si pensi di
risparmiare non su altri beni, ma proprio sui libri. Tra le altre cose, va
di moda l'happy hour con presentazioni nei caffè o nei locali più disparati
e la motivazione è quella di portare il libro dai lettori e non il
contrario.
Mah!! In bocca al lupo per le vostre performance io, ho avuto l'esperienza
dell'intervista radiofonica. Che emozione!! Mi hanno detto che è andata
bene.
Un caro saluto
Maristella
26/04/2008
Trascrivo un passo di un articolo di Umberto
Galimberti di oggi che mi pare possa essere di stimolo a poeti e non" Il
nostro tempo è caratterizzato o da solitudine di massa,ciascuno davanti al
suo pc,vittima di bulimia informatica per non perdere neppure un frammento
del mondo..o adunata di massa.......l'amicizia invece è un rapporto
duale..che consente una forma di autoriconoscimento secondo il modulo
platonico"Se uno,con la parte migliore del suo occhio guarda la parte
migliore dell'occhio dell'amico,vede se stesso........"
Tinti (la)
25/04/2008
Faccio tesoro ,Gianfranco, del tuo suggerimento
e ci sto già provando: a Maggio dovrò recitare alcuni brani su un palco!
Rimane però dentro di me quella malinconia legata al fatto che ormai la
carta,il libro e presto il quotidiano(leggibile in tv e su
internet)scompariranno ..mi vengono in mente i libri bruciati...il calore
dei fogli maneggiati,stropicciati,sottolineati,tuoi ....l'odore delle
biblioteche unico...la "tua libreria"dove giri,tocchi,leggi ,scegli...., il
segnalibro amico ed il libro sul comodino per leggere a letto..divino...e mi
sento piuttosto obsoleta!
Ciao a tutti
Tinti
24/04/2008
Cara Tinti , anch'io come te, sono sempre stato
impacciato di fronte ad un pubblico ; ma recitando le mie poesie, dietro
invito, ho superato l' imbarazzo seguendo il consiglio di un attore ,
Riccardo Cucciolla, in TV : nel leggere poesie la voce deve essere la più
calma e discreta possibile, evitando ogni " effetto " dell' ultimo Gassman o
di Benigni ; e meno che mai l'accompagnamento musicale : quello che conta é
la Parola .
Gianfranco Stivaletti
23/04/2008
"Catene" è il frutto di un percorso a ritroso,
dove la parola è prigioniera negli schemi più o meno complessi della
metrica, dovuto al condizionamento mentale nel periodo occorso per la
composizione del poemetto vernacolare in ottava rima di sei canti da dieci
stanze ciascuno :" La canzona de Stinchi de Màvero " 1995 - ed. Nuova
Prhomos ) : poemetto vincitore del Premio Letterario Nazionale XXV Aprile.
Per intenderci, è come se un pittore fosse costretto, dal continuo contatto
e dalla contemplazione di opere di Raffaello o di qualsiasi altro grande
artista, al recupero della figura dopo anni ed anni di tematiche informali
od astratte: come se una voce dentro gli imponesse un nuovo manierismo, un
nuovo espressionismo, un nuovo impressionismo o un nuovo surrealismo, e lui
dipingesse così, esperimentandoli con l'applicazione delle proprie tecniche,
dei propri soggetti e colori, del proprio sentire e vedere.
In quel periodo infatti, la mente cantava e contava in estenuanti
endecasillabi musicati in rima fino all'ossessione, e non mi è stato
possibile, anche nelle mie tematiche in lingua, tenermi fuori dal pesante
condizionamento delle piste della metrica; dalla musicalità arcana che
imprime la rima, quando ben eseguita, al componimento; dalla melanconia
soffusa e crepuscolare del settenario doppio incatenato; dal mistero
dell'endecasillabo sciolto… Insomma, ho provato a sviluppare, come in un
ardito neosperimentalismo a ritroso, le mie usuali ultime tematiche
post-ermetiche e neo sperimentali, adattandole alle gabbie compiute e non ,
dove la parola è costretta, ma mai banale, dove una musica ancestrale,
intro-dotta e al tempo stesso essoterica e di insospettata energia, ne
dipinge di mistero il significato moderno . Ho raggruppato nella prima
parte, nella silloge " Di rimando " tutte le poesie composte in
diversificate soluzioni di rima. Nella seconda , titolata " Catene", che da
il titolo alla raccolta, sono raggruppati tutti i versi non più in rima, ma
ancora saldamente prigionieri nelle tracce ovattate e misteriose dell'
endecasillabo sciolto o nelle esplosioni improvvise e fresche degli Haiku e
dei Tanka. Nell' ultima parte infine, " Dettagli liberi e chiaroscuri ",
finalmente libera! riscorre la parola e riprende il suo corso come un urlo,
ma conserva ancora dentro di se, piacevolmente frastornata, ancora profondo,
il ricordo d'una pudica danza nel passato. Passato?… E ne sente ancora il
battito: ... il rumore del mare.
14 Maggio 2007
Silvano Conti
Sono anch'io del parere che la "poesia cantata"
faccia più presa della poesia in libro.
Penso alla recente scomparsa della cantante Marisa Sannia
e alla sua canzone-poesia (magnifica) "Che cos'è la poesia".
Gianni Langmann
Credo proprio che il contatto fisico e d'emozione con
un pubblico avvicini :purtroppo io ,oltre ad amare la carta, sono
schiva e nelle numerose occasioni legate al mio lavoro in cui,per forza,ho
dovuto relazionare davanti a spettatori,ho sempre patito.Forse,superati
gli...anta ,dovrei vincere questa timidezza adolescenziale?
Grazie per gli stimoli Gianfranco e Maristella.Insieme si ragiona meglio.
Tinti
Cara Maristella , l' articolo che mi ha dato lo
spunto per porre la questione della scarsa presa che hanno i libri di Poesia
tra i giovani , parlava proprio del successo che incontravano i festival
della Poesia in varie parti d' Italia . Qui a Roma se ne tiene uno ogni anno
a Castel Porziano: io non ci sono mai andato, perché appartengo alla
generazione che predilige il libro; ma potrebbe essere un'esperienza
interessante.
Cara Tinti , vorrei ricordarti fra le canzoni-poesia l' indimenticabile "
Paese mio che stai sulla collina... " di José Feliciano.
Gianfranco Stivaletti
22/04/2008
Gianfranco, sai che la prima cosa che mi hanno
detto negli uffici della Casa Editrice che ha pubblicato la mia silloge?
Questo: "Tutti scrivono poesie, ma nessuno compra libri di poesie".
Ho provato a chiedere ai miei colleghi ins.ti di Lettere, mi hanno risposto:
"Per leggere poesie occorrono strumenti".
Altra cosa che ho letto: gli autori difficilmente leggono le poesie di altri
poeti.
Da quello che vedo, a parte me che forse appartengo ad una generazione
passata (leggo e acquisto libri di poesia), osservo che i giovani leggono
poco di tutto, navigano molto in internet, visitano blog e chattano e hanno
spesso una scrittura da msm.
Girando nei siti, osservo che hanno una maggiore visibilità le video poesie
e le audio poesie, ma avere un libro in mano ed entrare in libreria per
acquistarlo, secondo me, è ben diverso.
Nella mia città si sta svolgendo il Festival della poesia declamata: "Poesia
in vita" a cura della Provincia di Macerata, in cui si uniscono le diverse
arti nella declamazione della poesia.
Un caro saluto
Maristella
Grazie Cri,è proprio così e ad Enrico ..anche
se non son poetessa dico:mai tardi è per chiedere perdono e poi..se si
riconosce (ed è la cosa più dura) il nostro male dentro ,credo.....,si sia
già a metà strada.Io spesso lo sento ma lo mando via ..e poi ritorna quel
Belfagor,più rinvigorito ed avido di prima !Ciao
Tinti
Penso .e senza ironia,Gianfranco che tu abbia
ragione..quante belle poesie in musica m'hanno incantata e mi prendono
ancora.....
Ciao
Tinti
Cara Tinti, riconosco che la mia idea di riproporre la
" Poesia parlata " , o cantata, al modo degli antichi aedi , può
sembrare strana. Era chiaramente un'idea provocatoria,nata dalla lettura di
un articolo in cui ci si chiedeva come mai i libri di Poesia siano così poco
venduti . Indubbiamente oggi, nella " civiltà dell' immagine " attira di più
un cantante su un maxischermo che un libro di versi . A noi questo non
piace; ma dobbiamo ammettere che ci sono cantautori che ci hanno proposto
dal palco delle autentiche poesie . Vedi Franco Battiato, con la sua "
Povera Patria ", quando canta : " La primavera tarda ad arrivare " .
Trilussa amava " porgere " i suoi versi agli amici in trattoria,in osteria;
e così il busto che lo ricorda a Roma,in Trastevere, ce lo presenta: tutto
proteso in avanti nell' atto di declamare, accompagnandosi con un gesto
della mano,in modo affabile. La gente spesso si avvicina al libro dopo che
l' autore é diventato familiare in altro modo. Grazie per la tua attenzione.
Gianfranco Stivaletti
21/04/2008
Certo,Maristella,condivido: ognuno cerca la
poesia con il suo zaino sulle spalle ,magari qualcuno con un paio di ali per
volare, comunque con il vissuto dentro e le proprie abilità cognitive:per
fortuna quindi l'approccio differente ci consente di "creare"realtà
sfaccettate di grande stimolo.
Per provare a rispondere a Gianfranco ma ,un po' per gioco,l'aedo ,profeta
ispirato quasi invasato dalla divinità ,mimo ed attore mi fa venire in mente
Roberto Benigni mentre il rapsodo che cantava,accompagnandosi con la
cetra,le sue canzoni in versi,Gaber o De Gregori.Noi dovremmo provare ad
ispirarci a loro ed andare ,magari in tv o per le strade........Che ne dite?
Ciao Tinti
Interessante questo dibattito in cui tutte le
opinioni, sono accettabili.
Secondo il mio parere la verità può essere osservata da più punti di vista:
lo stesso avvenimento può essere espresso da ogni poeta in svariate
sfaccettature diverse. Da cosa dipende?
Contesto, motivazione, capacità di analisi, di osservazione, di ascolto,
sensibilità, vissuti, opinioni, conoscenze, formazione, educazione,
famiglia, luogo, viaggi, frequentazione di amici o di associazioni
culturali, hobby, interessi e tipo di lavoro. In poche parole la formazione
di ogni persona, condizionata da diversi fattori, fa di ognuno una somma di
risorse che permette di poter osservare e ricercare la verità in maniere
diverse e di giungere a conclusioni svariate nella ricerca della stessa.
Mi viene in mente il film "L'attimo fuggente": ottica diversa, diversi
aspetti della stessa verità.
Un caro saluto
Maristella
Enzo Bianchi, nel suo intervento pubblicato
sulla pagina culturale di " Avvenire "del 13-4-2008,afferma che il Poeta é
portatore di un " messaggio sconvolgente che non può tacere a chi gli é
compagno di umanità " . Nelle librerie i libri di Poesia sono sempre tra i
meno venduti; e questo forse é un bene, perché significa che la Poesia é
estranea alla " logica del mercato " . Ma se scrivere é un impegno,
soprattutto per chi si sente portatore di un messaggio che non può tacere,
come avvicinare i lettori ? Forse riscoprendo la parola parlata come gli
antichi " aedi " ? Che ne pensate ?
Gianfranco Stivaletti
20/04/2008
Se la verità,come intendevano i greci,è il
disvelato,il mistero ,ciò che forse ,solo ciechi,si può avvicinare (vedi
indovini vari..) allora il poeta o vate che sia ,un poco è uno sciamano?
Boh
Tinti
19/04/2008
La verità, quale? Di assoluto pare non ci sia
neppure quella scientifica, perché si è introdotto un nuovo elemento tra le
prove da valutare nella ricerca: il contesto. Cioè il fenomeno osservato e
riprodotto sulla terra, potrebbe dare risultati diversi esperito su Marte o
Venere. Quindi, credo che il poeta sia testimone di percezioni sensoriali.
Dotato di ricettori raffinati o soltanto più sensibili, recepisce senso
assolutamente particolare. Facendone partecipi chi lo legge, allarga la
possibilità di conoscenza e fruibilità.
Modestamente.
BR1
18/04/2008
Qualcuno si potrebbe però porre la seguente domanda:se
il poeta è colui che interpreta il Vero, deve conoscerlo per darne una sua
interpretazione o no? Allora è naturalmente depositatio della verità
oppure,come tutti noi miserelli ,la cerca servendosi di un pensiero
alternativo?
Ciao
Tinti
Mi é venuto in mente il famoso giudizio del Manzoni: la Poesia deve avere
il Vero come oggetto, l'interessante come mezzo,
l'utile come scopo. Il Poeta deve dunque ricercare il Vero ? Fino ad
un certo punto : se al Poeta si toglie la possibilità di inventare,
che gli resta ? D' altra parte,se la Poesia non avesse il Vero come
oggetto , sarebbe sterile ricerca formale, puro estetismo, sfoggio di
erudizione... Se mi ricordo bene, il Manzoni risolse questo dilemma
aggiungendo alle tre categorie _ Vero,Interessante_Utile _ anche una
terza: la Fantasia : il Poeta interviene nell' interpretare il
Vero. Gianfranco Stivaletti
13/04/2008
Cara Tinti,
sono perfettamente d'accordo con ciò che affermi, aggiungo che la visione
del poeta può andare oltre a ciò che appare, cogliendo aspetti più
reconditi, osservando ciò che difficilmente può essere catturato, cogliendo
l'incanto per fermarlo attraverso le parole.
La ricerca di sè, di risposte, di verità, rappresenta il cammino in cui
lasciamo tracce, impronte di noi per testimoniare e non perdere la
"memoria".
Riporto una definizione scritta da Francesco M. Battisti prof.re alla
Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Cassino: "La poesia come
la sociologia attinge la sua ispirazione dal vivere quotidiano del quale
compie un'approfondita analisi servendosi del confronto tra passato e futuro
tra fantasia e realtà".
Un caro saluto
Maristella
A Maristella e a chi sia interessato, volevo
,con il mio intervento sottolineare che la ricerca del vero non è, a mio
avviso, prerogativa solo della scienza e della filosofia ma Ulisse che sfida
se stesso è in ricerca di vero come Orlando che diventa folle nel suo
percorso .......Poi vorrei aggiungere che ognuno di noi esprime la "sua
verità"ogni giorno, ma il poeta ,quando riesce con un verso(esempio
scontato:"M'illumino d'immenso") a coinvolgere nella sua scoperta e nuova
ricerca molti altri ,assurge ,credo,ad una "verità"cosmica ed universale.Il
fatto stesso poi che ci si svegli al mattino ,in un mondo che a volte non
par nostro,e ci si muova, si agisca senza posa ,si legga,si scriva...... è
perchè siamo mossi , spinti da un bisogno,sopra di noi ,oltre noi,di
conoscere e capire il vero.
Grazie per l'attenzione.Il dibattito si fa interessante.
Tinti
Ho letto i vari interventi e vi riporto la
spiegazione che dà Bennie Warren nel testo "Arteterapia in educazione e
riabilitazione", nel momento in cui si scrivono storie: "Un livello riguarda
la parte sinistra del cervello, quella intellettuale, "razionale", che
assimila la trama e il linguaggio. L'altro livello riguarda la parte destra
del cervello, che assimila le immagini oniriche e i simboli.......possiede
un linguaggio istintivo ed è meno prevenuta verso nuovi modi di "vedere" e
verso un "aiuto" esterno.
Verità del poeta? Piuttosto direi una sua personale visione del mondo e di
ciò che lo circonda, un particolare modo di percepire, sentire ed esprimere
sensazioni ed emozioni.
Un caro saluto
Maristella
11/04/2008
Per provare a rispondere a Gianfranco e ad Aurelio
..ma che cosa s'intende per verità? Mi tornano alla memoria tante
"definizioni" dalla verità platonica di qualcosa che è e non può non essere
al pensiero di alcuni filosofi e letterati di sinonimo di fonte di vitalità
intellettuale e fulcro della conoscenza all' idea recente di "l'essere
stesso ,quindi realtà" a coerenza individuale di comportamento rispetto ai
propri valori e convinzioni...alla verità come continua ricerca
(Galileo),non stabile,che non si può portare a casa e mettere sul comodino
perchè è la vita stessa nel suo divenire..In alcune di queste la poesia ci
sta,mi pare, e può creare verità o perlomeno aiutare a ricercarla.
Grazie per l'attenzione
Tinti
Caro Aurelio,
hai posto una domanda alla quale si possono dare infinite risposte.
La capacità di creare è una risorsa che caratterizza l'uomo, lo valorizza in
quanto originale e irripetibile.
Posso dire quello che mi spinge a scrivere poesie: desiderio di esprimermi,
di ricercare, di comprendere, di esistere, di lasciare una traccia di sè, di
raccontarsi, di risvegliare sentimenti forse sopiti, riuscire a comunicare
messaggi positivi, trasmettendo emozioni, desiderio di poter fermare il
tempo nelle parole che rivivono ogni volta che vengono lette, testimoniare
momenti di vita come frammenti preziosi da rispettare.
Spero che ogni autore, voglia esprimere un parere personale.
Un caro saluto
Maristella
Mi viene da
risponderti, Aurelio, con un altro pensiero sulla poesia che mi pare
interessante ,espresso da Dino Campana,in qualche modo precursore di certa
poesia ermetica:" ..i poteri della poesia stanno nel socchiudere la porta
della notte per far sì che un alito di quel segreto ci sfiorasse in modo da
permettere anche a noi di sentire un brivido,un fremito,insomma UNA DIVERSA
POSSIBILITA' DI ESSERE"intendendo ,mi pare poesia come respiro,segno
dell'anima, termine dei confini dentro cui siamo chiusi.Ciao
Tinti
La poesia certamente crea , ma non
la verità . Io penso
che crei immagini,visioni,sogni; ed in questo il poeta é profeta: perché
offre le sue visioni,i suoi sogni ad un mondo distratto. E la sua spinta
creativa basta ad appagarlo. Vedi la poesia del Carducci ove il poeta é
visto come " un grande artiere " pago solo di forgiare il suo
strale e di scagliarlo contro il sole . La ricerca della
verità é compito dello scienziato o del filosofo.
Gianfranco Stivaletti
Dalla canzone GRAND'UOMO di Claudio Baglioni
(autore tra i miei preferiti relativamente ai testi) ho estrapolato questi
due versi:
la poesia è come un'idea,
non cerca verità, la crea
Osando promuovere un casereccio dibattito con chi ne avesse la voglia,
chiedo i vostri punti di vista. Per me la poesia è più di un'idea ed ho
qualche dubbio che crei verità. Più che certezze, io credo che un poeta vada
alla ricerca di speranze, siano esse sociali o legate strettamente al senso
della vita, della morte e dell'amore.
Quanto, insomma, la poesia (dalla più alta, regalataci dalle firme
straordinarie dei più autorevoli poeti fino a quella più semplice, ingenua e
un po' maccheronica proposta umilmente dai neofiti del verso) si può
considerare testimonianza delle verità umane? Al piacere di leggervi.
Aurelio
02/04/2008
Ultimo atto.
Mi spiace constatarlo ma non era questo il seminato.
Io rilevo che la chiesa e la politica dei “neocon”, rispetto alla
“intangibilità” della vita – sin dal primo insorgere – saltano volutamente e
per ragioni politiche, la valutazione delle vite di milioni di esseri umani
impiegati e perduti in guerra per far prevalere principi morali, economici e
territoriali. Io avrei apprezzato il capo religioso che dopo aver consentito
che dalle sue pertinenze uscisse l’accusa di assassinio nei confronti della
donna che per ragioni – a parer mio assolutamente insindacabili – decide di
non aver figli, di interrompere una gravidanza non sopportata, all’annuncio
della partecipazione del proprio paese o di qualunque altro, ad una missione
di guerra, si fosse posto fisicamente di traverso alla strada dell’esercito,
(lo studente cinese) chiedendo di non andare in guerra: in nome di quella
intangibilità, tanto sbandierata. Non è stato, e non poteva essere e nessuno
sa darmi una risposta accettabile.
Bruno Amore
01/04/2008
Per Bruno
dunque, premetto che le Crociate sono finite da un pezzo e che ammetto senza
problemi che il papato nella storia ha esercitato anche interessi propri di
natura economica e di potere che nulla hanno a che fare con la religione (ma
permettimi comunque di tirare un sospiro di sollievo per i risultati di
Poitiers, Lepanto e dell'assedio di Vienna che ci hanno consentito di non
retrocedere in serie B, o C...in caso di sconfitta a quest'ora io e te non
potremmo certo disquisire di libero pensiero). Gli uomini di Chiesa che si
sono assunti la responsabilità di crimini, allora come oggi, sanno che c'è
un Giudice ancora più severo della storia, a cui devono rispondere di ogni
malefatta. Loro sono passati e passeranno, la Chiesa resta.
Ma da quando la bandiera degli immortali principi sventola sulla vecchia
Europa, diciamo tre secoli, quali mai sono state le guerre fatte per
"esportare" le radici ebraico-cristiane?
Il figlio della Rivoluzione Francese ha fatto due milioni di morti al canto
della Marsigliese, le guerre coloniali le facevano laicissimi imperi al cui
seguito qualche volta arrivavano magari anche dei biechi missionari (e
qualcuno ci ha pure rimesso la pelle) ma non credo che fosse questo il
motivo principale delle spedizioni; la prima guerra mondiale non mi pare sia
stata una guerra di religione, e quanto alla seconda mi sembra che "Gott mit
uns" non fosse proprio il motto di una congrega di ecclesiastici. Poi
Stalin, Mao, Pol Pot (bei tipetti di seminaristi) mi sembra che avessero
altre mire che non quelle di esportare il Vangelo. Se poi ti riferisci agli
Americani il cui motto è "In God we trust" (confidiamo in Dio) non credo che
basti giurare sulla Bibbia e raccontare fanfaluche ai media per essere
considerati il simbolo dell'occidente cristiano, bisogna vedere se Dio
confida in loro.... Insomma, io nei disastri di questo secolo non riesco
proprio a vederci nè lo zampino di Padre Pio nè le divisioni corazzate di
Ratzinger. Se poi vuoi trascinare la Chiesa davanti al tribunale della
storia anche per furto di marmo..... beh, allora non so proprio che fare,
probabilmente i templi della "dea ragione" non hanno ispirato abbastanza
architetti e scultori.
Termino (ovviamente la polemica è bonaria) con le domande a cui anch'io non
ho avuto risposte: qual è il limite per la scienza, quali sono le libertà
che tutto consentono e tutto giustificano? Sappiamo che sopprimere un feto
di undici settimane è legale, ma a quante settimane ci poniamo il problema
etico? E costruire mostri in provetta è possibile, quando ce lo poniamo il
problema se sia anche giusto? Chiedendo umilmente perdono al professore, che
ci lascia sempre la briglia sciolta, saluto ringraziando e mi defilo, c'è un
mondo di poesia che ci aspetta...
Massimo R.
Rispetto al concetto di scienza"neutrale" ,super partes e al dibattito ,in
fondo ,se esista un 'etica o meno nella scienza ,propongo .a chi è
interessato, una lettura del testo di Piero Bassetti,su Internet sui
rapporti tra scienza e potere,sulla "nuova scienza " e la "nuova
politica".Io mi limito a riassumere solo un passaggio: la "nuova"scienza ha
perso,con l'autonomia,la sua purezza?In un certo senso si in quanto
rispondere alla sfida della società vuol dire essere certo pronta a
compromettersi,sporcandosi un poco le mani ..ma anche no perchè come si fa
ad essere puri senza assumersi respnsabilità?" e ..poi il resto molto
interessante e dialettico,a mio parere.
Tinti
R: A Massimo Reggiani.
Non è per amore di polemica o spirito di contraddizione, ma la scienza è
neutrale: non ha facoltà di pensiero, quindi non sentimenti, non volontà
precostituite. Gli uomini, hanno queste possibilità e fanno scelte ed in
queste si avvalgono di tutti i mezzi disponibili: la scienza e la tecnologia
che ne deriva e , ancor più determinante, l’assistenza spirituale. Uno dei
principali assertori della prioritaria
necessità di salvaguardare la vita “naturale” dell’uomo fino dal suo
insorgere, alle quali affermazioni mi pare tu ti rifaccia spesso, dice:
“Decine di milioni di essere viventi muoiono, ogni anno, a causa dell'aborto
o dell'eutanasia.
Questo secolo è stato caratterizzato da un'ideologia materialista violenta,
che ha lasciato dietro di sè una civiltà quasi del tutto ignara del
significato della vita.” Con il corollario del nichilismo scientifico, ecc.
ecc. Poco o niente sullo sfruttamento esasperato delle risorse naturali, le
Apuane portano le profonde cicatrici della rapina di carbonati di calcio per
abbellire cattedrali, chiese e pulpiti. Eufemisticamente per creare opere
d’arte, ad onore dell’altissimo, figuriamoci. Fossero state dighe e ponti…
Nessuno, dico nessuno, mi ha risposto quando ho posto questa domanda: la
vita dei combattenti nelle guerre per l’esportazione della civiltà di radici
ebraico-cristiane, esaltanti l’appartenenza alle volontà divine di pace
(pensa), non sono annoverabili tra quelle intangibili? Tutti i paesi che
hanno la religione nella loro storia e morale etica, sono i maggiori fautori
– attraverso le loro istituzioni e attività – di tutti disastri che hai
evidenziato e di quelli preannunciati e di quelli lamentati dal papa.
Bruno Amore
31/03/2008
Per Bruno sulla scienza
Purtroppo Bruno la scienza non è mai neutrale, e quando come dici tu "si
incarica di strappare verità liberatorie più realistiche" risponde a
finalità umane molto più banali e concrete, a volte anche perverse: utile
economico, potere politico etc...Sperimentare nuovi virus sui carcerati,
mescolare geni di fragola e zanzara, clonare pecore e scimmie, fare
ammucchiate embrionali umane possono sembrare traguardi esaltanti solo per
chi ha una visione "fideistica" della scienza (perchè, non è bieco
antropocentrismo anche questo?). Certo il cosmo avrà il sopravvento, le
forze della natura prima o poi non ne potranno più e si ribelleranno facendo
sparire la nostra specie (e sicuramente la scienza si sta dando da fare
alacremente per raggiungere questo risultato), confermando che tutto si
trasforma: la spazzatura in diossina, gli escrementi in gas serra, e magari
i feti in concime, gli ebrei in sapone etc..... Non dobbiamo proprio mettere
alcun limite alla scienza, non ci devono essere dei fini da perseguire? Cosa
sono queste "verità liberatorie" in nome delle quali tutto è permesso, tutto
è consentito? Ah, per inciso, quando saremo insetti spensierati forse il
sacrestano non avrà niente da dire, ma per posarci su qualche frutto succoso
dovremo sicuramente chiedere il permesso alla Anaconda Fruit Company.....
Massimo R.
Bene! Vedo che la questione poetica è stata ben
recepita.
Caro Salvatore, indaffaratissimo a quanto leggo, grazie per aver risposto.
Certamente ci assomigliamo! Confrontarsi è sempre importante, forse quello
che ci distingue è la passione con cui ci accingiamo a scrivere, l'esigenza
di esprimerci e di comunicare. Grazie per gli auguri!
BR1 parli di appagamento fisico, evidentemente vivi intensamente le emozioni
che immortali con le tue parole.
Caro Gianfranco, bella l'immagine del "messaggio in bottiglia", rende
pienamente l'idea. Certamente occorre una grande sensibilità per amare la
poesia, strumenti per comprenderla, rispetto per ogni parola che leggiamo.
Trovare chi prova gli stessi sentimenti è possibile, perchè essi sono
universali.
Quando leggo poesie mi trovo a pensare(ma in che tempo è vissuto
quest'autore?) e comprendo che la poesia rompe le barriere temporali,
rendendo eterne le parole che tornano a vivere ogni volta che vengono lette.
Cara Tinti, il tuo cappello a cilindro è davvero magico! Certamente quando
si è soddisfatti di ciò che si è scritto, si rimane incantati, ma a me dura
poco perchè subito dopo vorrei scrivere qualcosa che ritengo migliore.
Sapete che Bernie Warren, afferma che"...tutti hanno il diritto di produrre
il proprio esclusivo sogno creativo, un'impronta che nessun'altro potrebbe
creare......perchè ogni impronta creativa riafferma il sè".(da Arteterapia
in educazione e riabilitazione)
Un caro saluto a voi tutti!
M. Angeli
A Massimo Reggiani, del 30/3
Sono fiero e gratificato dal fatto che commenti, onestamente ancorché
dissenziendo, le cose che mi preme scrivere – a volte. Sono 3000 anni che
l’umanità arzigogola su quegli argomenti e credo lo farà per i prossimi
altrettanti, se non si risolverà a considerare la scienza (verità
riproducibile) un dato oggettivo non riconducibile a influenze ultraterrene.
Perché è l’antropocentrismo, per via fideistica, a stabilire che l’universo
gli è dato disponibile una volta per tutte, immodificabile e Prometeo,
assolutamente essenza dell’intelletto umano, si incarica di strappare verità
liberatorie più realistiche. Sul particolare del 30 marzo, con le ottime
esemplificazioni però in chiave morale, offri a me l’occasione di ribadire
che uscendo dalla concezione creazionistica dell’universo, è la scienza ad
avere l’ultima. “Nulla si crea…tutto si trasforma”, i disastri umani e
naturali, a distanza di tempo non cronicistico, hanno evidenziato la
vittoria della natura cosmica, che si riposiziona su nuove realtà
fisico-chimiche-biologiche. Catastrofi, estinzioni in continua presenza e
evoluzione, non hanno fermato il mondo (in senso lato). Capisco che con
l'immortalità ci sia qualche problema.
Bho!
Bruno Amore
Mi ritrovo in molti di voi :quando scrivo
,spesso la notte per non riprender poi più sonno,appunto una sensazione, una
parola a cui si allacciano altre come uscite da un magico cappello a
tubo,qualcosa che non sono riuscita ad esprimere a parole con alcuno,quasi
un segreto da confidare ,una gioia fisica,mentale enorme ,... da arrossire
quando vedi sul foglio che è proprio cio' che volevi.Quindi un GRAN
GODIMENTO!
(Lorca scriveva ,a proposito dello specchio di Gianfranco,che si guardava
attraverso i vetri ed era un altro...)
Tinti
Di solito io mi metto a scrivere,cara
Maristella,per esprimere quello che non riesco o non trovo occasione di
esprimere a voce ; e provo una gran soddisfazione per aver fissato sulla
carta il mio pensiero . Scrivere, in versi o in prosa, é per me come
lanciare nel mare una bottiglia con un messaggio dentro , come fanno i
naufraghi su un'isola deserta , nell' attesa che qualcuno trovi la bottiglia
, legga il messaggio e risponda . Per il naufrago é la salvezza ; per il
poeta si può avere la gran soddisfazione di trovare chi prova gli stessi
sentimenti . Di solito sento il prepotente bisogno di buttar giù dei versi
quando un pensiero, un concetto prende nella mia mente a poco a poco una
forma poetica che mi soddisfa, o meglio che sento " risuonare " dentro di me
. Grazie per aver posto questa domanda ; e grazie anche al Curatore di
questo Sito che permette a tutti coloro che scrivono di incontrarsi
virtualmente e di conoscersi. Gianfranco Stivaletti.
30/03/2008
Mi piace iscrivermi alla lista, se ne esiste
una, di quelli che leggendo il verso, che pressappoco recita…l’amore è la
forza che muove il sole e l’altra stelle…pensa non si riferisse esattamente
al sentimento della madonna, ma all’amore totale: spirituale, carnale;
affinità intellettuale con trasporto sentimentale, ecc. ecc. Per cui nello
scrivere, sono acerbo di penna per dire comporre, provo un piacere fisico,
anche narrando di disagi picologici e raggiungo, l’acme, un orgasmo sensuale
e sessuale, quando scrivo di amore-amore; quello terra terra tra me lei,
l’altro e l’altro a seconda delle preferenze e propensioni
biologico-psicologico. E quando il pezzo viene come lo sento dentro, vengo
anch’io appagato mentalmente. Volgare? Chissà cosa vuol dire.
BR1
Risposta da Santoro Salvatore Armando a Maristella
Angeli
Ho letto il commento di Maristella e voglio risponderle brevemente certo che
altri non lo faranno neppure e, forse, ci resterebbe anche male.
Premetto che ho letto per caso il suo commento perchè il mio tempo purtroppo
è molto avaro, visto che mi tocca fare una infinità di cose, e leggo molto
frettolosamente gli scritti che appaiono su poetare.
Però Maristella mi rassomiglia in quanto anch'io spesso mi sveglio la notte
per appuntare qualche pensiero o qualche traccia (o qualche verso) da
qualche parte quando mi prende l'ospirazione e poi appena ho tempo sviluppi
gli appunti presi.
A volte, invece, butto giù la poesia tutta d'un fiato.
Anch'io, come Maristella, scrivo da giovanissa età e la mia produzione
letteraria è sicuramente tantissima se si tiene conto che solo il 60% dei
miei versi è pubblicato su poetare.
Maristella fa una bella domanda: cosa si prova quando si scrive? Io rispondo
dicendo che provo una emozione immensa, che è il motore che mi permette di
scrivere e, sovente, quando mi sveglio nella notte sottraggo tempo al sonno
e, poi, non mi riaddormento più e comincio a navigare o aggiornare il mio
portale.
Ecco spero che Maristella sia soddisfatta della mia risposta, mentre da
parte mia le faccio i miei auguri per la sua produzione artistica.
Salvatore Armando Santoro
s.a.santoro@circoloculturaleluzi.net
28/03/2008
Cari scrittori,
ho letto i vostri commenti con le relative citazioni, mi permetto
d'intervenire riferendo quello che sento nello scrivere poesie e ciò che
d'importante e unico permane in me dalla lettura di testi scritti da sommi
poeti.
Scrivo da quando ero una bambina e mi divertivo a creare storie fantastiche.
Avendo una mamma scrittrice e pittrice, ho respirato l'arte e sono stata
educata all'amore per tutte le diverse forme espressive.
Ho avuto esperienze teatrali per molti anni e ho potuto arricchire la
conoscenza dei grandi autori, attraverso i personaggi che prendono vita in
scena.
Quello che tenevo chiuso in un cassetto poteva essere veramente valido?
L'esigenza di comunicare ed esprimermi condividendo emozioni e sentimenti,
cercando di far giungere messaggi di un futuro possibile, la sorpresa per il
nuovo giorno e di quello che ci può presentare, mi ha spinto a mettermi alla
prova.
All'età di cinquant'anni, ho finalmente realizzato un sogno, ho inviato due
raccolte di poesie, una da poco pubblicata, l'altra uscirà prossimamente.
Mi sono impegnata nel leggere raccolte poetiche, assorbendo dalle parole
scritte, la vita emotiva, ciò che di più intimo viene espresso, sensazioni
che permangono nel mio animo.
Sicuramente quando scrivo mi sento felice, sì il volto si trasforma, il
tempo si ferma e lo spazio è senza confini. L'ispirazione è forte ed il
bisogno di scrivere, svegliandosi anche di notte, rappresenta una forza
interiore.
Scrivere è un grosso impegno, una grande responsabilità verso i lettori: sta
al poeta trasmettere speranza, amore per la vita, lotta a favore per i più
deboli.
Condividete quanto ho espresso? Cosa provate quando scrivete?
Un caro saluto
Maristella Angeli
Cara Tinti,
Può dirsi poeta chi prova godimento nello scrivere versi ? La questione
da te posta nel tuo messaggio del 20-3-2008 é stimolante. Ira M. Rutkow,
saggista americano, autore di una poderosa "Storia Illustrata della
Chirurgia " ( Ed,Delfino,Roma,1996-Anche un saggio scritto con passione
può essere considerato un'opera d'arte ), scrive,nella prefazione,che i
suoi familiari,nel vederlo assorto,gli domandano " in quale epoca si
trovi " . Ha certamente ragione Sartre quando dice che
colui che crea,mentre lavora, non si distingue da se stesso:
egli vive fuori dal tempo e dallo spazio. Ma pure se l'opera uscita
dalle sue mani viene ad essere " un' altra realtà " , ciò non
toglie che l'artista possa rimanere nella propria individualità traendo
piacere dal proprio " atto creativo ". Alida Maria Sessa ha
individuato in un celebre dipinto pompeiano il ritratto di ciascuno di
noi poeti: raffigura una poetessa, forse Saffo, colta nel momento dell'
ispirazione con lo stilo poggiato sulle labbra e lo sguardo fisso
davanti a sè.Ti ci puoi riconoscere anche tu, quando, dopo il momento
della ricerca,arriva improvvisa l'ispirazione, l'aggettivo giusto,la
rima più adatta. Allora,ci puoi scommettere,il tuo volto si trasforma e
la mano si affretta ad immortalare il pensiero.Prova a scrivere con uno
specchio davanti a te ( é sempre Alida Maria Sessa che lo suggerisce ):
vedrai come il tuo volto si illumina in quel momento ! Se dunque tu
provi " un gran godimento " nello scrivere versi , puoi davvero
dirti una poetessa !
Gianfranco Stivaletti
20/03/2008
Per chi sia interessato cito sic"L'atto
creativo non permette di goderne:colui che crea si situa ,durante il periodo
della creazione,al di là dell'individualità nel limpido cielo della
libertà:non è più nulla :fa.Senza dubbio costruisce al di fuori di sè una
individualità obiettiva:ma, mentre vi lavora, essa non si distingue da lui
stesso, e più tardi egli non vi entra più, le resta di fronte come Mosè
sulla soglia della terra promessa."Scrive J.Paul Sarte e l'immagine
dell'artista -Mosè mi ha affascinato ma nel contempo mi sono detta "Io mai
sarò poeta perchè provo gran godimento ne scriver versi!"Che ne pensate
amici?
Tinti
10/03/2008
E' senza dubbio vero che molta poesia e non si
ispira ,nostalgicamente,al passato come se il bello fosse prerogativa
del"fu" ma ,d'altra parte,mi pare,che spesso per molti artisti ,il guardare
indietro sia una modalità utile ,quasi necessaria per osservare,capire
meglio ciò che viene dopo e ,spesso,la così detta resistenza al nuovo o il
dissenso (vedi Chomsky) sono quelle chiavi di lettura dell'oggi che
consentono di decodificare e
mettere in luce quello che di positivo c'è e sta cambiando(vedi per esempio
tutta la letteratura tedesca).Credo però che,alla base del rimpianto,sempre
presente in ogni epoca, ci siano strategie adottate dall'uomo per
"raggiungere l'eternità":erigere monumenti e commemorarli è come fermare il
tempo,l'accumulo di ricchezze su ricchezze è segno di vita eterna, creare
idoli immortali è adorar se stessi per sempre e la lotta all'immortalità
procede anche con la violenza.. per esempio le piramidi nate sulle
fondamenta della schiavitù ecc...Non è argomento facile da affrontare ma
estremamente stimolante.
Ciao Brù
Tinti
Nonostante le interessanti, intelligenti, esternazioni
sul Petrarca e il suo pensiero "moderno", i poeti - direi tutti - non
fanno che ispirarsi a formule concettuali del passato, a ricercare la
bellezza in quello che fu e che, purtroppo - secondo loro, non è più. Non
sento un verso sull'assoluta emozione trascendentale del viaggiare in aereo,
nel raggiungere qualsiasi parte del mondo. Vedere, ascoltare, abbracciare
tutti i conterranei del globo. Questa "saudade" per il tempo passato, che
pare essere l'unica fonte d'ispirazione, è lo scorno che l'umanità deve
subire per aver fatto di un mondo rurale, limitato, discriminatorio, un
universo più libero, ricco - non soltanto economicamente - più accessibile e
civile. Un prezzo altissimo in termini sociali, perché costringe i
progressisti a durissime battaglie etiche e morali, per far progredire
l'umanità. Certo Taranto era antropologicamente, biologicamente più
vivibile, quando il suo porto era scalo di sole derrate alimentari o
prodotti artigianali, ma era più povera, meno colta, meno utile ai suoi
abitanti, che son ora costretti a inspirare i reflui del loro benessere.
Modestamente.
BR1
06/03/2008
Non voglio aggiungere nulla. Ritengo interessante il pezzo e lo propongo. A
fondo pagina il link di riferimento (da Salvatore
Armando Santoro)
La modernità del Petrarca
Quando si parla di "modernità" relativamente a Francesco Petrarca si deve
distinguere il termine in due ottiche diverse: una rispetto ai suoi tempi ed
una rispetto ai nostri tempi. L'Aretino, infatti, fu ai suoi tempi un grande
innovatore, suo malgrado, della tradizionale cultura medievale, ma anche un
temperamento ed una coscienza di intellettuale che per molti aspetti
richiama alla condizione psicologica degli intellettuali del nostro tempo.
Per quanto si riferisce ai suoi tempi possiamo anzitutto dire che egli,
nonostante sentisse profondamente l'esigenza di ancorare il suo pensiero e
la sua moralità in un porto di certezze assolute, in effetti non riuscì mai
a trovare un punto di riferimento definitivo e brancolò sempre fra
tentennamenti e contraddizioni che lo tormentarono per tutta la vita. Non
per niente egli si andò gradualmente allontanando da quel filone di pensiero
che attraverso S. Tommaso giungeva all'aristotelismo, per avvicinarsi al
platonismo attraverso la lezione di S. Agostino. Inoltre egli per primo mise
allo scoperto il secolare equivoco della interpretazione del mondo classico
che dagli studiosi medievali veniva inteso come preparazione all'avvento del
Cristo, mentre in realtà esso rappresentava l'ideologia pagana
sostanzialmente contraria alla spiritualità cristiana. Infine il Petrarca
ebbe il grande merito di intuire che non ci può essere vera cultura, non ci
può essere progresso scientifico senza la possibilità di condurre i propri
studi liberamente, senza la disposizione a cercare nuove avventure del
pensiero e dell'azione. Egli insomma ebbe perfetta consapevolezza che la
lezione degli antichi è preziosa per chi sa attingervi la capacità di andare
avanti, ma che può divenire opprimente e negatrice di ogni progresso se la
si vuole considerare definitiva e perfetta.
Tutto questo fervore di studi, di ricerche, di meditazioni non si esplicò,
tuttavia, in una condizione di serenità e di compostezza spirituale. Esso fu
agitato da un convulso dibattito interiore che tormentò l'animo del Poeta
per quasi tutta la sua esistenza. Da una parte il Petrarca sentiva viva
l'esigenza di approdare a certezze morali e per questo forse invidiava la
costanza e la coerenza della personalità di Dante (per cui nei "Trionfi", ad
imitazione del grande fiorentino, assunse Laura come simbolo di guida
dell'umanità in pericolo alla ricerca della Verità e della salvezza);
dall'altra parte avvertiva tutta la fragilità della propria coscienza in
perenne lotta fra l'attrazione dei piaceri mondani, caduchi e fallaci, e
l'aspirazione alla pace eterna. Sotto questo aspetto il Petrarca nostra una
sensibilità assai vicina a quella degli intellettuali della nostra epoca,
che stanno drammaticamente subendo il crollo delle vecchie ideologie
ottocentesche senza avere la forza di crearne delle nuove. E del suo stato
di dubbio e perplessità il Petrarca ci ha lasciato una eloquente
testimonianza nel "Secretum", dove analizza le probabili cause del suo
disagio intellettuale e morale, riconoscendole soprattutto nel vizio
dell'accidia e nel suo amore per Laura, che rappresenta in generale il
richiamo alla vanità terrena. Ebbene, anche in questa opera di acuta
introspezione, il Poeta mostra di conoscere i propri difetti ma ad un tempo
dichiara di non essere certo di poter mantenere la promessa fatta a S.
Agostino di allontanare da sé il pensiero di Laura.
Link di riferimento:
http://xoomer.alice.it/brdeb/Petra/moder.htm
05/03/2008
Ho fatto una minuscola sintesi delle notizie
riguardanti l'"ascesa" del Poeta.
Ciò che spinse Petrarca ad intraprendere la scalata al Monte Ventoso fu la
grande curiosità di scoprire; ma anche il desiderio “umanistico”di
comprendere la stessa esperienza fatta prima di lui da Filippo il Macedone.
L’allegoria dell'ascesa al monte è la conquista del mondo esteriore, per
averne poi, una volta raggiunta la vetta, un rovesciamento e poter
conquistare quella interiore.
Dall’ esteriorità che si può conoscere, ribaltare la conoscenza indagando
dentro sé stessi. Il Poeta studia a fondo il proprio animo nel tentativo di
fare affiorare quell’aspetto più profondo che avverte in lui. Attraverso
questo passaggio fondamentale egli prende coscienza di tutta l'esperienza
dell'ascesa. Solo così si può giungere a capire che la verità risiede
nell'interiorità di ogni essere umano.
La sua passione per Laura, non sarà mai manifesta, e solo alla morte
dell’amata, ignara del suo amore, lui scriverà i versi mirabili che lo
consegneranno alla gloria.
Come vedi, Bruno, soffrì inutilmente, e per l'amore mai confessato, e per i
sensi di colpa che gli procurarono, salvo sentirsene liberato, alla morte di
Laura, e finalmente confessando e professando il suo amore ad uno spirito
ormai nella pace ed essenza di Dio.
cristina bove
Eccomi Massimo. Intendo la poesia destinata
proditoriamente all'esaltazione delle virtù catechistiche, aristocratiche,
autoreferenziali della classe dominante. Le Laudi e Il Cantico delle
Creature, erano preghiere, successivamente di riconosciuto valore poetico,
prescindendo da chi le compose e perchè. Francesco d'Assisi non mi risulta
fosse poeta, nè chi scrisse il Pater Nostro. A me sembra così evidente, ma
posso sbagliare, che c'è una poesia strumentale, che con la profondfità del
pensiero, dell'anima, del sentimento, ha poco a che fare, create su
ordinazione o per il mercato del momento, come i colori angelici della
biancheria intima delle signore di rango.
Modestamente.
BR1
04/03/2008
Scusa Bruno, aiutami a capire meglio il
concetto di "poesia paradisiaca" : forse ti riferisci all'Arcadia, o alla
poesia bucolica? Non credo che tu voglia intendere le Laudi in genere o il
"Cantico delle Creature", anche perchè mi sembra che dell'autore di
quest'ultimo si possa dire tutto meno che non si sia occupato della
tribolata umanità.
Massimo R.
A Salvatore Armando Santoro per il suo
"Commento sul Petrarca": Grazie. Io non so niente di questo grande, ho fatto
soltanto le scuole piccole, ma ne ho sentito e sento parlare. Nella
illustrazione di Armando c'è tutto il mio rimpianto per non averlo
conosciuto - spero trovare il verso di farlo ora - perchè io sostengo che
quella è poesia. Quella che dell'umanità, specialmente intimamente
personalmente e collettivamente sofferente, si fa manifesto. Inconsciamente
allora, sono sempre stato un "petrarchista".
BR1
A Salvatore e a chi è interessato:senza dubbio
Petrarca è stato un "precursore" rivolto al futuro e ,mi pare ,nelle più
recenti storie della letteratura ,sia stato giustamente rivalutato .Rispetto
a Dante
il discorso ,a mio modesto avviso,è un altro in quanto risulta quasi inutile
domandarsi se sia stato legato al suo piccolo mondo o proiettato in avanti
.Dante è ancora oggi "proiettato!" nell'infinito,nell'eterno,nella poesia
pura in cui si entra e più non s'esce:"fatti non foste a viver come bruti"
oppure (e cito a caso ) "amor che a nullo amato amar perdona" .."poscia più
che il dolor potè il digiuno" non hanno tempo ,nè spazio ,sono e saranno
sempre fuori da ogni contesto.
Lo stesso pensiero mi prende per Mozart e la Messa da requiem:io l'ho
ascoltata per caso,da piccola, in casa di amici ,dietro l'uscio e mi sono
messa quasi a piangere e da allora la sua musica mi segue e mi sarà amica
,senza pensare al quando ,al perchè o al dove sono state create le sue
poesie musicali.Tutto questo per dirti il mio pensiero ,opinabile certo:
quando qualcosa di sublime mi tocca,mi fa salire alto
con mente e cuore ed altro non penso nè desidero.
Grazie per l'attenzione.
Tinti
Se per più facile da utilizzare (il registro
malinconico) significa più vicino alla realtà degli uomini, sono
d’accordo e il fatto che “riscuotano più successo” conferma la vicinanza al
vissuto generale. D'altronde in questo nostro mondo, ma anche in tutti
quelli passati, chi si dilettava di poesia paradisiaca sia scrivendola che
ascoltandola, della tribolata umanità intorno si interessava davvero poco o
nulla, egoisticamente, si! Dante fa voce a parte perché il capitolo Paradiso
era una sorta di esaltazione delle virtù principali laudate al tempo.
Modestamente.
BR1
Commento sul Petrarca
Ho notato che la mia poesia "Monte Ventoso" ha suscitato alcune interessanti
osservazioni che, a dire il vero, non mi sarei aspettato così numerose
perchè ritenevo la lirica di difficile comprensione per molti.
Pertanto, ringrazio soprattutto, Cristina Bove, Massimo Reggiani e
Gianfranco Stivaletti per averle evidenziate e per aver capito che mi
riferivo proprio a Francesco Petrarca, precursore dell'Umanesimo e delle
ideologie dei tempi moderni, che era stato profondamente stimolato a queste
riflessioni anche dalla lettera del volume "Le Confessioni" di
Sant'Agostino, che fu un pacco indigesto per molti "ragazzi" della mia
generazione.
A questo punto, però, vorrei far capire ai visitatori del portale quali
siano stati le considerazioni che mi hanno spinto a scrivere quella poesia e
cercare di coinvolgerli sulle motivazioni profonde che mi hanno convinto che
a Francesco Petrarca non sia stato assegnato il giusto ruolo e la giusta
dimensione nella classifica dei grandi padri della nostra letteratura.
Ho avuto occasione, infatti, in questi giorni di fare una specie di
"ripasso" sui tre grandi poeti sui quali si basa la cultura letteraria
italiana: Dante, Petrarca e Boccaccio.
Chiaramente la scuola e gli educatori (Presidi e Insegnanti) hanno svolto un
ruolo rilevante nell'inculcare l'amore per certi autori piuttosto che verso
altri.
Il Boccaccio, ai miei tempi, veniva letto più per trasgressione che per gli
altri meriti letterari (descrizione minuziosa della società del tempo e
delle condizioni sociali dei suoi cittadini). Certe novelle, ignorate (o
"oscurate") dagli insegnanti, "eccitavano" molti "ragazzi" della mia
generazione e preferivamo leggerle di nascosto perchè ci "stuzzicavano". Ma,
dei tre autori, il Boccaccio sicuramente era collocato "in classifica" al 3°
posto.
Di sicuro Dante era collocato al 1° posto in questa classifica letteraria.
Ma possedeva davvero tutti i meriti che si decantano?
A mio avviso Dante era il rappresentante genuino di una società
conservatrice in quanto si limitava ad esaltare più l'aspetto mistico e
religioso della persona che curarsi dei suoi bisogni immanentistici e
materiali e nel suggerire le condizioni per realizzarli, che furono poi
caratteristica dell'ideologia del periodo dell'Umanesimo. Ed anche la sua
Divina Commedia, ed in particolare il suo "Inferno", non rispecchiano queste
considerazioni?
La semplice presa di coscienza della necessità di accettare la precarietà
della condizione umana e le sofferenze terrene con un premio ad una vita
migliore nell' "al di là" non confermano questa sua tendenza
all'accettazione anche della realtà così com'era senza alcun tentativo per
provare di cambiarla?
Per questi motivi penso che il Petrarca sia stato alquanto penalizzato in
questa classifica. Eppure questo autore è un precursore, ufficialmente
riconosciuto da tutti, dell'Umanesimo; un precursore, quindi, dei movimenti
sociali che caratterizzeranno le ideologie del suo tempo, sia quelle
religiose (con in testa l'ideologia francescana) che quelle politiche e,
soprattutto, quelle delle epoche successive e dei tempi moderni (movimenti
umanitari e socialisti).
Il suo interesse per l'uomo (inteso come umanità) e per i suoi bisogni ce lo
presenta come un personaggio profondamente moderno se paragonato agli altri
autori del Dolce Stil Novo (che, invece, si limitavano ad esaltare la
misticità della persona e dell'anima) e ci fa capire che si collocava già
fin d'allora oltre le idealità che l'Umanesimo avrebbe da lì a poco
introdotto.
Il suo accorrere a Roma (interrotto poi per la sopravvenuta morte del
personaggio) per appoggiare l'esperienza repubblicana di Cola di Rienzo la
dice lunga sulla sua visione della società del futuro pur avendo dovuto
accettare anche lui i compromessi del tempo per poter sopravvivere ed avendo
anche pagato in termini di immagine e prestigio la sua simpatia per
l'esperienza del tribuno romano.
Ma per comprendere fino in fondo il suo ruolo di precursore dei tempi, basti
pensare che nel Canzoniere la prima sua lirica inizia con un occhio rivolto
al futuro.
"Voi, ch'ascoltate in rime sparse il suono" la dice, infatti, lunga.
"Voi" ovvero "altri", ovvero "generazioni future".
Ma la poesia del Petrarca, troppo raffinata, troppo perfetta, troppo
difficile da intendere (e per certi versi vilipesa dallo stesso autore che
parlava del suo Canzoniere come raccolta di poesiuole") necessitava di una
classe di insegnanti colti che, probabilmente, ai miei tempi (ancora
dominati dall'influenza, dalla soggezione e dalla cultura fascista) non
esisteva.
Ecco, perché ritengo che poeti e critici dovrebbero porre una maggiore
attenzione alla produzione poetica di questo autore per tentarne un rilancio
e dare la giusta importanza e dimensione ed assegnargli il giusto ruolo che
a lui compete nel panorama della letteratura italiana.
Che ne pensate?
Salvatore Armando Santoro
s.a.santoro@circoloculturaleluzi.net
03/03/2008
E se fosse perchè siamo fondamentalmente egoisti
e amiamo condividere il dolore (anche per essere compresi, o
consolati, o per vantare qualche medaglia al merito della...sofferenza)
mentre ci teniamo la felicità tutta per noi? Beh, forse questa potrebbe
essere una esagerazione, però c'è un po' di vero, in generale si può
osservare una certa tendenza al lamento autoreferenziale, e non penso solo a
Leopardi. Mi piacciono però anche le teorie accennate da Tinti della
"scaramanzia" per evitare l'invidia degli dei, e quella del senso di colpa
(molto "luterana"). In realtà il registro malinconico e doloroso è più
facile da utilizzare, è più ricco di sfumature, crea compiacimento e
complicità, trova più facile identificazione nel pubblico; in letteratura i
personaggi tormentati e drammatici riscuotono più successo, quelli più
sfortunati maggiore comprensione, addirittura quelli più ignobili e negativi
persino maggiore simpatia e ammirazione, mentre quelli "buoni" o portatori
di ingenuità, gioia e valori astrattamente positivi a volte o sono insipidi
o addirittura irritanti (Franti vs Garrone, Dimitri vs Alioscia,, non c'è
partita). Insomma funziona più il dramma rispetto ai buoni sentimenti, è più
adatto ad essere comunicato ed esternato, e probabilmente è anche più
facile: basta pensare all'arduo compito di trasferire in poesia il concetto
della felicità eterna, che rende il Paradiso dantesco incomparabile con
l'immediatezza e la plasticità (e quindi forse anche della poeticità) delle
sofferenze descrite nell'Inferno. Almeno credo.
M. Reggiani
Anche se la querelle è stata trattata sul sito in
passato (ho presente un bell'intervento di Aurelio) e può sembrare
ripetitiva,la ripropongo perchè mi piacerebbe sentire il parere di chi ha
arricchito di recente il sito e lo frequenta con passione .
Quando mi sorprendo a sfogliare con la mente libri letti in passato o
poesie, mi vengono subito davanti agli occhi alcuni titoli,alcune figure mai
dimenticate ..per esempio il Buendias di cent'anni di solitudine oppure la
Medea ....o alcuni versi di Rimbaud ...intrisi di tormento e dolore. Allora
vi domando; è piu' facile , piu' condivisibile, piu' empaticamente
"trasmissibile" la sofferenza rispetto alla gioia? Forse perchè la gioia è
assenza di dolore e da esso scaturisce? Perchè ci sia pace e quiete occorre
prima viver tempesta oppure siamo piu' avvezzi tutti al dolore e viviamo
meno momenti positivi?O invece quando gioiamo,abbiamo quasi timore di
manifestare tale godimento..per timor che passi'? Perchè é talmente intenso
che non si può raccontare ? Perchè quasi ci sentiamo in colpa d'esser felici
e...per antico retaggio non ci pare di meritare tale piacere?Lascio a voi,se
v'interessa modestamente alla Br1(Ciao)
Tinti
02/03/2008
Intervengo solo per confermare che la mia era
una domanda retorica, ovviamente, anch'io penso che i testi degli autori da
voi citati abbiano una dignità poetica (e parlo anche dei parolieri in senso
stretto, come ad esempio Mogol). Giusto per annoverarne anche altri potrei
aggiungere Paoli, Endrigo, Fossati, Lauzi, Venditti, Battiato e così via. La
questione me l'ero posta pensando all'influenza (chiamiamola anche
contaminazione) che l'ascolto delle canzoni può avere sulla creatività
poetica: io stesso mi accorgo che molte espressioni, molte metafore, non
nascono soltanto dalla frequentazione dei classici, ma anche da echi di voci
più vicine a noi, ormai metabolizzate come linguaggio poetico tout court.
Quanto gli "occhi di foglia" dell'ultima bella poesia di Elia Belculfinè
possano essere parenti degli "occhi color di foglia" della Via del Campo di
De André, probabilmente non lo sapremo mai, e non è così importante, però è
un dato sicuro che quell'immagine è già "scritta" nel nostro codice poetico,
è già familiare al nostro orecchio, ed è riconoscibile come lo sono "gli
occhi ridenti e fuggitivi" o come le "tamerici salmastre ed arse". Poi
bisogna vedere come queste contaminazioni, pur legittime, intervengono più o
meno consapevolmente nel processo creativo delle singole liriche e ne
influenzino il prodotto finale, così come anche quelle ereditate dalla
lettura dei poeti classici. Ma questo è un problema di critica che esula dal
merito della presente discussione. Ok allora sembra che siamo tutti
d'accordo! W i cantautori (quelli veri, naturalmente..)
Massimo R.
01/03/2008
Aggiungerei Faber,Bennato,De Gregori....A me
par di sì proprio perchè accessibile nell'immediato e emotivamente
avvolgente subito: certo è che la canzone utilizza parole e musica,quindi
due linguaggi in cui spesso la musica (vedi Conte) è poesia con le parole
,crea suggestioni,ti trasporta...Ciao
Tinti
Rispondo alla domanda posta da Massimo, riprendendo l'incipit di Bruno, Sono
solo canzonette?
Ho espresso già in un'altra occasione una mia riflessione sul fatto che la
poesia, oltre a essere tale per sue proprietà intrinseche, è tale anche
perchè costituisce uno specchio in cui riflettiamo i nostri sentimenti e
stati d'animo, e questo spiega anche il perchè delle nostre preferenze per
uno o un'altro poeta o il motivo per cui nell'arco della nostra vita
possiamo subire il fascino di poeti differenti.
Tornando alle canzoni d'autore credo che valga un ragionamento analogo,
alcuni testi sono a mio giudizio effettivamente poetici, (Tenco, Jacques
Brel, De Andrè, Bresson, Conte, Guccini, la canzone tradizionale napoletana,
e potrei continuare) ma forse anche qualche testo che lo è di meno può
essere percepito come tale perchè nel preciso momento in cui lo ascoltiamo
esprime sentimenti traboccanti dentro di noi.
Si potrebbe obbiettare che le poesie non hanno bisogno di musica per essere
tali e che le canzoni sono un prodotto commerciale.
Avendo per passione letto diverse autobiografie e carteggi di pittori ho
notato che moltissimi di essi hanno avuto la necessità di affiancare la loro
opera visiva con testi scritti ( Gaugain, Picasso, Van Gogh, per citarne
alcuni) e che i loro quadri, che vendevano per mangiare, sono oggi da noi
considerati capolavori assoluti.
Gli stessi libretti d'opera di Tosca, La traviata, Carmen, non erano anche
solo canzonette, e non son anche poesia per le nostre orecchie?
Maria Cristina
Sono solo canzonette?
E' poesia quella dei testi delle canzoni di "musica leggera" ? per come vedo
io la poesia - in generale - assolutamente si. Partendo dai classici
napoletani, Scarpetta ecc.ecc.fino a Pino Daniele e in lingua madre, per
citare quelli che io prediligo, Paolo Conte, Jannacci, Gaber, Cocciante,
fino a Vasco e Drupi, quest'ultimo ha pubblicato un libro con testi poetici
tra i quali alcune diventate canzoni, assolutamente pregevole. In più, qui
aggiungo una nota provocatoria, questi testi hanno il pregio
dell'immediatezza, della fruizione a pelle. Cosa che dalla poesia erudita,
pare non sia lecito pretendere;
modestamente.
BR1
28/02/2008
La Rosa, comunque rosa è.
Corretto: le metafore e le figure retoriche finalizzate...; io intendevo che
la ricerca spasmodica della metafora "intelligente" o la figura retorica
"dotta" il continuo richiamare archetipi del passato - specialmente classici
della commedia greca - a me, a me singolo con i limiti che ho spessissimo
elencati, danno la sensazione che l'autore non abbia genio suo, incapace di
un neologismi assolutamente propri e significativi. Spero non eccedere in
corbellerie.
Modestamente.
BR1
27/02/2008
Ancora sulla parola e sulla poesia
"Buttate pure via ogni opera in versi o in prosa. Nessuno è mai riuscito a
dire cos'è, nella sua essenza, una rosa", così scrisse Giorgio Caproni in "Res
amissa". Ciò non toglie che la rosa "è".
E, se nessuno è mai riuscito a cogliere l'essenza della rosa, allo stesso
modo nessuno è mai riuscito a trovare una definizione compiuta per la
Poesia, che trova un'affermazione di eternità e di senso solo nella sua
essenza, piuttosto che nella sua manifestazione, il poeta - tramite, per
intenderci. E qui ritorna, integro, il senso della poesia di Elia che ha
dato il via a questo dibattito.
Quanto all'uso di metafore o altre figure stilistiche, non vedo perché non
disporne, se sono funzionali all'ispirazione. Il poeta non è un cronista, fa
un uso del tutto diverso dell'osservazione del reale, filtrandolo attraverso
la propria sensibilità. Ecco perché una rosa non è mai una rosa nella sua
essenza, ma mille, infinite rose, tante quanti sono gli occhi di chi ne
canta la bellezza. Ognuno adopera gli strumenti che ha e che gli sono più
congeniali. Negarne l'opportunità sarebbe come ritrarsi inorriditi di fronte
alle metafore montaliane, ai suoi bellissimi ossimori, entità poetiche
significanti al punto di acquistare la forza di struttura concettuale.
Un immenso abbraccio a tutti
Rosa
Tinti – la ricercatrice indefessa di spunti
(applauso), mi porta in bocca un frutto saporito che non avevo mai
assaggiato: G. Caproni e il suo atteggiamento nei confronti della parola,
che mi pare di aver sempre condiviso, nonostante…
In particolare riguardo il concetto di “parola / oggetto” in poesia, la
parola opera il processo di alterazione di senso, che ha così bene indicato
Caproni. Leggendole, in alcune, si avverte, si constata, questa azione di
stravolgimento che la parola poetica, opera sulla realtà, vuoi sentimentale,
vuoi materiale. L’utilizzo di metafore e immagini retoriche, con un lessico
raffinato, certo, ma lontano dalla realtà – a mio modo di vedere – consuma
quel tradimento di cui parla il detto di Caproni. Non sono certo se quello
che dico sia letterariamente valido, non sono molto attrezzato a questo
proposito, ma sottoscrivo decisamente “…attento a percepire suoni e ritmi
del vivere e …scrivo perché tutto quello che sento deve uscire”. Grazie a
l’influenzata (da chi poi?) cum-sorte e ai pazienti che leggerano.
Modestamente.
BR1
23/02/2008
Partendo dagli interventi riferiti alla poesia di Elia
sulla "parola" mi sembra interessante proporvi una riflessione sul
percorso poetico di Caproni che trovò estremamente duro e di difficile
impatto il rapporto con la parola verso cui nutrì quasi un senso di sfiducia
nel suo valore oggettivo, nella sua capacità di aderire agli oggetti e di
comunicarne il significato nella sua interezza.Egli diceva "La parola
tradisce gli oggetti,li altera , fornisce una conoscenza nominale di essi
non sostanziale.." Questo suo approccio iniziale quindi lo rese poeta
assorto, attento a percepire suoni e ritmi del vivere avendo come modello
Beethoven "Scrivo perchè tutto ciò che sento deve uscire" intervallando
,nella sua poetica,come fosse una sinfonia,il dramma,l'allegro,lo scherzo...
Tinti
22/02/2008
Come mi ritrovo ,Maria Cristina,nelle tue
modalità d'approccio al poetare..leggere e leggere e sentire dentro stimoli
ed emozioni quando il buio ed il silenzio t'accompagnano e poi...(io uso
foglietti sparsi in giro)
annotare parole,pensieri,sensazioni quando arrivano così,all'improvviso
,calde e colme d'urgenze.
Grazie per poter condividere.
Ciao Tinti
21/02/2008
Sulla poesia
Non ho saputo trattenermi e quindi cercherò di unirmi al dibattito e dire la
mia.
Perchè scrivere e decidere di pubblicare? Innanzitutto sottolineo che io non
mi ritengo una poetessa , esprimo la voce dell'anima in un particolare
momento della giornata, o semplicemente tentando di raccontarmi attraverso
la scrittura.
Per me è un'esigenza di vita, attualmente.Mi è sempre piaciuto scrivere e il
mio desiderio sarebbe di riuscire a scrivere un libro autobiografico ma non
è semplice, specie se i ricordi vanno a rimuovere troppo dolore. Inoltre non
ho molte capacità letteraria come la maggior parte di voi, prima devo
prepararmi riprendere a leggere e allenarmi scrivendo.
Posso risultare presuntuosa ma è la mia verità anzi ora necessità..
Non tanto perchè resti impresso nel tempo qualcosa di me, il mio vuole
essere più un grido
nel mondo, il bisogno di manifestare che comunque ci sono e ancora.
Nonostante qualcuno di voi mi abbia definito ancora giovane ,ciò non toglie
che la vita mi ha tolto il meglio ,oserei dire tutto ,oggi mi rimane la
forza e la dignità per andare avanti e il coraggio molto coraggio...Ho perso
molte battaglie ma ne ho vinte altrettante..
Sono anch'io una sopravvissuta e mi auguro di superare l'ennesima prova
stabilita dalla Vita!
Quindi mi ritrovo con le parole della grande C.Bove( scrivi veramente con
l'anima..)
inutile tentare di buttare giù qualche verso se dentro non ti suona una
musica..
Può essere passione,fantasia,suggestione,invenzione o invettiva etc, allora
ecco il guizzo,che io chiamo l'estro della mia follia,le dita scorrono
veloci sulla tastiera,tutto mi è chiaro e riesco con soddisfazione a
esprimere un mio pensiero,a imprimere la mia voce dettata da quel sentire
improvviso e travolgente.
Mi sento veramente onorata a far parte di queste pagine azzurre ,ho ridato
un senso alla mia vita, mi sto dedicando finalmente a me stessa e a quelle
che son state le mie passioni sin da ragazza.. Fino a ieri non sapevo se
avessi avuto abbastanza tempo..ora oltre a sentirmi in pace con me
stessa,sembrano migliorare anche i problemi di salute che mi vincolano da
qualche tempo.
Credo di aver reso l'idea e di essermi messa a nudo abbastanza,ma va bene
così..
Vi abbraccio di cuore ,Cristina ,Tinti ,Rosa ( anche se non ti conosco
molto) , il vostro sentire è anche il mio e chissà di quanti ancora.
Grazie alla poesia ho trovato il coraggio delle idee!
Con profonda ammirazione MarBe ( 21/02/08 )
Leggendo ora con calma i vostri commenti delle
ultime settimane sempre attenti all'altro e mai banali , poeti, m'è venuta
voglia di scrivervi ciò che NON vorrei fare poetando, servendomi delle
parole di Natalia Ginzburg"..vero delitto sarebbe truffare con parole che
non esistono davvero in noi e che abbiamo pescato su a caso fuori di noi e
che mettiamo insieme con destrezza perchè siamo diventati piuttosto
furbi!..."
Ciao
Tinti
20/02/2008
So che può sembrare riduttivo ma credo abbia un
senso ampio :durante un laboratorio di scrittura creativa a ragazzini di 11
anni,un bambino piuttosto chiuso ed introverso ma appassionato alla lettura
di varie poesie e "compositore" originale ha detto "per me la poesia è
pace,per esempio la sento quando,la sera ,davanti alla tv ,mio padre e mia
madre,invece di parlarsi sopra,mi guardano ed ascoltano proprio me"
Ciao Tinti
19/02/2008
Sulla poesia
Mi rendo conto che aggiungere ancora parole a quanto Rosa ha così bene
espresso, sarebbe del tutto inutile. Concordo al cento per cento sulla
Poesia in genere.
A me risulta difficile spiegare come avviene che io senta la necessità di
fermare le mie parole, i miei concetti. Che sia un intento latente quello di
lasciare qualcosa di me è probabile, ma non è determinante, almeno non mi
pare.
Quello che mi accade è l'improvviso presentarsi di un magico momento che mi
vede immobile, nella fissità di una sospensione temporale dove sono immersa
ed un pò basita...in quel frammento di eterno che riesco a cogliere, in
quella che mi appare una vastità sconfinata, ed è come se mi si porgesse un
senso completamente differente dal mio vivere quotidiano...afferro frasi,
versi che mi cantano dentro, quasi non sembrano nascere da me...sono in
ascolto e giungono a me come se pronunciati da presenze che mi attorniano,
benevole, amorose...me ne sento avvolta e pervasa. Lo so che è difficile
cercare di spiegare, ma ci sto provando per amore di verità. A comprova di
quanto appena scritto, posso dire che, se mi metto a tavolino, così, tanto
per scrivere qualcosa, non ne esce niente di buono, solo roba da cestinare,
cosa che faccio senza rimpianti.
Perchè so che poi quella meravigliosa fase di suggestione arriva, arriva in
tutta la sua intensità e mi investe della carica giusta che mi fa scrivere
cose delle quali io per prima mi emoziono.
cristina bove
18/02/2008
Sulle parole e la poesia
Le parole non hanno una durata propria; tutto dipende dall'uso che si fa di
esse. Se adoperiamo la voce hanno vita breve, non resta che un'eco effimera
del loro suono. Spesso neanche quello.
Se conversiamo con qualcuno è a questi che ne consegniamo il senso ; in tal
caso durano un po' di più, ma perdono la loro autonomia per diventare
strumenti al servizio della comunicazione. L'interlocutore le porta via con
sé interpretandole come crede e ricordandole come meglio può.
Solo se si scrivono le parole restano e testimoniano il pensiero così come è
stato concepito, lasciando una traccia evidente sulla pagina, che sia di
carta o costruita sullo schermo di un computer.
Forse è per questo che si scrive, per non essere privati irrimediabilmente
del possesso e del senso delle proprie parole.
Che si gareggi al ritmo del "sì suona" o si scriva una lettera confidenziale
all'amica del cuore, scrivere è una scelta presuntuosa, un'affermazione del
diritto delle proprie parole alla durata. Si scrive perché la parola resti.
Così, prima di metterle sulla carta, scegliamo le parole con cura, oserei
dire quasi con amore, con una particolare attenzione al suono, alla
sfumatura di senso.
Il concetto, il commento, il pensiero stanno lì, in un angolo, nudi e
inermi, prima di essere scritti.
Le parole li rivestono, li abbelliscono, ne rendono chiaro il senso e
limpida la configurazione.
Capita così che, scrivendo, frammenti, lampi confusi di idee, dubbi,
opinioni e quei sentimenti ambivalenti e talvolta oscuri che l'osservare la
realtà spesso insinua nell'anima, assumano in chi scrive, tutto ad un
tratto, un ordine che non si pensava potessero avere.
Quasi un'insita per quanto incerta armonia che fa illudere lo scrittore o
anche solo lo scrivente di essere, almeno un po', padrone dell'esperienza
del vivere. Scrivere infatti fa bene soprattutto a chi scrive. Noi lo
sappiamo bene.
Si dice anche che tutti coloro che scrivono sono un po' matti. Beh, aggiungo
io, l'importante è rendere almeno interessante questa follia, con tutto il
seguito di emozioni e coinvolgimento che ne può derivare.
Vero è che, molto spesso, dal bisogno (o dalla pretesa ), di interpretare
gli altri, come se ogni parola nascondesse, al di là del significato
letterale, un senso che a sua volta ne celasse altri in una concatenazione
infinita, nascono molti fraintendimenti, generando significati "secondari"
spesso ipotizzati dall'interprete, che sia lettore passivo o attivo
interlocutore, solo perché corrispondenti ai suoi desideri e alla sua
particolare sensibilità.
C'è poi la parola pronunciata in solitudine, a livello di coscienza. La
parola-ideologia, ma anche la parola- menzogna, quella che serva a coprire,
nascondere, falsificare, mettere a posto, come una coperta che ci avvolga
nel suo tepore e ci tenga lontani dal freddo "fuori".
E veniamo alla parola in poesia, parola-frutto di tutti i nostri sensi.
Prima di scrivere una poesia bisogna saper ascoltare. Con umiltà, ad occhi
chiusi, abbandonandosi alla musica del linguaggio, al ritmo che scorre
intorno e dentro l'anima del poeta. Poi, al momento giusto , ed è una cosa
che si deve sentire, fermare quel ritmo, per mettervi dentro le parole. Se
il poeta ha colto quell'attimo imperdibile che è in sé il senso e la misura
dell'ispirazione, quelle parole si animeranno, prendendo il volo come
fossero lenti aquiloni danzanti o frenetici dervisci. Se, viceversa,
l'attimo è fuggito via, le vedrà cadere, ma non per questo si arrenderà.
Semplicemente tornerà ad ascoltare.
Un saluto a tutti, cari amici, buon inizio di settimana…
Rosa
17/02/2008
Non mi aspettavo certo di dare stimolo ad una
discussione estremamente interessante ed articolata. ;é un piacere
vedere come, su questo sito,siamo sempre pronti e non ci tiriamo mai
indietro.
Dopo tale premessa consolatoria (per me intendo) non sto a ripetere il già
detto: condivido l'idea che sia diventata ormai abitudine (anche mia spesso
,soprattutto nel privato, guardando al passato,ai ricordi come sempre
"meglio" dell'oggi) rifugiarsi nel nostro antico "ieri" rifulgente
certo di Maraviglie,ma anche di tanti obbrobri ,invece di farne bagaglio per
guardare avanti .Se io non avessi avuto l'opportunità di leggere ,cadute le
frontiere (auspicando non si ricostruiscano altri muri!),di leggere"Il mio
nome è rosso" di Pammuk non avrei mai capito veramente l'arte del mondo
asiatico e la sua poesia e cosi' via...Mi ritrovo poi appieno con Maria
Cristina sulla committenza e sulla poesia che ,come tale ,nella sua
autentica accezione,non ha committenti(salvo quelle di Bondi ,e mi ripeto)
ed un esempio sono i numerosi siti di poesia e le pubblicazioni ..non certo
però nei circuiti nazionali in cui, almeno così si dice nell'ambiente, la
poesia "non tira".
Per quanto poi concerne Internet, chi non si ritrova d'accordo che sia un
mezzo di comunicazione-informazione e quindi conoscenza incommensurabilmente
importante e democratico perchè tutti ne hanno accesso (Gutenberg
insegna).Peccato però che molti ragazzini abbiano anche la possibilità
d'entrare in siti porno e pedofili..allora vien solo per un attimo alla
mente: se non sono le famiglie che provvedono , dovrà nascere una figura
super partes che censura? Ed allora ..vai democrazia! Importante è quindi
usare tutto cio' che il progresso ci offre in modo corretto ,sapendo che è
meglio che il mondo,che va avanti comunque,non lo faccia senza di noi.
Ad Aurelio certo che non mi arrendo e neanche tu.
Tinti
Per Massimo Reggiani
alcune mie opinioni sulla committenza.
Esaminiamo il campo delle arti figuarativeche tu hai citato.
La committenza ha avuto nei secolo il valore di trasmissione di un
messaggio, messaggio religioso, pensiamo alle vetrate delle cattedrali
gotiche, una sorta di fumetto per illustrare di volta in volta scene della
vita Gesù, dei santi, etc al popolo illetterato, ed anche in seguito
affreschi ed opere pittoriche hanno celebrato ed diffuso conoscenza della
bibbia, dei vangeli, della vita dei santi, secondo il messaggio che il
commitente, la chiesa in tutte le sue gerarchie, voleva diffondere.
E' poi esistita, sempe in campo figurativo, una committenza laica,
autocelebrativa ma anche volta a diffondere il concetto di autorità, mi
vengono i mente le tele del Bronzino nei ritratti alla famiglia di Cosimo de
Medici, il ritratto di Enrico VII di Holbein e potrei continuare.
Parliamo di architettura, e questo è il mio campo, qui più che mai la
trasmissione del messaggio era forte e visibile, torniamo alla catterale
gotica, espressione di una intera collettività, al palazzo del comune, la
Toscana e l'Umbria ne sono piene, al complesso rinascimentale
piazza-palazzo, alla chiesa barocca, tutte esprimevano una idea perpetuata
nella pietra così forte che ancora oggi quella idea ci appare chiara.
Hitler ha avuto bisogno di un architetto, Speer, Mussolini ha eternato il
suo regime in opere di architettura ed urbanistica, se vogliamo avvicinarci
a nostri giorni, lasciando da parte giudizi polici.
Tornando al punto, l'arte figurativa e l'architettura con questa, è esistita
perchè qualcuno aveva qualcosa di significativo da dire, con un codice
comprensibile da tutto il mondo occidentale.
La poesia non ha committenti, salvo opere frutto di cortigiani che sono
esistiti in tutti i tempi ed in tutte le epoche, (che ne pensate di Bondi
poeta?) e secondo me le opere letterarie in genere nascono dall'esigenza
personale di "spiegare il mondo" o comunque la propria visione di esso,
essendo quella della narrazione nelle sua varie forme un'arte più popolare,
Omero era un cantastorie.
In questo senso io credo, e concludo, che se ho molti dubbi sul fatto che le
arti figurative, architettura in primis, ahimè, abbiano ancora qualcosa da
dirci o da darci, spero, ed ogni tanto con qualche perla letteraria ne ho la
conferma, la letteratura ci può riservare tanti doni.... e con il sito
azzurro poi non è così?
Mi scuso per la obbligatoria approssimazione cui lo spazio e soprattutto il
desiderio di non annoiare te e nessun altro che abbia avuto voglia di
leggermi mi costringono.
ciao, sempre belle le tue poesie, quella sul padre, mi piacerebbe saper
scrivere poesie così.
Maria Cristina Latronico
A Massimo R.
E’ evidente che c’è un limite nel corrispondere in questo modo, comunque mi
piace e lo trovo interessante. Torniamoci su: allora come ora, lo scopo
principale della produzione artistica, non era la realizzazione del bello o
del buono, fine a se stesso, ma il lucro. Gli artisti si facevano la forca
per accaparrarsi le committenze più ricche, e basterebbe leggere certi
appunti di Michelangelo su Leonardo per valutare la concorrenza che si
facevano e sempre per ottenere lavori e quindi introiti. Più vicini a noi.
la diatriba tra poeti che dette origine al famoso verso sui manzoniani e le
quattro palle per il lesso. Chissà quanti piccoli artigiani, imbrattatele,
poetastri da osteria, sono vissuti e prosperato in quei tempi, come oggi e
se Whorrol (non so come si scrive) ha potuto esporre il suo barattolo alla
Galleria d’Arte Moderna di NY, nientemeno, a mio modo di vedere, non
significa che l’arte è dequalificata, ma contemporanea. I canoni di vita
sono mutati, le percezioni anche, i metodi di valutazione pure. Oggi è oggi.
Una pala d’altare fatta in stile giottesco da un grande pittore moderno,
sarebbe insignificante, artisticamente parlando. Annigoni ha fatto pitture
classiche, ma moderne, tutt’altro che inferiori alle migliori opere del
Rinascimento. Montale, Ungaretti, Luzi, ecc.
modernissimi poeti, hanno scritto cose del valore dei loro illustri
antesignani e l’hanno fatto a pagamento, pena la miseria e il non scrivere.
Quindi, per chiarire vieppiù il mio pensiero, citerò a braccio, l’altra
famosa frase, Bottiroli permettendo: “pecunia non olet” (speriamo bene). E
noi, nel bene e nel male, siamo figli del nostro tempo.
Modestamente.
Bruno Amore
16/02/2008
Per Bruno
Cercherò di essere più chiaro, visto che non mi ritrovo in alcune
osservazioni che mi vengono mosse. Il concetto di mercificazione dell'arte
(e di tutto il resto, naturalmente) non è quello di "corrispettivo economico
del lavoro artistico", ci mancherebbe. La committenza è sempre esistita ed
il mecenate in quanto tale non è da condannare o abolire, anzi, per fortuna
è sempre esistito e ha potuto sfamare artisti sublimi che a loro volta hanno
stupito e deliziato il loro pubblico, la cui ampiezza e sensibilità può
variare secondo le condizioni storiche senza per questo inficiare il
carattere ed il valore artistico delle opere (tra l'altro se un'opera
resiste al tempo il pubblico aumenta con il passare dei secoli, e non è
riducibile ai contemporanei). Farò un esempio: se io da principe o Papa
(...non vi preoccupate, non è un attacco di megalomania) avevo bisogno di
affrescare il mio palazzo o la mia Cappella, andavo in cerca del migliore
artista della piazza e lo pagavo, non fa una grinza. Io ero sicuro che
l'opera fosse buona, poi i posteri ci avrebbero aggiunto del loro e magari
avrebbero decretato un maggiore successo per un'opera piuttosto che
un'altra. Ma se io sono Manzoni e inscatolo la "merda d'artista", le mie
scatolette le pagheranno solo se c'è qualcuno che lo ha deciso a priori,
imponendo al pubblico un'idea di arte che non gli passava nemmeno per la
testa; mettiamo invece che sia io a suonare "4:33" di John Cage (provateci,
potete farlo anche voi perfino con un pianoforte scordato), chi mi
applaudirà? Se l'arte è sottoposta alle esigenze di un ciclo produttivo che
stabilisce a monte che cosa vendere o meno e chi lo può fare e chi no, sotto
la pressione di fattori mercantili o anche ideologici (se sono funzionali a
tale ciclo produttivo), allora viene meno proprio come essenza concettuale,
diventa un indice di borsa: io posso strappare tutte le tele di sacco che
voglio, non escludo di poterlo fare nello stesso modo di Burri, ma non sarò
mai Burri....non so se riesco a spiegarmi.
Ora tornando al mecenate, quello che intravedo di positivo e rivoluzionario
in internet è la possibilità di superare lo stesso concetto di committenza,
non di abolirlo, anche perchè in forma diversa sopravviverà sempre (si pensi
all'architettura): la produzione di opere dell'ingegno libere da
condizionamenti mercantili potrebbe svilupparsi e dare i suoi frutti
migliori, ed un pubblico sempre più vasto potrebbe apprezzarli, ovvero, a
contrariis, un'opera che non vale verrebbe respinta smascherando la truffa
mercantile che c'è dietro...
Io poi non ho mica detto che il buono sia tutto nel passato, anzi spero che
la produzione artistica abbia un futuro: tra l'altro qui stiamo parlando di
arte occidentale, magari intendendola limitatamente al concetto di arte
"colta", e varrebbe la pena invece di ampliare gli orizzonti su culture
diverse e forme più "popular" o artigianali che hanno la loro precipua
dignità. Termino assicurando che per fortuna non ho mai creduto che il
medioevo fosse il buco nero di tutte le nefandezze, anche se quest'idea è
stata sempre ben inculcata con obiettivi evidenti, ma nello stesso tempo non
vorrei, sempre ritornando alla mercificazione (anche per la storia vale lo
stesso discorso), che l'epopea medioevale servisse solo a far vendere
videogiochi o produrre film d'azione...
Massimo Reggiani
Tinti, Massimo, Aurelio: Non per polemizzare ma nel
tentativo di approfondimento.
Questo giudizio del nostro tempo mercificatore del tutto, mi sembra
antistorico e superficiale, specialmente se riferito alle arti. Poeti,
scrittori, scultori, pittori musicisti hanno, dall’inizio della civiltà,
fatto mercimonio della loro arte. Creavano “a pago”, su commissione e, quasi
sempre nel passato, realizzavano i desideri dei committenti, anche nei
soggetti. Soltanto pochissimi grandi hanno potuto sottrarsi alle pretese di
chi pagava il conto. Da questo punto di vista, oggi si crea più per vero
piacere che per profitto, grazie alle opportunità messe in campo da tipi
strani (in senso di ammirazione) come Lorenzo De Ninis. Della sensibilità
dei fruitori delle opere d’arte, che dire? Quante persone pensate abbiano
ammirato la Monna Lisa prima che finisse in museo; e la Cappella Sistina era
destinata a riti eccezionali legati al papa che l’aveva voluta, per cui,
riservata a pochi fedeli, chierici e prelati, e via esemplificando, a iosa.
La gleba, ne sapeva e se ne interessava molto meno di oggi.
La vulgata che il buono dell’umanità sia nel passato prossimo o remoto è – a
mio parere – una menzogna propalata ad arte, dalla facile critica. Abbiamo
creduto per secoli che il medio evo era stato il buco nero di tutte le
nefandezze. Ora, riscattato, è divenuto il periodo storico più fecondo della
storia, ricco di contraddizioni con esiti drammatici, anche, ma prodromo di
questa civiltà.
Modestamente.
Bruno Amore
In un mondo in cui l'economia è metro di tutte le cose
e la mercificazione delle idee fa sì che sia considerato arte solo ciò che
rende in termini di utile monetario (e non mi addentro nell'identificare chi
poi concretamente ha avuto sempre ed ha tuttora in mano le leve del mercato
e ne può determinare i valori), ben venga il fenomeno di internet, che
scardina il concetto di proprietà delle idee. La rete infatti non solo
propaga il sapere diffuso e accosta milioni di persone alla conoscenza dei
valori artistici del passato, ma crea artisti ed editori di se stessi,
espande la creatività gratuita a scapito di quella mercantile, sconvolge il
sistema dei diritti d'autore costringendo sulla difensiva i detentori
dell'artificioso monopolio dell'arte in tutte le sue espressioni (musicale,
figurativa, letteraria, cinematografica), ed alla lunga può mettere in
difficoltà anche la casta dei critici, mostrando che il re è nudo e che è
finito il tempo della celebrazione dei miti costruiti ad uso e consumo di
centri di potere politico ed economico. Non sembri paradossale tutto ciò:
una tecnologia che è nata per scopi diversi e direi opposti, cioè da una
parte aumentare le occasioni di scambio economico e dall'altra il controllo
sociale (non dimentichiamoci che internet è un prodotto di "intelligence"
militare) ha prodotto questo meraviglioso effetto collaterale che potrebbe
sfuggire di mano a chi non lo aveva previsto, ovvero concedere alla portata
di tutti la possibilità di affermare le proprie idee e costruire i propri
contenuti artistici in piena libertà, senza il condizionamento di regole
imposte: per la prima volta gli artisti potrebbero fare a meno dei mecenati,
senza prostituirsi al soldo dei politici o soggiacere a mafie, logge e
ristretti circoli che decidono che cosa è cultura e che cosa non lo è. E'
un'occasione che allarga il concetto di arte anzichè restringerlo, un
esempio reale e tangibile (forse il primo dall'antica Grecia) di vera
democrazia, e bisogna approfittarne. Naturalmente la teoria non è così
facile, perchè i detentori del potere economico nel frattempo non stanno con
le mani in mano: nei prossimi anni la battaglia sarà tra i fruitori della
rete e coloro che vorranno piegarla sempre più agli interessi del mercato
(già si vede la concentrazione dei gestori, il pervasivo ingresso di
inserzionisti pubblicitari, il proliferare di servizi a pagamento, il tipo
di controllo occulto esercitato da programmi che "spiano" gusti, interessi
ed inclinazione del navigatore in rete, il giro di vite della normativa sul
diritto d'autore e così via..). Ma è una sfida che vale la pena raccogliere.
I poeti, così come i narratori, i computer-grafici, i musicisti, i registi e
in genere tutti i creatori di sogni, sono chiamati a dare il loro
contributo.
Massimo Reggiani
15/02/2008
Tempi moderni & poesia?
Purtroppo – secondo me – la poesia e la musica classica, la lirica, la
pittura figurativa (ma la pittura è quell’arte che più s’è modernizzata),
sono espressioni dell’ingegno umano che vengono legate ingiustamente e
inevitabilmente al passato, come genitore insostituibile. E’ pur vero che i
giudizi su queste espressioni vengono dati a posteriori e solo per pochi
vale il contesto della nascita per apprezzarle a dovere, e l’anacronismo
pare un pregio. Eppure la produzione è di oggi, ma spessissono, il sentire
odora di passato, passati profumi, passati suoni, dolci se volete, ma
passati. Pensiero forte – pensiero debole. Quando la “cultura” è uscita dai
quartieri bene della società, è diventata “pensiero debole”, ed io dico ma
“pensiero condiviso”. I pensatori del “pensiero forte” costruivano filosofie
elitarie alle quali, utopisticamente, chiamavano chi – in pratica – non era
attrezzato per penetrarle. Certo, i sistemi della comunicazione moderna
hanno volgarizzato la cultura in generale ed i valori in crisi non sono
l’effetto ma la causa dell’espandersi del desiderio – anche superficiale –
di comunicare, perché quello dei “grandi valori” era discriminatorio. Chissà
se il proliferare di poeti – di profilo debole – sia un segno di cultura
moderna o soltanto una volgarizzazione della cultura stessa. Nulla regge al
crescere e all’involuzione anche, della collettività. Ha sotterrato la
classicità greca, romana e altre venienti, perché avrà spazio
prevalentemente il nuovo, il passato – come sistema - lo si impone in laghi
di sangue.
Modestamente.
Bruno Amore
Raccogliendo l'invito di TINTI sul ruolo della poesia
e della comunicazione oggi, ho la sensazione che si sta precipitando
nella fossa del tutto scontato. Nell'era della globalizzazione incontrollata
sembra che ci si debba piegare alle ragioni della buona efficacia dei
messaggi che ci vengono inviati. Vale per i sitemi televisivi (salvo ancora
la vecchia radio), per internet, per la pubblicità cartellonistica, per il
circuito cinematografico e, putroppo, assorbe lentamente ma inesorabilmente
anche il dialogi tra gli individui. Nell'attività che svolgo (agente di
commercio) il possibile fruitore dei beni che devo vendere non si accorge
più se quel giorno mi sono presentato da lui con una cravatta fosforescente
o ingrassato di trenta chili. Non fa domande nè vuole riceverne su un minimo
di privato che pure prima entravano nella discussione di una qualunque
trattativa di vendita. Ecco, io penso che questo esempio di vita quotidiana
possa già esser preso a parametro per tutto ciò che ci circonda. Ascoltando
qualche illustre poeta e scrittore ho avvertito nelle sue parole il senso
dell'insoddisfazione di essere, prima ancora di sembrare, poeta e scrittore.
Mi spiegava come la gente che abitualmente frequenta, tutta presa dal "due
più due uguale quattro", consideri "povere anime" coloro i quali di anime
vorrebbero parlare. E' triste davvero non sapere approfittare dei lati buoni
di questo benedetto progresso. Avremmo a portata di mano facilitazioni di
ogni genere, tecniche e scientifiche, per schiudere una volta per tutte ed
interamente i cuori al mondo. E il mondo cosa fa? Non vuole ascoltare i
racconti del cuore, le sue vicissitudini, le sue passioni e addirittura
neanche le sue felicità. Vuole sentir parlare di valvole, tubi catodici,
transistor ultima versione, vestiti alla moda, musica oltre futuro e lo fa
per una forma di autoprotezione, di allenamento per ciò che ancora più
eclatante verrà dopo. Meno male, meno male davvero che ancora resistono le
roccaforti del pensare e del dire (vedi www.poetare.it). Le parole, oggi,
girando per le strade del mondo hanno perso i loro suoni anzi sempre più si
accorciano quasi a sublimare il pressante impegno di fare alla svelta, anche
nel dialogo (vedi sms). Mi conforta, in tale rarefazione delle personalità e
del sentire, sapere che l'arte in genere non morirà mai sebbene
costantemente accerchiata dal tutto e subito, costantemente combattuta con
la scusa che se la pratichi sei solo un "solito intelettuale". Forza Tinti,
non dobbiamo arrenderci. Fin quando un tuo verso o uno qualsiasi di questa
famiglia azzurra ruscirà a muovermi un sorriso o una lacrima, nessun
eccellente progresso potrà farmi cambiare idea.
Aurelio Zucchi
14/02/2008
Che ne pensate?
A Corrado Calabrò (ex presidente Tar del Lazio, ora presiede l'Authotity
delle comunicazioni,scrittore,poeta)alla domanda "Che posto occupa l'arte ed
in particolare la poesia ,in una società in cui domina il "nuovo" e in cui
molte certezze sono crollate, generando una profonda crisi di valori?"
risponde "Viviamo in tempi di pensiero debole,di destrutturazione della
conoscenza.Si è perduto il senso profondo dell'arte e con esso la capacità
stessa di percepirlo.Il problema è aggravato dal fatto che il vuoto di
valori è stato riempito dalla cultura dell'effimero, l'opposto della poesia
intesa come scoperta che zampilla sempre nuova ,la poesia è la gioia
improvvisa di quella scoperta.I nuovi modi di comunicare (email,sms) tendono
ad ampliare la facoltà ricettiva a scapito della facoltà di riflessione e di
interiorizzazione"
Tinti
09/02/2008
A Tinti che si chiede cosa sia venuto alle
donne - biologiocamente - attraverso la costola di Adamo, ma le p... Non a
tutte, ma neanche gli uomini le hanno tutti. Ridi, ridi
BR1
08/02/2008
Br1,come non sorridere con te
e con Cri: ma...a proposito di Eva
qualcosina di mascolino l'ha ereditata dalla costola o no?
Evviva il sito azzurro,il prof.emerito e l'oppotunità di esser noi stessi.!(
vedi alcune poesie di
oggi ricche di stimoli e forza interiore)
Grazie
Tinti
Evviva Br1!
I concorrenti del Prof. non esistono, il sito azzurro non ha concorrenti!
Evviva le mele, evviva i serpenti, evviva la terra così com'è. Però un pò di
tolleranza e di rispetto in più non farebbero male, almeno fra una era ed
un'altra. Giusto il tempo di far crescere le mele....eh?
cristina
Prof ma i tuoi concorrenti di web lo sanno che
nel sito azzurro si disserta di questi argomenti, e di attualità, anche?
Dostojevskij & Goethe: letteratura; Nietzsce & C.: ricerca e scienza!
Carissimo Massimo. Prometeo, Adamo e Eva, che hanno “rubato“ la conoscenza
al dio che la custodiva hanno liberato l’uomo dalla condizione di “ameba” in
cui doveva vivere, se era incosciente del bene e del male. Ho provato a
immaginare il genere umano, nel paradiso terrestre secondo le scritture, se
gli archetipi non ne fossero stati cacciati. Tutto il giorno in preghiera
per deliziare le orecchie : questa faccenda dell’antropocentrismo anche
nella descrizione di dio, andrebbe abbandonata; del padreterno, senz’altra
occupazione. La riproduzione per scissione biologica (da una costola un
altro soggetto e così via), niente sesso, desideri, ambizioni, ecc. e che se
ne farebbe un DIO di questa magma insignificante. Fontane di latte e miele,
uccellini che cantano, leoni che giocano a nascondino con antilopi, e se ne
avete altri esempi, c’è da divertirsi. Ma andiamo……………….E ognuno creda
quello che vuole. W Eva e Adamo, ancorché leggendari, andrebbero annoverati,
questi, tra le radici dell’umanità.
PS. Anche quella volta le femminucce, mangiarono la mela per prime.
Modestamente.
BR1
07/02/2008
Per Cristina, Bruno e Peter Pepato
Scusate ma da ora in poi parlo solo in presenza del mio avvocato (sto
scherzando, naturalmente, non me la sono mica presa...). Ho assunto un
giovane legale del Foro di Pietroburgo, tal Fjodor Mihailovic Dostojevskij,
che riporta le parole di Ivan Karamazov, quello che oggi si definirebbe un
"cattivo maestro": "....a chiunque già oggi abbia coscienza della verità è
lecito regolarsi come piú gli fa comodo, in base ai nuovi princípi. In
questo senso "tutto gli è permesso" (...)... poiché a ogni modo Dio e
l'immortalità non esistono, all'uomo nuovo è lecito diventare un uomo-dio
(dovesse pur esser l'unico al mondo) e poi, s'intende, nella sua nuova
qualità, scavalcare a cuor leggero tutte le vecchie barriere morali
dell'uomo-schiavo, se sarà necessario. Per Dio non c'è legge! Ovunque Iddio
si metta, quello è il suo posto! Ovunque io mi metta, quello diventa subito
il primo posto... "tutto è lecito" e basta!" (da "I fratelli Karamazov").
Sono tutti apparentati, Ivan, (o anche il Kirillov dei Demoni), ma anche
Nietzsche, che gettava ponti al superuomo: tutti figli del nostro amico
Prometeo, quello che rubava il fuoco agli dei allo stesso modo in cui Adamo
ed Eva rubavano il frutto dell'albero della conoscenza. Tutti protesi a
fondare una nuova etica senza Dio, con l'uomo al centro dell'Universo..
Tutti costoro mi sembra che non abbiano avuto un gran successo, e comunque
non mi risulta abbiano risolto il problema fondamentale dello scopo
dell'esistenza: io la penso in modo diverso e non cerco di convincere
nessuno, ci mancherebbe! Se ho dato quell'impressione mi dispiace, non era
mia intenzione (anche perchè non ne ho titolo, aspiro solamente ad una
verità che non possiedo, e sono anche molto lontano dal tipo da "sacrestia"
che potreste esservi immaginato). Termino indirizzando il mio pensiero a
quegli scienziati, sicuramente interessati alle sorti dell'uomo, che hanno
pasticciato (si fa per dire, naturalmente) su di un embrione con materiale
genetico di tre individui diversi, buttando poi nel secchio il risultato: io
non li giudico male, ma consentitemi di averne un po' paura....
Per fortuna c'è la poesia! Saluti affettuosi a tutti, anche a Rosaria e
Carmen
Massimo
A Rosaria D'amico: la querelle sulla
definizione di poesia è stata a lungo dibattuta sul sito e sono state tante
le definizioni ,molte da me condivise.Non ho mai affermato si debba nè si
possa "chiamare" la poesia in un solo modo e non comprendo a che ti
riferisci .Non mi è chiaro poi perchè tu voglia ,come imperativo
categorico,non intervenire piu'.Importante e di stimolo è il dibattito in
atto,non trovi?
L'intervento di Bruno ,l'excursus sulla figlianza nel tempo,il ruolo della
chiesa ieri ed oggi mi trovano in perfetta sintonia di pensiero.
Vorrei ancora aggiungere che,dato per scontato che l'ateo è colui che non
crede nella trascendenza ed il credente si,porsi il problema di ciò che
l'ateo dovrebbe fare in piu' o in meno rispetto al credente e viceversa, non
ha senso ;entrambe sono persone da rispettare nelle loro differenze .La
domanda finale di Bruno mi pare veramente interessante e motivo di
riflessione..se tutte le religioni sono sullo stesso piano.....quale sarebbe
la reazione di un cattolico ? Non lo so perchè non sono credente ma chiedo a
voi.Mi pare che ,quando, in alcune scuole,genitori mussulmani hanno solo
chiesto se era possibile togliere il crocefisso (la fotografia del
presidente della repubblica,in paese laico,è d'uopo) ci sono state reazioni
pesanti,se non vado errato.
Per finire credo che tra il difendere e sostenere la propria dottrina o idea
(cosa più che legittima) e pretendere di imporla a tutti,credenti e
non,mussulmani,ebrei,neri,gialli...bianchi al fine di cancellare leggi dello
stato passa una differenza radicale appunto tra quella
dell'integralismo-autoritarismo totalitario rispetto alla tolleranza laica
propria della vera democrazia.
Un saluto e grazie per l'opportunità di pensare insieme ,ragionare senza
prevaricare.
Tinti
A Rosaria D'Amico replico con quanto ha scritto
l'ottimo Peter Pepato, che condivido ampiamente. A Massimo Reggiani con le
parole lucidissime di Br1, perchè sennò dovrei ripetermi e non è il caso.
A tutti, vorrei che fosse chiara una cosa, che io non voglio fare proseliti,
come invece provano a fare ad ogni piè sospinto coloro che si credono
detentori della Verità...io mi considero semplicemente un essere umano, e in
quanto tale esigo rispetto per le mie idee, senza alcuna ingerenza
indesiderata. Chi è libero di credere a qualunque dio gli piaccia, abbia
almeno la decenza di non imporlo a chi non vi crede. Come dice Bruno, i
luoghi per coltivare i vari credo ci sono ad oltranza. Per finire, ritengo
addirittura lesivo della mia dignità , leggere o sentire che soltanto
attraverso una fede religiosa si può essere buoni, giusti, civili...Gli
altri che sono? Gli uomini di tutti i tempi che hanno regalato all'umanità
il lume del pensiero e le scoperte scientifiche, atei ma appassionati alle
sorti dell'uomo. che ne facciamo?...ah sì, per loro c'è l'inferno.
cristina bove
06/02/2008
A Massimo & C.
Vorrei che anche altri dicessero la loro, non possiamo monopolizzare, anche
se l’incipit è stato poi valorizzato dalla pubblicazione della poesia di
Goethe, quindi la scusa della poesia l’abbiamo. Quinti incalzo, amabilmente,
Massimo. Avevo prevenuto che se ci si appella alla sicura esistenza del
trascendente e quindi si riconduce a lui ogni azione umana, non c’è partita.
Chi lo sostiene non ha le prove, chi lo nega, chiede di produrle, pena non
credere. Quindi quando Massimo dice:”…il principio della vita non appartiene
ne all’uomo né alla donna, ma ci è stata data in “prestito”. E prosegue :” i
precetti della religione cattolica sono rivolti ai propri fedeli, gli altri
non hanno mica l’obbligo…” e ancora : “…che la Chiesa non si faccia sentire
se vede che queste leggi stravolgono i valori fondanti della fede.” A mio
modo di vedere, incorre in grossolane contraddizioni: 1) che la vita del
concepito o del nascituro o del nato, non appartenga ai genitori ma a
qualcuno trascendente la vita terrena, è – perlomeno – grandemente
opinabile, e se qualcuno vuol fare qualche ricerca antropologica, scoprirà
che nelle ere passate la gravidanza, il parto, la figliolanza, ecc. erano
fatti assolutamente naturali e soggette ai capricci del caso. A causa delle
insicure condizioni di vita, gli aborti spontanei o procurati dalle fatiche
e privazioni, non si contavano nella vita fertile di una donna, la
premorienza infantile era diffusissima, basta guardare a qualche centinaio
di anni fa e il padreterno non ci mise mai una pezza. Altro che
salvaguardarle e darcela in prestito. 2) che i precetti della chiesa siano
diretti ai fedeli, mi trova fermamente d’accordo, tanto che non permetterò
al papa, alla chiesa, ai preti, di occuparsi degli affari miei, che fedele
non sono, in nessun campo. Quindi se ci fosse coerenza con quello che
affermi, le leggi dello Stato, nulla incidono sul credo del fedele, lo
sorvolano intangibilmente. 3) la Chiesa, nel NOSTRO sistema democratico, che
lei non ha mai praticato né si sogna di praticare, ha gli spazi deputati a
far sentire la sua voce, quello che io – cittadino – non le consento è che
metta in atto, azioni politiche, per influenzare il legislatore nel senso
che le è più conveniente. Ma voglio fare una provocazione volgare: se i
mussulmani, gli ebrei, i buddisti, mandassero nel Parlamento Italiano,
rappresentanti delle loro religioni per far legiferare a proprio,
indiscutibile vantaggio, che ne direste ? E – per favore – non mi rispondete
che quella cattolico cristiana è la vera fede.
E’ un piacere avere a che fare con voi, gente. Prof, siamo tutti figli tuoi!
Ciao a tutti.
Modestamente.
BR1
Chiedo scusa e prometto: non invierò, dopo
questa, altra e-mail sull'argomento. Concedetemi, però, diritto di replica.
A Cristina: può essere assolutamente certa che chi difende la vita non si
ferma all'utero ma condanna con la stessa fermezza la guerra, la pena
capitale, l'eutanasia, la droga e, naturalmente l'aborto, anche quello che
una terminologia ipocrita e inappropriata definisce terapeutico (se
sopprime, non cura), anche la
υβρις,
l'arroganza stolta di un'eugenetica che salvaguarda solo gli interessi
economici e la gestione del rischio clinico di certi miei colleghi. Riguardo
al rosario di Madre Teresa (a parte che il Rosario è una preghiera
bellissima e altamente meditativa), ho voluto proporre il suo Inno alla vita
perchè credo che Teresa di Calcutta, più che giocare con le parole, ha
lavorato tutta l'esistenza per mostrarci che Dio è meno lontano da noi di
quanto si possa credere.
A Bruno: Il Prometeo, come egli certamente sa, è un'opera giovanile di
Goethe che in seguito maturò una spiritualità molto alta e considerò con
profondo rispetto la figura di Cristo. Essere veramente atei significa avere
grande coraggio ed enorme fede nell'uomo; di conseguenza, significa
difendere strenuamente il valore della vita e non potere imputare ad un Dio
che non esiste le sofferenze umane; al contrario, se in Dio si crede, è
impossibile immaginarselo crudele e bisogna cercare altrove le radici del
dolore. Vorrei dirgli di leggere anche Turoldo, ad esempio Il dramma è Dio
e, in particolare, la mia poesia consigliata di oggi.
A Tinti: converrà con me che non esiste una definizione univoca della Poesia
e, se è accettabile la funzione catartica che egli individua, la mia
opinione sulla Poesia è più vicina a quella di RilKe: è ricerca ed
intuizione dell'Assoluto e del Sublime.
Un cordiale saluto a tutti, anche a Massimo e a Carmen ( forse noi due ci
siamo già incontrate nelle Poesie consigliate).
Rosaria d'Amico.
Nulla da dire riguardo ai principi, qualcosa
sulla logica, e allora Massimo Reggiani non potrebbe scrivere che i principi
non ammettono deroghe e che le eccezioni contraddicono il principio stesso e
poi, qualche riga più sotto, ammettere la legittima difesa come eccezione
alla sacralità della vita…ma per fortuna lo fa, perché vivere è storia di
eccezioni, perché i principi sono frutto dell’imperfezione del pensiero e
come tali vanno accettati o rifiutati, perché quello che conta è quel nucleo
irriducibile, ognuno lo chiami come vuole, che ci permette, spesso con molta
fatica, di riconoscere gli altri e di riconoscerci in loro e che ci
impedisce di diventare dei mostri dentro questo meccanismo infernale che
abbiamo creato. Con rispetto
Peter Pepato
Per Carmen Lama:
Non mi è chiaro che cosa tu intenda per veri Uomini e vere
Donne...consapevoli delle loro scelte ed in grado di gestirne le
conseguenze? E' esattamente quello che penso io quando "vedo" una
"persona",un soggetto umano che vive e pensa....ma allora dove sta la
differenza ?
Ciao Tinti Baldini
05/02/2008
Per Tinti, Cristina, e Bruno
Scusatemi ma mi sono accorto solo ora che nella pagina dei dibattiti ci sono
i vostri interventi dei giorni scorsi e vorrei replicare solo brevemente per
chiarire alcune cose su cui non ho potuto dilungarmi. La religione cattolica
(e non solo quella) trasmette precetti che si basano su principi, ripeto
condivisibili o meno, ma nel caso della vita umana si tratta di principi che
non possono ammettere deroghe come articoli di una legge qualsiasi. Per fare
un esempio "laico" prendiamo la Costituzione, che detta regole di principio:
è possibile concepire che l'art.3 della Costituzione (che tutti rispettiamo
e condividiamo) ammetta delle deroghe all'uguaglianza di fronte alla legge
per particolari categorie di persone? No, naturalmente, è una dichiarazione
di principio. Se si fanno eccezioni si stravolge il significato di valore di
principio, e si introduce la possibilità di relativizzarlo, svuotandolo di
significato e contraddicendolo. Così è per il principio della vita, che
ricordiamo, non appartiene né all'uomo né alla donna, ma ci è stata data in
"prestito". Qualcuno è in grado di stabilire in che giorno (che non sia il
primo, naturalmente) dei nove mesi di gestazione comincia la vita ?
I medici? Gli elettori? Il parlamento? Eppure in pratica è stato fatto
proprio così: si è creato per legge, cioè per convenzione, un limite oltre
il quale la vita è tutelabile e piena, e prima del quale diventa bene
secondario e subordinato ad altri beni considerati superiori (tralasciando
il prevedibile stravolgimento della ratio legis in controllo delle nascite,
che fa sospettare anche un'ipocrisia di fondo della norma). Io non lo trovo
solo ingiusto, ma anche un po' presuntuoso. Questo il principio:
naturalmente le sofferenze individuali delle donne e le mille casistiche
diverse non lasciano indifferenti la Chiesa, che non dà solo precetti, ma è
capace di comprendere qualsiasi comportamento umano, con l'amore ed il
perdono, e nella sua storia ha sempre creato strutture per alleviare le
sofferenze, difendere i bisognosi ed allevare i figli nati fuori del
matrimonio; non si può pretendere però che giustifichi a priori l'uccisione
preordinata di una vita, che considera interesse prevalente rispetto a
qualsiasi altra considerazione (altro discorso è la legittima difesa, in
quanto per la religione cattolica il martirio è una vocazione, non un
dovere!).
Ripeto, i precetti della religione cattolica sono rivolti ai propri fedeli,
gli altri non hanno mica l'obbligo di rispettarli (tanto è vero che gli
stati hanno le loro leggi per regolare certe materie con altri principi), ma
non si può pretendere che la Chiesa non si faccia sentire se vede che queste
leggi stravolgono i valori fondanti della fede. Sui modi e i tempi delle
ingerenze nella politica si può certo discutere, così come su tanti altri
temi. Ci sono tante cose che non condivido della politica vaticana, per
carità! Io comunque mi sento libero, non soffro di costrizioni alla mia
libertà di pensiero da parte della Chiesa. Credo che ci siano interessi più
pericolosi e concreti che ci minacciano, certamente più di quelli del
proselitismo (che chiamerei più correttamente evangelizzazione) e
sicuramente più "globali" del mantenimento di qualche poltrona, clientela, o
consiglio d'amministrazione (pratiche che pure vanno condannate, ben
inteso). Penso che il potere della Chiesa sia ampiamente sopravvalutato
nella nostra strabica ottica italiana. Ricordiamo che la Chiesa è
universale, non è la parrocchia di Roma, e se giriamo il cannocchiale
possiamo vedere tutt'altra realtà, una Chiesa subalterna, sofferente, spesso
perseguitata, e che non sta certo dalla parte del più forte.
Chiudo se no stavolta davvero il professore mi bacchetta. Su contraccezione,
sessualità, Prometeo etc… possiamo parlare un'altra volta! Comunque vi
ringrazio per la proficua occasione di confronto e a rileggerci presto
Massimo
Personalmente condivido il pensiero di Rosaria
D'Amico: ho visto molte ragazze ed anche molti ragazzi piangere, dopo
un procurato aborto, (per i motivi più vari), e il loro dolore li tormenta
anche a distanza di molto tempo. Se c'è una differenza che fa degli esseri
umani degli "umani" è la consapevolezza di quello che si fa. E questa sola
dovrebbe bastare a far accettare responsabilmente la conseguenza delle
proprie azioni. Pur ignorando su questo argomento quella che vuole essere la
"morale cristiana", credo che debba prevalere, prima di questa, l'etica che
fa degli uomini e delle donne dei veri Uomini e delle vere Donne. Credenti o
no, non fa differenza. Carmen Lama.
Per chiarire a Massimo il mio pensiero ,anche
se non occorre ,perchè ognuno ci vede cio' che vuole in piena
libertà,intendevo passanti, noi di nuovo ,mi pare , a capo chino,di nuovo a
subire ,di nuovo a non sentirci parte del nostro paese :le nostre sorti sono
sempre decise da altri.
Passo al sito una poesia di Padre Turoldo che è voce di fede in spirito in
lotta ,sempre placata e sempre riaperta:
Non più fanciulli
Non più un angolo di terra
un paese
ove dire ancora con stupore
il tuo nome,o Cristo.
Non un uomo
che annunci pace,
un profeta che sia creduto.
Non più fanciulli
su tutto il pianeta
a guardar la luce
giocare sul fiume.
Ciao
Tinti.
04/02/2008
Bravo, Bruno!
Cristina Bove
Rosaria, chi non sottoscrive il "rosario" di
Maria Teresa? ma non dice nulla di:
se ti mandano ad uccidere uccidi?
se ti uccidono muori senza rimpianti?
se chi l'ha data vuole che la spendi per cause incondivise, la butterai ?
e via così. Come non non condividere il principio dell'inalienabilità della
vita altrui, ma non ci si può fermare all'utero. Questo si che è
chiesasticamente strumentale. Perchè comodo da pretendere, senza spese -
politiche - certo.
Ho ritrovato il testo di una poesia, a me carissima perchè fondante del mio
modo di pensare. La mando al Prof, vediamo se condivide l'opportunità di
pubblicarla.
______________________
"Prometeo" di G.V.Goethe:
Copri il tuo cielo, Zeus,
con vapori di nuvole,
ed esercitati, come il fanciullo
che decapiti cardi,
con querce e vette di monti.
Ma a me la mia terra
non devi toccare,
la mia capanna, che tu non creasti,
il mio focolare
la cui fiamma viva
a me tu invidi.
Nulla conosco sotto il sole
di voi più poveri, o Dei:
meschinamente nutrite
con tributi di vittime
e fiato di preci
la vostra maestà,
e vivreste di stenti
se non vi fosser bimbi e mendichi
pazzi pieni di speranza.
Quando ero bambino
non sapevo ove rivolgermi,
e l'occhio mio errabondo
volgevo al sol, come lassù vi fosse
un orecchio che udisse il mio lamento
un cuore, come il mio,
che avesse pietà dell'oppresso.
Chi mi venne in soccorso
contro la strapotenza dei titani?
chi mi salvò da morte
e dalla schiavitù?
Non hai mai compiuto tutto tu stesso
cuore che ardi sacramente? e ardevi
giovane e buono, illuso,
grato per la salvezza
verso il dormiente lassù?
Io te onorar? Perchè?
mitigasti tu mai
i dolori del misero?
O quietasti le lacrime
dell'angosciato?
Non m'han forgiato uomo
il tempo onnipossente
e il sempiterno fato,
padroni miei e tuoi?
Farneticavi forse
ch'io dovessi odiar la vita
e fuggir nei deserti,
perchè non tutti i sogni
ch'eran fioriti maturarono?
Qui sto io e formo uomini
secondo la mia immagine:
mia stirpe, che simile a me sia
nel soffrire nel piangere,
nel godere e rallegrarsi
di te non curarsi
come fò io!
_______________
Modestamente.
BR1
03/02/2008
Ho esitato a scrivere perchè non voglio alimentare
polemiche e perchè non credo che un sito come Guida alla poesia debba
essere utilizzato per scopi diversi da quello di far amare e conoscere la
Poesia, soprattutto se l'argomento della discussione si presta a
strumentalizzazioni politiche o se ragioni personali prevaricano un
dibattito sereno.
Voglio solo suggerire uno spunto di riflessione, perchè sono convinta, io
cattolica, medico e madre di quattro figli, che la difesa della vita ed il
rispetto della persona umana, in ogni fase e condizione dell'esistenza,
dalla più microscopica alla più sventurata, siano valori che appartengono
all' Uomo, laico o religioso che sia, credente o ateo, purchè abbia la buona
volontà di abbandonare la condizione dell' homo homini lupus e si sforzi,
finalmente, di concretizzare la speranza di costruire un mondo migliore.
Perciò, più che sulle mie parole, vi invito a meditare su quelle della
poesia di Madre Teresa di Calcutta che ho oggi affidato alla rubrica Poesie
consigliate. Rosaria d'Amico
02/02/2008
A Massimo, anch'io. Previo ringraziamento per i
commenti gradevoli alle mie poesie.
E' difficile avere un dialogo un dialogo con chi non mi rispetta come essere
senziente, che non rispetta me prima dell'embrione, che pende dalle labbra
di una congrega di celibi che pontificano sulla procreazione. Quasi
impossibile il dialogo. Non voglio nemmeno entrare nel merito del rispetto
verso chi non mi rispetta, verso chi pensa che io debba essere un
contenitore su cui si possa decidere al posto mio. o che mi si consideri
incapace di stabilire il valore etico della mia coscienza, o che si facciano
garanti di qualcosa che è dentro di me e che non appartiene ancora a
nessuno, tantomeno ad essi.O che pensino che a me faccia piacere abortire
così come mangiare un gelato.
Mi rifiuto anche perchè, al contrario di loro, non voglio convertire nessuno
alla mia idea, ma esigo la libertà di non doverne subire le scelte religiose
cui non credo.
Non voglio che mi si possa dire quale deve essere il mio comportamento
sessuale ed in che modo espletarlo, che nel nome di un travisato moralismo
sessuofobo si consentano efferatezze che poi si tengono segrete.
Non accetto che mi si obblighi ad osservare norme che nascono solo
dall'interesse di manipolare le coscienze.
Voglio che mi si consideri un essere avente diritto al rispetto a
prescindere.
Che nessun credo religioso si ingerisca nella mia vita con i suoi
integralismi, da qualunque fronte religioso arrivino. E che mi si lasci
libera di pensare che per me tutte le religioni sono uno strumento di
assoggettamento e di potere economico e psicologico, sono fonte di
terrorismo camuffato in alcune, ed ostentato in altre,ma sempre
integralismi. Che tutte le religioni pretendono di detenere la Rivelazione,
la parola di dio.e che tutte in nome di quel dio si danno la morte sui
fronti, con la benedizione dei propri preti.
Ai pochi che tacciono e camminano sulle orme del Cristo, lontano da
paludamenti ridicoli, va tutto il mio rispetto e il mio plauso. E ce ne
sono. E li conosco pure.ma è gente rara. è gente che sa davvero che la
fratellanza è prima di tutto giustizia e rispetto, mai ingerenza, mai
ridondanza, mai prevaricazione, mai potere, mai sfarzo, ecc...
cristina
Grazie Aurelia,mi sento viola veramente ed è
peraltro il "mio" colore .Ciao
A Massimo:so che non è questa la sede per discutere problemi"etici" in modo
dialettico e costruttivo :bisognerebbe vedersi vis a vis e parlarsi.
Mi preme soltanto esprimere il mio parere anche perchè ,se la poesia o cio'
che uno vorrebbe fosse tale è in qualche modo riflesso di chi scrive,per
chiarezza , vorrei che si sapesse cio' che penso.Tu parli di vita intesa
oltre quella puramente biologica, come "dignita'" da salvaguardare e proprio
di lì nasce la mia visione del problema (perchè l'aborto è certo per chi lo
vive l'ultima spiaggia..te lo assicuro).Non credo ( e sintetizzo al massimo
) che sia dignitoso per le donne stuprate, le bambine abusate,le donne
costrette da mariti violenti da cui non hanno coraggio e forza di staccarsi,
coloro che hanno certezza di un figlio menomato a vita ,le donne
abbandonate..(e mille altri esempi)....non avere la possibilità almeno di
scegliere , di decidere in quanto loro sono quelle che dovranno vivere con
ventre ,cuore e testa la gravidanza che deve essere nata dall'amore e
vissuta con amore. La dignità da salvaguardare innanzi tutto ,a mio parere
,e' quella della donna che è già essere vivente ed ha diritto di sentirsi
tale cioè dotata di libero arbitrio.La chiesa ,in tale questione (moratoria
sulla 194) si è pronunciata ed è suo pieno diritto farlo ma ,in un paese
laico, sono le persone che vivono realmente il problema che devono
esprimersi ,in piena libertà.
Poi ci sarebbe da parlare della diminuzione degli aborti dopo la legge
,della scomparsa o quasi delle terribili mammane ed dell'utilizzo,da parte
di cattolici e non ricchi,di costose cliniche private.Oggi ho portato mia
nipote al pronto soccorso e mi è stato fatto un terzo grado perchè la bimba(
nove mesi) era caduta malamente ,io mi sono un poco risentita ed il medico
mi ha detto "Lei non sa quanti casi di neonati arrivano qui a pezzi con
genitori "per bene":che senso ha procreare e poi far soffrire ?".Ripeto e
credo fermamente che una delle scelte piu' impegnative ed importanti nella
vita dell'uomo sia quella di decidere se avere o non avere un figlio con la
gioia immensa ma anche l'enorme senso di responsabilità e consapevolezza che
occorrono.
Tinti
31/01/2008
Tinti,questa diciottenne ha fatto
centro,bravissima.
Se fossi un regista,l'avrei fatta recitare nel film :
"La meglio gioventù". E' un film da vedere spesso.
Gianni Langmann
Leggendo,nei dibattiti,il pensiero di Rosa
,condiviso,mi viene di passarvi una poesia di una studentessa di 18, poesia
che in qualche modo continua il suo discorso...e quello di Giannilang.
Poesie
Non conta quante se ne scrivono
ma quello che si scrive.
Celano i segreti dell'anima
nell'anonimato:
un'arte nascosta in ognuno di noi,
perchè tutti,
almeno una volta nella vita,
siamo poeti.
Martina Lanci
Tinti
30/01/2008
A proposito di poesia e di poeti,val la pena
rileggere la poesia di Gus "Indescrivibile"che molto dice ...
Ciao
Tinti
A proposito di poesia
Prendo spunto dalla riflessione di un amico poeta a me molto caro e vi
propongo uno stralcio di ciò che Marco Polo scrive a Kublai Khan nel suo
racconto-viaggio :
"Sono giunto in una grande città che gli abitanti chiamano, nella loro
lingua, "Città della poesia". Sui muri di tutti i palazzi sono affisse
preziose pergamene: e ognuna riporta un testo poetico vergato in caratteri
d'oro. I monumenti al centro delle piazze sono cubi di marmo, a volte
piccoli, a volte molto grossi, su ogni faccia dei quali appaiono incise, ben
visibili, le parole delle poesie più belle e più famose. Gli abitanti si
fermano spesso a leggerle e poi, camminando, le ripetono fra sé e sé a voce
alta, oppure le vanno recitando ad altre persone. Capita a volte di vedere
dei capannelli di uomini intenti a leggere sui muri una poesia appena
affissa; e qua e là è facile imbattersi in piccoli palchi, da dove un attore
propone dei versi alla gente.
"Chissà come saranno onorati i poeti in questa città" ho detto all'uomo che
mi conduceva lungo le strade e mi mostrava orgoglioso i monumenti e i
palazzi che riportavano le poesie più belle. Lui mi ha guardato con
meraviglia, come se volessi prenderlo in giro, e ha scosso energicamente la
testa. "Ma niente affatto, mi ha detto qui sarebbe vergognoso affermare di
aver scritto anche soltanto un verso".
Con la pazienza di chi parli ad un bambino, mi ha spiegato: "Le poesie
vengono dagli dei. Gli uomini sono solo un tramite. Non lo sapete anche voi?
Le poesie vengono scritte di nascosto e gli autori le attaccano furtivamente
ai muri delle vie, badando bene a non farsi riconoscere. Se un pazzo
sostenesse di essere l'autore di una poesia, dapprima verrebbe redarguito;
poi, se insistesse, verrebbe multato e alla fine, se non si pentisse della
sua follia, verrebbe esiliato".
Ha aperto le braccia per indicare tutte le case e le vie intorno e mi ha
detto con fierezza: "Tutte queste poesie che noi leggiamo e impariamo a
memoria e veneriamo come parole divine, tutte queste poesie mi creda sono
anonime"".
Sarà poi un bene - vi chiedo - coltivare il sogno o meglio l'utopia o meglio
ancora, come nell' improbabile "Città della poesia", la realtà di una poesia
anonima, di una letteratura che sia veramente di tutti e per tutti? - Basta
con il culto della personalità, con le foto dell'autore-personaggio sulla
copertina dell'ultimo best seller che fa bella mostra di sé nelle librerie.
Basta con i premi letterari, con le interviste e le chiacchiere nei salotti
-. Fin qui ci siamo: soltanto il libro a testimoniare la fatica creativa: il
romanzo, il racconto, la poesia e l'infinito piacere della lettura. Ma può
esistere - mi chiedo e vi chiedo - una poesia separata dal suo autore,
dall'anima che ha trasformato il suo proprio sentire in linguaggio, in
parole che migrino verso gli altri per toccare corde, suscitare emozioni? So
che amo la poesia, ma ugualmente amo i poeti: tormentati, inquieti, ironici,
allegri, colloquiali, duri, ermetici, satirici, semplici, complicati,
romantici…Tutti i Poeti.
Rosa
29/01/2008
Vediamo d'esserci anche nelle piccole cose, non
accucciamoci in un cantuccio a guardar scorrere il mondo : concludo con
alcune parole scritte da Neruda (a proposito pare,dico,pare non sia l'autore
di"Lentamente muore"):" ..mi è toccato soffrire e lottare,amare e
cantare,nella spartizione del mondo vivere trionfo e sconfitta,ho provato il
gusto del pane e del sangue :che cosa può volere di più un poeta?..."
Tinti
Bellissime cose si leggono qua e là, Tinti,
giriamo per le stesse edicole? L'artista dovrebbe essere libero, almeno
intellettualmente, certo a volte è costretto a subire le circostanze che
mettono anche a rischio la sua incolumità. Chiedere ad un tenero poeta di
fare la coscienza del mondo è forse eccessivo, ma qualcuno l'ha fatto. W lui
e noi, se è vero che abbiamo tanta sensibilità, facciamola uscire dall'ombra
del quieto vivere e vediamo di esserci in qualche modo.
BR1
"Bussate e vi sarà aperto" ed io busso ..qualcuno,sul
sito,apre sempre.
Ho recentemente letto un articolo in cui si raccontava che ,in passato,un
pittore famoso(non si sa di quale nazionalità) aveva disegnato sui muri di
Palestina un somaro che mostrava i documenti ad un soldato israeliano.
Ora un altro artista ha ritratto Anna Frank con la kefiah:entrambi i popoli
si sono risentiti.Il giornalista scrive" ..le intenzioni dell'arte li
sorpassano di qualche secolo,lo sguardo artistico vede e sogna molto piu'
lontano di loro,non ce la faranno a raggiungere l'asino dell'arte che corre
via.........così gli artisti spesso sono soli ma sempre e comunque
fortunati". Che ne pensate?
Ciao
Tinti
28/01/2008
Condivido appieno l'intervento di Bruno:i
giovani corrono sempre verso il nuovo e siamo noi che dobbiamo ascoltare i
loro bisogni che sono sempre gli stessi:accettazione,affetto
,amore,autonomia , ricerca di identità e dimensione nel mondo.....
Il problema pero' è che le modalità con cui ,a volte, estremizzando, alcuni
ragazzi manifestano disagio , paura, senso di inadeguatezza (dato il forte
gap generazionale) sono cosi' differenti (abbigliamento al limite dal
porno,uso facile di varie droghe omai a buon mercato ,facilità al rapporto
sessuale giovanissimi e spersi ed altro..) che creano nell'adulto un forte
senso di impotenza che porta spesso alla chiusura, alla rassegnazione pigra
o alla permissività sfrenata.Credo che sia invece importante dibattere
,confrontarsi ,capire anche con l'aiuto di esperti e diventare piu'
"attrezzati" a guidare i giovani,naturalmente con la capacità di mettersi
sempre in gioco, come è avvenuto in passato :tutto è sforzo e fatica per
raggiungere un obiettivo insieme.
Grazie
Tinti
27/01/2008
Gianna F., grazie per l'incipit.
Sono sempre molto interessato alle problematiche sociali, generazionali
specialmente, essendo in età da iscrivermi in quella passata. Non condivido
il pessimismo diffuso, sulla scarsa carica ideologica etica e sentimentale
delle nuove generazioni. Gli scontri tra generazioni, le critiche verso il
nuovo che incombe e i giovani corrono verso il nuovo, sono fisiologiche alla
società, eppure quelli che gestiscono il mondo sono adulti e sono loro - noi
- che fanno le scelte di fondo. Guardarsi indietro dovrebbe costituire la
base di partenza per il progredire non una sorte di rimpianto perchè tutto
cambia. Mi dispiace che il poeta, in particolare, nella stragrande
maggioranza, sia legato a schemi, concezioni, forme del passato, quasi che
sia esistita un'età dell'oro, dove tutto era dolcissimo, bellissimo,
pacifico. Il periodo storico cui questi si riferiscono, era un terremoto di
sconvolgimenti politici e sociali, di crudelissime repressioni e violenze,
quasi sempre scatenantesi sulle popolazioni soggette. Nessun poeta o
scrittore ha cantato mai la vita paradisiaca di un bracciante, di una serva
e non perchè questi non avessero buoni sentimenti o anima.
Le nuove generazioni sono figlie del tempo che vivono e quel tempo non è mai
determinato da loro, che lo subiscono, a volte vorrebbero distruggerlo
perchè non rassomiglia loro: hanno ragione. Quello contro cui si battono i
giovani è il nostro mondo, creato per i nostri bisogni giusti, coerenti o
meno con quello che pensiamo, ma il cui soddisfacimento è alla portata di
tutti e tutti ne godono: le eccezioni confermano la regola. Cosa fare ?
Battersi, scrivere su questi temi, che ne escono poesie importantissime
(poeti d'esempio ce ne sono), e partecipare - direttamente - a quelle
iniziative che vanno nel senso che noi speriamo, in avanti però, in avanti.
Modestamente.
Bruno Amore
23/01/2008
Mettete in dubbio la mia generazione e quelli
che vengono dopo di me, il guaio mio che vi dò assolutamente ragione, io ho
avuto alle spalle una famiglia e sono e mi ritengo "fortunata", ma i giovani
di oggi, come anche i bambini li vedo spenti senza ideali né valori.
Purtroppo dò la colpa ai genitori che sono assenti e non vedono nel figlio
un futuro adulto ma spesso bambole o giocattoli da staccarseli da dosso,
ecco perché vengono abbandonati sempre più tempo davanti alla tv, vengono
accontentati in tutto pur di non sentirli piagnucolare, problema che i
genitori di oggi sono bambini, non sono mai cresciuti e non sanno
minimamente affrontare delle difficoltà, poi ci sono quei genitori che si
stressano e arrivano ad uccidere il proprio figlio, è questa la situazione
in cui viviamo, c'è qualcuno che mi dice devi accettare è questa la
società,io gli ho sempre risposto non mi piace, non sono nata per essere
passiva voglio e sarò attiva e farò di tutto per modificarla, però da sola
non posso fare nulla, la poesia mi aiuta a questo a lanciare il grido di
lotta, infatti è difficilissimo che io scriva di amore ma dietro ad ogni mia
poesia cerco di dare sempre un messaggio che sia chiare che che batti forte
nel cervello della gente, voglio che faccia riflettere e forse saprò anche
cambiare qualcosa. Gianna hai ragione a dire questo e sono felice che
qualcuno l'abbia denunciato.
Antonia R.
20/01/2008
A Gianna e a chi interessa: anch' io a volte mi
domando se parlar di risveglio spirituale,d'amore ,di condivisione e...sia
un rifugio,una fuga da un mondo malato che ci sta stretto...ma ritengo
soprattutto che sia voglia di esprimere il meglio di sè, di rigenerarsi nel
bello proprio ed altrui così da poter continuare in ricerca e non arrendersi
al male.Per quanto poi concerne la scuola, un po' mi sento touchèe ,come
docente per 40 anni: nessuno ci ha insegnato ad insegnare (i corsi di
formazione ,un tempo,negli anni 70 esistevano ,pochi e a pagamento,ora non
se ne parla piu')ed abbiamo dovuto imparare sulla nostra pelle ed in alcuni
casi,su quella dei ragazzi.Molti colleghi con cui sono venuta a contatto(si
tratta quindi solo di un campione ma piuttosto significativo) hanno dovuto,a
20 anni ,gestire classi cosiddette"differenziali" con 35 alunni ,si sono
studiati testi di didattica ,di metacognizione ,di psicologia e pedagogia in
quanto si trovavano sprovveduti,docenti,formatori,assistenti sociali,bidelli
e psicoterapeuti ad un tempo.Si sono avviate a fatica esperienze di tempo
prolungato per aiutare i giovani ad un metodo nello studio e si sono , pian
piano,ottenuti risultati sempre dall'interno , vivendo spesso la scuola come
una seconda casa. e mettendoci passione ed amore.Certo , pecche ce ne sono e
ce ne saranno sempre come per ogni attività che viene svolta sia nel
pubblico che nel privato ma, oggi come ieri, i ragazzi sono,a 10, spugne,
ansiosi di sapere e capire . Se però,per la maggior parte del loro
tempo,oggi(dati alla mano) vengono lasciati soli davanti a tv e pc
,cellulare e telecamera e altri aggeggi, con genitori spesso latitanti presi
dal doppio lavoro per "dare" sempre piu'cose,difficile è poi
intervenire,proporre altri modelli e valori e soprattutto far loro
comprendere che la cultura e la conoscenza sono fondamentali per essere
persone quando intorno vige come motto"non serve a un c.." Molti ci hanno
provato magari in collaborazione con la famiglia e ci sono riusciti.Scusate
lo sfogo ma mi ci voleva.
Ciao a tutti.
Tinti
19/01/2008
Cari amici di poetare mi rivolgo a voi con
argomenti non inerenti alla poesia,ma sicuramente che portano a riflettere
sul momento in cui viviamo.
Chiedo a voi ,quanto serve scrivere parole d'amore,poemi che parlano d'amore
di perdono,se poi apri il giornale del mattino e trovi solo morte.
Non mi so capacitare per quanta stupidita ci sia tra la gente,e quanto poco
amore
oggi ho chiesto a mio nipote se avesse tra i suoi libri di scuola una poesia
su Venezia si è scandalizzato ,la risposta fu che a scuola non insegnano
quelle cose.
Ma cosa insegnano ai ragazzi se non sanno nemmeno le cose più semplici.
Faraon Gianna
18/01/2008
Non riguarda la poesia,direte ,è vero ma con quella
speranza che fibrilla in molti di noi di un mondo in rinascita, si.
Sfoglio alcuni quotidiani e leggo ,scegliendo tre notizie emblematiche e le
cito sic:
1)"Palermo: veglia di preghiera per l'assoluzione di (posso far nomi e
cognomi?)Cuffaro,accusato di favoreggiamento alla mafia" .
2)Rapporto segreto della Thyssen Krupp:si punta il dito, con eventuali
sanzioni disciplinari , nei confronti dei superstiti al rogo in quanto hanno
fatto gli eroi in tv (non si doveva raccontare al paese quell'inferno?)
SPERANZA-----10
3)I bambini di Terzin ,scampati ai forni ,orfani e sparsi per il mondo si
aiutarono a vicenda ,creando una specie di rete "ante litteram".
Allora uniti si può?
Speranza + 3
é ancora -7
Ciao amici
Tinti
13/01/2008
Caro Giannilang,
mi pare un 'interpretrazione condivisibile nella sua accezione soggettiva
legata al principio della ricerca illimitata di "identità" Mi pare combaci
quasi con il concetto di "tempo "di Kant che lo vede come"forma pura
dell'intuizione sensibile....intuizione di noi stessi e del nostro stato
interno,...che fuori dal soggetto è nulla....".
Grazie
Tinti
12/01/2008
Cara Tinti Baldini.
Mi è capitato di leggere l'appunto espresso al tuo "Fuori dal tempo".
Mi sono sentito anch'io stimolato e credo che sia condivisibile quanto,nel
merito, esprimeva S.Agostino
nelle "Confessioni",quando afferma :
...il tempo è distensione dell'animo ed è relazionato al singolo soggetto
che vive "attentamente" e ha coscienza del passato (la memoria) e del futuro
(l'attesa) e coincide con il principio di "identità"...
E' un'interpretazione che sento personalmente di condividere.
Gianni Langmann
10/01/2008
Cari amici Bruno e Aurelio(leggendo il tuo bel
libro ,mi sono soffermata a lungo sulla lettura di quel passo ..):è vero che
il termine tempo è convenzione per rappresentare lo scorrere della vita,il
passare della storia dell'uomo ma ....ora mi pare piu' chiaro cio' che io
intendevo per "fuori del tempo":nel momento in cui un essere umano diventa
consapevole del suo esser parte del cosmo il tempo diventa,
paradossalmente,atemporale,una sorta di metatempo ,sopra ed oltre.Credo che
solo in tale accezione mi sento esistere ...
Ciao
Tinti
09/01/2008
Piatto ricco mi ci ficco.
Intrigante l’argomento, Tinti, ma dovremmo sapere se quel “Fuori del tempo”
va inteso letteralmente, in questo caso credo abbia ragione il tuo amico,
oppure è una metafora che vuol dire fuori dai limiti della vita comune,
condivisa, del consueto procedere dell’esistenza. Altrimenti è corretto dire
che, essendo il concetto tempo così come acquisito una convenzione, ma nella
realtà esiste a prescindere, non ci si può chiamare fuori, pena il non
esistere. (Bho!)
Bruno Amore
Colgo a volo l'invito della poetessa Tinti per
riportare qui di seguito una riflessione tratta dal mio libro Viaggio in V
classe. Mi dà molto fastidio autocitarmi ma credo che in qualche modo dovrei
essere in tema:
Col trascorrere degli anni, tra i passaggi intensi da un’età all’altra e
poi all’altra ancora, avviene che i migliori ricordi custoditi a vita e che
pensavi di tirar fuori solo da vecchio reclamino una rivisitazione. Chiamala
nostalgia o come vuoi tu. In me produce la costante di un tempo che non
scorre e di una sola età nell’esistenza. Un trucco per sentirmi! Né piccolo
né grande. È questo il sistema che ho scelto per registrare il mio
passaggio: fare una media virtuale tra il fanciullo che sono stato, la
gioventù che ho colto, la maturità che vivo e la vecchiaia che lascio in
attesa.
Aurelio Zucchi
Nulla deve prevalere.
08/01/2008
Mi è stato posto da un poeta e scrittore amico
il seguente appunto rispetto ad un mio testo per ragazzi dal titolo "Fuori
dal tempo":il tempo non è mai stato creato,è eterno ,non ci si può porre
fuori dal tempo perchè si andrebbe contro il principio di identità.Mi ha
spiazzata perchè non riesco a dar risposta in poesia o in prosa ,pur
avendola quasi sulla punta della lingua...Se vi stimola ...Ciao
Tinti
06/01/2008
Perché poetare.
L'uomo in passato era il cogito di Cartesio, oggi viene meglio
definito come essere pensante dotato di linguaggio. Questo implica che il
nascere ci getta nel mondo, fra gli oggetti e i soggetti. Nel rapporto con
gli oggetti, il linguaggio crea la conoscenza dell'oggetto, ricercando
l'essenza per il suo utilizzo. L'oggetto o la cosa (res) viene a noi come
noumeno oggetto di autonoma esistenza o come fenomeno oggetto sotto la
conoscenza del soggetto, questo secondo Kant. L'ente cosa dipende
dall'attenzione che noi gli rivolgiamo, osservare non è un semplice
guardare; quando cerco una cosa in particolare ho solo quella cosa nel
pensiero, tutte le altre che vedo quasi non le percepisco, sono caos nella
mia ricerca, il trovarla realizza il fine e l'appagamento dell'ansia. Nel
suo utilizzo da parte del soggetto avviene il concretizzarsi del nome
convenzionale dato dal linguaggio. La cosa è quindi altro da me, un di
fuori, a parte, che introduce l'alterità, la quale ritrovo nella relazione
con gli altri soggetti in quanto enti umani differenziati da me. Questa
relazione con l'altro soggetto dovrebbe essere imperniata sul riconoscimento
unanime di entità dotate di vita propria con un'esistenza e un vissuto che
le caratterizza per quelle che appaiono. Con il linguaggio, la relazione
prende corpo, i soggetti vengono a conoscenza l'un l'altro per sapere,
emozioni, sentimenti e amore. Nel rapporto non viziato da sopraffazione
culturale, sociale, fisica e psicologica, si apre l'essere soggettivo in
tutta la sua libertà. Nel confronto dialettico, in un continuo sviluppare
insieme le proprie contraddizioni dei punti di vista secondo una sintesi che
porta ancora a nuove tesi e antitesi, si ottiene lo stagliarsi dei soggetti
come individui umani. Umanità che si rivela poi nel proprio agire, il
linguaggio si concretizza. Dal logos alla praxis. Nel materialismo
dialettico questo processo avrebbe dovuto portare la società a liberarsi dal
vincolo della necessità per poter sviluppare liberamente la spiritualità
dell'essere umano. Ma la storia è fatta dagli uomini!
Riprendendo il discorso sull'alterità, come essere altro da me, nel mondo
incontro sia le cose sia i soggetti; la mia esistenza è un venire
incontro-a, lo stesso vale per gli altri. In questo movimento bidirezionale
vengo anche a prendere coscienza di me; qui s'instaura l'incontro con il
me-stesso, con la percezione di quello che sono, con l'immagine mia di me
differente dalla realtà mia di me, questa posizione inaccettabile spinge
nella direzione di una ricerca metafisica dello spirito. La relazione con me
stesso è una relazione nell'essere-solo, nella solitudine; l'essere
me-stesso si rivela nell'inquietudine di questa fenomenologia esistenziale
che porta all'angoscia; non paura di, timore di, nemmeno angoscia come
disperazione e totale annientamento di possibilità d'essere, ma l'angoscia
del conoscere se stesso nel limite del proprio essere (come era scritto nel
tempio di Apollo a Delfi). Nell'accettare questo limite l'angoscia pervade
tutto il me-stesso aprendolo al prendere coscienza di essere un
essere-verso-la-morte. Ora germoglia il nulla, la nientificazione, il
perdere contatto con il mondo, il ripiegarsi su se stesso di tutto l'essere,
il vacillare, un vortice inesprimibile di stati d'animo sconquassa l'essere
e la sua esistenza. Nasce la domanda fondamentale, chi sono?
Alla vista si aprono nuovi orizzonti, adesso l'essere cosciente in sé e per
sé non può più accettare una vita inautentica, non si può più perdere nel
quotidiano vivere.
L'essere se stessi non può essere l'umano definito da oggetti d'uso comune
come telefonini, computer, automobili di prestigio, vestiti alla moda;
l'essere non è avere possesso, questa è mercificazione, è quel valore che le
cose non hanno e tanto meno le persone, il denaro non definisce un uomo, lo
umilia! Di più l'agire, il comportamento, non può essere di chi fugge e si
nasconde nel rumore di palestre o discoteche chiassose dove non c'è
linguaggio, oppure allo stadio per esprimere la propria violenza, gladiatori
dell'antica Roma. L'essere non può più perdersi nel così fanno tutti, si
dice; l'impersonale inautentico. Sartre dall'esistenzialismo intraprese la
praxis politica e sociale come luogo dove l'essere si esprime come impegno
dell'esistenza nell'umanità. Ma la coscienza reclama l'essenza dell'essere.
Non voglio qui trattare il problema del primato dell'essenza sull'esistenza
o viceversa, questione che pervade tutta la storia della filosofia da
Parmenide/Eraclito a Heidegger/Sartre, però oggi assistiamo alla morte
dell'albero della conoscenza le cui radici erano la Filosofia, il tronco era
la Fisica, i rami tutte le altre scienze, da questi rami sono nati tanti
frutti che li hanno appesantiti piegandoli verso terra e stanno per entrare
nel terreno distruggendo le radici. In passato la scienza era fondata sullo
studio degli esperimenti, ora in più, la connessione tra varie discipline
crea un sistema di controllo totalizzante; anche se l'uomo progetta e
costruisce, lo sviluppo tecnologico richiede se stesso non l'uomo, e se
prima l'uomo era un ingranaggio del sistema ora è un elemento di disturbo
che va controllato. Questa è la globalizzazione.
Ripensare la Filosofia è improponibile, la filosofia è filosofare, è l'uomo.
L'essere vivente dotato di linguaggio deve ritrovare il suo linguaggio, il
linguaggio dell'Essere e questo può avvenire liberandosi dai
condizionamenti, lasciandosi trasportare dal nulla per trovare l'uscita
della Caverna (Platone) o il sentiero che porta alla Radura Luminosa (Heidegger),
in oriente dicono Vuoto, ma per la cultura occidentale è qualcosa che rimane
incomprensibile e inesprimibile come l'Essere Causa Sui.
La ricerca dell'Essere fa affiorare tutti i limiti del linguaggio, non si
può concettualizzare, non è un discorso d'erudizione, è la voce interiore
che dall'angoscia del Nulla grida. Esprimere l'inesprimibile è la sfida che
lancia la domanda chi sono?
Il linguaggio semplice del poeta calma gli animi e rischiara la visione con
immagini, colori e profumi destando il risveglio all'Essenza. Il poetare
diventa il cercare di condividere la propria essenza con gli altri nel
silenzio della propria solitudine, e come esseri umani tutti abbiamo un
qualcosa dentro che non sappiamo esternarlo, non servono grandi parole o
frasi, solo cogliere l'attimo irripetibile che sopraggiunge nell'intimo
dell'animo distaccato dal mondo, perso nel turbinio di sensazioni e
d'emozioni, nell'esperienza estatica dello spirito libero.
Il Leopardi con semplici parole ci prende per mano e ci conduce
nell'INFINITO:
Così tra questa immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Maurizio Battistoni
03/12/2007
A chi è interessato, m'inserisco solo per aggiungere
(condividendo quanto afferma Carmen Lama) che , inizialmente , a mio avviso,
si scrive per sè come pulsione, rito liberatorio per far emergere, far
uscire qualcosa rimasto impigliato dentro, confuso ma intenso .Credo anche
pero' che, nel secondo passaggio ,ossia quando e mentre si scrive, ci sia
insito , implicito un bisogno, un desiderio forse un po' celato del fuori
che accolga,incoraggi la tua istanza pressante. Nel terzo passaggio poi,
quando si decide di pubblicare il proprio lavoro, ci si rende veramente
conto di aver davanti un interlocutore a cui sono destinate le tue parole,
la tua musica, i tuoi quadri e così via. Nell'ultima fase,quella della
pubblicazione e del libro nelle tue mani,sopraggiunge la consapevolezza che
la tua "produzione" nata da te non è piu' tua , non t'appartiene e
percorrera' strade che tu non conoscerai ,sarà assorbita e vissuta da altri
in maniere differenti. Tutto questo viaggio mi pare veramente affascinante!
Un saluto.
Tinti
01/12/2007
Gentile Bruno, mentre la ringrazio per avermi
stimolato ad approfondire una poesia (Così il tuo corpo, di Elia Belculfinè)
che alla prima affrettata lettura mi aveva lasciata un po' perplessa, ma
anche pronta a rispondere a una sfida con me stessa, la vorrei rassicurare,
secondo il mio modesto punto di vista, sul fatto che una poesia che non
trovi una esauriente interpretazione non per questo debba lasciare
insoddisfatti.
La possibilità di interpretazioni diverse credo sia la ricchezza e la
profondità di una poesia.
Nel dibattito che tra i poeti di questo sito si svolge, andando indietro
trovo una frase riportata dalla signora Tinti (citazione proprio del poeta
Elia Belculfinè) secondo la quale, una volta che un poeta ha scritto una
poesia, questa "è del lettore". Vado a memoria, ma mi pare di ricordare che
il senso fosse questo.
Dunque, nonostante i punti interrogativi che permangono nella "mia"
interpretazione, anzi, forse grazie ad essi e a quelle che potrebbero essere
così "possibili ulteriori aperture" ad altre interpretazioni, ad altri
significati, la poesia di Elia va vista in tutta la sua ricchezza.
Ci vorrebbe certamente un'indicazione del poeta, per far capire da dove
nasce quel piccolo capolavoro composto da poche, ma così ricche,
espressioni. Ma servirebbe più a capire il poeta, che la poesia.
Se Elia ci leggesse e volesse "fare più luce" sarebbe sicuramente gradito il
suo intervento.
Per me resta comunque la soddisfazione di aver colto in questa sua poesia,
ancora una volta, una grande ricchezza e una grande sensibilità del suo
animo.
Per questa ragione, mi pare che Elia non scriva solo per se stesso, ma anche
per chi legge le sue poesie (che continuano ad affascinarmi, tanto più Elia
mi/ci "sfida"!). Grazie, Carmen.
Domanda critica
Premesso che sono affascinato, sempre, dai testi criptici, ermetici, che
M.Luzi, è il poeta moderno che più apprezzo, anche se nella maggior parte
delle cose che leggo in questo stile, non le capisco, che Elia Belculfinè mi
produce la stessa emozione e la stessa insoddisfazione per il mio limite,nel
capire : mi chiedevo e ritorno a chiedermelo, questi poeti scrivono per se
stessi ? Lo si dice, che i poeti vogliono, in primis, parlarsi, perchè se
anche la Sig.ra Carmen, ha dei dubbi sulla possibile interpretazione, io non
ho soperanza, e mi dovrò accontentare della musicalità, del mistero che
racchiude il testo, oppore è un fatto culturale, specifico?
Bruno Amore
27/11/2007
Nel mio immaginario l'unico uomo che ha
incarnato il messaggio di Gesù è Francesco d'Assisi e l'ha fatto nell'unico
modo possibile per essere realizzato, applicandolo.
Praticare l'altruismo, ecco come. Quello che ha fatto Tinti, qualcosa
anch'io in quel senso - pochissimo con grande dispiacere perchè spesso
l'indolenza ha il sopravvento sulle buone intenzioni e mi rifugio nell'aiuto
economico, che alleggerisce la coscienza e impegna pochissimo. Ma dissento
dalla preoccupazione secondo cui bisogna accertarsi del buon fine
dell'elemosina. Chi ruba le elemosine non è un ladro ma un medicante, quindi
destinatario della caritas. Io non credo a Dio Creatore, ma all'uomo
facitore, alla Francesco d'Assisi, appunto, quindi all'azione diretta.
Quest'anno, a Natale, porterò a casa un africano, dolcissimo, simpaticissimo
giovane "vu cumprà" perchè è cristiano e non tornerà a casa a causa del
prezzo alto del biglietto aereo. So che può sembrare buonismo, ma di più non
riesco a fare, per ora. Ho, comunque, sempre pensato che se ogni famiglia
italiana prendesse - una volta alla settimana, al mese - un estracomunitario
a pranzo la domenica, forse avremmo meno problemi a trattare con loro e loro
con noi. Idealismo, è possibile.
Ciao / BR1
26/11/2007
Caro Gianni,conoscendomi sai che proverò a rispondere
al tuo quesito:come si fa a sapere che la beneficenza andrà nelle
mani giuste e non a rimpinguare ventri già saturi? La mia risposta non sarà
certo esauriente perchè si riferisce esclusivamente a scelte mie basate su
mie esperienze. Nel corso degli anni sia personalmente che come gruppo
-docenti ho "adottato a distanza" e ancor oggi seguo e seguiamo ragazzi e
ragazze negli studi e tutto è proceduto in modo corretto ed efficace oltre
alla gratificazione ovvia che ne ricavi.Attraverso la mia attività di
insegnante e di volontariato sono venuta in contatto con membri di Amnesty
ed con i loro progetti gia' avviati in Burchina Fasu ,Burundi ecc...e vi ho
contribuito ricevendo puntualmente resoconti, dati, ricevute , fotografie e
cosi' per Medici senza frontiere.Mi è sembrato di aver dato ,seppur con una
goccia nel mare, un mio piccolo contributo ben utilizzato. Inoltre da piu'
di dieci anni sono in contatto con una Ong in Mali per un progetto che spero
di poter mettere in atto(purtroppo ora ci sono ,per me,troppi problemi..che
spero si risolvano in parte al piu' presto)di attività didattica in una
nuova scuola in loco.Oltre a cio,' che dire? Essere solidali significa ,per
me, essere consapevoli e , in qualche misura, responsabili, essendo la
nostra patria il mondo intero, della società in cui viviamo ed io ,oltre ad
aver cercato di fare al meglio il mio lavoro,sento questo tipo di dovere
verso l'altro che ha meno di me. Scusa la mia solita Gerusalemme liberata (
o Geremiade) ma ,non ho la dote della sintesi. .Spero di averti
dato,umilmente,qualche informazione in piu' e un caro saluto.
Tinti Baldini
25/11/2007
Vorrei proporre un dibattito sul’argomento proposto da
Armando Bettozzi nella sua poesia dialettale, non solo per sapere
cosa ne pensate voi, persone sensibili e poetanti del sito! Ma soprattutto
per stimolare la nostra e l’altrui solidarietà. Quello che a me dispiace è
che questi temi emergano quasi esclusivamente durante le festività natalizie
( anche se so che la solidarietà e attiva tutto l’anno) perché quei porelli
non mangiano solamente a Natale e poi ce ne dimentichiamo per il resto
dell’anno, e ciò che è ancora più brutto e che la solidarietà viene
rosicchiate prima che arrivi al destinatario finale, o addirittura usata dai
governi per l’acquisto di armi.
Mi ricordo che, addirittura ci si pagava anche l’iva sulla solidarietà,
quindi partiva già monca, ora pare sia cambiata la storia …… ma non ne sono
certo!?
Quindi , la domanda: è come essere sicuri e dove spedire denaro o qualsiasi
altro genere di solidarietà, senza saziare pance già piene?
“Si la gente
smettesse d'esse tant'assai pidocchia
er monno andrebbe mejo, quest'è certo".
"Sì, ciai raggione, Giù…ma sai che famo ?
appena che potemo ciarifamo…
È bello a sentì er còre un po' più aperto !".
Grazie ad Armando Bettozzi che ce tocca er còre,
Gianni A Pia
1-3/11/2007
Poesia introspettiva. Non so bene se voglia
dire qualcosa, intendo quella particolare esperienza prima psicologica e poi
letteraria che ti consente di dire quello che senti intimamente profondo,
bene o male che sia. Ieri sera, al cinema, ho visto : "Un'altra giovinezza"
di F.F.Coppola, storia tratta da un romanzo, non l'ho letto, ma a sfondo
filopsicologico sulle nozioni junghiane e froidiane, circa la doppia
personalità o "l'ombra" di noi. Perchè ve ne parlo ? E' stato per me di
grande gratificazione vedere la scena fondamentale del film "il protagonista
rompe lo specchio da dove il suo duale lo incalza perchè - razionalmente -
adotti certi comportamenti, per lui ormai impossibili a causa dell'amore",
dopo aver scritto più di due anni fa:
Io e me.
Mi vedo oltre me nello specchio
guardo muto interrogativo schivo.
Cerco ignorarlo negarlo scacciarlo
continua a domandare irriverente.
Sopprimerei il mio speculare
col taglio del vetro che ci riflette
per essere alfine
solo
O privare lui di me
lasciarlo a cercarmi
per sempre.
.............eeeeehhhhhh!!! oppure mi sto solo "bullando".
Il film, interessante anche pesante, vale la pena - spunti a migliaia.
Ciao, BR1 (bruno amore)
30/10/2007
Con-sorte Tinti, non volevo stigmatizzare il
tuo voler riproporre un tema, volevo fare sponda al tuo dire, che, come poi
tu dici, molti e io e te, per fortuna non soli, volano altissimi su sui temi
che ci preoccupano, forse perchè la vita va, comunque avanti,anche così e
"domani verrà lo stesso". Ciao,
Bruno Amore
Caro Bruno di un Br1,non volevo di nuovo quasi
costringerti a rispondere al quesito ,questa volta..
Per il modo in cui tu intendi le parole dell'analista sottocitato,è
certamente vero che ,nel pregresso ,già se ne è parlato a iosa. Io invece
volevo ,in qualche modo,seppur strampalato,coinvolgere tutti poeti e non in
una sinergia cosi' forte e trascinante verso un obiettivo comune ..fare
qualcosa,seppur minimo ogni giorno,poetando o cantando o lavorando o
giocando..per rendere un po' meno orrendo cio' che ci sta scorrendo
accanto.....forse perchè mi pare che alcuni intorno a me ,nella vita reale,
si siano un po' arresi e seduti, magari me compresa.
In effetti questo discorso non è poi cosi' legato al poetare ,è un bisogno,
un disagio mio che cercavo di esprimere ....Ciao a tutti
Tinti
29/10/2007
Nel pregresso di questa pagina - Tinti - ne
abbiamo inseriti di commenti su questa questione. Questo filosofo americano
parrebbe voler affidare all'artista una specie di posizione super partes nei
comportamenti umani. Io credo siano uomini, con tutti i limiti, e molte
invece peculiarità particolari ruguardanti la sensibilità interiore. Ma
quanti artisti, poeti in particolare, hanno cantato la bellezza della
guerra, l'eroismo stoico dei combattenti, il dolore catartico che ne
proviene. Sono più incline ad accettare il peniero di un'altro americano,
filosofo anche lui, secondo il quale la guerra / la pace, sono facce della
stessa medaglia, ineludibili dalla natura umana, che vicendevolomente opta
per la guerra dopo lunghi periodi di pace e torna alla pace dopo periodi di
guerra.Iinconsciamente crea i presupposti perchè si realizzino le condizioni
per l'una o l'altra avventura.
Bruno Amore
28/10/2007
Mi sono trovata a leggere un articolo di un
analista Junghiano degli Usa che sostiene ,tra le altre cose interessanti
seppur complesse per me,che "l'intensità estetica può allontanare
l'attrazione per la guerra" ed aggiunge ,in sintesi mia piuttosto
approssimativa, che ,invece di lamentarsi troppo,bisogna lottare e dedicarsi
totalmente con tutto il proprio essere, uniti nelle emozioni comuni per
produrre un cambiamento.(proprio cio' che chiede Anfra nelle sue poesie a
cui ho risposto che guardo impotente.). Aggiuge poi che ,dato che siamo
malati e non ce ne accorgiamo,sarà proprio l'artista ,che sa ascoltare le
emozioni e riconoscerle, che dovrà "curare il malessere del mondo".
V'interessa?
Modestamente
Tinti
25/10/2007
Silvano,quell'attimo tra "stupore e
trascendenza,tra la geometria e l'urlo,"è già poesia .Grazie
Tinti
Silvano, sei fantastico! Hai espresso davvero
tutto quello che rimaneva chiuso fra quattro parole mie, in questa tua
descrizione precisa, circostanziata, approfondita, e chi più ne ha più ne
metta...
Concordo in pieno con Wilma, e se avessi bisogno di un' analisi lucida e
appropriata, non avrei dubbi, mi affiderei a te.
Cristina Bove
24/10/2007
La poesia si nutre di particolari. In essa
spesso il tempo perde cognizione, scade, così il contesto; non hanno più
importanza, sfumano; o, viceversa, ne assumono i contorni di consapevoli
cornici. Al centro permane, forte, la sensazione vissuta qualche attimo
prima o che avverrà fra poco, o mai… Che appartenga al passato o al
presente, è solo un dettaglio che illumini l'insondabile. Ogni verso
descrive l'indescrivibile: il baratro l'assenza il palpito, il brivido il
sussurro il capogiro… Sovente l'attimo s'arresta, dilata il tempo
dell'immagine, si imprigiona nella poesia, ma può anche fuggire, rapido, in
frenetici crescendi bruciati su un istante. L'esatto punto di contatto, tra
stupore e trascendenza, tra la geometria e l'urlo, genera la parola,
assetata di nuove percorrenze semantiche (sentieri) prossime alla
rilevazione ed alla rivelazione dell'abbaglio, dell'intuizione, attraverso
l'avvolgenza del gesto: che sia sogno, sbadiglio, sofferenza, o pane
quotidiano. I versi, nubi o macigni, vivono sempre di vita propria, colta,
assoluta, sovente nuda, talvolta volutamente vestita di orpelli inutili e
ridondanze che la degradano. Che c'è di più misterioso e al tempo stesso di
più concreto della poesia? Di più denso e di più etereo, di più immediato e
di più distante ? Poesia è ciò che traspare dal filtro dell'anima, è ciò che
non si dice. Chi la vive l'attraversa, chi la scrive ferma su carta
l'incontenibile. Tutte le parole non bastano a completarla fino in fondo, ma
ognuna, serena o sofferente, gaia o tenebrosa, cerca il contatto oltre
l'assenza: una parola di più, la cancella. Importa poco il muro ( il
frastuono) dei rumori quotidiani ( ricordo desiderio incanto? ) quando si
lascia attraversare dall'ascolto; nulla ha più significato di ciò che scorre
sulle sue solitudini sulle proprie gioie, sulle proprie paure, e solo
allora, per lunghi tratti almeno, o per sempre, non lo sono più o vi
rimangono pregne.Ciò che scorre, se si ascolta attenti, è l'insondabile, è
poesia senza aggettivi con esistenza pathos dolore gioia … ed altri
eccetera.
Silvano Conti
23/10/2007
Parini dice la sua, Montale altro e altrettanto.
Personalmente non amo nè l' uno nè l' altro. Sono opinioni le loro, e come
tali possono essere condivise o no.
Posso urlare , per una volta, che Poesia è solo quella che ti fa fremere l'
anima?
Che venga espressa con paroline o paroloni, se non ti risuona dentro è solo
accozzaglia di parole.
Se poi questo risuonare è anche supportato da ineccepibile tecnica, ancora
meglio.
Ma deve, deve, cantarti dentro.
Cristina
Modestamente (alla Bruno, mi piace) mi
inserisco un poco nel dibattito sulla poesia ed un poco nella tenzone.
Sempre per tornare a Montale (forse non mi piace?) egli scrive sic"Nessuno
scriverebbe versi se il problema della poesia fosse quelo di farsi capire,il
problema è di far capire quel quid al quale le parole sole non arrivano" e
qui ti voglio (almeno per me ).
Inoltre vi passo le prime due strofe ( non completa la seconda) di " Limoni"
che mi paiono emblematiche :
"Ascoltami,i poeti laureati
si muovono soltanto fra le piante
dai nomi poco usati:bossi ligustri o acanti.
Io,per me,amo le strade che riescono agli erbosi
fossi dove in pozzanghere
mezzo seccate agguantano i ragazzi
qualche sparuta anguilla;
le viuzze che seguono i ciglioni,
discendendo tra i ciuffi delle canne
e mettono negli orti ,tra gli alberi dei limoni.
Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall'azzurro
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
........................................................................
Con simpatia
Tinti (Baldini)
22/10/2007
Un altro contributo al dibattito sulla poesia e
i "veri" poeti da leggere su questo sito:
http://bepi1949.altervista.org/parini/poesia.htm
A me è sembrato interessante e ancora attuale, che ne dite?
Wilma M. Certhan
19/10/2007
Se l'affermazione di Montale non è sarcasmo, o
satira, o scherzo, dice esattamente quanto sia vero che nella maggioranza
dei casi, specialmente nei poeti affermati, tra i loro scritti e i loro
sentimenti c'è dicotomia e se alcuni sostengono - Tinti - che dobbiamo
guardare all'opera non alla personalità dell'autore. Ma come parlare
d'amore, se l'amore non l'hai provato ? In genere parla di quello degli
angeli o giù di lì, che di quello profano non possono.
BR1
17/10/2007
E' vero che si potrebbero scrivere pagine su pagine
......ma credo che il modo migliore per capirsi sia quello di non dare mai
nulla per scontato e di spiegare cio' che s'intende dire .. mantenendo ben
saldo il principio che nessuno ha la verità in tasca..Quando parlo di
categorie faccio riferimento a classificazioni mentali"di comodo" ( come le
ore oppure il calendario oppure..) che nascono con noi:al bambino si spiega
che ,per entrare nel mondo delle parole e delle idee, occorre distinguere
tra oggetti ed esseri animati,cosi' noi,per semplificare i nostri percorsi
mentali ,facciamo un distinguo tra musica folk,jazz,da camera....e su questo
c'è poco di soggettivo .Per quanto concerne i livelli all'interno di tali
categorie, il discorso si fa piu' complesso..chi li stabilisce ? chi
giudica? Penso che come in una classe l'insegnante sia giudicata"brava"
oppure no dai suoi alunni ,cosi' il poeta verrà giudicato dai suoi
lettori......naturalmente con un percorso lento e non sempre scorrevole e
netto perchè si tratta di esprimersi sull'arte che è qualcosa di enorme.
Molti grandi sono stati universalmente riconosciuti tali nel tempo e
continuano ad essere letti ed amati ad ogni età ed in ogni epoca ,altri
invece si sono persi..nel vento.Il dubbio rimane rispetto a quegli autori
amati da pochi : solo perchè la maggioranza e la critica non li ha "eletti"
non valgono e non producono arte? Ai posteri l'ardua sentenza..........
Tinti
Vorrei aggiungere a quanto già detto nei
commenti e ripreso da Wilma ,una chicca che ,a mio parere ,rintuzza ancora
il dibattito....Ad una intervistatrice che interrogava Montale sul tema
dell'amore,egli con il suo feroce candore ,rispose" Che vuole che
sappia,signorina, di questi argomenti?" lui che ha scritto , tra le
altre,"Dora Markus,memorabile poesia sull'amore.Fa pensare.....
Tinti
E' un argomento sul quale, credo, riempiremo
pagine e pagine e pagine, perchè i distinguo sono infiniti. I vari livelli,
ai quali si riferisce Wilma, da tenere distinti, chi li stabilisce. Lo
sapevate che Fabrizio De Andrè ha scritto canzoni - poesie notevoli di fatto
- in endecasillibi ? E' il critico d'arte che li stila, o il destinatario in
generale. Il periodo criptico di Mario Luzi, non è mai arrivato oltre i
cultori e sostenitori dello stile, i critici non l'hanno mai apprezzato, per
questo non è grande ? o invece è grande proprio perchè esclusivo e
"sublimato" nella sua arte ? Non vorrei banalizzare che l'arte non ha
graduatorie, ma queste andranno fatte, semmai, sulla difficoltà che una
espressione pone nell'essere realizzata.
Ciao / BR1
Continuando il dibattito, a Bruno, i cui
interventi apprezzo sempre e comunque, voglio dire che "nel mondo c'è posto
per tutti"! Ma se costruiscono palazzi ingegneri che tali non sono poi i
palazzi crollano. A ciascuno il suo, è una formula più sicura! Che poi si
possano apprezzare forme d'arte diverse, senza pretese di sublimità, è un
altro discorso e si può esser d’accordo; ma c’è arte e arte! A questo
proposito concordo con l'ultimo intervento di Tinti: «Credo che l'arte abbia
braccia ben ampie e sia "comprensiva"» ecc… Ovviamente sono opinioni sempre
molto personali. Ma è utile tenere distinti i diversi livelli di
espressione, in ogni campo artistico.
Wilma
16/10/2007
Caro Bruno, sono il Vesuvio, 'uagliona d'oro,
non so perchè ma mi piace questa definizione di me. Nel frattempo ho
acchiappato al volo anche il bacio! Il mio intento era però di intervenire
in questa conversazione, mettendo un po' in crisi (e non sai quanto mi duole
doverlo fare a te, ma la verità, se è verità, chiede giustizia) ciò che hai
detto a proposito dell'arredamento in "arte povera". Per tutti gli
arredamenti, nessuno escluso, ai giorni nostri si trovano in commercio
prodotti realizzati con materiali scadenti, non solo per l'arte povera. Il
nome di questo stile ha delle origine molto lontane nel tempo, quando l'uomo
povero, soprattutto quello rurale ma non solo, senza sapere l'importanza che
avrebbe avuto molti anni più tardi il suo "arrangiarsi" creava i propri
mobili di casa utilizzando, sì, materiali di fortuna, ma all'epoca non
esistevano tante sofisticazioni della materia e quella più usata era sempre
il legno che può avere differenze di pregio ma sempre legno è, quindi mai
scadente. La "povertà" vera e propria che si attribuisce a questo stile sta
nella sobrietà delle forme, nella linearità, nella semplicità, tipica allora
di chi non si poteva permettere lussi, contrapposte quindi allo sfarzo
tipico della mobilia di ceti sociali abbienti ricca sicuramente di
particolari, di fregi, di torniture, di intagli e via discorrendo. Dico
tutto questo perchè ho letto credo più di due volte un'enciclopedia di ben 5
volumi sull'arredamento in stile country e affini e me ne sono fatta una
infarinatura, può darsi anche che le mie reminiscenze siano errate, ma
questo è risalito a galla al momento. Sostanzialmente io sono con te ed
intendo esprimere il mio parere. Per me tutti i modi di fare arte sono buona
arte, ma per ognuno, come per i mobili, esiste il prodotto "scadente".
Quello che fa pregiata, dichiamo così, un'arte rispetto all'altra, sta
secondo me anche nella sua diffusione. Per esempio, se si potesse sentire
musica sinfonica per radio nella quantità in cui può ascoltarsi quella
leggera e viceversa, essa perderebbe di sicuro il suo fascino e forse anche
un po' della sua unicità, e l'altra ne acquisterebbe altrettanta, non
trovate che sia in parte così? Poi si nominano sempre Bach, Schopin e altri
grandi, ma quanti musicisti di questo genere non saranno passati alla storia
per essere "scadenti", non voglio credere che in questa disciplina siano
tutti mostri di bravura! Ogni arte genera delfini azzurri, come dici tu, ma
anche delfini candeggiati, come dico io! Che ne pensi o pensate? molto
maccheronica la mia teoria, ma è mia. Ciao Adrenalina!
Daniela P.
Sono d'accordo con Wilma e Tinti, ed oltre a
quello che loro hanno espresso, aggiungo che un poeta è chi, attraverso le
parole, riesce ad emozionarti nel profondo, magari a farti venire i brividi,
senza che tu sappia nemmeno come questo accada. Ma in realtà sono ben pochi
quelli che ci riescono. In molti ci si prova, con risultati anche piuttosto
gradevoli, ma spesso anche banali e riipetitivi. Penso che per ritenersi
poeti occorra proprio possedere quella qualità di "irruzione" nell'
immaginario di chi legge.
Per me è sempre valido il paragone fra canzonette e musica classica:
piacevolissime le prime, non c' è che dire, ma a chi verrebbe in mente di
paragonarne la scarna struttura con la meravigliosa complessità di un' opera
sinfonica? Mi si dica pure che è questione di gusti, concordo, ma io sento a
intuito che la perfezione raggiunta da Bach, Haendel, Mozart, e chi più ne
ha più ne metta, oltre che frutto del genio è frutto di straordinario
impegno e studio protratto.
Con questo non intendo negare l' appartenenza al mondo poetico di tutti
coloro che si cimentano, nè negare le indubbie capacità di molti, ma,
andiamoci cauti, nel definirci "poeti".
Tornando ad Elia, per me è sicuramente fra quelli che mi hanno fatto
risuonare dentro emozioni, lo prediligo, con tanti altri poeti del sito che
ammiro e che leggo sempre con grande piacere.
Parere personale, ovviamente.
Cristina Bove
15/10/2007
Wilma e chi altri legga,mi soffermo su alcuni
versi di Elia ,a mio modesto avviso,emblematici rispetto alla funzione del
poeta come tramite dell'universale e della poesia che non sceglie ma
..democraticamente viene scelta.."...tu poeta angelo senza sguardo scagliala
lontano..." Così
mi sento di interpretare il pensiero:il poeta non sa dove e come arriveranno
i suoi canti...è senza sguardo..ma la poesia autentica volerà lontano e
raggiungerà tutti quelli che ne sentiranno la potenza interiore....dal
piccolo della scuola di Barbiana che leggeva Petrarca alla giovane
studentessa che ,nel suk di Ankara,legge oggi ,ai suoi compagni,
Dante.......senza pregiudizi di sorta.
Grazie per l'attenzione.
Tinti
Grande servizio ci hai reso Wilma, che il
Belculfinè è un maestro nel sito. Opino la provocazione da te lanciata con
l'invito a soffermarsi sui versi a chiusura del pezzo "fenomeni da
baraccone" già forte come solo titolo e trovo eccessivi i due versi, proprio
perchè - a mio modo di vedere - non si può pensare che uno scriva "versi
mendaci e in dissesto" volutamente, che so per fare colpo, forse, ma di
facile denuncia e se non è consapevole, perchè "infame giocoliere" ... "il
più illustre dei buffoni" ? Ricordano quel verso "i manzoniani che tiran..."
scritto da un poeta affermato, ma era una diatriba tra addetti ai lavori,
che "vivevano" del prodotto dell'ingegno venduto agli editori. Qui c'è
dell'acrimonia gratuita, più che satira. Col dovuto rispetto,
BR1
Senza andare troppo lontano, ho scoperto un
"nostro" poeta del quale avrei voluto sentire la voce qui in questa pagina
del dibattito sulla poesia, Elia Belculfinè; ma egli ha parlato con le sue
poesie che mi sembrano dicano molto sull'argomento in questione (Cos'è la
poesia, chi è un vero poeta...). E mi permetto di citarlo io perché le sue
riflessioni poetiche mi sembrano troppo belle e importanti. Si tratta di:
- aforisma n°71 - Il poeta non ha casa, / non altra bandiera / che il
canto
- e tu, poeta -
Torni l'agile cantare. Torni il segreto che
famelici ci tenne in seno a giorni di innumerevole prodigio.
Salga in misure d'orzo la canzone del cuore nero!
Salga in misura di chitarra la canzone imminente!
E tu, poeta, angelo senza sguardo, scagliala lontano!
La parola è dentro il tuo fiero moschetto.
Tu, brigante di fuggevole disarmonia, dalle per cuore
un tamburo, dalle per cuore una campana!
- aforisma n°77 - Le poesie sono le stigmate del poeta.
- fenomeni da baraccone -
E' sufficiente una vecchia sedia a fare un poeta,
un piccolo uccello intento ai cardi misurati è quanto basta
a fare del poeta agile funambolo.
Ma il verso mendace, il dissesto che lo fa tentennare,
rivela l'infame giocoliere essere il più illustre dei buffoni.
- il canto dei giorni -
Chiudi il libro, disse al ragazzo, la poesia
è questo giorno di sole. Domanda forse parole il
castagno che tende rami al meriggio?
- le grida dei fanciulli si fanno
già canto, li aduna una voce, li affretta a partire
a mezzo il girotondo - Guarda, i limoni
son piccole lune mature! Non vedi? Chiede forse
misura il castagno?
Vorrei far notare in particolare gli ultimi due versi della poesia "-
fenomeni da baraccone -"
Grazie Elia, vero e grande poeta! Se potessi essere all'altezza tua sarei
felice...
Wilma M. Certhan
12/10/2007
Dibattito sulla Poesia
Ho notato con piacere l' interesse in questo dibattito, permettetemi di
entrare con una definizione tratta da una intervita a Franco Fortini.
“La poesia parla di qualcosa e nello stesso tempo parla di se stessa. La
voce della poesia dice questo o quello, ma lo dice in modo che un effetto
d’eco ci ricorda sempre che non la si può prendere in parola. Naturalmente
questo irrita coloro che vogliono opinioni, vogliono scelte, sentimenti
immediati. Ebbene questa sua ambiguità fondamentale è la sua lezione, una
lezione insostituibile. Insomma, nella poesia ci si trova di tutto ma lo si
trova ad una distanza tale che ricorda continuamente la necessità di
prendere le distanze. Qualcuno alla fine del Settecento, scrisse che la
poesia era un sogno fatto in presenza della ragione; forse sarebbe più
esatto dire invece che la poesia è un ragionamento fatto in presenza di un
sogno, cioè un discorso che in apparenza è un discorso come un altro cioè un
discorso di amore, di dolore, di descrizione, di esortazione, di sapere, di
sapienza che è fatto sotto lo sguardo di un fantasma sotto uno sguardo che
tutto tramuta, tutto apparentemente lasciando intatto come accade appunto
nei sogni.”
Cristina
09/10/2007
Mi pare che Marina Cvetana,attraverso la nostra
Wilma, risponda a molte delle nostre domande .... con l'immagine unica
,irripetibile del poeta che ,finchè non scrive non sa esattamente cio' che
esce da lui e poi,detto,dimentica ...in un cammino di luce della coscienza
eterno e ,a volte,per noi,incomprensibile.Grazie
Tinti
Proseguo il dialogo portando a mia volta alla vostra
attenzione l'opinione di Marina Cvetaeva su "La verità dei poeti"
"La verità dei poeti è la più invincibile, la più inafferrabile, la più
indimostrabile e insieme convincente, una verità che vive in noi solo
nell’istantaneo - e pesto - buio della percezione (che cosa è stato?) e che
resta in noi come traccia di una luce o di una perdita (ma è veramente
stato?).
Una verità irresponsabile e priva di conseguenze, una verità che - Dio ce ne
scampi ! - non bisogna neanche cercare di inseguire, giacché anche per i
poeti essa è senza ritorno.
La verità del poeta è un sentiero su cui le tracce vengono subito nascoste
dall’erba, non lascerebbe tracce e conseguenze neanche per lui, se potesse
camminare dietro a se stesso.
Egli non sa che cosa dirà e spesso non sa neanche che cosa dice. Non sa
finché non lo dice, e subito dopo averlo detto l’ha già dimenticato. Non è
una tra le innumerevoli verità, ma uno degli innumerevoli aspetti della
verità, che si annullano a vicenda appena vengono confrontati. Gli aspetti
ogni volta diversi e irripetibili della verità. Semplicemente - una puntura
al cuore. Trafittura dell’eterno.”
(Marina Cvetaeva - L’arte alla luce della coscienza 1932 )
Wilma M. Certhan
08/10/2007
Credo che andrà a finire che parlero' a me
stessa in un monologo interiore sempre piu' complesso e contorto.....ma
persevero indefessa
perchè oggi,a lezione ,mi sono trovata davanti ad una definizione di poesia
(in riferimento a Leopardi nello specifico) che mi ha assorbita ed incantata
e ve la passo sic"poesia per Leopardi è imitare la natura ed ,imitandola,
essa si comporta come la natura,simula ,finge e cosi' facendo porta a
consapevolezza la mistificazione universale,esibisce gli inganni cui
sottostà tutto il vivente,dice la verità dell'apparenza e,con suprema
ironia,illudendo e mentendo, raggiunge la verità al di là della verità
stessa,dove la verità è sempre altra da se',figlia del divenire...perchè
l'arte e' metamorfosi"Grazie a chi vuol leggere
Tinti
07/10/2007
E' difficilissimo farsi intendere e occhieggia
già un'altro - per me - equivoco. Nell'accezione comune "IL POETA" è quello
che canta buoni sentimenti, angeliche aspirazioni, ecc. ecc. Io credo che
sia poeta quello che scrive di sentimenti (da sentire) buoni e cattivi e
tornando al tema, onestamente intellettualmente li comunica. Chi scrive
nella linea "del bene" ha sensibilità umanamente condivisibili unanimamente
(?), l'altro avrà cultori speciali: del bello della guerra, del sadismo, del
masochismo, perfino dell'orripilante; la realizzazione degli elaborati
devono rispondere alle "regole" che sovraintendono alla realizzazione di
"una poesia". O no ?
BR1
Anch' io, Bruno, condivido me stessa, perchè
,anche se forse non si è compreso , anch'io ,in linea di massima ,la penso
come molti di voi ma...leggendo ,pensando....mi sono chiesta se
doverosamente si deve esser buoni,solidali,con un forte senso
civico,pacifisti,antirazzisti.......per esser poeti o forse esiste (in un
pensiero astratto ) una poetica "socialmente impegnata" che richiede, per
forza,coerenza di vita e la poesia pura
che puo' tranquillamente "produrre"un pluriomicida in prigione in
quell'attimo in cui si stacca dal corpo e diventa essenza ( come è accaduto
relmente)?Boh....forse è una mia " masturbazione intellettuale " ed allora
non datemi piu' retta.
Ciao
Tinti
06/10/2007
Condivido in toto, specie nel finale. Ma questo
cozza con quello che alcuni dicono, di separare la vita, il privato
dell'artista, con quello che "dice" nella sua arte. Mi ripeto : non può
esserci messaggio eticamente, moralmente, filosoficamente accettabile, se
non condiviso nell'animo e di conseguenza nella pratica, di chi lo enuncia.
BR1
Vorrei aggiungere un elemento in piu' al
dibattito sempre piu' sfaccettato ed interessante:ho letto di recente che"
se io ritengo come uomo di amare i miei fratelli ,lo devo fare non solo con
canti e preghiere ma tutta la mia struttura deve vivere in tal progetto " ne
va quindi che chi, uomo ed artista,sente veramente "il bene collettivo " ed
ha senso sociale dovrebbe riuscire ,ovviamente se ha tali presupposti,a
comunicare al mondo messaggi che lo migliorino....che aprano le menti..che
allontanino i pregiudizi e la rigidità ,partendo dalla sua esperienza di
vita per renderla ...immortale ! che ne pensate?
Saluti a Lorenzo
Tinti
05/10/2007
Secondo me!- come ho già avuto modo di dire-Scrivere
vuol dire … mostrare l’anima e l’anima a molteplici sfaccettature,
non si può costringere l’anima ad ignorare una o più delle sue facce. E
penso che l’anima si costruisca attraverso le esperienze - e di esperienze
positive , in questo mondo,ve ne siano sempre meno e che vengano coperte da
le infinite negative- e che a volte si fondono a volte no! Certo noi tutti,
ci auspichiamo sia rivolte verso il bene il buono , ma la realtà ci pone
d’innanzi sempre più il lato oscuro del genere umano.
Io per primo, nei miei componimenti soffro e non riesco a farmene una
ragione del il fatto che il genere umano, dopo secoli di civiltà non sia
ancora riuscito a comprendere e ad accogliere dentro se l’amore e solo
l’amore. E come mi ha consigliato Wilma occorre scrivere sempre più il
positivo della vita così da diffondere gioia attraverso I componimenti,anche
se pessimistici nei miei, dentro/in fondo al mio cuore c’è sempre – anche se
ormai flebile- una speranza.
Inoltre penso che si scrivano le cose negative della vita, non per
esaltarle, ma per far riflettere e forse per cambiare registro, anche se si
corre il rischio di addentrarsi in un vortice pessimistico e negativo.
Vi ringrazio tutti per I vostri interventi e per tenere acceso il dibattito
così alto e civile.
Gianni A. Pia
da un poeta io mi aspetto che faccia della sua
arte una forma di fede,nel senso che nella vita pratichi i buoni sentimenti
che esprime nei suoi versi,perchè il poeta non può essere un cialtrone nella
vita quotidiana ed un essere sublime quando scrive e si inebria della sua
stessa scrittura.Certo ci sono anche poeti che ineggiano alla
guerra,esaltano le gesta di eroi che sono grandi in base al numero dei morti
che lasciano sul campo di battaglia,il vero problema è che l'umanità è
varia,allora rientra nella normalità anche il fatto che De Amicis,fosse
terribile in casa sua e subilime in quello che è stato il suo capolavoro
cioè Cuore.Bisogna avere facoltà di discernimento,conoscere il bene ed il
male e saper scegliere.io tento sempre di vivere secondo conoscenza e
coscienza,non so se ci riesco sempre,comunque frequentare queste pagine
aiuta,molto.
M. Attanasio
04/10/2007
A chi ha voglia di leggere ...e rispondere:
sulla scia degli interventi di Bruno e Gianni,da cui emerge l'uomo e il suo
eterno dualismo tra bene e male,tra il bisogno di pace e quello di guerra
.......vorrei sottoporvi un stralcio di "Se questo è un uomo"in cui
Levi,riferendosi a Lorenzo(non il nostro ma con caratteristiche
simili)scrive"egli ,con il suo modo cosi' facile e piano di esser buono..mi
ha costantemente rammentato che ancora esiste un mondo giusto al di fuori
del nostro,qualcosa o qualcuno di ancora puro ,intero,non corrotto..estraneo
all'odio ed alla paura..una remota possibilità di bene per cui uno mette
conto di conservarsi....grazie a Lorenzo mi è accaduto di non dimenticare di
essere io stesso un uomo." e poi "noi crediamo che,di fronte al bisogno,al
disagio fisico e psicologico...l'animale- uomo riduca al silenzio
consuetudini ed istinti sociali..in quanto disperatamente e ferocemente
solo." : é chiaro che il tutto va ricondotto al lager ma,come molti hanno
sottolineato,è comunque e sempre riferito all'uomo ieri ed oggi..
Ciao
Tinti
A Gianni e a quelli che mi hanno commentato,
intanto mi scuso per il notevole ritardo.
Vorrei dire che mi sento spesso consapevole e forse un pò complice di quanto
scrive il Pirandello in uno, nessuno, centomila, per chi non ne conosce la
trama l'autore dice che pensava di essere uno solo, ma ad un certo punto si
è accorto di non essere uno, ma che ogniuno delle persone che lo conoscevano
conoscevano una parte diversa di lui e quindi diventava centomila
personalità diverse, quindi aveva scelto di non essere nessuno, ma anche qui
si accorge che non può farlo ma che deve assumere per forza una personalità.
Allora quale parte di noi scrive poesie? Io penso che tutto il nostro
essere, le circostanze, la voglia di distinguerci, la voglia di gridare al
mondo ciò che voglio, cosa sono e chi voglio essere, questo grido che voglio
innalzare al cielo sotto la dolce melodia della poesia, fa si che ogni parte
di noi contribuisce a scrivere. Non c'è solo la buona e la cattiva parte, ma
c'è per esempio anche la debole e la forte, la sensibile e quella
insensibile, la menefreghista e l'altruista e potrei continuare
all'infinito, forse sono sottogruppi delle due parti precedenti, ma ciò ci
fa capire di quanto noi stessi non ci conosciamo.
Il mio scrivere poesia si tramuta spesso in un viaggio dentro me, alla
ricerca di un carattere nuovo che avevo ma che non sapevo di possedere.
Un caro saluto. A presto.
Anfra
A Tinti e quanti altri vogliono dire la propria
su quest'ultimo argomento - che mai sarà esaurito. Si dice che il Gen.USA
Patton (II guerra mondiale) - uomo probo, patriota indefettibile -
moralmente ineccepibile e cristiano di setta anglosassone, pare abbia detto,
passeggiando per il campo di battaglia, in Europa, a combattimento finito
con
ler distruzioni e le morti ancora calde, sul terreno : "Come amo tutto
questo. Che dio mi aiuti, lo amo più della mia vita". Questo episodio,
sicuramente vero, conoscendo a posteriori il personaggio Patton, è riferito
nel libro "Un terribile amore per la guerra" del filosofo USA James Hilman.
Lo cita nella disamina della sua tesi secondo la quale nell'umanità alberga,
con pari valore, la bramosia di guerra e di pace, alternativamente nei
ricorsi storici : io dico brutalmente - una sorta di chiodo scaccia chiodo.
Sembra pazzesco, ma sono 4000 anni che va avanti così, consapevolmente o no.
Ciao splendida.
BR1
Secondo Me! Sono due facce della stessa medaglia!
È un equilibrio molto labile, e facciamo molta fatica a tenere a freno I
nostri istinti animali, è il buon senso, l’istruzione e la civiltà a porci
dei limiti, ed a elevare il genere umano.
Sono convinto che se ci mettessero nella foresta, senza cibo ne attrezzi per
procurarcelo, diverremo peggio degli animali stessi, - e in alcune occasioni
lo dimostriamo ampiamente - e poi ci domanderemo dove sono I buoni propositi
verso il prossimo? Dove sono le dolci poesie?
E comunque mi domando?! È la parte buona che ci spinge a scrivere poesie? O
è la parte cattiva che cerca un’incontro con la parte buona? O ancora, siamo
l’un l’altro e le due parti si avvicendano con un meccanismo a noi
sconosciuto. O siamo bugiardi con noi stessi e ci mostriamo al mondo con la
maschera del bene, del bello, per essere accettati? ......essere... o
non......essere!?!?! Dubbi!!! perplessità?!?!
Ciao Tinti, BR1. Ciao Sestante Grazie. A Silvia Pia, dove sei finita?!
Gianni
03/10/2007
Prima di gettare la spada..... o la spugna ..
mi domando:se è vero ( da Platone .....a Freude e poi...) che in ognuno di
noi convivono tante anime con differenti pulsioni anche aggressive e malvage...perchè
non si puo' ,in alcuni attimi ,esser grande artista universale e poi uomo
perso e crudele?
Molto di noi sfugge al nostro controllo ........Chiedo a voi messeri...
Tinti
02/10/2007
Riprendo, finchè non cadrà la spada. Torna ora
a proposito la citazione sulla sernsibilità leggerezza psicologica da
rasentare e attraversare i disturbi mentali, esistenziali, di molti artisti
- specialmente poeti. E la loro arte, a parer mio, sarebbe difficilmente
comprensibile, senza che se ne conoscesse la voragine dalla quale erutta,
pochi nomi: Pasolini, Saba, Montale a me più vicini come pensiero, ma tanti
altri e in altre arti. Spesso spacciata per genialità irruenta e
incontrollata: Michelamgelo o Da Vinci, e ancora Cellini. Il mio pensiero è
che se l'anima dell'artista non è quella che traspare dalla sua opera, è un
falso, nel senso che potrà essere manierismo, null'altro. I "vate" che
componevano liriche e musiche a comando, hanno fatto cose egrege perchè i
posteri le anno rivestite d'un sentire che uno prezzolato per compiacere il
committente, non poteva avere. Oggi sono cosa diversa da quando nacquero.
(poi vicino a noi una citazione delle citazioni: "...come quei manzoniani
che tiran quattro palle per un lesso..." , più o meno - a memoria).
Ciao
BR1
Due parole ancora....Rilke scrive"La poesia è
una necessità spirituale, un rigore interiore quasi asscetico".
L'immagine evocata mi pare molto pertinente al tema del dibattito.
Ciao amici.
Tinti
01/10/2007
Per gli amici di poetare, un
piccolo contributo, tratto da internet:
http://it.wikipedia.org/wiki/Poesia (A
tutti voi un caro saluto, Wilma)
« Solo la poesia ispira poesia »
(Ralph
Waldo Emerson)
La poesia è l'arte
di usare, per trasmettere il proprio messaggio, tanto il significato
semantico delle parole quanto il suono
ed il ritmo che queste imprimono alle frasi; la poesia ha quindi in sé
alcune qualità della
musica e riesce a trasmettere emozioni e
stati d'animo in maniera più evocativa e potente di quanto faccia la
prosa.
Una poesia non ha un significato necessariamente e realmente compiuto
come un brano di prosa, o, meglio, il significato è solo una parte della
comunicazione che avviene quando si legge o si ascolta una poesia; l'altra
parte non è verbale, ma emotiva. Poiché la lingua nella poesia ha questa
doppia funzione di vettore sia di significato che di suono, di contenuto sia
informativo che emotivo, la sintassi e l'ortografia possono subire
variazioni (le cosiddette licenze poetiche) se questo è utile ai fini
della comunicazione complessiva.
A questi due aspetti della poesia se ne aggiunge un terzo quando una poesia,
invece che letta direttamente, viene ascoltata: con il suo
linguaggio del corpo ed il modo di
leggere, il lettore interpreta il testo, dandogli (inevitabilmente) una
nuova dimensione, teatrale. Questo fenomeno, insieme alla parentela con la
musica, viene sfruttato nei
Lieder tedeschi, poesie sotto forma di canzone.
Questa stretta commistione di significato e suono rende estremamente
difficile tradurre una poesia in altre lingue, perché il suono e il ritmo
originali vanno irrimediabilmente persi e devono essere sostituiti da un
adattamento nella nuova lingua, che in genere è solo un'approssimazione
dell'originale.
La controversia sul significato di 'poesia'
[modifica]
Va precisato che la definizione appena fornita è una definizione
minimale e limitata di 'poesia'. Questa parola, dal greco poiesis,
rimandava alla più ampia idea di creazione, creatività, produttività, a
un'attività demiurgica. Questo senso di 'poesia' è stato recuperato dal
filosofo-poeta
Ralph Waldo Emerson nei suoi saggi sulla
poesia, e successivamente da
Friedrich Nietzsche e
Martin Heidegger.
Wilma Certhan
Ciao "occhio sbircione",cara Isabel
che ci rivisiti e con le tue parole appassionate e chiare rispondi al
quesito:uomo e poeta ,entita' che spesso non coincidono,si cercano ma non
sempre si ritrovano per cui risulta difficile un giudizio "comune"....
Credo che il dibattito sia così vivo perchè tutti noi vogliamo difendere
l'arte fortissimamente!
Grazie
Tinti
Quanta bell'UMANITA', con tutti i significati positivi
della parola. Non ci si può astenere da questa conversazione!
Un passo indietro per andare avanti. Chi è il poeta? Colui che guarda il
mondo con gli occhi incantati di un bambino e ancora riesce ad emozionarsi.
Poesia: uno scavare dentro se stessi di fronte alle miserie e bellezze umane
che non possono lasciare indifferente il bambino che c'è in noi. Tutto
questo, per me, al di là della rigidità delle regole imposte da "uno" stile.
Per me la poesia è un fiume in piena di parole, emozioni sopite e soffocate.
Essa è anche ricerca di se stessi mediante uno sguardo profondo nel proprio
Io ed in quello altrui. Questo è compito generale dell'arte. Un'arte che
incanta con la potenza espressiva dei colori di Van Gogh , animo inquieto, "automutilatosi",
la cui ricerca di sé, dell'equilibrio, si concretizza graficamente nel
vortice. Lo stesso vortice di parole che avvolge il poeta e chi "lo segue".
Uomo e artista: separati in quanto il secondo rincorre il primo per
abbracciarlo e illuminarlo. Due entità per le quali non vale un giudizio
comune.
Per il resto, tanti affermano che Van Gogh non sapesse dipingere e
disegnare, frustrazione che si aggiunge a frustrazione, ma quanti possono
dire di non essere stati penetrati dalla sua arte, dalla sua ricerca? Ugual
discorso per chi, secondo tanti, non sa poetare, chi si cerca e parla oltre
gli schemi. Opinioni opinabili e personali, ma che non si rivolgono, come
spesso si è pensato, ad una persona particolare. Ciò che si vuol "difendere"
a spada tratta è l'arte, quella di tutti. Buon proseguimento, quanto mi
piacete!
L'occhio sbircione
Isabel Gide
30/09/2007
Caro Ammore d'un Br1,TVB,d'istinto anche a me
verrebbe da condividere il tuo distinguo:una cosa è il Louvre ed un 'altra è
"la Recherche"ma ,in tal modo,si fa differenza tra le forme di arte o tutte
"servono" in qualche modo al benessere dell'uomo? Mi pare una querelle senza
fine ma ,forse,qualcuno piu' edotto su tale problematica ci potrebbe venire
in aiuto....(é vero che Van Gogh era un tormentato:
purtroppo,per gravi problemi esistenziali e psicologici ha tormentato
fisicamente e non amici e parenti... e Poe ha tentato di strozzare ....e
Velaine ,in stato allucinatorio...)
Arrisentirci!
Tinti
Tinti, potrei convenire se si trattasse di altro.
Cioè, se l'architetto del Museo di Arte Moderna di Bilbao, sensazionalmente
bello, fosse un pervertito, non avrebbe assolutamente nessunissama
importanza. Se invece la bellezza di una poesia o di una prosa, consiste
nella manifestazione di un sentimento apprezzato e condiviso generalmente,
può restare, oggettivamente ben esposto, scritto inteso, ma il suo estensore
è falso. Quindi buona la cosa, negativo chi la fa ! Si può ? L'esempio di
Van Gohg non mi pare esaustivo, la sua pittura è figlia del suo tormento,
per questo affascinante - allucinante. Comunque intendevo che le citazioni
che si fanno in genere sui contenuti della poesia, non sulla forma, che ti
darebbe ragione, voglione esaltare la sensibilità dell'autore, se ne è
alieno, chi e cosa stiamo commentando ? (Bho!)
TVB / BR1
Vi sono però alcuni critici contemporanei
insigni(almeno cosi' si dice) che sostengono non si debba tenere conto
(addirittura non conoscere) la vita di grandi artisti ma badare
esclusivamente al loro"atteggiamento poetico" ed alla "personalità"
artistica onde evitare che la loro opera venga inficiata da pensieri troppo
profani .
In effetti Van Gogh mi da' un senso di bello puro ed autentico,mi pare
differente,piu' cupo e disturbante se penso alla sua vita e cosi' Poe
oppure Pirandello ecc...
Mi vien anche da riflettere sul fatto che ,proprio qui nel sito,accade
che non si conoscono realmente le scelte di vita di molti di noi,eppure
la poesia viene percepita come
qualcosa a sè,senza condizionamenti di sorta(almeno cosi' mi pare)
Tinti
Poichè, come si dice, la poesia è un prodotto
dell'anima, più che del cervello, una qualche importanza dovrebbe
averla la personalità di chi scrive con quello che scrive e dice. Il famoso
"fai quello che predico, non guardare quello che faccio" non l'accolgo
facilmente. De Amicis fu ed è (culturalmente) un grande ipocrita. Decantava
i valori borghesi del suo tempo, non fece nulla di concreto per i derelitti
che descriveva in possesso di grandi ideali, che non appartenevano loro. Da
ragazzo era un fan del Pascoli, per via della Cavallina Storna, una passione
per i cavalli che ancora sogno, poi lessi altro sui buonissimi sentimenti,
voli romantici ecc. Ma la sua biografia me l'ha fatto assolutamente
disprezzare, non riesco a pensare alle sue poesie senza ricordare le sue
pratiche incestuose. E non sono, assolutamente, un perbenista.
Ciao a tutti.
Bruno Amore
29/09/2007
Penso che la violenza è una ribellione, per ciò
che non si accetta. L a poesia è lo specchio dell’anima, delle nostre insite
preoccupazioni , è uno scandaglio per evidenziare ciò che si può cambiare e
sostituire al male, ai soprusi, alle ingiustizie, in alcuni momenti, “un
allarme sociale”
(A volte una sorta di parafulmine, dove scaricare le tensioni)
E purtroppo sempre più le nostre tensioni vengono sfogate in famiglia, a
discapito di noi stessi e dei nostri cari. Secondo me! Non cambio il mio
giudizio su le opere di nessuno , perché la poesia e l’espressione
dell’anima e ad essere messo sotto I riflettori - con la poesia - non è il
corpo ( la persona fisica) ma è la poesia (cioè l’anima) quello che chi
scrive ci vuole dire, dal suo più profondo.
Non so se ho reso bene l’idea!!!! Ciao Tinti. Gianni
Pia
Evviva ,quanti stimoli sotto questo cielo !
Mi vien da aggiungere che,quando lessi ,da ragazza ,alcune poesie di
Evtusenko( per esempio uno stralcio"..e d'un tratto mi trovai nel
passato,con tutti i tempi miei,io agli sciacalli giovane gettato come alle
squadracce gli ebrei....) rimasi colpita da una sua frase " Sono un poeta
russo ma la poesia non è una professione ,è uno stile di vita".
Allora ho pensato che volesse dirci che le contraddizioni ed aspirazioni di
una generazione "passano" attraverso i poeti (e non solo ovviamente)che le
veicolano a noi comuni mortali anche mediante le loro regole di
comportamento.Oggi mi chiedo se un poeta,uno scrittore possa essere in
qualche modo "valutato"anche dalle sue scelte di vita (es.De Amicis,predicatore
di compassione ,era,pare ,un violento tra le mura domestiche ,allora ....ci
piace di meno,la stima incide sul giudizio delle sue opere?Ho scelto un
esempio a caso).Che ne dite?
Grazie a tutti
Tinti
28/09/2007
Toc Toc, permessooo. Buona sera. Dico tutto in
un fiato: la parola chiave è LIRICA, termine usato ancora dai dotti, per
poesia, secondo la provenienza greca, : "ogni forma di poesia che sia
espressione dei sentimenti personali del poeta". così il vocabolario. Che
dire oltre, esternazione in forma quasi musicale, ritmica: che non vuol dire
- secondo me - catilenando come la maggior parte delle composizioni del
passato. E siccome i sentimenti "negativi" legati alla sofferenza, hanno una
potenza psicologica maggiore della gioia o della felicità, che possono
essere esternate più facilmente e semplicemente, occupano la maggior parte
della poetica. Nei luoghi dove nacque, la poesia, era prevalentemente legata
alla tragedia umana o guerresca.
Modestamente
Bruno Amore
Ecco!!! Che riconosco il mio sito e I suoi sitani!!!
Dialogare senza parole forti, senza giochi di parole, persone sincere con un
unico obbiettivo, conoscersi, confrontarsi per ciò che si ama, non per
distruggere ma per costruire, parlando di Poesia e per la poesia.
Anfra, Io non intendevo, chiuso il dibattito sulla poesia, ma chiuse le
polemiche/ battibecchi vari delle settimane passate. Anzi il dialogo che mi
piace è questo, un dialogo sereno dove tutti possono dire la loro ed essere
rispettati anche se di parere contrario. È un piacere immenso avere anche te
in questo meraviglioso dibattito.
Wilma, forse le mie poesie sono prevalentemente tristi, ma finiscono quasi
sempre con una speranza ottimistica. Io apprezzo ogni piccola cosa del
creato e forse per questo che I miei scritti risultano un pò infantili. Ed è
anche per questo che mi rattristo nel vedere la cecità umana, la mancanza di
rispetto tra persone e verso altri esseri viventi , anche un filo d’erba è
vita e amore è linfa per il creato. Comunque grazie e accetto il tuo
consiglio, ci proverò!
Tinti Cara, cara, Io non mi sono offeso anche se ritengo non sia giusto
fregarsene, ma a volte anche col silenzio si dicono tante cose e comunque
bisogna soffermarsi e riflettere, e poi andare avanti. Mi ritroverai di
sicuro! Più bello e maestoso che Pr-Pia.
E Aurelia,ciao sestante! Ti sei spiegata benissimo! Quale delle tre rose se
tu?! Vedo con piacere che c’è voglia di dibattere sull’argomento spero
continui. E che entri anche Isabel in questo meraviglioso confrontarci.
Ciao a tutti da Gianni Pia
Vorrei prendere spunto dal suggerimento di
Wilma a Gianni (sono d'acccordo anch'io) per preannunciare una mia vecchia
poesia che ho inviato a Lorenzo De Ninis dal titolo "Notiziario".Fu ,quello,
un momento di gioia e, come sostiene Wilma, vanno registrati anch'essi. In
questa maniera, la poesia non si pone più confini, spazia dal troppo assiduo
pensiero triste a lampi di felicità. Il guaio degli uomini e delle donne
consiste, a volte, nella celebrazione asfissiante delle proprie debolezze a
discapito delle proprie forze. Poesia, allora, è anche il non vergognarsi di
pubblicizzare letizia, vincendo così la paura di irritare le stanche anime
che languono o, peggio, amano languire.
Un saluto a Wilma e a Gianni
Aurelio Zucchi
Mi pare ,amici, che vengano fuori ,in maniera
sempre piu ' nitida le motivazioni che ci hanno spinto
a circumnavigare il globo azzurro e ad entrarci,per ognuno diverse ma cosi'
eticamente belle!Per Vilma quell'osare ed ascoltarsi dentro è la
scintilla,per Aurelia regalare all'altro
la possibilità di scoprire ...per Anfra un valore di autentico sfogo di
fronte alla sofferenza..per Gianni essere libero e sentirsi tale ,per me
vedermi dentro ...per Golan ,mi pare,bisogno profondo di sintesi tra
pensiero e sentimento,per Daniela passione.. condivisione.........per
altri..................
Ciao
Tinti
Ps.
Ad "Anfra" per Lorca la poesia e'"come un nino ingenuo che si sta liberando
delle sue ossessioni e fantasmi e che trova un'alba di vita in essa"
Cara Tinti, Gianni, Anfra, Daniela, anch'io
vorrei dare il mio piccolo contributo a questo bellissimo dialogo riguardo
alla poesia.
Premetto che mi piacerebbe intervenire più spesso a questi dibattiti e anche
ai commenti ma non mi sento all'altezza, perchè faccio molta fatica ad
esprimermi sia con le parole che con lo scrivere, il mio cruccio maggiore è
di non avere potuto proseguire gli studi, sono (come si suol dire)
autodidatta, ciò mi da insicurezza, però finalmente con la mia amica poesia
mi sono un poco ritrovata.
Piano piano sono riuscita a capire chi sono veramente e ad aprirmi anche con
gli altri. Dialogare scrivendo, a me, mette un po' l'ansia perchè ho sempre
il timore di essere fraintesa, invece con la poesia mi sembra di risolvere
tutto, in quel contesto è bello essere capita, ma anche essere fraintesa, è
come se regalassi a ciascuno ciò che vuole vedere in quello che scrivo.Anche
qui non so se mi sono spiegata, forse sono un po' complicata, perdonatemi,
ma mi sento di parlarne con voi perchè finalmente ho trovato persone
"ricche", aperte alla vita e comprensive. Anche tu Gianni sestante! Il tuo
discorso mi ha aperto non una porta, ma il portone della comunicabilità, non
solo in poesia! Sei grande e ti ringrazio.
Tornando al discorso Poesia, io penso che tutti potrebbero essere poeti,
secondo me la poesia sta nel battito della vita, come una realtà spirituale
che a poco a poco dobbiamo scoprire aprendo gli occhi prima dentro noi, poi
su quello che circonda l'infinitesimale. La carissima "Amica" io la trovo
come una ricetta magica per vivere meglio!
Vi abbraccio forte.
Aurelia
Grazie a Gianni per aver ridato vita al dibattito
sul "poetare" (e sul nostro, in particolare...) e a Tinti, ad Anfra,
(BELLA la tua meta-poesia!), a Golan e a Daniela, che hanno già contribuito
alla discussione. Mi inserisco anch'io, ora, con molta spontaneità, per
confermare quanto scrive Golan ma per andare forse anche un po' oltre: per
me, "la vita è poesia" e dunque, partendo da questa premessa, potremmo
pensare che potenzialmente, in verità, saremmo tutti poeti; la gran parte
delle persone, però, o non ha gli strumenti linguistici per comunicare le
proprie sensazioni ed emozioni, o non si sofferma ad ascoltarsi dentro, o
semplicemente non osa, oppure ancora, se scrive lo fa soltanto in privato e
per sé soltanto e di questi non sapremo mai nulla (!). Ciascuno di noi,
forse, prima di cominciare a scrivere poesie non sapeva neanche di poter
essere capace di farlo (per me è stato così e a volte mi stupisco ancora...
e mi dico: non sapevo di avere dentro tutte queste cosa da dire...!)
In questa bella vetrina azzurra, chi come noi "mostra" i propri scritti
credo lo faccia semplicemente per condividere con altri proprie esperienze e
trovare nuovi stimoli nelle loro poesie, per capire, dai commenti, quanto "è
passato" agli altri del messaggio che una propria poesia voleva esprimere e,
possibilmente, per migliorarsi.
Per rispondere, un po' più direttamente alla domanda esplicita di Gianni:
"Cosa, e perché, ci spinge a scrivere?!", (ovviamente do una risposta che mi
riguarda personalmente), io per esempio scrivo perché a volte, senza che me
ne renda neppure conto mi ritrovo a pensare qualcosa che immediatamente
fermata sulla carta prende forma di poesia: sono sensazioni ed emozioni,
certo vissute interiormente ma, come dice Tinti anche "cio' che avviene
fuori di te è anch'esso pungolo e sprone, poi viene metabolizzato da
ciascuno di noi e rielaborato in maniere differenti ..".
Vorrei provare a suggerire a Gianni, di soffermarsi molto anche sui suoi
momenti di gioia (mi auguro e spero tu ne abbia tanti...!), per scrivere
poesie non sempre tristi: credo sia importante "fermare" anche minimi
dettagli di una situazione o di un vissuto positivi, perché no? Può essere
vero che venga più spontaneo scrivere quando la sofferenza ci prende l'anima
e il cuore, ma poiché la vita non è solo questo, sarebbe più completa una
scrittura poetica che registrasse anche il positivo della vita. Provaci,
Gianni! Voglio leggere sul sito tue poesie che esaltano la gioia; anche i
grandi poeti hanno scritto poesie sulla gioia, vedi Neruda (Ode al giorno
felice: Questa volta lasciate che sia felice, / non è successo nulla a
nessuno, / non sono da nessuna parte, / succede solo che sono felice / fino
all’ultimo profondo angolino del cuore. Pablo Neruda) oppure Emily Dickinson
(È tanta gioia! È tanta gioia! / Se dovessi fallire, che miseria! / Eppure,
poveri come me / hanno puntato tutto in un'unica giocata! / Hanno vinto! Sì!
Hanno esitato così - / prima della vittoria! ecc.. ecc... E se vinco! Oh
salve di cannone in mare! / Oh campane di tutti i campanili! / Dillo piano,
dapprima! / perché altra cosa è il cielo immaginato / da quello in cui
all'improvviso ci si risveglia - / e ne potrei morire!). Grazie ancora a
tutti voi che scrivete spesso su questo sito; mi piacerebbe leggere cosa ne
pensano Silvano, Elia e Bruno, e anche il giovane talento Michele Aulicino.
Ciao a tutti,
Wilma.
Grazie a Tinti e Daniela siete molto gentili
con me.
A Golan, vorrei dire, secondo me hai confuso la mia visione di poesia, un pò
è il mondo che ci fa scrivere, ma siamo anche noi, ad essere sensibili ed
avere la capacità di scrivere poesie. Non tutti sanno scrivere. E' come dici
tu, la poesia viene da dentro di noi, ma alcune situazioni, in cui ci
veniamo a trovare fa si che scaturiscano poesie momenti che uno trascorre e
che vuole segnare per sempre sulla carta. Ma questo è dovuto a come ognuno
di noi reagisce agli imput che ci vengono forniti dall'esterno, appunto come
dice Tinti.
A Gianni vorrei invece dire, che secondo me sbagli a definire questo
dibattito chiuso, è un dibattito molto bello, ci aiuta a confrontarci e
soprattutto ad avere una visione della cosa che noi tutti condividiamo: la
poesia, più completa. Ti vorrei anche ringraziare per averlo aperto.
A presto e a voi tutti una buona notte.
Anfra
Caro Gianni,questa è la pagina dedicata ai
dibattiti poetici quindi saro' breve ma tu capirai oltre le righe,lo
so.Grazie per il tuo sincero chiarimento,hai ragione quando dici che bisogna
rimanere se stessi e non rinunciare a cio' che ci piace di noi,eccome se hai
ragione ma
credo anche che si debba,e parlo in generale ,nella vita,"fregarsene" di chi
insinua,sottintende ,credere in cio' che si fa e che ci rende ,qualche
attimo,appagati e felici...quindi tu non mollare...ti aspetto!
Tinti
27/09/2007
Cara Tinti, come al solito tu leggi oltre lo
scritto, la tua sensibilità è stupefacente, ecco l'empatia che ci avvicina.
L'essere derisi non è riferito al sito, ma in senso generale e in altri
luoghi. Però… ( senza riaprire le polemiche dei giorni scorsi) in un certo
qual modo mi son sentito di dovermi allontanare perché non amo le polemiche
e sopratutto voglio restare me stesso e non avere limiti di cosa e di quanto
dire, a me piace il confronto civile, non amo le insinuazioni, tantomeno le
accuse d'essere gentile per ottenere commenti benevoli ai miei scritti. Così
tra le righe si dicono due cose; sia che chi è gentile è un'ipocrita e chi
commenta, commenta con falsità. E come dici tu Tinti bisogna posi il
problema. Io ho sempre chiesto commenti sinceri e lo ribadisco e se ciò che
scrivo a qualcuno non piace, è molto semplice non deve fare altro che
ignorare ciò che scrivo, come è avvenuto nel 2005. Il mio non è un abbandono
del sito, come vedi mi mancate troppo e mi manchereste perché sono
innamorato di questo sito e di tutti voi che lo frequentate. Questo anche
per rispondere ad Aurelia ciao sestante. E sono sicuro che anche Isabel la
pensa allo stesso modo. Poi, la satira è bella, se a ridere si è in due, sia
chi la fa, che chi la riceve. Anche se certe parole non sono state
direttamente riferite a me, io ci resto male.
Le mie "poesie" non sono presenti semplicemente perché anche io il 6 agosto
ho fatto il trasloco e ho sempre per casa I vari mobilieri e professionisti
vari e non è finita perché mancano ancora tanti particolari è come un
puzzle, tutti mettono un tassello ma non è mai finito. E il tempo per
poetare è ormai ridotto all'osso. Mi raccomando non voglio accusare o
riaprire il dibattito, per me è chiuso. Ho ricominciato a scrivere perché ,
come ho già detto ero troppo chiuso e rivolgermi agl'altri -specie se più
persone- era praticamente una cosa impossibile, mi sentivo inadeguato e
sopratutto poco istruito per poter dire la mia, ecco che ne esce ( parlo o
sto zitto) Prima scrivevo e poi gettavo tutto, poi ho ricominciato
evidentemente come autoanalisi , poi solo per me stesso , dopo ho voluto
rilegare tutto in un diario e ne é scaturito
( Creta al sole) poi ho scoperto poetare ed ho potuto verificare la reazione
di persone come voi che scrivete da molto tempo, ed ora scrivo solo perché
mi da gioia e quando scrivo mi sento bene.
Grazie Tinti, Daniela, Anfra per la tua poesia, d'aver partecipato a questa
mia proposta di dibattito, ora vi conosco un pizzico di più. Con Grande
affetto Gianni A P
Mi inserisco nuovamente nelle considerazioni
sulla poesia perchè cio' cher scrive Golan mi interessa,
è vero che se fossimo tutti poeti, la poesia non esisterebbe e cosi' per
ogni forma d'arte ed è altrettanto vero che essa nasce da una forte,
intrinseca spinta interiore di mente e cuore che crea una sintesi perfetta .Pero'
cio' che avviene fuori di te è anch'esso pungolo e sprone , poi viene
metabolizzato da ciascuno di noi e rielaborato in maniere differenti ..per
dimostrare al mondo di esserci..nel dipingere,
per esempio il mondo della malattia mentale,nel poetare contro la guerra,nel
lavorare nel sociale,nel combattere in politica(lasciamo perdere) e cosi'
via . Mi pare che
siano veramente "morti" quelli che non" vedono" e sono molti.Gli altri,
volli e volli,potrebbero diventare
...magari ..poeti.
Non credo di essere riuscita a farmi capire ma voi mi sopportate egualmente.
Ciao
Tinti
La considerazione che Anfra fa della poesia mi
lascia un po' dubbioso. Nel senso che allora, siamo tutti poeti. Allora ci
includiamo a vicenda nella visione che Anfra ha della poesia. Se siamo tutti
poeti, allora la poesia non esiste. Se siamo tutti vittime di qualcuno,
allora non esistono i 'cattivi'.
La poesia è una pura e semplice riflessione che serve a concentrare a più
non posso una parte di noi.
Se dovessi scrivere di mia moglie, probabilmente riempirei tutte le pagine
azzurre di questo sito...ma siccome non posso, devo 'limitarmi' a scindere e
scandire i pensieri in poche parole che, proprio perchè vengono dal cuore e
soprattutto, dalla mia esperienza, diventano poesia.
Quindi, per tornare alla domanda iniziale, noi scrviamo soprattutto per
esigenza interiore che non ci è mossa da fuori. Ci viene mossa da dentro, da
noi stessi, dal fatto di far vedere che siamo vivi e parte del mondo.
Golan Trevize
26/09/2007
Sono completamente d'accordo con ogni parola
che è uscita fuori da questo dibattito, purtroppo non ho il tempo materiale
di soffermarmi a dire la mia nè per parteciparvi, altrimenti in casa mia ci
sarà l'insurrezione contro il PC e perderò ogni diritto di usarlo, ma ci
tenevo a farvi sapere che sono con voi Gianni A. Pia, Tinti, Anfra...
aggiungeteci anche Daniela.
Anfra il tuo "Poeta" corrisponde perfettamente alla mia idea, le differenze
sono sfumature, se ci sono, e la poesia in sè è bella ed il fatto che tu
l'abbia scritta qualche anno fa (ed ancora al momento sei giovanissima!)
dimostra che le tue capacità sono alte, che hai idee chiare, che puoi,
puoi... non fare come me! Scusa(te) l'enfasi, ma quando mi ritrovo a fare i
conti col pallottoliere, con quello che ho fatto e la mia età, qualche
rimpiantuccio mi sfiora anche solo per un attimo e (come dice Silvano) sob!
una lacrima.
Con grande affetto
Daniela Procida
Cara Anfra, che completezza di progettualità
nel tuo"poeta"infante che sorride al bello,soffre dell'ignominia
umana,osa,vede oltre....
Mi viene da dire di leggere "La vita è altrove "di Kundera,libro sulla
poesia il cui il protagonista,dal momento del concepimento, è poeta perchè
cosi' vuole la madre,fecondato da Apollo e nato per portar nel mondo il
"soffio" della lirica:é molto bello e fa pensare ...
Ciao
Tinti
Per rispondere a Tinti e Gianni sul dibattito.
Il sito, come dice Tinti, è un luogo di accoglienza e sicuramente aiuta
molti di noi a migliorarsi sempre di più.
Lo scrivere poesie è per me, uno sfogo al mio dolore morale e psicologico,
infatti, io spesso scrivo quando sto male dentro e sono triste. Molte delle
mie poesie non sono felici ed esultanti.
La lode per me è necessaria soprattutto se meritata.
C'è da riflettere su ciò che avete scritto per quanto riguarda l'essere
deriso, secondo me, se qualcuno si è sentito deriso, bisognerebbe che
esternasse i propri dubbi, perchè sicuramente ci sarà stato un malinteso.
Forse è crudele da parte di alcune persone che sono ben istruite in
letteratura, sminuire le altre, questo però fa sì, che si cresca anche con
le critiche.
Concludo con questo tratto di una poesia che ho scritto qualche anno fa, ma
che sul sito non è pubblicata, si intitola: POETA
........
Il poeta
è colui che scrive
ciò che gli altri
non vedono,
non toccano,
non odono
e non osano
se si accorgono,
lui miscela
i sentimenti
facendo sì
che essi siano
fonte vitale
della stessa poesia.
È lui
Il poeta,
eterno bambino
che sorride
di fronte alla bellezza
del mondo circostante,
ma è lo stesso
infante
che diventa triste
piange e si dimena,
è quello che più di tutti
vive a fondo
le amarezze
e le ingiustizie
di una società crudele.
Ecco caro Gianni e cara Tinti perchè scrivo, perchè la poesia per me è vita,
è uno scoglio di salvezza, è la mia gioia e la mia libertà, per me la poesia
è tutto.
A presto
Anfra
Gianni caro,
ti vengo dietro e cerco di risponderti,ovviamente a titolo personale.
La spinta a scrivere versi mi è venuta lavorando con i ragazzi in vari
laboratori di teatro e scrittura creativa:sono loro che mi hanno dato la
carica!Avevo bisogno di mettere su carta ,toccare,vedere me stessa nel
mondo.
Il bisogno invece di far leggere ad altri i miei modesti "prodotti" è venuto
molto dopo,pian piano quando sono riuscita a prendere,un poco,le distanze
dai miei versi ed allora è subentrato il desiderio di condividere, spartire,
riflettere,migliorare, imparare,
partecipare........esser lodata......
E vengo a te...quel verbo "cercavo nel sito" mi riporta ad un dejà vu,alle
parole ,in un certo senso,di commiato,di Isabel..Allora mi domando che cosa
è avvenuto, quale atteggiamento, modalità
hanno portato, per alcuni amici del sito,a sentirsi"derisi e non
rispettati"? Credo che ciascuno debba porsi il problema proprio perchè
l'elemento caratterizzante il sito azzurro è quello dell'accoglienza sempre
e comunque e del dare a tutti pari opportunità e dignita'.
Ciao
Tinti
Proposta di dibattito:
Cosa, e perché, ci spinge a scrivere?!
Scriviamo per noi , per gli altri, per mostrarci ed esibirci ?.... O in
certi casi per essere derisi !?
È sicuramente una spinta che vien da dentro, la voglia di concretizzare un
concetto un’idea un sentimento, a volte può essere un unguento per sedare un
sentimento negativo, o per esaltare un momento positivo, uno sfogo,
un’elaborazione psicologica, una terapia, per sfuggire a un’intensa
malinconia o evitare la pazzia!
E allora perché! Saltare addosso ad’ uno scritto come se fosse un semplice
calcolo matematico, uno scambio di piaceri, nessuno ha interessi particolari
a pubblicare I propri scritti, non v’è di mezzo la pecunia è solo la
passione che ci spinge a mostrarci e mostrare I nostri sentimenti .
È sicuramente una forma di alta civiltà espressiva , un’approdo, una riva, a
volte l’ultima spiaggia.
Ciò che è certo che nessuno ha il diritto a deridere il sentimento altrui.
La lode non e affatto necessaria, nessuno la pretende, anzi è sicuramente da
evitare se non spontanea, ma non c’è neanche l’obbligo di demonizzare in
modo basso e meschino . E anche ” L’ignorante” – visto che in un modo o
nell’altro lo siamo tutti- ha una sua dignità e le persone che si reputano “
istruite” dovrebbero usare parole e modi più consoni al loro livello
d’istruzione, cercare di comprendere – anche se non eccelse – le speranze
altrui.
Questa riflessione non è rivolto a nessuno è solo un pensiero scritto da chi
cercava in questo sito un appiglio, una speranza , un’utopia in una forma –
chiamata poesia-
Colgo l’occasione per salutare le persone a me care con un animo sensibile
ed un intuito particolare: Aurelia, Tinti, Silvia, Wilma, Isabel. Inoltre a
Bruno e Silvano e Glò, Daniela, Ida, Gerardo e tutti nel sito azzurro. CIAO
Cri. E un saluto a Rosino che non ho mai nominato, ma le tue poesie sono
state le prime che ho letto ed ho apprezzato quando ho scoperto il sito.
Gianni Arluno Pia
04/08/2007
Oggi dopo alcune settimane ,aprendo il sito
azzurro,ho ritrovato il dibattito sulla poesia e mi è venuta voglia di "
raccontarvi" breviter (per chi ovviamente non l'abbia gia' letto) cio' che
scrive Grossman in "Negli occhi del nemico" sull'arte,concetto semplice ma
,mi pare, interessante e sintetico :in ciascuno di noi convivono bisogno di
comunicare con l'altro e presenza di una maschera che ci nasconde all'altro:
l' arte toglie la maschera e consente una vera comunicazione da dentro.
Che ne dite amici?
Ps.
Condivido appieno l'intervento di Aurelio.
Ciao
Tinti
03/08/2007
La poesia e la prosa
Intervengo solo brevemente sul dibattito aperto che è partito sull'abbrivio
della differenza che esiste tra poesia e poeticità per arrivare all' ultima
intervento di Isabel Gide che per citazione allarga il discorso sulla
peculiarità della poesia e della prosa.
Ci sono molti interventi interessanti, ma credo che la differenza tra la
poesia e la prosa sia solo una differenza di linguaggio, e non sono io a
dirlo ma poeti e critici molto molto importanti. Poi, per ritornare alla
poesia, la differenza tra un poeta, un poetastro o un poetucolo la fa solo
l'arte, e l'arte non ce la dà nessun tecnica, ma è solo un dono divino che
pochi pochissimi eletti sono fortunati a possederlo.
Ciao, buone ferie a tutti e a soprattutto te Magnifico Lorenzo.
Patrizio Spinelli
27/07/2007
Mente davo uno sguardo ad una vecchia grammatica
(U. Panozzo; D. Greco: "La struttura della lingua italiana" , Le
Monnier), mi sono imbattuta in un paragrafo interessante, visto i temi che
spesso si trattano nel sito. e lo riporto qui di seguito poichè ne condivido
il contenuto ma non osavo esprimermi essendo io di fatto "intellettualoide
da strapazzo".Lascio quindi il compito a fonti più autorevoli.
"Prosa" e "Poesia"
La lingua letteraria si esprime in due forme: prosa e poesia,
La prosa che è anche la forma in cui ci si esprime comunemente, si svolge
liberamente senza soggiacere ad un determinato ritmo; la poesia è soggetta a
leggi di ritmo e di armonia e si realizza in versi. La prosa mira alla
chiarezza efficace, e si attiene il più possibile alla proprietà del
linguaggio; la poesia mira all'espressione commossa, ama trasfigurare il
pensiero in figure e in immagini, tende spesso all'espressione ritmica e
melodiosa.
E' tuttavia evidente che tale distinzione tra le due forme, fatta nei
trattati di stilistica, è puramente teorica. Il linguaggio dello scienziato
che indaga le leggi misteriose che regolano l'universo, o del filosofo che
medita sui problemi umani, dello storico, che, dopo lungo studio sui
documenti di un'età, cerca di ricostruirne e spiegarne gli avvenimenti, non
dovrebbe essere che prosa. Niente di più falso: ché, se il raziocinio dello
scienziato, del filosofo, dello storico...nell'entusiasmo del ragionamento o
della conquista dell'idea o della scoperta s'illumina di affascinanti
fantasmi, o si tramuta in colorito il linguaggio nella rievocazione
drammatica di un avvenimento, non abbiamo allora più prosa, ma poesia. Ed al
contrario il più esperto compositore in versi, se non è dotato di anima
artistica, potrà scrivere versi finché vuole, anche stilisticamente
perfetti, e trattare i temi più ardui, ma mai riuscirà poeta.
"Prosa" e "poesia" quindi non si distinguono tanto tra loro per la diversa
struttura formale o per il contenuto, quanto per la diversa ispirazione e
per lo spirito dell'Autore.
Da: La struttura della lingua italiana; Panozzo, Greco.Le Monnier.
Isabel Gide
23/07/2007
Ciò che scrive Silvano è condivisibile
soprattutto per quanto riguarda i
concetti filosofici ed esistenziali. Tutto quello che attanaglia la psiche
dell' uomo, tutto quello che gli risulta misterioso ed inspiegabile è, in
effetti, la fonte di gran parte della Poesia. Come di altre forme artistiche
Personalmente credo che nella poesia, sia il linguaggio immediato che, più
che tener conto di regole, segua motu proprio , il passaggio mente-cuore e
trasformi una sequenza di semplici parole in sensazioni profonde, avvincenti
talora struggenti.
Comunque è sospensione sull' ignoto, è sgomento per l' ineluttabile, è il
grido che prorompe dall' anima e ne veicola tutte le paure, tutti i desideri
di altrove...
Quando la poesia riesce ad esprimere veramente il reale sentire, non ha
bisogno di studi particolari nè di tecniche su misura.
Che si possa definire lo stile, la metrica, le figure che ne determinano la
forma, credo che sia cosa di secondaria importanza, quando chi scrive
risponde a moti istintivi capaci di rendere lirici i contenuti (altrimenti
sarebbe prosa) e riesce a comunicare agli altri il suo personale modo di
percepire" la vita.
Certo di fronte all' autoreferenzialità di molti cosiddetti poeti, si resta
talvolta esterrefatti, ma, alla fin fine, rimane sempre il dubbio di cosa
sia , in realtà, la Poesia.
Cristina Bove
20/07/2007
Commento
Stimolato dal dibattito in corso e conoscendovi sempre più a fondo
attraverso le vostre letture mi è
venuta dentro un terribile desiderio di sottoporvi un po’ del mio materiale
abbastanza recente ed in tema. Dopo l’opera di traduzione dal vernacolo di
parte della mia raccolta “tal merollone e al tondo” pubblicata nel 1995
sottoporrò alla vostra preziosa lettura una nuova silloge, questa volta in
lingua, che credo, rispecchi più fedelmente quella che è la mia tematica
poetica, inserendosi per altro anche sul dibattito innescato da Wilma in
questo nobile sito azzurro. Il mio vuole solo essere un modesto, spero
gradito, contributo. La poesia del novecento e contemporanea in generale ha
sperimentato e sperimenta, in svariati autori, ( vedi, bravissimo secondo
me, anche il nostro Gerardo Pozzi, - io ho fatto probabilmente il suo
percorso inverso- se si potesse classificarmi : tardo romantico in
adolescenza - poi post ermetico – esistenzialista - indi surrealista e neo
sperimentale – ora non so) il sentimento della non appartenenza ed è
altamente pregna del disagio dell’esistenza.
Questa poesia, sa cosa vuol
dire essere “profugo del senso”, così come è consapevole che persino le
nostre certezze, i nostri cardini e punti di riferimento, altro non sono che
pali di vetro. La nostra epoca, in fondo, a ben guardare, contiene una
latente e persino manifesta vocazione all’annientamento ed alla
consumazione, eppure ha la coscienza, la consapevolezza che solo a partire
da questa negazione è possibile rimettere assieme i frantumi per la
ripartenza. Si tratta paradossalmente di sostenere il nulla per rovesciarlo,
di concepirlo non come una malattia ma come ultimo tragico luogo del senso.
Per chi non crede, l’ultima chance, per chi ha fede, un trampolino per il
Cielo. Questa è la tematica di : - nel mondo degli uomini
– e - di sentieri d’aria – che vi proporrò, e che viene
dopo aver aspettato a vuoto l’attesa ( la precedente raccolta del 1988
“Aspettando l’attesa”) e trovato il sogno. Tutto si gioca nella
dicotomìa, nello scarto, che esiste tra il richiamo umano ( le grida, gli
sguardi dal cielo ) e il silenzio cupo, irragionevole del mondo. Tutto si
gioca nella polarità sfera e labirinto, esattezza ed ineffabile, geometria
ed urlo. La verità non si può dare che per opposta testimonianza. Senza
dubbio, potrà sembrare una poesia della tensione, che prefigura o quantomeno
accenna all’inconciliabilità e alla insostenibilità dell’esistenza, quindi
persino troppo tragica; ma, io penso che solo a partire dal mondo degli
uomini costatandone ed assumendone tutte le contraddizioni, ci si possa poi
riscattare. In fondo quello che cerco di fare e di giocare con tutto ciò che
è negativo per provare a rovesciarlo, magari attraverso il sogno. Ditemi, mi
farebbe immenso piacere sentirvi su ciò, la vostra opinione in merito perché
sono convinto, che se queste mie non vi dicessero nulla ( se non vi
parlassero) non sarebbero state altro che vuote parole. Io credo infatti
Wilma che, al di là degli stili e della metrica, al di là del linguaggio che
si possa adottare, poesia viva soltanto quando trasmette emozioni e
sentimenti vivi autentici ed incontaminati. ( brividi convulsi impalpabili
d’uomo, li chiamo io )
Silvano Conti
16/07/2007
Per amore di dibattito e polemica. Ringrazio
tutti quelli che leggono e commentano, ringrazio a nome di tutti, credo,
quelli che leggono e basta. Quelli che inviano le poesie li ringrazia il
Prof, quelli che leggono solo la propria, se c'è o non c'è in vetrina, mi
fanno tenerezza e basta. Ma veniamo a quello che mi pare un quesito, ma
potrebbe essere un calesse, vero Sin Sala Bim ? nei commenti leggo
spessissimo riferimenti più che alla bellezza o meno del componimento, alla
musicalità, in breve alla tecnica, dissertazioni psicoanalitiche sulla
opportunità di parlare di questo o di quello e di quanto sia bello parlare
di quell'alltro, anzichè di quest'altro; sulla validità sentimentale dei
contenuti, sulle motivazioni che hanno indotto l'autore a poetarne, Mi
conforta, in questo, il commento passato di Joseph65, che rivendicava - a
gran....stavo per dire voce, l'estraneità personale come protagonista dalle
poesie che scrive e di attingere dalla vita che scorre intorno a noi, le
sollecitazioni, ognuno secondo la propria sensibilità. Se ci siete, battete
un colpo.
Modestamente
Bruno Amore
11/07/2007
Gent/mo Lorenzo e gent/mi poeti e poetesse,
l'essermi accostato al sito poetare contribuisce in qualche maniera a farmi
crescere, non tanto come aspirante poeta (mamma mia che impegnativa parola è
questa) quanto come persona. Di tanto in tanto mi capita di leggere qualche
dibattito nel sito stesso e mi sorprendo, a dire il vero, della necessità,
che qualcuno avverte, di spiegare poesia quasi che questo tipo d'arte debba
aver bisogno di essere oggetto d'analisi quando addirittura d'illuminata
vivisezione. Io mi ostino a pensare ciò che mi ostino a pensare da piccolo e
cioè che un verso, un ritmato collage di parole, è il benvenuto soltanto
quando in una persona, in primis in chi lo scrive, anche in una sola, riesce
a muovere il brivido dei pensieri, ahimè sempre più in letargo. Affido
all'attenzione Sua e dei tanti abitatori del Suo prestigioso sito la poesia
che segue, scritta nel 71 (i miei ventanni). Nelle intenzioni di allora, e
di adesso, il pezzo (cui sono pofondamente legato)vuole esprimere il bisogno
e allo stesso tempo la rabbia dello scrivere.
Buone vacanze a tutti
Aurelio Zucchi
La mia poesia
La mia poesia mi chiama nella debolezza
e chiede penna e piglio per denudare il cuore.
Poi, mi dimentica nelle strade polverose
che dovrò detergere con asfalti di fortuna.
Che pretesa assurda è questa,
d’unire la ragione al tenero universo
che apro e chiudo a passo di sospiro
al centro d’una vita da sognare e risognare!
Se apro il tema dell’amore immenso
fermento i sogni ancora in arretrato.
Se piego il capo alla felicità imbastita
m’involo in cieli di colori sconosciuti.
Quand’é che scriverò di canti vincenti
i versi che poi definirò spocchiosi e alti?
Quand’è che smentirò le angosce
che porto negli angoli dell’anima?
Aurelio Zucchi 1971
Mi sono addentrato solo oggi nel "dibattito sulla
poesia", dopo aver letto
un commento ai testi di Wilma M. Certhan.
Non mi sono mai addentrato in questa "parte" del sito perchè non mi sento e
non sono all'altezza di dibattere su cos'è o cosa dovrebbe essere la poesia.
Le mie, fra le altre cose, forse sono proprio "non-poesie", secondo il
parere della signora Wilma e di molti altri.
Io non so bene.
Ma credo, perchè mi piace crederlo, che "Poesia" possa essere tutto.
Sia nel senso che tutto è Poesia, sia nel senso che si possa fare della
poesia con tutto ciò che abbiamo intorno
( dall'oceano sterminato ad un tombino intasato -e perdonate la rima- ), e
pure nel senso che ognuno, come avevo già detto molto tempo fa, può e deve
sentirsi libero, nello scrivere.
La Poesia libera, non chiude.
La potenza della Poesia ( che non tutte le arti hanno ) è proprio quella di
liberare, liberare l'autore e liberare il lettore.
E naturalmente, in questo contesto, ognuno è pure libero di considerare
"poesia" o "non-poesia" quel che vuole.
Non ci sono regole che definiscano ( per fortuna! ) cos'è poesia e cosa non
lo è.
La scelta del "volgo" è, almeno per me, proprio una "scelta"!
Se vi dovessi spedire le poesie che scrivevo dai 15 anni ai 26, mi direste
che sono proprio "poesie vere"...
Allora scrivevo così, mi piaceva, mi dava emozioni.
Da qualche anno ho cambiato "stile" ( mi vergogno un pò a chiamarlo così,
non mi sento all'altezza, ma non ho altri sinonimi ). Ora scrivo "volgare"
perchè è a tutti, ma proprio a tutti, che mi voglio rivolgere.
Ma soprattutto è semplicemente perchè mi piace, niente di più!
Non è che se uno scrive ricercato allora vuol dire che non vuole farsi
capire da tutti, ci mancherebbe!
Qualcuno sarà pure così( di poeti ermetici ce ne sono, certo ), ma saranno
"fatti loro", se non vogliono essere capiti da tutti...
Rimane comunque una scelta, anche quella di ricercare le parole.
Tra l'altro è una bella scelta, perchè è una specie di rispetto verso il
fruitore della poesia stessa.
Nel mio caso, comunque, la "velocità" di stesura è dovuta anche alla
velocità nevrotica e paranoica dei miei pensieri.
In realtà è come se avessi una velocità "normale".
A me capita di pensare e scrivere immediatamente.
Ma questo non è da ritenersi una cosa "gettata lì così e buona la prima!"...
Mentre mi vengono le parole, me ne arrivano 200.000 in un secondo, ed in
quel secondo ( che passa tra il pensiero e la battitura sulla tastiera ) il
mio cuore, il mio cervello e le mie emozioni fanno una selezione accurata.
Non sono poi tanto diverso da altri, no?
Ok, non voglio tediarvi più di tanto.
Cari saluti a tutti e buona giornata.
gerardo pozzi
08/07/2007
Ho riletto l'opinione di Wilma M.C. su quello
che ella intende per poesia. A grandi linee condivido tutto,specialmente
quando dice "...i termini sono ricercati con cura, c'è...ricchezza di
emozioni sottintese...metafore scelte..." ecc. Concordo totalmente sulla
peculiarità dello stile personale, senza soggezioni od identificazioni o
somiglianze con eclatanti autori affermati o di scuola. E, sicuramente si !
a "...sintesi, essenzialità, mai banalità " cosa difficilissima quando il
linguaggio poetico debba essere "raffinato", se si intende elegante,
gradevole, estetizzante. Ma, c'è sempre un ma, da evidenziare nelle opinioni
altrui, la poesia è anche e più "sensazioni in forma di poesia", quando
canta di emozioni minime, piccoli sentimenti, cause per pochi di grandi
dolori e sofferenze. Qui, come il brillante sparge in migliaia di riflessi
la luce delle sue facce, la poesia diffonde benessere e malessera umano in
forma artistica. Perchè il ma, sono convinto che molto dello scrivere
"d'alto livello" poetico, è destinato alla critica letteraria più che al
canto della condizione umana. I grandi autori, molti di più di quelli citati
da Wilma, diventato operatori culturali responsabili della letteratura
(intesa nel senso di bello scrivere) del 900 più di quanto non abbiano detto
l'uomo dello stesso periodo. Il solito alieno che si volesse documentare
sull'umanità di quel periodo, attraverso le poesie, perchè supposta
esternazione esistenziale non referenziale, avrebbe ben poco da capire di
noi dalla produzione ermetica di M.Luzi, le introversioni di E.Montale.
Chiudo con una esplicita dichiarazione dicomplesso di inferiorità, dicendo
che sento di essermi ficcato in ginepraio per il quale non ho l'attrezzatura
ufficiale per attraversarlo, per cui grazie a chi lo legge e sarà buono.
Bruno Amore
PS. Sim Sala Bim, attento a quello che dici !
Cara Isabel,
conosco "Pezzi di vetro" e penso ,rifacendomi anche ad altre"poesie" di
Francesco(per esempio" La donna cannone") ed al personaggio,che volesse far
emergere una figura che ha nelle sue mani la vita sua e di altri e puo'
farne cio' che vuole anche passando su pezzi di vetro appuntiti simbolo, a
mio avviso, non solo delle difficoltà e dei rischi ma anche diell'
ambiguita' del vivere :nei suoi testi c'è sempre una polivalenza implicita
che ne da' fascino inqueto.Ciao e grazie
Tinti
06/07/2007
Cari amici, leggo con piacere ciò che scrivete
sulla mia poesia "Lutto", io la sento particolarmente vicina a me, e a
quanto pare è stata ben compresa nonostante "la metafora". Bisogna capite
quando è il momento di sotterrare il passato e andare avanti, ma troppo
spesso si tende a prolungare il periodo di lutto senza accorgersi che
intorno la vita ha assunto nuove tinte e senza che lo si voglia ci trasporta
con lei nel mondo che pur sempre è incantato...
In più oggi voglio chiedere di riflettere su qualcosa che ho sentito ieri
alla radio: si discuteva di( una canzone-poesia affascinante) "pezzi di
vetro" di Franceso Gregori e ci si chiedeva chi fosse realmente il
personaggio di cui essa parla. Si è parlato delle poesie di Pavese, e di
tante altre cose da cui F. De Gregori possa aver preso spunto. Io ho sempre
pensato in modo più generale all' uomo che sfida la vita, vita che è nelle
sue mani e soltanto lui può decidere cosa farne, anche saltare sui "pezzi di
vetro" cioè le difficoltà, Cosa ne dite?
Isabel Gide
03/07/2007
Cari amici,
oggi ho visto immagini di bambini mutilati dopo l'ennesimo effetto- raid
della guerra "intelligente" e delle forze"umanitarie" e mi sono venuti in
mente " una bimba bruna e agile,il sole che fa la frutta,quello che rassoda
il grano,quello che piega le alghe,ha fatto il suo corpo allegro,i suoi
occhi luminosi.." versi di Neruda e " Stringendo a se' i figli stanno le
madri e scrutano atterrite nel cielo le scoperte dei sapienti"di Brecht ed
ho provato a scrivere..esprimere in versi questa terribile dicotomia tra il
bello e il male e a trovare un messaggio di ...speranza ma non ci sono
riuscita. Chissà se qualcuno ci prova oppure l'ha gia' fatto? Grazie per
l'attenzione
Tinti
02/07/2007
Ciao Gianni,
leggo la tua proposta di dibattito e ti dico che anche io generalmente cerco
il senso delle parole, più che la forma. Come puoi vedere spesso si
fraintende il messaggio, come mi è capitato oggi relativamente alla poesia
di Fata. E' stato interessante misurarmi con il mio stesso commento, però
non so se sia giusto commentarci da soli per rendere più chiaro il messaggio
che vogliamo dare, forse perchè esso è rivolto principalmente a noi stessi
quando scriviamo( poi se riusciamo a trasmettere emozioni ancor meglio).
Molto spesso, quando leggiamo, le nostre percezioni vanno oltre la siepe
delle parole per vagare nell'infinito, forse ne abbiamo bisogno e ciò non
sarebbe sempre possibile se ci fosse un commento dell'autore. Credo sia
giusto comunque rispondere quando ci vien chiesto il significato del nostro
verseggiare, come hai fatto indirettamente tu con me ieri. Ti saluto
affettuosamente,
Isabel Gide
Caro Gianni,anch'io cerco la stessa cosa.....
cerco di sentirmi libera...
e, a volte, ci riesco.
La tua proposta mi sembra interessante e ,a volte, si è già realizzata nel
sito: colui che scrive
,se lo ritiene "importante" per lui ,comunica agli altri il suo messaggio
....oppure lo stimolo che lo ha spinto .....e poi ognuno di noi
verificherà cosi' quello che invece
è diventato suo e cosi' la rete diventa infinita e ......
Grazie Gianni per la tua autenticità senza fronzoli !
Tinti
Riflessione
Cosa cerco nella lettura di una poesia?!
Io cerco il messaggio insito che l’autore vuole inviarci, il succo.
Le parole restano parole, il messaggio è proprio quello che l’autore non
scrive palesemente, va ricercato tra le righe, va intuito.
A vote non riesco ad estrapolare il messaggio ad intuirne il contenuto e per
questo me ne rammarico. Forse perché il tempo non mi permette di
approfondirne o perché lo scritto non è scorrevole alla lettura, o ancora
perché mi manca una buona dose di cultura letteraria.
Quando scrivo, invio messaggi più o meno complessi o ceco solo uno svago,
distensione, spensieratezza, lascio libera la mente e scrivo tutto ciò che
ne affiora.
Diventa una sorta di auto regressione e scrivo cose magari puerili ma sempre
con un messaggi in fondo, per far riflettere e non è detto che il messaggio
arrivi ai lettori. Secondo me, le poesie andrebbero lette e rilette,
spiegate dall’autore stesso.
i commenti che ci vengono dal sito, ci servono solo come primo impatto una
vetrina rivolta ad una platea più vasta, che non siano parenti od amici. Ci
serve per uscire da noi stessi e maturare, confrontandoci.
Gianni
22/06/2007
Commento
Premesso che ,senza alcuna pretesa anch'io mi limito ad esprimere in versi,
pensieri,emozioni,fantasie ricordi che poi rivivo,rispondo a Wilma(e se
commetto errori di battitura o tecnici scusatemi ma ho le mani quasi
inservibili per ora):
Sono pienamente d'accordo con te per quanto concerne lo stile(che poi
diventa tutt'uno col resto) personale, insito nella persona e riconoscibile.
Rispetto al linguaggio poetico, mi permetto di dire che, non sempre, deve
essere raffinato o meglio, se lo è, non dovrebbe essere percepibile (mi vien
da pensare a certi versi di D'Annunzio in cui l'artificio formale sommerge
...)
L'elemento fondante della poesia , direi dell'arte in genere, mi pare sia
l'immediatezza pura del messaggio che sveglia cuore e testa.
Certo dietro ogni artista ci sono ricerca tecnica e ricchezza culturale
,come stimoli costanti ma soprattutto quella meravigliosa capacità di
trascendere,di andare oltre,di essere universali.
L'argomento molto interessante e stimolante andrebbe sviscerato.
Grazie al sito ed al Magnifico che ci consentono tutto ciò.
Tinti
21/06/2007
Commento
Vorrei esprimere, oggi, una mia opinione su linguaggio e stile poetico.
Lo faccio con due esempi, in modo molto semplice, e senza alcuna pretesa che
qualcuno di voi "sitani" condivida.
Mi piacerebbe, se possibile, conoscere le vostre idee in merito e ringrazio
anticipatamente chi avrà la bontà di dirmi la sua.
Ritengo che il linguaggio si possa dire "poetico" quando è molto
raffinato, i termini sono ricercati con cura, c'è un lavoro di cesellatura e
una ricchezza di emozioni sottese. (v. le poesie di Antonia Pozzi,
amatissima come poetessa da Montale)
Mi piace anche molto un linguaggio poetico che fa uso di metafore originali
(v. Emily Dickinson)
Non credo si possa parlare di poesia quando si usano termini "volgari" (da
volgo "vulgus"), non si fa poesia se si scrive come si parla, secondo me.
(ogni tanto c'è qualche esempio di "non-poesia" su questo sito, e anche
oggi...).
Riguardo allo stile, voglio rimarcare con forza quello molto
personale di Cristina Bove: mi piace davvero molto!
Mi è capitato più volte di iniziare a leggere una sua poesia e, prima di
arrivare in fondo e vedere di chi è, pensare: questa mi sembra sia di
Cristina. E puntualmente era di Cristina.
I veri poeti si riconoscono anche per un proprio stile molto personale. (es.
Mario Luzi, Wislawa Szymborska, Marina Cvetaeva, Antonia Pozzi, Eugenio
Montale, ecc...).
Cristina, nelle sue poesie mette tutto quello che, secondo me, una vera,
bella Poesia dovrebbe avere: linguaggio raffinato, emozioni, sentimenti,
ritmo e musicalità, metafore (bellissima, per esempio, ricca di metafore, Le
voci amiche), e anche sintesi, essenzialità, mai banalità. Dalle sue poesie
si coglie anche fine cultura, e ricchezza creativa. È la sua anima che
parla, ed è un'anima "ricca", profonda, con sottili sensibilità. Cristina
potrebbe ben pubblicare le sue poesie!
Solo a volte qualche poesia di Cristina mi è sembrata un po' forzata, ma è
stato soltanto quando, per gioco, ha messo insieme versi in rima per esempio
per partecipare alla giostra dei poeti del sito.
Le mie, invece, non le ritengo poesie, ma solo "sensazioni in forma di
poesia". A me non riesce, se non raramente, di dare musicalità ai miei versi
e, d'altra parte, io scrivo soltanto per fermare emozioni forti, sensazioni
profonde e riprovarle a distanza di tempo.
Mi sono dilungata un po', e mi scuso, ma avevo voglia di esprimere una mia
idea e vi ringrazio per la cortesia di aver letto fin qui.
Un caro saluto a tutti.
Wilma Marian Certhan
17/06/2007
Commento
Mentre ai vertici del potere economico-politico vengono spartite le risorse
della terra tra le nazioni opulente, lo sfruttamento di quelle povere
continua ad essere sorretto proprio da quelle strutture che si
autoreferenziano "pie"...Mi ci sono voluti decenni per potermi scrollare di
dosso il pietismo, il mito della sofferenza, il servilismo della rinuncia...Sono
passati secoli e ancora i faraoni si abbuffano di arrosto, abilmente
addestrando i propri suddititi a sopravvivere del fumo ai tabernacoli.
Coglionati e contenti, dicono a Roma.
Oggi mi indigna in maniera viscerale la realtà che non posso più ignorare:
gli uomini vengono defraudati sistematicamente del loro più sacrosanto dei
diritti, quello di essere consapevoli della propria condizione di
assoggettamento...altro che fratellanza! Torquemada in tonaca mimetica si
tramandano la spada a difesa dell'oro degli imperatori, santi e profeti
vengono abilmente manipolati a fungere da esche per gli ingenui che,
affamati di mito, dimenticano di essere affamati davvero. E della propria
fame si sentono anche colpevoli, mangiatori di mele a tradimento, violatori
di codici, assassini di uomini e di dei.
Il condizionamento vissuto come offerta di sé eroica e santa non può che
produrre martiri..e finquando resteranno inchiodati sulle croci o inceneriti
sui roghi, gesucristi e profeti saranno gli indicatori morti di un paradiso
inutile futuro per i condannati vivi dell'inferno presente.
Che poi ci si continui a meravigliare delle guerre e dei massacri, e si
continui a chiudere gli occhi sui motivi veri che producono la violenza e
l'orrore, fa veramente pensare...ci siamo assuefatti alla morte, ci siamo
asserragliati nei salotti , nel silenzio omertoso da pali e da guardoni...
Nella necessità di sopravvivere si innestano i percorsi dell'oblio, le fughe
nei campi dell'Arte, tenutaria di fantasmagorico meretricio, che per un
giorno di gloria esige il prezzo della coscienza...e mi ci metto anch'io,
transfuga che si autoassolve accampando le più svariate scuse...a copertura
della vanità...
Mentre ...
Cristina
16/06/2007
Mi ha colpito la tua "provocazione"
proprio oggi che,un po' immobile,leggo piu' del solito e mi sono soffermata
su un articolo ingiallito usato come segnalibro ,degli anni 60 in cui
Pasolini si poneva, con modalità diverse, il tuo problema:che senso ha la
cultura se è di pochi,se è autoreferenziale e lontana da chi non ha neanche
la luce nè una strada che gli consenta di vedere,capire, conoscere. Io pero'
mi domando anche se un mondo "possibile" poteva esistere senza un poeta
cieco che narrava d'armi e d'amore offrendoci non solo eroi ma anche l' uomo
qualunque.Non so darmi una risposta :ritengo comunque che i signori della
guerra siano stati i demoni,fin dall'inizio del mondo,portando il pianeta
alla rovina.
Aspetto altre riflessioni piu'"lucide" .Ciaoo
Tinti
Provocazione.
Mi chiedo spesso se quello che abbiamo, sia davvero il migliore dei mondi
possibili, relativamente alle circostanze date nel passato recente e
lontano. I quattro o cinque o sei paesi della terra, che posseggono il 95%
del patrimonio artistico culturale prodotto dall’uomo in 30-40 secoli, nella
graduatoria dei paesi sviluppati, nel rapporto tra “beni culturali /
sviluppo tecnologico” (= benessere materiale), scontano un gap sfavorevole
praticamente incolmabile. In soldoni, se le risorse umane ed economiche
impiegate per la realizzazioni delle piramidi, della grande muraglia, dei
templi sud americani, delle cattedrali occidentali e dei monumenti da sempre
innalzati a memoria di pochi, quasi sempre autoreferenziali, fossero state
impiegate in sviluppo delle condizioni di vita generale: irrigazioni,
strade, ponti, macchine utilitaristiche, navi, ecc.; che mondo avremmo oggi?
Meno acculturato ? L’antica Grecia antica, la Roma imperiale, la Cina
confuciana, le civiltà Indoamericane, sono implose per autoreferenzialità
delle classi dominanti, ceche all’allargamento del benessere.
(ho usato una necessaria generalizzazione, come stimolo al dibattito)
Che ne dite?
Bruno Amore
24/05/2007
Commento
Forse il motivo per cui le poetesse, con le dovute eccezioni, "poetando
d'amore" sono restie ad esprimere le pulsioni sessuali, è la facilità con
cui si può scivolare nel volgare. In genere le donne non amano la
pornografia verbale. Esprimere la passione senza cadere nel banale, o al
limite nel pornografico, credo sia piuttosto difficile. Preferiscono allora
esprimere il lato sublime dell'amore, che ne è l'essenza, e sottintendere il
resto con accenni lievi.
Questa è solo la mia opinione.
Interessante il significato rabbinico di "vergine": potrebbe interessare i
protestanti.
cocami
17/05/2007
Commento
Spero che nel frattempo siano giunte altre risposte a Bruno Amore, intanto
gli offro la mia. Penso che la visione romantica della pulzella, sia di
tarda età romantica, una sorta di nobilitazione della figura femminile, ad
uso e consumo maschile, che cavallerescamente l'ha rivestito di ulteriore
attrattiva soprattutto per trarne anche un piacere di conquista...come si
sia giunti a questo eclissamento della femminilità naturale, robusta e
istintuale quanto quella maschile, non saprei , storicamente vi potrebbero
essere ragioni interconnesse fra di loro, dalla necessità di controllo della
prole, ai fini ereditari e di mantenimento di rango, a quelli via via più
subdoli e sublimati di controllo psicologico.
Oggi però il persistere di questa forma mentis è strutturato nel sociale e
vede sempre perdente la donna che osa proclamare la sua sessualità, o
validarne la legittimità.
Molte poetesse hanno espresso anche questo nella loro poesia. A volte in
maniera larvata, a volte anche in maniera "sfacciata". In questo contesto
inviterei a leggere Alina Rizzi, che con tante altre rivendica la sua
passionalità e con un talento innegabile.
Per quanto mi riguarda, non l' ho messa a valore fondante della mia vita e
della mia poetica, così come non lo avrei fatto per altre pulsioni
sensoriali, quali gusto, olfatto, ecc..E per una ragione che ritengo
importante, visto che alcuni di questi sensi possono mancare, ne sono
testimone, personalmente e per conto terzi, visto che la vita offre comunque
un richiamo che può anche esulare dalla pulsione corporale, ho preferito
dedicare la mia attenzione e passione al quid che alberga in ogni anima ed
in ogni mente capace di elaborazione.
Ci tengo a precisare che non rinnego la bellezza e l' intensità della
passione che gli altri esprimono, non sono bacchettona nè credo in valori
autoreferenti pseudo-religiosi et similia...
Perfino l'eccesso, che talvolta a me può dar fastidio, penso che sia libertà
del singolo sperimentarlo...purchè, ovviamente, non leda la libertà
dell'altro.
Cristina Bove
Commento
La mia parte femmineo-sentimentale vorrebbe risponderti,Amore( nel senso di
te e non di Cupido) che si', e' vero, noi donne siamo inevitabilmente
rivolte alla purezza dell'amore ,ad un rapporto mistico,angelicato ecc.....
ecc.......che spesso facciamo emergere in poesia e nella vita.La mia parte
un po' piu' vera ed autentica ( ma cisono tanti personaggi in me e neanche
io li conosco tutti) dice invece che forti sono le pulsioni amorose
,sessuali e di pelle nella poesia femminile:basti pensare a Saffo......e
oggi per esempio alla Merini, alla Spaziani che passano quasi orgasmi seppur
nascosti abilmente nei loro versi.
Per quanto riguarda la parola "vergine" la scoperta da te fatta sul suo uso
è interessante.
Io penso a vergine ,essendo insegnate di latino,partendo da Virgo che
significava di giovine eta',poi in epoca medievale donzella ,ad inizio
secolo zitella e oggi spero non abbia piu' un senso letterale ma voglia
intendersi per incorrotto,inesplorato,mondo dal male e dalla menzogna
,almeno vorrei che fosse.
Tinti
16/05/2007
Commento
Il sesso e la poesia.
Visto che il femminino è maggioritario nel sito, vorrei sottoporvi un
quesito, al quale solo voi del vostro genere potete rispondere. Le poetesse,
di qualsiasi età anagrafica – sarebbe comprensibile se fossero giovanissime
– poetando d’amore, inevitabilmente, invariabilmente, tendono ad esaltare la
purezza, l’innocenza, quando non anche l’ignoranza (nel senso di ignorare)
le pulsioni amorose. Una sorta di eterna verginità psicologica e
intellettuale. Un maschietto diventa “uomo” grazie alle sue esperienze di
vita, tutto compreso. Perché mai il valore di una femmina dovrebbe essere
costituito da una permanente situazione di fanciullezza, in senso lato?
M’è venuto in mente leggendo, oggi, un saggio storico sulla vita di Gesù,
dove trattando della verginità della Madonna, si scopre che nella tradizione
rabbinica era considerata vergine “la donna che non aveva visto sangue”,
cioè il ciclo mestruale, che notoriamente si verifica in caso di mancata
gravidanza. Quindi una donna che rimaneva continuamente incinta, dalla prima
fertilità in poi, era chiamata vergine. Date le abitudini del tempo, tra gli
ebrei e non solo, quando si prendevano in sposa bambine, il fatto non doveva
essere stranissimo.
Spero non sia scabroso.
Ciao a tutti.
Bruno Amore
14/05/2007
Commento
Rispetto al dibattito "poesia e poeticità"
stento ad inserirmi con una mia opinione in quanto non sono sufficientemente
competente e non vorrei cadere nell'errore di cui parla il mio amato Sandro
Penna : "felice chi è diverso essendo egli diverso,ma guai a chi è diverso
,essendo egli comune".
Mi pare comunque in sintesi che la poeticità sia la qualita' della poesia e
qui sarebbe tutto da capire: che significa e qual è un possibile criterio di
valutazione della qualita' in un'arte simbolica in cui viene usato un
linguaggio altro,
evocativo,d'immagine e di sensazione,
di bellezza che non dovrebbe scendere a patti con ideologie costrutte . Mi
pare che Raboni come per esempio ,per bambini e non ,Rodari e Piumini diano
una visione onirica della poesia (in cui io mi ritrovo) e poco si
preoccupino di definizioni "tecniche".
Vorrei ancora ricordare un pensiero espresso dal critico Sermonti sulla
poeticità di Dante:sic" Dante non è da capire ,è lui che capisce noi e ci fa
entrare...."
Grazie per avermi consentito di esprimere un parere seppur piuttosto
frammentario .
Tinti Baldini.
PS.
A proposito di poeticità, è sufficiente il pensiero sordo di Lucio Toma "il
presente ci divora" per capire di che si tratta , di schianto,senza
aggiungere verbo.
Tinti Baldini
29/03/2007
Commento
Prendo lo spunto da Glò a proposito del parere
di alcuni letterati-filosofi sulla poesia. Penso che si parta da una
posizione erronea se si giudicano i componimenti poetici falsificazione
della realtà, perchè allora si dovrebbe estendere il giudizio a tutte le
forme d'arte, in quanto, tutte, sono "costruite" a partire da un'idea
personale, che viene poi trasposta in varie forme artistiche mediante le
relative tecniche . La stessa prosa, di cui gli scrittori si servono per
esprimere qualsivoglia opinione, rientra nel contesto suddetto.
Quindi, il significato di "fittizio" o falso, attribuito in senso
epistemologico, ci condurrebbe alla vanificazione di ogni creazione
dell'intelletto...Il falsificazionismo di Occam potrebbe portarci ad una
frattalizzazione all'infinito...
Conoscere poi il perchè ci sentiamo attratti dalle varie forme dell'arte, è
cosa che "niun spiegare seppe" e continua a lasciarci nella misteriosità di
un sentire, a volte così intenso, che la ragione quasi si paralizza e più
che mai anela a quell'attimo di estasi.
Cristina Bove
28/03/2007
Commento
"I versi non piacciono quasi a nessuno e il mondo della poesia versificata è
un mondo fittizio e falsificato".
Dopo aver letto questa frase pronunciata dal romanziere Witold Gombrowitz
considerato, dopo Milan Kundera, uno dei maggiori romanzieri contemporanei,
mi sono chiesta: Com'è possibile minimizzare, o ancora peggio, distruggere
una forma d'espressione così leggiadra e pura? La poesia non naviga in una
dimensione astratta ed elitaria. Quante volte ci troviamo a soffermarci su
versi che noi consideriamo "pillole di saggezza" per noi stessi?...ci fanno
riflettere, pensare, sentire con l'anima; dentro di noi si apre un varco
nuovo.
La critica, a volte, mi ferisce, soprattutto se giunge in modo così schietto
da voler sotterrare la sublimità di ciò che si riesce ad esprimere. Che a
volte il fracasso di alcuni parolieri romanzieri vogliono far tacere ciò di
cui hanno paura? Ci vuole coraggio per accettarsi!!!
Glò
15/03/2007
Commento
E' un apporto davvero interessante quello de Il
Mugnaio, che attraverso le parole di Montale ci comunica anche il suo
pensiero. Non c'è quasi nulla da aggiungere , la descrizione calza a
pennello per ogni tipologia di espressione poetica, anzi artistica, e
quindi... Non resta che l'affinità elettiva a farci propendere per quello
che ci attrae.
Così continuerò magicamente a lasciarmi sedurre ed incantare dal magico
mondo cui appartengo, il cui linguaggio è quello rarefatto ed essenziale del
pensiero arcano.
Elfe Lektor
14/03/2007
Contributo
Cerco di dare il mio contributo sul tema Poesia e poeticità
estrapolando, come a me pare, alcuni punti del Discorso "È ancora
possibile la poesia?" che Eugenio Montale tenne all'Accademia di Svezia
il 12 dicembre 1975, quando gli fu assegnato il Premio Nobel.
[… In ogni modo io sono qui perché ho scritto poesie, un prodotto
assolutamente inutile, ma quasi mai nocivo e questo è uno dei suoi titoli di
nobiltà. Ma non è il solo, essendo la poesia una produzione o una malattia
assolutamente endemica e incurabile.
Sono qui perché ho scritto poesie: sei volumi, oltre innumerevoli traduzioni
e saggi critici. Hanno detto che è una produzione scarsa, forse supponendo
che il poeta sia un produttore di mercanzie; le macchine debbono essere
impiegate al massimo. Per fortuna la poesia non è una merce. Essa è una
entità di cui si sa assai poco, tanto che due filosofi tanto diversi come
Croce storicista idealista e Gilson cattolico sono d'accordo nel ritenere
impossibile una storia della poesia.]
[…In tale paesaggio (nota di chi scrive: società attuale) di esibizionismo
isterico quale può essere il posto della più discreta delle arti, la poesia?
La poesia così detta lirica è opera, frutto di solitudine e di
accumulazione. Lo è ancora oggi ma in casi piuttosto limitati. Abbiamo però
casi più numerosi in cui il sedicente poeta si mette al passo coi nuovi
tempi. La poesia si fa allora acustica e visiva. Le parole schizzano in
tutte le direzioni come l'esplosione di una granata, non esiste un vero
significato, ma un terremoto verbale con molti epicentri.]
[… Prevalendo l'aspetto visivo la poesia è anche traducibile e questo è un
fatto nuovo nella storia dell'estetica. Ciò non vuol dire che i nuovi poeti
siano schizoidi. Alcuni possono scrivere prose classicamente tradizionali e
pseudo versi privi di ogni senso. C'è anche una poesia scritta per essere
urlata in una piazza davanti a una folla entusiasta.]
[… La vera poesia è simile a certi quadri di cui si ignora il proprietario e
che solo qualche iniziato conosce. Comunque la poesia non vive solo nei
libri o nelle antologie scolastiche. Il poeta ignora e spesso ignorerà
sempre il suo vero destinatario.]
[… E infine resta sempre dubbioso in quali limiti e confini ci si muove
parlando di poesia. Molta poesia d'oggi si esprime in prosa. Molti versi
d'oggi sono prosa e cattiva prosa. L'arte narrativa, il romanzo, da Murasaki
a Proust ha prodotto grandi opere di poesia.]
-Da È ancora possibile la poesia? di Eugenio Montale-
Il Mugnaio
13/03/2007
Commento
Cari amici a tutto beneficio del proseguimento del dibattito sulla
differenza tra poesia e poeticità propongo alla vostra cortese attenzione
ancora una riflessione del compianto poeta Giovanni Raboni, che seppur nello
specifico non è strettamente inerente alla discussione, fornisce un lucido
contributo sul modo di intendere la poesia, da parte di un grande poeta
contemporaneo:
"L'idea della poesia come valore alto se non addirittura supremo, come
sinonimo o emblema di nobiltà, di superiorità, d'eccellenza….Il problema è
cosa si possa e si debba fare per sostituire questa ineffabile e del tutto
inservibile astrazione con l'evidenza della poesia come bene reale,
concretamente fruibile e godibile, come rimpiazzare il fantasma della
poesia, con la poesia in carne ed ossa. Personalmente - prosegue Raboni
-, sono sempre per il metodo più sbrigativo: prendere il libro di un grande
poeta, aprirlo e mettersi a leggerlo. Se non si è negati alla poesia ( anche
questo può succedere, e allora pazienza; anche per la poesia, come per la
musica, occorre un orecchio naturale e non tutti ce l'hanno), a un cero
punto funzionerà. Quelle parole, quei suoni, quel ritmo, quelle immagini
cominceranno a produrre emozione e senso.
L'importante è essere ben convinti che la poesia non è né uno stato d'animo
a priori né una condizione di privilegio né una realtà a parte né una realtà
migliore. E' un linguaggio: un linguaggio diverso da quello che usiamo per
comunicare nella vita quotidiana e di gran lunga più ricco, più completo,
più compiutamente umano; un linguaggio al tempo stesso accuratamente
premeditato e profondamente involontario capace di connettere fra loro le
cose che si vedono e quelle che non si vedono, di mettere in relazione ciò
che sappiamo con ciò che non sappiamo.
Un ultimo, forse superfluo corollario: la poesia, in sé, non esiste - esiste
soltanto, di volta in volta, e ogni volta inaudita, ogni volta imprevedibile
e irrecusabile, ogni volta identica solo a se stessa, nelle parole dei
poeti."
Da "Parole, ritmi e immagini per costruire mondi" - Corriere della
Sera, 3 febbraio 2004.
Patrizio Spinelli
11/03/2007
Commento
A parte argomenti altamente tecnici, riguardanti la poesia, la matematica,
la musica, la filosofia ecc. sono rimasta colpita dalla sintetizzazione del
concetto espressa in questo articoletto e ve lo passo:
Da uno studio condotto presso l’ISIS di Cesena
MATEMATICA, FISICA & POESIA
La poesia non è propriamente una "scienza", tuttavia niente è più lontano
dall'idea banale che l’autore viva perduto nei sogni delle sue momentanee ed
improvvise ispirazioni: la poesia è anche matematica.
La poesia è rigore (matematico) e (anche) tecnica, conoscenza e rispetto di
regole precise .Certo, tutto questo è sempre in funzione della riflessione e
del messaggio che si vuole comunicare, che resta comunque l' aspetto più
importante, più significativo, più "umano".
Però come non ricordare l'importanza (anche in relazione al significato,
perché regole, suoni, aspetti matematici, sempre a questo tendono) del
numero (ad esempio il 3 per la 'Commedia' di Dante), o il rigore della
durata dei versi o la loro collocazione matematica all'interno della strofa?
Il legame della poesia con il suono, poi, è un argomento quasi ovvio tanto
evidente (e in questo ipertesto è puntualmente trattato): quindi il legame
della poesia con la fisica non è certo forzato o teorico.
Il suono ha le sue regole e modalità di fusione dello spazio, è
caratterizzato da timbri e durata che sono oggetto di studio di quella
branca che si chiama acustica. Come si diffonde un suono nello spazio? Cosa
ce lo fa definire acuto grave? Che differenza c'è fra suono e rumore, tra
musica e fracasso?
L'Immagine, infine, è quanto di più facilmente si associa con la poesia. E i
numeri? Anche i numeri possono diventare immagini....
Cristina Bove
Commento
Fata Morgana ha dato una simpatica spiegazione
di ciò che ritiene poesia , attribuendole, in maniera abbastanza efficace,
la profondità, rispetto all'emersione in superficie della poeticità...interessante
concetto, meritevole di ulteriori considerazioni.
Renzo Montagnoli ci offre in versi la sua
visione della poesia, accattivante, intimistica, quasi incoercibile moto
dell'anima, anche questa simpaticissima ma non proprio esplicativa della
differenza di cui ho intavolato l'argomento con Spinelli e,per citazione,
con Ceni.
Mi fa piacere comunque, che il tema abbia suscitato il loro interesse e li
ringrazio della loro attenzione.
Elfe Lektor
Commento
"caro Elfe Lektor, io ti ringrazio di essere stato felice di accogliere la
mia risposta, ti dico che spesso non curo, non perchè non conosca
l'italiano, io se Lei ha letto di me studio sono al secondo anno
universitario, ma probabilmente sono errori di distrazione, cosa che mi
capitava spesso anche durante i compiti di italiano, pensa che all'esame di
stato del 5° superiore mi fu dato 13 per un errore avevo scritto alcune
volte immagine (bene) altre volte in questo modo immaggine, vede? è un
errore grazie eppure l'argomento era difficile ed un ottimo tema mi fecero i
complimenti, ma per quell' errore mi costo 2 punti.
per quanto riguarda invece il farsi leggere e vedere se altri provano le
stesse emozioni, io personalmente non sono tanto d'accordo, farsi leggere va
bene ma ke altri non rubino le miei frasi per farne proprie composizioni, la
poesia spesso è legata ad una parte interiore e strettamente personale dello
stesso autore, questo sta a dire che altri possono capire magari avvicinarsi
al sentimento ma mai potrà capire a fondo lo scritto dell'autore, può magari
scaturire un''altro sentimento, che non quello dell'autore.
non venga a parlare proprio a me di solfeggio o strumenti, per ben quasi 4
anni ho fatto solfeggi e strumenti ne strimpello un può, per me la poesia
dev' essere anche musica, ma resa ascoltabile e capibile da tutti anche i
meno intellettuali, i paroloni non li ci vedo, sono forse un può dantesca
io, ma per me è così.
la ringrazio ancora un saluto a tutti i poeti"
Anfra
10/03/2007
Poesia
Ritmate parole che sgorgano dal cuore,
immagini dell'anima che incidono il foglio,
sospiri amorosi, a lungo repressi,
che sgorgano impetuosi,
dilagano sulla carta,
s'allargano sulla scrivania.
Son tormenti, ricordi d'un tempo,
emozioni di un momento,
sentimenti nascosti, sogni accarezzati.
Senza ritegno, senza rispetto,
ti prendono la mano, guidan la penna,
reclamano un momento di gloria
con la loro storia
ed è poesia.
Renzo Montagnoli
Commento
E’ strabiliante, cara Anfra, che fra tutti i
poeti del sito, proprio tu, la più giovane, abbia raccolto l'invito mio e di
Patrizio Spinelli e abbia dato una risposta
plausibile. Se non mi sbaglio, qualcuno ti ha consigliato, recentemente, di
curare la corretta esposizione sintattica e quella grammaticale. Mi sento di
consigliarti altrettanto perché, vedi, i tuoi non sono soltanto errori
dovuti alla fretta ma veri e propri errori di ortografia e grammatica, ad
esempio usi con il “se” il condizionale anziché il congiuntivo, metti la
acca davanti alla “a” quando non è voce verbale ma preposizione, e spesso
non sei consequenziale con soggetto e predicato. Ora, siccome hai una bella
vena poetica, sarebbe auspicabile che tu ti dedicassi allo studio del
corretto italiano, per poterlo usare come un vero strumento, allo scopo di
esprimere al meglio il tuo sentire. Altrimenti corri il rischio di restare
come gli orecchianti per la musica, tra i cosiddetti e i pressappoco…E
sarebbe un peccato, ti assicuro.
Per quanto riguarda il farsi leggere, invece, ti invito a riflettere…non si
invia qualcosa che sarà sotto gli occhi di molti (e una pagina web è fatta
apposta per questo) se non si desidera un riscontro, una risposta di
condivisione, di gradimento ecc..
Personalmente ritengo che sia qualcosa di molto piacevole scoprire negli
altri le stesse emozioni che ci rendono intensa la vita. Ma non si può
pretendere di proporle in maniera approssimativa, abboracciata, così come
mai potremmo proporre un pezzo musicale che non rispettasse le regole del
solfeggio e della strumentazione.
Vista la tua ammirevole buona volontà, mi auguro di leggere ancora i tuoi
versi, sempre più piacevoli, in forme inappuntabili.
Elfe Lektor
Commento
Caro Elfe, io percepisco così la differenza fra
Poesia e poeticità (e mi posso anche sbagliare in quanto non mi ritengo
letterata):
Poeticità è un prodotto, il prodotto della Poesia.
Poesia è la traduzione in parole, in linguaggio non comune, di stati d’animo
nei vari contesti della vita, è creatività, liberazione, ricerca,
comunicazione, messaggio, stile, forma.
L’importante nella Poesia è il contenuto che, se espresso in modo creativo,
originale, linguisticamente ed emotivamente accattivante, farà sbalzare la
poeticità alla superficie, come un lampo nel cielo.
Poesia quindi come profondità e poeticità come superficie.
Ciao
Fata Morgana
09/03/2007
a Elfe Lektor e Patrizio Spinelli,
se pur esiste una differenza e forse sostanziale tra poesia e poeticità (che
io non conoscevo l'esistenza della poeticità, e lo ammetto, sarò pure
mediocre in letteratura!!!), io penso che il poeta il vero poeta è colui che
in realtà non vuole farsi leggere, nel mio caso e credi in quello di molti,
la poesia è uno sfogo a momenti difficili o belli della vita, oppure un
semplice apprestarsi a scrivere per un piacere di farlo. il poeta non vuole
certo obbligare gli altri a farsi leggere, io stessa diedi una spronata ma
non perchè volevo farmi leggere, ma perchè in questo sito sono presenti
degli ottimi letterati ed essendo più "bravi" di me volevo estrapolare
qualche consiglio.
il fare poesia non credo sia da tutti si forse molti si stanno avvicinando
alla poesia anche giovani, che poi abbandonano perchè senza talento, o poco
appassionati, sono pochi quelli che secondo me alla fine dei conti riescono
a godere di questo nome essere "poeta"
Anfra
08/03/2007
Commento: Poesia e poeticità
Silvestrissimo Elfo,
proprio su questo tema, io ero già intervenuto molto tempo fa, proprio su
questo sito con un mia brevissima riflessione, a chiosa di un' intervista al
poeta Ceni di cui qui ne riporto uno stralcio.
Apparentemente la domanda che nello stile vagheggia il tormentoso e
tormentato dubbio amletico di shakespeariana memoria non parrebbe denotare o
demarcare in modo così netto lo spartiacque che divide una sostanziale
quanto abissale differenza tra essere poeta o semplicemente poetico. In
ultima analisi ciò che fa la differenza è "essere" poeta nell'interezza e
nell'essenza di sostantivo, o "poetico" nella sua forma di attributo.
Come ha fatto notare in una sua intervista il poeta contemporaneo, quanto
apprezzato traduttore di poeti e scrittori angloamericani Alessandro Ceni,
che riporto, qui di seguito nel punto essenziale:
"La poesia è ed è sempre stata e sarà sempre rara. La poeticità è ed è
sempre stata e (purtroppo) sarà sempre diffusa. Il guaio attuale, se ho
capito bene cosa intende, è la totale ignoranza della diversità dei due
termini: la poeticità è ritenuta poesia (che è come omologare il fuoco di un
camino al fuoco di un incendio), la cosa peggiore è l'aspetto, diciamo,
culturalmente doloso del fraintendimento; voglio dire che mi pare sia in
atto una vera e propria acquisizione consapevole di quell'ignoranza (anche
in certe sedi di critica letteraria), cosicché semplicisticamente (e
letalmente) la poeticità viene identificata con la poesia. Una volta di più
nel nostro mondo si afferma come degna e meritevole l'immediatezza della
superficie, il bagliore del traslato, giungendo alla pacificante e asinina
equazione: poeticità = poesia. Secondo questa ammiccante democratica
mediocrità chiunque, pertanto, è in grado di "esprimersi poeticamente" e,
quel che è peggio, di farsi pubblicare. L'importante, per ora, è che non ci
obblighino anche a farsi leggere."
Purtroppo Ceni, dopo questa sua riflessione, da cui ho estrapolato i punti
salienti, non ci fa degli esempi più mirati o chiarificatori. Lascio anch'io
dunque ad altri colleghi del sito dare il loro apporto e contributo alla
discussione o di interpretare il pensiero di Ceni, se vogliono.
Patrizio Spinelli
06/03/2007
Poesia e poeticità.
Esco un attimo dai panni di elfo sognatore per riprendere un’argomentazione
già trattata da molti autorevoli autori del sito, sulla differenza che
esiste tra Poesia e poeticità. La prima essendo rara da trovare, la seconda
invece ampiamente diffusa, direi dilagante.
Qui vorrei esprimere un mio pensiero, non completamente chiaro, ma
insistente: se lo spirito poetico si sta manifestando sempre più attraverso
la rete, se sempre più giovani e meno giovani si stanno avvicinando al mondo
poetico, forse non è propriamente un male che vi sia questo approccio,
seppure non corrispondente in pieno alla vera arte poetica,
In fin dei conti molte avanguardie sono nate proprio dalla necessità di
uscire dagli schemi paludati, per offrire nuove modalità d’espressione.
Certo, mi fanno sicuramente soffrire alcune performances dei tanti che
abborracciano frasi sedimentate nel proprio immaginario o in quello
collettivo, senza un preciso costrutto, rischiando la ridondanza o la totale
insipienza…o la sgrammaticatura efferata , perdonabile se sorretta da
freschezza e semplicità, non altrettanto quando pecca di presunzione e
inesistente originalità! Però rimane il fatto che il fenomeno è sotto i
nostri occhi,
Come far combaciare Poesia e poeticità?
Sarebbe interessante conoscere altri pareri in proposito.
Elfe Lektor
09/02/2007
A mo’ di favola
Al giorno d’oggi, c’è un mago che vive in un castello luminescente, fatto di
pareti mobili, vive, che formano labirinti e frattali, in cui gli ospiti
sono liberi di percorrere stanze e variabili ambienti.
Se ne sta intento a trasformare gli eventi del vivere quotidiano in immagini
alate…questo perché non potrebbe sentirsi veramente vivo se non lo facesse.
Ha una bacchetta magica straordinaria, ultramoderna, che gli consente di
dare vita alle parole e farle diventare farfalle.
Forse, c’era una volta, già tanto e tanto tempo fa, come tanti maghi del
passato, del resto…forse già allora trasformava in oro i metalli e le rane
in principesse…
Oggi trasforma spazi vuoti in espressioni intense e vibranti, parole
concatenate in emozioni avvincenti.
Arricchisce ad ogni visita i suoi ospiti e li rende partecipi dei suoi
incantamenti.
I suoi ospiti sono speciali, sanno cogliere le cose belle che Lui dispone, a
volte un po’ celate, a volte un po’ pepate, ma sempre accattivanti.
Elfe Lektor
Commento
a me non diverte
esprimersi in rima
tutt'altro che inerte
diventa l'autostima
di chi fa poesia
e se la tira.
il poeta è colui
che forgia le parole
cui
associò ad esse valore.
leale
essere che con semplice
amore
fu felice
della riuscita della composizione.
Anfra
08/02/2007
Commento: Stabat Nuda Veritas
Scusate amici, non era mia intenzione bloccare il flusso degli interventi.
La mia è un' opinione che sopravvive a stenti, fra tanta virtù di
verseggiator valenti.
Ghino Burlacco
05/02/2007
Commento: La metrica e il tartufo
Gentilissimi amici, poeti, prosatori del sito
Poetare.it
Visto che anch'io non ho molto tempo da
perdere, sarò breve. Altri intellettuali di ben altra levatura che dicono
di non averne per certe quisquilie, ma poi invece di tempo ne
trovano anche troppo per portare avanti loro insane "tesi". Ripeto, per chi ancora non avesse capito, che
la METRICA è solo una TECNICA. Personalmente non ho niente in
contrario verso chi la usa, ma sono contrario invece a chi cerca di fare
passare la tesi che soltanto l'uso della metrica qualifica e "laurea" il
poeta. Questa cosa non sta nè in
cielo nè in terra: LA POESIA si può dislocare benissimo anche laddove non
viene usata questa tecnica. Pertanto amici miei non scoraggiamoci, andiamo
avanti, non lasciamoci bloccare dal fare poesia dai latori di queste
bizzarre antiquate "ideologie letterarie" che vorrebbe mandare
tanti di noi a cercare i "tartufi". I tartufi, come la vera poesia, da
buoni gourmets preferiamo gustarli non cercarli.
Ghino Burlacco
Commento di LFS
al Commento di Gus su metrica e rima
Interessante il discorso di
Gus (che si domanda il perché dei versi sciolti, e del-l’abbandono nella
poesia del ritmo definito) pubblicato da Poetare.
Ma non mi pare si possa dire che il ritmo è stato superato
addirittura nell’800 .Si vedano Brecht e molti giovani poeti tedeschi e di
altri paesi, Garcia Lorca, molte canzoni francesi, tedesche, italiane o nei
varî linguaggi regionali : napoletano,siciliano, romanesco, milanese,
venesiàn-triestin, mentre altri sono interessantissimi seppur meno usati ed
il sardo si presenta come una vera e propria lingua, ma non mi pare escluda
per principio ritmo e rime. Si parla anche di composizioni di oggi
Il discorso di Gus è intereressante soprattutto quando esorta a non far
ricorso a versi zoppicanti. Ciò con tutto il rispetto (quando lo meritano)
per gli argomenti che non debbono necessariamente avere un
ritmo. Infatti la poesia non può essere correttamente intesa
come un bailamme nel quale ciascuno presenta come gli pare le sue
chiacchiere senza forma, senza versi ma con
righe lunghissime, lunghe, corte, o cortissime fino al monosillabo o
alla virgola e pretende di farle leggere o pubblicare. Si tratta di scritti
privi di non di forma
"tradizionale "
ma di qualunque forma coerente ed armonica che certi pseudomoderni, in
realtà ultraconservatori o semplicemente inetti dicono di
"snobbare"
perché non hano un minimo
di orecchio. Proviamo un po’ a tenere un comportamento corrispondente con la
chimica, la fisica, la matematica, o con le regole (ci voleva la
parolaccia !) del traffico stradale o gli orarî dei treni, e vedremo i
risultati, o meglio non li vedremo perché ci porteranno prima in carcere o
in manicomio. C’è chi ci ha provato allora con i libri di grammatica,
perlomeno in Italia e i professori
"moderni"
hanno adottato certi testi osceni
ed hanno cercato di imporli a tutti. Tanto le cavie erano gli scolari ! Ho
già mandato al Magnifico un piccolo studio pubblicato su una rivista
diversi anni or sono a proposito delle
grammatiche sedicenti strutturali che pretendevano di essere
moderne ed erano solo à la mode. à la creme et cetera. Ma,
come spesso succede, certi professori conformisti cercavano di imporle a
tutti. La rivista in questione, Punto d’incontro, ha una tiratura di
cinquemila copie o poco più, ma esce ormai da circa trent’anni ed ha avuto
come Presidente del Comitato di Redazione Carlo Bo, quasi fino a quando ci
ha lasciato pochissimi anni fa.
Domanda di un incompetente (non ho infatti mai scritto né ho
intenzione di scrivere poesie, mille volte meglio la morte !) . Non sono un
Poihtήz
(Poietès), anche se nei brevissimi intervalli fra ozî ed ozî,
mi piace talvolta
poieìn
(poièin), fare
qualcosina anche in versi.
Come si distingue la poesia
dalla prosa ? (Cfr comunque LFS, Se le accetti, applicale, epigramma
spedito anche a Poetare il 29 Dicembre 2006)
Lucius
Fabius Schlinger
04/02/2007
Bel Paese
Questo è proprio un bel paese
di scienziati, mafie e chiese
di avvocati e camorristi
di dottori e di registi.
Discendenti dei romani
di quei tempi assai lontani
che Cornelia i figli belli
reputava suoi gioielli
la matrona nobilmente
nel rispetto della gente
del consorte non parlava
tutto il resto le bastava
Nel paese di bengodi
la signora esige lodi
un bel po’ fuori misura
non importa la figura
che ci fanno i giornalisti
comunisti oppur fascisti
pronti a fare lo schiamazzo
per le oche del palazzo.
Chi s’offende della cosa?
Chi nelle riviste rosa
mentre sta dal parrucchiere
cerca stolido piacere?
O chi crede nel concetto
soldi tanti ciccia e letto?
Chi per tanta tracotanza
vende il retro della stanza?
Si ritiene malmenato
sol chi vede il triste stato
di un paese ormai ridotto
a far camera e salotto
a un reuccio da bandana
mandolino e palandrana
alla dòmina consorte
ai vassalli della corte.
Cristina Bove
03/02/2007
Un dibattito in corso
(Suona Veronica)
Propongo, in primo luogo, il testo delle tre pseudottave già noto ai
poetaristi, con alcune modifiche di poco fa (ore 19, 45 del 2/2/2007).
Lui e le altre
Il galletto nazionale,
sempre ansioso di conquiste,
sempre ironico e gioviale,
nel suo fine gioco insiste.
La consorte, meno male,
è incazzata, più che triste,
dice ch'è una nullità:
sacrosanta verità.
Ma son tante le bonazze
pronte a diventare spose
del belloccio: non son pazze,
ché, nelle private cose,
non esistono corazze
contro l'armi bellicose
del maciste arcoretano:
ha del fascino il villano.
Ovviamente s' è scusato
su un giornale banalmente;
come sempre ha recitato
la sua parte puntualmente.
Era tutto organizzato
per far ridere la gente?
Ma no: è un pesce fuor d'aprile
per la causa femminile.
Molti sono stati gli interventi sul tema de quo, solo in parte
stimolati dal sovrastante componimento, il che, come sempre, è un fatto
positivo. Qui non ci sono né Emilio Fede, né il direttore de "Il Giornale"
che hanno (giustamente) castigato i pettegolezzi applicando una censura più
centrista che borbonica.
Il fatto sta che il drudo italico ha vinto ancora una volta, salvo che la
signora Prodi non invii a Mediaste foto hard del primo ministro (Mortadella
e peperoncino).
Un caro saluto a Nella Bernardi: non occorrono
per lei graziosi provvedimenti, essendo obbligatorio il proscioglimento
immediato.
Antonio Fabi
Passiamo ad altro
Prestante quanto il nostro dongiovanni,
gli fa da pretoriano e Leporello:
nuovo Gregorio e novello Apicello,
lo serve, canta e gli risciacqua i panni.
Condanna l'indicibile macello,
creato solamente per far danni,
voluto da colei che, da trent'anni,
sfrutta il consorte. Tanto di cappello.
È giusto che vi sia questa difesa
contro chi ha speculato sull'affare:
la dignità di un gentiluomo è lesa.
Rendiamo dunque grazie al suo giullare,
che certo sulle masse farà presa,
quantunque stia sciando in alto mare.
Del resto, è regolare:
si sa che l'espressione "summum ius"
sovente corrisponde a "summus sus".
Antonio Fabi |